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PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LXI - N. 2 - febbraio 2015 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC - Direttore responsabile: Francesco Partisani

IL 2 MARZO DI UN ANNO FA IL VESCOVO ANDREA PRENDEVA POSSESSO DELLA SUA NUOVA DIOCESI

FELICE SE IN OGNI CASA CI FOSSE IL VANGELO Un anno fa Eccellenza, lei faceva il suo solenne ingresso in Diocesi, accolto dal grande entusiasmo dei fedeli sammarinesi-feretrani. Non aveva mancato nei suoi messaggi precedenti di esprimere qualche preoccupazione per la nomina. Oggi possiamo confermare che la sua integrazione con la sede episcopale è totale e ricca di soddisfazioni. L’anno è passato velocissimo. Lo ammetto, ho sentito il peso della responsabilità e, qualche volta, la preoccupazione. Oggi sono stupefatto come da quel “sì” sono nati tanti legami d’amicizia, di fraternità e di paternità. Quanti volti, neppure immaginati prima, mi sono diventati carissimi e ora riempiono giornate e pensieri. È stato un “sì” detto a Dio prima di tutto. Appena dopo un anno vedo i doni della sua fedeltà. Sono contento di essere qui. Quali sono state in questo primo anno di episcopato le problematiche che più l’hanno impegnata? Quasi quotidianamente arrivano in episcopio le preoccupazioni delle famiglie. Difficoltà economiche, ma non solo: apprensione per i figli che non trovano sistemazione, tensioni e disagio dovuti ad un territorio che va spopolandosi. La problematica che più mi prende è la scarsità delle forze per garantire a tutte le comunità una adeguata cura pastorale. Il clima culturale che ci avvolge condiziona fortemente la gente, per sé ancora ricca di valori. In alcuni momenti si è fatto sentire più acuto il peso della secolarizzazione che fa sentire irrilevante il riferimento a Dio e lascia nella solitudine e nell’individualismo, senza punti di riferimento solidi. Qualche volta ho temuto la dispersione del grande patrimonio spirituale delle nostre comunità. Ne ho parlato diffusamente nella mia lettera pastorale.

Come è uscito da questo stato d’animo? Non ho cercato mai lo scontro. Non sono interessato a questo. Piuttosto ho preferito trarre anche dalle questioni più spinose l’occasione per approfondire e capire. Così è stato di fronte alle Istanze d’Arengo che domandavano, in San Marino, il riconoscimento delle unioni omosessuali e la depenalizzazione dell’aborto. I suoi rapporti con la Repubblica di San Marino? Ho provato da subito un’ammirazione e un certo stupore nei confronti di questa antica esperienza di democrazia e di libertà. Una esperienza di socialità nata dall’iniziativa di un santo missionario. Ho considerazione e rispetto per le istituzioni sammarinesi. Partecipo – pur non avendo residenza in Repubblica – agli avvenimenti più importanti. Mi sento accolto. C’è stato qualche momento difficile in questi rapporti? All’inizio dell’estate si è fatta sentire più acuta la questione morale. Ho preso l’iniziativa di scrivere una lettera aperta. Mi sono chiesto: “Ce la farà la piccola e nobile Repubblica di San Marino a superare questa crisi, la crisi morale di cui tutti sussurrano, di cui ci informa la stampa?”. Una parola ha preso il posto di quel pensiero importuno, la parola rigenerazione. Talvolta, in passato, s’è tenuto nascosto il male, oggi viene messo in luce. E questo non è, di per sé, un segno positivo? Non dall’esterno, ma dall’interno può avvenire il cambiamento. Continua a pag. 2


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DALLA PRIMA PAGINA

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E chi ha sbagliato? Ammettiamolo, non sono pochi quelli che hanno goduto vantaggi. C’è invece chi si è sentito tradito nella fiducia accordata ad un sistema di cui era all’oscuro. Un’altra cosa è incontrovertibile: in tanti si sono disinteressati. E poi: “Chi crede di stare in piedi – direi con San Paolo – badi di non cadere”. È giusto che chi ha sbagliato finalmente si riscatti, riconoscendo l’errore e, dando prova della nobiltà dell’animo che probabilmente non è venuta meno, restituisca. Si può ripartire: non è troppo tardi per restituire alla comunità quanto è stato tolto, per restituire la speranza. Come ha trovato l’organizzazione della Curia ed i suoi più stretti collaboratori? Il lavoro è tanto. I chilometri da percorrere da un punto all’altro della diocesi chiedono una grande mobilità. Ma posso contare su molti collaboratori. I preti anzitutto: una bella squadra e ho trovato un appoggio fraterno e intelligente nel Vicario, Mons. Elio Ciccioni. La Cancelleria, i Centri pastorali, gli Organismi di partecipazione e gli Uffici di Curia funzionano ed hanno competenza sui più svariati ambiti della vita e della missione della Chiesa. La metafora che uso per la vita del Centro diocesi è quella dell’alveare della quale il poeta Virgilio scriveva: “Fervet opus!”. Lei sa bene quanto mi sia stato e mi sia d’aiuto l’Ufficio per le comunicazioni che lei dirige.

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Quali iniziative realizzate in questi primi 365 giorni ama ricordare con particolare soddisfazione? Provo a mettere sul caricatore delle diapositive, sono costretto a sceglierne alcune soltanto. La sua richiesta effettivamente mi imbarazza perché la scelta è difficile! Ci provo: il pellegrinaggio all’Eremo di Carpegna coi vari gruppi che, all’alba, si incontrano nella salita e si ritrovano in più di mille persone al Santuario per una grande preghiera per i cristiani perseguitati, immagine della Chiesa in cammino. Ricordo la giornata per i politici e la grande preghiera con i sindaci delle nostre valli, i capitani di castello e molti segretari di stato. Si è pregato. Si è parlato di servizio. Si è rivolto ai giovani un forte invito alla partecipazione. Ricordo le visite ai campeggi estivi dei ragazzi, veri laboratori educativi, impegnati su temi importanti. Non posso riferirle poi le visite alle comunità, le più piccole e le più grandi: l’ingresso in chiese piene di fedeli e il mio passare in mezzo per benedire, prima impacciato e poi sempre più disinvolto per la loro benevolenza. All’affetto si risponde con l’affetto.

NUOVA SERIE Anno LXI - N. 2 - febbraio 2015 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC Aut. Trib. di Pesaro n. 72 del 3.4.1956 Iscritta al R.O.C. n. 22192 del 19.4.2012

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Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Associato alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici

Le Associazioni e i movimenti operativi in Diocesi hanno soddisfatto le sue attese? Ho constatato la vivacità dei movimenti: Scout e Azione Cattolica (con molti ragazzi e giovani), Comunione e Liberazione col forte impegno culturale. Ho goduto del fervore del Rinnovamento nello Spirito e degli amici del Terz’Ordine francescano. Ho toccato con mano la vitalità di altre forme aggregative di ispirazione cristiana come la Coldiretti, le ACLI, “Noi per…”, “Carità senza confini”, le realtà di aiuto e servizio agli ammalati. Ho sicuramente tralasciato qualche Associazione. Mi perdoneranno? Ho il rammarico di non aver mantenuto la promessa di una visita più frequente. Penso, ad esempio, alla sorprendente esperienza di “Tana libera tutti”. Vedo la necessità di muoverci in modo coordinato, di condividere qualche momento unitario e di fissare, sui programmi di ciascuno, uno o due obiettivi condivisi.

Ha già messo in cantiere qualche iniziativa per il 2015? Se sì, ce le può anticipare? L’impressione è quella di chi sale su un treno in velocità. Chi mi ha preceduto nella guida è stato formidabile. Spero di non rallentare la corsa. Stiamo lavorando alla stesura di un programma pastorale unitario. Sarà incentrato, come chiede papa Francesco, sul dinamismo di una Chiesa che si riappropria sempre più del Vangelo ed è “Chiesa in uscita”. Sarà necessario trovare un nuovo assetto per quanto riguarda la “geografia pastorale” e la valorizzazione delle persone e delle risorse (sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, comunità monastiche, catechisti, ministri istituiti e straordinari). Vedo i laici come la carta vincente. Intanto stiamo partecipando a due eventi ecclesiali importanti: la celebrazione del Sinodo sulla famiglia in Vaticano e il Convegno ecclesiale di Firenze sul nuovo umanesimo in Cristo. Mi attendo una feconda ricaduta sulle nostre comunità. Ricaduta di idee e di proposte. Lei sa bene che i fedeli così come le autorità sono sensibili ad ogni notizia che riguarda la vita della Diocesi in particolare se a parlarne sono i giornali. L’ultima che potrebbe riguardare anche la nostra Chiesa diocesana è la prospettata revisione delle Diocesi esistenti che dovendo rispondere ad alcune precise caratteristiche e non avendone i requisiti rischiano di essere accorpate a quella più vicina. Fra queste sembra esserci anche la nostra Diocesi: lei può dire qualcosa al riguardo? Non ho informazioni in proposito. Lascio l’argomento ai superiori e a chi è esperto di cose ecclesiastiche. Sarà decisiva la considerazione di San Marino come Stato che ha relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Continuo a spendermi e a donarmi per questa Chiesa che trovo ogni giorno più bella e sorprendente. Certo… a poco servirebbe la sua autonomia giuridica se poi non avesse i ministri dell’Eucaristia, i sacerdoti. Lei sa bene che l’Eucaristia fa la Chiesa. Con la sua domanda mi dà l’opportunità di rilanciare una più incisiva pastorale vocazionale. Le vocazioni sono dono di Dio e responsabilità di tutti. Cosa si attende dalla sua Chiesa? Sarei felice se in ogni casa ci fosse il Vangelo aperto. Nelle case di chi frequenta la comunità cristiana e nelle case di chi sembra distante o indifferente. Vorrei suggerire agli uni e agli altri su quale pagina tenere aperto il Vangelo: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Intervista a cura di Francesco Partisani Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi


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UN ANNO FA...

IL 2 MARZO 2014

ll Vescovo Mons. Andrea Turazzi faceva il suo ingresso solenne in Dioce si AD UN ANNO DALL’EVENTO IL VICARIO GENERALE HA SCRITTO QUESTO MESSAG GIO Eccellenza Reverendissima, innanzitutto, vogliamo ringraziare Lei Eccellenza, per la passione e l’amore con cui si è preso e si prende a cuore la vita di questa nostra Chiesa diocesana, nel Suo Magistero, nelle sue scelte, nel Suo rapporto con le persone, Ella dimostra di amare già profondamente la nostra gente, il nostro Territorio, il nostro contesto sociale e culturale. Fra poco sarà trascorso un anno dal Suo ingresso in Diocesi: abbiamo sempre meglio compreso la passione per il Vangelo, l’Amore per la Chiesa, la grande generosità e sensibilità che animano il suo Ministero. La sua premura per i Sacerdoti, le sue numerose visite alle Comunità religiose, alle parrocchie, anche le più piccole, la partecipazione ai vari momenti di festa o di lutto delle nostre comunità anche civili, l’ascolto di ogni persona che chiede udienza, anche quelle a volte inopportune, sono il segno di questa paternità. Era questo il Vescovo che attendevamo, capace di dialogo, di accoglienza, di pazienza, capace di valorizzare anche la povertà numerica, sociale, culturale delle nostre popolazioni che ancora vedono nella realtà ecclesiale l’unico riferimento rimasto loro accanto. Siamo consapevoli che il ritmo di vita che ha tenuto fino ad ora è pesante, perché non contempla momenti di distensione, di necessario riposo, di tempo per se stessi. Di questo le diciamo davvero grazie, ma se ce lo permette, vorremmo anche suggerirle di allentare un po’ il ritmo, in modo che ella possa protrarre a lungo il suo lavoro senza stancarsi troppo, senza, come si dice in gergo andare fuori uso. Dunque questo messaggio vuole essere un modo per dirle il nostro affetto e il nostro grazie per la dedizione, la passione, la disponibilità con cui serve e ama la nostra chiesa particolare, ma vogliono essere anche il modo per chiedere la sua pazienza e la sua comprensione: non sempre siamo stati all’altezza del nostro compito e delle sue giuste attese; ne siamo consapevoli e ne chiediamo scusa, anche se tali fragilità sono quasi sempre l’espressione del nostro limite, e in quello che ab-

biamo mancato, non s’è fatto apposta. Vorremmo anche che la nostra comunione affettiva diventasse sempre più effettiva, non solo per un sentimento umano, ma perché radicata nella sacramentalità della Chiesa che fa di noi tutti le membra dell’unico Corpo di Cristo in cui solo c’è la vita e la salvezza. Vorremmo che il mistero del nostro essere Chiesa avesse sempre più una incidenza nella nostra

quotidianità, nel nostro essere missionari, cioè testimoni del Cristo. Vorremmo essere capaci di starle accanto con discrezione, collaborare con umiltà, aiutarla a portare le preoccupazioni quotidiane senza sbandierarle, essere disponibili senza essere invadenti. rinnovare la nostra totale disponibilità alla collaborazione e ascoltare indicazioni, suggerimenti, osservazioni che Ella ritenesse opportuno rivolgerci per un sempre migliore servizio alla nostra Chiesa Diocesana Infine, vorremmo esprimerle, ci permetta, la nostra vicinanza e la nostra amicizia perché quel nostro desiderio che le abbiamo espresso al momento della sua venuta in mezzo a noi, di sentirla uno di famiglia, possa essere sempre più corrispondente alla realtà della vita quotidiana. Esprimiamo in questo momento il nostro

ringraziamento ai suoi familiari, in particolare ai fratelli e alla sorella, a Paola e Massimiliano per la loro collaborazione discreta ma preziosa, agli amici, in particolare al suo Fratello Don Silvio, che per noi Sacerdoti è anche nostro fratello per la consacrazione Sacerdotale. In questa particolare e graditissima occasione desidereremmo anche che, se Ella Eccellenza ha qualche osservazione, qualche richiamo, qualche indicazione per aiutarci a una sempre più efficace collaborazione, saremmo ben lieti di ascoltarlo e di corrispondervi. Lavoreremo perché la nostra Chiesa diocesana sia sempre più accogliente e soprattutto docile alla parola e al magistero del Vescovo; pregheremo per lei, affinché l’Emmanuele, il Dio con noi, la riempia delle sue grazie e delle sue benedizioni, chiediamo a Maria SS.ma di essere la madre che protegge lei e questa nostra famiglia, perché siamo nel mondo Testimoni di Cristo risorto, speranza dell’uomo. Avremmo ancora tanti propositi e buone intenzioni da esprimere, ma troppi propositi poi non li manterremmo e poiché un vecchio proverbio dice che di buone intenzioni è lastricato l’inferno, ci fermiamo qui, augurandoci che quanto ci siamo ripromessi in questi auguri con l’aiuto del Signore che viene e con la Benedizione di vostra Eccellenza possano avere attuazione nel nostro servizio alla nostra Chiesa. Il Signore ci conceda di operare con tutte le nostre capacità e nel contempo di credere secondo la Parola di Gesù, che siamo servi inutili. Mons. elio Ciccioni Vicario Generale

AVVISO AI CATECHISTI La Curia vescovile invita i catechisti a consegnare debitamente consegnato il questionario-indagine distribuito nel corso del loro ultimo convegno. Le risposte sono attese entro il 21 marzo p.v.


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UFFICIO LITURGICO

L’ANNO LITURGICO: LA QUARESIMA di don Raymond Nkindji Samuangala* Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore, canta l’Annuncio del giorno della Pasqua. Approfondiremo questo periodo dell’anno liturgico, cuore e centro appunto di esso, nel prossimo numero del Montefeltro. Il tempo cronologico che si apre ai nostri occhi ci invita presentemente a ricuperare lo sviluppo e il significato della Quaresima. Proprio la centralità e la grande importanza del Triduo pasquale hanno portato le comunità cristiane dal primo momento in cui hanno cominciato a celebrare “l’anniversario” della Pasqua del Signore a prepararsi a tale evento. Così nacque una lunga preparazione, non a tavolino ma come frutto di una complessa maturazione di significati teologici. In effetti, la storia di questa preparazione, che comprende parecchie settimane, ci mostra i suoi diversi obiettivi: la conversione dei penitenti e la loro riconciliazione con la comunità ecclesiale, la preparazione dei catecumeni all’iniziazione cristiana e un approfondimento di vita cristiana per tutti i fedeli. Inizialmente la preparazione alla Pasqua sembra essere stata di 3 giorni, poi di una settimana, considerata veramente come “santa”. Nel secolo V il vangelo della Passione viene proclamato la dome-

nica, il mercoledì e il venerdì di questa settimana precedente la Pasqua, poi anche il martedì dal secolo VIII. In questa stessa domenica, all’inizio del V secolo, si commemora a Gerusalemme, l’ingresso di Cristo nella città santa. La festività delle Palme si diffonde in Oriente e successivamente in Occidente. In questa domenica confluiscono così due riti: la preparazione alla Pasqua con la proclamazione della Passione, ma anche la celebrazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. È noto peraltro che già fin dall’inizio del V secolo a Roma si celebrava una preparazione di tre settimane continue prima di Pasqua. Nella Città eterna quindi si verificarono probabilmente alcuni cambiamenti abbastanza rapidi nella preparazione alla Pasqua: tre giorni, una settimana, tre settimane. Tuttavia, l’osservanza di 40 giorni di digiuno è imposta ai penitenti. Poiché il Giovedì Santo costituisce il quarantesimo giorno e chiude perciò il tempo del digiuno ascetico con la riconciliazione dei penitenti, ha allora inizio il digiuno infrapasquale, nell’attesa della risurrezione, dal Venerdì Santo alla notte di Pasqua. Questo spiega perché, all’inizio, i fedeli non si accostassero alla sacra mensa il Venerdì Santo, aspettando, nel digiuno, il ri-

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Penitenza quaresimale di carità 2015 La nostra Diocesi di San Marino-Montefeltro fa proprio l’invito del Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima 2015, e ci invita con le parole di San Giacomo “Rinfrancate i vostri cuori” (Gc 5,8) come tempo di rinnovamento per la Chiesa, le Comunità e i singoli fedeli, in un momento dove regna la “globalizzazione della indifferenza”. In concreto la nostra Diocesi ha adottato due progetti: CONGO: Missione di P. Marcellino Forcellini – per l’acquisto del materiale e dei computer per una sala d’informatica. UCRAINA: Sostegno agli sfollati. L’intervento prevede il sostegno alla casa di accoglienza per anziani che ospita circa 50 persone sole. Inoltre in previsione dell’arrivo dell’inverno, Caritas Ucraine ha avviato la ristrutturazione delle abitazioni di circa 2.000 persone nella città di Slovyansk e di 5 edifici scolastici. Per informazioni e materiale potete contattare don Rousbell Parrado, Direttore del Centro Missionario.

MARCIA VEGLIA MISSIONARIA (REPUBBLICA DI SAN MARINO) Venerdì 27 marzo 2015 - ore 20:45 Partenza dalla chiesa dei Servi di Maria e arrivo al Santuario del Sacro Cuore di Maria di Valdragone (rsm) Sarà presente padre Silvio Turazzi, missionario Saveriano. Si invitano i partecipanti ad offrire il loro contributo per la realizzazione dei progetti prima menzionati, come dice San Paolo: “Ognuno dia quanto ha deciso nel proprio cuore”, e San Pietro continua: “La Carità cancella una moltitudine di peccati”. don rousbell

torno dello Sposo, prassi questa che non venne mai meno nella chiesa papale del Laterano. Nel IV-V secolo si arriva quindi a sei settimane di digiuno quaresimale. All’inizio del VI secolo il digiuno è portato a sette settimane. Già prima della fine del V secolo, il mercoledì e il venerdì che precedono la prima domenica di Quaresima costituiscono una sorta di sviluppo anteriore alla Quaresima propriamente detta. Le ceneri saranno imposte ai penitenti pubblici il mercoledì di questa settimana. Poiché essi verranno riconciliati alla Chiesa il Giovedì Santo, il loro itinerario penitenziale avrà quindi una durata di 40 giorni. Va precisato che i quaranta giorni della Quaresima sono contati escludendo le domeniche, in quanto la domenica è il giorno della “pasqua settimanale”, in cui non si può digiunare. Come detto, la Quaresima si è sviluppata non solo in funzione dei penitenti pubblici; la sua organizzazione ha tenuto conto anche dei catecumeni e della loro preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana che essi riceveranno nella Notte Santa. Infine, la Quaresima è strutturata come un vero itinerario spirituale, articolato secondo tre modalità diverse tra loro ma insieme complementari, che ci permette di ripercorrere, guidati dalle pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento, le grandi tappe di quella storia di salvezza che ha i1 suo momento culminante nella Pasqua di Gesù. Ripercorriamo questa storia consapevoli che in essa anche noi siamo dei veri penitenti chiamati a porci la cenere sul capo come richiamo alla conversione. Secondo il Concilio Vaticano II, la duplice dimensione battesimale e penitenziale che caratterizza la Quaresima “invita i fedeli all’ascolto più frequente della parola di Dio e alla preghiera e li dispone così a celebrare il mistero pasquale” (Sacrosanctum Concilium, n. 109). Ecco perché la liturgia ci sprona ad assumere atteggiamenti di autentica fede-conversione nell’accogliere il dono di Dio attraverso il ricordo del nostro Battesimo, il digiuno – segno della penitenza-conversione –, la preghiera e l’ascolto della Parola nelle sante assemblee, e la carità fattiva e concreta quale espressione e frutto di una vita rinnovata. * Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti


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LETTERA PASTORALE

UNA BUONA NOTIZIA: GESÙ DAI VANGELI AL VANGELO UNA RIFLESSIONE SULLA PRIMA LETTERA PASTORALE DEL VESCOVO ANDREA. QUALI PROSPETTIVE PUÒ APRIRE LA LETTERA? Nel titolo c’è già tutto: una buona notizia, Gesù. È l’urgenza di dare questa notizia gioiosa che spinge il nostro vescovo a “correre” senza stancarsi per le strade del Montefeltro e della Repubblica di San Marino. Pare di vederlo in queste pagine come nei paesi, nelle parrocchie, nei monasteri, nelle scuole, negli uffici, nei luoghi di lavoro, tra le case… in mezzo a bambini e giovani, a famiglie ed anziani. “Corre” per comunicare la buona notizia che ha dato senso alla sua vita, che gli ha messo le ali ai piedi, che gli fa ardere il cuore. «Non so parlare d’altro», dice quasi per scusarsi all’inizio della sua prima Lettera da vescovo. Ogni essere umano sa che quando il cuore tracima d’amore, che sia per uno sposo, per un amico, per un figlio, per un ideale o per un sogno, è impossibile stare zitti e, se anche si riuscisse a farlo, gli occhi parlerebbero da soli. Ognuno si può agevolmente immedesimare nei personaggi delle esperienze che aprono ogni capitolo, dove si può vedere il Vangelo che si tuffa nella vita di tutti i giorni: un operaio che lavora, dei ragazzi che vanno a scuola, una mamma che allatta, una riunione di lavoro – per citarne alcuni. Metafore azzeccatissime mostrano l’efficacia del Vangelo: sostanza liofilizzata che rifiorisce, latte che nutre, voce che grida. Tali immagini accompagnano il lettore nella comprensione di che cosa sono i vangeli; per poi arrivare a capire che i vangeli sono quattro in quanto scritti da quattro persone diverse, ma il Vangelo è uno solo, è una persona: Gesù. Niente di esclusivamente storico avrebbe potuto arrivare ai nostri giorni con tale carica e forza centripeta (di attrazione) e centrifuga (che mette in movimento). Il Vescovo cita uno per uno i miracoli della fede per arrivare alla fine a far brillare il miracolo che è Gesù stesso. Molto intrigante, ma anche pragmatico, ad esempio il cosiddetto “metodo delle tre effe” per tradurre il Vangelo in vita. Viene il desiderio di deporre subito questa brossura per aprire il libro dei vangeli, leggere la prima frase che si incontra, scommettere che è “vera” e provare a viverla, mettendosi in gioiosa attesa dell’azione di Gesù e sperimentando la sua prossimità. Consapevoli che è la Parola che guida, non le nostre limitate capacità. Quali prospettive può aprire la Lettera pastorale? Dalla lettura nasce il desiderio di dar vita ad una comunità nuova, in cui ci si riconosce uniti come i primi cristiani: «Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2, 42.44-47). Una comunità pronta ad essere lievito in una società sempre più secolarizzata, che vada incontro alle nuove sfide utilizzando gli “strumenti” del piccolo re Davide

individuati nel quinto capitolo della Lettera: ragionevolezza, bellezza, autorevolezza, centralità della relazione, sapienza. Il vescovo con questa Lettera non incontra solo i credenti, ma tutto il popolo: chi vorrebbe credere ma non riesce a fidarsi, chi è in ricerca, chi è distratto, chi è “arrabbiato” col Signore, chi ha paura. «Per tutti, incredulità e fede costituiscono punti di partenza e di arrivo continui, senza sosta, senza fine. È il cammino che ogni uomo e ogni cristiano è sollecitato a compiere accogliendo il Vangelo» (Lettera pastorale, pag. 20). Le domande poste alla fine di ogni capitolo sono sempre pertinenti e utili a calare nella propria vita le riflessioni fatte. Gesù chiede intermediari per farsi presente, per farsi vicino a chi è in difficoltà, per donarsi oggi come allora. La sua partenza per il Cielo ha come unica ragione il farsi contemporaneamente prossimo a tutti gli uomini. Uno di questi intermediari è proprio il vescovo. Che bello sentirsi “nutriti” da un pastore! Pensiamo che il Signore ci ha donato un uomo che dedica ogni respiro della sua vita a noi. Pensa ai nostri bisogni, prega il Padre per noi, ha a cuore la nostra crescita, vive per la nostra gioia. È qui, al nostro fianco, al posto di Gesù, garante e donatore della sua presenza. È come una mamma che dà se stessa in nutrimento al suo bambino, per dirla con un’altra bella metafora usata nel testo (Lettera pastorale, pag. 25). L’immagine di Dio che emerge da queste pagine è di colui che ama infinitamente, tanto da lasciare liberi e che non costringe all’adorazione, ma che vuole ingaggiare un rapporto profondo con noi. L’amato visto con gli occhi dell’amante diventa amabile per tutti. È bellissimo sentire parlare di Gesù chi lo ama immensamente: smuove nel cuore il desiderio di amare a propria volta e di approfondirne la conoscenza per amarlo sempre di più. E poi, dalla conoscenza, la gioia di farlo conoscere. Il capitolo più avvincente come programma d’azione è il sesto, dal titolo “Un vescovo in Val Marecchia”. La crisi vocazionale che colpisce particolarmente il nostro territorio rattrista molto e costringe a pensare ad un “nuovo assetto” pastorale. Ad un certo punto della lettura il cuore sobbalza insieme a quello del vescovo: «Nella nostra Valle ci sono più di diecimila battezzati! Gesù ha fatto la rivoluzione con dodici persone» (Lettera pastorale, pag. 38). Allora non c’è d’aver paura! Il Battesimo va riscoperto come cascata di grazia che dà la forza per essere testimoni in ogni luogo di vita, ognuno al suo posto. Infine, nella Lettera c’è spazio anche per la storia locale. Il racconto della lacrimazione della Madonna nella chiesa di San Cristoforo degli Agostiniani, a Pennabilli, viene custodito e comunicato con trepidazione. C’è ancora tempo per una riflessione sul mistero di Maria e sul “generare” Gesù. Chiudo la brossura. Sono felice, mi sento amata. Paola Galvani LA LETTERA PASTORALE È DISPONIBILE NEGLI UFFICI DI CURIA


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LA PAROLA DELLA CHIESA

VITA DELLA CHIESA

Il magistero di papa Francesco PELLEGRINO DI UNA CHIESA MESSAGGERA DI PACE ALLO SRILANKA, CHE È STATO A LUNGO AFFLITTO DA UNA GUERRA CIVILE DILANIANTE, IL PAPA HA CONSEGNATO LA PAROLA DELLA RICONCILIAZIONE E DEL DIALOGO. NELLE FILIPPINE HA RICORDATO CHE LA FAMIGLIA È IL FOCOLARE DOVE IMPARIAMO AD AMARE, A PERDONARE E A CONDIVIDERE LA NOSTRA VITA CON GLI ALTRI. Srilanka e Filippine sono state due piazze per il mondo, dove Papa Francesco ha annunciato delle parole precise, chiare e forti, accompagnate da gesti eloquenti che generano nello spettatore il desiderio di fermarsi in silenzio per poter accogliere tutta la straordinarietà e la ricchezza dei messaggi che il Papa desidera consegnare a questi popoli e al mondo intero. Allo Srilanka, che è stato a lungo afflitto da una guerra civile dilaniante, il Papa ha consegnato la parola della riconciliazione e del dialogo. E nell’incontro interreligioso ecumenico ha chiesto ai capi delle varie comunità di essere “chiari e non equivoci nell’invitare le proprie comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza presenti in ciascuna religione e denunciare gli atti di violenza quando vengono commessi”. A questo riguardo, emblematica è stata la canonizzazione di Giuseppe Vaz, simbolo e incarnazione di questa riconciliazione. “Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all’amore per il prossimo dedicando il suo ministero ai bisognosi, chiunque e dovunque essi fossero”. Il Papa, attraverso la vita di Giuseppe Vaz, ha evidenziato che “l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti”. Non ha esitato poi a lanciare un invito molto forte alla coscienza di tutti, perché ognuno riconosca, alla luce della croce, il male di cui si è capaci per poter sperimentare vero pentimento e ricevere la grazia di avvicinarci l’uno all’altro con vera contrizione, offrendo e cercando vero perdono sapendo che in questo difficile sforzo di perdonare e di trovare la pace Maria è sempre qui a guidarci. A coronare queste parole di riconciliazione è stata poi la visita del S. Padre al tempio Buddhista, su invito del capo del tempio, e la presenza di molti buddisti, islamici, induisti al santuario di nostra Signora del Rosario a Madhu. Al centro della visita apostolica nelle Filippine sono stati i poveri, che Francesco pone al cuore del Vangelo “perché senza i poveri non si può capire il messaggio di Gesù”. Il Papa ha ricordato che il Vangelo è un appello alla conversione, ad un esame della nostra coscienza, come individui e come popolo: “Il Vangelo chiama ogni cristiano a vivere una vita onesta, integra e impegnata per il bene comune. Ma chiama anche le co-

munità cristiane a creare ‘circoli di onestà’, reti di solidarietà che possono estendersi nella società per trasformarla con la loro testimonianza profetica”. L’incontro con le Famiglie è stato una vera esplosione di vita e di gioia. Il Papa ha consegnato alle famiglie tre atteggiamenti: riposare nel Signore, alzarsi con Gesù e Maria ed essere voce profetica. Le ha chiamate ad essere una casa per Gesù, a pregare e a saper sognare. Ha ricordato che la famiglia è il focolare dove impariamo ad amare, a perdonare e a condividere la nostra vita con gli altri. Ha poi incoraggiato le famiglie ad affinare il discernimento, “a sapere dire no a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia, e chiedere a san Giuseppe di mandare l’ispirazione di sapere quando possiamo dire sì e quando dobbiamo dire no”. L’incontro con i giovani ha superato ogni attesa, commozione e tante lacrime, ma anche silenzio, hanno accompagnato l’intero incontro. Il Papa ha parlato a braccio per rispondere alle domande dei tre giovani che hanno rappresentato tutti. Soprattutto si è soffermato sulla domanda di Jun: “perché i bambini soffrono?”. A Jun che non ha potuto finire di parlare per le lacrime e ha fatto piangere tutti, il Papa ha risposto con il silenzio e con le lacrime “perché a questa domanda non c’è una risposta”. Da lì il Papa si è soffermato sul pianto e sulla sensibilità con cui la donna guarda la realtà. Ha chiesto se sappiamo piangere perché certe realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime. “Invito ciascuno di voi a domandarsi: io ho imparato a piangere? Quando vedo un bambino affamato, un bambino drogato per la strada, un bambino senza casa, un bambino abbandonato, un bambino abusato, un bambino usato come schiavo per la società?”. La visita del Papa si è conclusa con la S. Messa a Tacloban, presenti ben 7 milioni di fedeli, che nonostante la pioggia non hanno esitato a raccogliersi attorno a Pietro. Molti di loro sono stati vittime dei tifoni e il Papa è andato proprio ad abbracciare tutti loro nel luogo della loro sofferenza e li ha raggiunti. Ma anche lui è stato raggiunto, dal loro affetto e dai loro gesti, come ha detto lui stesso: “sono i poveri ad evangelizzarci, perché hanno dei valori che noi non abbiamo!”. Monache Agostiniane, Pennabilli


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LA TERZA

“ L’ARTE COME PREDICAZIONE EVANGELICA” Un fatto al mese di Suor Maria Gloria Riva *

SANT’AGATA e la forza dell’innocenza contro il male Sant’Agata divenne compatrona della Repubblica di San Marino nel 1740, quando cioè, proprio il 5 febbraio, le truppe del Cardinale Alberoni dopo aver occupato la città per alcuni mesi si ritirarono e la Repubblica ottenne la sua indipendenza. La devozione a Sant’Agata esisteva già nel Montefeltro e l’origine del culto viene tradizionalmente fatta risalire addirittura alle origini dello Stato. La popolarità della Santa, martirizzata nel 251, varcò presto i confini della Sicilia per estendersi in tutta la penisola e financo in Europa. L’indomita fierezza con la quale si oppose a Diocleziano e ai suoi emissari la collegò immediatamente a San Marino il quale, forse proprio negli anni in cui fu martirizzata Agata, approdò sul Monte Titano per sfuggire allo stesso imperatore. Le datazioni circa la vita del santo (e della santa) sono a volte diverse ma la più attendibile sembra quella che colloca la presenza di Marino sul Titano dal 256 fino al 301 anno della morte (alcuni affermano che il martirio di Sant’Agata avvenisse proprio attorno al 301-303). Tra le infinite tele che narrano della Santa martire catanese, una, presente nel Museo Capodimonte di Napoli, è ricca di simboli e consente di abbracciare, in un solo sguardo, tutta la vita di Agata. Una colomba, simbolo dello Spirito Santo, ma anche della purezza e della sapienza di Agata, scende dal cielo recando con sé una corona. Questi due elementi già mostrano le caratteristiche della Santa. Agata nacque da una famiglia nobile e cristiana, fu educata alla fede con grande profondità di dottrina cosicché già a 15 anni decise di consacrarsi a Dio nella verginità. Il vescovo di Catania le impose il flammeum, un velo rosso fiamma che portavano le vergini. Sovente, infatti, come anche in questa tela dello Stanzione, Agata è ritratta con un manto rosso. Quando ebbe circa 20 anni, la sua bellezza angelica non passò inosservata al proconsole Quinziano che desiderò averla per sé. Non potendo dissuaderla dai voti pronunciati a Cristo la consegnò a una cortigiana del tempo, Afrodisia, che, con le figlie, gestiva una casa di tolleranza. Le donne in tutti i modi tentarono di avviare Agata alla prostituzione, senza riuscirci. Sconfitte, la riportarono a Quinziano il quale, per vendicarsi, la fece torturare costringendola a sacrificare agli idoli. Agata è fotografata dallo Stanzione nel momento più cruento

della persecuzione, quando cioè le furono amputati i seni. Il supplizio dolorosissimo non fu però quello che la condusse alla morte, si narra infatti, e molte tele nell’ar-

Massimo Stanzione, Martirio di Sant’Agata, olio su tela, cm 204x150, 1626 ca., Museo Capodimonte, Napoli

te lo raccontano, che San Pietro apparve miracolosamente nella cella della martire e con un unguento le risanò i seni. Così il martirio della Santa divenne segno forte di una tradizione che non può morire, forse per questo Agata, come Agnese e Lucia, entra a pieno titolo nel Canone romano. Tra le perle della Chiesa queste giovani sono le più preziose. Nella tradizione antica, legata all’interpretazione rabbinica del Cantico dei Cantici, che ben conoscevano i santi padri, i seni della Sposa sono come le tavole della Torah, presso le quali tutti trovano cibo e ristoro. Si muore veramente, quindi, non per le ferite della carne, ma per l’adesione a banchetti iniqui. Agata non volle sacrificare agli idoli, né partecipare alle orge dei buontemponi, perciò il suo seno, prima ancora di essere segno della bellezza femminile che Dio ha voluto preservare dalla furia dei potenti, è simbolo di una dottrina che rimane intatta e che, per questo, diventa per tutti i fedeli fonte di vita e di nutrimento. Ma i persecutori non si fermarono di fronte al miracolo

di un seno ricresciuto e sano, la tortura continuò. Nella tela di Napoli vediamo un ragazzo dal berretto rosso fuoco, com’è rossa anche la casacca dell’aguzzino che sta legando Agata all’albero, segni della violenza ideologica e bruta che si riversò sulla vita della giovane, che sta alimentando il fuoco con un soffietto. Sopra quei carboni ardenti, di lì a poco, passerà il corpo di Agata. La martire non morirà di spada, ma perirà in carcere a causa delle ustioni e dei maltrattamenti. Nulla però la farà retrocedere rispetto alla determinazione di essere unita a Cristo e testimoniare la sua fede in lui. Accadde però che, mentre passavano il suo corpo sulle braci ardenti, il velo rosso della santa, simbolo della sua consacrazione verginale, rimanesse miracolosamente intatto. Per questo divenne una delle reliquie più care alla città di Catania e portato più volte in processione fermò diverse volte e in secoli diversi la lava incandescente dell’Etna. Un particolare colpisce della tela del Museo Capodimonte: Agata, mentre solleva lo sguardo verso il Cielo, certa dell’aiuto divino, schiaccia con un piede un serpente. Il gesto è normalmente assegnato alla Vergine Maria e questo è l’unico caso in cui si trova attribuito a una santa. Secondo un’antica tradizione Agata nacque l’8 settembre, giorno della nascita della Madonna. Così, lei che aveva scritto nel suo nome la bontà (Agata significa appunto buona), realizzò nella sua vita la bontà più grande quella di sconfiggere il serpente antico, il maligno, attraverso il candore della sua testimonianza. Quando Agata stava per essere sepolta apparve un giovinetto vestito di bianco accompagnato da uno stuolo di altri giovani, il quale depose, presso il capo della Santa, una tavola di pietra, che ancora oggi si può ammirare nella chiesa di Sant’Agata a Cremona. Sulla pietra erano incise delle iniziali M.S.S.H.D.E.P.L. indicanti un’iscrizione latina che recita così: Mente santa e spontanea, onore a Dio e liberazione della patria. Questa rimane ancora oggi la sintesi più bella della vita di sant’Agata e anche la testimonianza più certa del mistero del suo martirio che divenne veramente per molte città, e non solo per Catania, promessa di onore a Dio e liberazione dagli usurpatori. * Monache dell’Adorazione Eucaristica Pietrarubbia


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QUARESIMA DI PREGHIERA

AnCHe lA noStrA dIoCeSI lAVorA All’orGAnIZZAZIone dell’IMPortAnte eVento del 12-13 MArZo

“24 ore Per Il SIGnore” Anche quest’anno si tornerà ad evangelizzare insieme con tante Diocesi, Parrocchie, Movimenti e Realtà Ecclesiali coordinate dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione nella Quaresima 2015, rivivendo l’esperienza denominata “24 ore per il Signore“, nei giorni 13-14 marzo 2015. Anche la nostra Diocesi sta lavorando per organizzare al meglio la 24 ore di preghiera e adorazione. Il Papa stesso invita tutte le diocesi a partecipare. Sarebbe dunque importante prevedere un’apertura straordinaria delle chiese nei giorni 13 e 14 marzo, secondo le possibilità e le necessità delle singole Chiese locali, offrendo la possibilità delle Confessioni e dell’Adorazione eucaristica. Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza; siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza? Dice Papa Francesco “Non

trascuriamo la forza della preghiera di tanti! L’iniziativa 24 ore per il Signore, che auspico si celebri in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo, vuole dare espressione a questa necessità della preghiera. E, ancora, pos-

QUESTUE IMPERATE INVIATE TRAMITE LA CURIA (anno 2014) Pubblichiamo la situazione delle questue pervenute finora in Curia e inviate ai vari enti. Precisiamo che le Parrocchie probabilmente danno tante altre offerte in Carità, il cui ammontare non è compreso in questo resoconto. Queste sono le somme pervenute in Curia per quelle raccolte obbligatorie a favore di istituzioni che la Chiesa indica come opere da sostenere da tutti i cristiani. Invio questue del primo semestre 2014

€ 31.537,00

QueStue IMperate SeCoNdo SeMeStre 2014 GIORNATA QUOTIDIANO CATTOLICO

649,50

GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

€ 10.302,00

PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

€ 1.795,00

PRO SEMINARIO

€ 4.231,58

PRO CARITAS

€ 2.205,00

RACCOLTA STRAORDINARIO “Adotta un cristiano di Mosul”

€ 11.996,33

totale secondo semestre

€ 30.179,41

totale questue anno 2014

€ 61.716,41

siamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità. E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli. Più avanti la Diocesi informerà esaurientemente come la “24 ore di preghiera” si svolgerà in Diocesi; sia la Curia con comunicati che i Parroci daranno indicazioni precise e le condizioni per partecipare alla preghiera. (F. P.)


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CRONACA DI UNA GIORNATA

LA CATTEDRALE GREMITA HA TESTIMONIATO L’AMORE DELLA DIOCESI PER I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE CHE QUI VIVONO E PREGANO PER TUTTI

GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA

Sono venti gli istituti di vita consacrata, maschili e femminili, distribuiti nei tre Vicariati, per complessive 81 unità Il 2 febbraio la Cattedrale ha accolto decine e decine di religiosi e religiose “convocati” dal Vescovo Andrea per la celebrazione in Diocesi della Giornata della Vita consacrata. È stato un momento straordinario di comunione e, forse per la prima volta, la nostra Chiesa sammarinese-feretrana ha fatto la conoscenza di questi consacrati che in diverse forme sono presenti, collocati sul territorio e qui presenti da secoli. Alla solenne celebrazione, presieduta dal Vescovo, hanno partecipato fedeli provenienti da ogni angolo della Diocesi, molti accompagnati dai rispettivi parroci. All’omelia Mons. Turazzi ha detto, fra l’altro: “I religiosi e le religiose continuano, in qualche modo, la missione incominciata da Anna e Simeone. Essi hanno visto la salvezza e hanno avuto la vocazione ad annunciarla. Sono stati chiamati dal Signore e sono stati consacrati dal Signore per svelare la vita che ci aspetta dopo questa vita. Sono stati chiamati e consacrati ad operare nella Chiesa, con una vita improntata alla vita futura, quella del Regno. Un grazie a loro per il lavoro che compiono accanto a noi e che compiono per noi e per tutti gli uomini”. Il Vescovo ha così proseguito: “Nella storia del cristianesimo la vita consacrata ha sempre avuto un ruolo unico e indispensabile. Lo Spirito Santo ha suscitato lungo i secoli uomini e donne sempre nuovi che vivessero in modo originale lo spirito del Vangelo e imitassero Gesù Cristo in qualche aspetto particolare della sua vita, anche come risposta ai problemi di un preciso momento storico”. Poi, quasi a voler passare in rassegna i diversi ordini presenti il Vescovo Andrea sottolinea le loro specificità e la loro generosità: “Con la loro presenza, con i loro carismi e competenze, animano ambiti particolari e specializzati della pastorale, ad esempio la predicazione, la cura degli infermi e dei piccoli, l’animazione spirituale, l’istruzione e la cultura, l’accoglienza dei poveri, la promozione della donna… Normalmente i religiosi vivono in comunità. Con la vita comune e l’impegno nella carità fraterna costituiscono una forte provocazione e una consolazione per i nostri gruppi e le nostre comunità. I monasteri di clausura poi, sono un segno di speciale predilezione del Signore per la nostra terra: ci ricordano il primato del-

la fede sulle opere, della contemplazione sull’efficientismo. I monasteri e le case dei consacrati diventino per tutti case di preghiera, luoghi di formazione e direzione spirituale, fari di spiritualità, non in concorrenza con le parrocchie – non oso immaginare in antagonismo – ma a servizio di tutti”. F. P.


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LA GIORNATA DELLA VITA

PRIMO INCONTRO DIOCESANO PER CELEBRARE LA GIORNATA DELLA VITA

CIÒ CHE NON PUÒ ESSER PERDUTO: IL SENSO DEL VERO INCONTRO CON MARIO ADINOLFI: “LA VITA MINACCIATA DAL PENSIERO UNICO” L’incontro sammarinese con Mario Adinolfi, tenutosi presso la Sala del Castello di Domagnano domenica 1 febbraio, ha ottenuto un imprevisto e strabordante successo di pubblico e partecipazione per due eccellenti motivi: da un lato la personalità del relatore, e nel contempo la necessità che i sammarinesi hanno di capire di più e meglio quale sia la posta in gioco retrostante le ossessive campagne sui c.d. “diritti civili” di cui la Repubblica è stata anch’essa recentemente bersaglio. Più di 300 persone hanno seguito per quasi due ore l’appassionata parola di Adinolfi, che ha presentato al pubblico sia il suo nuovo quotidiano «La Croce», sia la nuova edizione accresciuta del suo libro Voglio la mamma! che nei mesi scorsi ha scatenato un significativo putiferio, esponendo l’Autore anche ad un vero e proprio stalking organizzato, con linciaggio mediatico annesso al limite dell’aggressione fisica. A tutto ciò Adinolfi ha risposto con la sua strabordante presenza, mettendoci la faccia in prima persona ed incontrando centinaia di piazze in Italia per discutere di famiglia, del diritti dei bambini, della società futura che ci attende. Ciò che Mario Adinolfi ha da dire è semplice e provocatorio: la Verità esiste, e le opinioni di tutti, anche quelle delle maggioranze e dei governi devono arrestarsi di fronte alla fattualità delle cose e rispettarla. La realtà esiste, e ci parla con una saggezza infinita. Non parla ai cattolici o ad altre categorie di persone: parla all’uomo contemporaneo in quanto tale, e ignorarla per ideologia, per delirio d’onnipotenza, per ubriacatura da denaro o tecnologia, non fa altro che distruggere le fondamenta della convivenza civile, spalancando sulla testa dei nostri figli e delle generazioni future, come Adinolfi ha quasi gridato, le porte dell’inferno. Appartiene a questa Verità che si attesta da sola la centralità della famiglia per la società e soprattutto per i figli. I bambini sono veramente gli “ultimi” di questo tempo: usati ed abusati

in mille modi per soddisfare quella triplice tentazione che T.S. Eliot (nel 4° Coro de “La Rocca”) sintetizza nella trinità diabolica “denaro, lussuria e potere”, nel recente dibattito sul gender e sui c.d. “diritti civili” delle “famiglie arcobaleno” vengono ignorati nei loro diritti personali dalle recenti proposte di legge e strumentalizzati come strumento di polemica meramente ideologica. A ciò, secondo Adinolfi, occorre reagire demolendo la ragnatela di bugie su cui si regge la propaganda gender, per un profondo bisogno morale che egli, uomo di sinistra e già candidato alla Segreteria nazionale del Partito Democratico italiano, definisce con chiarezza “la tutela dei diritti dei più deboli”. A San Marino l’assalto libertino alla Verità delle cose, la negazione di ogni realtà fattuale in nome di ideologie classiste e violente e di un individualismo decadente, trova ancora un limite culturale ed un’opposizione popolare forte, grazie alla nostra genetica storica; tuttavia non bisogna trascurare l’impatto che, soprattutto su giovani generazioni largamente dipendenti dalle pseudo-verità apparecchiate dalle multinazionali dell’informazione e dalle relative dependances politiche, la massiccia campagna propagandistica mondiale contro la Verità e la Famiglia può esercitare. Le centinaia di sammarinesi presenti in sala hanno incalzato Adinolfi con testimonianze e commenti, direi con molti sospiri di sollievo. Egli ci ha ricordato che la Verità esiste, che l’uomo può laicamente riconoscerla in quanto tale e che pertanto è necessario che ognuno di noi faccia uno sforzo per non farsi prendere in giro dalla pseudo-informazione globale, e per rendere conto sia a sé stessi che agli altri delle ragioni profonde della nostra tradizione culturale sammarinese. Che, non per caso, è impregnata di cattolicesimo popolare e difesa dei diritti di cittadinanza e delle libertà concrete. Adolfo Morganti Fondazione Paneuropea Sammarinese

DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO CHIESA PARROCCHIALE DI SERRAVALLE – DOMENICA 15 MARZO 2015 ORE 11.15

LITURGIA EUCARISTICA presieduta dal Vescovo diocesano S.E. Mons. Andrea Turazzi CONFERIMENTO DEL LETTORATO A

Massimo Cervellini della parrocchia di Sant’Andrea apostolo a Serravalle


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SPECIALE SINODO

Benvenuti in Sinodo P

apa Francesco estende anche a noi l’invito ad appassionarci alle tematiche del Sinodo ordinario dedicato “alla vita e alla missione della famiglia” che si terrà nel prossimo ottobre. Tra noi – a quanto sappiamo – non ci sono “padri o laici sinodali” invitati in Vaticano per sedere nell’aula del Sinodo, ma sicuramente ci sono tanti amici disposti ad offrire il loro contributo seppure a distanza.

è più sinodale): con amici della parrocchia oppure con persone del proprio gruppo e associazione o con la propria famiglia. Concretamente

In che senso allora possiamo partecipare? Senza dubbio con la preghiera; preghiera per il Sinodo e preghiera per le famiglie. Ma possiamo partecipare anche rispondendo ad una serie di quesiti che raccolgano pensieri ed esperienze, da mettere a disposizione della Segreteria generale del Sinodo. Il Papa desidera coinvolgerci. Ci propone il metodo di un ascolto allargato. Il metodo presuppone che chi “entra in sinodo” senta la responsabilità e la gravità della sua partecipazione, si metta personalmente e insieme agli altri, davanti al Signore e poi parli con libertà. In questa luce, le domande che scaturiscono dalla Relatio Synodi hanno lo scopo di suscitare risposte fedeli e coraggiose nei Pastori e nel popolo di Dio per un rinnovato annuncio del Vangelo della famiglia. A questo punto è indispensabile chiarire la pregnanza del termine sinodo. Sinodo è parola greca composta dalla preposizione syn e dal nome odos, cioè strada-insieme. Fin dai primi secoli questo è stato lo stile della Chiesa; anzi, lo è stato fino dai tempi apostolici (cfr. At 15). Dobbiamo educarci a vivere la sinodalità, la virtù del saper camminare insieme, senza fughe in avanti e senza marce indietro, nell’ascolto reciproco e nello scambio dei doni. Sarebbe brutto essere sempre e soltanto spettatori che stanno alla finestra a guardare, che non sanno rischiare e magari s’attardano nella critica. In una Chiesa sinodale diversi sono i ruoli. C’è chi ha il compito della convocazione, della presidenza e della conclusione finale (il Papa per i Sinodi della Chiesa universale, il vescovo per i Sinodi nelle Chiese particolari). C’è chi ha il compito di fornire temi e materiali di lavoro (maestri, teologi, pastoralisti). C’è chi è chiamato in aula per il discernimento e chi – è il nostro caso – è invitato a far arrivare riflessioni, contributi e proposte. Una formidabile esperienza di Chiesa Benvenuti allora a vivere questa formidabile esperienza di Chiesa. Chi partecipa ed “entra” percepisce d’essere avvolto da un cono di luce e di grazia. Tutti possono goderne. Dopo aver letto quest’invito ci si può mettere liberamente in rete, meglio se si condivide con altri l’avventura (perché

La bozza che presentiamo ai lettori presuppone la lettura della Relatio Synodi, e le risposte alle 46 domande inviate dalla Segreteria Generale del Sinodo. Non abbiamo a disposizione molto tempo, dunque: per facilitare la sintesi la commissione diocesana di Pastorale familiare ha preparato questa prima bozza: si tratta di un documento “aperto”, un primo tentativo di risposta al Questionario preparato dalla Segreteria Generale del Sinodo; il documento che ne è uscito è del tutto provvisorio e viene offerto all’attenzione di tutti, per eventuali correzioni, integrazioni, osservazioni. Ci sarà tempo fino al 1º marzo per arricchire, semplificare, correggere questo “documento aperto” (le osservazioni vanno inviate al seguente indirizzo: insinodo@diocesi-sanmarinomontefeltro.it). Sottoposto poi allo studio del presbiterio e del Vescovo, il Contributo diocesano verrà inoltrato a Roma (entro il 13 marzo, come già detto). Febbraio: un mese di straordinaria sinodalità Il tempo a disposizione, come già osservato, è strettissimo, ma l’attenzione al tema, la riflessione e la preghiera potranno accompagnarci fino al prossimo ottobre e oltre. La “concentrazione” di febbraio vuole essere segno di una perdurante attenzione alla realtà della famiglia sottoposta, soprattutto oggi, a sfide inedite. Al di là di quanto si riuscirà a produrre, rimarrà il contributo di riflessione che ci ha coinvolti per qualificare sempre più la pastorale famigliare nella nostra diocesi. Per questo motivo, vi invitiamo dunque a segnalare le vostre osservazioni in ogni caso (anche dopo il temine dell’1 marzo!). Al di là della scadenza sinodale, infatti, il nostro lavoro costituisce una formidabile opportunità per mettere meglio a fuoco la pastorale famigliare nella nostra diocesi. “Entrare in sinodo” farà bene prima di tutto a noi e alle nostre famiglie. Febbraio è un mese ricco di tanti altri eventi e temi e soprattutto vede l’inizio della Quaresima. Il lavoro sinodale dovrà svolgersi alacremente, ma non sarà un “bastone fra le ruote” nel cammino ordinario delle comunità. Non qualcosa in più, semmai qualcosa di più. Il Vescovo e la Commissione diocesana di Pastorale familiare


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SPECIALE SINODO

DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO

Contributo diocesano alla redazione dell’INSTRUMENTUM LABORIS per la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2015) BOZZA

Premessa 1. La comunità diocesana di San Marino-Montefeltro offre il presente Contributo come sintesi di una riflessione sulla Relatio conclusiva della sessione straordinaria del Sinodo dei Vescovi celebrato lo scorso ottobre (e sulle domande che sono state diffuse successivamente); tale riflessione ha coinvolto i vari organismi pastorali diocesani, le comunità religiose, le aggregazioni laicali, i consigli parrocchiali ed i gruppi di pastorale familiare, ricevendo osservazioni e contributi che hanno portato alla stesura definitiva del presente documento. 2. Al di là di quanto si è riusciti a produrre, rimarrà il contributo di riflessione che ci ha coinvolti per qualificare sempre più la pastorale famigliare nella nostra diocesi. “Entrare in sinodo” ha fatto bene prima di tutto a noi e alle nostre famiglie. 3. Il testo che segue sottintende una sostanziale e completa identificazione con le tesi approvate dai Padri sinodali e accoglie con gratitudine il desiderio del Santo Padre di affrontare una serie di questioni pastorali legate al tema “famiglia”, senza mettere in discussione i contenuti teologici e dottrinali che la Chiesa Cattolica da sempre annuncia riguardo al Sacramento del matrimonio e riassume nella Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II e nel Catechismo della Chiesa Cattolica. 4. Molto modestamente, dunque, verranno di seguito offerte considerazioni sul “come” annunciare Cristo alle famiglie – e tramite le famiglie – a partire dalla concreta esperienza della nostra situazione diocesana con le lacune ed i ritardi che la caratterizzano, ma anche con le piccole esperienze “profetiche” che stanno crescendo all’interno della comunità diocesana.

I. L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia (Relatio, nn. 5-11) 5. Proprio perché il contesto socio-culturale nel quale viviamo tende a proporre in modo sempre più prepotente “l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto” e nasconde il concreto “pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola” (Relatio, n. 5), occorre farsi carico dell’impegno di sensibilizzare la comunità cristiana e l’intera società civile circa l’importanza della famiglia quale “cellula fondamentale della società” e del pieno diritto di cittadinanza della persona in ogni fase della vita, dal concepimento alla morte. 6. Questo sforzo di annuncio, profondamente cristiano e quindi anche autenticamente umano, chiede alla comunità cristiana – ad ogni singolo credente ed a ciascuna comunità, gruppo, associazione – autentica parresìa e comunione d’intenti. 7. La testimonianza di vita cristiana offerta dalle famiglie rappresenta sicuramente il primo e più efficace antidoto alla “cultura dello scarto” denunciata da Papa Francesco, ma va sostenuta ed accompagnata anzitutto da una presenza delle famiglie nella società offerta come dono e da un instancabile impegno educativo e politico dell’intera comunità cristiana in ogni ambito in cui si incide sulla mentalità corrente e sulle norme che regolano la vita delle piccole comunità così come delle grandi nazioni e realtà sovranazionali, spesso decisamente contrari all’istituto familiare. 8. Questa prospettiva – che è culturale e insieme missionaria – è altresì sostenuta dalla convinzione che la proposta ispirata dalla fede nello spazio pubblico lo rende più ricco, più umano, e non rappresenta certo una minaccia per la sua laicità. Essa si concretizza nella valorizzazione dei laici e delle famiglie cristiane che si legano tra loro e che contribuiscono, senza dubbio, a dare un volto familiare domestico alle nostre comunità. 9. In particolare, nella nostra esperienza diocesana abbiamo verificato l’importanza di: • promuovere iniziative di sensibilizzazione sulle tematiche inerenti la visione antropologica ispirata dal messaggio cristiano (difesa della vita, difesa e valorizzazione della famiglia naturale fondata sul matrimonio ed aperta alla procreazione responsabile),

Osservazioni


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SPECIALE SINODO

secondo uno stile di collaborazione autentica e fattiva tra tutti i soggetti ecclesiali (aggregazioni laicali, associazionismo familiare, movimenti culturali, …); • impegnarsi per diffondere quanto più possibile una corretta informazione sugli argomenti di attualità e cultura che riguardano da vicino la famiglia e la Chiesa (e che raramente, e spesso in modo distorto, sono veicolate dai mass media); a questo proposito, non è secondario profondere sforzi per la promozione della “stampa cattolica” sia nelle modalità tradizionali, sia attraverso un servizio di selezione e diffusione dei più significativi commenti di attualità, sfruttando la diffusione ed interattività delle reti e degli “ambienti” digitali. 10. Coscienze adeguatamente formate ed informate – ed un’autentica unità d’intenti tra differenti sensibilità ecclesiali – possono essere efficaci antidoti per affermare la “vocazione e la missione della famiglia nel mondo contemporaneo” (tema, appunto, del prossimo Sinodo) nell’attuale contesto culturale. 11. La testimonianza di fedeltà ad una promessa ed il servizio ai più deboli offerti da molte famiglie incidono sulla sensibilità collettiva offrendo una testimonianza di nuovo umanesimo socialmente rivoluzionario.

II. Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia (Relatio, nn. 12-28) 12. “Nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento; Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita” (Relatio, n. 21): la portata di questa affermazione, assolutamente vera, viene spesso trascurata nell’ordinaria vita ecclesiale. 13. I fidanzati che chiedono il sacramento del matrimonio non sempre sanno con precisione cosa sarà chiamata ad essere e a fare la loro coppia nella Chiesa e nella società proprio in virtù di quel sacramento. L’intera comunità cristiana che li accompagna all’altare ha, dunque, la responsabilità di adottare strategie adeguate per far maturare in loro una consapevolezza chiara in merito a questo; ad esempio con i corsi di preparazione al matrimonio, con la promozione dei gruppi famiglia nei quali, fra gli altri temi, mettere in evidenza la riappropriazione dell’identità sacramentale del matrimonio. 14. La prima “conversione pastorale” richiesta alle nostre comunità (ed ai fidanzati e sposi che in esse vivono) è dunque, certamente, comprendere la valenza del sacramento del matrimonio e del ministero che da esso deriva: vivere ed annunciare il cuore “nuziale” della Trinità. Questo sguardo “nuovo” sul sacramento del matrimonio nasce anzitutto da una catechesi ed un’adeguata formazione biblica secondo un’ottica nuziale, ad ogni livello della vita diocesana (seminari inclusi). 15. Ovviamente, va coltivata la consapevolezza che tra presbitero e sposi non c’è diversità di dignità, bensì una comune e fondamentale vocazione battesimale, ed una comune vocazione a “dilatare” il popolo di Dio, a costruire la Chiesa nel mondo: dunque, una complementarietà vocazionale che va riconosciuta e soprattutto coltivata nella quotidianità della vita parrocchiale (valorizzando adeguatamente le diverse sensibilità ed esperienze che derivano da entrambe le forme di consacrazione al Signore, ma anche – ad esempio – praticando lo “stare in famiglia” dei sacerdoti con le famiglie delle comunità a loro affidate, …). E poi occorre una concreta ed autentica prassi di corresponsabilità pastorale, che i sacerdoti sono invitati a sollecitare convintamente ed alla quale gli sposi non si sottraggano. 16. C’è poi un’ulteriore attenzione missionaria da suscitare negli sposi cristiani, che riguarda la riscoperta della “comunione” e delle sue valenze relazionali come prerogativa tipica della coppia (che è immagine della Trinità e del legame tra Cristo e la Chiesa): vivendo l’amore reciproco, infatti, due sposi hanno la grazia di costruire comunione con i vicini, sul lavoro, nella parrocchia, anche come aiuto concreto alle problematiche quotidiane. 17. La Chiesa non è una “organizzazione di servizi”, ma una comunità che fa dell’accoglienza la propria missione, a partire dalla prossimità amicale e dalle vie della relazione umana: gli sposi per primi possono proporre e porre in atto vere e proprie “strategie laicali di avvicinamento” a Cristo, in grado di cogliere i bisogni dei vicini di casa, dei colleghi di lavoro, … proprio a partire dall’eccezionale potenziale relazionale di cui dispongono le famiglie.

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IV

SPECIALE SINODO

III. Il confronto: prospettive pastorali (Relatio, nn. 29-62) 18. In merito alle “istanze pastorali più urgenti” legate all’annuncio del Vangelo, che la Chiesa è chiamata ad attuare con “tenerezza di madre e chiarezza di maestra” (Relatio, n. 29) si avverte senza dubbio l’inadeguatezza della testimonianza e delle risposte concretamente offerte ai bisogni che emergono dalla nostra comunità (e dunque anche del contributo offerto nella presente riflessione). Tuttavia, in estrema semplicità, è possibile esprimere alcune considerazioni e proposte alla luce dell’esperienza diocesana. 19. Riguardo alla preparazione al matrimonio, si avverte la necessità di valorizzare questo “incontro” dei giovani fidanzati con l’annuncio cristiano e con la Chiesa (talvolta il primo in assoluto, o comunque il primo dopo anni di “lontananza” dai sacramenti e dalla vita ecclesiale) anzitutto come momento di accoglienza da parte della comunità cristiana e come occasione privilegiata per far conoscere l’annuncio cristiano sul matrimonio (con tutte le valenze teologiche e bibliche di cui si è detto al punto II); tuttavia, la responsabilità di accogliere ed affascinare ad un progetto di vita così bello e grande richiede una disponibilità ed una formazione permanente (alle quali in verità non molte coppie di sposi si sentono pronte). 20. Sicuramente, i tradizionali corsi di preparazione al matrimonio non possono essere l’unico servizio della comunità alle coppie di fidanzati: è indispensabile proporre percorsi di discernimento, di “educazione affettiva” ai giovani innamorati, per presentare loro la profondità e bellezza dell’esperienza matrimoniale e stimolarli a misurarsi con questo progetto di vita ed a progettarlo in modo più consapevole; analogamente, occorre sperimentare percorsi di accompagnamento dei giovani sposi nel momento in cui inizia l’avventura matrimoniale (che spesso presenta le maggiori insidie e richiede compagni di strada che sappiano offrire esperienza ed una presenza cordiale al loro fianco) ed anche in occasione della catechesi battesimale; in diocesi, queste iniziative sono purtroppo ancora sporadiche e senza una lunga esperienza alle spalle e tuttavia fanno già intravedere l’urgente necessità di attuare con completezza l’attenzione educativa che la comunità cristiana deve testimoniare in relazione al sacramento del matrimonio. 21. In merito alla cura pastorale di coloro che vivono situazioni di vita cosiddette “irregolari”, considerata la centralità dell’Eucaristia nell’esperienza cristiana ed avvertendo le sofferenze di tanti fedeli che non possono accedere ai sacramenti, chiediamo ai Padri sinodali di vagliare tutte le possibilità per alleviare queste ferite, pur nel rispetto della dottrina e della teologia cristiana (attraverso, ad esempio, una più attenta valutazione delle cause di nullità matrimoniali secondo il criterio della verità nella carità). In questo senso abbiamo trovato illuminanti, come criterio di discernimento, le cinque forme di tentazione enunciate da papa Francesco nel suo discorso ai Padri sinodali del 18 ottobre 2014. 22. Sul piano strettamente pastorale si avverte, in questo ambito, un certo ritardo nell’attuazione di strategie di ascolto, accoglienza, accompagnamento. La sensibilità della comunità cristiana, nel suo complesso, raramente esprime un rifiuto o una emarginazione di coloro che vivono la condizione di conviventi, separati, divorziati risposati, così come nei confronti delle persone con orientamento omosessuale. È pur vero, però, che i gesti concreti di coinvolgimento di questi fratelli nella vita comunitaria sono altrettanto sporadici. Dietro la richiesta di accedere ai sacramenti, c’è talvolta la forte domanda di una accoglienza del vissuto doloroso che generalmente essi vivono e che la comunità cristiana avverte con difficoltà oppure non sa come affrontare sul piano della prassi pastorale (ad esempio, offrendo consulenze competenti, un accompagnamento spirituale, l’invito discreto a chi vive nella convivenza a decidersi per il matrimonio, lo stimolo cordiale a desiderare di incontrare Gesù in altre forme non sacramentali, quali la preghiera e la carità…). È importante inoltre, da parte delle famiglie e dei gruppi famiglia, vivere l’accoglienza attraverso l’aiuto ai tanti nuclei familiari che vivono situazioni di difficoltà di carattere economico e anche sul piano delle fragilità relazionali. 23. Le “emergenze” pastorali sopra menzionate – e l’attenzione più generale che la Chiesa mostra nei confronti della famiglia – richiedono un’ultima considerazione “strategica” non rinviabile, legata al gruppo di animatori pastorali: pur mantenendo continuità nell’azione pastorale ordinaria, è indispensabile innestare proposte qualificate e contenuti profondi per gli sposi che chiedono un “di più” di formazione biblica, teologica, pastorale, tali da rendere i laici capaci di interloquire e collaborare a tutto campo con i sacerdoti sulle problematiche familiari e sulla programmazione e conduzione di iniziative rivolte alle famiglie. Vie privilegiate, in questo senso, si sono rivelate: la progettazione di percorsi formativi ad hoc; la promozione di gruppi di famiglie (caratterizzati dalla presenza di una guida che sappia far assimilare la portata del sacramento nuziale ed offra un’adeguata direzione spirituale per le singole coppie di sposi); la proposta di innestare nei percorsi di catechesi del laicato organizzato esperienze e contenuti maggiormente incentrati sulla “teologia nuziale”.

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PRIMO PIANO

SERGIO MATTARELLA il primo presidente della Terza Repubblica La scelta politica di Mattarella per il Quirinale (peraltro indicato come “l’ultimo dei Morotei”) appare come un suggello al sogno moroteo di un bipolarismo in grado di superare le angustie della politica del suo tempo e di prefigurare una divisione fra progressisti (tra i quali lui si annoverava) e i conservatori. Una linea di cultura politica e di politica culturale drammaticamente stroncata dalla violenza brigatista. Sergio Mattarella è il dodicesimo presidente della Repubblica italiana. È stato eletto da una larga maggioranza dei due terzi dei grandi elettori. Sarà il primo presidente della Terza Repubblica e dovrà contribuire a modellarla, soprattutto attraverso lo stile della rappresentanza e delle dinamiche istituzionali figlie della nuova legge elettorale e del nuovo assetto costituzionale. Non è un caso, infatti, che la sua elezione da parte dei grandi elettori sia avvenuta a pochi giorni dal via libera al Senato dell’Italicum. Cioè la legge elettorale destinata a definire vincitori e vinti in una competizione proporzionale che dovrebbe però garantire, grazie al premio di maggioranza attribuito alla lista dopo un eventuale ballottaggio, una maggioranza parlamentare numericamente certa, blindata e autosufficiente. Elisir di lunga governabilità? Staremo a vedere. Ma questa riforma elettorale procede e a suo modo completa quella costituzionale, che ha il suo perno nella trasformazione del Senato nella Camera delle autonomie e nell’attribuzione, alla sola Camera dei deputati, del potere di dare e togliere la fiducia al Governo oltre che la prevalente potestà legislativa. Quindi la fine del bicameralismo perfetto con la prospettiva di una più tempestiva e lineare approvazione delle leggi. Tale da configurare l’effettivo approdo nella Terza Repubblica. Il nuovo presidente dovrà seguire l’iter finale delle riforme da parte di senatori e

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deputati e poi dovrà vigilare, dal Quirinale, sui vagiti della Terza Repubblica che si spera possa nascere nel consenso democratico più ampio. Dunque, sette anni sicuramente impegnativi nello sforzo di rinnovamento istituzionale, nella speranza che il sistema-Paese sappia tirarsi fuori dalle secche della recessione e sappia imboccare la via dello sviluppo giusto e sostenibile. Sergio Mattarella è stato indicato come “l’ultimo dei Morotei”. Certamente è stato eletto innanzitutto dagli eredi delle due culture politiche che sono sopravvissute alla stagione di Mani pulite, ovvero gli ex comunisti e gli ex democristiani di sinistra, confluiti nel Partito democratico. Non è di sicuro un giovanissimo, come invece lo è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che quando Aldo Moro è stato ucciso (1978) aveva solo tre anni. Questa distanza temporale ed esistenziale fa della scelta politica di Mattarella per il Quirinale un suggello al sogno moroteo di un bipolarismo in grado di superare le angustie della politica del suo tempo e di prefigurare una divisione fra progressisti (tra i quali lui si annoverava) e i conservatori. Una linea di cultura politica e di politica culturale che fu drammaticamente stroncata dalla violenza brigatista. L’elezione di Mattarella sembra quasi premiare quell’antico sogno, pur nelle mutate condizioni politiche. Ma soprattutto sembra poter dare fiato e vigore, senza strappi, anche al secondo soggetto del-

l’imperfetto bipolarismo italiano. Ovvero, quel fronte conservatore che merita forse interpreti più giovani e moderni, così come avviene in tante democrazie mature dell’Occidente. Capaci anche loro di confrontarsi con le sfide più pressanti del tempo e in grado di offrire una risposta riformista. Come vedete, abbiamo volutamente trascurato l’appartenenza religiosa del nuovo presidente della Repubblica. Anche per lui, come per tutti i suoi predecessori, vale il giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Dovrà bastare per giudicarlo sulla base dei suoi atti. Saranno poi la sua retta coscienza e la sua intelligenza politica a guidarlo. Se un piccolissimo consiglio ci possiamo permettere di offrirgli è solo questo: dimostri di voler bene agli italiani. Soprattutto a quelli che arrancano e sono nelle ultime file. Quando Aldo Moro parlava, con il suo linguaggio colto, nelle piazze del Sud stracolme di braccianti bruciati dal sole, riusciva a catturarli. I contadini facevano fatica a capire tutte le sue parole, ma quell’uomo mite ispirava fiducia. Mattarella ci provi. Superi il suo tradizionale riserbo e parli al cuore degli italiani. Si guadagni la loro fiducia. E li aiuti a farsi protagonisti della vita repubblicana. Buon lavoro, Signor Presidente. domenico delle Foglie (Direttore SIR)

, anche in questo numero prosegue le campagna di sensibilizzazione per il rinnovo dell’abbonamento al periodico MONTEFELTRO che hai ricevuto, ad ogni uscita, nel corso dell’anno trascorso. Sostenere la stampa periodica diocesana deve essere un dovere di tutti coloro che riconoscono la funzione importante di collegamento, informazione, approfondimento che essa svolge. Non è tempo di attendere senza dare; i costi sono, purtroppo, aumentati vertiginosamente e senza il contributo di tutti i nostri lettori difficilmente potremmo garantire agli stessi il regolare invio del MONTEFELTRO. Ti invitiamo, quindi, a farlo con tempestività, servendoti del bollettino di c/c postale che trovi allegato a questo numero del giornale, sul quale sono già stampati il tuo nominativo e l’indirizzo. Questo ci faciliterà il regolare riscontro dell’avvenuto pagamento dell’abbonamento. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti in questa operazione di diffusione che si deve concretizzare anche invitando altri lettori e simpatizzanti interessati al giornale, ad abbonarsi. E poi, perché non pensare a un abbonamento-regalo, magari a favore di un familiare, di un parente o di un amico lontano per farsi ricordare? Attendiamo da tutti un riscontro positivo al nostro invito e a tutti rinnoviamo, fin da ora, i nostri ringraziamenti.


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TRA FEDE E BIOETICA

IL PRIMO INCONTRO DEL NUOVO CICLO DI BIOETICA CON IL PROF. CELLI

La malattia interroga l’anima Ci sono occasioni che offrono la possibilità di riflettere e riscoprire il significato della propria esistenza e della sofferenza insita nella vita di ogni uomo. Ecco che allora, partendo dalla lettura della poesia Canto notturno di un pastore errante dell’Asia di Giacomo Leopardi, celebrante il destino nefasto di ogni creatura e nella quale si denuncia l’angoscia del genere umano, destinato a soffrire fin dai primi momenti dell’esistenza, si riesce ad arrivare a svelare l’arcano mistero che ha impregnato il desiderio di vita di ognuno di noi: l’Amore! L’Amore dunque è la chiave del vivere umano, quell’Amore che ci ha voluti e chiamati alla vita fin dal primo istante in cui siamo stati pensati ancora prima di essere generati. Quell’Amore che trascende anche l’amore procreatore e genitoriale umano e che raccoglie in sé l’essenza e la totalità del bisogno di essere amato di ogni uomo. Quale consolazione più grande? Di quale altra risposta necessitiamo? Se solo riuscissimo per ogni momento della nostra vita a capire di quale Amore siamo stati amati, allora ogni evento acquisterebbe un significato diverso e non necessiterebbe poi di troppe risposte che nep-

pure riusciremmo a darci nella nostra infinita limitatezza! Le gioie, la malattia, le pene dell’anima perché ci vengono inflitte e ci ricadono come una espiazione e una condanna? Cosa ha più importanza: capire il perché del dolore o forse vivere la sofferenza inferta dalla malattia magari come opportunità anche se spesso ci può apparire senza alcun senso? È forse ignoto ad alcuno che la nostra esistenza è segnata da un inizio ed una fine e questa, per quanto lontana ci possa apparire, se resta fissa al mero materialismo a cui siamo proni a riferirci, altro non porterà che alla distruzione del nostro essere pensante, della nostra umanità e dello spirito del quale troppo incessantemente alcuni ne cercano la negazione? Allora quale via di felicità ci prospetta il cammino dell’esistenza umana? Evidentemente la Vera felicità è andare incontro all’Amore che ci ha amati e che rispecchia il bisogno di amore del genere umano, ragion per cui si può anche arrivare a dire, al termine della propria misera esistenza, che di ogni sofferenza ne è valsa la pena, seppure per un solo istante ci sia stato donato quel poco di bene di cui ogni essere ha il diritto sacrosanto di

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA “LA TEORIA DEL TUTTO”: UNA LOTTA CONTRO LA MALATTIA «Non devono esserci limiti agli sforzi dell’uomo. Per quanto brutta ci sembri la vita, finché c’è vita c’è speranza» STEPHEN HAWKING James Marsh, regista del film La teoria del tutto, ci colpisce con un’interessante pellicola biografica sulla vita del fisico Stephen Hawking (Eddie Redmayne), un giovane ragazzo (oggi ha 73 anni) che si dedica allo studio delle scienze e che già a 21 si sta dedicando al suo dottorato. Durante questa esperienza presso la rinomata università di Cambridge, Hawking conosce Jane (Felicity Jones), una giovane studiosa di lettere, con la quale si fidanza. Presto però al giovane genio viene diagnosticata la malattia del motoneurone, attraverso la quale il ragazzo perderà la facoltà di utilizzare i propri muscoli, faticherà ad ingoiare cibi, fin al punto in cui non riuscirà a parlare. Il medico comunica ad Hawking che la sua aspettativa di vita sarà di due anni, eppure non si perde d’animo, poiché il suo cervello continuerà a funzionare per sempre. Il padre di Hawking è molto perplesso, soprattutto dalla decisione di Jane di rimanere al suo fianco e combattere questa malattia insieme a lui, tanto da sposarlo e avere tre figli con lui, nonostante il marito sia costretto su una carrozzina a rotelle senza la capacità di parlare se non tramite un apparecchio elettronico. Ad aiutare Jane nel momento in cui la situazione inizia a degenerare a causa delle difficoltà economiche e famigliari sarà Jo-

essere ricoperto. E poi ad essere onesti di fronte ad una rivelazione così profonda che critiche possiamo addurre? Se decidiamo di vivere in senso materialista la nostra esistenza val bene proseguire nella coerenza di non cercare altre risposte, ma se come da natura siamo inclini a porci uno dei quesiti che seguono l’uomo fin dalla sua origine ovvero quello inerente al perché delle malattie, del male e della morte, allora dobbiamo riconoscere che nel mistero profondo che governa la risposta c’è la consolazione unica dell’Amore Supremo, unica verità che non ha i limiti presentati da ogni altra mera teoria o filosofia. Ecco allora come possiamo prendere coscienza del nostro essere archi al servizio dell’Arciere che guida i nostri figli sul sentiero dell’infinito, affinché possano andare lontano verso la meta ultima del misterioso incontro con l’Amore. Grazie alle parole del Prof. Celli il primo incontro del nuovo ciclo di bioetica ha magistralmente portato alla riflessione di tutto questo, rispondendo appieno al quesito posto dalla malattia tra il suo limite e il suo possibile meraviglioso orizzonte, dotato di senso profondo. Marina

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA nathan (Charlie Cox), il direttore del coro della Chiesa, che aiuterà pure Hawking ad affrontare le difficoltà che la vita gli ha posto davanti. Ciò che più colpisce maggiormente della decisione direttiva di Marsh è il fatto che il film non sia concentrato tanto sulla fisica e sul genio che rappresentava Hawking, bensì sulla sua vita personale e sulla sua battaglia contro la malattia, all’insegna dell’amore e della famiglia. L’amore di Jane è un amore difficilissimo da trovare, una donna che al momento di grave difficoltà non lascia mai solo Hawking ma si dedica completamente a lui, lasciando da parte tutti i suoi studi e i suoi desideri. Eddie Redmayne e Felicity Jones, attraverso la loro interpretazione, riescono a colpire nel profondo dell’animo, arrivando direttamente al cuore di chi li guarda. Il film è una grande celebrazione della vita, della famiglia e del supporto che la Chiesa può offrire in un momento di grave difficoltà. La pellicola inoltre celebra la sofferenza come mezzo attraverso il quale avvicinarsi alla vita, alla propria famiglia e a Dio, un dolore che certamente fa soffrire, ma un dolore che fa crescere e fa scoprire il vero senso della vita e che rende più forti, poiché seppure Hawking non potesse più parlare e muoversi, è riuscito in ogni caso a portare avanti le sue teorie e la sua tesi. Melissa Nanni


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UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO

NOTIZIE DAL CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO a cura di don Rousbell Parrado* Sguardo d’insieme La presenza e l’azione di un organismo diocesano per l’animazione missionaria, sotto la responsabilità del Vescovo, sono attestate da tempo con forme e nomi diversi: Ufficio Diocesano delle Pontificie Opere Missionarie, Ufficio Missionario Diocesano, Centro Missionario Diocesano, Ufficio o centro o Opera Diocesana “per la pastorale missionaria”, “per la cooperazione tra le Chiese”, ecc. Già nel 1966 la Commissione Episcopale per le missioni esprimeva un auspicio: “L’Ufficio missionario non sarà soltanto l’organo rappresentativo delle POM, ma il vero ‘Centro Missionario Diocesano’ cui deve far capo ogni iniziativa missionaria” (dal verbale della riunione del 17-18 ottobre 1966 in Dei agricoltura Dei aedificatio, Circolare interna del segretariato permanente della CEI).

In particolare il CMD si caratterizza per questi tre elementi • è lo strumento principale di cui il Vescovo, primo responsabile della vita missionaria della Chiesa particolare, si serve per promuovere, dirigere e coordinare l’attività missionaria; • agisce in stretta collaborazione con gli altri settori pastorali nella elaborazione e attuazione del piano pastorale della Diocesi, specialmente per ciò che attiene all’animazione missionaria, all’annuncio del Vangelo, all’educazione dei giovani alla mondialità, alla proposta di nuovi stili di vita spirati dal Vangelo, alla diffusione di una cultura attenta alle questioni della pace, della giustizia, della solidarietà internazionale, della salvaguardia del creato; • include la direzione diocesana delle Pontificie Opere Missionarie, che contribuiscono alla pastorale missionaria per il loro carattere universale e per il loro specifico sostegno alla missione ad gentes.

Situazione della nostra Diocesi Personale in sevizio missionario • Fr. Franco Antonimi (nativo di Novafeltria), Missionario Comboniano – Mozambico • Sr. Lea Pignatta (nativa di San Marino) dell’Istituto Maestre Pie – Messico • Fr. Gilberto Bettini (nativo di Sant’Agata Feltria) – Uganda • Maria Pia Ruggeri (nativa di Carpegna) – Zambia • Sr. Cristina Fabbri (nipote di Padre Babini di Periticara) – Argentina • Fr. Renzo Mancini – Etiopia • Fr. Macellino Forcellini (nativo di San Marino) – Congo • Giovanni Ercolani (nativo di Perticara) – Ecuador

Con i gruppi missionari il CMD insisterà esplicitamente sulla seguente traccia di impegni comuni • Formarsi e crescere nello spirito di preghiera biblico-liturgica e nello spirito di comunione, di servizio e di missione. • Promuovere e diffondere una cultura missionaria nella comunità, orientandola verso una dimensione più gratuita, più comunitaria e più universale nella fede. Questo attraverso incontri di preghiera e testimonianze, diffusione di materiale e iniziative specifiche di condivisione, di solidarietà e di informazione anche alternativa (internet) o diretta (visite e campi di lavoro missionari).

• Far evolvere la visione filantropico-umanitaria della missione verso una concezione più promozionale ed evangelizzatrice, aperta all’invio di persone che vadano a condividere e a testimoniare, e non solo all’invio di aiuti. • Consapevolizzare la comunità locale sullo “stile di vita” da assumere per rendere accettabile l’aiuto e possibile lo scambio, tenendo presente il rispetto dell’altro, che non è solo un povero da aiutare ma soprattutto una persona con cui imparare a comunicare in amicizia e per il quale è più importante vedere un testimone che ascoltare un maestro. • Attirare l’attenzione (in collaborazione con altri gruppi, organismi, operativi ed esperti) su persone e gruppi condotti qui da noi dalle migrazioni in atto (si tratta di una forma di missionarietà “ad gentes” nelle nostre terre che esige capacità di dialogo, interiorità e forte senso di umanità). • Globalizzare la solidarietà, mettendo in discussione la logica consumistica e sensibilizzando alle responsabilità comuni verso i beni e le risorse del pianeta, i diritti umani, il debito internazionale, la pace, il commercio equo e solidale, l’interculturalità, il volontariato missionario… • Tenere i contatti con il CMD. Fare da ponte tra la parrocchia (l’unità pastorale e il vicariato) e il Centro, amplificando proposte, partecipando ad iniziative, presentando richieste.


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NOTIZIARIO CARITAS

AVERE CURA DELLE FRAGILITÀ Questo è stato il tema affrontato, domenica 25 gennaio, nella Sede Vescovile di Domagnano in San Marino, nell’incontro di formazione per i volontari Caritas, ma aperto a tutti. Don Franco Appi (compagno di studi e amico del compianto don Agostino Gasperoni), Responsabile dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale e del Lavoro per la Diocesi di Forlì-Bertinoro e Consulente Ecclesiastico delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (A.C.L.I.), prima di addentrarsi ad illustrare in maniera più dettagliata il capitolo IV dell’Evangelii Gaudium di papa Francesco, ha fatto un excursus sul contesto religioso, culturale e sociale in cui J. M. Bergoglio ha svolto il suo ministero, perché tale contesto ha inciso profondamente sulla stesura dell’esortazione stessa. Don Franco ha saputo trasmettere in modo piacevole, oserei dire divertente (con un linguaggio condito con numerosi detti in dialetto romagnolo), quanto di più appassionante il Papa ci dice sui fondamenti della fede (kerygma) e sulle sue ripercussioni comunitarie e sociali. I presenti hanno avuto, così, l’opportunità di ripensare le motivazioni del loro servizio e di riscoprire l’identità della Caritas. Qui mi limito a riportare alcune frasi per me più significative: “Com’è pericolosa e dannosa questa assuefazione che ci porta a perdere la meraviglia, il fascino, l’entusiasmo di vivere il Vangelo della fraternità e della giustizia! La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40)” (EG, 179). È la ricerca del bene dei fratelli il punto fondamentale su cui si fonda la “passione” per il bene comune e l’impegno appassionato per esso. La fede non propone un ritiro nella propria intimità per incontrare Dio, non è invito all’intimismo. La fede non può essere privatizzata cioè ricondotta a vita privata. La proposta del Vangelo non consiste solo in una relazione personale con Dio. È ricerca del Regno di Dio: Regno di giustizia, amore e pace. Queste caratteristiche hanno sicuramente una grande dimensione interiore, ma proprio da questa dimensione scaturisce l’impegno per i fratelli. Non possiamo dire agli affamati: andate e mangiate. Siamo chiamati a operare, se non vogliamo che ci sia una dicotomia fra dimensione interiore e vita di relazioni, che costituiscono la dimensione sociale. Una dicotomia tale sarebbe indice di schizofrenia.

“Il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” (Benedetto XVI, Intima Ecclesiae natura. Proemio). “Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo” (EG, 187). Il Papa esorta ogni cristiano a liberare i poveri dal loro stato di bisogno e ad aiutarli ad inserirsi nella società per condurre una vita dignitosa. Ma quanti egoismi, quanti pregiudizi, quante paure e negligenze, quante differenze culturali, quanti muri, quante sordità impediscono una reale integrazione! La sportina alimentare, pur necessaria, dovrebbe essere riempita con la cultura della condivisione, della compassione (lat. cum + patior = soffro insieme, compartecipo), dell’accompagnamento, della solidarietà, dell’amore (agape). È un cammino lungo, tortuoso, accidentato, che presuppone una conversione, un cambiamento di mentalità (metanoia), una trasformazione del cuore, ma arricchisce, gratifica... e i poveri hanno molto da insegnarci. Dice papa Francesco: “È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro... siamo chiamati a scoprire Cristo in loro”. Sembra assurdo, ma i poveri sono un dono per noi, perché conoscere le loro fragilità, farci carico dei loro problemi, aiuta a scoprire le nostre povertà, a prendere coscienza dei nostri limiti e del bisogno di qualcuno (Qualcuno!), amorevole, sincero, fidato, a cui aprire il nostro cuore, pronto a diventare nostro

compagno di viaggio lungo il percorso della vita. Basta affidarsi. Difficilmente riusciamo a comprenderlo da soli e facilmente deragliamo. Ma la Caritas si prende a cuore (i care) i propri operatori e attraverso incontri di formazione li aiuta ad allargare gli orizzonti, ad andare oltre il contingente, a comprendere le varie sfaccettature della realtà, a scoprire che c’è pienezza di vita nello stare in Cristo crocifisso e risorto per il dono totale di sé, nell’essere per gli altri, per il totalmente Altro, Dio amato sopra ogni cosa perché il nostro tutto. In unione con Lui la carità diventa una scelta di vita, un modo di essere, di vivere e “la Caritas è la carezza della Madre Chiesa ai suoi figli, la tenerezza, la vicinanza” (papa Francesco). Don Franco conclude esortandoci a contemplare ed imitare Gesù che si “spoglia” della sua divinità, si incarna per comunicarsi all’uomo; percorre le strade dell’uomo fino all’oppressione ed alla morte di croce. Si fa avvicinare dalle miserie umane, dai ciechi, storpi, sordi, peccatori, senza paura di scandalizzare i benpensanti, i cristiani da salotto: va alle periferie. “Cristo, Verbo Incarnato, si fa solidale con gli uomini sulla croce, porta il peso di tutti, e si manifesta nel volto dei poveri e oppressi” (Mt 25). Egli stesso ci insegna a contemplare i fratelli, immagine somigliante di Dio. I fratelli sono immagine di Dio, ogni volta che avviciniamo un fratello, scopriamo qualcosa di Dio! Questa è la nostra mission: “andare nelle periferie per curare e promuovere l’essere umano, così da portare la tenerezza della Chiesa” (papa Francesco). Questo è il grande dono della carità. Giovanni Ceccoli


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PREGHIERA

APoStolAto dellA PreGHIerA - MArZo 2014

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’offerta quotidiana santifica la tua giornata. Cuore divino di Gesù, io ti offro, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre. In particolare, per le intenzioni affidate all’AdP dal Papa:

IN PARTICOLARE, PER LE INTENZIONI DEL PAPA E DEI VESCOVI INTENZIONE UNIVERSALE DI MARZO ❏ “Perché quanti sono impegnati nella RICERCA SCIENTIFICA si pongano a servizio del bene integrale della persona umana”.

A servizio del bene ella nostra epoca le scienze sperimentali hanno trasformato la visione del mondo e la comprensione che l’uomo ha di se stesso. Le molteplici scoperte e le tecnologie innovative, che si succedono a ritmo incalzante, sono senz’altro motivo di giustificato orgoglio, ma spesso non sono prive di aspetti inquietanti. Ricco di mezzi, ma non altrettanto di fini, l’uomo del nostro tempo vive condizionato dal dilagante relativismo, che porta a perdere il significato delle cose; accecato dall’efficacia tecnologica, l’uomo moderno sta perdendo di vista l’orizzonte fondamentale della dimensione trascendentale. Il pensiero diventa sempre più “debole” e lascia spazio ad un impoverimento progressivo dei valori etici. Partendo dal famoso “caso Galileo”, è stata pian piano diffusa l’opinione che tra scienza e fede non possa esserci altro che contrasto, mentre invece nella Evangelii Gaudium Papa Francesco ci ammonisce che “il dialogo fra scienza e fede è parte di quell’azione evangelizzatrice, che favorisce la pace”. Bisogna superare il pregiudizio! Un esempio: un arzillo vecchietto di 70 anni sta seduto in treno davanti ad un giovincello ai primi passi negli studi universitari. Ad un certo

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punto lo studente si accorge che il vecchietto sta leggendo la Bibbia e tutto infervorato interviene: Signore, voi credete ancora a questo libro pieno di favole e frottole religiose? Sì, risponde il vecchietto, perché questo non è un libro di frottole, ma è la parola di Dio. Replica lo studente: Dovreste leggere quello che sulla Bibbia dicono gli scienziati. Se mi date l’indirizzo, vi mando i miei appunti e varie riviste sull’argomento. Il vecchietto tira fuori il suo biglietto da visita e lo porge allo studente, che legge e, vergognoso, subito diventa muto. C’era scritto: Luigi Pasteur, direttore dell’Istituto della Ricerca Scientifica e della Scuola Normale di Parigi. Quanti saccenti fra i cosiddetti “non credenti”! Diceva don Bosco, spiegando il suo Sistema Preventivo, che sono due i pilastri su cui poggia la maturità di una persona: la scienza e la fede. Oggi abbiamo buttato via la fede e siamo in piena crisi educativa: non sappiamo più spiegare ai ragazzi ed ai giovani da dove vengono, dove vanno, cosa sono stati mandati a fare in questo mondo da Colui che li ha creati.

INTENZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE ❏ “Perché sia sempre più riconosciuto il CONTRIBUTO PROPRIO DELLA DONNA alla vita della Chiesa”.

Contributo della donna L

a rivendicazione dei diritti legittimi delle donne – a partire dalla ferma convinzione che uomini e donne hanno la stessa dignità – pone alla Chiesa questioni profonde, che non possono più essere eluse con superficialità. Il sacerdozio riservato agli uomini, come segno del Cristo sposo che si dona nell’Eucarestia, è una questione che non si deve più discutere, ma può diventare motivo di conflitto, quando si identifica la potenza sacramentale con il potere. Non bisogna mai dimenticare che quando noi parliamo di potere sacerdotale siamo nell’ambito della funzione, non in quello della dignità e della santità, spiega Papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Il sacerdozio ministeriale è uno dei mezzi che Gesù utilizza a servizio del suo popolo, ma la grande dignità viene dal Battesimo, che è accessibile a tutti. Nella Chiesa, le funzioni “non giustificano alcuna superiorità degli uni sugli altri” (74). Di fatto, una donna, Maria, è più importante dei vescovi. Anche quando si considera la funzione del sacerdozio ministeriale come “gerarchica”, bisogna aver ben chiaro che “essa è totalmente ordinata alla santità dei membri di Cristo” (75). Per sottolineare il ruolo delle donne nella vita della Chiesa basta risalire alla sorgente delle Scritture e vedere il posto che Gesù stesso dona loro, particolarmente nell’episo-

dio centrale della risurrezione. È alle donne e non agli apostoli che viene dato l’annuncio della risurrezione, ma stranamente questo fatto è stato sottovalutato e non ne sono state tirate le logiche conseguenze, anche se vediamo che le prime comunità cristiane si costituiscono con l’appoggio di donne come Lidia e Priscilla. Dopo l’elezione di Papa Francesco, stiamo vivendo nella Chiesa alcuni avvenimenti che lasciano sperare in un decisivo cambiamento ed in un notevole avanzamento verso la soluzione dell’annoso problema. Nella Evangelii Gaudium viene esplicitamente riconosciuto che “bisogna creare spazi per una presenza più incisiva delle donne nella Chiesa” (103). Questi nuovi spazi e responsabilità che si sono aperti – dice il Papa – e che auspico vivamente possano ulteriormente espandersi sulla presenza e sull’attività delle donne, tanto nell’ambito ecclesiale quanto in quello civile e delle professioni, non possono far dimenticare il ruolo insostituibile della donna nella famiglia. Le doti di delicatezza, peculiare sensibilità e tenerezza, di cui è ricco l’animo femminile, rappresentano non solo una genuina forza per la vita delle famiglie, per l’irradiazione di un clima di serenità e di armonia, ma una realtà senza la quale la vocazione umana sarebbe irrealizzabile”.

INTENZIONE DEI VESCOVI ❏ “Perché l’IMPEGNO QUARESIMALE ci educhi ad uno stile di sobrietà e di condivisione”.

Sobrietà e condivisione iniziato il tempo provvidenziale della QUAreSIMA, tempo di revisione del nostro modo di essere, di vedere, di pensare. Ad ogni Quaresima rispunta la domanda: “Che senso ha celebrare oggi questo tempo liturgico? Chi si accorge più che questo è un tempo di penitenza?”. Oggi ci troviamo in una società pluralista nella quale i cristiani convivono con i musulmani che fanno il Ramadan; con gli agnostici, gli atei, i laicisti, gli indifferenti che non hanno altra religiosità se non quella della mondanità più o meno edonista nei campi più svariati della vita. In questo contesto la comunità cristiana deve porsi il problema della sua identità e della sua missione, della sua autenticità e dei modi conseguenti per una testimonianza evangelica credibile. La Quaresima oggi non può essere pensata solo in base a “cose penitenziali da fare” col rischio di cadere nel formalismo denunciato da Gesù (cfr. Mt 6,1-18), ma va pensata per stimolare la comunità cristiana a lasciarsi formare e correggere dall’azione dello Spirito Santo, al fine di porre quelle premesse di comunione e di perdono, che preludono alla Gerusalemme celeste. Per questo la Quaresima ha ancora senso e va celebrata in modo adeguato alla nostra situazione socioculturale, per acquisire una coscienza più forte dei valori umani ed evangelici, oggi gravemente compromessi e per annunciare, celebrare, vivere Cristo Gesù, nostra Pasqua, nella potenza dello Spirito Santo. Qualche spunto per imparare sempre meglio come vivere in famiglia la triplice consegna della preghiera, del digiuno e della carità: 1. La forza unificante della preghiera fatta insieme. Tutti i maestri di spiritualità dicono: “A pregare si impara pregando!”. Questo lo slogan che ogni coppia, ogni famiglia deve fare suo.

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La preghiera di cui una famiglia ha bisogno è una preghiera intrecciata profondamente con la vita. Si tratta di confrontare la propria vita con la Parola di Dio, stimolati – ad esempio – dalla predica domenicale o dalla lettura di qualche sussidio ad hoc. 2. La forza liberante della rinuncia. Oggi è difficile imporsi o chiedere delle rinunce: si tratta di andare doppiamente controcorrente: contro l’istinto naturale dell’uomo di soddisfare i propri desideri e contro la logica consumistica, che ha il suo punto di forza nella pubblicità, la quale tende a creare continuamente nuovi bisogni. Una buona indicazione è sempre quella di partire dai vizi che appesantiscono (non di rado anche fisicamente!) la nostra vita: tabacco, alcool, dolci, divertimenti costosi… 3. Un richiamo alla solidarietà. Si ripete che la famiglia è la cellula economica della società: su di essa – per secoli – si è incentrata tutta l’economia: la pastorizia, l’agricoltura, l’artigianato di bottega, fino al lavoro a domicilio e al risparmio, che stanno alla base del capitalismo. Se questo è vero, perché non pensare anche alla famiglia come la culla ideale in cui possa nascere un’economia diversa, l’economia solidale? Quella che solo pochi anni fa pareva un’utopia, oggi sta diventando realtà: con i gruppi che praticano l’autotassazione, con le famiglie che praticano l’adozione internazionale a distanza, con i gruppi che appoggiano finanziariamente progetti di sviluppo nel Sud del mondo, con i gruppi che privilegiano il consumo critico… Una famiglia che coltiva la preghiera insieme, una famiglia che non ha paura di proporre ai suoi membri (grandi e piccoli) la forza liberante della rinuncia, una famiglia che si apre alla solidarietà, è una famiglia aperta all’azione dello Spirito Santo, pronta a diventare uno strumento rivoluzionario per cambiare i grigiore del mondo moderno.


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IN DIFESA DELLA DONNA

FESTA DELLA DONNA “... Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile” DOMENICA 8 MARZO VIENE RICORDATA CON UN MOMENTO DI PREGHIERA LA FESTA DELLA DONNA NELLA CHIESA DELLE CLARISSE (MONASTERO SANTA CHIARA A VALDRAGONE, RSM), ALLE ORE 18. AD ORGANIZZARE E ANIMARE L’INCONTRO DI PREGHIERA È L’UFFICIO DIOCESANO PER LA PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO. IN QUESTO CALOROSO ABBRACCIO SI VOGLIONO RICORDARE SOPRATTUTTO LE DONNE IN CONDIZIONI DI SOFFERENZA E QUELLE MENO VALORIZZATE E RISPETTATE. La celebrazione della Festa della Donna risale ai primi anni del ’900, promossa da numerosi movimenti femminili al fine di affermare l’uguaglianza sociale tra uomo e donna, rivendicando pari opportunità. La storia del Ventesimo secolo attesta la volontà della donna di riappropriarsi di se stessa, della propria dignità, di occupare il posto che le compete nella società, di valorizzare le competenze specifiche e le attitudini naturali che ne esaltano l’originalità. L’Organizzazione delle Nazioni Unite accoglierà le tante istanze di affermazione femminile in Europa e nel mondo, designando il 1975 quale Anno internazionale delle Donne e scegliendo definitivamente l’8 marzo quale data della Giornata Internazionale della Donna. Questo tributo per i credenti è coerente con la verità sulla donna che è rivelata dalle pagine della Genesi (2,16-25) che ne descrivono la creazione e che spiegano quale è stato il motivo che ha spinto Dio a creare la donna. “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”: in queste parole è racchiuso tutto il mistero della persona umana-donna. L’esistenza della donna è richiesta perché l’umanità della persona raggiunga in pienezza il suo bene. Solo la donna rende possibile quella comunione delle persone che le fa uscire dalla solitudine. La creazione della donna è la risposta a questo bisogno e il significato del suo esserci possono essere racchiusi in due affermazioni fondamentali. La donna è una persona umana pari nella dignità alla persona umana-uomo, perché partecipe della sua stessa natura. Ma la donna è anche una persona umana diversa dall’uomo ed è a causa di questa diversità che l’uomo esce dalla sua solitudine e si costituisce la comunione delle persone. L’umanità si realizza in due modalità di uguale dignità, ma diverse nella loro interiore configurazione: la mascolinità e la femminilità. Possiamo dunque dire che la solitudine dell’uomo di cui parla il testo biblico, non significa solamente la scoperta che la persona fa di essere diversa da ogni altro vivente, ma anche la scoperta della sua vocazione ad essere in comunione con un’altra persona. Il Magistero della Chiesa ha elevato la donna e ne ha esaltato il ruolo e la vocazione. Nel 1965 Paolo VI, nei Messaggi della Chiesa al mondo, scrisse alle donne di ogni condizione sociale, affidando loro il compito di “salvare la pace nel mondo” e di “riconciliare gli uomini con la vita”.

Nel 1988 Giovanni Paolo II, con la Lettera apostolica Mulieris Dignitatem, ha voluto rendere omaggio alla dignità e vocazione della donna, contribuendo così a rafforzare la sua missione nella vita della Chiesa e nella società: “La Chiesa, dunque, rende grazie per tutte le donne e per ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate a Dio nella verginità; per le donne dedite ai tanti e tanti esseri umani, che attendono l’amore gratuito di un’altra persona; per le donne che vegliano sull’essere umano nella famiglia, che è il fondamentale segno della comunità umana; per le donne che lavorano professionalmente, donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale; per le donne perfette e per le donne deboli”. Nel 1995, con la sua Lettera alle donne, ribadisce la gratitudine per la donna impegnata nella vita sociale, politica, culturale e artistica, capace di portare ricchezza di umanità nell’ambito politico ed economico. Nel 2013 Papa Francesco, nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, sottolinea che la Chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna nella società per la sensibilità, l’intuizione e le capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini. Se è vero che nell’arco di questi ultimi decenni, accanto ad altre trasformazioni culturali e sociali, anche l’identità e il ruolo della donna, nella famiglia, nella società e nella Chiesa, hanno conosciuto mutamenti notevoli, e in genere la partecipazione e la responsabilità delle donne è andata crescendo, si può riconoscere che la meta finale è ancora da raggiungere. Questo è ancor più vero guardando alla situazione della donna in altri contesti e culture (pregiudizi, sfruttamento, umiliazione). Allora la Festa della Donna è occasione per sentirci responsabilizzati a fare nostro l’invito di Papa Francesco nell’Esortazione apostolica: “C’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Perché il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali”. Gian luigi Giorgetti (incaricato per la Pastorale sociale e del lavoro)

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO Da alcune lettrici di Pennabilli abbiamo ricevuto questo pensiero rivolto ad un’amica, Adriana Giulianelli, scomparsa recentemente e improvvisamente, lasciando in tutti coloro che l’hanno conosciuta, un grande vuoto. Cara Adriana, te ne sei andata via, in punta di piedi, così come è stata la tua vita piena, intensa, discreta, semplice, dedita all’amore di Gesù e della nostra Madonna delle Grazie sempre presenti nelle tue preghiere ricevendo conforto, fiducia, serenità, protezione per i tuoi cari. Ogni tuo gesto, ogni tua parola erano dettati dall’amore, dall’amore verso la tua famiglia e verso coloro che avevano bisogno e si sentivano sollevati e incoraggiati dalla tua disponibilità incondizionata e dalla tua dedizione. Ed è per questo che tutti, nessuno escluso, hanno voluto accampagnarti in un unico, grande abbraccio, nel tuo ultimo viaggio che ha segnato, vogliamo fortemente credere, l’inizio di una nuova vita accanto a Colui che tanto hai amato e ai tuoi genitori che precocemente hai perso e che hai dovuto sostituire nella cura dei tuoi fratelli. Ora quelle ali che immaginavamo di vedere, tanto era grande il tuo amore verso tutti, si sono dispiegate e da lassù avvolgono tuo marito, i tuoi figli e i tuoi amatissimi nipoti, come un angelo custode che giorno e notte veglia su di loro e magari anche su di noi che serberemo sempre, per te, un posto nel nostro cuore. le tue amiche


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DAL MEDIO ORIENTE

Il feretrano Filippo Di Mario da tanti anni in Medio Oriente ci invia una testimonianza toccante della drammatica situazione che vivono i cristiani nella martoriata terra irachena

La gente cerca una parola che dia senso alla sua vita Iraq, 18 dicembre 2014 Vorrei tanto essere capace come facevano le mie sorelle di disegnare, tagliare, imbastire i modelli di carta per farli provare prima di trasferirli sulla stoffa buona... ... Perché tanti viaggi dietro a lunghe file di camion cisterne piene di petrolio, i tanti greggi e panorami che mi fanno risuonare l’infanzia, i tanti letti che continuiamo a cambiare, la dolma, il laban (yogurt fresco), le kuleche (dolci natalizi con noci, datteri e cocco) e i vari cibi che ci alimentano, i tanti volti dei cristiani in ritirata e quelli del popolo curdo e sciita in avanzata, i continui posti di blocco dove ci chiedono i documenti e quelli dove basta dire che siamo cristiani che ci fanno passare, le tante croci e vittorie di Gesù nella vita di questa gente, le tante volte che veniva a meno la luce in mezzo alla predicazione, i peccati dei fratelli e nostri che ci hanno percosso e svegliati, la Parola, la Misericordia, le ispirazioni che abbiamo ricevuto e travasato, le tante accoglienze e consolazioni che abbiamo ricevuto, il rifiuto inspiegabile clericale-religioso nonostante vedano le chiese svuotarsi, la fiducia che Patriarca e Vescovi ripongono in questa pastorale del cammino neocatecumenale che prepara l’ovile per riaccogliere le pecore smarrite e ferite... l’abbondanza di beni che vediamo arrivare dalla CEI e da tante oraganizzazioni verso questi popoli. Tanti e tanti fatti degli ultimi mesi IMBASTITI fra loro potrebbero far intravvedere qualcosa dell’abito celeste che Dio è in corso di preparare a questa storia. Faccio solo qualche accenno. Quando ad aprile avevamo bisogno di coppie di catechisti che collaborassero con noi diversi di loro non potevano perchè avevano impegni più prioritari come il lavoro, la scuola, ecc. Quando già a giugno si avvertiva l’avanzata dei miliziani dell’ISIS, i fratelli mi hanno ricordato che avrei pregato così: “Signore manda queste bande fin qui a dare una SMOSSA a queste città bivacco dove i cristiani vivono come chi è all’aereoporto in lista di attesa...!!!”. Quando hanno visto che i combattenti dell’ISIS travolgevano tutto e si avvicinavano ad Erbil, la SMOSSA l’hanno sentita molto forte e si sono trovati tutti con le valigie in mano senza sapere che direzione prendere. Quando poi il loro paese di Ankawa è stato raggiunto da maree di cristiani in fuga hanno cominciato a riflettere che po-

(prima parte)

tevano benissimo essere loro sulla strada a chiedere un alloggio! Questa “visione profetica” dell’Avvento di Dio che arriva come un ladro di notte li ha fatti uscire da se stessi e così da agosto ad oggi, con la grazia di Dio che ha sovrabbondato, siamo riusciti a fare circa 20 équipes per portare la buona novella fra gli sfollati del Kurdistan e di Bagdad... In queste “uscite” abbiamo incontrato tanti preti sparpagliati fra la gente e lì senza problemi di frontiere giurisdizionali abbiamo visto aprirsi nuove strade per il Figlio di Dio. Ogni sera ci arrivano notizie della gioia dei rifugiati raggiunti da questi “angeli consolatori”... Quando dopo qualche anno di cammino con questa gente approfondiamo il senso della croce viene a galla che hanno un cristianesimo ricoperto da ancestrali religioni come la devozione alla dea Astarte, Ishtar per i babilonesi, legata alla fertilità, alla fecondità, alla guerra... Ma la comunicazione e la comunione si vede raramente... Non solo in politica ma anche fra marito e moglie non c’è un punto di incontro... (Tutto il mondo è paese). A volte scherzando gli diciamo: se voi foste in occidente sareste separati da tempo... Quando ad una donna tutta sicura del suo cristianesimo abbiamo chiesto quante volte in trent’anni aveva chiesto perdono a suo marito ci rispose: perché devo chiedere perdono a mio marito? È un deficiente, beve... e non gli ho mai mancato di rispetto!!! Devozioni, devozioni, ma quando si tratta di perdono si vede come l’essenza del cristianesimo non ha radici in noi! Pur avendo tante ragioni e motivi per tali considerazioni capite che la tenebra rimane fitta. E anche se so di dire una cosa non gradevole per molti, questo livello di fede non è in grado di rispondere adeguatamente allo stillicidio dell’emigrazione continua... (né in Iraq né in Italia) davanti al quale né Papa, né Patriarca, né Vescovi, né organizzazioni internazionali possono veramente intervenire su questo cancro penetrato nel corpo di queste chiese orientali. In questa situazione il bene che fa il cammino neocatecumenale sulle persone ci procura spesso uno stato di estasi... perciò anche se arriviamo a notte completamente stravolti, Dio ci dà la grazia di perseverare perché riceviamo una grande paga, la stessa paga che ricevete voi e che ricevono i cristiani in ogni parte del mondo: LA GRATITUDINE.


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IN FESTA CON I SANTI

la coldiretti ha festeggiato il patrono sant’antonio abate Sabato 31 gennaio il S. Padre Francesco ha ricevuto i Dirigenti nazionali della Cordiretti rivolgendo loro un significativo messaggio. Ha richiamato l’importanza del lavoro agricolo e della custodia della terra, in relazione ai problemi dell’ambiente, degli sprechi e alle aree critiche, che sono quelle della povertà e della fame. Problemi su cui il Santo Padre sta preparando un’enciclica per il prossimo autunno. Nel suo messaggio Papa Francesco ha detto, fra l’altro: «Il verbo “coltivare” richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta passione, quanta attenzione, quanta dedizione in tutto questo! Si crea quel rapporto familiare e la terra diventa la “sorella” terra. Davvero non c’è umanità senza coltivazione della terra; non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente. L’agricoltura mostra, dunque, il proprio ruolo centrale. [...]». Così ha continuato il Santo Padre: «L’invito è quello di ritrovare l’amore per la terra come “madre” – direbbe san Francesco – dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la proposta:

custodire la terra, facendo alleanza con essa, affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana. Questo va contro lo sfruttamento della terra, come se fosse una cosa senza rapporto con noi – non più la madre, e poi lasciarla indebolire e abbandonarla perché non serve a niente.

È proprio la storia di questa alleanza che la vostra tradizione incarna quotidianamente: la storia di un’agricoltura sociale dal volto umano, fatta di relazioni solide e vitali tra l’uomo e la terra: relazioni vitali: la terra ci dà il frutto ma anche la terra ha una qualità per noi: la terra custodisce la nostra salute, la terra è sorella e madre che cura e che sana». L’opera di quanti coltivano la terra, dedicando generosamente tempo ed energie, si presenta come una vera e propria vocazione. Essa merita di venire riconosciuta e adeguatamente valorizzata, anche nelle concrete scelte politiche ed economiche. Ogni anno si celebra la Giornata del ringraziamento: a livello locale (Diocesi e Parrocchie) la seconda Domenica di novembre e a livello provinciale verso la metà del mese di gennaio, in prossimità della ricorrenza di Sant’Antonio abate. L’ultima è stata celebrata per la provincia di Pesaro-Urbino domenica 18 gennaio a Lunano con la presenza del nostro Vescovo Mons. Andrea Turazzi e dei Dirigenti provinciali. Lo scopo ovviamente è quello di far riflettere le nostre comunità sulle problematiche sopra accennate e di ringraziare Dio per i doni che vengono dalla terra.

A 200 ANNI DALLA NASCITA DI SAN GIOVANNI BOSCO

FESTA DELLA PARROCCHIA DEI SALESIANI A SAN MARINO Erano duecento anni che aspettavano questo momento! A San Marino nella parrocchia dei “salesiani”, quella di Città, dei Santi Pietro, Marino e Leone, il mese di gennaio si è aperto con i botti di Capodanno e si è concluso con i botti della festa di San Giovanni Bosco. Quest’anno è stato particolarmente sottolineato visto lo scoccare dei duecento anni dalla nascita del santo padre, maestro e amico dei giovani e non solo. Venerdì 30 c’è stato l’incontro con i sacerdoti del vicariato di San Marino che, in occasione della festa di don Bosco, si svolge tradizionalmente nella casa dei salesiani. Aperto con un apprezzato intervento di don Stefano Vanoli, confratello salesiano di Parma, che ha illustrato l’attualità e freschezza del pensiero educativo di don Bosco, oltre che la radicata origine nella Parola e profondità spirituale, si è poi concluso nella tradizionale agape fraterna che ha visto coinvolti tutti i sacerdoti e religiosi intervenuti. Sabato 31 abbiamo rivissuto alcuni degli aspetti caratteristici dello spirito di don Bosco: l’allegria e la comunità. Nel salone-teatro dell’Oratorio si è svolta una partecipatissima serata, più di cinquecento tra bambini, ragazzi, giovani e adulti, hanno dato vita ad un momento di famigliare allegria che tutti ha coinvolto in modo trasversale. Tutti si sono messi in gioco in un

“talent show” senza vinti e vincitori ma dove per tutti c’era la gioia di essere presenti e di dare la propria carica di simpatia e talentuosa partecipazione. L’apice della “tre giorni” è stata domenica 1 febbraio con la celebrazione eucaristica solenne di san Giovanni Bosco, presieduta dal nostro vescovo mons. Andrea Turazzi che nell’omelia ha ripreso un brano emblematico della vita del santo: il primo incontro con Bartolomeo Garelli, un fanciullo del suo tempo, emblema dello stile e spirito d’accoglienza che deve permeare anche oggi il rapporto educatore-educando a tutti i livelli e situazioni. E dopo aver celebrato alla mensa della Parola e dell’eucarestia la gioia per il dono che il Padre ha fatto a tutta la Chiesa di don Bosco, abbiamo continuato con il pranzo comunitario che ancora una volta ha visto familiarmente tutti coinvolti dai piccoli fino agli adulti, vescovo compreso che ha pranzato al tavolo con alcune famiglie. Musica, allegria e famigliarità hanno fatto da corona proprio come ai tempi del santo torinese. Possiamo dire che nonostante i duecento anni don Bosco si fa ancora sentire e, forse proprio per l’esperienza di duecento anni sulle spalle, ha ancora tanto da dire ai giovani e agli adulti del nostro tempo.


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ATTUALITÀ

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA VICENDA DI CÀ RAFFAELLO Siamo tutti consapevoli del dramma che ha colpito prima di tutto una famiglia, poi la diocesi di Arezzo e tutto il paese di Cà raffaello, isola toscana all’interno del nostro territorio e della nostra diocesi, per la scomparsa tuttora misteriosa, di una madre di famiglia: fatto nel quale è indagato dalla Magistratura anche un frate Premostratense di nazionalità congolese e che prestava servizio in quella Parrocchia assieme ad un altro Confratello. Non passa giorno che televisioni e quotidiani facciano articoli e servizi in merito, aumentando nella popolazione amarezza, sconcerto, rabbia, delusione, nei confronti della Chiesa e dei pastori. Purtroppo, senza voler entrare in merito a colpe e responsabilità, tanto meno sulle indagini dalla Magistratura, tali eventi richiedono a ogni cristiano battezzato una profonda riflessione che vada al di là della semplice notizia giornalistica che sia o meno volutamente scandalistica. Allora ecco alcune considerazioni:

Dobbiamo pregare per le vocazioni sacerdotali, perché i sacerdoti non sono semplici distributori di servizi religiosi, ma sono gli amici di Cristo, coloro che lo amano e lo fanno conoscere e sono quindi dono di Dio che va invocato e accolto. Per questo il Sacerdote non può essere merce di conquista affettiva da parte di nessuno. Occorre essere molto riservati e pregare per loro, aiutandoli a conservare la loro consacrazione e il loro celibato, in modo che nella risposta di fede dei fedeli trovino e riscoprano ogni giorno i motivi profondi della loro donazione. Dobbiamo essere orgogliosi non solo di avere il Sacerdote, ma dovremmo essere orgogliosi di avere un santo sacerdote e aiutarlo con la nostra vicinanza e la nostra preghiera a tendere alla santità, e a essere in questo modello per tutto il popolo di Dio. Dobbiamo essere molto attenti a non infangare i sacerdoti con le critiche, le calunnie, i giudizi temerari, gli allettamenti,

perché dopo averlo infangato i primi ad averne disgusto saremmo proprio noi. Anche il Sacerdote è soggetto a debolezza: quando dovessero emergere comportamenti peccaminosi e scandalosi, non reagiamo con una presa in giro triviale, ma sentiamone tutta la sofferenza e il dispiacere, così come un padre o una madre soffrono per gli errori dei propri figli e così come fa Dio con il peccato di ciascuno di noi, aiutandoli se possibile anche con il richiamo e la correzione fraterna. Certamente, la vicenda di Cà Raffaello è motivo di sofferenza non solo per quella popolazione, ma per tutti coloro che sentono la propria appartenenza alla Chiesa. Ma in questa prospettiva non allontaniamoci dalla Preghiera, dai Sacramenti, dalla Chiesa, ma cerchiamo di essere migliori noi per migliorare tutto il Corpo ecclesiale. Il Signore ci illumini in questa ora delle tenebre, ci aiuti e ci benedica. Mons. elio Ciccioni Vicario generale della Diocesi di San Marino-Montefeltro

NOVAFELTRIA Circolo cinematografico “Santa Rita” Presso la Parrocchia di Novafeltria, dallo scorso anno, un gruppo di volenterosi genitori insieme al parroco don Mirco ha creato il Circolo Cinematografico Santa Rita, riportando in vita il “vecchio” cinema Montefeltro attivo già dai primi anni ‘80. Da più parti la comunità parrocchiale era stata invitata a prendere in considerazione l’ipotesi di riaprire la sala cinematografica per dare uno spazio ricreativo alle nuove generazioni e da questa richiesta, che per molte famiglie rappresenta anche una necessità educativa per i figli, è nato il nostro progetto. È stato dunque costituito un Circolo Cinematografico (regolarmente iscritto all’ANCCI) con l’obiettivo principale di proporre ai giovani una programmazione cinematografica appropriata alla loro età e ai loro interessi; tale programmazione include cineforum e rassegne cinematografiche a tema, con adeguati contenuti (sociali, religiosi, morali, …) e tenendo sempre in considerazione gli aspetti estetici e tecnici e l’appropriatezza del linguaggio. Per sostenere le attività del Circolo e per accedere alle proiezioni è necessario dotarsi di una tessera associativa annuale che ha il costo di € 5 e che comprende anche la visione di un film a scelta, per tutti gli ingressi successivi è invece richiesto un piccolo contributo di € 3,50. Dopo un anno di attività, possiamo affermare con una certa soddisfazione, che la risposta della comunità è stata molto positiva e ci incoraggia a proseguire in questa direzione. Domenica 22 febbraio, ore 15,30 FIREPROOF Sabato 7 marzo, ore 21 SAVING MR. BANKS Domenica 15 marzo, ore 15,30 GOOOL!


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DALLE ISTITUZIONI

NOTIZIE FLASH DA SAN MARINO La Segreteria di Stato agli Affari Esteri informa che il Servizio informazioni delle Nazioni Unite a Ginevra organizza – dal 6 al 17 luglio prossimi – la 53ª edizione del Programma di studio post-laurea al Palais des Nations. Il seminario, riservato a un gruppo qualificato di studenti provenienti da tutto il mondo, offre l’opportunità di approfondire la conoscenza del sistema delle Nazioni Unite. Il tema di quest’anno sarà: “Dagli obiettivi del Millennio a quelli sostenibili: delineare nuovi obiettivi di sviluppo per il futuro che vogliamo”. Il Programma esaminerà il ruolo delle Nazioni Unite nella ricerca di soluzioni multilaterali a questioni globali, attraverso una serie di lezioni e presentazioni a cura di personale ed esperti delle agenzie con sede a Ginevra. Informazioni dettagliate sul Programma, sulle condizioni di partecipazione e sul processo di selezione sono disponibili al seguente indirizzo: http://www.unog.ch/80256EDD006AC19C/% 28httpPages%29/8E865A1942E8E45B80256 EF30034C255?OpenDocument Le domande, da compilarsi online, dovranno essere inoltrate entro e non oltre il 27 febbraio 2015. I candidati prescelti saranno successivamente informati (entro la metà del prossimo mese di aprile). *** Nell’esprimere grande soddisfazione per la conclusione dell’iter legislativo della legge di riforma del Catasto, da molti anni attesa e da tanti sollecitata, desidero innanzitutto ringraziare tutti coloro che hanno collaborato con professionalità e dedizione per il conseguimento dell’obiettivo. È stato un lavoro di

squadra, in modo particolare tra la Segreteria di Stato Territorio e Ambiente e l’Ufficio competente. Una riforma avviata dal mio predecessore, Matteo Fiorini, che sin dall’inizio ha impostato il lavoro sulla base della più ampia condivisione e partecipazione di tutti coloro che erano disposti ad offrire il loro contributo, proprio per la grande valenza dello strumento ed il suo impatto sulla collettività. [...] Credo sia importante ribadire inoltre, per fugare voci artatamente diffuse, che il fine della riforma del Catasto non è stato e non è certamente quello di introdurre nuove tasse, bensì di gettare i presupposti per una applicazione più equa del sistema di tassazione vigente. Se fosse come dicono i detrattori (non molti, per fortuna!!!) nessuno Stato avrebbe modificato negli anni la normativa sul Catasto. Gli effetti della riforma non saranno immediati ma si vedranno tra qualche anno, così come sarà necessaria l’adozione di tutta una serie di misure applicative per la quale garantisco sin d’ora la massima apertura, al fine di raggiungere il massimo livello di condivisione nella loro definizione. *** La Segreteria di Stato agli Affari Esteri informa della Nota pervenuta dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale circa l’avvenuta conclusione dell’iter di ratifica dell’Accordo in materia di collaborazione finanziaria, sottoscritto il 26 novembre 2009 fra San Marino e l’Italia. Ai sensi dell’art. 5 dello stesso, l’Accordo è entrato in vigore il 26 gennaio scorso, contestualmente all’Accordo in materia di coope-

Un bimbo della nostra Diocesi ha scritto al Santo Padre una lettera ricevendo dalla Segreteria di Stato il messaggio che pubblichiamo di seguito

razione economica del 31 marzo 2009. Il Segretario di Stato Pasquale Valentini esprime la viva soddisfazione del Governo sammarinese e sua personale per questo significativo e incoraggiante traguardo, che apre il Paese a nuove prospettive di sviluppo e consolida ulteriormente il rapporto bilaterale fra i due Stati, nell’ottica di una collaborazione sempre più intensa ed efficace improntata alla massima trasparenza. Questo ulteriore adempimento da parte italiana arriva ad appena un mese di distanza dall’inclusione di San Marino nella white list fiscale e all’indomani della visita degli esperti del Fondo Monetario Internazionale che, nella loro relazione conclusiva, hanno valutato positivamente gli importanti riconoscimenti ricevuti dal Paese in ambito internazionale e la conclusione degli accordi rimasti in sospeso con l’Italia, incoraggiando il Governo a proseguire in questa direzione per far emergere un nuovo modello di sviluppo che favorisca una ripresa economica e l’avvio di nuove attività imprenditoriali. *** Ha avuto luogo oggi [28 gennaio 2015; ndr] a Palazzo Begni, l’incontro degli esperti del Fondo Monetario Internazionale con la stampa, al termine della verifica annuale sulla situazione economica sammarinese. La delegazione, in Repubblica dal 19 gennaio, ha stilato la propria “Dichiarazione conclusiva della missione” prendendo in esame i diversi ambiti del sistema economico, per i quali ha avuto modo di confrontarsi con Banca Centrale e i principali istituti di credito, oltre ai Responsabili politici di Esteri, Finanze e Industria. Il capodelegazione, Alexander Tieman, ha riferito dei progressi significativi compiuti da San Marino al fine di normalizzare le relazioni internazionali e uscire dalla recessione; ha espresso apprezzamenti per la recente inclusione nella white list fiscale italiana e per la conclusione degli accordi con l’Italia in ambito economico-finanziario, quali segni evidenti di un’economia in fase di stabilizzazione. La crescita nel medio-termine, benché modesta, ci sarà, ha rassicurato Tieman: andrà di pari passo con il miglioramento delle relazioni con la vicina Italia e dovrà rapportarsi con i rischi di uno sviluppo al ribasso nell’intera eurozona. […] Valutando fondamentale l’impegno costante verso l’apertura, la trasparenza e la collaborazione con gli Organismi internazionali e con gli Stati, in particolare gli sforzi nella lotta al riciclaggio, il FMI ha indicato come fondamentale in questo processo il ruolo di Banca Centrale, che deve essere sostenuto e rafforzato. Il portavoce del FMI ha raccomandato infine di proseguire nella cooperazione a livello internazionale, a partire dai riconoscimenti internazionali già in atto, quale condizione essenziale per fare emergere un nuovo modello di sviluppo che favorisca l’avvio di nuove attività imprenditoriali.


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