Speciale Biennale 2011

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Un itinerario intorno la 54. Biennale di Venezia. In visita a Palazzo Fortuny Di Eugenia Battisti Visitata la 54. Biennale di Venezia, facilmente si approda al Palazzo Fortuny, dove si inaugura una mostra promossa dalla Vervoordt Foundation e la Fondazione Musei Civici di Venezia, in collaborazione col direttore di Palazzo Fortuny Daniela Ferretti. Tra i curatori troviamo: Axel Vervoodt, Rosa Martínez e Francesco Poli. Coronandone la trilogia, il concetto di base della mostra si riallaccia alle precedenti, tenutesi in questa sede: Artempo (2007), Academia (2008) ed In‐finitum (2009). Sfogliando le pagine dell’elegante catalogo, scorriamo insieme gli interventi più interessanti. L’origine del titolo della mostra: TRA. Edge of Becoming è illustrato da Axel Vervoordt, collezionista, belga, fondatore della Vervoordt Foundation1. La parola TRA, rovesciamento del termine ART, può essere letta anche come abbreviazione di Travel, Transport, Traverse, Trasformation, Training, etc. L’elenco dei significati connessi al titolo continua. Si approda ad uno studio sui vari usi del termine fatti nel mondo. Le riflessioni ripercorrono l’alfabeto Sanscrito, in cui TRA è la preposizione che aiuta a raggiungere la conoscenza e la liberazione, analizzano il nome Mantra, composto da due parti, Man: pensare e Tra ovvero lo strumento, per giungere al Tantra: sistema che collega il sesso e l’energia cosmica. Il sottotitolo Edge of Becoming, tradotto in italiano “Soglie del divenire”, indica la potenzialità della trasformazione in ogni singolo momento2. Tra le opere alcune sono site‐specific: Sulla Soglia di Giulio Paolini, Architecture sonore di Mireille Capelle, Lightning Fields 19.221,2009 di Hiroshi Sugimoto. Le altre esposte sono gentilmente prestate da un artista/collezionista: Antoni Tàpies, del quale Vervoordt elogia l’eclettica collezione personale. Il primo dialogo, spiega il collezionista, si è stabilito direttamente tra le opere e il loro contenitore: Palazzo Fortuny, residenza di una storica famiglia, composta da artisti e collezionisti. Il secondo dialogo creativo è acceso dall’accostamento di un’opera d’arte contemporanea ad una risalente al Sesto e Ottavo secolo, come ad esempio quello tra l’opera di Giovanni Anselmo ed una statua antica buddista. Concludendo Vervoordt afferma: la visita della mostra si trasformerà, agli occhi del pubblico, in un vero e proprio pellegrinaggio. Dalla ricchezza semantica del termine TRA nascerà la via che porta «l’uomo ordinario in un posto straordinario». Passiamo all’intervento dei curatori. Rosa Martínez, unendo le citazioni di Rilke e Miyazama Kenji, torna a sostenere la centralità del fruitore, inteso come potenziale creatore. Centrale è, secondo l’autrice, l’obiettivo teso ad incoraggiare il visitatore a guardare il mondo attraverso l'arte. Il viaggio di Ulisse e quello di Dante, la regia di Alain Resrais e quella di Tarantino, sono opere specchio del mondo in cui viviamo, spiega Martínez: «Svelano nuovi territori, non calpestati». L’affermazione di Beuys: «Every man is an artist», sostiene la critica, può essere accostata al concetto buddista: ognuno di noi potenzialmente è Budda o Dio. Da questo presupposto nasce il nuovo concetto di arte approdato nel cinema, nel teatro, nella performance, nella fotografia e in tutte le forme di arte relazionale del XX secolo. 1

Questa organizzazione include un team di circa cento collaboratori tra storici, architetti, designers, restauratori, artigiani, project leaders e staff di supporto. 2 Secondo Axel Vervoordt, a queste associazioni può essere ricondotta la ricerca artistica di colui che reputa uno dei più grandi artisti del XX secolo: Lucio Fontana. Traducendo l’atto di bucare la tela in azione che lega esperienza artistica e terza dimensione.

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