DIGIMAG 39 - NOVEMBRE 2008

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“11/10 in apnea” si è sviluppato mentre capivamo come lavorare insieme e mentre percorrevamo le varie tappe del Premio Scenario, è stata la fatica di un anno intero, la nostra adolescenza di gruppo in cui capire cosa volevamo fare, in un certo senso la gestazione di tutto ciò che adesso è Teatro Sotterraneo.

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Sul testo in quanto tale abbiamo lavorato in modo plurale, in quell’anno si definiva un atteggiamento verso la parola che poi si è conservato: usarla ma senza darle centralità, affermare un discorso ma evitando l’uso di un personaggio psicologico e di una narrazione; da questo affiora il ritmo, perché se si usa la parola come corpo, suono e concetto, e la si innesta in un oggetto multiplo, facendone un componente al pari di altri quali fisicità, oggettistica, movimento, scelte foniche e illuminotecniche ecc., allora la sua funzione non ha a che fare col racconto, la descrizione o l’identikit di un personaggio ma piuttosto con la costruzione di un immaginario, con la proposta di un oggetto-spettacolo che abbia durata limitata nel tempo, che si dichiari come esecuzione di una partitura messa in scena a beneficio di un pubblico, e che contenga un orizzonte di senso e un impianto visivo coerenti, il tutto attraverso un linguaggio autoriale che risulti personale e

Pensiamo abbiano funzionato alcune scene (quella dei suicidi su tutte) e l’idea di un gruppo che lavorasse in modo orizzontale su un progetto di creazione originale, senza appoggiarsi a testi precostituiti, usando la parola ma senza fare “drammaturgia”, mettendo in campo una serie di strumenti e direzioni di lavoro che al tempo avevano anche forme caotiche e accumulative ma che, pensiamo, lasciavano intravedere prospettive di crescita. Possiamo dire che 11/10 , a parte lo spettacolo in sé, ha funzionato come presentazione di un progetto di gruppo di lavoro, ha fatto sì che numerosi operatori del settore credessero nel nostro operato, riconoscessero un potenziale e vedessero in questo una possibilità di futuro.

riconoscibile come “linguaggio di Teatro Sotterraneo”. Anche nel metodo “11/10” ha gettato le basi di un modus operandi che continua: il parlato , così lo chiamiamo noi (lo preferiamo a testo o simili), è prodotto in diversi modi: viene buttato giù a tavolino dal dramaturg e

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