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Il modello organizzativo
È stata già evidenziata l’importanza dell’adozione, da parte dell’ente, del modello organizzativo, unica chance riconosciutagli per poter evitare le conseguenze sanzionatorie nel caso di commissione di reati da parte delle proprie figure apicali o dei loro sottoposti.
Giova riepilogare quali sono le condizioni la cui sussistenza, a mente dell’art. 6 del D.Lgs. 231/2001, deresponsabilizza l’ente: –l’adozione, prima della commissione del reato, di un modello organizzativo efficiente a prevenire il reato verificatosi; –la previsione di un efficace organismo di controllo che vigili sull’applicazione e sull’osservanza del modello; –l’elusione fraudolenta del modello da parte degli autori del reato; –che non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organo di controllo.
Come si è detto, l’adozione di un efficace modello di vigilanza, pur non essendo obbligatoria, è riconosciuta dalla legge come esimente della responsabilità dell’ente, configurandosi, in caso contrario, quella colpa da organizzazione che espone l’ente a conseguenze sanzionatorie.
Il compito di adottare il modello organizzativo (si ripete, di natura facoltativa e non obbligatoria) spetta agli amministratori, senza che il D.Lgs. ricolleghi alla mancata adozione alcuna sanzione.
Va però evidenziato che, nel caso in cui l’ente sia sottoposto a sanzione, potrebbe configurarsi una responsabilità degli amministratori verso l’ente stesso, in quanto la mancata adozione del modello avrebbe impedito all’ente di essere esonerato dalla responsabilità.
Sotto quest’ultimo profilo, sarà quindi specifico interesse degli amministratori impegnarsi nella predisposizione del modello organizzativo, al fine di evitare o limitare la propria futura responsabilità. È lecito chiedersi a tal