Cultura commestibile 155

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30 GENNAIO 2016 pag. 10 Cristina Pucci chiccopucci19@libero.it di

S

i va a visitare la villa dove è vissuta fino alla morte, avvenuta nel 1982, Elisabeth Chaplin, pittrice di origine inglese, cui è dedicata una intera stanza alla Galleria d’Arte Moderna di Pitti. “Il treppiede” si chiama, è a San Domenico, ci accompagna alla ricerca delle sue tracce e dei suoi quadri l’attuale proprietario, Riccardo Tendi Cobianchi, dell’omonima ditta distributrice di ferramenta. Ci racconta che nel 1971 suo padre andò a vivere in una colonica attigua alla villa e che avendo visto più di una volta un uomo scavalcare la rete di cinta del giardino decise di avvisare di ciò la proprietaria, l’anziana Elisabeth che, serena, gli rispose “è il mio Armando..” il contadino-giardiniere che si occupava di campi e olivi. Si avviò così una conoscenza rinsaldatasi nel corso degli anni, l’anziana pittrice viveva da sola in quella che era stata una splendida magione in maniera del tutto spartana, cucinava poco e se mai su fornelli a carbone, spesso il signor Cobianchi le portava pietanze pronte. Dipingeva, dipingeva sempre, tutto il giorno, alla sua morte c’erano così tanti quadri da far ritenere opportuna la distruzione di un gran numero di essi per non infiacchire la valutazione delle tante sue tele donate alla Galleria d’arte Moderna di Pitti e il loro valore sul mercato. A 90 anni decise di farsi intervistare da Giuliano Serafini, cui si deve la più ampia monografia su di lei, e ,ogni volta che si vedevano, gli regalava un quadro. Lasciò in eredità villa ed opere al Comune di Firenze, in seconda istanza all’Ambasciata Francese, ma gli eredi legittimi, sia pur non diretti,impugnarono il testamento e, vinta la causa, misero il tutto in vendita. La villa è completamente rinnovata,segnalo solo l’impareggiabile terrazza sul tetto da cui si vedono le ridenti colline contigue a tutto tondo e, un po’ più in basso, Firenze con il suo inconfondibile sky-line mozzafiato. La vecchia limonaia, che era lo studio della Chaplin, porta sulla facciata, restaurate, varie case di piccioni in legno, l’artista amava gli animali,che spesso compaiono nei suoi quadri. In fondo al giardino piccole lapidi dei suoi amati cani defunti. E’ qui,in questa costruzione, sia pur rimessa a nuovo,

La villa di Chaplin

che si trovano, numerose, le tracce di Elisabeth. Su un tavolo scatole dei suoi colori, gessetti e pastelli, poi le scale...ai muri quadri, se non gli stessi, simili e nella stessa disposizione di quelli che c’erano , ritratti di Nenette, della madre ed Ida Capecchi ( Riccardo dice sia stata l’Istitutrice, fu invece la donna della sua vita) un autoritratto, delle foto. Il muro delle scale predi

Sergio Staino

C’è chi disegna per raccontarci storie, chi per spiegarci le cose, chi per trasmetterci emozioni e chi, come Franco Matticchio, per regalarci il segno. Ho sempre pensato che la prima ragione che spinge Franco a disegnare sia proprio il piacere di tracciare dei segni. Io lo capisco, è un lavoro bellissimo: è bella la superficie della carta, è bello il suo profumo ed è bello il leggerissimo sfrigolio che si emana dal passare il pennino su di essa, ed è bello vedere il segno che cammina, che si muove, che si incespica, che svolta repentino, che si allarga, si assottiglia e costruisce immagini. Immagini che fino a che non sono compiute neanche lo stesso autore sa con precisione come saranno; neanche l’autore sa con precisione se e quanta

senta disegni di grandi fiori molto belli, altri affreschi o accenni di decorazioni compaiono qua e là. Alcune curiosità, c’è un tavolinetto rotondo che serviva per le sedute spiritiche, molti scritti,occupano 7 volumi, sono dedicati a “I dialoghi con i morti”, la sua libreria , riacquistata ad un’asta, conserva dei libri in cui è stata pubblicata una parte della sua imponente

Nel segno di Matticchio poesia riusciranno ad emanare. Credo che la poesia visiva che riesce a costruire Matticchio abbia di per sé un grande valore e che se anche si fermasse qui, già questo avrebbe ampiamente ripagato il lavoro necessario al disegnarla. Ma ovviamente non si ferma qui, poi entra la dolcezza, la tenerezza

e poliglotta corrispondenza (sei valigie piene da cui sono state tolte le lettere ad artisti e letterati di chiara fama) ,ne cura la trascrizione e traduzione Alan Bullock. Residuano molti altri “fogli” con le poesie di Marguerite, madre di Elisabeth. Molti i suoi quadri alle pareti compreso l’ultimo ,dipinto il giorno prima di morire, nature morte,una mostra le vecchie mattonelle dipinte da lei sullo sfondo, paesaggi fiesolani,altri ritratti. delle cose che Matticchio rappresenta, persone, animali, cose che tutte insieme ci raccontano delle minime storie, sufficienti però a farci scaturire un sorriso, a darci un tocco di tenerezza. Silenzioso come Altan e timido quanto Ellekappa, Franco Matticchio vive schivo nella cittadina di Varese dalla quale è difficile spostarlo, ma al contrario di lui i suoi disegni viaggiano per il mondo. Partito da “Linus” ha girato molti periodici italiani. Apprezzatissimo in Francia è arrivato poi sulla copertina del New Yorker. I suoi disegni sono stati usati in dolcissime animazioni: dai titoli di testa del film di Benigni “Il Mostro” ad un breve spot che diffonde i principi etici di Legambiente. Una mostra e un incontro davvero da non perdere quello di sabato prossimo.


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