CSRoggi Magazine – Anno 7 - n.2 Marzo/Aprile 2022

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Per una corretta divulgazione del mondo della Sostenibilità

Comunicazione Sociale Responsabile

Periodico bimestrale – Anno 7 – N. 2 – Marzo/Aprile 2022

Questo numero è dedicato all’innovazione digitale

STEFANO CETTI

MM: «Ci prendiamo cura di Milano e dei suoi abitanti» Lo sviluppo di tecnologie avanzate permetterà una gestione sempre più efficiente in termini di qualità del servizio e un miglioramento delle prestazioni ambientali, con riduzione degli sprechi e facilitazione dei processi di efficientamento. Amministrazione ATTILIO FONTANA Regione Lombardia

Aziende BARBARA TERENGHI Edison

Terzo settore STEFANO EPIFANI Fondazione per la Sostenibilità Digitale

Lombardia infatti: il valore dell’accountability pubblica

Obiettivo: essere leader nella transizione energetica

Digitalizzazione e sostenibilità, facce della stessa medaglia


PACCHETTO ENERGIA

IMPRESE LOMBARDE 64 milioni di euro per

Artigiani

Commercianti

Impianti sportivi

Per compensare l’incremento dei prezzi dell’energia, Regione Lombardia ha stanziato 64 milioni a sostegno degli interventi di efficientamento energetico in tre diversi settori. 9,6 milioni di euro sono dedicati alle imprese del commercio, della ristorazione e dei servizi, 22,3 milioni di euro sono destinati alle imprese artigiane del settore manifatturiero e 32 milioni di euro sono riservati agli operatori economici che gestiscono impianti natatori e del ghiaccio e che rischiano il fallimento o l’interruzione dei servizi. INQUADRA IL QRCODE

Per informazioni vai su: www.regione.lombardia.it


Editoriale

di Bruno Calchera / Direttore Responsabile di CSRoggi

Innovazione digitale a tutta forza

SOMMARIO

È

Pagina 5 Chi siamo

indispensabile tener presente che ogni processo innovativo nell’attuale contesto di trasformazione parte e viaggia attraverso la sostenibilità digitale.

Pagina 6 Emissioni gas a effetto serra, l’Italia è in ritardo Pagina 8 La mission di MM: «Prenderci cura di Milano e dei suoi abitanti»

Viviamo un momento pieno di incognite: la guerra ha introdotto variabili di cui tener conto. Erano impensabili all’inizio dell’anno. Ora tutti ne siamo coinvolti anche se non compaiono tutti gli effetti che questo cataclisma provocherà anche nel nostro Paese. Questo numero di CSRoggi propone grandi opportunità di conoscenza: MM spa e il suo Direttore Generale Stefano Cetti e Regione Lombardia con le parole del Presidente Attilio Fontana. Abbiamo già avuto modo di presentare Open Report, questa volta, attraverso queste due grandi istituzioni sarà possibile valutarne l’efficacia e la versatilità per la comunicazione della Sostenibilità in modo innovativo. La Fondazione per la Sostenibilità Digitale presieduta da Stefano Epifani offre ai lettori di CSRoggi un servizio dedicato alla loro ultima presentazione, il 22 aprile scorso L’intervento di Barbara Terenghi per Edison è davvero importante: si può ben comprendere non solo la “filosofia” dell’azienda ma l’effettivo impegno, ormai consolidato negli anni, per un cammino sostenibile, tenendo ben presente sia l’Agenda 2030, sia l’impatto sul territorio. Fabio Fraticelli di Techsoup ripropone l’immensa sinergia tra profit e non profit.

Pag. 16 Edison: che cosa vuol dire essere leader nella transizione energetica Pagina 22 Techsoup: «Sosteniamo la maturità digitale del Terzo settore» Pagina 28 IBM, la sostenibilità è da sempre parte della strategia aziendale Pagina 30 Granarolo: «Il nostro slogan è: produrre di più consumando meno»

Il Sistema Salute in Italia ha un suo protagonista in Janssen Italia e la necessità di essere sempre pronti per emergenze sanitarie.

Pagina 36 Janssen, una sanità all’insegna della “RInnovAzione”

Le criptovalute sono l’oggetto dell’intervento di Tommy Romagnoli: informazioni basic per abbozzare una conoscenza di questo sistema valutario in cui la tecnologia e l’energia la fanno da padrone.

Pag. 46 Regione Lombardia, operazione trasparenza con “Lombardia, infatti”

Digitale sempre di più, e direi anche esigenza energetica sempre più necessaria. Il consumo attuale dell’energia in Italia, non è paragonabile al consumo previsto da tutte quelle trasformazioni introdotte dal PNRR e dalla stessa esigenza delle Imprese di trasformazione. Se le cose in Ucraina non si metteranno a posto abbastanza presto potremo avere problemi – e questo lo dicono tutti – ma lo sviluppo sostenibile richiede innovazioni non rimandabili.

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Pagina 40 Sostenibilità digitale: perché non possiamo farne a meno?

Pagina 52 RigeneraETS.net: fuori dalla pandemia, insieme Pagina 54 Al via un’altra proposta di Direttiva UE sulla sostenibilità Pagina 56 L’insostenibile leggerezza delle criptovalute Pagina 58 Le news e Lupo Solitario Pagina 61 I libri Pagina 62 L’ospite. “Qui si parrà la tua nobilitate”



Il comitato scientifico Elena Busetto

Country CSR & Philanthropy Lead in Medtronic Italia SPA. Coordina, in ambito di responsabilità sociale, tutte le sedi di Medtronic in Italia ed è la referente di Medtronic Foundation per l’Italia.

Gianfranco Fabi Giornalista, già vicedirettore del Sole-24 Ore e direttore di Radio 24. Insegna “Tecniche e scenari della comunicazione economica” all’Università di Castellanza.

Antonio Ive Consulente strategico e docente presso il Politecnico di Milano, in particolare: docente al Master Real Estate Management, al Percorso Executive MIP - Facility Management e al corso Supply Chain Management di Ingegneria Gestionale.

Vito Moramarco

Rafaella Casula

Head of Finance e Sustainability di Havas Pr. Ha un solido know-how nella comunicazione finanziaria e corporate e come consulente di strategie di comunicazione e progetti. Crede fermamente nel leading by example e nella SustainAbility.

Direttore dell’Associazione Città dei Mestieri di Milano e Lombardia.

Direttore dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Segretario dell’Unione lombarda ordini forensi e mediatore professionista. Ha favorito la creazione di una rete di sportelli di assistenza ai cittadini.

Giorgio Fiorentini Professore Associato di Economia Aziendale nell’Università Bocconi di Milano. Docente Senior SDA Bocconi, Area Public Management & Policy. Direttore Master NP&COOP, SDA Bocconi.

Isabella Manfredi CSR Manager, Corporate Communication Manager, Head of External Relation di Feralpi Group. Partecipa a tavoli istituzionali e a progetti sperimentali di ricerca, mantiene relazioni con media, associazioni, influencer e stakeholder sul territorio locale, nazionale e internazionale.

Chiara Mizzi È il Direttore Relazioni Esterne e Philanthropies di Microsoft Italia. Si occupa delle attività di comunicazione, della cura dell’immagine istituzionale dell’azienda e dei rapporti con i media per le aree corporate, consumer e business.

Marisa Parmigiani Responsabile della sostenibilità del Gruppo Unipol dal 2010 e direttrice della Fondazione Unipolis. È Presidente dell’associazione nazionale CSR Manager Network.

Eleonora Pessina

Marco Pietripaoli

Direttore generale di Ciessevi Centro Servizi Volontariato Città Metropolitana di Milano, il cui obiettivo è promuovere, sostenere e qualificare il volontariato milanese in tutte le sue forme.

Editore Com.Expert sas Editore di Calchera Bruno Viale Omero 22 – 20139 Milano Com.Expert sas Editore è iscritta ad AGCOM Direttore Responsabile Bruno Calchera (bruno.calchera@csroggi.org)

Carmelo Ferraro

Professore ordinario di Politica Economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Direttore Divisione Italy and New Markets di Altis.

Inizia il suo percorso professionale in Pirelli nella Direzione Relazioni Industriali Internazionali. Nel 2006 viene nominata Sustainability Manager di Gruppo e, nel 2010, anche Responsabile delle Pari Opportunità.

Paolo Giovanni Del Nero

Periodico bimestrale Anno 7 - N. 2 - Marzo/Aprile 2022 Viale Omero 22 - 20139 Milano www.csroggi.org

Carolina Pellegrini

Libera professionista. Già Assessore alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà Sociale Regione Lombardia.

Direttore Editoriale Ugo Canonici (ugo.canonici@csroggi.org) Caporedattore Luca Palestra (luca.palestra@csroggi.org) Redazione Elide Bonazzi, Sarah Canonici, Laura Ferri, Tommy Romagnoli, Elvira Vigorelli Hanno collaborato Giuseppe De Moliner, Mauro Diluca, Stefano Epifani, Fabio Fraticelli, Andrea Lisi, Isabella Manfredi, Lorenzo Papale, Marco Cristiano Petrassi, Carlo Rho, Cristiana Rogate, Cesare Tinelli, Ylenia Esther Yashar. Impaginazione Lucia Crimi Coordinamento Marketing e Logistica Marco Taverna (marcotaverna@csroggi.org) Servizio Pubblicità Gestito direttamene dall’editore (pubblicità@csroggi.org) Stampa Press UP s.r.l. – Via Amerina 37 01036 Nepi (Vt)

Andrea Razeto Group Head of CSR and Sustainability - Hitachi Rail Group. Direttore per lo sviluppo strategico, promozione, e dei progetti di CSR e Sostenibilità.

Cristiana Rogate

Chiara Ronchetti

Rossella Sobrero

Fondatrice e CEO di Refe-Strategie di Sviluppo Sostenibile, società di consulenza e formazione che lavora su responsabilità sociale, sostenibilità dello sviluppo, trasparenza e partecipazione.

È il direttore Comunicazione e Public Affairs di Janssen Italia, divisione farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson.

Presidente di Koinètica e di FERPI, si occupa di comunicazione sociale e di CSR da 20 anni affiancando alla consulenza l’attività di docenza e di saggistica.

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Service provider Supernova srl – Netsons.com Network Via della Scrofa 58 – 00187 Roma Gestione servizi distribuzione postale Con. Plast srl. Via Po 120 20032 Cormano (MI) Registrazione presso Tribunale civile e penale di Milano n. 186 del 13 luglio 2016

ABBONAMENTI info@csroggi.org Abbonamento annuale semplice: 50 euro Abbonamento annuale sostenitore: 100 euro


L’opinione

di Isabella Manfredi – CSR Manager Feralpi Group

Emissioni gas a effetto serra, l’Italia è in ritardo Tra le imprese europee che stanno riducendo con maggior successo le loro emissioni di gas a effetto serra, solo una minima parte è italiana. Un gap da colmare in fretta, per raggiungere una trasformazione ecologica ed energetica che sappia rispondere all’interesse tanto singolo quanto collettivo.

S

e è vero che l’esibizione di “mostrine ambientali” verso i propri stakeholder è una pratica – sempre molto diffusa in sostenibilità –tanto più vana (e vicino al greenwashing) quanto più disancorata da strategie, azioni e rendicontazione dei risultati, è un fatto che misurare la capacità di un sistema economico di ridurre la propria impronta ambientale risulta quanto mai opportuno. Soprattutto quando, come sappiamo, viviamo in un’Europa con target 2030 davvero sfidanti. La lista delle imprese europee inserite nella lista “Europe’s Climate Leaders 2022” stilata dal Financial Times col supporto delle analisi di Statista, ci restituisce

Isabella Manfredi, CSR Manager Feralpi Group.

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una “mappatura” delle 400 imprese europee che stanno riducendo con maggior successo le loro emissioni di gas a effetto serra (Scope 1 e 2) in relazione ai ricavi nel periodo 2015-2020. Mi si dirà che scrivo questo perché Feralpi è tra le imprese “in lista”. È vero, almeno in parte. Ma resta un fatto che esula dalla singola brand reputation. Il fatto, piuttosto, è un altro. La lista delle imprese ci restituisce una fotografia del nostro Paese che ci vede in ritardo. Dallo scorrere i nomi di queste 400 imprese europee di vari settori emerge che le imprese italiane sono solo 19. A guidare la classifica è il Regno Unito, che presenta ben 120 aziende, oltre un quarto del totale, seguito da Germania (52) e Francia (44). Mi sono chiesta quale fosse una delle possibili ragioni di un simile gap. Ovviamente ve ne saranno diverse, ma credo che il fatto di analizzare i progressi – necessariamente rendicontati e resi pubblici – nell’arco di cinque anni abbia messo fuori gioco diverse realtà che solo molto recentemente hanno avviato un’attività di reporting secondo gli standard internazionali. Fare davvero in modo che ESG non siano solo tre lettere associate liberamente alla comunicazione, ma integrate nelle strategie di business, è un auspicio che vorrei condividere con tutti voi, ma soprattutto con chi, come Feralpi, si basa su un’attività fortemente manifatturiera che è doppiamente chiamata a svolgere un ruolo proattivo nella trasformazione ecologica ed energetica, nell’interesse tanto singolo quanto collettivo.

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Aziende

a cura di Carlo Rho – foto: Polifemo Fotografia

La mission di MM: «Prenderci cura di Milano e dei suoi abitanti» «Lo sviluppo di tecnologie più avanzate non solo permetterà una gestione sempre più efficiente in termini di qualità del servizio, ma anche un miglioramento delle prestazioni ambientali, riducendo gli sprechi e favorendo processi di efficientamento», sottolinea Stefano Cetti, Direttore Generale di MM SpA.

M

M è una realtà unica nel panorama nazionale per tipologia e varietà dei servizi gestiti. Progetta e realizza infrastrutture per la mobilità sostenibile, gestisce l’intero ciclo dell’acqua nella città di Milano e il patrimonio di edilizia residenziale popolare di proprietà del Comune. E da po-

co si occupa della manutenzione del patrimonio comunale di edilizia scolastica, degli impianti di sollevamento a servizio dei sottopassi stradali e degli impianti sportivi. Ne parliamo con Stefano Cetti, Direttore generale di MM SpA. Dottor Cetti, MM è molto cresciuta negli ultimi anni in termini

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di attività e servizi gestiti: ingegneria, idrico, manutenzioni, patrimonio abitativo. Come riuscite a conciliare le tante anime che vi caratterizzano? «Tutte queste attività possono sembrare slegate tra loro, ma in realtà hanno un filo conduttore comune. Mi riferisco alle competenze di ingegneria che da


Stefano Cetti, Direttore Generale di MM SpA.

sempre la nostra società mette al servizio della comunità per sostenerne lo sviluppo e soddisfarne i bisogni. Un compito ancora più impegnativo in una città come Milano, caratterizzata da una forte urbanizzazione e da popolazione in continua trasformazione che accoglie residenti e city user. Se guardiamo al nostro ruolo nel-

la crescita della città, siamo consapevoli di come le nostre attività influenzano la quotidianità delle persone, e quindi ci sentiamo responsabili del loro benessere. Fa parte del DNA aziendale e per noi vuol dire essere capaci di perseguire uno sviluppo che sappia mettere in equilibrio gli obiettivi economici, ambientali e sociali».

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Il fattore “eccellenza ingegneristica” è centrale nell’operare di MM. Come si è evoluta con il crescere degli impegni in settori diversi durante quest’ultimo decennio? «Da quando è nata nel 1955, MM è partner industriale del Comune di Milano nella gestione efficace ed efficiente di attività a elevata competenza, affidate secondo la logica in-house. Come dicevo, l’esperienza maturata in questi anni nel settore della mobilità e delle infrastrutture è diventata lo strumento principale per crescere anche in perimetri di business differenti. Ciò ha portato la società a relazionarsi tanto con la Pubblica Amministrazione, quanto con il cittadino. L’eccellenza nella gestione di problematiche legate al sottosuolo e la capacità di coniugare competenze con finalità sociali hanno reso MM il competence center ideale per il governo del Servizio Idrico Integrato della città di Milano e, successivamente, le hanno consentito di utilizzare il proprio know-how nel campo della gestione dell’Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Milano – compresa la gestione diretta del verde all’interno del patrimonio –, nei settori della manutenzione di edilizia scolastica, sottopassi stradali e im-


Aziende

pianti sportivi, in una logica sempre più multiservizio. Posso dire con un certo orgoglio che MM è diventata una delle più grandi e diversificate società d’ingegneria in Italia, in grado di fornire soluzioni su misura nella progettazione e nella riqualificazione di ecosistemi urbani, riorganizzando servizi, reti, infrastrutture e patrimoni immobiliari pubblici».

L'espansione dei servizi ha portato a nuove tecnologie che promuovono la trasformazione digitale

Tra le vostre attività di gestione c’è quella dell’acqua. Qual è il vostro approccio in relazione alla filiera di questo bene così prezioso e strategico? «L’acqua di Milano si può raccontare in cinque parole: è sicura, grazie al sistema di controlli che cura MM in sinergia con ATS; è sana, perché contiene una giusta quantità di sali necessari all’equilibrio dell’organismo; è conveniente, dato che 1.000 litri di acqua del rubinetto costano solo 80 centesimi; è fresca e sempre disponibile; ed è sostenibile, nel senso che il suo utilizzo riduce notevolmente sia la produzione di rifiuti plastici legati agli imballaggi, sia il loro trasporto. MM si inserisce in questo ciclo virtuoso, gestendo dal 2003 il Servizio Idrico Integrato

della città di Milano e assicurandone l’efficienza e la qualità. Parliamo di numeri importanti: un territorio di 180 km2 con una popolazione di circa 2 milioni di persone e oltre 50mila utenze, quasi 210 milioni di m3 distribuiti nel 2021, oltre 640 fontanelle dislocate in tutta la città e 51 Case dell’acqua, 2 depuratori. Proprio la qualità dell’acqua è uno dei punti di eccellenza della gestione di MM. Vengono effettuati controlli prima dell’approvvigionamento e dell’erogazione nelle Centrali dell’acquedotto e durante la distribuzione presso le fontanelle e le Case dell’acqua, secondo un programma di campionamento

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condiviso con ATS che utilizza metodologie approvate dall’Istituto Superiore di Sanità e risponde alle prescrizioni dell’Ufficio d’Ambito, a cui MM affianca anche campionamenti aggiuntivi nel caso di manutenzioni della rete. Stessa cosa per quanto riguarda i controlli sui reflui e sulle acque depurate che sono condivisi con ARPA e Regione Lombardia secondo un piano di campionamento annuo per ciascun depuratore. C’è poi tanta ricerca e innovazione sia dei processi, sia delle tecnologie per migliorare la qualità del servizio e gestire in modo efficace le reti di acquedotto e fognatura e il sistema di depurazione». La tecnologia può essere un buon supporto per la sostenibilità; qual è la vostra esperienza da questo punto di vista? «La continua espansione dei servizi erogati da MM ha portato allo sviluppo di nuove tecnologie e innovazioni che promuovono la trasformazione digitale delle attività svolte dall’Azienda, con la realizzazione di una piattaforma in cloud IoT in grado di valorizzare i dati raccolti tramite la sensoristica instal-


lata sul campo. Rimanendo sul tema “Servizio Idrico Integrato”, oggi monitoriamo da remoto la qualità dell’acqua grazie ai dati sui consumi raccolti tramite smart meter e a quelli sul funzionamento delle Case dell’acqua registrati attraverso sonde multi-parametriche. Gli utilizzi della piattaforma IoT mirano a sviluppare nel tempo applicazioni operative e strumenti di manipolazione dei dati basate su tecnologie di intelligenza artificiale che potranno essere impiegate ad esempio per la gestione e la manutenzione della strumentazione elettrica e idraulica presso le centrali dell’acquedotto, per monitorare indicatori quali pressioni, volumi e temperature, e per individuare perdite, deformazioni e cedimenti delle reti. Lo sviluppo di tecnologie più avanzate non solo permetterà una gestione sempre più efficiente in termini di qualità del servizio, ma anche un miglioramento delle prestazioni ambientali, riducendo gli sprechi e favorendo processi di efficientamento. Stiamo lavorando non solo per digitalizzare i processi, ma anche per renderli accessibili da ogni dispositivo e luogo in una logica di “azienda aumentata”».

MM SpA

MM nasce come società di ingegneria nel 1955 per progettare e realizzare l’intera rete metropolitana della città di Milano. Oggi MM è un’azienda integrata multiservizio, centro di eccellenza nel settore dell’ingegneria di comprovata esperienza e partner strategico nello sviluppo, nella gestione e riorganizzazione delle città, dei servizi, delle reti, delle infrastrutture e dei patrimoni immobiliari pubblici, in un’ottica di riqualificazione urbana. Nel 2003 il Comune di Milano affida a MM la gestione del Servizio Idrico Integrato, avvalendosi della sua esperienza tecnica e gestionale per migliorare il livello dei servizi legati all’acqua e per promuovere un adeguato piano di manutenzione e d’investimento sulle reti dell'cquedotto e delle acque reflue. Dalla fine del 2014 MM gestisce il patrimonio di edilizia residenziale pubblica di proprietà del Comune di Milano, occupandosi delle attività amministrative, contabili e tecnico-legali, dei rapporti con gli inquilini, della manutenzione ordinaria e non, e della tutela del patrimonio. Nel 2018 MM inaugura la Centrale dell’Acqua di Milano, uno spazio interamente dedicato al tema dell’acqua e della sostenibilità, aperto alla cittadinanza e gratuito. La Centrale fa parte di Museimpresa, la rete degli archivi e musei d’impresa italiani che riunisce i luoghi di eccellenza della memoria tecnica e industriale del Paese. Dal 2020 MM gestisce le attività di facility management e di manutenzione del patrimonio di edilizia scolastica, degli impianti di sollevamento al servizio dei sottopassi stradali e degli impianti sportivi di proprietà del Comune di Milano e affidati in gestione a Milanosport. Ogni anno MM condivide il patrimonio aziendale di innovazione tecnologica e know-how maturato in oltre sessant’anni di attività attraverso la propria accademia di impresa, MM Academy, che organizza corsi di formazione e visite tecniche in collaborazione con gli ordini professionali. (per informazioni: www.mmspa.eu)

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Aziende

L’OpenReport® offre uno sguardo su MM trasparente e originale. Perché avete adottato questo strumento e quali benefici ha prodotto? «Oggi siamo abituati a valutare l’operato di un’azienda non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello ambientale e sociale attraverso la redazione di Bilanci di Sostenibilità e DNF. Anche MM non fa eccezione e dopo aver affinato i processi di rendicontazione abbiamo fatto confluire il patrimonio di informazioni all’interno di un documento unico redatto secondo gli standard internazionali GRI. Una volta assicurata la compliance normativa e predisposta la governance dei processi, un altro aspetto di attenzione e miglioramento è stato come rendere maggiormente accessibile la nostra strategia di sostenibilità. Con OpenReport®, MM si è dotata di uno strumento innovativo e dinamico per condividere il proprio impegno nel garantire servizi

sempre efficienti limitando l’impatto prodotto dalle proprie attività e preservando il territorio in cui opera. Collegato al sito istituzionale, il portale offre una base informativa chiara, verificabile e trasparente sulle performance sociali, economiche e ambientali dell’azienda in termini di valore prodotto per gli stakeholder, creando un legame virtuoso tra comunicazione istituzionale, ac-

Il portale offre un'informazione sulle performance in termini di valore prodotto per gli stakeholder

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countability e dialogo con il territorio. Il cuore di OpenReport® è la “matrice di materialità”, una vera e propria bussola per i naviganti che consente di visualizzare immediatamente la connessione tra i “temi materiali” di MM e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dettata dall’ONU, fornendo poi diversi livelli di dettaglio su risultati di performance, policy, azioni e progetti messi in campo dalla nostra azienda. OpenReport® è un esempio del percorso di digitalizzazione promosso da MM, che vede nella “cultura del dato”, condivisa a tutti i livelli aziendali, la chiave per lo sviluppo del business. Adottare soluzioni per la raccolta, la gestione e l’analisi dei dati permette di prendere scelte strategiche consapevoli e capaci di mettere in relazione tutti processi aziendali, modificandoli per renderli più efficaci e adattandoli ai cambiamenti in modo predittivo. In questo senso, OpenReport® è una finestra sempre aper-


ta sul mondo di MM attraverso la quale si intende valutare dove stiamo andando e soprattutto come lo stiamo facendo». A proposito degli Stakeholder, come dialogano e partecipano direttamente allo sviluppo delle diverse aree di intervento? Che ruolo può avere OpenReport® nel migliorare la relazione tra l’azienda e i diversi stakeholder? «ll coinvolgimento degli stakeholder rappresenta per noi non solo una “responsabilità civica”, ma anche una preziosa opportunità per creare valore condiviso e proseguire nel processo di crescita. Bisogni e aspettative degli stakeholder sono funzionali nella definizione delle attività di sostenibilità e più in generale delle strategie di sviluppo e pertanto sono stati predisposti nel tempo adeguati canali di comunicazione per garantire un dialogo continuo, trasparente e orientato all’inclusione.

Da un lato, la Centrale dell’Acqua (nostro museo di impresa) mette a disposizione un programma culturale gratuito e aperto a tutti per discutere e confrontarsi su temi di attualità come il climate change, la predittività degli scenari, la sostenibilità ambientale, l’economia circolare, la coesione e l’inclusione sociale. Il palinsesto della Centrale è un modo per promuovere

OpenReport ci permette di valutare in tempo reale le nostre performance nei diversi ambiti

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la “cultura politecnica”, capace di coniugare competenza scientifica e sguardo umanistico. Ci sono poi i workshop multi-stakeholder che organizziamo periodicamente per coinvolgerli nell’aggiornamento della nostra “analisi di materialità”, indispensabile per individuare e valutare i temi di maggiore rilevanza su cui concentrare le strategie di sviluppo e che sono oggetto di rendicontazione nei documenti di informativa non finanziaria. In questo scenario, OpenReport® è un canale di condivisione delle informazioni molto diretto, che permette di valutare in tempo reale le nostre performance nei diversi ambiti. Quello che facciamo e come lo facciamo è sotto gli occhi di tutti. Immagino che il nostro OpenReport® possa diventare con il tempo uno strumento bidirezionale attraverso il quale raccogliere i contributi e le opinioni dei nostri stakeholder in modo sistemico».


Aziende

Operate assumendo responsabilità precise su mandato del Comune di Milano. Cosa comporta nella relazione con l’utenza? «Comporta innanzitutto la disponibilità a “metterci la faccia”, ad assumerci l’onere dell’avamposto che, a Milano, è sempre ingaggio diretto, mai differito. Comporta relazioni dirette con i clienti-cittadini, comunicazione di cantiere sempre più precisa, cura delle relazioni con gli stakeholder e con le categorie più fragili. Al Comune, nostro unico azionista, importa che la relazione sia sempre più franca e diretta, con atteggiamenti univoci di prossimità. Ma le responsabilità maggiori vengono assunte in relazione ai tempi di esecuzione dei progetti e – laddove di nostra competenza – delle opere. Una città in costante e rapida trasformazione deve poter garantire tempi certi di attuazione delle opere pubbliche».

Consideriamo una vostra frase sulla “cultura della cura” e sul “principio dell’appartenenza”. Come diventano prassi? Ci può fare qualche esempio? «Oggi l’attenzione di MM si è focalizzata sulla responsabilità di accompagnare la città nel proprio percorso. Nel farlo, mettiamo a disposizione la nostra competenza

La città, per come la conosciamo oggi, rappresenta la vera sfida del secolo prossimo venturo

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ed esperienza nel prenderci cura della città e dei suoi abitanti, partendo dalla piccola manutenzione e traguardando i grandi progetti infrastrutturali. La “cultura della cura” non è un fine ma uno strumento per raggiungere un beneficio reale per tutti. È un posizionamento culturale ampio e maggiormente impegnativo che mette al centro della visione il cittadino e i suoi bisogni di fruitore dei servizi. Il principio di appartenenza che lega il singolo cittadino a questa azienda pubblica nasce da campagne condivise, vere e proprie cause sociali che restituiscano valore etico ai servizi come ad esempio la tutela dell’acqua pubblica, il contrasto al riscaldamento globale, la cura della città, il risparmio e la riqualificazione energetica, la città slow, il riuso degli spazi, la forestazione urbana, eccetera. In concreto, significa garantire gli standard di una buona ed efficiente manu-


co e dell’iperurbanizzazione, le città rappresentano opportunità di sviluppo ma sono anche lo spazio delle potenziali vulnerabilità della contemporaneità. A proposito di opportunità, l’ambito urbano è il terreno utile dove creare ecosistemi digitali integrati, citizen-centred e user-oriented, che traggano linfa da una stessa data platform urbana, ma che allo stesso tempo siano interoperabili tra le città e sfruttino una curva di esperienza comune. La città, per come la conosciamo oggi, rappresenta la vera sfida del secolo prossimo venturo: le sue condizioni di vivibilità, i nuovi modelli di infrastrutturazione e gli ambiti di conurbazione, i nuovi modelli partecipativi per il coinvolgimento narrativo degli abitanti e – infine – lo sviluppo di capacità predittiva di scenario per affrontare eventi traumatici e il consueto stress test quotidiano».

tenzione delle case popolari, degli impianti sportivi, dei sottopassi, delle scuole. Significa continuare nella gestione eccellente dell’acqua pubblica, progettare una nuova viabilità e infrastrutture pubbliche funzionali e integrate. Il principio di appartenenza alla comunità si esplica con un’architettura di comunicazione che integri aree funzionali dell’azienda all’interno di un sistema multimodale innovativo: l’informazione di cantiere, l’informazione di servizio, la mediazione dei conflitti, la facilitazione dei processi, il corporate broadcasting». La vostra attività è strettamente legata a quella delle realtà cittadine. Come immaginate possa essere la vita del futuro negli agglomerati urbani? «La città è da anni al centro dei processi produttivi, sociali e culturali, motori in molti casi dei nuovi assetti economici globali, con

nuove e più aspre contraddizioni sociali e ambientali. Il Covid ha posto domande importanti sul suo modello e sulla gestione dei tempi scuola-famiglia-lavoro, ma resta l’ambito principale dove riorganizzare il sistema dei servizi, l’offerta di cittadinanza globale. L’organizzazione dello spazio urbano, in questo mondo di città, che è sempre più pianificazione del tempo delle persone e dei settori socioeconomici, diventa snodo essenziale nell’integrazione e nella tenuta della frammentazione sociale. In Europa e in Italia le attività di urban planning e di urban design stanno avendo, in molte città, una forte accelerazione. Straordinari processi di riconversione delle aree industriali dismesse e l’espansione delle aree di nuova urbanizzazione sono spinti dalla domanda di nuove funzioni produttive terziarie e residenziali. Sulla spinta dell’incremento demografi-

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Un’ultima domanda sull’impatto ambientale proprio in relazione all’impegno di MM nella vita della città (acqua, trasporti, abitazioni, ecc.). Quali sono gli indicatori della qualità percepita? «Sarò breve perché la strada è molto lineare. Da un lato le autorità preposte marcano stretto il nostro operato: ATO, Arera, lo stesso Azionista, ci incalzano per predisporre confini e standard del nostro impatto complessivo (ambientale, sociale, economico). Dall’altro lato la strada universamente riconosciuta è quella degli Obiettivi internazionali di sostenibilità (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, OSS) già citati. L’SDG 11 parla chiaro e non ammette fraintendimenti: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili. Nello specifico l’Obiettivo punta alla trasformazione dei centri urbani in città sostenibili attraverso l’accesso di tutta la popolazione ad alloggi, servizi basilari e mezzi di trasporto adeguati, economici e sicuri, soprattutto per le persone più vulnerabili. Lì è il nostro compito. Lì si misura quotidianamente la qualità del nostro impegno».


Aziende

di Luca Palestra

Edison: che cosa vuol dire essere leader nella transizione energetica «Il nostro impegno è quello di costruire sistemi energetici a sostegno dello sviluppo delle economie, anche tenendo conto delle tre priorità indicate dall’ultimo G20, andato in scena lo scorso ottobre 2021 a Roma: People, Planet, Prosperity» sottolinea Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer della più antica società energetica d’Europa.

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reare un futuro fatto di energia sostenibile: questo il fulcro su cui poggia la mission di Edison, la più antica società europea nel settore dell’energia, una tra le principali società energetiche in Italia e in Europa. Un vasto e variegato insieme di impegni, attuazioni sul territorio, soluzioni e progetti che bene sono stati illustrati nella Dichiarazione non Finanziaria 2021, documento del cui contenuto parliamo con Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer di Edison.

Dottoressa Terenghi, nella Dichiarazione non Finanziaria 2021 sottolineate che il vostro obiettivo è “Essere leader nella transizione energetica e operatore responsabile”. In quale modo? «Abbiamo costruito la nostra Dichiarazione non Finanziaria così che possa testimoniare in modo ampio e sistemico il nostro impegno e questa frase sintetizza bene quali sono i nostri intendimenti. Edison sposa gli obiettivi dello sviluppo sostenibile – facendo ovviamente riferimento all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e alle logiche sottese ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile – in riferimento al suo scenario di riferimento che è quello della transizione energetica, che si inquadra nella dinamica più ampia della transizione ecologica. Il nostro impegno è quello di costruire sistemi energetici a sostegno dello sviluppo delle economie, anche tenendo conto delle priorità indicate dall’ultimo G20, andato in scena lo scorso ottobre 2021 a Roma: “People, Planet, Prosperity”. Anche in questo momento, difficile dal punto di vista dei rapporti internazionali, non dobbiamo dimenticare questa nostra mission e dobbiamo continuare a fare la nostra parte». In che cosa si concretizza l’intenzione di “fare la propria parte”? «Vuol dire fare sì che i sistemi energetici che Edison contribuisce a realizzare e a sostenere nel tempo siano ESG compliance. Il nostro impegno di sostenibilità nei riguar-

Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer di Edison.

di dell’ambiente si traduce nel fatto che lavoriamo perché l’impatto dei sistemi energetici sul clima e più in generale sull’ambiente sia minimizzato e perché questi sistemi possano essere sostenuti da tecnologie sempre più evolute e da modelli di gestione sempre più efficienti. In riferimento agli aspetti sociali vogliamo che l’energia costituisca un elemento di spinta non solo per le economie dei Paesi ma anche per quella di famiglie e imprese, in una logica di sostenibili-

Lavoriamo perché l'impatto dei sistemi energetici sul clima e più in generale sull'ambiente sia minimizzato

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tà che tenga in forte considerazione anche la parte relativa al consumo. Infine, ci preoccupiamo che la governance di tutti questi processi energetici avvenga con grande trasparenza, con grande rispetto delle regole e grande solidità degli operatori». Lei ha fatto cenno al difficile momento storico che stiamo attraversando. Ritiene che, per la situazione di emergenza energetica in cui ci troviamo, si corra il rischio di fare passi indietro dal punto di vista della sostenibilità applicata alla produzione e alla distribuzione dell’energia? «C’è molto dibattito su questo. La maggior parte degli analisti converge su una lettura per cui, paradossalmente, questa situazione di crisi accelererà alcune dinamiche della transizione energetica perché ci porterà a considerare una situazione in cui l’autonomia energetica, quanto meno a livello di grandi regioni, diventerà strategica. Poi ci sarà da affrontare un tema importante le-


Aziende gato a come sostenere i costi di questa transizione, questo sarà un passaggio fondamentale. Da questo punto di vista bisogna dire che alcune dinamiche sono già evidenziate, compresa quella della finanza privata che ha iniziato a intercettare massivamente gli investimenti sostenibili. È chiaro che bisognerà fare un esercizio di sostenibilità economica oltre che di strategia di innovazione e di ricerca, perché una gran parte del lavoro di transizione andrà fatto con tecnologie che oggi sono ancora ai primordi, anzi alcune di queste non sono ancora state completamente delineate». Andiamo ad approfondire l’aspetto legato ai quattro assi su cui si sviluppa il vostro impegno di sostenibilità. Cominciamo dal primo, quello legato al cambiamento climatico… «Il nostro primo impegno è mettere in campo soluzioni, produzioni e consumi che possano contribuire significativamente a raggiungere la neutralità carbonica e delle emissioni dei gas clima-alteranti. Il che significa anzitutto contribuire attraverso una serie di tecnologie che noi chiamiamo low-carbon, che abbiano fattori emissivi molto limitati e siano al tempo stesso al servizio della flessibilità del sistema. A questo proposito per esempio, stiamo ultimando la realizzazione di due centrali a ciclo combinato che saranno gli impianti più efficienti d’Europa. Ma abbiamo tante progetti per il futuro e buona parte dei nostri investimenti riguarda tecnologie in grado di ridurre sempre più le emissioni di CO2». E per quanto riguarda le energie rinnovabili, che cosa state facendo e avete in programma per il futuro? «È l’altro grande campo di intervento. Noi abbiamo chiuso l’anno 2021 con due gigawatt di rinnovabili, confermandoci come il secondo produttore eolico del Paese ol-

tre che un significativo produttore idroelettrico a livello nazionale. Siamo inoltre impegnati nello sviluppo del fotovoltaico e abbiamo un piano che prevede di raggiungere 5 GW di nuova capacità rinnovabile installata al 2030, accompagnati da 1 GW di stoccaggio e flessibilità, che include sistemi di

I nostri 5mila dipendenti sono la forza e il fattore più competitivo dell'azienda

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pompaggio idroelettrici e batterie, per garantire ulteriore sicurezza e adeguatezza del sistema». Il secondo punto riguarda il capitale umano e l’inclusione. Da questo punto di vista, qual è il vostro impegno? «Edison è un operatore storico, siamo in vita da 140 anni e la nostra attenzione al capitale umano è l’antesignana di tutti i temi di cui si parla oggi in ambito ESG, CSR, ecc. I nostri 5mila dipendenti sono la forza e il fattore più competitivo dell’azienda che, come risulta chiaramente dalle analisi di clima che noi realizziamo, è d’accordo all’88% sulle strategie di sostenibilità e di transizione energetica fin qui intraprese. La nostra è una delle aziende all’avanguardia su temi come formazione, sensibilizzazione e soprattutto welfare. Un


EDISON

La più antica società energetica in Europa, con 140 anni di primati Edison è la più antica società energetica in Europa, con 140 anni di primati, ed è uno degli operatori leader del settore in Italia con attività nell’approvvigionamento, produzione e vendita di energia elettrica e gas naturale e nei servizi energetici e ambientali. La società è impegnata in prima linea nella sfida della transizione energetica, attraverso lo sviluppo della generazione rinnovabile e low carbon, i servizi di efficienza energetica e la mobilità sostenibile, in piena sintonia con il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e gli obiettivi definiti dal Green Deal europeo. Edison ha un parco di produzione di energia elettrica altamente flessibile ed efficiente, composto da 200 centrali tra impianti idroelettrici, eolici, solari e termoelettrici a ciclo combinato a gas ad alta efficienza. La potenza netta installata complessiva del Gruppo è di 6,5 GW. Oggi opera in Italia e Europa, impiegando oltre 5mila persone.

altro fattore su cui stiamo lavorando e che consideriamo di fondamentale importanza è quello della diversity e del genere, con progetti dedicati come ad esempio la mentorship e la leadership. È una traiettoria di lungo termine, che parte da lontano, si può dire che quello sulle risorse umane sia un tema storico della società». Molto importante, per voi, è ciò che sta al vostro esterno, cioè fornitori, territorio e clienti. E stiamo parlando del terzo asse… «La Dichiarazione non Finanziaria 2021 rivela che al 94% i nostri fornitori sono italiani e questa è già una precisa indicazione. E non stiamo parlando solo dei grandi fornitori, ma anche di quel ricco tessuto di imprese costituito da piccoli fornitori locali che sono fondamentali per la realizza-

zione dei nostri cantieri. Questa è per noi una cinghia di trasmissione fondamentale cui prestiamo grande attenzione perché se i nostri fornitori stanno bene sta bene anche tutta l’azienda. I territori sono molti importanti, per noi, perché da loro passa il tema importante dell’accettabilità delle infrastrutture energetiche. Vogliamo essere operatori affidabili, che oltre a progettare al meglio le infrastrutture restano sul territorio per mantenerle in efficienza e, al contempo, si impegnano ad attuare politiche di valorizzazione paesaggistica e naturale e di co-progettazione con le comunità. Riteniamo che questa sia la differenza tra gli operatori che hanno un’ottica più speculativa, di breve termine, e quelli che invece sanno che cosa vuol dire stare sullo stesso territorio da decine di anni».

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In relazione al territorio, la produzione di energia rinnovabile è e sarà sempre più concentrata in particolare nel Sud dell'Italia. Questo potrà contribuire a dare una sterzata all’economia del nostro meridione? «Sicuramente sì, è un’occasione preziosa per tutto il Sud Italia. Negli ultimi anni, per arrivare a raggiungere gli obiettivi rinnovabili, sono state messe in campo politiche di incentivazione che hanno dato campo libero a progetti messi in atto senza creare una vera e propria filiera industriale, per cui ad esempio le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici si comprano dalla Cina, non si è creato un vero valore né per il Paese, né per il singolo territorio. Le Regioni oggi chiedono alle aziende che producono energia un impegno maggiore, vogliono soluzioni integrate


Aziende e legate all’economia del territorio, una richiesta che riteniamo condivisibile». E infine ci sono i clienti, qual è il vostro approccio sostenibile nei loro confronti? «I clienti sono l’ultimo anello, ma non certo per importanza, della catena. I nostri clienti sono le famiglie, le imprese ma anche la pubblica amministrazione. Con questi ultimi lavoriamo per creare partnership sui temi della decarbonizzazione e per costruire strategie di medio termine che consentano non solo di rendere più efficienti i loro consumi, ma anche di renderli compatibili climaticamente. Anche con i clienti “piccoli” ci impegniamo con costanza per offrire loro offerte quanto più “verdi” possibile. Per noi l’avere un contatto diretto, personale, con i nostri clienti è fondamentale e a questo proposito abbiamo una rete di quasi 600 punti fisici e quasi 2mila installatori presso cui i nostri clienti possano trovare risposte alle loro richieste. Abbiamo ovviamente sviluppato molto i canali e i contatti digitali, ma sappiamo che l’Italia è un Paese composto da molti territori diversi fra loro e da molte persone che hanno l’esigenza di adottare ancora approcci relazionali più fisici. Per noi poter rispondere al cliente che bussa allo sportello, che viene nel negozio, è fondamentale. Del resto abbiamo constatato che molti operatori che avevano abbandonato il canale fisico oggi stanno facendo una veloce retromarcia». E veniamo al quarto asse della vostra visione sostenibile, il capitale naturale e il paesaggio. Che cosa ci dice a questo proposito? «Il rispetto del capitale naturale sta diventando per le aziende sempre più rilevante in una logica di strategie di medio-lungo termine, perché significa avere piena consapevolezza degli ecosistemi e delle risorse naturali su cui si investe, in una logica di preservazione e di ricerca della versione più corretta della sostenibilità, che è quella che pensa al benessere delle genera-

zioni future. Ciò vuol dire prestare la massima attenzione agli impatti provocati dalla propria presenza sui singoli ecosistemi, ma significa anche impegnarsi a ripristinarli quando subiscono dei mutamenti. Il concetto di fondo è far sì che la natura sia posta al centro dell’agire industriale con dignità e visibilità. Per fare questo noi, ad esempio, abbiamo mappato il capitale naturale di tutti i siti industriali in

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cui siamo presenti con impianti di generazione elettrica, perché vogliamo essere perfettamente consapevoli di quello che c’è attorno a noi e vogliamo valorizzare il più possibile il territorio con azioni positive di sensibilizzazione e di supporto, anche in una logica turistica e paesaggistica. Pensiamo insomma che un insediamento industriale nel capitale naturale possa, anzi, debba essere fatto nel rispetto di


FOCUS BIODIVERSITÀ

Per ciascun sito produttivo è stato creato un profilo di biodiversità

Dall'alto: il fiume Adda, la diga Venina nel Parco delle Orobie Valtellinesi, la Centrale idroelettrica di Pizzighettone.

tutti, questa è la strada che abbiamo intrapreso e intendiamo percorrere anche in futuro». Dottoressa Terenghi, un’ultima domanda: qual è il rapporto tra Edison e lo sviluppo di infrastrutture di gas naturale liquefatto? «Il gas naturale liquefatto l’abbiamo sviluppato in una filiera che ha l’obiettivo di alimentare la mobilità. Noi abbiamo due linee dif-

Per portare avanti con consapevolezza un’azione di tutela della biodiversità nei territori dove Edison opera, negli anni scorsi è stata condotta un’analisi della vulnerabilità ecologica e del rischio biodiversità nei pressi dei siti di generazione elettrica – oltre 200 impianti tra termoelettrici, idroelettrici, eolici e fotovoltaici – creando un database fruibile, integrabile e aggiornabile in ambiente GIS (Geographic Information System). Per ciascun sito produttivo è stato creato un profilo di biodiversità, interrogando all’interno di un buffer di 10 km le fonti indirette più autorevoli e aggiornate, su tre piani informativi: specie animali e vegetali, habitat e biomi riconosciuti a livello scientifico, aree naturali sottoposte a tutela. Dallo studio è stato inoltre possibile identificare alcuni indicatori rappresentativi della biodiversità di specifici habitat oltre che alcune “specie immagine” che rappresentano gli ecosistemi intorno agli impianti analizzati. Proprio a partire dalla mappatura dei siti poi, nel 2021 è stato condotto lo studio Biodiversity and Ecosystem Services Assessment su un’area geografica della Valtellina prossima agli impianti idroelettrici di Ganda, Belviso e Publino e all’area del Parco delle Orobie Valtellinesi. L’attività svolta con la collaborazione attiva del Parco, ha portato a quattro mappe tematiche di dettaglio: carta uso del suolo, carta della vegetazione, carta della natura e carta di sintesi dei servizi ecosistemici prioritari, cioè tutti quei beni e servizi che gli ecosistemi naturali e seminaturali producono, come la fornitura di risorse, la stabilizzazione del clima, il riciclo dei rifiuti, la protezione dall’erosione e dai dissesti geologici, l’impollinazione, gli usi ricreativi del territorio e l’estetica del paesaggio. Infine, tra le principali iniziative svolte da Edison a tutela della Biodiversità nel 2021, si segnala la prosecuzione dei monitoraggi dell’avifauna su diversi impianti eolici così come la predisposizione di aree dedicate, nelle prossimità degli stessi, di “carnai” per la salvaguardia dei rapaci locali. Con riferimento agli impianti fotovoltaici sono stati inoltre avviati alcuni monitoraggi del suolo.

ferenti di mobilità, la prima relativa al trasporto di più breve tratta e la seconda che riguarda il trasporto sulle grandi distanze. Il primo è tipicamente quello urbano per il quale riteniamo abbia senso sviluppare la mobilità elettrica, il secondo riguarda i grandi spostamenti, i trasporti pesanti e anche il trasporto marittimo per cui riteniamo che in futuro saranno maggiormente adatte tecnologie a gas

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o idrogeno. È un processo che è già iniziato: molti armatori di grandi navi stanno facendo le loro scelte di riconversione delle loro flotte. La tecnologia c’è, e il combustibile anche: il gas liquefatto noi l’abbiamo portato in Italia, a Ravenna abbiamo il nostro deposito di gas che viene dagli Stati Uniti passando per la Spagna. Il primo passo, per quanto ci riguarda, è stato compiuto».


Digitalizzazione

di Fabio Fraticelli – Chief Operating Officer TechSoup Italia

Techsoup: «Sosteniamo la maturità digitale del Terzo settore» La più importante sfida è costruire sinergie strategiche tra profit e non-profit e favorire lo sviluppo di luoghi di umanità e competenza che orientino il Terzo settore nel trovare il proprio percorso di maturazione digitale nella moltitudine di sollecitazioni cui è sottoposto. 22


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egli ultimi 2 anni il digitale è entrato prepotentemente nelle agende delle organizzazioni non-profit, che giocoforza si sono viste costrette a integrare la tecnologia nella loro quotidianità. Alcune delle domande che riscontriamo, più o meno consapevoli, nelle organizzazioni non-profit con cui lavoriamo possono essere sintetizzate così: come si può tracciare il proprio percorso di trasformazione digitale? Soprattutto, come verificare e misurare l’impatto che il digitale genera? Attivare nuove “soluzioni IT” in fretta e furia (in risposta alla straordinaria situazione di emergenza introdotta con la pandemia da Covid-19) è significato, per molte organizzazioni, una risposta all’emergenza che le ha portate però

a rinunciare a una riflessione seria e approfondita sul tipo di cambiamento che intendevano effettuare, ovvero su che tipo di trasformazione digitale volevano realizzare. Come TechSoup siamo un’impresa sociale nata con la mission di supportare la crescita digitale del Terzo settore, e ci troviamo ora a dover trovare maggiore sistematizzazione e consolidare le esperienze e best practices che molte organizzazioni hanno iniziato in questi anni di pandemia, anche in ottica di sinergia con il mondo profit.

Fabio Fraticelli Chief Operating Officer TechSoup Italia.

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Strumenti tecnologici a costi accessibili Con la fine dello stato di emergenza, possiamo guardarci indietro e notare alcuni bisogni peculiari emersi in questi due anni.


Digitalizzazione

Innanzitutto, l’accesso alla tecnologia: sembra banale, ma ancora oggi per tante organizzazioni non-profit il tema rimane quello di poter ottenere strumenti tecnologici a costi accessibili e sostenibili. Con questo spirito, per esempio, abbiamo avviato in sinergia con Ricoh Italia il progetto hardwaretechsoup.it, portale dove è possibile acquistare, da parte delle organizzazioni non-profit, hardware ricondizionato di alta fascia a costi calmierati. Un progetto nato nel 2018 e potenziato in questi ultimi due anni, che ha come orizzonte l’economia circolare: non solo perché riduciamo l’impatto ambientale dando nuova vita ai prodotti, che vengono rigenerati, ma perché il processo è gestito in parte da persone in situazione di disabilità o disagio sociale. Un’opportunità di inclusione e una possibilità di rinascita personale attraverso il lavoro e anche un

modello di progettualità vincente tra profit e non-profit per sostenere la maturità digitale del nostro Paese. Ad oggi, sono 22mila le organizzazioni che hanno accesso a prodotti hardware a costi marginali ritirati da aziende Profit nostre partner come Ricoh, Accenture o Microsoft. Sviluppare nuovi servizi con l’aiuto del digitale Un secondo aspetto riguarda propriamente la domanda di innovazione. In questi ultimi due anni, una porzione del Terzo settore si è trovata esposta in prima linea con costi operativi, difficoltà finanziarie e modelli di intervento in alcuni casi inefficienti perché, appunto, realizzati in condizioni di emergenza. La sfida ora, per molti, è dunque quella di efficientare e innovare processi esistenti e sviluppare nuovi servizi con l’aiuto del digitale, visto come elemento

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strategico per la propria sopravvivenza e crescita. Come testimonia la recente ricerca sulla domanda di innovazione nel Terzo settore che, come TechSoup, abbiamo condotto insieme a Deloitte Private e Fondazione Italia Sociale se “l’innovazione è una dimensione considerata rilevante nei processi di sviluppo del non-profit italiano”, è anche vero che il digitale è visto come uno degli elementi cardini per la sua messa a terra. Emerge allora, sempre più evidente, un problema di capacity building di cui dobbiamo tenere conto: potenziare conoscenze e competenze per aumentare la capacità dell’organizzazione stessa di generare innovazione e valore attraverso – anche – il digitale. Anche su questo versante la partita di partnership tra profit e non-profit può giocare un ruolo fondamentale. Con Intesi Group per esempio, tech company italiana leader nel-


La sfida ora è quella di efficentare e innovare processi esistenti e sviluppare nuovi servizi con l’aiuto del digitale, visto come elemento strategico per la propria sopravvivenza e crescita.

lo sviluppo di soluzioni per la sicurezza logica, la firma digitale e la crittografia, abbiamo recentemente sviluppato un pacchetto di soluzioni a costi calmierati per organizzazioni non-profit e, negli anni, diversi webinar formativi sui temi dell’identità digitale. Sono poi molte le iniziative sviluppate con aziende come Microsoft e Google per sostenere lo scambio di competenze e conoscenze digitali tra professionisti del profit e del non-profit, da webinar gratuiti a progetti di trasformazione digitale fino a percorsi formativi volti allo sviluppo di nuove figure professionali, come il caso di Road to Social Change. Quest’ultimo è frutto di una co-progettazione virtuosa tra UniCredit, enti del Terzo settore – TechSoup, Aiccon, Fondazione Italiana Accenture – e Politecnico di Milano-Tiresia/MIP: un percorso formativo online volto a formare i Social Change Manager

del Terzo settore, una nuova figura professionale con le competenze e le abilità necessarie per agevolare i processi trasformativi delle realtà Non profit italiane. Considerare il digitale come dimensione strategica Questi esempi ci indicano come il cuore della trasformazione digitale si giochi proprio qui: se l’utilità della tecnologia è ormai un fatto assodato (il digitale non è più un’opzione), il percorso che porta un’organizzazione a creare valore e innovazione si nutre delle competenze e conoscenze delle persone protagoniste di questa trasformazione. Occorre aggiornare la propria cultura organizzativa e considerare il digitale non più come mera opportunità (per cui si fanno cose prima impensabili), ma come la dimensione strategica entro cui si configurano sia l’erogazione di servizi, sia il proprio assetto organizzativo.

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Ma come si fa questo passaggio? Quali sono gli snodi di un percorso che ha questa dimensione come meta? Per compiere questo shift, secondo la nostra esperienza, occorre lavorare su tre componenti. In prima battuta serve un’operazione interna a ogni organizzazione, perché qualsiasi percorso di trasformazione digitale chiede una profonda comprensione delle condizioni organizzative specifiche nelle quali si attua. Per questo è fondamentale l’individuazione, all’interno dell’organizzazione, di un’unità minima di lavoro – una digital transformation task force – chiamata a sperimentare nuove modalità di utilizzo della tecnologia e del digitale a servizio dell’organizzazione nel proprio contesto. Individuare, insomma, le persone che possono guidare il processo di trasformazione digitale (per competenze, conoscenze o – anche solo – inclinazione personale), e creare attorno a esse un team. In secondo luogo studiare e sfidare i propri processi interni – come si fanno le cose, concretamente – e verificare se alcuni di essi possono essere efficientati oppure arricchiti tramite il digitale. Insomma, valutare gli spazi per incrementare l’efficienza e l’efficacia organizzative, al fine di migliorare la sostenibilità e l’impatto delle organizzazioni. Infine, interrogare la propria dotazione tecnologica e verificare l’esistenza di opzioni digitali più adeguate a sostenere il raggiungimento della mission dell’organizzazione. Quest’ultimo step richiama l’assoluta rilevanza di stringere partnership strategiche con player IT qualificati. Un benefico contagio di conoscenze e competenze Potenziare persone, processi e tecnologie è l’unico modo per ottenere un impatto rilevante e duraturo. Dal 2018 cerchiamo di sviluppare servizi di formazione e accompagnamento IT e abbiamo al centro questa premura: innescare il potenziale di crescita di ciascuna organizzazione e renderla indipendente nel proprio percorso di crescita digitale.


Digitalizzazione

Tutto questo, però, riguarda l’organizzazione dal suo interno: siamo però convinti che il contesto e le sinergie che un’organizzazione può intraprendere determinano in modo rilevante la propria crescita digitale. Di più, possono giocare un ruolo strategico favorevole. Dall’esterno, infatti, il percorso di trasformazione digitale è nutrito dal continuo dialogo e confronto sistematico tra la realtà non-profit e una comunità di apprendimento inter-organizzativa, fatta anche da voci esperte, che sostenga e nutra la maturità digitale dell’organizzazione stessa e dei propri collaboratori. Abbiamo visto emergere sempre di più la necessità di un’operazione di filiera, per cui a un sistema di bisogni si cerchi di rispondere sviluppando, insieme, modelli gestionali che, contaminati dalla tecnologia, possano crescere e diventare opportunità di sviluppo territoriale e comunitario.

Questo è tanto possibile anche allargando il cerchio delle sinergie oltre il muro di separazione (solo teorico) tra profit e non-profit. Sono tanti i casi in cui, come TechSoup, abbiamo assistito all’efficacia di un approccio di questo tipo, che pone l’accento tanto sui contenuti tecnici quanto sulla creazione di legami di fiducia fra i membri di team provenienti da realtà diverse, profit e non-profit, appunto. Una fiducia che stimola la condivisione di buone pratiche, un “contagio” benefico di conoscenze e competenze professionali. Le tre questioni rilevanti per la crescita digitale Ora, troviamo che siano tre le questioni più rilevanti con le quali occorre necessariamente fare i conti in ottica di crescita digitale delle nostre organizzazioni profit e non-profit, sollecitati dal PNRR. La prima concerne un utilizzo in-

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tensivo e consapevole delle opportunità offerte dal cloud nella produzione, condivisione e archiviazione documentale e nello sviluppo di applicativi customizzati secondo le esigenze delle organizzazioni non-profit. Ci sono buoni esempi a cui guardare, come la realtà del Polo del ‘900 di Torino o della Cooperativa Solaris. La seconda concerne i dati: non è più possibile gestire le organizzazioni con buon senso e buona volontà (specie se i processi tendono a diventare distribuiti e dematerializzati). La valutazione congiunta di impatto e sostenibilità deve diventare un’attività sistematica, che richiede sistemi di business intelligence adeguati a questo scopo. Un tentativo lato nostro è con l’iniziativa di Impact Room, una piattaforma di presa dati ingegnerizzata per trasformare i dati in informazioni utili a decisioni organizzative strategiche e alla misura-


In alto: il Team TechSoup Global. Sotto: il Team TechSoup Italia.

zione d’impatto. La terza riguarda la sicurezza: il livello di inasprimento degli attacchi informatici è sempre più alto, e con una buona parte del Terzo settore che trasferisce online le proprie attività, i rischi aumentano esponenzialmente.

Su questo c’è bisogno di alzare il livello delle competenze digitali, per questo _ sempre in ottica di sinergia profit/Non-profit _ nel 2021 abbiamo sviluppato con Google in 4 paesi europei (Italia, Belgio, Spagna e Portogallo) il primo percorso formativo gratuito dedi-

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cato agli operatori del non-profit su privacy e sicurezza. Una robusta iniziativa europea che ha visto formare oltre 2.900 operatori del non-profit su temi da account privacy e security, al phishing, al cyber scam. Iniziative come questa ci dicono quanto il Terzo settore, oggi, sia molto più disponibile: una condizione irripetibile per superare il digital gap che contraddistingue l’Italia e innescare una nuova normalità, una nuova cultura digitale condivisa, accessibile e finalmente pervasiva nel nostro Paese. La più importante sfida che abbiamo di fronte è costruire sinergie strategiche tra profit e non-profit e favorire lo sviluppo di comunità di apprendimento ibride, luoghi di umanità e competenza che orientino il Terzo settore nel trovare il proprio percorso di maturazione digitale nella moltitudine di sollecitazioni cui è sottoposto.


Aziende

di Floriana Ferrara – CSR Country Leader IBM Italy

IBM, la sostenibilità è da sempre parte della strategia aziendale A inizio 2022 è nato IBM Sustainability Accelerator, un programma che mette a disposizione di organizzazioni senza scopo di lucro ed enti governativi le sue tecnologie e un ecosistema di esperti per rafforzare e ampliare progetti che supportano popolazioni a rischio di minacce ambientali, quali cambiamenti climatici, condizioni estreme dell’ambiente e inquinamento.

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l PNRR è lo strumento con cui il Governo italiano intende perseguire, al netto delle turbolenze geopolitiche, gli obiettivi di ripresa economica e sociale per il nostro Paese. Le sue sei missioni vedono la trasformazione digitale come elemento trasversale, capace anche di sup-

portare la transizione verso la sostenibilità ambientale. Fin dalle sue prime implementazioni, la digitalizzazione ha mostrato di poter portare vantaggi nei processi produttivi e distributivi; la pandemia ha messo ancor più in evidenza come la sua applicazione alla vita quotidiana sia ormai

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imprescindibile, accelerandone l’adozione da parte di organizzazioni e aziende. In generale, l’applicazione delle nuove tecnologie ambisce alla riduzione degli sprechi e a un migliore uso delle risorse. E può aiutare e sostenere anche la diminuzione e il controllo delle emissioni di gas nocivi. Con l’utilizzo di cloud computing, intelligenza artificiale e internet delle cose, per esempio, è possibile monitorare e rendere più efficienti i sistemi di riscaldamento, il consumo di acqua e di gas. Questi temi sono sempre più importanti per le imprese di ogni settore d’industria. Le figure professionali garanti della Corporate Social Responsibility (CSR), infatti, sono diventate così rilevanti da essere considerate essenziali nella strategia che punta alla sostenibilità di aziende pubbliche e private. IBM ha da sempre dato priorità alla sostenibilità includendola nella sua strategia aziendale. Sin dal 1971, con il suo primo “environmental po-


licy statement” ha messo in chiaro i suoi obiettivi rispetto al business e alle sue intersezioni con l’ambiente, in aree quali: energia e cambiamento climatico, conservazione e biodiversità, prevenzione dell’inquinamento e gestione dei rifiuti, catena di approvvigionamento, catena del valore e il suo sistema di gestione ambientale a livello globale. Nella sua storia, che vanta più di un secolo, IBM ha sostenuto l’Accordo di Parigi nel 2015 e nel 2017. Nel 2019, è diventata un membro fondatore del Climate Leadership Council, e sostiene pienamente il suo piano bipartisan per una carbon tax con il 100% dei proventi netti pagati ai cittadini come dividendi relativi al carbonio. Dal 1990, ogni anno, pubblica un Rapporto Ambientale che raccoglie e documenta tutti i suoi step e i traguardi raggiunti in tema di sostenibilità ambientale, tra cui la riduzione, nel corso degli ultimi quindici anni, delle proprie emissioni di CO2 del 39,7%, con largo anticipo sull’obiettivo del 40% fissato al 2025.

Fino ad arrivare a fine gennaio 2021, quando insieme a una dozzina di altre imprese IBM ha dato vita al MIT Climate and Sustainability Consortium per accelerare l’implementazione su larga scala, e nel mondo reale, di soluzioni per affrontare la minaccia del cambiamento climatico e, a febbraio 2021, quando ha dichiarato l’impegno a

Floriana Ferrara CSR Country Leader IBM Italy

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raggiungere lo zero netto entro il 2030 come parte dei propri sforzi per proteggere il pianeta. Il suo impegno si spinge oltre, rendendo disponibili le tecnologie che sfruttano l’intelligenza artificiale, la blockchain e il cloud ibrido anche ad altre realtà che condividono i nostri stessi obiettivi. All’inizio di quest’anno, IBM ha annunciato IBM Sustainability Accelerator, un programma pro-bono globale di impatto sociale che mette a disposizione di organizzazioni senza scopo di lucro ed enti governativi le sue tecnologie e un ecosistema di esperti per rafforzare e ampliare progetti focalizzati sul supporto alle popolazioni più a rischio a causa di minacce ambientali, quali cambiamenti climatici, condizioni estreme dell’ambiente e inquinamento. La sostenibilità, infatti, oltre a essere una scelta di responsabilità verso noi stessi e gli altri, può essere anche un fattore di crescita per ogni Paese. Abbiamo una grande opportunità davanti a noi. Non ci resta che coglierla.


Aziende

a cura di Andrea Lisi

Granarolo: «Il nostro slogan è: produrre di più consumando meno»

«La nostra cultura della sostenibilità è ormai imprescindibile» dice Gianpiero Calzolari, Presidente del Gruppo Granarolo, che sottolinea l’importanza assunta oggi dal digitale che, a partire dalle stalle, «consente di monitorare la quantità e la qualità del latte prodotto e consente di rilevare anomalie ambientali e di intervenire prontamente per agevolare il benessere animale».

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ranarolo S.p.A. è il primo gruppo agroalimentare a capitale italiano e uno dei principali operatori dell’industria alimentare del nostro Paese. Nei 13 stabilimenti produttivi in Italia e nei 9 all’estero quasi 2.700 dipendenti sono impegnati a “lavorare” circa 850 milioni di litri di latte ogni anno. Un quarto del fatturato dell’azienda deriva da prodotti nuovi e sostenibili. Di questo, e di molto altro, ne parliamo con Gianpiero Calzolari, dal 2009 Presidente di Granarolo S.p.A. Dottor Calzolari, l’impegno sostenibile di Granarolo si riassume nello slogan “Bontà responsabile”, fondato su 4 fondamentali pilastri sostenibili. Come e quando è nato questo impegno? «L’impegno è nato nel corso del 2020, #bontàresponsabile è il nuovo progetto strategico che focalizza in modo molto definito l’impegno del Gruppo sui temi della sostenibilità per il futuro. La sensibilità ritrovata del consumatore nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità lancia un'ulteriore sfida al mondo della produzione che abbiamo deciso di cogliere. Ci rivolgiamo a un consumatore più attento agli aspetti nutrizionali e ambientali, evidenziando le eccellenze dei nostri prodotti: la qualità che premia gli allevatori, i controlli in ogni fase di lavorazione dalla stalla fino al punto vendita, una filiera georeferenziata, sostenibile e visitabile, un benessere animale in allevamento certificato, un packaging coerente con tutto questo. L’allevamento è un comparto produttivo con evidenti impatti: deiezioni, acqua e suolo vanno gestiti correttamente, intervenendo sulle tecniche agronomiche e allevatoriali, investendo in strutture e in competenze, per contenere le emissioni, ma sarebbe sbagliato non vedere il grande valore ambientale che rappresentano i terreni dedicati alla produzione agricola introducendo protocolli di agroecologia e di economia circolare, si pensi a biogas e bio-

Gianpiero Calzolari, Presidente del Gruppo Granarolo.

metano. Non dimentichiamo che il nostro compito è produrre cibo e lavoro in quantità e in qualità e dunque la vera sfida consiste non già nel ridurre la produzione, come teorizzano alcune correnti di pensiero, ma nel coniugare agricoltura intensiva, indispensabile a produrre i volumi che i consumi richiedono, adottando una cultura della sostenibilità ormai imprescindibile. In uno slogan “produrre di più consumando di meno”». La filiera di Granarolo è la più grande d’Italia, come riuscite a garantirne la qualità? Uno dei vostri punti fermi è quello del principio di prossimità, in che cosa consiste? «Il futuro vedrà vincenti le filiere che sapranno proporre un'intensificazione sostenibile, anche nella nuova competizione internazionale. La qualità della filiera di Granarolo è garantita dalla prossimità delle stalle agli stabilimenti, 13 in Italia, e da controlli sistematici effettuati attraverso una piattaforma accessibile alla cooperativa co-

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me a ciascun allevatore. La qualità del latte è incentivata, anche in un momento difficile come quello che stiamo vivendo, con allevatori fortemente toccati dall’inflazione». Uno dei vostri punti di orgoglio è quello della lotta al consumo della plastica. Quali risultati avete fin qui ottenuto e quali vi prefiggete per il futuro? «La strategia è basata sulla riduzione del peso degli imballaggi primari e secondari, l’utilizzo di plastica riciclabile e riciclata e di materiali alternativi alla plastica. Un esempio? Abbiamo convertito 66 milioni di vasetti di yogurt a marchio Yomo da plastica a carta e nel corso di 2 anni arriveremo a 185 milioni di vasetti/anno in carta». Si parla sempre più di rispetto degli animali, un argomento delicato. Quali azioni avete messo fin qui in campo per migliorare gli standard di qualità degli allevamenti di vostro riferimento? «Agli indicatori qualitativi e relativi al benessere animale, che da


Aziende anni vengono misurati e sono oggetto di un progetto di miglioramento continuo rendicontato annualmente nel Bilancio di Sostenibilità, si aggiungeranno, a partire da questo 2022, azioni orientate a ridurre l’impatto ambientale generato dalla stalla, lavorando in particolare sull’alimentazione delle bovine da latte, sul benessere animale e la riduzione dei farmaci, sull’agricoltura 4.0, sulla gestione delle fonti energetiche e idriche in allevamento, sull’economia circolare dell’allevamento, facendo leva su un approccio sistemico che coniughi innovazione tecnologica e tecniche di valutazione avanzate. Ad affiancarci c’è un Comitato Tecnico Scientifico formato dalle Università di Brescia (su aspetti legati alla misurazione dell’impatto ambientale sul campo e dentro la stalla e all’identificazione di misure tese a ridurre questo impatto),

di Milano (su aspetti legati al benessere animale alla stalla) e di Bologna (su aspetti legati all’alimentazione delle bovine da latte)». Siete da sempre attenti all’aspetto sociale, con azioni volte

A partire da questo 2022 abbiamo deciso di mettere in campo azioni orientate a ridurre l'impatto ambientale generato dalla stalla

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al sostegno di comunità vicine e lontane. Una di queste è “La banca del latte umano donato” ce ne vuole fare cenno? «Nella città di Bologna ogni anno nascono 100 bambini prematuri, che lottano ogni giorno contro mille difficoltà, infezioni e gravi complicanze che possono compromettere le loro possibilità di farcela. La scienza è unanime: il latte umano aumenta la possibilità di sopravvivenza dei neonati prematuri e ne favorisce l’accrescimento e lo sviluppo. Purtroppo, le madri di questi neonati, spesso sottoposte a grandi stress fisici e psicologi, hanno poco latte o non ne hanno per niente. Per rispondere a questo bisogno è nata nel 2012, su iniziativa di Granarolo e del Policlinico di S. Orsola “Allattami”, la Banca del Latte Umano Donato di Bologna. “Allattami” seleziona le mamme donatrici, ritira il loro latte direttamente a casa, lo


I quattro pilastri della sostenibilità Granarolo Questi i punti su cui si basa il progetto strategico #bontàresponsabile 1 Qualità di filiera italiana garantita

vorando sulla riduzione dell’impatto ambientale: i soci allevatori saranno sempre più parte attiva del cambiamento. Tutte le stalle del Gruppo, certificate sul benessere animale tra il 2018 e il 2019, hanno elevato ulteriormente, nel corso del 2020 e 2021, i punteggi minimi per superare la soglia richiesta da Granarolo. Nel corso del 2021 abbiamo identificato un piano, Granarolo Sustainable Transition, per fornire ulteriori indicatori legati alla salute degli animali (es. la longevità degli animali) e agli impatti di carattere ambientale di campi e stalla.

La distintività e unicità della filiera Granarolo, la più grande d’Italia, presidiata e controllata sin dalla stalla. Una filiera italiana, perché il latte è degli oltre 600 soci-allevatori presenti in 12 regioni italiane, e garantita, perché ogni anno vengono effettuati 500mila controlli su tutta la filiera per verificare ogni fase di produzione e trasformazione e per contenere con rigorosi protocolli per la biosicurezza degli allevamenti l’impiego di farmaci.

2 Benessere animale certificato

3 Riduzione di plastica, CO2 e sprechi alimentari

Più benessere animale alla stalla anche la-

La sostenibilità del packaging rappresenta per il Gruppo un percorso di miglioramento continuo delle prestazioni ambientali, specifico per ogni tipo di materiale e prodotto e ha risparmiato all’ambiente l’immissione di 3.787 tonnellate di CO2 entro il 2021 e ulteriori 2.500 tonnellate di CO2 nei seguenti 3 anni. La strategia è basata sulla riduzione del peso degli imballaggi primari e secondari, l’utilizzo di plastica riciclabile e riciclata e di materiali alternativi alla plastica. In parallelo, per ridurre gli sprechi, Granarolo sta lavorando sull’aumento della shelf life dei prodotti, sul recupero degli imballaggi del latte reso da mercato, sulla riduzione dei resi e sulla loro veicolazione da piattaforma a persone in difficoltà, perché nulla vada sprecato.

4 Progetti di sostegno per comunità vicine e lontane

L’attenzione di Granarolo verso le comunità e i territori vuole dare risposte concrete a bisogni concreti, anche uscendo dai confini nazionali. Ne sono un esempio Allattami – la Banca del Latte Umano Donato di Bologna, in collaborazione con il Policlinico di Sant’Orsola di Bologna –, Africa Milk Project in Tanzania e AfricHand Project in Mozambico, in collaborazione con CEFA Onlus, e molti altri progetti che trovano ampio spazio nel Bilancio di Sostenibilità.

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Aziende

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I questi due anni è stata data una forte accelerazione alla transizione digitale come drive per lo sviluppo sostenibile in stalla come in ufficio e in produzione.

conserva in condizioni di massima sicurezza e lo fornisce agli ospedali cittadini. Sono stati coinvolti nel progetto anche ex dipendenti in pensione e giovani disoccupati che hanno contribuito alla raccolta del latte e alla sua distribuzione, dopo la pastorizzazione, agli ospedali. Questo progetto ha superato i confini provinciali: nel 2013 è stato incluso nel progetto l’Ospedale di Ferrara e nel 2016 la struttura ospedaliera di Parma grazie a un accordo con la Croce Rossa Italiana di Imola. Un modello che è divenuto punto di riferimento di collaborazione efficiente pubblico-privato. Nonostante l’emergenza sanitaria, nel 2020 e nel 2021 il progetto non si è mai fermato». Questo numero di CSRoggi è dedicato all’utilizzo del digitale come strumento di trasformazione innovativa e sostenibile. Qual è il vostro approccio al proposito? «In questi due anni è stata data una forte accelerazione alla transizione digitale come driver per lo

sviluppo sostenibile in stalla come in ufficio e in produzione. Molto è cambiato e progetti che erano in potenza hanno trovato la loro attuazione. In coincidenza con i primi segnali di pandemia, per esempio, abbiamo lanciato un canale e-commerce che, nato per dare un aiuto a molte comunità in lockdown, è poi cresciuto e si è consolidato nei mesi successivi e sta iniziando a rappresentare un canale di promozione dell’anti-spreco nel Nord Italia (qui vengono infatti commercializzati anche prodotti a data corta)». Qual è il settore in cui avete deciso di investire maggiormente pensando al futuro? «Per avere una visione olistica, attraverso un confronto multisettoriale, dei trend futuri, abbiamo deciso di investire in innovazione giovane. A inizio 2020 sono partite le prime start-up promosse da Agrofood BIC (Business Innovation Center), il nostro acceleratore multiazienda, e lavorare con i giovani

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in azienda e in fabbrica sta cambiando molti processi. E ancora, in stalla: oggi il digitale consente di monitorare la quantità e la qualità del latte prodotto, la sensoristica consente di rilevare anomalie ambientali e di intervenire prontamente, consente di agevolare il benessere animale introducendo in stalla i robot di mungitura che liberano l’animale dal gravame del latte prescindendo da orari definiti. Focalizzazione e innovazione, filiera e trasformazione, estero e mercato domestico non sono in contraddizione ma sono i mattoni di un progetto complessivo di crescita e diventano a tutti gli effetti elementi strategici del nostro sviluppo sostenibile, da affiancare a misure per la conciliazione tra vita e lavoro – con particolare attenzione alla condizione femminile, che in questa situazione rischia di essere sacrificata – attraverso il welfare aziendale e lo smart working, con qualche effetto positivo sulla mobilità e qualche vantaggio per il clima e la qualità dell’aria».


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Progettiamo cucine con materiali ecosostenibili e riciclabili. Disponiamo di un impianto di nuova generazione a basso impatto ambientale che evita sprechi e recupera il calore utile per i processi produttivi. Concentriamo la produzione in un unico stabilimento per un prodotto a km zero. Usiamo legno e materiale ligneo certificato FSC. Applichiamo vernici water based.


Aziende

a cura di Carlo Rho

Janssen, una sanità all’insegna della “RInnovAzione” «Ci fa piacere constatare che gli italiani ripongano un’alta fiducia nei confronti delle imprese del farmaco e che il loro ruolo sia riconosciuto nell’ambito dell’innovazione, tanto nelle emergenze, quanto in situazioni ordinarie» sottolinea Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Janssen Italia e Head of External Affairs Johnson & Johnson Italia. 36


Il tavolo dei relatori di "The Italian Health Day". Da sinistra: Massimiliano Valerii (direttore generale Censis), Raffaella Cesaroni (giornalista, conduttrice di Sky TG24), Massimo Scaccabarozzi e Daiana Taddeo (Area Ricerca Nazionale SIMG).

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n futuro, il nostro Sistema Salute dovrà farsi trovare pronto non solo a possibili nuove emergenze, ma anche alle implacabili previsioni sociodemografiche del nostro Paese: dall’evoluzione delle forme familiari con il calo della propensione a fare figli e il decollo delle famiglie unipersonali, all’allungamento della speranza di vita con il conseguente invecchiamento della popolazione

e la moltiplicazione di patologie invalidanti e cronicità, che generano alti fabbisogni sociosanitari e di assistenza. Come possiamo farci trovare pronti per affrontare al meglio queste sfide? Non c’è una risposta semplice. Si tratta di una soluzione che dobbiamo trovare insieme con tutti gli attori dell’ecosistema salute. Per questo Janssen Italia e Censis hanno voluto dare il loro contribu-

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to, ascoltando la voce dei cittadini. Grazie a questa preziosa collaborazione Censis ha sviluppato un Rapporto che descrive la Sanità del futuro così come la desiderano gli italiani, uno studio presentato recentemente al Ministero della Salute in occasione della prima edizione di The Italian Health Day. Dal Rapporto emerge che gli italiani hanno le idee ben chiare in merito alle caratteristiche della


Aziende I CANTIERI PER LA SANITÀ DEL FUTURO

A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino - Ospedale Molinette.

Sanità post-Covid e ai protagonisti che la animeranno: i cittadini sempre più informati, responsabili e partecipi, il medico come massimo garante della tutela della salute e gli innovatori (intesi come ricercatori e imprese). Un ecosistema orientato sempre più alla personalizzazione delle cure e dell’assistenza che beneficia della mobilitazione di tutti gli attori: tratti indispensabili per rispondere alla triplice sfida di gestione della malattia acuta, cronica e delle nuove emergenze, tenendo ben presente l’aspetto fondamentale della sostenibilità economica. Non a caso, la keyword del Rapporto – ovvero la parola che esprime le idee, le aspettative e i desideri condivisi a livello sia sociale dai cittadini sia istituzionale – è per il 2022 “RInnovAzione”. Si tratta di un neologismo composto da Ricerca, Innovazione, Azione e Rinnova, parole che richiamano dinamiche decisive per costruire la Sanità che massimizza il valore Salute. Dal ruolo centrale degli innovatori, al cambiamento come esito della partecipazione attiva degli attori della Salute, fino all’oppor-

tunità storica di un’evoluzione epocale della Sanità verso personalizzazione, risultati migliori per la salute delle persone e sostenibilità economica. L’innovazione come motore della Sanità del futuro I cittadini hanno evidenziato in primis il ruolo chiave dell’innovazione, decisiva per migliorare la cura, i percorsi assistenziali e le difese dalle nuove emergenze. Sono oltre 9 su 10 le persone che hanno fiducia nei ricercatori scientifici (90,9%) e altrettanti coloro i quali ritengono che la spesa pubblica in ambito salute rappresenti un investimento e non un costo (93,7%). Tanto per la sperimentazione scientifica quanto per garantire che le cure arrivino velocemente ai pazienti risulta però essenziale la cooperazione tra Stati e imprese del farmaco (90,1%), le quali godono della fiducia di ben 2 italiani su 3 (66,4%). Gli innovatori, incluse le imprese, non sono più percepiti come una componente esterna della Sanità, ma come attori decisivi che permettono di ottimizzare la qualità della vita dei pazienti.

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«Come Janssen, non possiamo che trovarci d’accordo con quanto hanno espresso i cittadini, a partire dalla richiesta di una maggiore collaborazione pubblico-privato per portare sempre più rapidamente l’innovazione ai pazienti – ha dichiarato Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Janssen Italia e Head of External Affairs Johnson & Johnson Italia –. Ci fa piacere, inoltre, constatare che gli italiani ripongano un’alta fiducia nei confronti delle imprese del farmaco e che il loro ruolo sia riconosciuto nell’ambito dell’innovazione, tanto nelle emergenze, quanto in situazioni ordinarie. La ricerca clinica rappresenta, infatti, la linfa vitale della nostra azienda, basti pensare che sono ben 18 le molecole Janssen incluse ad oggi dall’OMS nella lista dei “farmaci essenziali per l’umanità”. Abbiamo inoltre una pipeline di 14 nuove molecole su cui stiamo lavorando attualmente, in special modo negli ambiti oncologico e immunologico. Anche Janssen Italia partecipa in questo sforzo: in pochi anni (dal 2017 al 2020) abbiamo triplicato gli studi clinici nel


Policlinico Sant’Orsola Malpighi, Bologna.

nostro Paese, raggiungendo quasi quota 100 per un totale di 346 centri coinvolti». Maggiore personalizzazione delle terapie e dell’assistenza Il Rapporto Janssen-Censis rileva inoltre che, secondo gli italiani, la Sanità del futuro dovrà essere sempre più paziente-centrica e su misura: il 94,3% auspica una maggiore personalizzazione di cure, con il 92,9% che si aspetta che i percorsi di cura, dal domicilio, al territorio fino agli ospedali, siano modulati sulle esigenze personali del paziente. La personalizzazione delle cure è uno sforzo collettivo che Janssen sta già portando avanti da tempo, con progetti nell’ambito dell’oncologia solida, dell’ematologia e dell’immunologia. Un aspetto fondamentale della ricerca di un approccio personalizzato è il fatto che permette di garantire una maggiore sostenibilità del Sistema. Dare in modo tempestivo a un paziente delle terapie efficaci, che possano migliorare concretamente la sua qualità e aspettativa di vita, permette non solo di tutelare il paziente, ma anche di far sì

che il Sistema eviti inutili sprechi di risorse, utilizzando terapie che non darebbero risposte altrettanto efficaci. Quando parliamo di innovazione farmacologica è importante infatti tenere conto del suo valore olistico, considerando i costi in tutto il percorso di cura. Fiducia nei medici e nelle Sanità regionali Il desiderio di una maggiore personalizzazione di cure e assistenza è accompagnato dalla propensione dei cittadini a svolgere un ruolo quanto più diretto e attivo nei tanti processi relativi alla propria salute, a partire dalla relazione con il medico, riconosciuto come la voce più autorevole nella Sanità, che farà sempre prevalere la tutela della salute di fronte a esigenze economiche o di altro tipo. Per 8 italiani su 10 la sua azione è garanzia che il digitale non sostituirà mai per intero il fattore umano. Al contrario, il digitale è ciò che potrebbe emancipare il medico da eccessivi carichi burocratico-amministrativi, riuscendo così a recuperare tempo, energie e impegno nel rapporto con i pazienti, in cui potrà dispiega-

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re competenze ed empatia umana e relazionale, fondamentali nella buona Sanità per i cittadini. E la fiducia riposta in questa figura è già ai massimi livelli: ben 9 italiani su 10 si fidano dei medici (92,1%) e per altrettanti cittadini sono loro a dover essere al centro del Sistema Salute del futuro (93,9%). Risulta molto alta, infine, anche la percentuale di italiani che nutrono fiducia nel Servizio sanitario della propria Regione (73,2%). Un capitale che si proietta in avanti: il 61% dei cittadini è convinto che nei prossimi anni grazie alle lezioni apprese dalla pandemia la nostra Sanità migliorerà. Anche noi di Janssen guardiamo al futuro con ottimismo, convinti che sia possibile il passaggio da una medicina riparativa, di pura attesa del paziente, a una attiva di prevenzione incentrata sul paziente. Per far sì che ciò avvenga, è necessario il lavoro congiunto di tutti gli attori della Salute, e un ecosistema a organizzazione efficiente e flessibile, basato sull’innovazione e volto alla massimizzazione del valore per gli utenti, adattando ogni procedura, organizzazione, modello di governance a quell’obiettivo.


Sostenibilità digitale

di Lorenzo Papale – Editor di TechEconomy 2030

Sostenibilità digitale: perché non possiamo farne a meno? È sempre più forte la consapevolezza che “Trasformazione digitale” e “Sostenibilità” siano due facce della stessa medaglia. Ed è proprio lo studio delle dinamiche indotte dalla trasformazione digitale – con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, economica, sociale e culturale – la mission della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, la prima in Italia a occuparsi di questo tema.

C’

è chi parla di Verde e Blu. C’è chi, invece, pensa alle twin transition: le transizioni gemelle. Sta di fatto che è sempre più forte la consapevolezza che “Trasformazione digitale” e “Sostenibilità” siano due facce della stessa medaglia. Il paradosso, però, è che ancora oggi questi fenomeni vengono percepiti come due elementi tra loro separati, senza una reale comprensione della loro dimensione sistemica. Invece è proprio a partire dalla consapevolezza del filo che unisce questi due elementi che si dovreb-

be parlare di Sostenibilità Digitale: un concetto che, come spiegato da Stefano Epifani nel suo libro “Sostenibilità Digitale”: “definisce il ruolo sistemico del digitale rispetto alla sostenibilità, guardando ad esso da una parte come strumento di supporto per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, dall’altra come elemento da indirizzare attraverso criteri di sostenibilità. In questo duplice ruolo, la sostenibilità digitale riguarda quindi le interazioni della digitalizzazione e della trasformazione digitale rispetto a sostenibilità ambientale, economica e sociale”.

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Sostenibilità digitale

Non si può parlare di sostenibilità senza parlare di digitale tre fanno fatica: arrancano e sono convinte che sia sufficiente piantare alberi e comprare bottigliette di alluminio per chiudere la questione».

«Pensare di parlare di sostenibilità senza parlare di trasformazione digitale, semplicemente, non ha senso». È netto Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, rispetto al ruolo della digitalizzazione in relazione alla sostenibilità.

Che cosa serve, quindi, per affrontare il problema? «Servono molte cose, ma soprattutto consapevolezza della direzione del cambiamento, competenze per gestirlo, formazione per sviluppare cultura diffusa e capacità di leggere e misurare la propria condizione. Come fondazione di ricerca, grazie ai nostri partner, stiamo lavorando su molti di questi fronti. Con il network delle Università abbiamo realizzato un corso di alta formazione per sensibilizzare i decisori aziendali; con un gruppo di aziende che spazia da ENEL ad Italgas, da Cisco a DNV stiamo lavorando a uno strumento di misurazione dell’indice di sostenibilità digitale delle organizzazioni, per aiutarle a comprendere misurare il loro livello di performance; con EHT, un altro dei nostri soci, stiamo lavorando a un roadshow che toccherà molte università italiane per promuovere un premio per gli studenti dedicato, ovviamente, alla sostenibilità digitale».

Ma è proprio così, o la sua è una provocazione? «Nessuna provocazione: digitale e sostenibilità sono inestricabilmente connessi e l’uno ridefinisce il senso dell’altra. Parliamo di transizione energetica: non esiste smart grid senza digitale, né esistono co-generazione diffusa o micro-generazione. Il concetto stesso di transizione verso le energie rinnovabili è intrinsecamente legato alla presenza diffusa e pervasiva di reti digitali. E lo stesso vale per l’economia circolare, per il riciclo delle materie prime e delle materie prime seconde, per lo sviluppo di modelli di business basati sulla sharing economy (quella vera). Non è un tema che riguarda solo la dimensione ambientale, ma tocca trasversalmente anche economia e società». E le aziende? «Le aziende hanno due strade: comprendere la direzione del cambiamento e anticiparlo cogliendone le opportunità, oppure subirne le retroazioni negative. Quello che è successo negli anni scorsi con la digitalizzazione succederà con un’enfasi ancora superiore per la sostenibilità digitale. Dobbiamo capire tutti la dimensione del cambiamento: se la sostenibilità non entra nel modello di creazione del valore non è sostenibilità. È greenwashing».

Quanto contano, in questo, le Istituzioni? «Moltissimo. Per questo proprio in questi giorni abbiamo lanciato il DiSI: un indice che misura la consapevolezza dei cittadini delle diverse Regioni italiane rispetto al ruolo della tecnologia digitale per la sostenibilità. Capire qual è il posizionamento degli abitanti di un territorio è indispensabile per definire le politiche pubbliche di supporto. C’è molto da fare ancora: anche rispetto al PNRR, che troppo spesso guarda a questi fenomeni come se fossero separati e indipendenti tra loro».

Ma le organizzazioni italiane sono preparate? «Stiamo lavorando a una ricerca sul punto di vista dei c-Level italiani sull’impatto della sostenibilità digitale sulle strategie di impresa: i risultati sono molto variegati. Abbiamo aziende (e manager) che lo hanno capito perfettamente. Ma molte al-

Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale.

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La Fondazione per la Sostenibilità Digitale Un tema del quale – oggi più che mai – ogni azienda si dovrebbe occupare per comprendere da una parte in che modo la tecnologia digitale abbia una funzione trasformativa rispetto al business e, dall’altra, in che modo la sostenibilità ridefinisca il senso stesso del loro business in relazione ai consumatori, alle filiere di produzione, alla value chain nel suo complesso: l’attenzione delle imprese, dunque, dovrebbe rivolgersi ad entrambe le parti, in maniera complementare. Ed è proprio lo studio delle dinamiche indotte dalla trasformazione digitale – con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, economica,

SUSTAINABLE CODING

Per avere un mondo sostenibile servono software sostenibili: e non solo ambientalmente Rileggere Agenda 2030 per comprendere come essa possa diventare una linea guida per ridefinire il modo in cui si progetta e realizza il software. Questo è l’obiettivo del “Manifesto sul Sustainable Coding”, sviluppato dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale con l’obiettivo di supportare la community degli sviluppatori IT nella realizzazione di software rispettosi dell’ambiente e che garantiscano, allo stesso tempo, sostenibilità economica e sociale.

condizioni del lavoro dei team di sviluppo), quanto per chi lo utilizza (con riguardo, ad esempio, agli impatti delle scelte fatte a partire da algoritmi) e vuole essere una guida per riflettere su un tema, quello appunto del software, che ha un impatto enorme sulle vite di ognuno di noi. Ma è solo un primo passo per definire metriche e standard di valutazione dell’impatto per la sostenibilità digitale, sulle quali la Fondazione sta lavorando anche a una Proposta di Riferimento ISO. Il Manifesto, che articola i principi ispiratori dai quali partire per lo sviluppo della proposta, è disponibile all’indirizzo http://www.sostenibilitadigitale.it/sustainable-coding/.

Una rilettura strutturale di Agenda 2030 Il risultato è una rilettura strutturale di Agenda 2030, che propone goal e target ispirati a quelli di Agenda 2030 ma ripensati per fare della progettazione dei sistemi software un attivatore di processi di sviluppo sostenibile: un insieme di regole e consigli che valgono tanto per chi sviluppa software (in relazione, ad esempio, alle

Luciano Guglielmi, Direttore del Comitato di Indirizzo della Fondazione per la Sostenibilità Digitale

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Sostenibilità digitale

ITALIA

45 IL DiSi

Misurare la consapevolezza per pianificare le azioni La strada della sostenibilità digitale parte dalla consapevolezza dei cittadini. Per questo la Fondazione ha sviluppato il DiSI: un indice multidimensionale che ha l’obiettivo di misurare il livello di consapevolezza e di aspettative da parte dei territori rispetto al tema della Sostenibilità Digitale. Il DiSI non misura – come altri indici – la presenza di infrastrutture o la quantità di servizi digitali presenti in un determinato contesto, ma guarda al modo in cui le persone percepiscono il ruolo della digitalizzazione, quello della sostenibilità e quello del primo fenomeno in relazione al secondo per fornire agli amministratori una lettura del modello di percezione da parte dei cittadini. Ne esce un’Italia diversa da quella raccontata dagli altri indicatori, nella quale sono spesso proprio i territori meno infrastrutturalmente dotati a essere nelle prime posizioni. Un dato che non deve stupire, dal momento che le analisi sviluppate

dalla Fondazione dimostrano da una parte che l’uso della tecnologia digitale da parte degli italiani è poco consapevole in relazione ai possibili impatti di sostenibilità, e dall’altra che sono proprio i contesti territoriali meno infrastrutturati quelli dove si percepisce con maggior forza l’esigenza di servizi che altrove vengono dati per scontati. A ciò si aggiunge che in quei territori l’uso di tali servizi richiede un impegno maggiore da parte di chi è interessato a farlo, e tale impegno trova spesso motivazioni basate sulla sostenibilità da parte degli utenti più maturi. Dati che evidenziano come la comunicazione, verso i cittadini e verso il territorio, sia una leva fondamentale di sviluppo e una responsabilità inalienabile delle Amministrazioni. Simone Pastorelli, Direttore della Comunicazione della Fondazione per la Sostenibilità Digitale

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sostenibilitadigitale.it

sociale e culturale – la mission della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. La Fondazione, la prima nata in Italia a occuparsi di questo tema, raccoglie e mette a sistema un vasto network di Università (dalla Sapienza di Roma all’Università di Pavia, dall’Università di Cagliari a quella di Urbino, dal Politecnico di Palermo a quello di Torino), aziende (da ENEL ad ENI, da Cisco a ACI Informatica) e Istituzioni (dal Dipartimento della Trasformazione Digitale all’Istat). Il primo anno di attività Nata lo scorso 22 aprile 2021 in occasione della Giornata Mondiale della Terra, ha celebrato proprio in questi giorni il suo primo anno di attività, presentando il suo Osservatorio sulla Sostenibilità Digitale, il primo osservatorio nazionale dedicato a studiare e

approfondire l’opinione degli italiani rispetto alla loro percezione dei punti di contatto tra trasformazione digitale e sostenibilità e la loro aspettativa sugli impatti del digitale come motore di sviluppo sostenibile.

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Un impatto che può e deve essere misurato: per farlo ha sviluppato il DiSI (Digital Sustainability Index): un sistema di indicatori ideato per misurare quanto persone e organizzazioni utilizzino la tecnologia digitale come strumento di sostenibilità.


Amministrazione

a cura di Giuseppe De Moliner

Regione Lombardia, amministrazione trasparente grazie a “Lombardia, infatti”

«Abbiamo voluto creare uno strumento facilmente reperibile e consultabile da tutti: da qui la scelta di affidarci al web e a sintesi grafiche capaci di far emergere i risultati conseguiti in maniera efficace» spiega Attilio Fontana, Presidente dell’ente regionale lombardo. 46


Attilio Fontana, Presidente di Regione Lombardia.

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l progetto online “Lombardia, infatti” è uno strumento interessante per conoscere nel profondo un ente pubblico di rilievo come Regione Lombardia. Rappresenta una chiave di lettura nuova, quella dell’OpenReport, che consente di esplorare politiche e priorità della Regione così che siano chiari e fruibili per tutti, i risultati e gli effetti raggiunti nella prima parte della Legislatura. In primo piano ci sono parole come concretezza, trasparenza, immediatezza, sottolineate ed evidenziate in un contesto in cui la sostenibilità è al centro di una puntuale documentazione al ser-

vizio dei cittadini. È il Presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, a raccontarci com’è nata l’idea di “Lombardia, infatti” e quali sono gli obiettivi che l’ente regionale intende raggiungere con una scelta comunicativa di questo tipo. Presidente Fontana, quali sono le ragioni che vi hanno spinti a progettare e attuare “Lombardia infatti”? «La prima ragione è rendere evidente il valore prodotto dalla Lombardia per la Lombardia, cioè il contributo espresso dell’istituzione che rappresento in sinergia

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con le diverse anime della società lombarda – associazioni, imprese, altre amministrazioni, ecc. – per far crescere la nostra Regione. Credo molto nell’importanza dell’accountability pubblica, del rendere conto del proprio operato agli stakeholder e a tutti i cittadini. Si tratta di fare proprio il concetto di trasparenza, incentrato soprattutto sull’accesso alle informazioni da parte dei cittadini, e di svilupparlo per andare oltre la semplice pubblicazione dei dati. Abbiamo voluto esplicitare gli effetti delle azioni realizzate sul territorio nel modo più concreto, rigoroso e semplice possibile per valorizzare l’assunzione di responsabilità e la logica di servizio che guidano le attività regionali e per dare ai cittadini una base conoscitiva solida, che possa attivare una partecipazione più consapevole al dibattito pubblico. Abbiamo voluto che Lombardia Infatti fosse facilmente reperibile e consultabile da tutti: da qui la scelta di affidarci al web e a sintesi grafiche che facessero emergere i risultati conseguiti in maniera efficace». Quali risultati volete raggiungere? «Quello che ci aspettiamo da questa operazione, la prima di questo genere effettuata da una Regione italiana, è innanzitutto un’aumentata conoscenza delle attività e dei risultati conseguiti da Regione Lombardia nella prima metà di questa Legislatura. La Regione è un ente con una pluralità e complessità di competenze che può essere di difficile comprensione a uno sguardo esterno, per questo avere uno strumento di sintesi che coniughi metodo ed efficacia comunicativa diventa fondamentale. È una base informativa chiara è imprescindibile per attivare una partecipazione consapevole degli stakeholder al percorso verso la fine del mandato. Ci aspettiamo anche che una maggiore conoscenza degli interventi realizzati da Regione, rafforzi la fiducia nell’istituzione alla luce di quanto realizzato in questi anni, anche per fronteggiare l’emergenza COVID-19».


Amministrazione Quali sono stati i passaggi del percorso che hanno portato alla costruzione di “Lombardia infatti”? «Prima ho detto che la Regione può essere una realtà molto complessa se vista dall’esterno. In tutta onestà, devo dire che la complessità è ben visibile anche internamente. Gli uffici regionali si occupano ogni giorno di una grande mole di attività, bandi, progetti e relazioni con i diversi soggetti del territorio. Per questo, il primo essenziale step del lavoro è stato la raccolta di dati e informazioni. A seguire ci siamo dedicati alla selezione degli elementi utili a rendere chiari e misurabili i risultati raggiunti. Tengo molto a sottolineare che per noi rendere in forma comunicativa le informazioni non vuol dire darne una lettura sensazionalistica. Alla base di “Lombardia infatti” ci sono dati e numeri verificati, c’è un profondo rigore metodologico, c’è la volontà reale di condividere risultati concreti». In quale modo i cittadini possono interagire? Come avete operato per far sì che i dati fossero chiari e comprensibili anche ai non addetti ai lavori? «Il sito “Lombardia infatti” è navigabile in diversi modi: innanzitutto per temi, modalità che consente di approfondire i risultati conseguiti nell’attuazione delle politiche; chi visita il sito, inoltre, può venire a conoscenza degli interventi realizzati in base al proprio profilo e agli interessi; infine, abbiamo selezionato i progetti più significativi, i “Progetti in primo piano”. In particolare, la navigazione in base al profilo è particolarmente interessante dal punto di vista dell’interazione, perché consente a cittadini, imprese, enti del Terzo settore e altre pubbliche amministrazioni di individuare le iniziative e i risultati conseguiti da Regione a beneficio della propria categoria di appartenenza. Per quanto riguarda la chiarezza e l’immediatezza dei dati, abbiamo lavorato molto sulle potenzialità dei grafici, delle infografiche e dei numeri chiave, in quanto sono

ti prodotti dal secondo, occupandosi infine di tradurre il tutto nello strumento di rendicontazione digitale “Lombardia infatti”».

strumenti di sintesi capaci di restituire il significato delle cifre che rappresentano». L’elaborazione di “Lombardia infatti” presuppone un clima di grande collaborazione e la partecipazione di tutti gli Assessorati e le Direzioni. Avete attivato una collaborazione ampia o il progetto è stato seguito da un gruppo ristretto? «Proprio perché la Regione è una realtà molto complessa, il lavoro è stato organizzato seguendo un duplice binario. È stata istituita una Cabina di regia con compiti di governance e indirizzo, composta dai vertici delle funzioni strategiche regionali – programmazione strategica, bilancio, affari istituzionali, comunicazione, semplificazione, nonché il mio staff –, PolisLombardia, l’istituto di ricerca a supporto delle politiche di Regione Lombardia, e ARIA SpA, la digital company regionale. Accanto alla Cabina di regia ha operato un gruppo di lavoro che ha raccolto e verificato le informazioni sulle attività e sui risultati. Questo team, con funzioni più operative, era composto da tutte le 16 Direzioni regionali. Il team di progetto si è relazionato sia con la Cabina di regia sia con il gruppo di lavoro, al fine di rendere coerenti gli indirizzi espressi dal primo con i contenu-

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Quale metodo ha guidato la costruzione di “Lombardia infatti”? «Come accennavo prima, il lavoro è stato articolato in due fasi: una prima fase di analisi e raccolta delle informazioni e dei dati, cui è seguita una seconda fase dedicata alla selezione, alla sintesi e alla resa comunicativa dei contenuti raccolti. La prima fase è stata finalizzata a verificare come gli impegni si siano tradotti in politiche, attività e progetti e a misurare in modo rigoroso risorse, risultati ed effetti; la seconda fase ha avuto come obiettivo rendere accessibile e trasparente l’azione regionale, rappresentando in modo credibile e verificabile il valore sociale, economico e ambientale prodotto». Come intendete sviluppare questo strumento di rendicontazione trasparente in futuro? «L’idea è di fare tesoro di questa preziosa esperienza e di svilupparla ulteriormente in vista del bilancio di fine mandato. Anche dopo aver concluso il lavoro di “Lombardia infatti”, la Regione non si è mai fermata e sono tanti i risultati e gli effetti prodotti nella seconda metà della Legislatura. Dopo aver diffuso questa base conoscitiva aggiornata a metà del percorso, mi sembra doveroso andare avanti e completare l’esperienza portandola alla fine del mandato». Ora è necessario che questi dati siano conosciuti. Avete in previsione una campagna informativa o di comunicazione specifica per “Lombardia infatti”? «“Lombardia infatti” è online da dicembre 2021 ed è stato promosso innanzitutto presso i soggetti che più direttamente si relazionano con Regione Lombardia, cioè gli Assessori della Giunta e i dipendenti regionali, il Consiglio regionale, i sindaci dei Comuni della Lombardia e il Patto per lo sviluppo, che riunisce le associazioni regionali


LA PRIMA RENDICONTAZIONE DIGITALE DI UN ENTE REGIONALE IN ITALIA

Finalità, metodo ed elementi distintivi di “Lombardia, infatti” alle esigenze informative dei diversi interlocutori: Cittadino, Imprese, Pubblica amministrazione, Terzo settore.

“Lombardia, infatti” è il percorso avviato da Regione Lombardia per misurare e comunicare in modo innovativo, dinamico e interattivo il valore prodotto da scelte e attività dell’amministrazione regionale nella prima metà della Legislatura sulla base degli impegni assunti. Con OpenReport®, consultabile al link www.lombardiainfatti.regione.lombardia.it, la Lombardia è la prima Regione in Italia a usare il web per dare conto in modo strutturato, completo e accessibile anche ai non addetti ai lavori dell’azione amministrativa, aggiornando dati e informazioni in vista della fine del mandato. Il percorso di rendicontazione è stato costruito secondo il metodo Refe Rendersi conto per rendere conto®. La fase del rendersi conto ha coinvolto tutti gli Assessorati e le Direzioni in un’analisi finalizzata a verificare come gli impegni si sono tradotti in politiche, attività e progetti e misurare risorse, risultati ed effetti. Il rendere conto ha attivato una comunicazione di senso per rendere accessibile e trasparente l’azione regionale. Il portale è accompagnato da una sintesi divulgativa scaricabile che presenta un estratto dei contenuti.

• Connessione con l’Agenda 2030 ONU OpenReport® evidenzia gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile intercettati da priorità, temi chiave e progetti di Regione Lombardia. • Efficacia comunicativa e leggibilità OpenReport® rappresenta in modo semplice e chiaro anche per i non addetti ai lavori la complessità dell’azione regionale e dà visibilità ai risultati più significativi tramite infografiche, grafici e numeri chiave. • Sostenibilità e aggiornamento in itinere La rendicontazione digitale è coerente con un approccio sostenibile in termini sia ambientali che economici, con un risparmio di risorse naturali (carta, acqua, energia) e di costi per stampa e diffusione. “Lombardia, infatti” nasce con l’obiettivo di far conoscere scelte, attività, risultati ed effetti prodotti ricostruendo il senso e il valore del lavoro svolto. Il tutto a beneficio di cittadini, imprese, sistema pubblico e società civile. Il portale vuole offrire una base informativa chiara sulla quale attivare una partecipazione informata e consapevole in modo da rafforzare la fiducia e la trasparenza dell’Amministrazione regionale. Un progetto che riesce a coniugare rigore metodologico ed efficacia comunicativa e che può essere considerato a tutti gli effetti come una delle operazioni di accountability pubblica più innovative d’Italia.

I PRINCIPALI ELEMENTI DISTINTIVI DI “LOMBARDIA INFATTI” SONO: • Navigazione semplice, intuitiva e personalizzata OpenReport® approfondisce impegni e progetti con due modalità di navigazione: per priorità e temi chiave (Lombardia per temi) oppure per profilo e interessi (Lombardia per te) così da rispondere

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Amministrazione più rappresentative del mondo imprenditoriale, sindacale, del Terzo settore, dell’università e degli enti locali. Quando verrà predisposto il bilancio di fine mandato, sarà accompagnato dalle opportune attività di comunicazione». OpenReport® è un sistema di reporting che permette aggiornamenti periodici. Con quale frequenza sarà aggiornato? «Il prossimo importantissimo step sarà l’aggiornamento dalla metà del mandato, che è ciò che è visibile adesso online, ai risultati relativi alla fine della Legislatura. La conclusione di una Legislatura è un momento altamente significativo per le attività regionali, perché segna la fine di un ciclo. Aggiornare “Lombardia infatti”, quindi, non vorrà dire semplicemente aggiornare i risultati presentati, ma implicherà un’impostazione del lavoro su una visione più ampia e completa di quanto è stato conseguito. Vorrà dire rendicontare a tutta la Lombardia come è stato realizzato il Programma regionale di sviluppo presentato nel 2018 e passare il testimone alla Legislatura successiva indicando chiaramente quale sia il punto di partenza e come ci si è arrivati». In Regione Lombardia come è stato recepito questo nuovo strumento conoscitivo? Prevedete azioni di formazione per consolidare competenze, la convergenza sugli impegni e le priorità dichiarate, far evolvere il sistema di indicatori e accrescere il senso di appartenenza all’Ente regionale? «Un aspetto importante del metodo seguito è rappresentato dall’ampio coinvolgimento interno all’organizzazione, che ha permesso anche a chi lavora dentro Regione Lombardia di guardare alle attività svolte con un approccio diverso, che ha portato al rafforzamento della conoscenza degli effetti delle azioni regionali, e quindi degli effetti del proprio lavoro quotidiano. “Lombardia infatti”si è rivelato un progetto molto prezioso perché ci ha consentito di analizzare i processi e i loro esiti, portandoci a

voler migliorare i sistemi utilizzati. Attualmente stiamo rivedendo gli strumenti con cui monitoriamo l’avanzamento delle attività avviate in rapporto agli obiettivi e i relativi indicatori di risultato. Prossimamente partiranno le attività formative rivolte al personale. La volontà è di migliorare la conoscenza interna affinché sia condiviso fin da subito quale sia il senso delle scelte effettuate a livello di governance e quali siano i risultati e gli impatti prodotti. Credo si tratti della base per aumentare la consapevolezza del proprio ruolo e del proprio contributo dentro e fuori all’organizzazione. Uno degli obiettivi del percorso che abbiamo intrapreso è proprio una partecipazione più consapevole ai processi interni e l’aumento

A partire dal 2020 abbiamo cercato di attivare più misure possibili a favore delle imprese, degli enti locali e delle famiglie

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del senso di appartenenza. Vogliamo che “Lombardia infatti” sia uno strumento che migliori sia la qualità delle relazioni con i nostri stakeholder esterni, sia la consapevolezza di chi lavora per la Regione ogni giorno». In questo momento di crisi economica per la guerra e per la pandemia, abbiamo notato il piano di investimenti per l’innovazione e la cifra di 1,95 miliardi per interventi relativi alle infrastrutture. Quali investimenti sono previsti? «Il contrasto alla crisi economica è uno degli ambiti in cui Regione Lombardia è più attiva, nonché uno dei temi su cui ci saranno molti avanzamenti da includere nel prossimo aggiornamento di Lombardia Infatti. A partire dal Piano Lombardia, approvato nel 2020 e recentemente aggiornato e integrato con nuove risorse e interventi, abbiamo cercato di attivare più misure possibili a favore delle imprese, degli enti locali e delle famiglie. Solo il Piano Lombardia, che ho nominato poco fa, prevede a oggi quasi 4 miliardi di euro destinati a interventi e infrastrutture da realizzare sul territorio. E non dobbiamo dimenticare che, anche se il contesto in cui ci troviamo presenta elementi di crisi, ci troviamo in una fase molto particolare e ricca di opportunità: il PNRR, i Giochi olimpici


le Regioni spetta l’attuazione di tali principi. Di certo Regione Lombardia conferma il proprio impegno, soprattutto nel migliorare l’efficienza energetica degli edifici, tema su cui sono previste anche risorse del PNRR».

Milano-Cortina 2026, il nuovo ciclo di programmazione europea 20212027 sono strumenti di rilancio formidabili che dobbiamo essere capaci di sfruttare al massimo. Per dare un’idea, a oggi le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ricadono in Lombardia sono oltre 9,5 miliardi di euro; per le Olimpiadi sono già previsti quasi 5 miliardi di euro di risorse nazionali e regionali per le infrastrutture; i nuovi piani finanziari FESR e FSE+ comprendono, oltre alle risorse europee, un cofinanziamento nazionale e regionale per arrivare a oltre 3,5 miliardi di euro complessivi». Ci sono 100 milioni per la ricerca e le Università, ma come pensate di intervenire su settori come sanità, sviluppo dell’agro-alimentare lombardo e soprattutto settore energetico? «Gli investimenti che ho menzionato prima verranno impiegati su moltissime politiche. Farò qualche esempio riguardante gli ambiti di cui mi chiede. Per quanto riguarda la sanità, grazie alle risorse del PNRR stiamo sviluppando la rete degli Ospedali di Comunità, delle Case di Comunità e delle Centrali Operative Territoriali, che consentiranno ai cittadini lombardi di avere, accanto alle grandi strutture ospedaliere, dei punti di riferimen-

to maggiormente distribuiti sul territorio. Le prime strutture sono state inaugurate ad aprile e in totale in tutta la regione saranno realizzati 71 Ospedali di Comunità, 218 Case di Comunità e 101 Centrali Operative. Il settore agroalimentare lombardo, in particolare i prodotti tipici delle aree montane, potrà trovare visibilità nazionale e internazionale nell’ambito delle attività di promozione del territorio che saranno sviluppate in occasione delle Olimpiadi. Passando al tema dell’energia, bisogna ricordare che, in base alla Costituzione, la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia sono materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Ciò vuol dire che i principi fondamentali sono definiti a livello nazionale e al-

Per le Olimpiadi è già previsto un investimento di quasi 5 miliardi di euro di risorse nazionali e regionali per le infrastrutture

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Abbiamo notato l’attenzione per le start-up. E in modo particolare “Fashiontech”. Ritenete che questi progetti siano strategici per il futuro della rinnovata Regione Lombardia? «Fashiontech è il progetto finanziato con fondi europei 2014-2020 che ha sostenuto i progetti di ricerca e sviluppo, finalizzati all’innovazione del settore tessile e moda, secondo il principio della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Complessivamente sono stati finanziati 17 progetti per un investimento di 9,8 milioni di euro. Riteniamo sicuramente che esperienze di questo tipo vadano promosse e che sostenibilità e innovazione siano le chiavi di sviluppo su cui la Lombardia debba puntare. Per questo, insieme a Fondazione Cariplo, Regione Lombardia sostiene con 1,5 milioni di euro il programma di accelerazione internazionale Berkeley SkyDeck Europa Milano (“BSEM”), nato dalla partnership tra l’Università di Berkeley, l’hub di innovazione italiano Cariplo Factory e il gruppo del real estate Lendlease. Il programma, che vede anche la collaborazione dell’Università Statale di Milano, dell’IRCCS Galeazzi, della Fondazione Human Technopole e dell’Istituto Italiano di Tecnologia, si terrà negli spazi di MIND-Milano Innovation District (l’area dove si è svolta Expo 2015) ed è focalizzato sull’accelerazione delle start-up con sede in Europa. Tra i settori ad alto tasso di innovazione cui è dedicato il programma, spiccano energia, economia circolare e agrifood. Il programma si concluderà in autunno e dà la possibilità alle startup di accedere più facilmente alla vasta rete di consulenti, mentori e società che Berkeley SkyDeck ha costruito negli ultimi 10 anni diventando uno dei punti di riferimento della Silicon Valley».


Terzo settore

di Mauro Diluca – Fare Non Profit di CSV Milano

RigeneraETS.net: fuori dalla pandemia, insieme Nei momenti di emergenza diventa fondamentale mettere in comune le risorse di cui ciascuno è portatore. RigeneraETS.net ha l’obiettivo di creare una rete di sostegno per la rinascita e crescita delle realtà non profit in difficoltà.

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appiamo come la pandemia abbia influito pesantemente anche sul Terzo settore, da un lato particolarmente esposto agli effetti delle contratture economiche e sociali, dall’altro chiamato a fare la sua parte nel contesto dell’emergenza socio-sanitaria, specialmente nei confronti dei più fragili e là dove lo Stato fatica a intervenire con prontezza. Un ruolo svolto, in questi ultimi due anni, con ancora più passione, impegno e qualità delle risposte fornite ai bisogni della comunità che, ancora una volta, ha riconosciuto al Terzo settore il ruolo di collante e motore sociale. Questo non significa però che tutto sia filato liscio, anzi: non sono mancati smarrimento, fatica e frustrazione, considerando anche la coincidenza dei tempi della pandemia con una delle fasi più importanti della Riforma del Terzo settore e con tutto quel “mettersi in discussione” che questa comporta. Ecco però che, ancora una volta, la crisi ha insegnato che nei momenti di emergenza e difficoltà diventa fondamentale mettere in comune le risorse di cui ciascuno è portatore, collaborare insomma.

Spesso è questo il modo migliore per incrementare l’efficacia delle proprie azioni. Mettere a sistema una rete di sostegno Il progetto RigeneraETS.net nasce da tale consapevolezza, con l’obiettivo preciso di mettere a sistema una rete di sostegno per la rinascita e la crescita delle realtà non profit in difficoltà sia per gli effetti della pandemia e sia di fronte agli ostacoli dell’avvio del Registro unico nazionale del Terzo settore e di tutte le novità che la Riforma introduce. RigeneraETS.net è stato creato per rispondere a questa duplice sfida, ricomponendo i bisogni degli enti, facendosi tramite con la Pubblica Amministrazione da un lato, offrendo soluzioni e sostegno a percorsi e progetti organizzativi dall’altro.

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I protagonisti di questa alleanza sono sette. I Forum del Terzo settore di Milano, Adda Martesana e Altomilanese sono i promotori insieme a CSV Milano; ACLI Milano, Dipartimento Welfare di Legacoop Lombardia, Federsolidarietà Confcooperative Milano insieme a CSV Milano sono gli attuatori. Il lavoro di rete inizia dalle “antenne” sul territorio, cioè i “punti di sostegno”. Queste sono le sedi operative dei diversi partner e vengono attivate per ascoltare, raccogliere e mappare i bisogni organizzativi, gestionali e progettuali degli enti di Terzo settore. Gli ETS possono scegliere tra ACLI Milano e CSV Milano; le imprese sociali e le cooperative sociali possono attivarsi rivolgendosi a Federsolidarietà Confcooperative Milano, Lodi, Monza e Brianza o il Dipartimento Welfare di Legacoop. Un percorso progettato su misura per ogni ente La richiesta passa per un articolato questionario che fotografa l’ente nel suo contesto, inquadra il profilo giuridico ed economico, mette in evidenza sofferenze, bisogni e aspirazioni, indaga le conoscenze e competenze in


(foto Costanzo D’Angelo) (foto Mario Furlan)

relazione alla Riforma del Terzo settore. A seguito dell’inoltro del documento, l’ente viene coinvolto in un percorso progettato su misura per affrontare le diverse

questioni, da più punti di vista, ma in un’ottica integrata e strategica. Questo può avvenire grazie all’esperienza di chi sta nella cabina di regia e di chi materialmente

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si spende a favore degli enti: un team di professionisti esperto in molteplici settori avvia contatti e relazioni per partnership e offre preziosi pareri di specialisti, come quelli provenienti dal Gruppo volontariato di Manageritalia e Probono Italia. Questa è un’altra evidenza di come l’incontro tra mondo delle imprese e non profit sia fruttuoso, funzionale e apprezzato, da tutti. Il progetto è stato presentato in tutto il territorio della Città Metropolitana di Milano ed è in fase di attuazione. Sull’apposita pagina del sito di CSV Milano (www.csvlombardia.it) sono presenti tutte le informazioni per approfondire e partecipare a RigeneraETS.net.


Normative europee

di Ylenia Esther Yashar

Al via un’altra proposta di Direttiva UE sulla sostenibilità

Il 25 febbraio scorso la commissione Europea ha presentato una proposta sulla “Corporate Sustainability Due Diligence”, con l’obiettivo di promuovere comportamenti aziendali sostenibili e responsabili e aumentare il grado di trasparenza verso consumatori e azionisti.

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embra di fare un passo nel 2014 quando si è dovuti ricorrere a una normativa cogente per far sì che le imprese si impegnassero nella disclosure sulla sostenibilità. Uno sguardo d’insieme Era nata così la Direttiva europea n. 95 del 2014 che, qualche anno fa, ha rappresentato un enorme

passo in avanti e che però sta per essere superata da obblighi ulteriori. Per dirla in maniera semplice: ci si trova in una fase in cui occorre superare l’ambito volontaristico e spingere le aziende con le regole. È ciò che emerge nel background della proposta presentata il 25 febbraio dalla Commissione europea con riferimento alla “Corporate Sustainability Due Diligen-

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ce” con l’obiettivo di promuovere comportamenti aziendali sostenibili e responsabili lungo le catene del valore globali, aumentare il grado di trasparenza verso consumatori e azionisti e di uniformare la situazione all’interno dell’Unione europea in quanto alcuni Stati sono già più avanzati sul tema della due diligence (“diligenza necessaria”) così come alcune aziende.


Il ruolo chiave delle aziende è ormai sdoganato per rendere la società più verde, inclusiva e forward-looking. E sono proprio queste a essere chiamate a identificare e, ove necessario, prevenire, porre fine o mitigare gli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei lavoratori, e sull’ambiente, ad esempio l’inquinamento e la perdita di biodiversità. Per le imprese queste nuove regole porteranno certezza del diritto e parità di condizioni. Inoltre, il settore pubblico è chiamato come garante.

Nello specifico, le aziende dovranno: • integrare la due diligence nelle proprie politiche • identificare i diritti umani negativi effettivi o potenziali e gli impatti ambientali • prevenire o mitigare potenziali impatti • porre fine o ridurre al minimo gli effetti effettivi • istituire e mantenere una procedura di reclamo • monitorare l’efficacia della politica e delle misure di due diligence • comunicare pubblicamente sulla due diligence. Le aziende interessate dovranno quindi adottare misure appropriate, alla luce della gravità e della probabilità di impatti diversi, delle misure a disposizione dell’azienda e della necessità di stabilire priorità. La proposta comprende anche misure di accompagnamento che sosterranno tutte le imprese, comprese le PMI, che potrebbero essere indirettamente interessate. Le misure comprendono lo sviluppo di siti web, piattaforme o portali dedicati individualmente o congiuntamente e un potenziale sostegno finanziario per le PMI.

Il ruolo delle autorità amministrative Le autorità amministrative nazionali nominate dagli Stati membri saranno responsabili della supervisione di queste nuove norme e potranno infliggere sanzioni in caso di inosservanza. Inoltre, le vittime avranno la possibilità di intraprendere un’azione legale per danni che si sarebbero potuti evitare tramite adeguate

“DILIGENZA NECESSARIA” nel gestire i temi dei diritti umani e degli impatti ambientali.

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DUE DILIGENCE

La proposta in breve: applicazione e obblighi La proposta stabilisce un dovere di due diligence in materia di sostenibilità aziendale per gestire i temi dei diritti umani e degli impatti ambientali. Le piccole e medie imprese (PMI) non rientrano direttamente nell’ambito di applicazione della presente proposta. La proposta si applica alle attività proprie della società, alle sue filiali e alle loro catene del valore. Le nuove regole si applicheranno alle seguenti società e settori: • Imprese dell’UE Gruppo 1: tutte le società a responsabilità limitata dell’UE di notevoli dimensioni e potere economico (con oltre 500 dipendenti e oltre 150 milioni di EUR di fatturato netto in tutto il mondo). Inoltre, le società del gruppo 1 devono disporre di un piano per garantire che la loro strategia aziendale sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C in linea con l’accordo di Parigi. Gruppo 2: altre società a responsabilità limitata operanti in settori definiti ad alto impatto, che non soddisfano entrambe le soglie del Gruppo 1, ma hanno più di 250 dipendenti e un fatturato netto di 40 milioni di euro nel mondo e oltre. Per queste società, le regole inizieranno ad applicarsi 2 anni dopo rispetto al gruppo 1. • Imprese extra UE attive nell’UE con soglia di fatturato allineata al Gruppo 1 e 2, generato nell’UE.

Che cosa dovranno fare le aziende

misure di due diligence. Nella proposta sono introdotti anche i compiti dei direttori delle aziende di impostare e vigilare sull’attuazione della due diligence e di integrarla nella strategia aziendale. Inoltre, per adempiere al loro dovere di agire nel migliore interesse dell’azienda, i direttori d’azienda devono tenere conto dei diritti umani, dei cambiamenti climatici e delle conseguenze ambientali delle loro decisioni. Laddove godano di una remunerazione variabile, saranno incentivati​​ a contribuire alla lotta al cambiamento climatico in riferimento al piano aziendale. I prossimi passi La proposta sarà presentata al Parlamento Europeo e al Consiglio per l’approvazione. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni per recepire la Direttiva nell’ordinamento giuridico nazionale e comunicare i testi alla Commissione.


Finanza sostenibile

di Tommaso Romagnoli

L’insostenibile leggerezza delle criptovalute

Create per fornire sistemi di pagamento online alternativi, le criptovalute non sono ancora molto sviluppate e il loro valore è ancora troppo volatile per essere considerate del tutto idonee. Se si riuscirà a risolvere il problema dell’impressionante consumo energetico che le riguarda, potranno avere un futuro green e appetibile.

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ltre 13 anni fa fu creata la prima blockchain di Bitcoin; il suo ideatore Satoshi Nakamoto effettuò infatti il primo scambio online di 10BTC. Da allora ad oggi esse si sono moltiplicate fino ad arrivare a 1.600, ma le più importanti sono qualche decina. Le criptovalute sono una rappresentazione digitale di valore, basata sulla crittografia. Nell’eti-

mologia del termine è condensata la sintesi di ciò che sono (in inglese cryptography cioè crittografia e currency, valuta). Per una più chiara definizione possiamo dire che “la criptovaluta è una moneta digitale creata attraverso un sistema di codici che funzionano in modo autonomo, al di fuori dei tradizionali sistemi bancari e governativi. Utilizzano la crittografia per ren-

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dere sicure le transazioni e regolamentare la creazione di unità supplementari. Sono state create per fornire sistemi di pagamento online alternativi, che ad oggi però non sono ancora molto sviluppati e sono pochi i consumatori che le utilizzano. Inoltre il loro valore è ancora troppo volatile per essere considerate sistemi di pagamento idonei”. (fonte: cmcmarkets.com)


Le CRIPTOMONETE sono tutte digitali cioè esistono solo nei computer o nei siti che offrono il servizio di compravendita. Non fanno riferimento ad alcuna istituzione finanziaria (banche) o governativa (stati sovrani). Sono globali, non hanno alcun problema di cambio e sono crittografate, cioè non esistono regole per lo scambio e per il loro possesso. Le caratteristiche delle criptomonete Le criptomonete sono accumunate da alcune caratteristiche fondamentali. Sono tutte completamente digitali cioè esistono solo nei computer o nei siti che offrono il servizio di compravendita. Inoltre passano di mano da persona a persona (Peer to Peer) in maniera ovviamente dirette e on line. Proprio perché non fanno riferimento ad alcuna istituzione finanziaria (banche) o governativa (stati sovrani) le criptovalute sono globali e non hanno alcun problema di cambio. Inoltre, caratteristica fondamentale, sono crittografate, cioè non esistono regole per lo scambio e per il loro possesso. Non è nemmeno necessario dichiarare chi sia l’utente che le utilizza; a ognuno di essi viene dato un codice in maniera da rimanere nell’anonimato. Non c’è quindi nemmeno biso-

gno di alcuna istituzione o ente che garantisca il valore o la quantità. Appare evidente dunque che alcune delle caratteristiche che accomunano le valute digitali presentano elementi di grande criticità. Infatti il loro valore è estremamente instabile e dipende molto dalla loro popolarità e dalla forza delle campagne di marketing per il loro sviluppo. Non a caso qualche tempo fa le dichiarazioni di un personaggio famoso quale Elon Musk provocarono forti scossoni al valore del Bitcoin, una delle cryptocurrency più famose: in quell’occasione il fondatore di Tesla semplicemente affermò che la sua azienda non avrebbe più accettato pagamenti in bitcoin. Inoltre, proprio per la mancanza di registrazione dei passaggi e di regole di scambio tali valute piacciono molto a chi ama la discrezione. I bitcoin oggi sono considerati un bene di investimento a forte spe-

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culazione e attraggono l’attenzione degli investitori più giovani, attenti alla sostenibilità del pianeta. Il problema del consumo energetico Purtroppo però la produzione e lo scambio delle valute prevede un consumo energetico impressionante; le mining farm (dall’inglese fattoria di estrazione) – cioè i luoghi in cui vengono generate le criptovalute ed operano le blockchain (il registro che regola le criptomonete) – sono costituite da server molto potenti con enormi capacità per garantire una capacità di calcolo molto estesa. Tutto ciò comporta un consumo di energia enorme. Non per nulla uno dei maggiori centri di mining farm è l’Islanda, dove il costo dell’energia è più contenuto grazie alla sua produzione dall’energia geotermica. Per verificare le transazioni sulla blockchain migliaia di computer, in gergo detti nodi, si collegano alla catena. L’approvazione della transazione spetta al primo computer che riesce a risolvere un sofisticato algoritmo. Quindi per ogni transazione una folla di computer si collega alla blockchain per partecipare alla gara. Questo sistema è detto proof-of-work, a cui partecipano in giro per il mondo i possessori di computer sempre più potenti. In alternativa a questo sistema, ovviamente con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici, da qualche tempo alcune criptovalute alternative al bitcoin, stanno incominciando a utilizzare un sistema diverso: non una corsa alla soluzione dell’algoritmo ma una selezione casuale di volta in volta dei nodi che partecipano alla blockchain. Questo sistema, denominato proof-of-stake, richiede meno dell’1% di energia utilizzata per ogni transazione dai bitcoin. Questo nuovo sistema di validazione è ciò che permetterà, alle valute digitali che si sapranno adattare, un futuro green e appetibilità. La blockchain infatti ha grandi potenzialità non solo in campo finanziario ma anche in quello artistico e culturale. Sviluppo possibile solo garantendone la svolta green.


News

a cura di Andrea Lisi

I giovani pensano a vacanze rispettose dell’ambiente Sarà un effetto della pandemia, sarà la voglia di tornare a viaggiare, sarà una maggiore consapevolezza dell’importanza della “salute” ambientale, sta di fatto che i numeri emersi nell’ambito del Global Travel Summit 2022 di Allianz Partner – una serie di incontri virtuali che ha visto più di 1.000 partecipanti – indicano che le persone al momento di scegliere la propria vacanza prestano sempre più attenzione all’impatto delle scelte che vanno a effettuare. Un’impostazione che riguarda soprattutto la fascia di età compresa tra i 25 e i 40 anni, disposta a scegliere le proprie destinazioni estive in base all’impatto che il loro viaggio può avere sull’ambiente. E le buone intenzioni non si fermano qui, visto che i giovani del mondo anglosassone hanno chiesto in larga maggioranza che nei filtri di prenotazione dei viaggi sia inserita anche la voce “sostenibilità”. La tendenza sembra essere (per il 56% dei coinvolti) quella di ridurre i propri viaggi per impattare meno sull’ambiente e in ogni caso di preferire sistemi di spostamento più rispettosi e sostenibili, e al tempo stesso meno dispendiosi, come il treno o il camper. Il rischio che viene evidenziato, in questo momento storico particolare, è che la crisi internazionale incida sui costi delle vacanze in generale facendo sì che queste non siano più considerate priorità dai consumatori che dispongono di budget limitati. Ha spiegato Joe Mason, Chief Marketing Officer - Travel di Allianz Partners: «La forte ripresa del turismo deve affrontare una nuova serie di sfide. La volatilità economica, i disordini geopolitici e l’aumento del costo della vita, insieme al desiderio di fare scelte sostenibili ed ecocompatibili, avranno tutti un impatto duraturo sul nostro settore. La necessità di adattarsi a un nuovo contesto non è mai stata così fondamentale».

19 aziende italiane al top sul taglio delle emissioni Lo scorso inizio di aprile il Financial Times ha pubblicato l’Europe’s Climate Leaders 2022, elenco delle 400 società europee che hanno ottenuto i migliori risultati in relazione al taglio delle emissioni di gas serra nel quinquennio 2015-2020. Tra le aziende che si sono distinte per le attività messe in campo al fine di raggiungere gli obiettivi tracciati dal Green Deal per la decarbonizzazione se ne annoverano ben 120 del Regno Unito, 52 della Germania e 44 della Francia. Per l’Italia una rappresentanza ben più ristretta: le aziende in classifica sono solo 19. Con una nota però di merito: il Gruppo CAP, che gestisce il servizio idrico integrato della Città Metropolitana di Milano, ha meritato il secondo posto assoluto, dietro alla svizzera Logitech International e davanti alla svedese ICA Groupen. Le altre aziende Italiane presenti sono, in ordine di classifica: Esprinet, Fastweb, Italgas, Enel, A2A, Webuild, Feralpi Holding, SOL Group, Mondadori, Acea Energia, Banco BPM, Unipol Gruppo, MM, Prysmian Group, SOGIN, Prada, Piaggio, IGD SiiQ.

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Le piccole isole italiane diventano laboratori di sostenibilità ecologica Le piccole isole italiane sono destinate a diventare laboratori di sostenibilità ecologica. Questo l’obiettivo relativo a 140 progetti di sviluppo sostenibile finanziati con 200 milioni derivanti dall’investimento 3.1 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che riguarderanno le risorse idriche, l’efficientamento energetico, la produzione di energia da fonti rinnovabili e la gestione del ciclo dei rifiuti urbani. Le isole rientranti nel progetto sono: isola del Giglio, Capraia, Ponza, Ventotene, Isole Tremiti, Ustica, Pantelleria, Salina, Favignana, Lampedusa e Lipari. L’idea è di renderle al 100% sostenibili e fare sì che diventino esempi virtuosi in ambito ambientale ed energetico da replicare anche in altre realtà. Uno sguardo attento sarà rivolto anche alla mobilità sostenibile, con l’acquisizione di mezzi di trasporto pubblico, imbarcazioni comprese, a energia elettrica/ibrida oltre che con l’implementazione di servizi di mobilità condivisa costituiti da autoveicoli a energia elettrica/ibrida, a scooter e monopattini elettrici e a biciclette a pedalata assistita.


Lupo solitario Salone CSR e Innovazione sociale 2022, nasce il Premio Impatto In occasione della sua decima edizione in programma dal 3 al 5 ottobre 2022 all’Università Boccomi di Milano, il Salone della CSR e dell’innovazione sociale lancia il “Premio Impatto” per portare l’attenzione sull’importanza di misurare e valutare l’impatto generato da progetti che intendono contribuire al percorso verso lo sviluppo sostenibile. Valutare l’impatto significa avviare un processo per valorizzare un’iniziativa e definire se ha generato i cambiamenti attesi. Questo processo consente di rendere visibile l’efficacia dell’iniziativa e il ruolo dell’organizzazione per promuovere un reale cambiamento. Con questo premio il Salone intende premiare le realtà profit e non profit capaci di misurare il valore economico, sociale e ambientale creato da progetti e iniziative di sostenibilità ma anche sottolineare la necessità di comunicare i risultati ottenuti e di condividerli con gli stakeholder. La partecipazione al premio è gratuita e aperta a tutte le organizzazioni profit e non profit con sede in Italia che abbiano valutato l’impatto di un progetto realizzato tra il 2019 e il 2021. Il progetto può essere stato realizzato in luoghi diversi ma deve avere avuto ricadute anche in Italia. Per partecipare è necessario inviare la scheda di iscrizione del progetto entro il 31 agosto 2022. (Maggiori informazioni sul sito: www.csreinnovazionesociale.it).

Sogno doppio

L’

altra notte ho fatto un sogno che fino a un certo punto è stato esaltante, illuminante, rassicurante, ma che nella sua seconda parte si è rilevato agghiacciante. Ho sognato di vivere in una società del futuro, in una città piena di verde, giardini, aiuole. Con pochissime automobili, silenziose e senza tubi di scappamento. Con tantissimi mezzi pubblici, di superficie e no, biciclette, monopattini e altri mezzi poco ingombranti e non inquinanti. Le persone camminavano felici, con un’aria serena e appagata negli occhi. Già, perché ho scoperto di lì a poco che ognuna di esse, in quel mio sogno, era collegata a un cervello elettronico di ultima generazione capace di raccogliere, accumulare e redistribuire l’energia prodotta da ciascun cittadino nello svolgimento della sua vita quotidiana. Chissà chi è stato il primo ad avere un’idea di questo tipo. Ogni giorno ognuno di noi produce una quantità di energia che varia a seconda di quello che facciamo. In molti casi è una quantità minima, ma se messa insieme a quella degli altri miliardi di persone che vivono sulla terra rappresenta un patrimonio energetico immenso, fin impossibile da calcolare e imbrigliare. Ma qualcuno, in quel mondo da me sognato, ci ha pensato e ci è riuscito. Azioni all’apparenza semplici come camminare, pedalare, salire e scendere le scale, remare, stirare, lavorare il legno o il ferro, servire al tavolo… sono un patrimonio di energia, in buona parte utilizzata ma anche fortemente dispersa. Energia naturale, pulita, che non inquina, facilmente reperibile, avendo a disposizione la tecnologia in grado di salvarla e rimetterla in circolo.

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Ecco, nel mio sogno questa energia veniva trasferita a un cervellone unico che poi provvedeva a redistribuirla per gli usi più comuni: corrente elettrica, riscaldamento, trazione, uso domestico e industriale… Quale soddisfazione il sapere che mentre vivi la tua vita di tutti i giorni contribuisci a fornire energia al resto della popolazione del pianeta, senza dover più dipendere da materie prime inquinanti e costose, gestite da pochi privilegiati che possono goderne e distribuirle a proprio piacere e, soprattutto, tornaconto. Finalmente una parità per il genere umano, tutti contribuiscono e godono in modo uguale, la fine delle diseguaglianze, l’addio ai concetti di ricchezza e povertà. Tutti felici e sereni, per le strade di quella fantastica città. Non so perché e quando il sogno si è trasformato in incubo. È stato un cambiamento improvviso e inaspettato. Era notte, una persona mi si è avvicinata, mi ha preso per mano e mi ha detto di seguirla. Mi ha condotto davanti a un grande palazzo illuminato a giorno, nemmeno una finestra aveva la luce spenta e si sentiva musica ad alto volume e gente che brindava e festeggiava. Abbiamo aperto una porta e ci siamo ritrovati in una semibuia e fredda cantina. Uno spazio enorme, con centinaia di cyclette collegate a fili elettrici. Il rumore era assordante, l’odore di muffa insopportabile, gli sguardi dei pedalatori, centinaia e incatenati, fissi e pieni di sofferenza. «Chi sono e che cosa fanno?», ho chiesto. «Sono i nuovi schiavi, producono energia per quelli del palazzo di sopra», mi ha risposto la figura amica. Mi sono svegliato di colpo e non sono più riuscito a dormire per tutto il resto della nottata.


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Libri

a cura di Elvira Vigorelli Anno 2021 Pagine 208 Editore: Slow Food Prezzo: 16,50 euro

IL PROFITTO E LA CURA La sostenibilità e le voci che non abbiamo ascoltato di Cinzia Scaffidi Le teorie degli “inascoltati” puntavano a un altro genere di profitto, un profitto collettivo che aveva (e ha) a che fare con la giustizia sociale, l’ecologia, la prudenza, la tutela del bene comune e la volontà di evitare alcune grandi catastrofi. Nel corso dei secoli il mondo della produzione alimentare ha fatto di tutto per adeguarsi ai modelli industriali. Nella scelta tra profitto e sostenibilità ha sempre vinto il profitto, a livello produttivo, organizzativo e normativo. Oggi che questo sistema mostra tutta la sua pericolosità e le sue debolezze, ci avviamo alla cosiddetta “transizione ecologica”. Avremmo potuto farlo prima? Certo, se avessimo dato ascolto alle voci “dissonanti” che da tanti ambiti chiedevano rispetto per le risorse, per gli equilibri naturali, per il benessere di tutti. Sono tanti gli autori che oggi potrebbero dire “io l’avevo detto!”: è il momento di rendere loro omaggio e di rileggere i loro scritti con una nuova attenzione. Dalla Bibbia a Marx, da Giorgio Caproni a Laura Conti, da D.H. Lawrence a Rachel Carson..., le tante voci del passato e del presente che la globalizzazione della politica e della produzione non ha saputo e voluto ascoltare, in un libro che prova a riannodare i fili di una consapevolezza che oggi può essere di grande aiuto.

Anno 2020 Pagine 288 Editore: Armando Editore Prezzo: 28 euro

Anno 2022 Pagine 232 Editore: Rubettino Prezzo: 19 euro

DIVERSITY ESG: LA MANAGEMENT MISURAZIONE DELLA Genere e generazioni per una sostenibilità resiliente SOSTENIBILITÀ a cura di Giuditta Alessandrini e Marcella Mallen

di Luca Dal Fabbro

“Diversity management” affronta il tema del diversity management, quale insieme di approcci teorici, pratiche e policy finalizzate alla valorizzazione delle diversità nel lavoro: il focus è sul “genere” e sull’“età”. Aspetti che appaiono centrali, a seguito dei cambiamenti sociali e demografici attuali, per quanti si occupano di risorse umane e di formazione. Il volume si avvale del contributo di diversi autori, docenti universitari, manager e formatori, di diversi contesti organizzativi e associativi. L’impegno per l’affermazione del punto di vista femminile, rappresentato dal mito di Antigone, e la trasmissione di significati e valori da una generazione all’altra, rappresentato dalla metafora di Telemaco-figlio, stanno sullo sfondo per dare spessore a una poliedrica narrazione, orientata sia a esplorare l’attuale posizionamento nel dibattito scientifico e pubblico del tema, sia a prospettarne l’evoluzione in chiave di sostenibilità. Il volume contiene scritti di G. Alessandrini, P. Benevene, I. Buonomo, G. Cutillo, M.C. De Blasis, C. Finzi, A. Gargiulo Labriola, M.G. Giorgetti, S. Liuti, M. Mallen, V.M. Marcone, L. Moschini, P. Navarra, C. Palazzetti, M.P. Palermi, E. Pedretti, P. Richini, C. Tiburtini, D. Trotti.

La misurazione delle performance ESG è fondamentale per sviluppare un’economia e un’industria più sostenibili. Il processo di definizione degli obiettivi e della misurazione dei fattori ESG è avviato, ma ancora in grande evoluzione. Sugli standard di rendicontazione della sostenibilità sarà possibile raggiungere in pochi anni quel grado di convergenza che è stato raggiunto sugli standard di rendicontazione finanziaria in alcuni decenni? Sarà possibile raggiungere una tassonomia sociale e di governance, oltre che ambientale? A partire dall’emanazione della direttiva 2014/95/Ue “Non-financial and diversity information», il legislatore ha delineato per gli emittenti quotati un sentiero improntato alla sostenibilità e alla trasparenza in materia di informazioni non-finanziarie. Tuttavia, nonostante la presenza di numerosi standard internazionali – come SASB e GRI – ad oggi si evidenziano ancora delle lacune nell’utilizzo di queste informazioni. L’obiettivo del position paper di ESG European Institute non è solo quello di analizzare le metriche di misurazione ESG esistenti, ma quello di presentare un’analisi al fine di giungere a una semplificazione e standardizzazione di queste metriche.

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L’ospite

di Marco Cristiano Petrassi – Avvocato

“Qui si parrà la tua nobilitate”

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ono sempre di più le società benefit e le altre imprese che, per scelta statutaria o vocazione imprenditoriale, hanno deciso di inseguire, oltre allo scopo di lucro, l’obiettivo di contribuire a uno sviluppo sostenibile. Alti ideali a cui seguono piani industriali e business plans altrettanto ambiziosi per dare un impatto positivo alle comunità di riferimento. Purtroppo, la realtà di questi anni continua a sfidare i programmi personali. Due anni e mezzo di pandemia e restrizioni e, ora, la guerra in Ucraina, con quel che comporta in tema di innalzamento dei costi di approvvigionamento di talune materie prime, di difficoltà nel mantenimento delle relazioni con i partners commerciali e il restringimento dei mercati dell’est Europa. È quindi ragionevole chiedersi se e come si possa agire in modo “responsabile, sostenibile e trasparente” in una situazione di emergenza prolungata oppure se si debbano lasciar prevalere istinti imprenditoriali protettivi ed egoistici. Il senso di appartenenza e la cura delle relazioni La storia economica insegna che la seconda opzione ha fallito, distruggendo valore nel lungo periodo anche in tempi floridi. Da questa consapevolezza deve attingere forza la convinzione che, soprattutto nelle situazioni di crisi, sono il senso di appartenenza comunitaria e la cura delle relazioni che possono costruire.

L’orientamento allo sviluppo sostenibile passa quindi, oltre che dalla ricerca continua di innovazione tecnologica, dalla capacità di includere anche il punto di vista e gli interessi degli stakeholders, abbracciandone, con spirito di solidarietà autentica, le esigenze. Abbandonare per non rischiare o mantenere per sostenere? Così, le imprese “responsabili” si dovranno porre la domanda se abbandonare del tutto il mercato dei territori di guerra per non rischiare alcuna risorsa economica nelle zone toccate da conflitto oppure

È quindi ragionevole chiedersi se e come si possa agire in modo “responsabile, sostenibile e trasparente” in una situazione di emergenza prolungata oppure se si debbano lasciar prevalere istinti imprenditoriali protettivi ed egoistici.

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Marco Cristiano Petrassi, Avvocato

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mantenere, per quanto possibile, relazioni commerciali con i partner locali, sostenendoli concretamente in questa difficile situazione. Ugualmente, potrà porsi il problema delle riduzioni di organico, mentre è già sorta la necessità di rinegoziare i prezzi con la catena di fornitura o rivedere quelli verso i clienti o utenti finali. “Qui” – sulle risposte che le imprese sostenibili daranno a queste concrete tematiche – “si parrà la tua nobilitate”! In fondo, la storia è fatta anche dagli umili e dagli uomini e donne di buona volontà.


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