montefeltro-ottobre-2015

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PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LXI - N. 9 - ottobre 2015 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC - Direttore responsabile: Francesco Partisani

RIORGANIZZARE LA RISPOSTA ALLA CULTURA AVVERSA ALLA FAMIGLIA

«NON ARMIS, SED ROSIS!» IL ROSARIO IN FAMIGLIA PER IL SINODO

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orremmo anche noi essere, in qualche modo, presenti nell’aula sinodale dove i vescovi insieme al Papa affrontano il tema della famiglia: “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Lo desideriamo vivamente perché la parola sinodo è una parola “invitante”: camminare insieme. E noi lo vogliamo non per la presunzione di essere degli esperti e, tanto meno, per curiosare e cedere alla tentazione del pettegolezzo giornalistico, ma semplicemente per far sentire il nostro calore e la nostra unità. Vorremmo far sapere ai nostri pastori quanto teniamo alla famiglia: Comunità d’amore, luogo di intense relazioni, scuola di vita, accoglienza delle differenze, talvolta ospedale e indispensabile sostegno, prima cellula dell’umanità, investimento per la società… (Programma Pastorale 2015/2016). Una fessura c’è che ci permette di entrare in sinodo ed è la preghiera! Per questo ogni famiglia nel mese di ottobre – mese mariano e mese nel quale si tiene il Sinodo – è stata invitata ad unirsi al Sinodo con la recita del Rosario. I parroci hanno fatto recapitare in ogni casa la corona insieme a due righe di spiegazione, probabilmente troppo sintetiche, ma abbastanza chiare: “A te affidiamo la nostra famiglia e tutte le famiglie del mondo. Nel mese di ottobre contempliamo con tutta la Chiesa la bellezza della famiglia: casa costruita sulla roccia dell’amore fra l’uomo e la donna, casa accogliente e aperta alla vita, germoglio di umanità”. Proposta utopica quella di fermare la vita frenetica di tante famiglie per una pausa di silenzio e di preghiera? Sarà così inimmaginabile lo spegnimento della tv e il riunirsi in casa attorno al tavolo di cucina o nella poltrona in sala da pranzo o attorno al lettino della nonna per la preghiera? La preghiera verrà portata davanti a Dio dalla Madonna, una madre particolarmente cara al nostro popolo. Il primo frutto sarà a vantaggio della famiglia che accetta la sfida: la preghiera anzitutto fa bene a chi prega. Mentre scorrono le Avemaria ci si guarda negli occhi, si allentano le tensioni, si sperimenta un’inso-

lita coesione, si condivide – piccoli e grandi – una esperienza di spiritualità. La preghiera ottiene la luce e la saggezza necessarie al discernimento, aiuta a rimanere aperti all’ascolto dello Spirito e fermi nel proposito di accogliere la volontà di Dio. Con questo spirito vivremo in modo adeguato anche i lavori sinodali in un clima soprannaturale senza cedimenti a curiosità superficiali e alla riduzione dell’ampiezza del tema alla casistica. Il Sinodo ci sta parlando della bellezza della famiglia, del progetto di Dio sulla nostra vita e sull’amore tra l’uomo e la donna. Il momento di crisi della famiglia, che stiamo attraversando, potrà tramutarsi in una nuova opportunità. Realisticamente dobbiamo riconoscere una cultura avversa alla famiglia. Bisogna riorganizzare la risposta, mettendo in circolo idee e pensieri, chiedendo politiche familiari più adeguate, offrendo testimonianze, ricorrendo – perché no? – alla grande risorsa della preghiera. A questo proposito, mi congedo dai lettori con un racconto. Un sacerdote, morto recentemente in fama di grande virtù, raccomandava la corona del Rosario come l’arma più efficace. Alludeva, certo, alla forza della intercessione mariana, ma non gli era estranea l’idea dell’impiego del Rosario per il “buon combattimento della fede”. Probabilmente la metafora gli era suggerita dall’epopea di Lepanto, coronata dalla vittoria dei cristiani sui turchi, una vittoria frutto più del Rosario che delle armi cristiane: Non armis sed rosis, così recitava un cartiglio sotto un dipinto della battaglia di Lepanto. Quel prete amava raccontare un aneddoto. “Un fatto realmente accaduto”, assicurava. Durante la guerra, un gruppo di partigiani, avendolo sentito ripetere che era “armato”, di notte fece incursione in canonica col pretesto di scortarlo al capezzale di un moribondo. Poi, davanti al piccolo prete, qualcuno andò al sodo: “Reverendo, fuori le armi!”. Il prete andò in tasca con la mano ed estrasse il suo vecchio rosario. Andrea Turazzi


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UFFICIO LITURGICO

LA FORMAZIONE DEI MINISTRI, SEGNO DI AMORE A CRISTO E ALLA CHIESA

PRONTI PER SERVIRE di don Graziano Bartolini, diacono* Con il mese di ottobre inizia il cammino di formazione per i nuovi ministri (Lettori, Accoliti e Ministri straordinari della Comunione) e riprendono anche gli incontri di formazione permanente per i ministri già istituiti. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma che bisogno c’è di fare tanta formazione per servizi così semplici come servire all’altare, portare la comunione ai malati o leggere le letture? “Sono un’insegnante, saprò ben leggere!!” è stata la risposta stizzita che un sacerdote si è sentito dare, dopo aver fatto presente ad una signora che per leggere in Chiesa era necessaria una preparazione. In realtà, anche solo fermandosi agli aspetti più tecnici, leggere bene un testo antico e prezioso come è la Parola di Dio non è poi così facile. Pensiamo solo a quanto studio e preparazione fanno gli attori per poter declamare una poesia. Ma servire nella liturgia non richiede solo preparazione tecnica; ci vuole anche la consapevolezza del mistero che si celebra; dell’azione di Dio che attraverso i santi Segni opera la salvezza e costruisce la sua Chiesa. Bisogna poter entrare sempre più profondamente nella comunione con il Signore che siamo chiamati a servire e ad amare. Il servizio infatti è il modo più bello per dimostrare l’amore: basta guardare quanti piccoli gesti di servizio e di attenzione si scambiano gli innamorati. È necessario quindi che un ministro sappia amare e servire il Signore Gesù presente

MONTEFELTRO PERIODICO DELLA DIOCESI DI SAN MARINO -MONTEFELTRO NUOVA SERIE Anno LXI - N. 9 - ottobre 2015 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC Aut. Trib. di Pesaro n. 72 del 3.4.1956 Iscritta al R.O.C. n. 22192 del 19.4.2012

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nella Liturgia ed allo stesso modo sappia riconoscerlo, amarlo e servirlo nelle persone alle quali è inviato. Occorre anche che un ministro sia consapevole del fatto che egli svolge il suo incarico per mandato della Chiesa e non a titolo personale: quando un ministro straordinario della comunione porta l’eucarestia a un malato, è – in un certo modo – l’intera comunità cristiana che attraverso il ministro si reca da lui, se ne prende cura con amore, lo unisce alla sua preghiera, lo sostiene e lo conforta nella prova. Purtroppo oggigiorno la fretta che ci incalza costantemente ed una certa superficialità diffusa, non ci aiutano a cogliere questi aspetti e si rischia facilmente di cadere in un efficientismo che nulla ha a che vedere con il vangelo e con la liturgia. “Lo Spirito non accende un eccesso di attivismo – afferma il documento preparatorio al Convegno di Firenze – ma un’attenzione rivolta al fratello…”. Per tutti questi motivi è richiesto ai ministri un corso di formazione di base prima di ricevere il ministero e successivamente l’impegno a coltivare una formazione per-

manente attraverso gli incontri appositamente predisposti dalla diocesi. È un cammino che si articola su tre percorsi strettamente correlati: una formazione teologica, per conoscere e approfondire – a partire dal significato dei segni e dei gesti – i contenuti della liturgia; una formazione spirituale, affinché l’esercizio del ministero si accompagni ad una crescita nella vita di fede e nella relazione con il Signore e infine una formazione tecnica, che permetta ai ministri di svolgere in modo corretto ed appropriato il loro servizio, in unione e a sostegno dei sacerdoti e dei diaconi. Dobbiamo essere grati al Signore per il fatto che una ventina di nostri fratelli abbiano accettato di intraprendere questo cammino. Nel prossimo mese di giugno – a Dio piacendo e con il sostegno delle vostre preghiere – andranno ad aggiungersi ai 150 ministri che già da anni servono con amore Cristo e la nostra Chiesa diocesana. * Incaricato diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti


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UFFICIO LITURGICO

LA PREGHIERA DEL ROSARIO di don Raymond Nkindji Samuangala* Dopo l’importante iniziativa del nostro Vescovo di mobilitare tutta la Diocesi nell’accompagnare il Sinodo dei Vescovi con la preghiera del Rosario recitato nelle nostre famiglie, mi è sembrato opportuno sospendere la presentazione della Liturgia delle ore iniziata sull’ultimo numero del Montefeltro per concentrarci nell’immediato sulla preghiera del Rosario. Se, come abbiamo detto, la Liturgia delle ore è la preghiera liturgica di tutta la comunità ecclesiale, il Rosario appare come la preghiera popolare più diffusa e più praticata nella Chiesa. Ciò è dovuto a molti fattori, tra cui la semplicità e la ripetitività di questa preghiera che fanno sì che chiunque la possa praticare facilmente, singolarmente o in gruppo. La ragione più forte della diffusione del Rosario risiede certamente nel fatto che è una preghiera rivolta a Maria, Madre del Salvatore e nostra Madre, in un forte slancio di amore, di devozione e di emozioni filiali. Questa devozione mariana, tuttavia, ha comportato nel corso della sua lunga storia e comporta tuttora il rischio che si può riassumere, semplificando al massimo, su due versanti: da una parte essa si è via via sovrapposta alla liturgia della Chiesa, diventando quasi la modalità principale di partecipazione all’eucaristia ridotta nel tempo ad una funzione clericale incomprensibile per l’assemblea, anche a motivo di una lingua riservata all’èlite. Ed anche oggi non manca chi continua a recitare il suo Rosario durante la Messa e durante l’Adorazione eucaristica! Dall’atra parte la vera comprensione teologica del Rosario se ne è risentita quando l’eccesso di “zelo” mariano ha fatto di Maria quasi il termine ultimo di questa preghiera. A ragione il Concilio Vaticano II ha voluto rammentare con autorità e forza che la mediazione di Maria per “i fratelli” del suo Figlio è da intendere correttamente solo nel rapporto singolare che Ella ha con Gesù Cristo, unico mediatore. In effetti, «uno solo è il nostro mediatore, secondo le parole dell’Apostolo: “Poiché non vi è che un solo Dio, uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato se stesso in riscatto” (1 Tm 2,5-6). La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia» (Lumen Gentium 60). «Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e redentore… E questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente; essa non cessa di farne l’esperienza e la raccomanda all’amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore» (LG 62).

Alla luce di questa dottrina siamo chiamati a comprendere e a vivere il nostro culto verso la Madre del Signore. Infatti, «Maria, perché madre santissima di Dio presente ai misteri di Cristo, per grazia di Dio esaltata, al di sotto del Figlio, sopra tutti gli angeli e gli uomini, viene dalla Chiesa giu-

stamente onorata con culto speciale… Questo culto, quale sempre è esistito nella Chiesa sebbene del tutto singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione reso al Verbo incarnato cosi come al Padre e allo Spirito Santo, ed è eminentemente adatto a promuoverlo» (LG 66). Accogliamo quindi la proposta del nostro Vescovo dentro questa autentica dottrina e questa sana tradizione della Chiesa. Torniamo, come singoli e soprattutto come famiglie, ad invocare la santa Madre delle Grazie con la preghiera a lei dedicata, il santo Rosario, affinché ottenga ai Padri sinodali la luce dello Spirito nel discernimento che sono chiamati a fare per il bene della famiglia e di tutte le famiglie. E dopo il Sinodo? Ogni famiglia continuerà a pregare il Rosario, come lo è stato sempre, invocando su di essa e sul mondo intero le grazie del Signore per l’intercessione della Madre! La richiesta del nostro Vescovo, quindi, è di un servizio prezioso della famiglia a sé stessa. * Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti


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LA TERZA

“ L’ARTE COME PREDICAZIONE EVANGELICA” Un fatto al mese di Suor Maria Gloria Riva *

In Sant’Agostino il Mistero che salva la città Secondo la leggenda un giorno Sant’Agostino, mentre si trovava meditabondo lungo il mare, ebbe la visione di Gesù bambino. L’episodio è noto e, benché non si sia trovato riscontro storico nelle fonti agostiniane, ha avuto molta fortuna nell’iconografia sul Santo d’Ippona. La leggenda compare, sotto forma di exemplum, nel XIII secolo in uno scritto di Cesare d’Heisterbach dove protagonista era una vedova. L’attribuzione dell’episodio a Sant’Agostino reca la data 1263 e si fonda su alcune basi: una lettera apocrifa a Cirillo dove Agostino ricorderebbe una rivelazione divina con queste parole: Augustine, Augustine, quid quaeris? Putasne brevi immittere vasculo mare totum? Cioè: «Agostino, Agostino che cosa cerchi? Pensi forse di poter mettere nella tua nave tutto il mare?» E un altro testo apocrifo dove San Girolamo discute con Sant’Agostino sulla capacità umana di comprendere il mistero divino. La fortuna dell’episodio attesta la sua profonda verità. Quando l’uomo si attarda a scandagliare misteri che non gli competono naufraga e annega nello stesso mare che vorrebbe solcare. Una delle opere più belle, che illustra il fatto, è contenuta nella predella della Pala di San Barnaba di Sandro Botticelli (agli Uffizi di Firenze). Sant’Agostino, vestendo i panni episcopali, i panni cioè di colui che, avendo raggiunto la pienezza del sacerdozio può, ex cattedra, educare alla fede, sta sul lungomare. Quale mare, è impossibile dirlo. Alcuni ritengono possa essere Civitavecchia ma, in tal caso, i paramenti da vescovo indossati dal Santo costituirebbero un anacronismo, poiché quando Agostino si trova a Roma non è né prete, né vescovo. Per altri si tratta del mare di Ippona e ciò giustificherebbe la tenuta del Santo. Questa, del resto, pare la corrente di pensiero seguita da Botticelli. L’episodio narra che, mentre Agostino scandagliava con la mente il Mistero della Trinità, vide un bimbo intento a giocare. Dapprima il santo vescovo non comprese l’origine divina di quel Bambino e lo stette ad osservare. Questi, correndo al mare, pe-

scava dell’acqua con una conchiglia per poi, ritornando sulla spiaggia, riempire con essa una buca fatta nella sabbia. Incuriosito dall’operazione ripetuta più e più volte, Agostino decide di interrogare il bambino: «Che fai?». Alla risposta del fanciullo rimane interdetto: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant’Agostino spiega pazientemente che ciò è impossibile. Il bambino fattosi serio replica: «È impossibile anche a te scandagliare con la piccolezza della tua mente l’immensità del Mistero divino». E detto questo sparì.

pur dubbio episodio, una grande verità che, se osservata, può salvare l’uomo e la città. La salvezza del mondo e della città era nascosta per Sant’Agostino, nella vita monastica, vero luogo dove la filosofia e financo la teologia diventano sapienza di vita. L’esperienza di Cassiciago, che lo portò alla conversione e al Battesimo, maturato anche grazie alle liturgie celebrate dal Vescovo Ambrogio nella città di Milano, plasmò il suo animo a comprendere che la vita monastica del grande Antonio (del quale aveva udito parlare rimanendone affascinato) non doveva essere prerogativa del deser-

Sandro Botticelli, Visione di Sant’Agostino del fanciullo, Pala di San Barnaba, tempera su tavola, 268x280 cm, Firenze, Uffizi

Botticelli veste di rosso l’uno e l’altro, indicando così la prossimità degli intenti: entrambi cercavano di circoscrivere un mistero insondabile. Il volto espressivo del Bambin Gesù di Botticelli lascia intravedere lo sdegno e la sorpresa divina per un uomo fattosi sì ardito. In fondo l’episodio, non a caso ai nostri giorni quasi dimenticato, si adatta anche alle velleità dell’uomo post contemporaneo. Il desiderio di indagare, dominandoli, i grandi princìpi non negoziabili, come la vita, la morte, la dignità della persona e la distinzione orientata alla vita fra uomo e donna, avrà come naturale approdo il naufragio, la sconfitta, l’abbruttimento umano. Così Agostino insegna ancora, in questo

to, ma poteva essere vissuta pienamente anche nella civitas. Le intuizioni avute a Cassiciago si concretizzarono meglio a Tagaste, luogo dove la celebre e discussa Regola Agostiniana prese forma. Ma sarà a Ippona che Agostino, divenuto sacerdote e poi vescovo, avrà modo di unire la vita monastica a quella apostolica dei chierici. Una suggestiva pittura, attribuita a Niccolò di Pietro, raffigura il santo Padre Agostino con i discepoli ed esprime bene quello che fu la sua vita ad Ippona. Anche qui egli veste i panni del vescovo e tiene in mano la Parola circondato dai chierici. Il portale che incornicia il gruppo ricorda quella sorta di grande portale che apre la Regola Agostiniana: il motivo essenziale per cui vi

LA RUBRICA “VITA DELLA CHIESA-IL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO” TORNA NEL PROSSIMO NUMERO DI NOVEMBRE CON UNA RIFLESSIONE SUL RECENTE VIAGGIO DEL SOMMO PONTEFICE A CUBA E NEGLI STATI UNITI.


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IN DIOCESI

Niccolò Di Pietro, Agostino presenta la Regola ai monaci agostiniani (1394-1416), Pinacoteca Vaticana

siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio. La postura orante di ciascun membro dice la tensione verso Dio, mentre i visi sereni rivolti al Padre Agostino dicono l’attitudine alla carità. La carità per Agostino era il grande modo di essere presenti. Solo la carità è capace di dilatarsi oltre i confini del Monastero. Solo la carità per il grande dottore della Chiesa, è salvezza della città. Per questo il portale dell’ambito monastico in cui si trovano gli agostiniani si apre generosamente allo sguardo di chi li osserva. L’ascolto di Dio, il pervenire alla sapienza era, per Agostino, a servizio ed edificazione della civitas. Lui che morì povero, ma ricco solo della sua biblioteca, dichiarò spesso di non aver mai scritto nulla per sé, ma solo per gli amici e per la ricerca del vero e del Bene a servizio di molti. Non a caso nel Prologo della Città di Dio (scritta mentre era Vescovo) Agostino così si esprime: “L’argomento di quest’opera […] l’ho intrapresa dietro tua richiesta per adempiere la promessa che ti ho fatto di difendere la città di Dio contro coloro che feriscono i loro dei e al suo fondatore”. Il libro, in questo affresco, non a caso allora è al centro del gruppo. Tutto ruota attorno ad esso: un libro che non è certamente lettera morta, ma è segno della Presenza viva del Verbo. Anche l’uomo post contemporaneo dovrebbe imparare quello che Agostino sedici secoli or sono aveva già capito, l’uomo progredisce, la città si salva solo grazie a una Presenza, a una relazione che, fondata sul Tu eterno, apre agli infiniti tu dell’umanità. * Monache dell’Adorazione Eucaristica Pietrarubbia

DALLA CURIA Pubblichiamo la situazione delle questue pervenute finora in Curia e inviate ai vari enti. Precisiamo che le Parrocchie probabilmente danno tante altre offerte in Carità, il cui ammontare non è compreso in questo resoconto. Queste sono le somme pervenute in Curia per quelle raccolte obbligatorie a favore di quelle istituzioni che la Chiesa indica come opere da sostenere da tutti i cristiani.

QUESTUE IMPERATE PRIMO SEMESTRE 2015 INFANZIA MISSIONARIA PRO EMIGRANTI PRO LEBBROSI UNIVERSITÀ CATTOLICA LUOGHI SANTI QUARESIMA MISSIONARIA* OBOLO DI SAN PIETRO

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12.522,00 11.476,50 02.549,00 02.679,00 02.940,50 09.335,00 05.872,00

Totale primo semestre

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27.374,00

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* Con la raccolta della Quaresima missionaria, per quest’anno la Diocesi ha finanziato due progetti: uno, insieme alla Caritas Diocesana per gli sfollati della città di Slovyansk in Ucraina. Un altro, con il Centro Missionario Diocesano, a favore della missione di Padre Marcellino Forcellini a Lubumbashi (Congo). Per i terremotati del Nepal sono stati raccolti e già inviati a Caritas Italiana e 17.447,60.


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ANNO DELLA VITA CONSACRATA

ORDINI RELIGIOSI IN DIOCESI

FRATI MINORI CONVENTUALI A SAN MARINO CITTÀ Fin dalla sua fondazione l’Ordine, per volontà del Padre san Francesco, è una vera fraternità; i suoi membri, costituendo come fratelli un’unica famiglia, partecipano alla vita e alle opere della comunità secondo la condizione di ognuno. Tutti hanno uguali diritti e doveri. San Francesco volle che i suoi frati si chiamassero Frati Minori, perché “dal loro stesso nome” apprendessero “che erano venuti alla scuola di Cristo umile, per imparare l’umiltà”. Sono riuniti in una fraternità conventuale, allo scopo di favorire una maggiore devozione, una vita più ordinata, un ufficio divino più solenne, una migliore formazione dei candidati, lo studio della teologia e le altre opere di apostolato al servizio della Chiesa, e così estendere il regno di Cristo in tutta la terra sotto la guida dell’Immacolata (cfr. Costituzioni dell’Ordine, tit. I,1-4). La famiglia dei Frati Minori Conventuali si considera in continuità

storica e spirituale l’originario Ordo Minorum fondato da san Francesco: si ispira, quindi, e si sente particolarmente legata a tutte le figure di santità che l’Ordine, ancora indiviso, ha potuto esprimere. Tra essi evidentemente giganteggia il fondatore, il Santo di Assisi. La Chiesa ha canonizzato nel XVIII secolo san Giuseppe da Copertino che nei giorni 15-17 aprile 2013 in occasione del 350° della sua morte venne organizzata una peregrinatio del corpo del Santo nella chiesa di San Francesco dei Frati Minori Conventuali a San Marino. Nell’occasione furono celebrate Ss. Messe e si registrò una grande partecipazione di fedeli che davanti al corpo del santo vegliarono in preghiera. Alla chiusura della peregrinatio fu presente il Padre Provinciale Giancarlo Corsini. In tempi più recenti Papa Giovanni Paolo II ha elevato agli onori degli altari san Massimiliano Kolbe e san Francesco Antonio Fasani.

La presenza nella Diocesi dei Frati Minori Conventuali risale agli inizi del tredicesimo secolo; una data possibile potrebbe essere il 1213 quando san Francesco fu presente nel territorio del Montefeltro. Alcuni suoi confratelli giunsero a San Marino e si stabilirono nella selva della Murata. La loro prima chiesa venne consacrata in quel luogo nel 1254. Nel 1360 fu offerto ai Frati da un generoso sammarinese un oratorio posto dentro le mura della città.

Il Convento di San Francesco, inoltre, ha sempre rappresentato un significativo riferimento culturale a partire dallo Studium (1675-1883) in cui venivano insegnate sia la teologia che altre discipline e, per quanto riguarda l’attualità, con il Museo-Galleria San Francesco che ospita un’interessante raccolta di opere d’arte. Il Convento di San Francesco oggi è l’unica realtà dell’Ordine presente nel territorio della Diocesi. La comunità è formata da tre frati: padre Giuliano Budau guardiano della comunità, padre Francesco Acquabona cappellano all’Ospedale della Repubblica e padre Livio Zanin il decano. Oltre che collaborare con la Diocesi, i religiosi offrono, grazie alla collocazione della chiesa di San Francesco, il loro servizio ai tanti turisti presenti nel centro storico. La comunità inoltre è impegnata nel rilancio del proprio ruolo culturale sia collaborando con la Repubblica per quanto riguarda il Museo San Francesco che in altre iniziative fuori e dentro il territorio della Diocesi.

La Comunità dei Frati Minori Conventuali di San Marino

Dopo poco fu iniziata la costruzione della chiesa attuale e nel 1373 i Frati poterono abitare stabilmente nella nuova sede. È impossibile scindere dopo tanti secoli la storia del popolo di San Marino da quello della comunità francescana. Il suo ruolo spirituale si innesta nel corso degli eventi piccoli e grandi, personali e sociali che hanno fatto la storia della Repubblica, come quando nel secondo conflitto mondiale i sammarinesi e i Frati Conventuali diedero segretamente asilo agli ebrei.


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DALLA CEI


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IL VICARIO GENERALE

LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI “MOTU PROPRIO” DEL PAPA

LA RIFORMA VOLUTA DAL SANTO PADRE di mons. Elio Ciccioni* “MITIS IUDEX DOMINUS IESUS”: SULLA RIFORMA DEL PROCESSO CANONICO PER LE CAUSE DI DICHIARAZIONE DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO NEL CODICE DI DIRITTO CANONICO Ha suscitato comprensibilmente molto clamore la riforma dei processi per il riconoscimento della nullità dei matrimoni, approvata dal Santo Padre e resa nota qualche settimana fa. In effetti tale riforma contiene alcuni elementi di novità, anche se i titoli di alcuni organi di stampa hanno contribuito ad alimentare la disinformazione in proposito, e non hanno fatto certamente un servizio al Santo Padre e meno che mai alla verità. Titolava un quotidiano: ”Divorzio breve in Vaticano”, confondendo così il contenuto del divorzio con quello della nullità e insinuando l’idea che anche in Vaticano, con il nuovo corso, il divorzio sarebbe ammesso e addirittura riconosciuto con una sentenza ufficiale del Tribunale ecclesiastico. Tra l’altro quando si parla di cause di nullità matrimoniale, gli organi di stampa citano quasi sempre ed esclusivamente la Sacra Rota, dimenticando che da quasi vent’anni ci sono i Tribunali Ecclesiastici Regionali di prima e seconda istanza che trattano la stragrande maggioranza delle cause di nullità matrimoniale. Vediamo ora il processo di nullità e le novità reali secondo le nuove norme. 1. Abolizione dell’obbligo di ottenere due sentenze favorevoli (ora ne basterà una) abolendo così una norma che aveva 250 anni e che potrebbe ridurre la durata complessiva del processo da alcuni mesi ad un anno. Rimane tuttavia la possibilità, per entrambi gli sposi, di chiedere un secondo grado di giudizio, qualora non fossero convinti dell’esito ottenuto nel primo grado.

NON SI FAVORISCE LA NULLITÀ DEI MATRIMONI – PRECISA PAPA FRANCESCO NELLA LETTERA APOSTOLICA – BENSÌ LA CELERITÀ DEI PROCESSI E LA “GIUSTA SEMPLICITÀ” DEGLI STESSI, AFFINCHÉ, “IL CUORE DEI FEDELI CHE ATTENDONO IL CHIARIMENTO DEL PROPRIO STATO NON SIA LUNGAMENTE OPPRESSO DALLE TENEBRE DEL DUBBIO”.

2. Un’altra novità che potrebbe essere rilevante, è la possibilità di raccogliere velocemente le prove e poi sottoporre il caso al Vescovo Diocesano, purché entrambi gli sposi siano d’accordo sulla richiesta, e la nullità appaia manifesta. 3. È bene anche chiarire che non ci sono nuovi presupposti di nullità, perché il Papa è intervenuto solo sulla

procedura e non sulle motivazioni che consentono il riconoscimento di nullità che rimangono invariate, anzi il Papa ribadisce che occorre “conseguire la certezza morale necessaria per legge… e che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore”. Pertanto è forviante pensare che ora basta fare domanda e si ottiene risposta favorevole. 4. Un altro punto riguarda i costi, ovvero la volontà del Papa che le cause di nullità non siano troppo dispendiose. In Italia da quasi vent’anni il processo di nullità è già sostanzialmente gratuito: il contributo richiesto è di 525 euro e la copertura delle restanti spese piuttosto rilevanti, avviene con i fondi dell’8 per mille, cui si deve eventualmente aggiungere il costo dell’avvocato per chi vuole farsi assistere da un patrono di fiducia, onorario che però a sua volta è contenuto entro limiti fissati dalla CEI e corrisponde a un criterio di giusta remunerazione per chi svolge la propria opera professionale. Alla luce di quanto scritto, sarebbe opportuno sfatare il pregiudizio che una causa di nullità matrimoniale costa tantissimo: la quota suddetta (525 euro) è una cifra abbordabile per chi è veramente interessato a promuovere una causa di nullità matrimoniale. Queste cose era opportuno precisarle, affinché non si alimentino aspettative illusorie che poi resterebbero deluse, perché non fondate nella realtà della riforma, e perché si attribuiscono al Papa parole mai dette o promesse mai fatte. * Vicario generale


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IL VICARIO GENERALE

Come accogliere i profughi IL CARD. CAFARRA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE, HA INDICATO ALCUNE LINEE DI COMPORTAMENTO CHE EGLI HA DATO ALLA CHIESA BOLOGNESE: L’ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI CUI CI HA INVITATI IL PAPA SI PUÒ REALIZZARE ATTRAVERSO UN PROCESSO CHE SARÀ INEVITABILMENTE LENTO E PONDERATO E CON ALCUNE CARATTERISTICHE L’esodo biblico di popoli cui stiamo assistendo in questo tempo ha suscitato tanti sentimenti e le più svariate reazioni nella popolazione europea e in particolare in quella italiana. Questo è dipeso anche dal fatto che, almeno inizialmente, l’Italia è stata lasciata sola ad affrontare l’emergenza e l’Europa in generale non era preparata a questa migrazione epocale. Per cui nei mezzi di comunicazione sociale abbiamo sentito le più svariate reazioni e strumentalizzazioni del fenomeno, al punto tale che anche in noi cristiani non poche sono state le perplessità. È vero che in questa confusione abbiamo avuto la voce dei Pastori; anche il nostro Vescovo, questa estate, ha inviato un messaggio alla Diocesi nel quale indicava i sentimenti e l’atteggiamento da tenere come discepoli del Cristo, di fronte al dramma di questi fratelli, ma è stato dopo il recente intervento del S. Padre che ha invitato ogni parrocchia, ogni struttura ecclesiale ad accogliere una famiglia di profughi che la riflessione in merito si è fatta più precisa e puntuale. Ed è dall’intervento del Card. Cafarra, presidente della Conferenza episcopale regionale, che riprendo alcune linee di comportamento che egli ha dato alla Chiesa Bolognese. Una prima osservazione del Cardinale è che l’accoglienza dei profughi cui ci ha invitati il Papa si può realizzare attraverso

un processo che sarà inevitabilmente lento e ponderato e con alcune caratteristiche. Non un’accoglienza dettata dall’emergenza di persone appena arrivate (per questo ci saranno gli appositi centri dello Stato), ma una accoglienza di singoli o nuclei familiari già identificati e conosciuti, per i quali si potrà predisporre un percorso specifico, caso per caso. In questo processo occorrerà agire attraverso la Caritas diocesana, o altre strutture apposite che si confronteranno con la Prefettura e gli altri organismi civili (centri di accoglienza, Comuni ecc.). Alle Caritas presenti sul territorio faranno riferimento le singole realtà disposte all’accoglienza. Si vogliono offrire ai profughi percorsi di vera accoglienza e integrazione e al tempo stesso, dare garanzie a chi accoglie di non essere lasciato a se stesso nel gestire situazioni che sono delicate e faticose. Ogni realtà che accoglie è necessario sia quotidianamente visitata, monitorata e sostenuta dalla comunità tutta e da altre figure esterne competenti e autorevoli. Sarà vanto, per chi accoglie, offrire amicizia, vicinanza fraterna, vitto e alloggio gratuitamente, escludendo quindi nella generalità dei casi ogni forma di rimborso per l’accoglienza prestata. Tutto quello che invece esulerà da vitto e alloggio e comporterà costi ulteriori (assistenza sanitaria, adempimenti burocratici ecc.),

sarà a carico delle realtà caritative e istituzionali preposte che sovrintendono, gestiscono e tutelano questa accoglienza e il suo buon andamento. La Parrocchia non si identifica col Parroco o la canonica, o le strutture parrocchiali. Proprio perché l’accoglienza sia espressione di tutta la comunità cristiana, si chiede che i sacerdoti responsabili di parrocchie e zone pastorali, non si facciano carico da soli dell’accoglienza. Se non si riuscisse a garantire un’ effettiva corresponsabilità, almeno con alcuni parrocchiani, neppure il Parroco da solo potrebbe far fronte al bisogno. In tal caso si prenderà atto dell’impossibilità dell’accoglienza. Quello che ora possiamo iniziare a fare nelle nostre comunità, è di raccogliere le disponibilità all’accoglienza che vengono offerte. Nel frattempo la Caritas diocesana attiva i contatti con le istituzioni per capire di cosa c’è bisogno. In un secondo tempo si potrà iniziare a ipotizzare abbinamenti tra singole situazioni di bisogno e le realtà più adatte ad accoglierle. Il compito che ci è chiesto, quello dell’accoglienza, è oltremodo serio e delicato e va svolto con estrema cura, sgomberando il campo da improvvisazioni e pressapochismo, perché sia accolta e rispettata in questi fratelli la dignità della persona umana. Mons. Elio Ciccioni

CAMPO DI LAVORO MISSIONARIO Il primo tassello di un lavoro che deve proseguire lungo l’intero anno pastorale Dopo l’esperienza di questa estate, il gruppo del Campo di Lavoro Missionario si è riunito lo scorso 6 settembre per ricordare i momenti vissuti insieme. La condivisione di gruppo ci ha permesso di raccontare ciò che è stato per noi il campo di lavoro, cosa ha lasciato, e come ha cambiato le nostre vite. Riassumerei le testimonianze di tutti in un’unica parola: RESPONSABILITÀ. Il campo di lavoro insegna ad essere responsabili durante il servizio, responsabili nei confronti del nostro pianeta, responsabili nella convivenza ma soprattutto responsabili nella missione più importante, quella di evangelizzare perché ogni volantino consegnato e ogni peso sollevato sono per noi, e per chi li riceve, una piccola testimonianza di vita cristiana. Con questo incontro possiamo dire veramente conclusa la 40ª edizione del campo di lavoro missionario; abbiamo consegnato a Padre Renzo Mancini un assegno di 3250,00 € frutto delle nostre fatiche e del sostegno dei tanti benefattori che ci hanno aiutati in questa missione. Il campo di lavoro è la dimostrazione che ognuno, anche con poco, può aiutare a raggiungere un obiettivo grande. Il centro missionario della nostra Diocesi però non si ferma qui. Come sappiamo, il mese di ottobre è un mese importante perché è il mese dedicato alla missione universale. Il titolo della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno è proprio “Dalla parte dei poveri”. Questo non è solamente un invito a ‘schierarsi’ a favore di una categoria generale di persone, di cui magari sentiamo sempre parlare, ma senza ‘incontrarli’ veramente, è invece il modo di agire di Cristo stesso, che emerge dall’ascolto del Vangelo, perché il Signore non si è mai posto ‘contro’ qualcuno, ma a fianco di tutti, camminando insieme a coloro che incontrava, poveri, malati nel corpo e nello spirito, uomini e donne in ricerca, delusi dalla vita. Dunque, invitiamo tutti a partecipare SABATO 17 OTTOBRE alla Veglia Missionaria, presieduta da S.E. Mons. Andrea Turazzi, che si terrà in cattedrale a Pennabilli alle ore 21:00. Per l’occasione avremo la fortuna di ascoltare la testimonianza di Suor Silvia Marsili, missionaria Saveriana per 20 anni in Ciad e consorella di Olga, Lucia e Bernardetta, le tre suore uccise lo scorso anno in Burundi.


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LA TRE GIORNI DEL CLERO

8-10 SETTEMBRE A VALDRAGONE CONVOCATA LA TRE GIORNI DEL CLERO DIOCESANO

IL VESCOVO ANDREA: RIPARTIRE DALL’EVANGELIZZAZIONE ALTRI RELATORI: MARCO TARQUINIO, DIRETTORE DI «AVVENIRE» E DON GUIDO BENZI DELLA DIOCESI DI RIMINI. LA TERZA GIORNATA HA VISTO ANCHE LA PARTECIPAZIONE DEI RESPONSABILI DEGLI UFFICI PASTORALI DIOCESANI È stata una Tre Giorni particolare quella che il Clero diocesano di San Marino-Montefeltro ha vissuto nella Casa di Spiritualità San Giuseppe di Valdragone. Il Vescovo Andrea ha presentato in bozza il Programma Pastorale 2015-2016 che è stato consegnato ufficialmente domenica 27 settembre. Il Vescovo ha anticipato quelle che saranno le linee guida del programma: sintonia con le indicazioni della nostra Chiesa; valorizzazione di quanto già esiste nelle nostre parrocchie; valutazione delle risorse disponibili e promozione di quelle ancora inespresse; promozione del ruolo delle commissioni (e gruppi di servizio) che operano all’interno di questa realtà; infine verifica, nel prossimo mese di giugno, per far sempre meglio ciò che il Signore chiede. Il Vescovo Andrea ha poi osservato: il passaggio da una condizione sociologica di cristianità ad una condizione di minoranza della comunità cristiana ma senza che questo mutamento costringa a “chiuderci perché non viviamo da assediati giocando solo in difesa – e, ancora – la nostra azione pastorale mostra uno sbilanciamento sulla sacramentalizzazione rispetto all’evangelizzazione”. Un programma quello predisposto che tiene conto della fotografia fatta sull’anno 2014: la cerchia dei praticanti numericamente molto ridimensionata; il calo numerico nelle assemblee domenicali; inefficacia dello sforzo pastorale in atto e dell’impianto formativo: la stragrande maggioranza dei giovani “lascia” dopo il periodo dell’iniziazione

cristiana; nei nostri borghi tengono le forme della religiosità popolare e questo fa pensare che il senso religioso sia ancora vivo. La prima giornata si è aperta con la relazione tenuta dal Direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio invitato a parlare su “La notte culturale del nostro tempo. Quali spunti di speranza oggi”. “Non ci sono mai stati tempi facili – ha esordito Tarquinio – è come se vivessimo in un tempo di guerra, pensando alle difficoltà che incontriamo, alle armi che urlano intorno a noi. Dopo la caduta del muro nel 1989 ci siamo illusi che si fosse aperto un tempo nuovo mentre abbiamo scoperto che c’erano altri muri che stavano alzandosi, dentro la nostra vita. Il vescovo Andrea ha usato l’immagine di Diogene che si aggira per la piazza, le nostre piazze sono diventate più anguste, addirittura non ci sono più nelle città degli uomini. Le nostre stesse città che sono nate attorno

a luoghi di comunità, oggi soprattutto nelle grandi città sono allargate senza più luoghi. Non vengono più concepiti, o meglio non sono stati concepiti negli anni che abbiamo alle spalle in questo tempo difficile che stiamo vivendo che ci si ripropone il problema di umanizzarle e di renderle abitabili in modo diverso. Una delle sfide che stanno davanti a quelli che devono immaginare il governo delle nostre comunità dal punto di vista civile è come rendere ri-abitabili le città: invece di costruire cose nuove dobbiamo rendere più abitabili quelle che ci sono e che abbiamo maldestramente usato. Mi auguro che ci siano persone che lo facciano con intelligenza. Ma qual è il tempo che viviamo? Il tempo delle grandi tendenze negative che si vanno manifestando nella notte culturale quelle dell’isolamento, insterilimento, e incattivimento. Queste sono le tre grandi sfide che abbiamo davanti”. Nella seconda giornata la Tre Giorni si è interrogata sulla Misericordia che è “ricerca dell’uomo”. Nel suo intervento il biblista Don Benzi ha meditato il Vangelo di Luca. La misericordia di Dio di cui ci parla l’Antico Testamento è qualcosa che è in stretto rapporto con l’amore e con la stessa giustizia, che non è la giustizia umana. Anche quando Dio è amareggiato dal suo popolo e lascia presagire i castighi che sopravverranno, egli rimane il Dio della vita che attende con pazienza il ritorno) del peccatore, perché possa vivere in pienezza. Il Dio degli ebrei è anche il Dio dei cristiani e l’evangelista Luca lo ha capito così bene che ne dà un saggio nel suo Vangelo con tre parabole molto significative: due brevi e simili, la terza più sviluppata e ricca di emozione e d’insegnamento teologico. E le letture fatte dal sacerdote e studioso riminese sono rivolte a tutti e accompagnano tutti nel cammino che porta direttamente a Roma. “Il testo suggerisce che la misericordia è capace di ridare vita, e con essa dignità e gioia. L’unica condizione è il riconoscimento della necessità della casa del Padre – ha detto fra l’altro Don Benzi –. Allargando l’orizzonte di Luca, possiamo dire che se non ci sarà festa in cielo per i novantanove giusti, questa festa si farà con i novantanove giusti, cioè con tutti coloro che la misericordia di Dio ha conquistato e che hanno vissuto la loro vita in risposta a questo amore”. Francesco Partisani


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CALENDARIO PROGRAMMA PASTORALE

“Con viscere di misericordia” PRESENTIAMO AI NOSTRI LETTORI IL PROGRAMMA PASTORALE 2015-2016 Questo è il titolo dato al programma pastorale dell’anno 2015-2016. Con queste parole il vescovo parla dell’amore del Signore per noi: un amore “viscerale”, cioè dal profondo più profondo, connaturato con la “costituzione biologica” di Dio, un amore che va oltre. Le viscere sono quelle del cuore. Accogliere e vivere il Vangelo è il programma più completo ed efficace per vivere una vita piena e gioiosa… Allora a che cosa serve proporre un programma pastorale? Darsi degli obiettivi ed individuare linee di cammino è segno di concretezza, di serietà e di passione, con la consapevolezza che è il Signore che prende per mano e dona risorse. Il cammino di quest’anno ruota attorno a due centri: l’accoglienza dell’Anno Santo della Misericordia indetto da papa Francesco e la dimensione dell’evangelizzazione, in particolare nell’ambito dell’iniziazione cristiana, all’interno della pastorale ordinaria. Due momenti comunitari diocesani racchiudono l’anno: il giorno del mandato agli operatori pastorali (e della consegna del programma), domenica 27 settembre 2015, e il giorno della verifica, cioè del ringraziamento al Signore per i doni ricevuti e della condivisione di esperienze ed osservazioni sull’anno appena trascorso, sabato 11 giugno 2016. Questi due appuntamenti sono molto importanti perché esprimono la tensione all’unità della comunità diocesana in accordo alla preghiera sacerdotale di Gesù che chiede al Padre che “tutti siano una sola cosa” (Gv 17, 21). In questo tempo di “notte oscura”, di crisi dei valori, di fenomeni epocali di migrazione e di incubi di cronaca nera emerge un grido di aiuto: l’uomo da sempre e per sempre cerca chi è disposto ad amarlo, dando senso alla sua esistenza. Nella prima parte del programma pastorale il vescovo invia il suo messaggio a chi difficilmente incontra durante le visite pastorali, ai giovani, alle parrocchie, ai movimenti, alle aggregazioni ecclesiali, ai presbiteri, alle famiglie, ai fratelli e alle sorelle chiamati alla vita consacrata. Cinque lettere per dire che siamo davvero amati. Ai cinque gruppi di destinatari

vengono consegnati una domanda su cui riflettere, un impegno a cui dedicarsi e una frase della Sacra Scrittura a fare da lampada ai loro passi. Cinque frasi che indicano un aspetto della misericordia del Signore: tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima ed io ti amo; annuncia la misericordia che ti ha usato; beati gli invitati alla Cena del Signore; portare i pesi gli uni degli altri; misericordia io voglio, non sacrifici. Facendosi portavoce nel mondo di una di queste parole, si effonde il profumo della misericordia e si spargono i petali dell’unico fiore che è la Misericordia del Padre. Nella seconda parte del programma pastorale sono elencate le tappe dell’Anno Santo che si aprirà in diocesi il 13 dicembre 2015 e sono stabilite le Porte della Misericordia che trapunteranno il nostro territorio. Soprattutto è spiegato lo spirito con cui accostarsi al dono straordinario del Giubileo. Occorre chiarire per prima cosa che cosa sia la misericordia e quali passi conduca a compiere nella vita quotidiana in famiglia, in comunità, nel mondo del lavoro, della scuola, dello sport. Ogni battezzato, in virtù del dono di grazia del sacerdozio regale, è chiamato ad annunciare il Vangelo e a dare testimonianza dell’incontro con la persona viva di Gesù Cristo, che è Misericordia. Il cristianesimo non è un’arte del buon vivere e neppure una morale. Scorrendo le pagine

del programma si legge che «la misericordia, prima che compassione, è apprezzamento e stima; […] non è debolezza, ma caratteristica dell’onnipotenza divina; […] non è un’idea astratta, ma la realtà concreta con la quale Dio rivela il suo amore, amore di padre e di madre». Un amore viscerale, come testimonia il titolo scelto dal vescovo, ricavato dalla traduzione originale in latino del Vangelo di Luca che ci accompagnerà per tutto l’anno liturgico. Chiave di lettura del Vangelo di Luca è proprio la misericordia del Padre manifestata nelle parole e nei gesti di Gesù. In concreto quali sono i segni dell’Anno Santo? Il pellegrinaggio, come cammino esteriore e interiore nella carità, la conversione, con il ritorno “a casa” del sacramento della Riconciliazione, le opere giubilari, cioè le opere di misericordia corporali e spirituali su cui riportare l’attenzione nelle scelte quotidiane, l’indulgenza, espressione della sovrabbondanza nel perdono e partecipazione alla comunione dei santi, la preghiera del Rosario, specialmente nelle famiglie nel mese di ottobre come sostegno e compartecipazione al sinodo dei vescovi sulla famiglia. Nella terza parte del programma viene scattata una fotografia sulla situazione attuale della diocesi. In essa si evince lo sbilanciamento ancora esistente tra sacramentalizzazione ed evangelizzazione. Auspicabili sono l’aumento dei ministri straordinari della Parola e la moltiplicazione di luoghi di annuncio del Vangelo, nella forma di catechesi degli adulti e Lectio divina. Il cammino da compiere è quello di essere sempre più una Chiesa accogliente, che guarda con gli occhi di Dio e va incontro ad ogni persona come ad un fratello: una Chiesa che diventa sempre più famiglia. Molta dell’azione pastorale potrebbe irradiarsi proprio attraverso la famiglia che diventa soggetto per la trasmissione della fede oltre che settore da custodire e nutrire. Ci si prefigge quest’anno di completare il collegamento tra pastorale familiare e iniziazione cristiana, che comincia fin dalla preparazione al matrimonio e prosegue con l’inserimento delle coppie in gruppi di giovani sposi (o Continua a pag. 12


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PASTORALE SCOLASTICA E CULTURA

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in gruppi famiglia) parrocchiali o vicariali, importanti oasi di ristoro, nutrimento, confronto e condivisione. Nella tabella finale si possono leggere alcune indicazioni operative sulla prassi catechistica e liturgica dell’iniziazione cristiana: linee di riferimento su cui modellare con creatività il percorso. Nel programma di quest’anno si recupera e si definisce sempre meglio il tema del nuovo “assetto pastorale” che comporta l’assunzione di nuove responsabilità e rende necessaria la disponibilità al cambiamento e al rischio di cercare nuovi equilibri, alla ricerca di una comunione ecclesiale sempre più profonda e autentica. Come afferma il vescovo, il nuovo assetto è «una pedagogia dell’essere, del sapere e del saper fare insieme». In coda al programma si trova il calendario pastorale diocesano in cui sono indicate le feste dei santi della Chiesa locale e gli appuntamenti, a carattere diocesano, elaborati dalle diverse equipe dei centri pastorali. Il calendario pastorale è uno strumento di unità che aiuta ad avere uno sguardo d’insieme sulla vita della diocesi e a portare nella preghiera e nel cuore le iniziative di tutti. Pertanto, non sono presenti gli appuntamenti dei singoli centri pastorali e non vengono inseriti i dettagli delle iniziative che saranno via via indicate dai responsabili di settore. Novità di quest’anno, Giubileo di misericordia, sono le “stazioni giubilari”, momenti di preghiera guidati dal vescovo in luoghi spiritualmente significativi della diocesi, le “giornate giubilari” in cui lucrare l’indulgenza, dedicate alle diverse categorie di persone: giovani, consacrati, politici, medici, ammalati, sacerdoti… e i pellegrinaggi. Dall’apertura dell’Anno Santo in poi, ogni mese viene dedicato all’impegno verso una particolare opera di misericordia corporale e spirituale. Il programma pastorale non ha alcuna pretesa di completezza ed esaustività, ma vuole essere di stimolo e di incoraggiamento alla creatività e alla passione di quanti cercano di dare risposta alla sete di vero umanesimo del nostro tempo, sete che può essere colmata solo volgendosi a contemplare il volto di Cristo. Solo dopo aver ricevuto l’abbraccio misericordioso del Signore si diventa capaci di «andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio» (MV 5). Non resta che augurare buon cammino! P.G.

VERSO FIRENZE: I PRE CONVEGNI VICARIALI

I CINQUE VERBI DI UNA PRESENZA di don Gabriele Mangiarotti* Tra il 9 e il 13 novembre 2015 si terrà a Firenze il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale. Dopo Evangelizzazione e promozione umana( (Roma 1976), Riconciliazione cristiana e comunità( degli uomini (Loreto 1985), Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia (Palermo 1995) e Testimoni di( Gesù Risorto speranza del mondo (Verona 2006), i Vescovi italiani hanno voluto questo nuovo Convegno In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Chi ci segue con fedeltà ha sicuramente visto che da tempo anche la nostra Diocesi si è messa in azione per vivere quanto la Chiesa italiana sta proponendo. Gli inserti del Montefeltro hanno certamente aiutato tutti coloro che si sono lasciati interrogare da questo avvenimento e forse hanno segnato una crescita di consapevolezza e di responsabilità. Così, quando il nostro Vescovo ha proposto una serie di mini-convegni vicariali, alla sera dalle 20 alle 23, quella che poteva essere pensata come una sfida utopica si è rivelata come una occasione propizia per tantissime persone, che hanno riscoperto il desiderio di essere protagonisti nella vita della Chiesa. Si è verificata una partecipazione abbastanza intensa, sia numerica sia, soprattutto, nel modo costruttivo di lavorare insieme. A me è parso un segnale di quella maturazione della esperienza ecclesiale che ha avuto, nella straordinaria visita del Papa Benedetto qui in Diocesi, un suo consistente impulso. Ricordo spesso quanto da giovane, con Mons. Negri, ascoltavamo l’invito che ci era rivolto da don Giussani il quale, ripetendo l’esortazione del sommo Pontefice Pio XII, ci ricordava che «le prospettive universali della Chiesa sono le direttive normali della vita del cristiano». Il cammino segnato da questi tre momenti di lavoro comune mi sembra essere quello della riscoperta – così necessaria in questo drammatico frangente della vita della Chiesa e del mondo – della Chiesa nella sua cattolicità, capace di superare campanilismi e «parrocchialismi» che sembrano contraddire l’indicazione di Gesù: «Vi riconosceranno come inviati da me nella misura della vostra unità». In sintesi che cosa sono stati questi momenti? Il lavoro è stato introdotto da una breve e intensa preghiera guidata dal Vescovo, che ha fatto diventare le parole guida del Convegno di Firenze domanda intensa alla SS. Trinità. Poi un breve video suggeriva, quasi allusivamente, un modo di guardare i cinque verbi (Uscire, Annunciare, Abitare, Educare e Trasfigurare) che ne evidenziasse l’importanza e la bellezza. E sono scorse dinanzi a noi, oltre alle drammatiche immagini della flagellazione di Gesù tratte dal film The Passion e intervallate da altre attuali im-

magini della sofferenza dell’uomo di oggi, le parole così commoventi di San Giovanni Paolo II (quelle dell’inizio del suo grande pontificato: «Aprite, spalancate le porte del vostro cuore e Cristo») e quelle urgenti di Papa Francesco sulla «colonizzazione ideologica», che hanno risvegliato la consapevolezza della urgente attualità del problema educativo nel nostro contesto. Attualità che si può, a volte, sottovalutare e minimizzare. Nei cinque gruppi di lavoro sono stati sviluppati i significati dei cinque verbi, secondo varie modalità comunicative (dal brain storming alla proposta di domande e testimonianze personali), il tutto finalizzato ad aiutare i delegati della Diocesi nel loro apporto costruttivo al Convegno di Firenze 2015. E, a detta dei vari delegati che fungevano anche da moderatori, il lavoro è stato costruttivo e fecondo. Dopo un breve break con spuntini e bevande, vista l’ora per cui molti erano usciti da casa senza cenare, c’è stato il momento delle testimonianze. Questo è stato l’intento suggerito dal Vescovo: «Il Convegno di Firenze si propone di fare il punto sulla emergenza educativa: con quali caratteri si manifesta tale emergenza? Chi riguarda? L’emergenza educativa che cosa domanda agli educatori? Quali risposte ed esperienze siamo in grado di offrire? Si badi bene: la sfida non e intorno a questo o quell’aspetto dell’educazione, ma investe l’idea stessa di “uomo”. La comunità cristiana ha, in proposito, un vissuto e ideali da offrire insieme ad una lunga tradizione e ad un ritrovato slancio… [per questo] ogni comunità parrocchiale racconterà con il linguaggio preferito, una esperienza di umanesimo vissuto». Credo, sinceramente, che si sia lavorato in questa linea, anche se ancora in modo iniziale, che richiede, come sottolineato da alcuni partecipanti, un’abitudine a pensarsi come Chiesa, superando le strettoie di autoreferenzialità che alla fine sono sterili e non sanno godere della bellezza di essere il popolo di Dio qui nella nostra terra. La serata si è poi chiusa con una preghiera-testimonianza dedicata alla figura di un santo o beato significativo per il vicariato e ci hanno accompagnato (e, devo dire francamente, anche un po’ commosso) il Beato Matteo da Bascio, il Beato Marvelli e il Beato Domenico Spadafora. Una Chiesa in cammino, testimone di quella umanità compiuta che solo in Cristo crocifisso e risorto si realizza realmente, una comunità che desidera vivere la missione nelle circostanze nelle quali il Signore ci ha posto. * Direttore Ufficio diocesano Pastorale Scolastica (IRC) e Culturale


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PASTORALE GIOVANILE

PASTORALE GIOVANILE DIOCESANA

VERSO LA GMG DI CRACOVIA 2016 di don Mirco Cesarini* Un’antica leggenda narra che la città di Cracovia deve la sua origine a un uomo di nome Krak che affrontò e vinse il drago che tiranneggiava gli abitanti di un villaggio che da quel momento in poi prese il nome del suo liberatore. Un nome, un destino. Non sembra un caso che in questa città abbiano vissuto altri grandi lottatori tra i quali S. Faustina Kowalska e S. Giovanni Paol II che in tempi più vicini a noi hanno sconfitto draghi altrettanto feroci. Cracovia è la meta di questo anno di pastorale giovanile iniziato lo scorso 2 settembre con la Veglia dei giovani a S. Marino. A Cracovia dal 26 al 31 luglio 2016 ci sarà la Giornata mondiale dei giovani (Gmg) con Papa Francesco. Un incontro che si sta preparando ormai da due anni e che ha come filo conduttore quello delle beatitudini. Il tema che quest’anno il Papa ha affidato ai giovani e che sarà approfondito in Polonia è: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”. Questa riflessione non poteva

Modena, accompagnati dal loro nuovo vescovo Mons. Erio Castellucci, verranno nella nostra diocesi per un gemellaggio con i nostri giovani. Celebreremo la sera del 31 ottobre una veglia di preghiera e poi ci sarà un momento di fraternità e convivialità. Nel mese di dicembre (4-7 dicembre) il nostro vescovo Andrea guiderà gli Esercizi spirituali rivolti ai giovani universitari e ai lavoratori. Il 2 e 3 gennaio accoglieremo nella nostra diocesi una copia del Crocifisso di S. Damiano e della statua della Madonna di Loreto che stanno attraversando le regioni e le Diocesi d’Italia e che saranno donate ai giovani della Polonia. Questa peregrinatio dei simboli della Chiesa italiana ha lo scopo di invitare tutti a pregare per l’evento della Gmg e per rafforzare l’unità fra i giovani e le chiese. In Quaresima all’interno delle 24 ore di preghiera del Signore (venerdì 4 marzo) proporremo ai giovani della nostra diocesi una celebrazione comunitaria della Riconciliazione.

con quella di Cracovia. A Tarnow i giovani saranno ospitati dalle famiglie e nei giorni del gemellaggio avranno la possibilità di conoscere i giovani di questa diocesi, vivranno momenti di festa, di pellegrinaggio, di visita ai luoghi più significativi dal punto di vista religioso, caritativo e storico-artistico. Saranno visitati anche il Santuario nazionale di Cze¸stochowa e il campo di concentramento di Auschwitz a poche decine di chilometri da Tarnow. Non finirà tutto con la Gmg. Si sta pensando anche a un dopo Cracovia. Ai giovani che saranno stati in Polonia chiederemo di condividere l’esperienza vissuta con gli amici rimasti a casa, con le loro parrocchie, con chi è rimasto fuori da questo evento. Alla ripresa delle attività (il 2 settembre 2016) inviteremo a S. Marino i giovani della Romagna per la nostra consueta Veglia e per un concerto del gruppo musicale “The Sun”. Sarà un modo per ritrovarsi e prolungare l’esperienza

capitare in un momento migliore: nell’Anno Santo della Misericordia e in questo tempo di grandi migrazioni e nuove povertà. Cracovia è anche il luogo da cui si è irradiata la devozione alla Divina Misericordia, ennesimo atto di bontà di Dio verso l’umanità. L’itinerario che ci porterà a Cracovia è scandito da alcuni eventi che coinvolgeranno i giovani della nostra diocesi. Il primo lo abbiamo già vissuto il 2 settembre nella Basilica di San Marino ed è stato l’avvio. Un altro importante appuntamento sarà sabato 31 ottobre quando i giovani della diocesi di

In questo anno giubilare questo evento sarà la nostra giornata diocesana dei giovani. I nostri giovani non partiranno da soli per la Gmg ma insieme ai ragazzi e alle ragazze delle Diocesi della Romagna. Faremo parte di un gruppo un po’ più grande (circa 2000 giovani) che per conoscersi e affiatarsi si incontrerà i primi di giugno (appena finita la scuola) a Pinarella di Cervia per una serata di festa. Infine la partenza per la Gmg dal 19 al 31 luglio. Le giornate di incontro col Papa saranno precedute da un gemellaggio con la Diocesi polacca di Tarnow che confina

vissuta, insieme. Inoltre dopo questo anno come équipe di Pastorale giovanile vogliamo delineare un progetto per i giovani della nostra diocesi su cui si sta riflettendo da tempo. Infine, per citare S. Teresa d’Avila, chiederemo ai ragazzi dopo questo anno di grazia così abbondante di trasformare ciò che hanno vissuto e ricevuto in “opere, opere, opere”: in famiglia, in parrocchia, nelle associazioni, in caritas, nel volontariato. * Vicario Episcopale per la Pastorale Giovanile Assistente ecclesiastico diocesano Giovani AC


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PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO

PASTORALE D’AMBIENTE

DAI LUOGHI DEL SACRO A QUELLI DELLA VITA ORDINARIA di Gian Luigi Giorgetti* Di fronte al mondo del lavoro e alle sue problematiche, dove si gioca la vita delle persone, come comunità cristiana sentiamo di dover essere capaci di pensare e di dire qualcosa di significativo. Per stare dentro la storia con amore vogliamo intraprendere una nuova azione pastorale, andando oltre le celebrazioni rituali e devozionali per portarci dai luoghi dedicati al sacro ai luoghi della vita ordinaria. Una pastorale d’ambiente, dunque, per aiutare i laici a realizzare una sintesi tra l’esperienza lavorativa e l’esperienza della fede per una spiritualità incarnata nella vita. La realtà ci propone da un lato un lavoro che vive ancora una fase di difficoltà e la cui mancanza costituisce la prima emergenza sociale, dall’altro un modello di sviluppo economico che mostra enormi potenzialità che però spesso generano disuguaglianze più che solidarietà, aumento del superfluo più che redistribuzione del necessario. In questo contesto il primo atteggiamento da curare, come comunità cristiane, è quello di autentico discernimento della realtà, senza ottimismi semplicistici

né catastrofismi infondati, convinti che lo Spirito anche oggi è all’opera e continua a guidare l’umanità alla sua piena realizzazione. Concretamente ciò significa creare occasioni di vicinanza e di ascolto sincero dei lavoratori per accogliere domande, sfide e aspirazioni, evitando di chiudersi nella cerchia dei soli praticanti per cogliere nuove opportunità affinché il Vangelo diventi vita. Un secondo atteggiamento da curare è la valorizzazione delle potenzialità educative insite nell’attività lavorativa per incidere sul modello di sviluppo e sugli stili di vita. Il lavoro può assumere un ruolo centrale nell’educazione alla stima di sé e autocoscienza personale, se viene inteso non solo come produzione di beni e servizi ma soprattutto come attività necessaria alla crescita umana: “Il lavoro dovrebbe essere l’ambito di questo multiforme sviluppo personale, dove si mettono in gioco molte dimensioni della vita: la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei valori, la comunicazione con gli altri, un atteggiamento di adorazione” (Enciclica Laudato si’, 126).

La comunità cristiana deve contribuire allo sforzo culturale e spirituale necessario per un nuovo modello di vita, e in questo il lavoro può essere il campo di sperimentazione di un nuovo modello di pastorale che sceglie come orizzonte d’impegno il territorio, la creazione di una rete di rapporti significativi e un linguaggio esistenziale: • valorizzando i momenti formativi già esistenti, inserendo un’appropriata riflessione sul lavoro; • curando la celebrazione della fede a partire dalle situazioni esistenziali, utilizzando le opportunità che già la liturgia mette a disposizione per aiutare il popolo di Dio a portare a Messa la vita, il lavoro e l’impegno per una società più giusta e solidale; • e soprattutto proponendo una iniziativa missionaria sul territorio, in particolare l’incontro nei luoghi di lavoro, per creare occasioni per coniugare primo annuncio, Parola di Dio e ascolto della vita. * Responsabile Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro

RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO

A Valdragone il corso regionale dedicato a responsabili e animatori Dal 27 al 30 agosto si è tenuto, presso la Casa San Giuseppe di Valdragone, il corso regionale del Rinnovamento nello Spirito dedicato a responsabili e animatori, guidato da un’equipe coordinata da Don Fulvio Bresciani, consigliere spirituale regionale. Nei quattro giorni di corso, in un clima di crescente comunione fraterna, sono stati affrontati temi fondanti per chi desidera servire la Chiesa nel RnS; non si è trattato di lezioni teoriche, ma della trasmissione di esperienze vissute comunitariamente. Queste le catechesi principali, ispirate alle parole di Papa Francesco: l’esperienza del RnS, Corrente di Grazia, fondata sulla vita comunitaria; la signoria di Gesù da accogliere in uno stato permanente di “adorazione”; l’importanza della formazione e dell’accompagnamento; la missione del RnS, sempre più proiettato verso l’esterno, per un annuncio kerigmatico più che mai urgente. Il richiamo di Papa Francesco ad essere “Chiesa in uscita” è stato accolto la sera di sabato, quando tutti i “corsisti” sono scesi a Rimini per una serata di adorazione eucaristica presso la parrocchia “Cuore

Immacolato di Maria” di Bellariva. Decine di evangelizzatori, sparsi per l’affollatissimo lungomare di Rimini, hanno proposto a tutti l’incontro con Gesù vivo nell’Eucaristia. Un momento di riflessione biblica sulla prima lettera di Pietro, la preghiera comunitaria carismatica, la S. Messa, le “esperienze spirituali”, sono stati momenti ricorrenti nelle giornate vissute insieme. Ampi tempi di condivisione assembleare e lavori a gruppi hanno consentito a tutti di intervenire e portare un contributo alla crescita comune. Ognuno ha portato a casa un rinnovato desiderio di spendere la propria vita per il Signore attraverso il servizio al RnS e alla Chiesa. La S. Messa del venerdì sera è stata celebrata dal Vicario Generale della Diocesi di S. Marino-Montefeltro, Mons. Elio Ciccioni, che ha accolto i partecipanti con stima e amicizia, ricambiate al termine della celebrazione da un caloroso applauso di ringraziamento di tutta l’assemblea. Un grazie ai responsabili e collaboratori della bellissima struttura che ci ha ospitati, per la gentilezza e disponibilità e un arrivederci.


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GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO

DOMENICA 8 NOVEMBRE 2015: GIORNATA DI RINGRAZIAMENTO

La Terra ci nutre, nutriamo la Terra custodendola, rispettandola, ringraziando Dio per i frutti LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO SI CELEBRERÀ IN MODI DIVERSI E IN MANIERA AUTONOMA NELLE SINGOLE PARROCCHIE DELLA DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO «La Chiesa invita a dedicare un’attenzione speciale al tema del cibo, quale dono di Dio per la vita della famiglia umana. Così, nel ringraziare il Padre per i frutti della terra, ci rendiamo consapevoli di coloro che patiscono la fame. Papa Francesco richiama spesso “la tragica condizione nella quale vivono ancora milioni di affamati e malnutriti, tra i quali moltissimi bambini”. La fame è minaccia per molti dei poveri della Terra, ma anche tremendo interrogativo per l’indifferenza delle nazioni più ricche. Infatti, alla sottonutrizione di alcuni, si affianca un dannoso eccesso di consumo di cibo da parte di altri. È uno scandalo che contraddice drammaticamente quella destinazione universale dei beni della Terra richiamata – quasi cinquant’anni or sono – dal Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes (cfr. n. 69). È una questione di giustizia, che pone gravi interrogativi in merito al nostro rapporto con la terra e con il cibo». (Chiesa Cattolica Italiana)

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“BELLA”: QUANDO DUE DESTINI SONO FATTI PER INCONTRARSI «La vita è il più grande dono di Dio. È per questo che è penoso vedere quanto accade oggi: la vita viene volontariamente distrutta dalle guerre, dalla violenza, dall’aborto. E noi siamo creati da Dio per cose più grandi: amare ed essere amati! Il più grande distruttore di pace nel mondo è l’aborto. Se una madre può uccidere il proprio figlio nella culla del suo grembo, chi potrà fermare me e te nell’ucciderci reciprocamente?» (Madre Teresa). Bella è un film diretto da Alejandro Gomez Monteverde, presentato al Toronto International Film Festival. La storia narrata è quella di José (Eduardo Verátstegui), un famoso calciatore messicano, il quale, dopo un incidente d’auto in cui l’uomo ha investito una bambina, sta uscendo dal carcere per recarsi dal fratello Manny (Manny Perez), il quale gli offre un lavoro come cuoco presso il suo locale. José ricomincia lì la sua

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nuova vita e incontra Nina (Tammy Blanchard), la cameriera del ristorante, che è appena stata licenziata da Manny a causa di un ritardo. La donna disperata, poiché ha appena scoperto di essere incinta, scappa, e così José decide di lasciare tutto per poterla seguire ed aiutare. La vita di José e Nina, la quale non desidera portare a termine la gravidanza a causa della sua disperazione, non sarà una vita facile, eppure decidono di combattere insieme contro un destino che poteva sembrar loro avverso e trovano la forza di andare avanti nonostante le difficoltà. Il film ha ricevuto il premio “People Choice Award” nel 2006 al Toronto International Film Festival, il “Grand Prize Award” come miglior film drammatico al Hearthland Film Festival e tre Crystal Heart Awards a Alejandro Gomez Monteverde come regista, sceneggiatore e produttore, nonostante Bella fosse il suo primo film come regista. Oltre a questi prestigiosi riconoscimenti, Bella ha riscosso molto successo tra le associazioni pro-life, poiché ci dà molti insegnamenti riguardo all’aborto e ci insegna quanto fondamentale sia il rispetto verso la vita, propria e delle persone che ci circondano, ma soprattutto ci dimostra che la vita, senza amore verso gli altri, perde il suo valore e rimane una piatta esistenza. Melissa Nanni


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TESTIMONIANZA

I SENTIMENTI PROVATI DURANTE I CINQUE MESI DI VOLONTARIATO CARITAS

LA PAURA... E POI L’AMORE LA TESTIMONIANZA DI SARA FRANCIONI IN INDONESIA DAL 17 GENNAIO ALL’11 GIUGNO 2015 Quasi al termine della sua esperienza, abbiamo chiesto a Sara di parlare di quello che ha vissuto. È stato colpito ogni aspetto della mia vita, lavorativo, personale, fisico... Non è facile raccontare quello che ho vissuto forse i miei occhi sono molto più delle parole e il mio sorriso è il punto esclamativo di questo viaggio. Sono partita con uno zaino, un sogno, e un “contratto” con Caritas italiana/Caritas San Marino-Montefeltro. Non avevo e non sapevo nient’altro, mi avevano parlato di quest’isola di Nias nel bel mezzo dell’oceano indiano sorella delle altre 17.000 isole indonesiane ma io non ne ero a conoscenza. Ho guardato il mappamondo per farmi un’idea. Sono partita forse per una mia disperazione lavorativa e personale soffocata da una routine priva di punti fermi. Mi sono presa 5 mesi di libertà italiana e mi sono chiusa fra 4 mura di un orfanotrofio indonesiano. Arrivata a destinazione volevo scappare, ho avuto una paura mai provata prima e questa è stata la prima emozione: LA PAURA... Inizialmente avevo la testa italiana e pretendevo di cambiare loro perché vedevo tutto intorno così assurdo e diverso, non mi piaceva niente, avevo terrore di tutto anche dei bambini, perché erano sporchi e mi chiudevo nella casa dei volontari per delle ore a piangere e a studiare la lingua per accelerare qualsiasi contatto con l’esterno. E chissà poi cosa credevo ci fosse lì fuori, mi immaginavo la movida romagnola, locali, bar, ristoranti... invece ho trovato una città, Gununsitoli, dove c’è Alma (l’orfanotrofio), tante chiese, qualche moschea, tanti Shop, e un infinito mercato di pesce, frutta, polli, saponette, vestiti, acqua. C’è tutto quello che serve per vivere, bisogna solo chiudere il naso perché all’odore non ci si abituerà mai e inizialmente comprare ad occhi chiusi poi diventa normalità, sono diventata brava anche a contrattare... Miss cosa vuole? Miss i love you, i miss you... Questo è ciò che si sente camminando per la città, per loro sono una “bule”, la turista dalla pelle bianca esclusivamente inglese e ti dicono quelle tre frasi come dire buongiorno come stai... Quotidianità. A Nias non ci sono molti musulmani, circa il 20% della popolazione, ed è bello vedere una ragazza con il burca in sella al motorino con dietro una suora, come vedere me aggrappata e senza casco a loro così sicuri e in mezzo magari qualche bambino, perché è normale andare in moto in 5, in 6, dipende!!!! Non ci sono regole, si è liberi. La domenica andiamo a Messa in macchina: saliamo tutti insieme nella jeep siamo ogni volta circa 30 per-

sone e oggi non mi scandalizzo ma ci rido e mi diverto insieme a loro. Fuori da questa città ci sono i villaggi i così detti desa. Lì ti perdi fra i colori, gli odori, la natura, gli animali, e le persone, non c’è nulla, vivono in delle capanne di legno, dormono per terra o su delle assi di legno, la cucina è un fuoco con una pentola e il bagno è il campo di fianco. Ogni settimana con l’équipe Caritas sono andata nei villaggi per aiutare queste famiglie. In tutta l’Indonesia ci sono 300 strutture come Alma che accolgono 2000 bambini fra disabili, orfani, malnutriti, abbandonati... E 1500 bambini disabili che vivono in questi villaggi con la propria famiglia ma che Caritas aiuta portando loro cibo o zappando la terra, piantando ortaggi, vestiti, dolcetti, facendo fisioterapia domiciliare o anche solo per scambiare qualche parola. C’è proprio un confine fra la città e i villaggi ma è un passaggio bellissimo perché all’improvviso è come vedere un arcobaleno: non mi ci sono mai abituata, ogni volta mi esplodeva il cuore quando vedevo tutti questi bambini camminare per strada con la divisa della scuola, vegetazione infinita, donne con secchi, legna, materassi usurati sulla testa, bimbi piccoli che corrono scalzi e ridono e tutti ti salutano con un sorriso dai denti non perfetti ma luminoso. Quei sorrisi che nascono dal cuore, tanto che qui il saluto è una stretta di mano e poi con quella stessa mano ti tocchi il cuore. A me queste persone hanno trasmesso serenità e mi hanno fatto conoscere il concetto di fratellanza e condivisone: dividere un piatto di riso, usufruire della turca di casa tua perché tu hai la possibilità di averla, darti un passaggio... Il loro modo di vivere a primo impatto così assurdo è diventato poi così perfetto, umano, hanno solo la sfortuna di non avere il lusso fuori ma dentro sono ricchi, una ricchezza invidiabile e così ho voluto aiutarli nel mio piccolo e lasciare un segno e cercare di arricchire il loro esterno. Dopo due settimane dal mio arrivo ho avuto l’idea di aprire un conto corrente. Non sapevo neanche da dove partire perché per me nulla funzionava o era giusto. Aperto il conto ho pubblicato sul mio profilo facebook il numero di c/c e poi ho aspettato i soldi dall’Italia consapevole che forse sarebbe stato un buco nell’acqua e nulla sarebbe arrivato ma in questa attesa mi sono lasciata vivere e guidare da questi bambini, innamorandomi di loro ogni giorno di più e passando dalla paura all’amore senza accorgermene. La seconda emozione: L’AMORE. L’orfanotrofio è un piccolo villaggio dove ci sono 4 case: una grande costruita da Ca-


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ritas italiana subito dopo il terremoto e 3 piccole costruite dai tedeschi. In realtà erano quattro ma purtroppo una è stata distrutta da un incendio. Alma accoglie 37 bambini, 3 suore e 8 ibu. Le ibu sono delle ragazze che lavorano qui con contratti di anni o come stagiste universitarie o al termine della scuola; si occupano dei bimbi a 360 gradi come delle mamme, infatti ibu vuol dire “mamma adottiva”. I bimbi ospitati sono tutti quanti speciali: ti assorbono tutte le energie perché sono vitali, e fra i loro urli, i loro sorrisi, i loro capricci, i loro pianti io sono diventata dalla bule quindi la novità, giocare e scherzare, mangiare il kue (dolcetto), ad ibu e quindi vengono da me quando piangono e vogliono le coccole, quando si fanno male, quando sono stanchi e questo passaggio è stato graduale ma stupendo. Un passaggio che mi ha fatto crescere è imparare ad amare, a non avere paura di voler bene a qualcuno, ho aperto il cuore all’amore. L’unico prezzo che ho pagato è stato prendere i pidocchi ma avrei pagato anche una cara tassa pur di vivere ciò che ho vissuto in questi mesi. In questo frangente di terremoto interiore dopo un mese sono giunti i primi soldi. I primi ad aiutarmi sono stati i miei genitori, mio fratello, i miei zii e i nonni. Entusiasta ho subito fatto partire i primi lavori di restauro della cucina, luogo comune di tutti: bambini, suore, ibu, volontari. A seguire tanti amici hanno mandato altri soldi e sono partiti i lavori del bagno e della lavanderia. Poi altri soldi da persone anche a me sconosciute che attraverso un meraviglioso passaparola davano fiducia a me e al mio progetto e io ho iniziato a crederci perché vedevo i risultati dei miei sacrifici, delle mie idee che prendevano forma.

ANNIVERSARIO

Dopo il bagno e la cucina ho comprato letti, armadi, asse da stiro e ferri, lavatrici, un kit da bagno con asciugamano per ogni bambino e infine avanzando ancora soldi ho deciso di aiutare Caritas italiana che sostiene economicamente le varie operazioni di questi bimbi un po’ sfortunati. Le operazioni più frequenti sono al labbro leporino, cataratte ed ernie inguinali e qui in Alma ci sono due bambini affetti da labbro leporino e andranno presto alla città di Medan per l’operazione e potranno avere un sorriso all’altezza dei loro occhi. Questo progetto era un sogno e l’ho realizzato. Attraverso questo ho visto cambiare anche me stessa o forse semplicemente i miei occhi hanno iniziato a guardare diversamente e ad un certo punto ho iniziato ad abbandonare la testa italiana e a vivere con quella indonesiana priva di specchi, di fisicità, di estetica ma ricca di amore, di sorrisi, di fraternità, di condivisione quotidiana. È con orgoglio che scrivo questa esperienza anche per ringraziare Caritas della meravigliosa opportunità che mi ha dato, di aver avuto la fortuna di vedere una realtà a me totalmente sconosciuta e aver appreso il duro lavoro di questa realtà ecclesiale dopo il devastante terremoto e tsunami che ha colpito quest’isola e che ancora a distanza di dieci anni sta lavorando ogni giorno insieme a Caritas Sibolga. È stata un’esperienza, un’avventura, un viaggio di testa, cuore e anima e come un tatuaggio rimarrà indelebile dentro di me. Soddisfatta e felice a breve rientrerò in Italia con la consapevolezza che la distanza separa i corpi e non il cuore. Grazie a tutti! Sara Francioni

PIETRACUTA HA FESTEGGIATO IL SUO PARROCO

60º anniversario di sacerdozio di don GIORGIO MERCATELLI Quest’anno la Parrocchia di Pietracuta ha vissuto un particolare momento di grazia, in occasione del festeggiamento del 60° anniversario di sacerdozio del Parroco Don Giorgio Mercatelli. Il 10 luglio del 1955 Don Giorgio veniva ordinato sacerdote e celebrava la sua prima S. Messa a Mercatino Conca, il suo paese natale, in una piazza piena di persone. Dopo sessant’anni, ancora una volta, tante persone hanno voluto festeggiare insieme a lui e ringraziare il Signore per questo Suo dono; eravamo circa duecentosettanta! A sua insaputa, senza che don Giorgio lo sapesse, abbiamo contattato e invitato i suoi parenti e nipoti, i vecchi parrocchiani, alcuni confratelli Sacerdoti e il nostro Vescovo Andrea che ha assistito alla S. Messa solenne, al termine della quale è seguita la processione per le vie del paese con la Banda Musicale di Mercatale, la “sua banda” appunto, quella da lui benedetta. Dopo la celebrazione liturgica, ci siamo spostati nel parco parrocchiale per cenare tutti insieme e continuare la festa. Per l’occasione, abbiamo anche stampato e distribuito una copia

inedita del giornalino parrocchiale, che negli ultimi tempi era andato perduto. Nel “Bloc Notes” abbiamo pubblicato alcune foto di Don Giorgio, trafugate a sua insaputa, e qualche articolo che ricordasse a tutti noi quanto bene e quanto amore sono stati dedicati da Don Giorgio a chiunque lo abbia incontrato, in qualunque Parrocchia e in qualunque occasione. Ci siamo ritrovati a ripercorrere gli anni trascorsi insieme a lui e non possiamo che essere grati a Dio Padre per aver posto a guida della nostra comunità parrocchiale Don Giorgio, al quale permette ancora di celebrare ogni giorno la S. Messa in mezzo al suo popolo. Tra i vari doni, la comunità parrocchiale gli ha regalato un calice, simbolo perfetto del Sacrificio che è chiamato a celebrare con il suo ministero sacerdotale. Per tutto questo vogliamo ringraziare il Signore e chiedere a Maria e a San Pietro, nostro patrono, di accompagnare sempre Don Giorgio, perché possa continuare ad essere per tutti noi una bella testimonianza di fede: semplice, sincera e fedele. Ad multos annos! Giulia Rinaldi


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PREGHIERA

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - OTTOBRE 2015 offerta quotidiana santifica la tua giornata. Cuore divino di Gesù, io ti offro, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre. In particolare, per le intenzioni affidate all’AdP dal Papa:

L’

IN PARTICOLARE, PER LE INTENZIONI DEL PAPA E DEI VESCOVI INTENZIONE UNIVERSALE DI OTTOBRE ❏ “Perché sia sradicata la TRATTA DELLE PERSONE, forma moderna di schiavitù”.

La tratta delle persone P

apa Francesco ha definito la tratta delle persone “una attività vile, un disonore della società che si dichiara civilizzata!”. Perché il tema della tratta delle persone preoccupa tanto il Papa? Perché ne ha egli parlato in numerose occasioni, usando espressioni tanto forti, arrivando a chiamarla un “delitto contro l’umanità”, “una piaga sociale del nostro tempo”? Le ragioni non mancano, le cifre di questa schiavitù moderna danno i brividi: • secondo il rapporto annuale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sulla tratta delle persone, gli adulti ed i bambini sottoposti al lavoro forzato o alla prostituzione forzata sono nel mondo circa venti milioni; • questo abominevole delitto produce circa 32 miliardi all’anno, cioè mette nelle mani degli schiavisti quanto il traffico di armi; • il 98% delle vittime del traffico sessuale sono donne o bambine. Come si caratterizza la “tratta delle persone”? Secondo le Nazioni Unite, l’espressione “tratta di esseri umani” serve ad indicare: “il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’accoglienza di persone, con minacce o ricorso alla forza o ad altre forme di costrizione, usando rapimento, frode, inganno, abuso di autorità nelle situazioni di vulnerabilità, con l’offerta di pagamenti o la promessa di vantaggi, per ottenere il consenso e tutto al fine dello sfruttamento”. Esistono tre tipi di tratta delle persone: – per lo sfruttamento sessuale (79%), – per il lavoro forzato (18%), – per l’estrazione di organi (3%).

Il Papa ci chiama ad ingaggiare una lotta senza quartiere per sradicare questo bubbone malefico e per aiutare a ristabilire la dignità di coloro che sono stati violentemente spogliati dei loro diritti. Cosa possiamo fare noi per ostacolare la tratta delle persone? Possiamo fare tre cose: • aiutare a prendere coscienza di questi fatti, educare la società, parlare del tema con chi può dare un contributo a risolverlo; • accogliere, proteggere, accompagnare le vittime, se ne abbiamo l’occasione; • favorire il cambiamento di leggi inique e l’applicazione di quelle buone. Nel messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale per la Pace (1° gennaio 2015) il Santo Padre scrive: “Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti, che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà”.

PER L’EVANGELIZZAZIONE ❏ “Perché con spirito missionario, le comunità cristiane del continente asiatico ANNUNCINO IL VANGELO a coloro che ancora lo attendono”.

Evangelizzazione dell’Asia L’

Asia è considerata come un crogiolo, uno spazio in cui convergono differenti nazionalità, culture, religioni, principi sociali e politici. Può essere paragonata alla “vasca di mescolamento”, secondo l’espressione presa dalla terminologia dell’arte culinaria e che serve alla creazione di un nuovo piatto, mescolando insieme ingredienti prima separati. Così appare l’Asia nell’epoca moderna. Il cardinale di Manila, rivolgendosi ai delegati della Conferenza incaricata di studiare i metodi della nuova evangelizzazione in armonia con i tempi moderni, diceva: “La nuova evangelizzazione non può più essere basata su semplici strategie: bisogna che queste (le strategie) partano da una rinnovata esperienza di Cristo”. L’esperienza rinnovata di Gesù ci richiama due passi del vangelo di Giovanni. Nel primo: Gv 1,38-39, Gesù risponde alle domande dei discepoli,

che chiedono dove abiti, con le semplici parole: “Venite a vedere”. Segue il racconto del colloquio con la samaritana presso il pozzo di Giacobbe (Giovanni 4,3-42) dove Gesù parla della necessità di un incontro di cuore e di spirito. Essere aperti alle domande, alle curiosità, ai dubbi, alle esitazioni ed all’incredulità degli altri è il primo passo, ma ciò che conta di più è “la nostra esperienza rinnovata di Cristo”, cioè lo sforzo quotidiano di incontrare il Signore, che è sempre vivo e presente, lo sforzo di conoscere sempre meglio le Scritture ed il modo di applicarle alla nostra vita quotidiana. Resi forti nella fede, potremo far parte della nostra esperienza di Gesù anche agli altri, parlando di lui e camminando con lui.

INTENZIONE DEI VESCOVI ❏ Perché nei luoghi di lavoro cresca la COLLABORAZIONE RECIPROCA ed i problemi emergenti siano affrontati con spirito fraterno”.

“Guai a chi è solo!” “M

eglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai a chi è solo: se cade non ha nessuno che lo rialzi. Se uno è aggredito, in due possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto (Qo 4,9-10.12). Già la Centesimus annus denunciava il pericolo del diffondersi di una nuova ideologia radicale di tipo capitalistico che, determinando i processi culturali induce a scelte di vita prettamente individualistiche, con l’unico obiettivo del benessere del singolo, ottenuto attraverso l’affermazione competitiva sugli altri (n. 41).

Ne risulta potenziata la legge dell’efficienza e viene oscurato il valore della solidarietà, con la divaricazione sempre più marcata dei pochi ricchi sempre più ricchi rispetto ai molti poveri sempre più poveri. “Si avverte quindi la necessità di una cultura della solidarietà, che, superando una visione fatalistica dei fenomeni economici, punti ad una saggia coniugazione di cultura del contratto e cultura della reciprocità ed affidi il sostegno alle fasce più povere ed alle situazioni di disagio non all’elemosina di qualcuno, ma alla responsabilità delle istituzioni e alla fraternità di tutti” (Mons. Francesco Lambiasi).


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TRA FEDE E ARTE

USCITA CULTURALE A MILANO Alle sorgenti delle radici cristiane per nutrire il nostro futuro La Caritas Diocesana e l’Associazione Amici dell’Università Cattolica hanno proposto tale iniziativa con l’auspicio di far vivere ai partecipanti una significativa esperienza, capace di rafforzare lo spirito di comunità e fraternità intorno al nostro vescovo Andrea, nonché la collaborazione e missionarietà all’interno della Diocesi di San Marino-Montefeltro, confidando che l’amichevole condivisione di queste due giornate potesse arricchire ciascuno, rigenerando slancio, nuove risorse e disponibilità al servizio della Chiesa e delle nostre Comunità. Il 5 e il 6 settembre in cinquantasei, accompagnati da una guida spirituale di eccezione, Monsignor Andrea Turazzi, Vescovo della Diocesi San Marino-Montefeltro, siamo andati a Milano. Abbiamo vissuto e condiviso due giornate luminose suddivise tra sacro e solidale. Dalla chiesa di Sant’Ambrogio, all’Università Cattolica del Sacro Cuore, da Santa Maria delle Grazie – col suo Cenacolo dipinto da Leonardo – al Duomo: uno straordinario viaggio nella storia della Chiesa tra passato, presente e futuro. Il primo giorno abbiamo conosciuto il percorso spirituale di uomini come Sant’Ambrogio, Padre Agostino Gemelli, Armida Barelli e Giuseppe Toniolo che, con le loro opere, hanno reso e rendono tangibili le parole di Cristo “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, tema prescelto dalla Santa Sede per il suo padiglione dell’Expo 2015. La giornata si è conclusa in Duomo con la Santa Messa officiata dal nostro Vescovo. Il secondo giorno è stato dedicato alla visita di Expo 2015 che ha per tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Il filo logico che avrebbe dovuto attraversare tutti gli eventi organizzati, sia all’interno sia all’esterno del sito espositivo, doveva contribuire a far riflettere e confrontarsi sui diversi tentativi di trovare soluzioni alle contraddizioni del nostro mondo: se da una parte c’è ancora chi soffre la fame (circa 870 milioni di persone denutrite nel biennio 2010-2012), dall’altra c’è chi muore per disturbi di salute legati a un’alimentazione scorretta e troppo cibo (circa 2,8 milioni di decessi per malattie legate a obesità o sovrappeso). Inoltre ogni anno, circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono sprecate. Per questo motivo servirebbero scelte politiche consapevoli

LE INIZIATIVE EXPO A SAN MARINO Nell’ambito del segmento “Democrazie del cibo” l’Associazione Carità senza Confini Onlus organizza il 16 ottobre 2015 (Teatro Turismo)

“Vivere diversamente si può! Cibo e giustizia” INCONTRO CON DON LUIGI CIOTTI Don Ciotti ritorna a San Marino per parlare di equità e giustizia. Fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera ci farà riflettere sulla democrazia che si esplica nel rispetto delle persone, nella difesa degli emarginati e nel valore della legalità. Con questo terzo ed ultimo incontro vogliamo completare la nostra riflessione sul cibo e sull’acqua non come merce, ma come diritto essenziale che interpella il senso di giustizia e di carità di ognuno di noi. E lo faremo parlando anche dello sfruttamento indiscriminato delle risorse e dell’inquinamento devastante come fonte di reddito. In questo contesto l’esperienza di Libera ci sembra molto interessante per far capire che produrre cibo dalle terre sottratte alla mafia è un gesto di democrazia, è un segnale di speranza, è un atto di giustizia. Infatti “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata nel 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giusti-

e stili di vita sostenibili, come ha sollecitato anche Papa Francesco nella sua ultima enciclica Laudato si’, evidenziando la necessità di una ecologia integrale, umana e del quotidiano intesa come “impegno a vivere la vocazione a essere custodi e coltivatori dell’ambiente”. Visitando i padiglioni di Expo purtroppo non sempre abbiamo visto cogliere le sfide proposte dal tema della manifestazione; alcuni Stati hanno messo a disposizione dei popoli le proprie conoscenze per affrontare le criticità e debellare l’annoso problema della fame nel mondo, molti altri Paesi hanno preferito utilizzare questa vetrina per dare una bella immagine di sé, evidenziando anche con sfarzo gli aspetti positivi ed occultando le proprie contraddizioni. Sicuramente i padiglioni della Caritas e della Santa Sede sono quelli che più di altri si sono sforzati di proporre elementi di riflessione ai visitatori di Expo 2015. Le speranze e le nostre preghiere sono rivolte soprattutto ai popoli più avanzati, affinché mettano a disposizione mezzi e tecnologie per chi ha fame e sete, quindi l’auspicio è che Expo 2015 non rappresenti l’ennesima ed inconcludente vetrina delle vanità. I popoli più bisognosi non si nutrono con belle immagini e belle parole, che neppure sono utili a superare l’attuale “globalizzazione dell’indifferenza”. Giuseppina, Giovanni ed Emanuele

CIBO PER L’UOMO zia. La legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera. Ci auguriamo che questo ciclo di incontri contribuisca far sì che, come ha scritto don Ciotti nell’appello firmato insieme a Ermanno Olmi e Carlo Petrini, “l’Expo non si riduca a un’esposizione senz’anima, dove si enunciano vasti programmi e nobili intenzioni, mentre si tace sulla povertà e le ingiustizie che opprimono la vita di milioni di persone”. A seguire Kitchen Music, a cura dell'Istituto Musicale Sammarinese, “La cucina racconta una storia, anzi tante storie”. Coperchi, cucchiai, pentole, bicchieri e bidoni si trasformano in strumenti melodici e a percussione. Al termine piccola degustazione di prodotti tipici di San Marino e di Libera Terra. Vi aspettiamo, l'ingresso è libero!


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FOTOCRONACA DEI CAMPI ESTIVI

NELLA NOSTRA DIOCESI

MOLTI GIOVANI E GIOVANISSIMI IMPEGNATI NEI CAMPI ESTIVI 2015 SECONDA PARTE • L’ACR Elementari di Novafeltria ha svolto il suo campo estivo alla Pieve di Carpegna dal 19 al 26 luglio; tema del soggiorno L’Arca di Noè che ha visto impegnati in giochi, ricerche, momenti di riflessione e preghiera circa 50 bambini.

• Dal 25 al 30 agosto scorso 52 bambini e ragazzi della Parrocchia di Faetano hanno vissuto il loro campo estivo a Miratoio. Assieme a loro il Parroco Padre Ivo, il diacono e 15 animatori. Il tema del campo “Sulla via di Damasco” ha condotto i ragazzi a rivivere l’esperienza di Paolo – Patrono della Parrocchia di Faetano – attraverso 5 momenti fondamentali della sua vita riproposti dagli animatori attraverso curate rappresentazioni con tanto di costumi ed “effetti speciali”. Abbiamo capito così che la storia di Paolo di Tarso è anche la nostra storia e che l’incontro con Gesù ti cambia la vita e la rende straordinaria. Fra i momenti più belli del campo vi è certamente la sorpresa fattaci dal Vescovo Andrea che è venuto a trovarci e, oltre al dono della sua parola, si è intrattenuto simpaticamente con bambini e animatori insegnando canti e

bans. Un altro momento speciale è stato l’incontro non previsto con l’eremita diocesana Sveva della Trinità che abita a Bascio, la cui

testimonianza ha colpito molto i ragazzi inserendosi provvidenzialmente nel tema del campo.

• La Parrocchia di Pietracuta ha dato Scacco matto alla Regina Ester! Trentadue pedine molto speciali sono riuscite a realizzare uno scacco alla regina... Ester! Tutto è iniziato con la benedizione dei parroci domenica 19 luglio a Pietracuta; dopo di che, tutto era pronto. Potevamo partire. La voglia di iniziare quella settimana tanto attesa e allo stesso tempo anche un po’ di ansia hanno accompagnato i campeggianti fino a Ponte Cappuccini. Di lì a poco i ragazzi avevano già capito che si sarebbe trattato di un campeggio davvero speciale, ricco di valori e di incontri. Infatti, con il primo gioco serale hanno capito che Santa Ester sarebbe stata la nostra guida, la nostra regina. Alfieri, pedoni, torri e cavalli sono stati i nomi delle quattro squadre, pronte


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FOTOCRONACA DEI CAMPI ESTIVI

a sfidarsi in tanti giochi: giochi medioevali, giochi d’acqua, staffette e l’avventurosa caccia cinese per il paese. I ragazzi si sono dimostrati inoltre fantastici attori, pronti a improvvisare scenette e spettacoli. Oltre al tanto divertimento, sono stati significativi gli incontri e le testimonianze. Non potremo mai scordare la visita del nostro Vescovo Andrea: il tempo che ci ha regalato e la sua capacità di mettersi in gioco, anche con i più piccoli, sono stati un esempio educativo. Una bella testimonianza è stata anche quella delle monache dell’Adorazione perpetua che ci ospitavano e che abbiamo più volte incontrato e ascoltato. Tutto questo è stato scandito in modo ordinato dai momenti di preghiera: la Messa quotidiana, la preghiera del mattino e della sera e l’adorazione eucaristica, proposta ogni giorno, in modo semplice, ai nostri ragazzi. In questa settimana ci siamo tutti messi in gioco e ci auguriamo che di questa esperienza non rimanga solo un ricordo, ma un significato. Anche se la biografia di Santa Ester prima o poi diventerà sempre più labile nelle nostre menti, una cosa è certa: non dimenticheremo mai il suo coraggio, non dimenticheremo quella Regina pronta a rischiare la vita per difendere la sua fede. Tutti noi ci ricorderemo che Ester nel momento di difficoltà e di paura si è affidata al Signore. Come lei vogliamo fare anche noi. “Mio Signore nostro Re, tu sei l’Unico. Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso se non in te. Ester, 4 171”. Gli educatori

• A Sereto il Clan Reparto Lupetti degli scouts di Novafeltria 1 ha svolto il suo campo esti-

• LA NOSTRA CASA, LUOGO DI VITA CRISTIANA: campo-scuola diocesano per gruppi famiglie

prendo gli affetti, la stima, il valore della libertà e della bellezza; perché il cristianesimo racconta una fede incarnata, che si nutre e si rigenera partendo dalle esperienze di vita concreta di ognuno di noi. Nella giornata di venerdì, poi, ci ha fatto visita una coppia di sposi della diocesi di Ferrara, Sandro e Chiara Mastellari, accompagnati da S.E. il Vescovo Andrea: con loro abbiamo approfondito l’argomento della “emergenza educativa”, dell’educazione all’affettività e alla sessualità dei figli, approfondimento più che necessario con la sfida del c.d. “gender” alle porte. Il luogo che ci accoglie da diversi anni è il Villaggio San Francesco, immerso nella incantevole natura e nei boschi di Badia Prataglia, che ci permettono di alternare ai momenti di riflessione la possibilità di fare passeggiate nei

La nostra casa: non c’è altro luogo capace di vederci e accoglierci nelle nostre vesti più vere, di formarci e conformarci; è il luogo in cui la nostra natura si dilata e si contrae per effetto della convivenza stretta con altre persone che abitano gli stessi spazi e gli stessi affetti. È il luogo sicuro a cui tornare; il primo luogo in cui, da bambini, impariamo cosa sia l’amore, la stima... Ma, proprio perché certo, è anche l’ambito che rischia di essere dato per scontato, più di altri. E, allora, riscoprirne il senso affondando nella Parola, e ritrovarne la pienezza dei gesti, affinché gli uomini e le donne che abitano quelle case si sentano accolti per sapere a loro volta accogliere, è la sfida che ci siamo dati quest’anno nella nostra consueta, e cara, settimana di convivenza tra famiglie che, da ormai da più di quindici anni, la nostra Diocesi organizza nella settimana del ferragosto. Grazie alle sapienti provocazioni e ai racconti di vita concreta, frutto di anni trascorsi al servizio della pastorale per le famiglie, con Don Piero Pasquini, il fondatore della Comunità di Caresto, abbiamo provato a rispondere al grande interrogativo “come si può essere apostoli di Gesù, come possiamo essere Chiesa, a partire dalla nostra casa?”. Abbiamo ragionato su come poter riuscire a viverla come luogo in cui si realizza il Regno di Dio, risco-

vo dal 9 al 16 agosto. Circa 90 i partecipanti fra giovani e guide.

• La Parrocchia di Acquaviva e la favola di Pinocchio Come ogni anno, anche questa estate è stato rinnovato l’appuntamento del Campeggio con 54 bambini e ragazzi della parrocchia di Acquaviva. Accompagnati dal loro parroco Don Simone e dagli educatori si sono recati a Miratoio, dal 12 al 19 Luglio, per trascorrere insieme una settimana di giochi, camminate, attività e preghiera; a fare da sfondo a tutto ciò è stata scelta la favola di Pinocchio e la sua trasformazione da burattino a bambino in carne ed ossa. Per tutti i partecipanti è stata una settimana fantastica e molto formativa, da ripetere l’anno prossimo!

boschi e di visitare altro (quest’anno la diga di Ridracoli). Questa settimana è un momento prezioso: nutrimento per la vita delle nostre coppie, divertimento per i nostri bambini, materia prima per l’opera della pastorale famigliare diocesana. Ed è molto bello vedere come le coppie aumentino di anno in anno e si allarghi sempre più questa dimensione diocesana, così come era stata pensata da Don Agostino Gasperoni sin da quando l’aveva proposta ai primissimi gruppi di famiglie di Novafeltria. Difficile farne a meno. Ringraziamo il Signore per questa esperienza e per gli amici di cammino, con la speranza che questa famiglia di famiglie si allarghi sempre più. Diego e Elena, Novafeltria


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UFFICIO CARITAS

UNA RIFLESSIONE A MARGINE DEL PELLEGRINAGGIO ESTIVO A LORETO

L’USTAL una grande famiglia che accoglie e dona Ho letto sull’ultimo numero del giornale della Diocesi il Montefeltro la bella testimonianza di un giovane che ha partecipato al pellegrinaggio a Loreto nel mese di luglio scorso. Anch’io, che non sono più giovane di età, vorrei fare una riflessione e dare qualche suggerimento. Loreto offre l’occasione a tutti, soprattutto a noi laici, di staccare dalle preoccupazioni quotidiane, perché stare a contatto con persone malate e con handicap ci aiuta a riflettere sul dono della vita, sul dono della salute e ad apprezzare di più ciò che abbiamo. È un pellegrinaggio nel quale anche tutta la famiglia, al completo, può partecipare. La giornata è piena e ricca di celebrazioni. In un santuario unico dove all’interno c’è una casetta scura nelle mura, ma splendente, un faro dove nei momenti liberi si può sostare a lungo in preghiera e raccoglimento: LA SANTA CASA. È davvero unica, perché è lì che Maria ha vissuto con Giuseppe e con il figlio Gesù. Viene commozione solo pensando a queste cose, soprattutto a ognuno di noi e a chi è avanti negli anni; tornare nella “vecchia” casa insieme al babbo, alla mamma e ai fratelli, si ritrovano le radici che ci hanno trasmesso il grande dono della fede. Durante il giorno nei vari momenti liberi puoi incontrare tante persone nelle quali ci sono la necessità e il desiderio di trovare qualcuno che le ascolti. Puoi avvicinare e stare con chi può parlare solo con i gesti e prestare la tua parola, con chi non può camminare ed essergli utile per qualche servizio, con chi è in difficoltà nell’uso delle braccia e aiutarlo con le tue, con chi non puòvedere e permettergli di guardare con i tuoi occhi. La mia esperienza personale risale a cinquant’anni fa perchè il mio primo pellegrinaggio avvenne nel 1965, e da quell’anno solo due o tre volte non ho potuto partecipare. È un appuntamento che aspetto con ansia e posso dire tranquillamente che per me, quelli vissuti a Loreto, sono i giorni più belli e importanti dell’anno. La mia grande preoccupazione è vedere in questi ultimi anni il calo nel numero di partecipanti ma, soprattutto, quello che mi preoccupa di più è il pauroso calo della partecipazione giovanile. Noi responsabili dell’USTAL dobbiamo interrogarci su questo fatto perché i giovani sono il presente e il futuro. La loro presenza, se da un lato arricchisce tutto il pellegrinaggio, dall’altro rappresenta per loro un’importante esperienza di arricchimento personale, di crescita spirituale e di crescita nel servizio al prossimo. A volte li vediamo nelle nostre famiglie con i musi lunghi, ma di sicuro a Loreto sorridenti. Allora spetta a noi adulti invitarli caldamente, e se già gli si va incontro sotto l’aspetto economico, è importante ringraziarli anche solo per la loro presenza a Loreto. La maggioranza di coloro che partecipano al pellegrinaggio è già impegnata all’interno di gruppi parrocchiali e associazioni varie e quindi è necessario sostituire al rimprovero semplici ma grandi parole: grazie, grazie della vostra presenza, e raccomandarsi affinché l’anno successivo pos-

sano essere di nuovo presenti ed anzi ancora più numerosi. Per quanto riguarda la consueta visita che ci fanno, ogni anno, le nostre Autorità civili di San Marino aggiungo che sarebbe ancor più bello ed interessante rivolgere l’invito anche qualche sindaco del Montefeltro e, nel momento conviviale, stare assieme a loro. Non credo, infatti, che vengano a Loreto aspettandosi un servizio di particolare riguardo, ma per vivere al meglio la giornata entrando nel clima del pellegrinaggio. Sarebbe una gioia per noi e un arricchimento per loro. Altra giornata, la più importante del pellegrinaggio, èquella che vede molti dei nostri sacerdoti diocesani raggiungerci a Loreto per la celebrazione eucaristica che è stupenda e molto partecipata. Terminata la Santa Messa molti di loro si confondono fra la gente, si dialoga, ci si saluta. L’ora del pranzo è la grande occasione “di stare con il gregge”, “di sentire l’odore delle pecore” come dice Papa Francesco, stare fra i pellegrini; un momento propizio e fraterno perché nelle canoniche, in particolare per quei sacerdoti che sono soli, quel momento si carica di solitudine. Sembrano piccole cose ma ne trarremmo un grande arricchimento sia noi che loro. Vorrei concludere questa mia riflessione ricordando una fondatrice dell’UNITALSI di San Marino, la maestra Claudia Belluzzi scomparsa nel 1987, lavorava tutto l’anno per raccogliere fondi per aiutare chi non poteva pagare il viaggio, avvicinare ammalati, ma soprattutto lei diceva “non è la guarigione del corpo, ma salvare un’anima il vero miracolo”. Mi raccontò un episodio accaduto negli anni Sessanta quando, mentre preparava il necessario per il pellegrinaggio, cioè la divisa delle dame, arrivò in casa sua una giovane che le chiese a cosa le servissero quei grembiuli. Lei rispose che andava a Loreto in pellegrinaggio con gli ammalati al che la giovane domandò se tutti vi avrebbero potuto partecipare. “Certo” rispose la Signora Belluzzi, allora la giovane disse che ci avrebbe pensato e che le avrebbe fatto sapere la sua decisione. Pochi giorni dopo si ripresentò dicendole: “Vengo anch’io a Loreto”. Allora Claudia andò dal segretario dell’UNITALSI segnalando il suo nome ma lo stesso si scandalizzò usando parole forti: “Tu sei sempre stata strana ma oggi hai superato te stessa, hai perso la testa completamente, io non porterò mai personaggi come questa, una donna di strada. Perciò è un no secco”. Questa giovane chiamò Claudia per sapere se poteva partecipare e lei rispose: “Certamente, è tutto a posto”. Pensava dentro di sé che una volta arrivata alla fermata dell’autobus nessuno avrebbe avuto il coraggio di lasciarla a piedi. Questa giovane partecipò al pellegrinaggio ma dopo un po’ di tempo una grave malattia la portò alla morte. La giovane prima di spirare confessò a Claudia che dopo Loreto non aveva più conosciuto uomo. Nonostante fossero passati tanti anni da quell’episodio Claudia mi disse, con gli occhi lucidi: “Vedi Tonino questi sono i miracoli della Madonna di Loreto, salvare un’anima dall’inferno”. Tonino Giorgetti


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DALLE ISTITUZIONI

NOTIZIE FLASH DA SAN MARINO Corso di alta formazione in processi di internazionalizzazione La Segreteria di Stato per il Territorio, l’Ambiente e la Cooperazione Economica Internazionale comunica che in data 13 novembre 2015 avrà inizio il Corso di Alta Formazione in “Processi di Internazionalizzazione”.

Detto Corso è organizzato da questa Segreteria di Stato con il patrocinio della Università degli Studi della Repubblica di San Marino, che si prenderà cura della gestione logistica ed amministrativa dell’iniziativa e provvederà al rilascio dell’attestato di frequenza. Un qualificato corpo docente, composto da alti dirigenti di aziende multinazionali, diplomatici e professori universitari, svilupperà i suoi insegnamenti in 110 ore di lezioni, che si terranno presso le aule della detta Università e termineranno il 27 febbraio 2016. In data 5 marzo 2016 avrà luogo un esame scritto attraverso il quale gli studenti più brillanti potranno acquisire il diritto di accedere al programma di tirocini all’estero, elemento che qualifica ulteriormente il corso dandogli un importante valore aggiunto. Per i dettagli si rimanda alla pagina dedicata all’interno del sito web della Università degli Studi della Repubblica di San Marino (www.unirsm.sm/it/processi-internazionalizzazione_ 1744.htm).

Firmato a San Marino l’accordo in materia di Protezione Civile con la Repubblica italiana Con la firma del Protocollo d’Intesa sulla cooperazione nel campo della protezione civile, sull’assistenza e sulla cooperazione in situa-

zioni d’emergenza fra la Segreteria di Stato per il Territorio, Ambiente e Protezione Civile e la Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana - Dipartimento della Protezione Civile si è compiuto un ulteriore importante passo avanti nel rafforzamento delle relazioni fra San Marino e Italia. Viva soddisfazione è stata espressa dal Segretario di Stato Antonella Mularoni e dal Capo della Protezione Civile italiana, Ing. Fabrizio Curcio, firmatari del Protocollo, per un accordo di estrema rilevanza volto a salvaguardare la vita, i beni e l’ambiente da calamità naturali e catastrofi, purtroppo sempre più frequenti, attraverso la cooperazione tra i due Stati in ambiti quali la previsione, la prevenzione, la mitigazione e il contrasto. Tra le attività previste figurano, tra l’altro, lo scambio di informazioni tecnico-scientifiche e lo sviluppo di progetti comuni, lo scambio di esperti, lo sviluppo di strategie e metodi finalizzati alla riduzione di rischi comuni, l’organizzazione di corsi di formazione, seminari e workshop e la definizione di procedure per l’assistenza in caso di disastri naturali o antropici.

Comunicato stampa sullo stato delle relazioni fra San Marino e Italia Il 7 agosto scorso i Segretari di Stato agli Affari Esteri, Pasquale Valentini, e alle Finanze, Gian Carlo Capicchioni hanno indirizzato, rispettivamente ai Ministri italiani agli Affari Esteri e alle Finanze, due distinte lettere nelle quali esprimono il proprio disappunto per il comunicato stampa emesso ieri dalla Guardia di Finanza e oggi riportato nei principali quotidiani dei due Paesi. La forma e il contenuto del comunicato non sono corrispondenti all’attuale stato delle relazioni fra Italia e San Marino, contraddistinte invece da un percorso chiaro di piena collaborazione a tutti i livelli.Il riconoscimento del percorso evolutivo compiuto da San Marino, sia a livello istituzionale che a livello di riorganizzazione del modello economico e di riposizionamento nel contesto internazionale, è dimostrato dall’inserimento, da parte della Autorità italiane, nelle white list fiscale e antiriciclaggio, dovuto anche al positivo superamento delle fasi di valutazione da parte di San Marino negli Organismi Internazionali. “In relazione al contenuto del comunicato si rileva un’evidente forma di aggressione verso il sistema sammarinese con riferimento a dati che non possono corrispondere alla realtà delle cose, sia in relazione ai volumi che ai soggetti interessati, in particolare quelli residenti che per quanto riportato corrispondono alla quasi totalità della popolazione” dichiara il Segretario di Stato alle Finanze Capicchioni. “In diverse occasioni – afferma il Titolare degli Esteri – è stato preso atto, da entrambe le parti, dei positivi

risultati sul piano bilaterale, con reciproca soddisfazione”; cosa che rende ancora più grave quanto accaduto. A nome del Governo di San Marino i Segretari di Stato hanno chiesto alla Farnesina e al MEF l’urgente convocazione di un incontro bilaterale a livello politico per un confronto sulla situazione creatasi, che rischia di intaccare la fiducia e la proficua collaborazione esistente fra le Autorità dei due Stati.

Omaggio al prof. Khaled Asaad, decapitato dall’ISIS Ho avuto la fortuna di visitare la Siria vari anni fa, quando questo Paese era un luogo ideale per i turisti amanti soprattutto della cultura e dell’archeologia. E non dimenticherò mai la straordinaria bellezza del sito archeologico di Palmira. Desidero dunque esprimere, quale rappresentante delle istituzioni sammarinesi, da un lato la mia profonda tristezza nel constatare che la città di Palmira, come ormai troppe nel mondo, è in mano a chi non solo non tutela i diritti e le libertà fondamentali delle persone e dei popoli, ma neppure le testimonianze di un passato che per ogni nazione sono essenziali per la propria identità e che rappresentano un patrimonio culturale e storico di inestimabile valore per l’intera umanità; dall’altro lato mi inchino davanti alla grandezza del prof. Khaled Asaad, per vari decenni responsabile del sito archeologico di Palmira, arrestato, verosimilmente torturato e decapitato dagli integralisti islamici per essersi rifiutato di rivelare dove aveva nascosto centinaia di statue per sottrarle alla loro distruzione o alla loro vendita per finanziare il terrorismo internazionale. Pur consapevole di quello che gli sarebbe potuto accadere, il prof. Asaad si era rifiutato di lasciare la città di Palmira, dove era nato e dove aveva sempre abitato, ed il sito archeologico che aveva custodito con passione ed amore per lungo tempo, non accogliendo il consiglio datogli dagli amici che temevano per la sua vita. Credo sia doveroso fermarsi un attimo ed inchinarsi di fronte alla grandezza di questo uomo ed adoperarsi affinché la sua morte renda la comunità internazionale ancora più consapevole dell’importanza di una condivisione a livello globale di valori che hanno fatto avanzare le civiltà e dell’urgenza di una presa di coscienza della necessità di intervenire con coraggio, lungimiranza e determinazione onde evitare altre morti, distruzioni e barbarie.

La visita della First Lady della Repubblica islamica di Afghanistan Il 20 agosto è salita sul Titano in visita privata S.E. Rula Ghani, First Lady della Repubblica Islamica di Afghanistan, consorte del Continua a pag. 24


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Presidente della Repubblica Islamica Ashraf Ghani, dopo aver assistito, a Rimini, all’avvio della XXXVI edizione del “Meeting per l’Amicizia fra i Popoli”. La Signora Ghani, che nella giornata di domani, alle ore 13.00, sarà relatore alla conferenza “Il mio impegno per l’Afghanistan e la democrazia” è stata accolta a Palazzo Begni dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Pasquale Valentini, con il quale si è intrattenuta a colloquio sui principali temi di carattere globale, oltre che sui temi propri della kermesse riminese che, tra l’altro, per la pregnante attualità, coinvolgono piccoli e grandi Stati nella ricerca di una strategia comune dinnanzi ai tristi fenomeni del fondamentalismo e della discriminazione. Rula Ghani ha voluto sottolineare il significato della sua visita in Italia ed anche a San Marino, portando la sua straordinaria esperienza di donna fortemente impegnata in attività sociali e nel percorso di progressiva affermazione delle questioni femminili nella cultura del suo Paese, ma non soltanto: la prima donna afgana è attenta ed attivamente partecipe alle vicende del suo popolo e dunque si occupa di donne, di uomini, di bambini e di tutti gli “esseri umani” che a buon diritto rivendicano l’applicazione delle leggi esistenti. Una donna coraggiosa e cosmopolita, per la prima volta in visita a San Marino, che le ha tributato profonda ammirazione e stima per la strenua difesa dei diritti umani e per l’affermazione dei principi democratici in un Paese che stenta ad uscire da decenni di guerra civile. “Il mio Paese – ha affermato la First Lady – sta vivendo da tredici anni un periodo di relativa stabilità al cui interno, soprattutto, si stanno promuovendo significative riforme per un effettivo sviluppo che passi attraverso un cambiamento della mentalità”. Al termine del lungo ed articolato colloquio, nel cui ambito l’Ospite ha confermato una viva curiosità ed un interesse per San Marino, per la sua storia e per le sue tradizioni, Rula Ghani è stata ricevuta in Udienza privata dagli Eccellentissimi Capitani Reggenti, Andrea Belluzzi e Roberto Venturini.

Il Segretario Valentini sul Meeting 2015

Anche San Marino ha rinnovato la propria attiva e proficua partecipazione alla 36ª edizione del Meeting di Rimini, anche quest’anno punto di incontro per esponenti di spicco della politica, dell’economia, della cultura italiana ed internazionale. Significativi sono sta-

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ti gli incontri bilaterali con la First Lady afghana e con il Ministro degli Esteri tunisino, ma anche gli scambi di vedute con numerosi relatori intervenuti nei settori della finanza e dell’economia internazionali, tra cui il Direttore esecutivo del FMI ed il Direttore del Dipartimento di Economia Globale del CIGI. Particolarmente significativa sono state, poi, la diretta partecipazione del Segretario di Stato Pasquale Valentini all’incontro dedicato al ruolo degli Organismi Internazionali, al fianco del Nunzio Apostolico accreditato presso l’ONU a Ginevra, e l’incontro con il presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, conclusosi con l’impegno ad un successivo bilaterale. “Si è trattato – sostiene il Segretario Valentini – senza dubbio di un Meeting “singolare”, che fin dalla sua apertura, con un incontro fra i rappresentanti delle tre religioni monoteistiche, ha messo al centro la necessità del dialogo sempre più necessario e profondo tra i popoli e le culture, anche in considerazione dell’acuirsi delle tensioni di carattere estremistico che chiamano in causa lo ‘scontro di religioni’. Un’edizione ricca di testimonianze ed esperienze di condivisione – prosegue – che hanno condotto ad individuare ancor più direttamente il tema della prossima edizione, “Tu sei un bene per me”: sintesi estrema dell’affermazione dell’altro.

Iniziative a sostegno dei profughi La Segreteria di Stato per gli Affari Esteri, in accoglimento dell’Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Grande e Generale nella seduta del 23 settembre scorso, che ha recepito, tra l’altro, le linee d’intervento indicate dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri, indirizzate a offrire in tempi brevi un sostegno concreto in ambito umanitario in favore dei tanti profughi in fuga verso l’Europa attraverso un esodo senza precedenti, rende nota la propria ferma volontà di procedere con determinazione ad un’azione significativa. A tal riguardo, attraverso un coordinamento già individuato a livello governativo si sta impegnando, oltre che nell’individuazione di un sostegno economico da offrire attraverso le Organizzazioni umanitarie maggiormente attive nelle aree coinvolte, a realizzare rapidamente forme di accoglienza, mirate soprattutto verso i minori. Già nella giornata di ieri ha avuto luogo un primo incontro tra una delegazione di Governo, composta dai Segretari di Stato per gli Affari Esteri, per gli Affari Interni, per la Sanità e Sicurezza Sociale, per la Istruzione e Cultura e rappresentanti della Diocesi e della Caritas diocesana, nel cui ambito si è iniziato un primo sondaggio sull’individuazione di forme di sostegno concreto in favore delle vittime di tale fenomeno, nell’ottica della sostenibilità e della reale possibilità di intervento. Sono previsti a breve ulteriori incontri con associazioni ed enti particolarmente coinvolti nell’aiuto umanitario, al cui termine saranno rese pubbliche le iniziative di solidarietà maggiormente percorribili.

Il Padiglione di San Marino all’Expo visitato da 200.000 persone Milano, 24 settembre 2015 – Si chiama Melissa Moelich, ha 21 anni ed è tedesca la 200.000 visitatrice del Padiglione di San Marino all’Esposizione Universale di Milano. Melissa, in visita nella giornata odierna al sito espositivo assieme al suo compagno Sebastian, proviene da un paesino vicino a Francoforte sul Meno ed è una studentessa universitaria presso la Facoltà di Etnologia di

Mainz. Ad accoglierla con un applauso all’ingresso del padiglione, il Commissario Generale Mauro Maiani e il suo staff schierato al completo. Dopo averla guidata nella visita al padiglione, Melissa è stata invitata in vip lounge al primo piano dove le sono state scattate alcune foto di rito e dove le sono stati consegnati in dono alcuni oggetti tra i più rappresentativi della partecipazione del nostro paese a Expo 2015. Melissa non è mai stata a San Marino e, prima di congedarsi, ha dichiarato che, dopo l’accoglienza e la festa che le sono state riservate, pianificherà presto una visita in Repubblica. Sono moltissimi gli stranieri in visita a Expo nelle ultime settimane, molti di questi provenienti da Germania, Svizzera e Austria. Il Commissario Maiani ha dichiarato che il traguardo conquistato oggi, cioè il raggiungimento di 200.000 visitatori, è molto positivo e lascia ben sperare che l’obiettivo che ci eravamo prefissi di 250.000 ingressi, non solo verrà raggiunto ma anche ampiamente superato dato che il mese di ottobre si preannuncia il mese con il maggior numero di visite di tutto il semestre.

Corte europea dei Diritti dell’Uomo Le Segreterie di Stato per gli Affari Esteri e per gli Affari Interni e Giustizia, appresa la notizia della designazione del Giudice sammarinese presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Avv. Kristina Pardalos, in qualità di Vice Presidente della Terza Sezione della Corte medesima, anche a nome del Governo esprimono sincera soddisfazione per il significativo riconoscimento da parte dell’importante Istituzione Europea, avvenuto in seguito ad elezioni.


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