NEW ENTRY, IL GIORNALE DELLA GENTE - edizione di Bergamo del 18 aprile 2019

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Editoriale

Da un estremo all'altro... In un clima di pessimismo generale, di telegiornali e giornali che portano solo brutte notizie, che se non parlano di pessima politica parlano di violenze e omicidi, qualcuno che mi dice con entusiasmo, credendoci: guarda questo percorso, è possibile, si può fare, questa è la mia storia e la condivido con voi… mi fa stare bene, mette energia nella mia vita, mi risolleva l’animo e porta fuori la voglia di fare. Mi è sempre più chiaro che dai contagi emotivi negativi dobbiamo cercare di proteggerci, nei limiti del possibile. E ognuno deve capire cosa gli fa male, il che non è banale, né così scontato. L’argomento è complesso, e non parlo dello star bene o male, dell’essere felice o sofferente, ma di cosa fa bene e cosa male alla nostra mente, al corpo, allo spirito. Spesso ci facciamo del male pensando di farci del bene e a complicare le cose, c’è anche il fatto che ciò che ci nutre in un tempo, può rivelarsi tossico in un altro. Possiamo solo imparare ad ascoltarci, affinare sempre di più le percezioni del nostro mondo interiore e rifletterci su. Oggi si parla tanto di benessere fisico, dall’alimentazione all’attività sportiva; c’è un’attenzione spesso esasperata per questi aspetti. E in realtà si parla tanto

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anche di benessere psicologico, trattato però come più o meno semplici ricette per la felicità. Il risultato di tutto questo gran parlare, però, non mi sembra che produca poi un gran benessere reale, e soprattutto non porta equilibrio. Vedo più frequentemente persone che oscillano tra estremi di divano e di palestra, diete maniacali e abbuffate notturne, corsi di yoga e crisi di nervi, cassette del contadino e 4 salti in padella acquistati al volo al supermercato sotto casa dieci minuti prima della chiusura. Slanci verso il benessere totale e immancabili capitomboli e ribaltoni, con relativi sensi di colpa e frustrazioni. Dunque, ciò che ciascuno porta nella vita influisce sulle vite degli altri. Siamo interconnessi: per questo ciascuno di noi ha la responsabilità di cosa immette nel mondo. E non discuto i contenuti, ma la consapevolezza. L’essere affrettati, incuranti, sciatti, intellettualmente e spiritualmente non fa bene. Mettiamo cura, impegno gentile, consapevolezza, attenzione in ciò che facciamo; riflettiamo sul senso del nostro fare o non fare. Ne beneficeranno anche coloro che ci stanno vicino. Gianluca Boffetti


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RIFLESSIONI

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I territori che attraverso sono case concrete e case dell’anima, luoghi interiori e stanze d’ospedale, corpi feriti e anime provate. Ne esco carica di pensieri, a volte appesantita, a volte alleggerita. Quasi sempre con un profondo senso di appartenenza alla vita, alla comunità degli esseri umani. Le vite che incontro mi pongono interrogativi, e siccome tendo a ragionare più per sintesi che in modo analitico, sono più portata a trovare i fili che accomunano vite tanto diverse. Trovo somiglianze nelle differenze, intrecci che avvicinano esperienze lontane tra loro, condivisioni più che contrapposizioni. Il dolore per una disabilità, l’angoscia per una malattia che avanza e non dà scampo, la depressione per una separazione o un lutto, la fatica di fare i conti con le proprie difficoltà psicologiche… Situazioni molto diverse tra loro, ma accomunate da quegli sguardi gravi, carichi di domande, di sgomento, di paura di fronte a un percorso sconosciuto. E pur nelle grandi differenze, in quegli sguardi io vedo l’umanità, l’essenza profonda dell’umanità, che chiede di essere riconosciuta e amata. E quando la vedi, non puoi non amarla. Umanità nelle sue tante unicità. “Aderire alla nostra esistenza, con tutti i suoi problemi, i suoi limiti, le sue peculiarità, è vitale (…) dovrebbe essere trasmesso di generazione

in generazione insieme con le posate d’argento e i racconti popolari del tempo che fu.” Lo scrive Andrew Solomon, nel suo bellissimo libro “Lontani dall’albero”, storie di vite che hanno dovuto fare i conti con diversità importanti, a cavallo tra malattia e identità. Bambini sordi, nani, transgender, autistici e altri ancora. E le loro famiglie, catapultate in mondi sconosciuti. “Rumi ha detto che la luce entra in noi dalla ferita. L’enigma di questo libro è che quasi tutte le famiglie di cui parla hanno finito per essere grate per esperienze che avrebbero fatto di tutto per evitare.” E ancora: “Non è la sofferenza a essere preziosa, ma la perla che produciamo cercando di isolare il granello di sabbia che ci è entrato dentro. Della sabbia ruvida dell’angoscia non ci sarà mai scarsità.” Ecco, questi sono i fili che si intrecciano e accomunano vite tanto diverse: i fili del dolore, del bisogno di trovare soluzioni, forze nuove, nuovi equilibri; il bisogno di sfangarla, di uscire dai tunnel, di dare senso; la necessità di cambiare quando non avresti nessuna intenzione di cambiare; il desiderio di essere almeno un po’ felici. Pazienti malati di qualche malattia del corpo e dell’anima, individui con la loro storia unica: lavoriamo tutti per provare a trasformare in perle i granelli di sabbia che ci sono entrati dentro. Chiara

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INTRECCI DI MOLECOLE Mi colpisce sempre la contemporaneità degli eventi. Stamattina, mentre tranquillamente facevo colazione e leggevo qualche post, una collega ha avuto un incidente. Più o meno in quel lasso di tempo, un paziente ha avuto un’emorragia cerebrale grave. Anche sua moglie stava facendo colazione e non pensava che la buonanotte della sera prima sarebbe stata l’ultima della loro vita insieme. Siamo immersi nelle nostre vite. Mentre qualcuno nasce, qualcuno muore. Mentre qualcuno è felice, qualcun altro è tri-

RIFLESSIONI

ste. Mentre il quotidiano scorre quieto in un luogo, lo straordinario -bello o brutto che sia- accade in un altro. Nulla di nuovo, o di strano. Lo so. Però oggi queste quattro persone che si conoscono hanno intrecciato in qualche modo i loro percorsi. Intrecci casuali, uniti dall’accadere insieme. Atomi che si uniscono a formare una molecola. Una forma. L’intreccio di oggi delle nostre quattro vite ha preso questa forma, si è così cristallizzato nella mia memoria.

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È sorprendentemente bello il contagio di novità riguardante i libri. L’ultima notizia racconta di un giovane panettiere di Brindisi: nel suo negozio in periferia ha allestito una piccola libreria dove i suoi clienti possono prendere in prestito gratuitamente libri e portarne altri da mettere a disposizione di tutti. Il mestiere di panettiere si tramanda in questa famiglia di padre in figlio e Gianluca ha pensato di condividere la sua passione personale rendendola accessibile anche a chi non può permettersi di acquistare libri. A fianco del banco con pane, focacce e invitanti prodotti da forno, lo scaffale ricolmo di libri è altrettanto invitante per chi alla buona cucina abbina buona cultura. L’iniziativa ha avuto grande successo! Speriamo che molti altri negozi, di qualsiasi genere, vogliano copiare queste interessanti novità!! Ornella Olfi

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Non è facile Non è facile indossare la divisa in un Paese senza alcun rispetto per le divise, dove c'è timore, dove c'è diffidenza per le divise, dove c'è indifferenza per quello che, uomini e donne in divisa/ uniforme fanno ogni giorno. Un popolo che si riempie la bocca con: "Fate una bella vita, pieni di privilegi, soldi a palate...". Ebbene sì... io, uomo in uniforme, sono ricco. E ti dico pure, che me ne sono reso conto molto dopo; indosso l'uniforme da oltre tre decenni e oggi, mi sento ricco. Ho un rispetto incondizionato per le altre occupazioni perché nessuno è indispensabile ma di tutti c'è bisogno. È solo che io, ho un qualcosa che tu non hai: lo sguardo, determinato, orgoglioso e talvolta stanco...ma malgrado tutto e tutti, fiero. Pronto a difendere chiunque, pronto a partire per andare nei posti più disparati e terribili del mondo, con la bandiera sul braccio e la voglia di far bene. Questa è la mia ricchezza... ma tu pensavi ai soldi eh... certo tu conosci divise, marce nel cuore e questo ti fa comodo. A breve io lascerò il servizio attivo; lo lascerò da ricco, ricco di valori, di rispetto, di sacrifici, di persone perbene. Persone che hanno dato, danno e daranno il massimo per il bene del paese e la salvaguardia dei più deboli. Dedicato a tutti gli uomini/donne in divisa/uniforme. Claudio Torri

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germente tiepida, condirla con olio, sale e pepe e il basilico sminuzzato, aggiungere l’altra parte di gelatina e mescolare energicamente. Mettere il composto in un sac a poche e raffreddare. Comporre i piccoli contenitori mettendo la gelè di pomodoro sopra la crema di mozzarella, adagiare i dadini di frittata e cospargere della crema di aceto balsamico. Anna - www.cucinacreare.it

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Ed è Poesia

Aprile - “Ricorrenza storica”

Il venticinque Aprile... “Giornata della Memoria”! Il venticinque Aprile... si parla della Storia” Storia di morte e di guerra... di giovani mai tornati... di come era rossa la terra col sangue di tanti soldati. Si dà inizio alla sfilata con rispettoso decoro... per i caduti viene posata, una corona d'alloro. Squillano le trombe... rullano i tamburi... la musica si diffonde... passa attraverso i muri. Le autorità costituite parlano di eroi e di gloria... delle memorie restituite alla dignità della Storia. Raccontano la loro esperienza i Reduci sopravvissuti... della Pace va cercata l'essenza... e per questo... che Dio ci aiuti! (Piera Masoch) “Dedico questa poesia a tutti i Reduci e a tutti coloro che hanno combattuto per donarci questa Libertà, così bella e preziosa, di cui spesso dimentichiamo il valore. In particolare la dedico a Isidoro Rota “Doro” (1919-2013) Alpino di Carvico, tornato dalla Campagna di Russia. Sono molto onorata di averlo conosciuto e ascoltato la sua preziosa testimonianza. Ci ha lasciato il ricordo di grandi valori alpini e la sua eccezionale “gioia di vivere”. Grazie “Doro”, onore alla tua memoria. Piera) Piera Masoch

Ed è Poesia

“Risposta”

Cammino nel silenzio dei miei pensieri, senza rendermene conto sono savanti alla tua porta... cosa mi ha condotto a te... nulla! Solo il richiamo dell’anima che in quel groviglio porta l’unica risposta che il mio cuore cerca...tu. Scalvini Roberta

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SE I GIOVANI SAPESSERO E I VECCHI POTESSERO... L'IMPORTANZA DI ESSERE ANZIANI

“Il sole del tramonto è meraviglioso come quello del mattino. (Papa Giovanni Paolo II) Con il passare del tempo si sfumano i contorni delle vicende, si addolciscono i risvolti dolorosi, si raccontano con un sorriso le vicissitudini di una vita ma aumentano anche le tribolazioni. Il tormento del corpo, il peso della quotidianità e l’estraneità del mondo mettono a dura prova la fede. Voi anziani, siete persone che hanno compiuto un lungo percorso, a volte in salita, con ostacoli, passando tra la primavera-giovinezza e attraverso l’estate-maturità, siete giunti all’autunno della vita. “Arte di invecchiare”: accettare la vita, l’età, il corpo, le prove, i fallimenti, le colpe, le soddisfazioni, le vittorie. Il tempo scorre inesorabile: Buona Pasqua da...

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in esso di nasce, si vive, si muore. La fede ci accompagna lungo la fragile esistenza umana e ci apre una “Speranza che non delude” (Rm 5,5) che lascia intravedere la prospettiva della risurrezione finale. Una luce capace di illuminare gli anni della vostra vecchiaia emerge dalle stesse prove attraverso cui è passata la vostra generazione perché le tribolazioni non solo non distruggono la speranza ma ne sono il fondamento. La fede rischiara il buio mistero della morte e arricchisce di serenità la vecchiaia non più vissuta come attesa passiva di un evento distruttivo ma come clemente traguardo della maturità e chiara espressione della benedizione divina. Se anche il nostro uomo esteriore cade in sfacelo il nostro uomo interiore si rinnovella di giorno in giorno. 2Cor 4,16. Come suggerisce San Girolamo, la vecchiaia accresce la sapienza, dà più maturi consigli; è il tempo della saggezza, frutto dell’esperienza. Saggezza… è una particolare connotazione o capacità propria di chi è in grado di valutare in modo corretto, prudente ed equilibrato le varie opportunità, optando di volta in volta per quella più proficua secondo la ragione e l’esperienza… Sono sempre di più coloro che trovano comprensione e conforto in persone anziane, sole, spesso malate. Voi anziani, aiutate i più giovani

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a guardare le vicende terrene con più saggezza: siete interpreti di quei valori e di quelle tradizioni che guidano la convivenza sociale; siete custodi esperti della memoria collettiva; siete propositori di consigli preziosi, testimoni di speranza, operatori di carità. La vita umana ha un senso anche nel suo tramonto!. Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni, ma la canizia degli uomini sta nella sapienza; vera longevità è una vita senza macchia. (Sap 4, 8-9) Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano… Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore. (Sal 92, 12-15) Voi, saggio popolo d’argento, siete risorsa attiva negli ambiti del volontariato, nell’ideazione e costruzione di iniziative rivolte ad altri cittadini, offrite un modello per le generazioni future anche nei confronti di un concetto più ampio di quello familiare. Possa la società valorizzare ed essere riconoscente a voi anziani, possessori di un inestimabile patrimonio di testimonianze. Per chi vi avvicina siete conforto con l’esempio, stimolo con le parole e comprensione con i fatti. Se è vero che la vita umana in ogni sua fase è degna del massimo rispetto, per alcuni versi lo è ancor di più quando è segnata dall’anzianità e dalla malattia. Riconoscenza… sentimento di chi riconosce il bene ricevuto mostrando gratitudine e volontà di ricambiarlo. Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona del vecchio (Lv 19,32) Nel passato si nutriva grande rispetto per gli anziani. Oggi, invece, constatiamo che la vecchiaia è stimata soltanto presso alcuni popoli. Per via di questo atteggiamento, a volte di superficialità, la terza età è spesso emarginata e voi anziani siete portati ad interrogarvi sull’utilità della vostra esistenza. In genere, avete bisogno sul piano fisico di un’assistenza, ma è altrettanto vero che potete offrire sostegno ai passi dei giovani che si affacciano all’orizzonte della vita, dando più

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aiuto di quanto si possa immaginare. Non trascurare i discorsi dei vecchi, perché anch’essi hanno imparato dai loro padri (Sir 8,9) E’ opportuno che le nuove generazioni imparino ad amare e rispettare voi anziani, affinchè vi possiate sentire parte integrante della società. Proprio nell’età in cui diminuiscono le capacità operative e si affievoliscono le forze, voi anziani impreziosite ancor più il disegno misericordioso della vita. La nostra comunità cristiana, ma anche la società in genere, possono ricevere molto da chi è avanti con gli anni. Voi nonni non vi preoccupate soltanto dell’educazione, comunicando in grandi valori della vita, ma trasmettete anche la fede, parlate di Gesù e insegnate le preghiere perché non vadano persi quei valori umani e religiosi che hanno formato tante generazioni di famiglie cristiane. Un grazie a Nilde

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neroso. Sulle labbra è riaffiorata la domanda di Celeste, posta in una sera qualsiasi, nella quiete di un caminetto acceso: “Ho capito mamma!! E’ Vittoria il nostro piccolo Cristo, ma noi chi siamo?” “Apostoli in cammino, penso, per dare testimonianza, mai arrendersi, starle accanto sempre " Fuori le ombre sono calate, carezza della sera, accompagna passi stanchi, animi allegri, euforie chete. Dentro, nell’intimità della casa, un abbraccio ci lega, filo indissolubile, tenace. “Se dio vorrà”, ancora cammineremo, varcheremo soglie, abbracceremo infiniti. E se la malattia dovesse volgere in muta, attenderemo con pazienza, l’ora buona per riprendere il viaggio. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste

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Società

PASQUA DELLE ORME E DELLE TRACCE

Pasqua non è soltanto una preghiera, un sussurro, bensì è una intercessione, una spinta a fare un passo in avanti, in mezzo, dove la bufera imperversa. Pasqua è qualcosa di più, è memoria storica di una ingiustizia rimasta a mezz’aria, come i legni e i chiodi stanno appesi alle pareti. Pasqua è la compassione di una sofferenza, il riconoscimento di un grido che rimane strozzato in gola, la richiesta che sale alta da chi offeso, umiliato, ferito, ammazzato nella solitudine imposta. Pasqua è giustizia per chi è rimasto senza giustizia, per chi è assente, per chi è presente più della sua lontananza. Pasqua è finalmente il segno tangibile della speranza, della capacità di ognuno e ciascuno di appropriarsi di vista prospettica, di un progetto, di una strada in cui camminare al centro,

non più ai bordi, non più con le spalle al muro. Pasqua non è Gesù incontrato ieri, non è la Madonna vista oggi, neppure è sentiero di Damasco, ma tracce e orme sparse qua e là, di uomini spesso sconosciuti, ma impossibili da non vedere, seguire, fare proprie, passo dopo passo, in un mondo fatto di domani, domani, domani. BUONA PASQUA A TUTTI Vincenzo Andraous

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Domande

1) E’ vero che Roma è situata su 7 colli? 2) Come si chiama la madre della Lucia dei Promessi Sposi? 3) In quale nazione è nato Charlie Chaplin? 4) In due avevano mille e 1 occhi. Chi erano? 5) Di quale nazione era anticamente imperatore il Mikado? 6) Chi è l’autore della poesia « A Silvia »? 7) Qual è il mestiere di Indro Montanelli? 8) Qual è il mestiere di Sandro Bolchi? 9) In quale parte del corpo è situata la milza? 10) Quale parte del corpo colpisce la « cateratta »? 1) No, sono molti di più, erano 7 ai tempi dell’antica Roma 2) Agnese. 3) Inghilterra 4)Argpo e Polifemo 5) Giappone. 6)G. Leopardi. 7)Giornalista e Scrittore. 8) Regista. 9) Addome 10) Occhi

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L’INTERVISTA

CAMILLA CALTAGIRONE

UNA IMPRENDITRICE COME MISS

Ph. Giulia Testa Bella è bella, come testimoniano le decine di fasce di concorsi conquistate nel corso degli anni che fanno bella mostra sulle mensole della cameretta. Ma, rispetto alle sue coetanee, Camilla Caltagirone ha qualcosa in più. Innanzitutto una bellezza acqua e sapone, naturale e senza finzioni, che la rende l’ideale ragazza della porta accanto. Forse per quello piace così tanto alle giurie da aver superato il primo scoglio di Miss Italia al primo tentativo. Fra le “belle” della Lombardia, nel 2019, c’è anche lei. Ma non basta. Oltre al fisico, c’è molto di più. Ad appena 21 anni, insieme alla sorella gestisce un Centro estetico nell’hinterland di Milano. Clienti da seguire, fornitori da gestire e impegni da incastrare fanno parte della sua quotidianità. Un’agenda ricca di appuntamenti, con la responsabilità di un negozio da portare avanti con tutte le inevitabili faccende annesse e connesse. Per farcela serve cervello. Il fatto che le clienti aumentano in numero ed apprezzano il servizio, dimostra che anche in questo settore Camilla non sta sbagliando un colpo. Una imprenditrice di se stessa che si sta facendo largo sui social, che ha già raggiunto lo straordinario traguardo 16 www.newentry.eu

di essere scelta per il catalogo online di uno dei più importanti negozi sportivi d’Italia e che per il futuro ha le idee chiarissime: “Tra dieci anni mi vedo una donna arrivata: famosa, potente, con un mio business ben avviato”. Per farcela, è pronta a metterci impegno, dedizione e sacrificio. A più breve tempo, c’è una sfida da vincere. Quella che la vede impegnata a Miss Italia. “Da anni seguivo il concorso, vedevo le mie amiche parteciparvi – racconta – quest’anno ho deciso di provarci”. Come detto: buona la prima. Alla giuria è bastata vederla sfilare in tutta la sua naturalezza per darle il lasciapassare in vista degli altri step. A lei, ora, il compito di farsi largo e di non passare inosservata in passerella. “Ma stare al centro dell’attenzione fa parte del mio dna” confida. Insomma, non c’è nulla che possa spaventarla. Ripartiamo dall’inizio. Tutto è iniziato quando avevi appena 14 anni… Ma già mi piaceva la sensazione di mettermi in gioco, di giostrare la situazione, di vivere da protagonista certi momenti. Così, iniziai con i concorsi locali, poi sempre più importanti. Nel corso degli anni, sono arrivate tante fasce, sfilate in beachwear sulle passerelle della Sicilia,


L’INTERVISTA

collaborazione con un brand mitico come Alfa Romeo. Soddisfazioni che custodisco gelosamente, perché da lì tutto è partito… Qualche nome di concorso che ti ha visto vincere? Cito Miss Ritual, Miss Reginetta dell’Estate, Miss Mood, Miss Mister & Model, Miss Bellavista e Miss Mondiali in vista… ma ne potrei aggiungere altri, si tratta solo di spulciare fra fasce, coppe e targhe ricordo! Cosa fa la differenza? Oltre al corpo, penso proprio il carattere. Voglio trasmettere l’immagine della ragazza che sono: determinata, seria, pronta a prendermi le mie responsabilità. Penso di essere intelligente, sempre pronta a migliorarmi. E penso che, nel mio modo di fare, questi aspetti di me emergano… Come è arrivata la spinta a buttarti in Miss Italia. Ho iniziato da piccolissima, col sostegno dei miei genitori. Oggi penso di avere l’età giusta per af-

Ph. Giulia Testa

Ph. Giulia Testa frontare una sfida importante come quella del concorso più importante del nostro Paese. Ho avuto amiche che vi hanno partecipato, spesso le clienti del mio centro estetico mi spronavano a mettermi in gioco. Ecco, ho accettato di farlo… e per ora tutto è andato al meglio! Nella vita, però, Camilla Caltagirone rimane con i piedi ben piantati a terra. Certe esperienze mi hanno fatto crescere più di quello che l’età non dica. Da un anno, insieme a mia sorella, gestisco il centro estetico Giulietta Nails. Una sfida personale prima che lavorativa. Ma anche questa la considero una vittoria incredibile. Insomma: non solo bellezza. Diciamo che esiste una Camilla Caltagirone… per ogni situazione! Posso essere miss, ragazza della porta accanto, imprenditrice, business-woman. Questa somma di elementi mi renda la persona che sono. Una Miss che lavora nel mondo della cura della persona. Penso che il mio tratto distintivo sia proprio il mio modo di fare, oltre ovviamente al mio sor riso e ai miei occhi dai tratti vagamente orientaleggianti! www.newentry.eu 17


L’INTERVISTA

Mi piaccio, trovo che la comodità sia un elemento da considerare sempre. Certo, quando la sera si esce, tacco e vestitino non possono mancare… E, poi, massima attenzione agli accessori: gli anelli su di me non possono mai mancare, perché oltre ad una valenza estetica sono intrisi di significato. Non solo concorsi di bellezza… Ma anche un pizzico di tv, la partecipazione al videoclip musicale di Piacca dal titolo “Quelli come te”, shooting fotografici per cataloghi di abbigliamento sportivo e sfilate insieme a personaggi conosciuti dal grande pubblico quali Gianluca Tornese e Pasquale Lobefalo. Ho seguito corsi di auto-trucco, di dizione e di portamento, perché sono certa che la professionalità faccia sempre e comunque la differenza. E poi, ma non voglio svelare niente per scaramanzia, all’orizzonte si profila anche qualcosa in tv. Seguitemi sui social e… conoscerete tutto in anteprima!

Anche su Instagram i contatti stanno crescendo. Sono felice del mio engagement, voglio lavorare per aumentare ancora di più. Sono no filter, come mi vedete su Instagram… così sono nella vita reale. Mi piace pormi per quella che sono: una ragazza determinata con i suoi sogni ed i suoi desideri, a cui piace stare al centro dell’attenzione e che non ha paura di accettare nuove sfide. Naturalmente, voglio sempre vincerle… Dulcis in fundo: cos’altro bisogna sapere di te? Amo i cani, credo nel destino, leggo sempre l’Oroscopo e pongo attenzione ai sogni e ai segnali premonitori. E poi adoro allenarmi in palestra e vedere i risultati che il mio corpo raggiunge. Lo faccio per me, perché credo che ci sia sempre modo per vedersi e sentirsi migliori. Un metodo che garantisce autostima e mi rende felice. CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/cami.lashmaker/?hl=it

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Si moltiplicano le belle e originali iniziative che promuovono la lettura. Per chi, come me, non può fare a meno di avere un libro sul comodino, sono notizie che allargano il cuore, perché c’è speranza che sempre più persone si avvicinino al mondo dei libri. Dopo la Farmacia Letteraria a Firenze, è di pochi giorni fa un articolo che racconta di un fioraio a Napoli che regala libri. Nel suo gazebo infatti, vicino a piante e vasi di fiori ha messo cesti con libri in regalo, per incentivare i suoi clienti a condividere la sua passione per la lettura: un fiore e un libro nutrono l’anima. Leggere, dice il fioraio, allarga gli orizzonti, aiuta a conoscere gli altri, fa volare la fantasia. Tuttavia regala libri anche a chi non acquista fiori, per condividere comunque la sua passione. Eppure- racconta- è difficile: c’è chi dice che non ha tempo per leggere, chi si mette a ridere incredulo…Raccoglie libri da chi gentilmente invece che buttarli li dona e lui contraccambia il regalo. Lavora da quando aveva 13 anni, perciò non ha potuto studiare, ma col suo lavoro ha interagito con molte persone colte, che gli hanno fatto crescere la curiosità di conoscere e imparare di più, per poter essere in grado di interloquire con tutti. Ornella Olfi


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RIFLESSIONI

Etty Hillesum, per ricordare...

La fede

“A volte penso che ogni situazione, buona o cattiva, possa arricchire l’uomo di nuove prospettive. E se noi abbandoniamo al loro destino i duri fatti che dobbiamo irrevocabilmente affrontare -se non li ospitiamo nelle nostre teste e nei nostri cuori, per farli decantare e divenire fattori di crescita e di comprensione-, allora non siamo una generazione vitale. Certo che non è così semplice, e forse meno che mai per noi ebrei: ma se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo – non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione-, allora non basterà. Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portare chiarezza oltre i recinti di filo spinato, e congiungersi con quelle che là fuori ci si deve conquistare con altrettanta pena, e in circostanze che diventano quasi altrettanto difficili. E forse allora, sulla base di una comune e onesta ricerca di chiarezza su questi oscuri avvenimenti, la vita sbandata potrà di nuovo fare un cauto passo avanti.” Etty Hillesum, da Westerbork, dicembre 1942

I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L’erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto. Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non cadeva una vera pioggia. Il parroco del paese organizzò un’ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la grazia della pioggia. All’ora stabilita la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena di speranza. Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari. Ma non riusciva a distogliere gli occhi da una bambina seduta compostamente in prima fila. Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso. Pregare è chiedere la pioggia. Credere è portare l’ombrello. (La Fede, testo di Bruno Forte – tratto da “La vita è tutto quello che abbiamo”, Elledici Editrice) Giorgio Moranda

E il compito di ospitare nelle nostre teste e nei nostri cuori gli avvenimenti della vita, e farli diventare fattori di crescita, è un compito sempre presente. Silvia

Buona Pasqua IL rimbombo del martello su i chiodi che ti affiggono alla Croce, ancora echeggia nelle nostre teste. Noi inermi e muti dinnanzi alle tue torture; eppure tu, nonostante ciò, pronto ad accogliere a braccia aperte, la nostra anima pentita, perdonando la nostra colpevole indifferenza. Buona Pasqua a Tutti Giordano

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RACCONTI

Essere felici

Storiella cinese

Ci sono tre ragioni nella giornata per essere felici e sorridere. La prima ragione è quando mi sveglio, perché ho tutta una giornata davanti a me per fare bene tutto ciò che non ho potuto fare ieri e quindi sono felice. La seconda ragione è a mezza giornata, perché, se non sono riuscito a fare molto, ho ancora davanti a me una mezza giornata per migliorare e me ne rallegro. La terza ragione è alla sera, perché la giornata è finita: se è andata bene sono felice, se invece è andata male sono felice che sia finita.

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QUESTO E’ IL MIO NOME

Rubrica nata agli albori della nostra rivista (ormai 25 anni fa) ideata e curata da Michele Cortinovis, ritrova la sua collocazione all’interno di New Entry non solo grazie alla richiesta dei lettori, ma soprattutto nel ricordo di Michele, prematuramente scomparso, sempre presente nei nostri cuori.

Arianna Il nome deriva, tramite il latino Ariadna, dal greco (Ariàdne). Si tratta di un nome che, con tutta probabilità, è di origine pregreca, e quindi

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non decifrabile; è però molto diffusa un’interpretazione, attestata già tra gli elleni, che lo vuole composto dai termini greci (ari, un prefisso rafforzativo) e (adnòs, forma cretese di agnos, “puro”, “sacro”, “casto”), con il significato complessivo di “castissima”, “purissima”. Si tratta di un nome di tradizione classica, portato nella mitologia greca da Arianna, la figlia del re di Creta Minosse e di Pasifae, che s’innamorò di Teseo e lo aiutò ad uscire dal labirinto di Cnosso dandogli un lungo gomitolo di filo; abbandonata da Teseo, venne poi sposata da Dioniso. Nonostante la provenienza pagana del nome, esso si diffuse probabilmente tra i primi cristiani grazie alla sua interpretazione tradizionale. In tempi più moderni, venne poi popolarizzato da diverse opere teatrali e letterarie tratte dalla storia dell’Arianna mitologica. In Italia, secondo dati raccolti negli anni Settanta, il nome era più diffuso al Nord e al Centro, specialmente in Emilia-Romagna; la sua popolarità negli anni più recenti resta alta e risulta tra il 20º e il 26º posto dei nomi più scelti per le nuove nate dal 2004 al 2017. L’onomastico ricorre il 18 settembre in ricordo di sant’Arianna, martire in Frigia durante il III secolo (il 17 secondo alcune fonti, e anche il 1º ottobre su certi calendari). Micky Un saluto a tutte le Arianna in particolare all'allenatrice di Volley Arianna Pinelli.


RIFLESSIONI

MENTE SALTELLANTE, MENTE QUIETA Il tempo del weekend è un tempo desiderato e complesso. Cambiare il ritmo sostenuto della settimana non è sempre così semplice: talvolta succede che fermandomi, come in un tamponamento a catena, mi saltano addosso le cose da fare, per dovere e per piacere. Troppe, in un tempo sempre troppo corto: ed è subito sera, domenica sera. Alla faccia della mindfulness, la consapevolezza del momento presente, a volte la mente non riesce proprio a star ferma, a concentrarsi sul qui e ora: va avanti e indietro irrequieta, cerca di darsi delle priorità, ma in nessuna riesce a stare pienamente. Vado a camminare e penso al libro che vorrei leggere; leggo e penso alle carte sulla scrivania che richiedono tempo per essere smaltite, cucino e penso al bucato da ritirare, stendo la biancheria e penso agli armadi che richiedereb-

bero le pulizie di Pasqua…. Altro che quiete, la mente saltella come i piedi sui sassi arroventati dal sole. E lo so che quella modalità di mente saltellante non fa bene, ma a volte -per fortuna non spesso- non riesco proprio a fermarla. Così è andato lo scorso fine settimana. Dunque, il tributo al demone della smania l’ho pagato, e oggi mi sento libera e quieta. Il bello della vita psichica è che scorre. Ora mi affido alla corrente, e cullata dal rumore della lavatrice e da quello della Kitchen Aid che impasta il pane, scrivo contenta queste parole. Il cielo è sereno anche se un po’ lattiginoso. Sono nel flusso, l’anima sorride. Ora vado dal parrucchiere a coprire il grigio che avanza. Buon weekend a tutti. Vanessa

Buona Pasqua da...

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ITINERARI

Trenino Rosso del Bernina

Il bello di una gita fuori-porta (in questo caso) sta tutto nel viaggio. Due ore da rimanere senza parole. Il bello sarà proprio il viaggio in treno. Se non ci credete, non vi resta che salire a bordo del Trenino rosso del Bernina e lasciarvi trasportare da Tirano a Saint Moritz. Una lunga traversata fra natura, montagne, neve (per gran parte dell’anno) e suggestione. Non è un caso che questa linea ferroviaria, costruita in punti ai limiti dell’impensabile, sia patrimonio mondiale dell’Unesco. Si parte da Tirano: parcheggio libero, comodità garantita, wc e servizi free a disposizione dei passeggeri. Coccole che proseguiranno per tutta la giornata. Sedetevi comodi, il meglio deve ancora venire. Da Tirano, le carrozze rosse attraversano la strada come un tram qualunque ed iniziano una lenta risalita. Prima di arrivare agli oltre 2.000 metri di Alp Grüm e Ospizio Bernina, forse le due fermate più suggestive, c’è almeno un’ora di viaggio da vivere. Le rotaie si inerpicano fra prati e rocce, in qualche caso sfiorando le abitazioni, in qualche altro costeggiando laghi suggestivi. Ma è quando il trenino sembra attorcigliarsi su se stesso che la tentazione di scattare una fotografia si farà irresistibile. Dalla testa si guarda alla coda e viceversa, col rosso delle carrozze 26 www.newentry.eu

che svetta nel bianco dei paesaggi innevati. Per gran parte dell’anno, lo scenario sarà questo. Più si sale, più attorno ai binari si intravedono cumuli di neve e muri bianchi che lasciano spazio alle carrozze e poco più. Le stazioni si fanno pian piano sempre più essenziali: casette in legno sono il riparo per i viaggiatori, che possono scegliere di salire e scendere a piacimento dal treno. La metà del viaggio culmina con l’arrivo al punto più alto (2253 metri s/m), appena sotto il Bernina, là dove d’inverno gli sciatori impegnati sulle piste si fanno ammirare dal finestrino. Attorno ai vagoni, solo la neve. Immense distese. Laghi ghiacciati e cascate gelate sono il panorama mozzafiato. Magia autentica. Il viaggio riprende. Dalle piste da sci verso Pontresina, cittadina che anticipa di una ventina di minuti l’approdo a Saint Moritz. Buona parte della neve scompare, all’orizzonte si manifesta all’improvviso una delle capitali europee del lusso. Il Trenino rosso giunge in stazione in perfetto orario. In cinque minuti, attraverso una Galleria improntata sul Design e sulle Olimpiadi invernali del 1928 e dl 1948, i passeggeri sono proiettati fra strade pulite comprese fra le vetrine dei più importanti brand mondiali. Imperdibile un giro attorno al Lago ghiacciato, guardando i grandi


ITINERARI

hotel 5 stelle di Saint Moritz si percepirà il rosso del Trenino pronto a riportarvi verso l’Italia. A metà pomeriggio, è ora di rimettersi in viaggio. Il percorso è l’inverso, lo spettacolo uguale. In certi tratti, viaggiare all’interno delle gallerie sembra un’avventura degna dei parchi divertimento. Ogni volta che i vagoni fanno capolino all’esterno, la natura trova il modo per stupire e scioccare. La luce è cambiata, la neve lancia gli ultimi bagliori. Si sale nuovamente sotto il Bernina, la sensazione di pace e tranquillità traspare da ogni cartolina che si può realizzare con un semplice smartphone. Ad oltre 2.000 metri, con la testa fuori dal finestrino, più che il freddo vi avvolgerà la sensazione di aver vissuto qualcosa di magico. La discesa è il preludio per il passaggio a Poschiavo e sul grande viadotto di Brusio che permette al treno di “arrotolarsi”. Mai come in quel punto, le carrozze paiono

sfiorarsi. Si torna in Italia. Il Trenino costeggia la statale e con precedenza sul traffico entra in Tirano. In perfetto orario, si scende in banchina. Mai come in questa avventura, 4 ore e mezza (fra andata e ritorno) di viaggio sono state un piacere autentico. Per informazioni e acquisto biglietti: railservice@rhb.ch - tel. 0041 81 288 6565 tirano@rhb.ch - tel. 0342 701353 SITO INTERNET www.rhb.ch

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RIFLESSIONI

LEI E' CARLA E' una donna piccola, compita, lo sguardo attento, esprime dagli occhi sicurezza e profondità. La sua voce è lieve, soave, ti mette subito a tuo agio, capisce e raccoglie ciò che tu lanci: il tuo stato interiore, quello che sei al di là dell'aspetto fisico. Ci ritroviamo da lei tutti i mercoledì; lei è consapevole di essere per noi un punto fermo e non manca mai anche quando sta poco bene ed i suoi problemi li sa mettere da parte. Ci conosce dentro, vede in noi solo le cose più belle e scarta i nostri difetti, riconosce dentro di noi quello che possiamo dare, le nostre speranze, tutto ciò che possediamo cioè quella stessa parte che ci accomuna: la parte vitale, la scintilla divina. Lei per noi c'è sempre e noi il Mercoledì stiamo bene attenti a non mancare. Ci insegna a respirare nel modo giusto, ci dice che la forza l'abbiamo dentro, dobbiamo saperla tirar fuori, non dobbiamo sentirci fuori luogo e si arrabbia quando vede che ci lasciamo andare. Si sente di aver fallito nel suo insegnamento quando vede che non mettiamo in pratica ciò che con la mente abbiamo capito. Quel mercoledì per noi è davvero importante, è magico, ci sentiamo uniti e tutti insieme ci rilassiamo, respiriamo e a volte, ci teniamo per mano per aiutarci a sentire quelle vibrazioni che partono dalla nostra mente, giungono nelle nostre cellule, ci sentiamo pervasi da una calma interiore che, è strano, non te ne rendi conto fin quando ci fermiamo e riflettiamo. Ci sentiamo vivi. La sua vita non è stata facile; rimasta sola ha dovuto inventarsi un lavoro per crescere i figli e pagarsi il mutuo della casa e questo non gli ha permesso di piangersi addosso, ma ha dovuto trovare in sé stessa la grinta e la forza per andare avanti. 28 www.newentry.eu

Ora la sua casa è piena di fiori che crea con la carta colorata, possiede quattro gatti e un cane, la sua porta è sempre aperta per coloro che soffrono e che le chiedono un aiuto. Non ci pensa due volte e sa dare tutta sé stessa; da consigli senza nulla pretende, nemmeno la pretesa di essere ascoltata. Vive semplicemente, è questo che vuole trasmetterci: la sua vita come esempio e basta. A volte pensiamo: ma chi glielo fa fare, di dedicarci il suo tempo libero? Noi che sappiamo solo lamentarci dei nostri problemi personali, delle nostre difficoltà e delle nostre preoccupazioni! Ognuno spera di prendere il posto vicino a lei, sul divano, quasi a voler essere più protetti o per essere presi sotto le sue ali. è strano come ognuno di noi cerca di non mancare all'appuntamento e quando non si riesce ad andare, si sente un vuoto, come se avessimo perso un'occasione d'oro. G.Carla è un'amica speciale, una maestra e la sua casa una scuola, ma una scuola di vita. Non so come ho fatto ad incontrarla eppure esiste, esiste davvero! Auguro a tutti di incontrare un'amica così, perché là fuori c'è un'amica che sa dividere il suo cuore grande senza chiedersi: ma ne vale la pena? Asia

... a da u q s a na P Buo


LA PALLAVOLO ...scegliere di far praticare uno sport agonistico ai vostri propri figli è una delle decisioni più altruistiche e masochistiche che un genitore può compiere. Dovrete portarlo ad allenamento, a tutte le ore, nei giorni di festa e rientrando prima dalle vacanze. Dovrete spendere soldi, e spenderne ancora e ancora, per cose che sembrano del tutto futili. Dovrete portarlo in trasferta, aspettare ore guardando uno sport che magari non vi piace. Dovrete vederlo stanco, che non ce la fa più, che non riesce a gestire compiti, catechismo, amici e sport. Dovrete vederlo piangere perché è stanco, piangere perché perde, piangere perché l'insegnante non è soddisfatto, piangere perché il sabato sera i suoi amici escono e lui si prepara per l'allenamento dell'indomani. Dovrete vederlo "sbagliare" perché metterà lo sport prima di tutto il resto, perché sceglierà di mollare la fidanzata "perfetta" per voi perché lei non lo supporta, prenderà 108 invece che 110 all'università. E quando andrà fuori di casa gli weekend, invece che trascorrerli con voi, li trascorrerà con i suoi compagni di squadra in palestra. E dovrete litigare. Ma ormai è nel tunnel dello sport agonistico. Ormai ha perso di vista le priorità secondo voi. Anche secondo me. Ma provate a vedere se il sorriso del suo amichetto terminata una partita alla play è lo stesso di quando un atleta termina un allenamento. Provate a vedere se le amicizie che si legano in gelateria sono sincere tanto quanto quelle legate in spogliatoio. Provate a vedere se a 50 anni si ricorderanno il nome della maestra di catechismo (...senza nulla togliere….) o della loro prima insegnante di qualche sport. Provate a chiedere se è meglio perdere una gara o non parteciparvi. Provate a guardare le analisi del sangue di uno

RIFLESSIONI

sportivo agonista e di un bambino che non esce di casa… vedrete che il cortisolo non fa poi così male! Ricordatevi che un atleta si ricorda SEMPRE se a bordo campo, ad aspettarlo dopo aver perso l'ennesima gara, c'è la sua mamma e il suo papà. Ricordatevi che un atleta, per quanto piccolo, è cosciente degli sforzi che vengono fatti dai genitori, dagli amici, dagli allenatori, dai dirigenti. Ricordatevi che piangerà quando non riuscirà a finire di studiare per il giorno dopo in 4° elementare ma che tutto ciò lo aiuterà a organizzarsi e finire l'università prima di chi durante il giorno non fa altro che guardare il pc. Ma soprattutto ricordate che state dando a vostro figlio la possibilità di provare una gamma di emozioni che altrimenti non potrebbe neppure immaginare. Chiedi di spiegare cosa vuol dire essere emozionati, felici, impauriti, determinati, delusi, riconoscenti, soddisfatti, te lo saprà dire. Chiedi se per la delusione di un allenamento andato male vale la pena di mollare lo sport o è il pretesto per tornare il prima possibile in palestra e provarci ancora, e ancora, e ancora. Finchè la delusione diverrà soddisfazione. Un Grazie a Arianna per questo scritto www.newentry.eu 29


SEGNI NEL TEMPO

L’eruzione del Vesuvio del 79 d.c. e la fine di Pompei ed Ercolano

L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e la fine di Pompei ed Ercolano Il Vesuvio è l’unico vulcano attivo dell’Europa continentale. La sua altezza varia a seconda delle fasi di distruzione e costruzione, ma risulta comunque superiore ai 1.200 metri e sorge all’interno di una caldera di circa quattro chilometri di diametro. La caldera rappresenta ciò che resta della grande eruzione del 79 d.C. (dopo Cristo): una delle più grandi e spettacolari eruzioni del vulcano e una delle prime a essere documentate.

Il resoconto fu realizzato da Plinio il Vecchio in primis e da suo nipote Plinio il Giovane attraverso una serie di lettere indirizzate a Tacito. Plinio il Vecchio descrisse così bene il fenomeno che ancora oggi il termine pliniano viene utilizzato nella vulcanologia. Questo termine, infatti, è stato associato anche alle eruzioni precedenti a questa: Codola (25.000 anni fa), Sarno-Pomici, basici (17.000 anni fa), Pomici verdoline (15.500 anni fa), Mercato o Pomici di Ottaviano (7.900 anni fa) e Pomici di Avellino (datata tra il 1880 e il 1680 a.C.). Sono invece certificato ANAMMI n. N946

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SEGNI NEL TEMPO

considerate subpliniane le eruzioni avvenute dopo quella data, potenti almeno la metà di quella avvenuta a Pompei ed Ercolano nel 79 d.C., una catastrofe vulcanica caratterizzata da terremoti, nubi ardenti e tossiche, maremoti e sciami sismici. UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA L’eruzione del ‘79 si attivò dopo aver dato dei segni prodromici abbastanza evidenti. Nei dieci/quindici anni che precedettero la tragedia, la zona circostante fu colpita da diverse scosse di terremoto e sciami sismici. Un fenomeno naturale del tutto ininfluente per la popolazione di allora, abituata ai tremori e ai sussulti della terra. Tuttavia, nessuno avrebbe pensato a un’eruzione del vulcano. Tant’è vero che le pendici del Vesuvio erano del tutto diverse da come le vediamo oggi. I rilievi erano ricoperti da una vegetazione lussureggiante e le coltivazioni di viti e ulivi si arrampicavano sin quasi sulla cima. Strabone, infatti, così descrive la montagna: “tra Pompei ed Hercolaneum si trova il Vesuvio, tutt’intorno magnificamente coltivato ad eccezione della vetta... in gran parte spianata... del tutto sterile come un campo di cenere, e presenta caverne di pietre, simili a voragini, di colore fuligginoso come se fossero corrose dal fuoco. Quindi si può giustamente concludere che il monte in un primo tempo ha bruciato ed ha avuto un cratere attivo che poi si è spento quando il materiale igneo si è esaurito.

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Forse è proprio questa la causa della fertilità dei terreni circostanti, come a Catania la cenere decomposta dell’Etna...”. Il primo vero colpo gli abitanti dell’area lo subirono nel 62 D.C. quando un violento terremoto devastò l’intera area vicina al vulcano. L’episodio è noto perché avvenne proprio mentre l’imperatore Nerone era impegnato a cantare in un teatro di Napoli. La montagna si scosse violentemente e un gran numero di case furono rase al suolo dal terremoto. Il successivo periodo di tranquillità, però, favorì la ricostruzione degli edifici crollati e la vita riprese a scorrere ordinata e tranquilla in terre che, ormai inserite nello strutturato sistema imperiale, si potevano ritenere al riparo da qualsiasi minaccia esterna. Poi tra il 20 e il 24 agosto del 79 una crescente frequenza di scosse telluriche colpì incessantemente l’area campana. A Pompei si prosciugarono le sorgenti d’acqua Qualcuno fuggì, ma la maggior parte degli abitanti non si lasciò influenzare dalle scosse e continuò a prosperare nelle Domus e nelle ville patrizie circostanti. Fu uno sbaglio. COSA SUCCESSE A POMPEI ED ERCOLANO Il Vesuvio si risvegliò alle nove del mattino del 24 agosto, tuttavia l’eruzione vera e propria iniziò soltanto verso la una del pomeriggio. All’interno del vulcano si aprì un condotto causato da una serie di esplosioni dovute alla repentina trasformazione

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in gas dell’acqua venuta a contatto con il magma in risalita. In seguito una colonna di gas, ceneri, pomici e frammenti piroclastici si sollevò per circa 15/20 km al di sopra del vulcano e creò una nube caratteristica che oscurò il sole. Plinio la descrisse da Miseno, a una distanza di 21 km dal vulcano, e poté osservare la colonna eruttiva in tutto il suo sviluppo. La rappresentò accennando alla forma di un pino, con il fumo che si dissolveva sul suo stesso peso. Lo scrittore annotò che la colonna a volte era bianchissima, talora invece era sporca e macchiata, a seconda che avesse sollevato con sé terra o cenere. Dalla colonna pliniana caddero pomici in direzione di Pompei, dove nel giro di poco tempo si accumularono formando uno strato alto circa 4 metri che seppellì interamente la città. Ora, mentre cadevano le pomici, qualcuno lasciò in fretta e furia la città, altri, del tutto inconsapevoli di ciò che stava accadendo, si nascosero nelle

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cantine e nei locali più riparati. Morirono inconsapevoli, nella penombra creata dalla nube che aveva oscurato il sole nelle ore successive soffocati dal calore e dai gas tossici quando il primo grosso flusso raggiunse la città. Su Ercolano, invece, la situazione fu del tutto diversa: sino alle otto del mattino seguente piovve soltanto una sottile cenere e sebbene ci furono frequenti scosse di terremoto la città fu risparmiata per molte ore dal disastro. Ora, gli abitanti del posto avrebbero avuto tutto il tempo di salvarsi se soltanto avessero immaginato cosa sarebbe accaduto nella ore seguenti, invece, nella notte, anziché allontanarsi dalla zona, approfittando di una pausa apparenta dell’attività eruttiva, molte persone fecero ritorno alle loro case che erano state lasciate incustodite. E questo gli costò molto caro. Dopo le otto del mattino del 25 agosto, infatti,

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l’attività vulcanica riprese con la formazione della colonna pulsante, dove si alternavano emissione di cenere, flussi e surge piroclastiche. Sia i flussi piroclastici sia i surge si sviluppano quando il flusso di magma, arrivando al cratere, aumenta fino a diventare troppo abbondante per formare una colonna eruttiva capace di innalzarsi sopra il vulcano. Il collasso di una colonna densa e pesante, che può interessare anche solo le sue zone più esterne, convoglia la miscela di gas e frammenti di magma solidificato e di rocce verso il basso. Si formano in questo modo flussi di materiale vulcanico che scorrono al suolo e scendono veloci lungo i fianchi del vulcano. Il passaggio sopra la città di questo flusso fu disastroso. Spesse mura e intere pareti perpendicolari al suo percorso furono rovesciati di netto, così come furono travolti i tetti e gli ultimi solai che ancora reggevano. Il materiale vulcanico turbinava con una velocità prossima

ai 100 km orari, trascinando una gran quantità di pietrisco, intonaco, travi e tegole degli edifici che distruggeva. La sua furia irruppe dall'alto su quanti ancora resistevano al riparo dei rifugi più isolati. E dopo questo flusso, tutta l'area intorno a Vesuvio divenne simile a un deserto grigio. Ma non è finita. Le onde di maremoto provocate dal materiale magmatico finito in mare travolgono i pochi superstiti scesi sulle spiagge in cerca di salvezza. Ma le barche ancorate nel porto sono in fiamme e l’acqua del mare ribolle. È l’ultima fase della catastrofe. I flussi terminano intorno alle 10,30 del 25 agosto e l'acqua delle falde sotterranee si riversò sulle rocce riscaldate dal magma, provocando una successione di violente esplosioni che scuoteranno il vulcano ancora per qualche tempo. Al calar della sera del secondo giorno, l'attività eruttiva iniziò a calare rapidamente fino a cessare del tutto. L'eruzione era durata poco più di 25 ore, durante

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le quali il vulcano aveva espulso quasi un miliardo di metri cubi di materiale. LE CONSEGUENZE I morti in totale furono oltre duemila e il Vesuvio fu stato sottoposto a un cambiamento radicale. La sua cima non era più piatta, ma aveva acquisito una forma conica, dalla cima della quale ascendeva un denso vapore. Questo cono, determinato dalla fortissima spinta del materiale eruttato, sfondò letteralmente il precedente cratere per 3/4 circa della sua circonferenza. Ci fu comunque un grande interessamento dei vertici dell’impero. In soccorso alle popolazioni colpite si mossero milizie, navi e funzionari politici. Dall’impero furono messe a disposizioni ingenti risorse finanziarie per la ricostruzione. I sopravvissuti delle popolazioni colpite, poco alla volta, tornarono sul luogo del disastro, ma ciò che si pre-

sentò ai loro occhi fu certamente uno spettacolo impressionante: cenere trasformata in fango dalle piogge, case crollate, templi distrutti e il segno del benessere di una regione sepolto dai materiali vulcanici. Ora, l’efficienza e l’organizzazione Romana consentirono di ripristinare in gran parte le zone sinistrate. Tuttavia, tutta la regione, fu soggetta a un processo generale di degrado. Ci vollero decenni prima che l’imperatore Adriano riportasse l’area allo splendore di un tempo. Fonti: http://vulcan.fis.uniroma3.it/vesuvio/eruzione_79.html http://cronologia.leonardo.it/storia/anno079.htm http://it.wikipedia.org/wiki/Vesuvio http://www.parodos.it/storia/argomenti/eruz.htm

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SI FA PRESTO A DIRE PRIMAVERA Va bene, è primavera. La natura sboccia e non solo lei. È tutto un fiorire di foto, riflessioni, emozioni di rinascita. E va benissimo, ci mancherebbe. Piace anche a me, la primavera, nonostante non sia la mia stagione preferita. Però, di fronte a tutti questi colori, quest’esplosione di vitalità, mi viene fuori uno spritello un po’ Bastian Contrario, che provocatoriamente riporta un po’ di attenzione sulle spine e non solo sulle rose. Non voglio essere fraintesa: non sono pessimista, negativa. Semplicemente mi innervosisco di fronte a visioni troppo univoche. Mi suona un campanello di allerta verso le posizioni troppo sbilanciate, in un senso o nell’altro. Il bicchiere è contemporaneamente mezzo pieno e mezzo vuoto. E questo sguardo mi aiuta. Perché quando gli stati d’animo sussurrano visioni negative, la riflessione riporta motivi di speranza o di possibilità, seppur a volte minime. E quando le emozioni salgono verso vette troppo alte la riflessione riporta cautela, possibili problemi o rischi da prendere in considerazione. A volte mi sento obiettare che così si perde di spontaneità, si appiattiscono le emozioni. Ma non è vero, non è questo che accade. Accade invece che reggendo la complessità, con tutte le sue

sfumature, la vita si arricchisce. Non perde, ci guadagna. La complessità è una risorsa. Quando guardo un quadro vedo un’ampia gamma di colori e sfumature: e non solo un colore non annulla l’altro, ma proprio dall’insieme che ne scaturisce nasce l’incanto. La bellezza delle rose non è diminuita dalle spine, ma neanche annulla la possibilità di essere punti. Nella vita bisogna prendere il pacchetto completo. La primavera è bellissima, ma sono bellissime anche tutte le altre stagioni, ognuna con fatiche e pesantezze al seguito. Amo la complessità perché mi sostiene in qualunque momento di vita, felice o difficile che sia. E perché mi lascia piena di meraviglia a ogni sguardo. Serena

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nessun modo gestione diretta da parte dell’Editore. La pubblicazione è gratuita salvo per vendita e affitti di immobili, auto e moto e rubrica Incontri. In questo caso il costo è di €.25,00 per 4 uscite. Il pagamente deve essere effetturato tramite bonifico bancario a: New Entry - Banca Credito Bergamasco - Filiale Brembate di Sopra -

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UNA MAMMA COME FOTOMODELLA

Ph. Massimo Brugnetti Questa è la storia di una mamma che ha strizzato l’occhio alla fotografia, di una donna che ha innato il gusto per l’eleganza e di una moglie che ha scoperto il fascino della macchina fotografica grazie a suo marito. Se tre è il numero perfetto, qui siamo ad un passo dalla perfezione. Il fascino di Ilaria Postuti è quello che trasuda a prima vista: una femminilità semplice e un corpo che trasmette una sensualità mai volgare. Ma oltre alle gambe c’è di più. A far la differenza, nel suo caso, ci sono il cervello, i principi e i valori. Guai a fermarsi all’apparenza. In lei, l’abito non fa il monaco. Ecco che, con un lavoro come responsabile commerciale in una grande multinazionale e una famiglia da gestire, Ilaria è riuscita nell’incredibile traguardo di farsi strada nel mondo della fotografia. Piccoli passi, ma non troppo. Da qualche tempo è testimonial ufficiale di un negozio di abbigliamento e due suoi scatti entreranno a far parte di una mostra sulla figura femminile. Soddisfazioni che la spingeranno – c’è da starne certi – a continuare a muovere passi in questo settore. Dove, a onor del vero, 40 www.newentry.eu

ci è entrata grazie alla crescente passione per la fotografia di suo marito Davide e dopo aver conosciuto Massimo Brugnetti, un fotografo romano che la prima volta partì dalla Capitale pur di fotografarla. Ci aveva visto lungo. “La fotografia mi ha dato maggior consapevolezza di me stessa – racconta Ilaria – so di valere per la persona che sono, non solo per il fisico che mostro”. Una frase che rende bene l’idea della donna che è. Sempre impeccabile nell’outfit e nel make-up, con abbigliamenti che non mancano di renderla apprezzata dal popolo maschile. Mamma, moglie, lavoratrice e fotomodella. Ma il filo conduttore è uno solo: aver voglia di raggiungere traguardi importanti, puntare sui propri mezzi e dare sempre il 100%, senza mai tirarsi indietro. Solo così si può trarre da ogni contesto gioia, felicità ed entusiasmo. E io sono fatta così: il sorriso non mi manca mai. Riavvolgiamo il nastro: Ilaria Postuti è… Mamma di Giada, moglie di Davide, responsabile commerciale per una multinazionale e una ex studentessa del PACLE diplomatasi a


L’INTERVISTA

pieni voti che sognava un futuro come traduttrice. Ma mi sono buttata subito nel mondo del lavoro… e da qui ho tratto soddisfazioni e gratificazioni. Insomma, la fotografia sembrava piuttosto lontana. Con la fotografia tutto è nato per scherzo: mio marito, Davide Cogliati, aveva bisogno di far pratica mentre seguiva un corso e io… mi sono prestata! In più, da tempo collaboravo con un negozio di Inzago (Provincia di Milano) in veste di testimonial per abbigliamento e scarpe. All’inizio con Scarpa Chic la collaborazione era semplice, qualche scatto con lo smartphone e… via! Ma col passare del tempo è diventato tutto più preciso e gratificante. Un passo verso un mondo che ti piace. A mio vantaggio dico che la moda fa parte del mio dna: curarsi e sentirsi belle con se stesse… fa vivere la vita con felicità! Amo la moda, ho cassetti pieni di vestiti, abbigliamento, accessori. Mi piace la classe ed il gusto,

Ph. Davide Cogliati

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attraverso le fotografie che realizzo voglio trasmettere l’immagine di una donna elegante, di una mamma che ha cura di se stessa, di una 34enne a cui piace star bene. Il tuo aspetto, d’altronde, è un bell’aiuto… Di me penso che passi innanzitutto il messaggio di eleganza, di femminilità non artificiosa, di una cura della mia immagine. Mi sento bella, anche se le imperfezioni non mancano e si potrebbe far sempre… meglio! Però parto da una buona base e mi ritengo fortunata: con un’alimentazione curata e qualche ora in palestra, il fisico si mantiene! Ed ecco che è arrivata la sfida della macchina fotografica. Iniziata come detto per gioco con mio marito e poi proseguita con shooting con altri fotografi fino all’incontro con Massimo Brugnetti, un fotografo di Roma con cui è nato un feeling straordinario e che nelle varie sessioni di scatto ha saputo raccontarmi in modo artistico. Con lui www.newentry.eu 41


L’INTERVISTA

è nata amicizia sincera, è grazie a lui se sarò protagonista di un altro straordinario progetto. Ovvero? Due scatti che mi vedono protagonista, un ritratto e un glamour, saranno esposti in una mostra nella Capitale. È qualcosa di magico che mi spinge ad andare avanti. Per arrivare… dove? Sognare non costa nulla, ed allora confesso che mi piacerebbe essere la protagonista di una campagna pubblicitaria e di essere scelta per rappresentare qualche brand. La visibilità non mi spaventa… Anche sui social, la tua visibilità sta aumentando. Soprattutto su Instagram posto il mio lato più vicino alla fotografia, racconto le mie collaborazioni e le mie partnership. Ci tengo a far emergere l’idea di essere sempre curata, attenta alle mode, bella… ma non solo! Sono abituata a relazionarmi con le persone, voglio che emergano i contenuti che mi contraddistinguono. Insomma, una fotomodella ricca di valori. Proprio così: potrò quasi sembrare una donna all’antica, ma ne sono orgogliosa. Chi si ferma all’apparenza, si perde il meglio di me che sta

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C’era un Sultano a cui era morto il fedele contabile, e quindi dopo aver preso consiglio dai ministri, mandò i banditori in giro per cercare un nuovo amministratore della sua ricchezza. Si presentarono diverse persone, e furono condotte alla presenza del Sultano, il quale li condusse alla camera del tesoro, e li lasciò per qualche minuto da soli. Successivamente, il Sultano richiamò gli aspiranti, e dopo aver battuto le mani, fece venire i musici, quindi disse a loro “Su, ballate!” Tutti gli aspiranti ballavano male, con le braccia strette al petto, e lentamente: solo uno di essi saltava e danzava con vigore e piacere di ciò che faceva. Visto ciò, il Sultano chiamò i ministri e le guardie, e disse a quello che ballava “Tu sarai il mio nuovo contabile, in quanto a loro” indicando gli altri aspiranti “vengano decapitati!” Il vizir del Sultano chiese allora “come mai è questa la vostra scelta, mio Sultano?” ed egli rispose “Vedi, mio fedele vizir, questi uomini hanno rubato l’oro dalla camera dove li ho lasciati, e così quando ballavano avevano paura che le monete nascoste cadessero” poi indicò il nuovo contabile “ma quest’uomo invece è stato fedele ed onesto, e non ha rubato: infatti lui ballava sciolto, poichè non aveva niente che lo impedisse” Così andò che quell’uomo divenne il nuovo contabile del Sultano, e visse sempre onorato e benvoluto.

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Quando mia madre...

Quando ne combinavo una grossa mia madre mi consolava con una frase: - e mo' te do' l'altre de sopra-: questa non si chiamava "violenza su minore", era "educazione". Mi bastava lo sguardo, di traverso, di mio padre, pe' capì. Oggi, lo sguardo, non mi riesce tanto bene; ma penso d'aver raggiunto uno stato di rispetto ed educazione degno di un padre. Per alcuni invece, hanno inventato le facoltà di psicologia, sociologia, pedagogia, la naia lunga, breve, a casa, fori casa. Si sono dimenticate le patrie sberle, le bacchettate su le mani, si è dimenticata l'educazione. Si è dato inizio alla nascita d'imbecilli, di idioti fin nella fase fetale. Si è alimentato il fuoco della violenza gratuita, il bullismo... In strada, genitori sbeffeggiati da una sottospecie umana in via di maturazione, che l'amor di genitore non può far altro che chiamare figli. "Non me fa' gira' attorno ar tavolino", grazie a 'sta frase oggi, mi chiamano "papino. Se da adulto metti in dubbio il tuo ruolo, ti meriti d'esse mannato a ffanculo. Romanità, un po' colorita... Claudio Torri

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DEPURAZIONE DEL FEGATO Beh dai, nonostante non sia stato un inverno freddo e piovoso (ahimè!), quando arriva la primavera e cominciamo a spogliare qualche strato di indumenti e sentiamo i raggi del sole che scaldano la pelle, la sensazione è meravigliosa…è come se ci sentissimo più connessi con Madre Terra, abbiamo voglia di fare, di muoverci, di riattivare tutte le cellule assopite del nostro corpo…insomma stiamo “riprendendo” vita! Ecco, quasi mi dimenticavo di salutare e ringraziare pubblicamente chi ha interagito con noi, attraverso i nostri social oppure è venuto di persona a Presezzo nella nostra Erboristeria. Ma torniamo alla nostra primavera, alla nostra rinascita e a questa energia pronta ad essere utilizzata. È proprio questa energia che a volta facciamo fatica a esternare; abbiamo il desiderio di fare e sbrigare ma sembra che il fisico faccia fatica a rispondere ai nostri comandi. E qui vi riporto al titolo di questo nuovo articolo: LA DEPURAZIONE DEL FEGATO. Vi starete chiedendo il perché e adesso ve lo spiego!!! In una società frenetica come la nostra, spesso ci troviamo a mangiare di fretta, non riusciamo a dormire a sufficienza, siamo stressati emotivamente, a volte non riusciamo a respirare abbastanza aria pulita e ci troviamo a praticare poco esercizio fisico. Tutto questo fa sì che il nostro corpo si trova ad accumulare un'enorme quantità di tossine. Quando ci sentiamo giù di corda, privi di energia, depressi o nervosi, impazienti e presentiamo gonfiori addominali o difficoltà ad evacuare con regolarità, dobbiamo pensare ad un fegato intossicato e ricorrere ai ripari. La salute di una persona dipende dalla capacità del corpo di rimuovere le tossine che si accumulano al suo interno. Bisogna vedere l’organo fegato quasi come fosse un filtro…dell’automobile! Ad ogni messa a punto viene cambiato il filtro vero? Perché quindi quello della macchina lo cambiamo per prevenire eventuali problemi e il nostro no? Certo non si può cambiare, ma possiamo ripulirlo da queste tossine che intasano e bloccano il suo corretto funzionamento! "Che cosa significa disintossicare il fegato e perché è utile farlo?" Il fegato è un organo fondamentale per il nostro benessere, poichè svolge numerose funzioni essenziali per mantenere in salute l'organismo umano. Grazie alla sua funzionalità epatica, infatti, è possibile assimilare i principi nutritivi contenuti negli alimenti che assumiamo con la dieta. Il fegato è necessario per rendere efficace la digestione, è utile nel regolare le 44 www.newentry.eu


IL SALOTTO DI KETTY

funzioni intestinali deputate all'eliminazione delle scorie e delle tossine. Attraverso il fegato vengono metabolizzati i farmaci e l'alcol ecco perchè è utile la disintossicarlo. Va bene attuarlo durante i cambi di stagione, quando l'organismo fa fatica ad abituarsi ai nuovi ritmi, dopo periodi di alimentazione disordinata o grandi abbuffate (come le feste natalizie e quelle pasquali), oppure alla fine dell'inverno, quando abbiamo seguito una dieta più ricca di grassi; e ancora durante e dopo periodi di stress psico-fisico. I benefici sono immediati. Un tempo la depurazione primaverile la si cominciava andando nei prati a raccogliere Tarassaco e lo si consumava crudo e cotto, lo si essiccava, coi fiori se ne facevano sciroppi depurativi. Ma molte sono le erbe che danno una mano al nostro fegato e al nostro organismo; il Carciofo, il Cardo Mariano, il limone, il sedano, la Curcuma sono alcune tra le numerose piante in uso da secoli nelle medicine popolari di tutto il mondo che la medicina "ufficiale" ha studiato convalidandone le proprietà epato stimolanti e anche curative. Esistono tuttavia, al giorno d’oggi, prodotti specifici e più efficaci per prendersi cura del proprio fegato…ovviamente sempre naturali e biologici; gluten free e vegan ok! Voglio ricordare che il ciclo della depurazione dura in media 40 giorni e bisogna attenersi a delle semplicissime regole. A fine depurazione credetemi, vi sentirete forti, tonici, lucidi mentalmente, attivi, pieni di forza e anche con qualche chiletto in meno…questo perché il fegato ripulito riesce ad assimilare tutte le scorie ed evita che si trasformino in acidi grassi. Come sempre evitate il fai da te; fatevi seguire da persone competenti e professioniste nel loro lavoro. Nel nostro punto vendita Erboristeria Presezzo, troverete professionisti che sapranno indicarvi il giusto percorso da seguire non lasciando nulla al caso! Ci vediamo alla prossima! Per ulteriori informazioni, dettagli, TRATTAMENTI-MASSAGGI TERAPEUTICI MANUALI o CONSULENZE PRIVATE ci potete contattare: Mail negozio: info@erboristeriapresezzo.com - Sito: www.erboristeriapresezzo.com oppure ci trovate in negozio ERBORISTERIA PRESEZZO, Via Vittorio Veneto, 1064 Presezzo. TEL 035/4156226. Ivan Mangili e Katia Mussetti

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PLAY MUSIC

anni fa 1969 2019

18 APRILE 1969

Eloise - Barry Ryan Ma che freddo fa - Nada 03 Irresistibilmente - Sylvie Vartan 04 La storia di Serafino - Adriano Celentano 05 Tutta mia la citta` - Equipe 84 06 Tu sei bella come sei - Mal e i Primitives 07 Ob-la-di ob-la-da - Beatles 08 La pioggia - Gigliola Cinquetti 09 Il paradiso - Patty Pravo 10 Bada bambina - Little Tony 01

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BARRT RYAN Barry Ryan, pseudonimo di Barry Sapherson (Leeds, 24 ottobre 1948), è un cantante pop britannico. Barry Ryan, figlio di Marion Ryan, una cantante melodica che ebbe il suo momento di gloria intorno al 1950, debuttò nella musica insieme al fratello gemello Paul, formando con lui il duo Paul & Barry Ryan, che portò al successo negli anni 60 diverse canzoni, in gran parte composte da Paul: Don't Bring Me Your Heartaches (1965), Have Pity on the Boy (1966) e Missy Missy (1966). A

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causa dell'esaurimento nervoso che poco dopo afflisse Paul, ebbe inizio la carriera da solista di Barry, col fratello che seguitò comunque a occuparsi dei testi e delle musiche. Nel 1968 Barry Ryan lanciò Eloise, una canzone dalle atmosfere melodrammatiche e particolarmente lunga (quasi 7 minuti), destinata a conquistare la vetta delle hit-parade di mezzo mondo, compresa l'Italia (per la quale egli registrò anche una versione in lingua italiana); fu prima anche nei Paesi Bassi (per quattro settimane), Germania Ovest, Svizzera, mentre raggiunse la seconda posizione in Austria, Regno Unito e Norvegia. Il cantante ebbe ancora grande successo negli anni seguenti con pezzi come Love Is Love (1968), The Hunt (1969), Magical Spiel (1970) e Kitsch (1970), ma nessuno di essi poté eguagliare la fama di Eloise. Un Paese europeo dove Barry Ryan rimase popolarissimo fu la Germania

Ovest, anche perché egli per un certo periodo scelse di cantare in tedesco. L'artista si è ritirato nei primi anni 70, evitando per molto tempo di mostrarsi in pubblico: all'epoca si disse che egli fosse rimasto sfigurato al volto nell'incendio che devastò lo studio in cui stava registrando. Barry Ryan si è ripresentato ai suoi fans verso la fine degli anni 80, apparendo più volte in programmi televisivi, alquanto invecchiato ma senza alcun segno di ustione in volto. Successivamente ha anche pubblicato un paio di album contenenti i brani portati al successo insieme al fratello, in una nuova versione. Ha tenuto concerti fino al 2003. Barry Ryan è stato sposato in prime nozze con la figlia di un sultano, dalla quale ha poi divorziato. La seconda moglie lo ha reso padre di un maschio e una femmina (Jack e Sophia). Da diversi anni Barry Ryan lavora come fotografo.

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RIFLESSIONI

I NOSTRI FONDAMENTALI VALORI UMANI

Da Westerbork, campo di smistamento, ultima tappa prima di Auschwitz. “Essi vanno lungo il sottile filo spinato, le loro sagome in grandezza naturale scorrono indifese sulla grande distesa del cielo. Bisogna averli visti camminare laggiù… La loro ben forgiata armatura di posizione, reputazione e proprietà s’è sfasciata, e ora essi sono rivestiti soltanto dell’ultima camicia della loro umanità. Si trovano in uno spazio vuoto, delimita-

to da cielo e terra, dovranno riempirlo da soli con le loro potenzialità interiori – là fuori non c’è più niente. Ora ci si avvede che nella vita non basta essere un abile politico o un artista di talento, la vita richiede tutt’altre cose nella miseria estrema. Sì, è vero, siamo messi alla prova nei nostri fondamentali valori umani.” Etty Hillesum, Lettera del dicembre 1942


INTRECCI DI MOLECOLE Mi colpisce sempre la contemporaneità degli eventi. Stamattina, mentre tranquillamente facevo colazione e leggevo qualche post, una collega ha avuto un incidente. Più o meno in quel lasso di tempo, un paziente ha avuto un’emorragia cerebrale grave. Anche sua moglie stava facendo colazione e non pensava che la buonanotte della sera prima sarebbe stata l’ultima della loro vita insieme. Siamo immersi nelle nostre vite. Mentre qualcuno nasce, qualcuno muore. Mentre qualcuno è felice, qualcun altro è tri-

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ste. Mentre il quotidiano scorre quieto in un luogo, lo straordinario -bello o brutto che sia- accade in un altro. Nulla di nuovo, o di strano. Lo so. Però oggi queste quattro persone che si conoscono hanno intrecciato in qualche modo i loro percorsi. Intrecci casuali, uniti dall’accadere insieme. Atomi che si uniscono a formare una molecola. Una forma. L’intreccio di oggi delle nostre quattro vite ha preso questa forma, si è così cristallizzato nella mia memoria.


RIFLESSIONI

VOGLIA DI PARADISO Pasqua ci porta ad intravedere il Paradiso, e ci invita a parlarne nell’unico modo appropriato che è quello dello stile pasquale, il paradiso appunto: cioè con gioia ed entusiasmo. Il Paradiso sarà una delizia interminabile, una risata eterna. Martin Lutero è convinto che là, “l’uomo giocherà con il cielo e con la terra, giocherà con il sole e con tutte le altre creature”. D’altronde Gesù non ha forse parlato del Paradiso come una festa di nozze (Mt 22,1.14; 25,1-13); non ci ha rivelato un Padre che ci dice: “Facciamo festa”. (Lc15,23)? Il Paradiso sarà una quieta accesa; non certo un pensionato dove ci si annoia, ma una vita a tutto sprint. Il Paradiso sarà il luogo dove, secondo Sant’Agostino, vivremo tre verbi: faremo festa (vacabimus); ameremo (ama-

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bimus), loderemo (laudabimus) assieme agli angeli che, stando al teologo Karl Barth, di sera, suonano Mozart. Il Paradiso sarà una sorpresa continua: un continuo aprirsi di sipari, uno dietro l’altro; e poi ancora, e sempre con il fiato sospeso, come quando si assiste ai fuochi d’artificio: mentre ne vedi uno, già speri nel successivo. Che bello essere contenti quando si è sicuri che la contentezza aumenterà! In Paradiso saremo in tanti: una moltitudine immesa (Ap.7.9). Non conosceremo la solitudine. Nel Paradiso, infatti, tutto è comunione, tutto è relazione: la Santissima Trinità è relazione: padre – Figlio – Spirito Santo; noi saremo intrecciati con Dio e, quindi anche tra noi. Insomma, il Paradiso sarà, davvero, una cosa

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dell’altro mondo. Lo scrittore Roberto Gervaso ci regala questa simpatica riflessione: “Se dall’aldilà nessuno è mai tornato indietro, vuol dire che non si sta poi così male!”. Più serio è il beato Giacomo Alberione: “Un’ora di Paradiso paga tutto”. Paga persino la morte, perché dopo la Pasqua, il cristiano può addirittura insultarla: “Dov’è, o morte, il tuo puntiglione?” (I Cor 15,55). Dopo la Pasqua, si può scherzare sulla morte. Il fondatore della originale comunità di “Nomadelfia”, Don Zeno Saltini, ad esempio, ha ordinato che al suo funerale si facessero danze e, sorridendo, ha messo in guardia: “Se piangerete, vi tirerò una scarpa!”. Per chi è convinto che morire significa far Pasqua, è il minimo che si possa dire. Don Pino Pellegrino

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Wilma: la sua testimonianza Ciao a tutti. Il mio nome è Wilma e sono un alcolista. Sono felice perchè sono passati 30 anni da quando ho conosciuto l’associazione Alcolisti Anonimi e che non bevo più. Sentendo le testimonianze ho capito e accettato subito di essere come tutti loro, un'ammalata di alcolismo. Ormai avevo toccato il fondo e desideravo tantissimo la mia sobrietà. Smettere di bere è stato facile anche se i giorni seguenti mi sentivo male perché ogni tanto desideravo bere, sapevo però che era abbastanza un bicchiere per far scattare la compulsione, ovvero il desiderio incontrollato di continuare a ingerire alcol. Una volta smesso di bere pretendevo di avere tutto e subito, come la serenità, rapporti ottimi con gli altri e stare sempre bene. Mi dissero che questa associazione aveva un programma di recupero che mi serviva per vivere senza alcol, che non era altro che scoprire me stessa... visto che mi ero persa e non mi riconoscevo più, nel bene e nel male. Così iniziai ad andare in più gruppi per sentire nuove testimonianze per arricchire il mio percorso, farmi nuovi amici. Per qualche tempo ho fatto fatica a parlare di me stessa in gruppo perché non è facile parlare di sé ma grazie all'amore nei miei confronti, mi hanno aiutata a capire che io sono la persona più importante e se sto serena io anche gli altri attorno a me possono diventarlo. Perciò iniziai ad amare veramente me stessa e lasciare vivere gli altri come meglio credevano. Così iniziai a guardare dentro me stessa, Come ogni essere umano ci sono stati momenti belli ma anche più duri ma grazie al programma ed ai gruppi sono riuscita a superare questi momenti fatti anche di debolezza ma dove, nonostante tutto, non ho bevuto. Sono grata a tutti gli amici per il loro aiuto, per aver trovato il mio equilibrio emotivo e imparato a parlare con il cuore senza paura del giudizio. In questi anni ho iniziato ad alzarmi con pensieri positivi e non più con i postu52 www.newentry.eu

mi di una sbornia. Sono grata di aver ricevuto una seconda vita e di avere persone attorno che mi stanno accanto con amore. Smettere di bere e vivere senza alcol non è sempre facile sopratutto i primi tempi ma se si ha il desiderio di non bere più desiderando una nuova vita affidandosi ad altre persone che mi possono aiutare, tutto ciò si può realizzare. A distanza di anni posso dire che sono serena, libera, soddisfatta e soprattutto ho ritrovato la mia dignità. Grazie a tutti serene 24 ore Wilma Alcolista Anonima Numeri utili Numero Verde 800 411 406 Sito web www.alcolistianonimiitalia.it

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RIFLESSIONI

A tarda sera... Ci sono momenti nella vita in cui il passo si è costretti ad arrestare, sguardo fissare nel caotico andirivieni di prima e di dopo. Senilità giunge, quatta, in sordina getta solitudini fonde. Sogni e pensieri, emozioni, passioni genuine tedio allontanano con fare repentino, solerte. 20 settembre: nonna Grazia compie gli anni. Lontano il tempo, per un mare di gesti e contro gesti che la vita derubano, in cui la sua voce squillante, tenera, giungeva nelle ore meno attese, pronte a recare gioia, interrogazione, condivisione intima. Una voce maschile al suo posto, educata, pacata la quale con fare misurato avverte che la signora Grazia è indisposta, impossibilitata a rispondere al telefono. Gentilmente gli chiedo di porgerle i migliori auguri per un sereno compleanno. Poi i pensieri corrono, spezzano, si ritrovano a tarda sera sino a farsi esigenza prima,. Parole scorrono, una dopo l’altra, senza pretesa, volendo essere per un istante tutto e nulla, presente e passato, sogno e fantasia. Se nello specchio l’immagine si rimira mille sono gli istanti che hanno composto letizie soffuse, confidenze, tenerezze di madre. Nonna Grazia, giunta da lontano, stilla di saggezza, premura e conforto, bellezza e dedizione.

Fra le dita forte fa scorrere la fantasia, il presente abbellendo di misericordia. Passo dopo passo ha saputo custodire segreti, alleggerire lacrime, sollevare veli che separano il presente dall’eterno. Per ciascuno una buona parola, ammonizione sincera, cordiale condivisione. Carissima nonna, mi auguro che le mie parole possa giungerti indivise per bellezza e commozione, tanto fonde da toccare corde dell’animo, da divenire baluardi valorosi dalle invisibili gesta. Un forte abbraccio ed un caloroso grazie rinnoviamo. Autunno alle porte, folate di vento irrompono ciarliere. A breve si vestiranno di oro, di vermiglio e di rosso tiziano le foglie, lentamente scivoleranno, letto morbido entro cui lo sguardo lasciar vagare, rincorrere, tracciare vie, accenni di vita …. Con affetto e stima. Milena, Vittoria, Celeste e Giorgio

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Quando si soffre...

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n un modo o nell’altro, tutti soffriamo. Tutti siamo nella stessa barca, anche la folla che se ne va ridendo spensieratamente soffre. Le persone cercano di nascondere la loro sofferenza bevendo e scherzando, ma non passa. Chi soffre? I genitori di un figliolo o di una figliola prodiga. Milioni di genitori sono stati profondamente feriti da figli che hanno rigettato i loro consigli amorevoli ed ora sono nel dolore per gli inganni e la delinquenza di questi figli un tempo teneri e buoni. Le vittime di famiglie smembrate soffrono. Soffre la moglie abbandonata dal marito per un’altra donna; soffre il marito che ha perso l’amore di sua moglie; soffrono i figli che hanno perso il loro senso di sicurezza. Altri soffrono per malattie: cancro, problemi di cuore e una miriade di altri malanni. Sentirsi dire da un dottore: “Lei ha un cancro e può morire” deve essere terrificante, eppure fra quanti leggono queste righe molti hanno sperimentato questo dolore e questa agonia. Gli innamorati si lasciano calpestando quello che una volta era un bellissimo rapporto e ciò che rimane è il cuore spezzato, ferito. E che dire dei disoccupati? Degli scoraggiati davanti al crollo dei loro progetti? E i segregati? I prigionieri? Gli omosessuali? Gli alcolizzati? E' vero! In un modo o nell’altro stiamo tutti soffrendo; ogni individuo sulla terra porta il proprio fardello di dolore e di sofferenza. David Wilkerson Un grazie a Gabriella Masoni

Anche stamani ho messo la sveglia un’ora prima, e nel silenzio della casa, nella quiete in cui è ancora immersa la vita fuori, mi sono presa quel tempo per leggere, per studiare le cose che mi interessano. Lo faccio da alcuni giorni, ma sta diventando uno spazio prezioso, senza distrazioni, che mi fa iniziare bene la giornata e mi dà gioia. Un’ora per me e per ciò che mi appassiona. Mi colpisce la sensazione che mi dà questo tempo: è lungo, pieno, ricco. Un’oasi di calma. È un regalo che mi faccio, vita che vive consapevole. Esco di casa concentrata e quieta. Più tardi ho incrociato questa frase di Sándor Márai, tratta da Le braci: “Alle domande più importanti si finisce sempre per rispondere con l’intera esistenza. Non ha importanza quello che si dice nel frattempo, in quali termini e con quali argomenti ci si difende. Alla fine, alla fine di tutto, è con i fatti della propria vita che si risponde agli interrogativi che il mondo ci rivolge con tanta insistenza.” È proprio vero. Quelle domande che toccano i fondamenti, quelle sul senso della vita, del dolore, della morte… Me le faccio e me le sento fare più o meno tutti i giorni, e più o meno tutti i giorni ci si prova a rispondere. Giorno dopo giorno, dalle carni affaticate e dall’anima provata nascono risposte e ulteriori domande, che formano il nostro cammino, il percorso della nostra vita, ciò che siamo. Alla fine, ciò che lasciamo a chi ci sopravvive sono proprio le risposte che abbiamo trovato. sguardiepercorsi

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RIFLESSIONI

Aprile è il più crudele dei mesi Oggi, citazione quasi dovuta: “Aprile è il più crudele dei mesi: genera Lillà dalla morta terra, mescola Ricordo e desiderio, stimola Le sopite radici con la pioggia primaverile.” T.S.Eliot, La terra desolata Non amo troppo la primavera (e men che meno l’estate). Bella è bella, ma non sono in sintonia con lei. Tutto quel fiorire, quel buttar fuori il meglio di sé in un colpo solo… è bello, certo. Ma è troppo. Troppo sfacciato, troppo estroverso. Faticoso. Generare lillà dalla terra morta, mescolare ricordo e desiderio, spingere su la linfa dalle radici. Troppo. Certo la primavera genera meraviglia e stupore. Come fuochi d’artificio che squarciano la notte, i suoi colori si stagliano sgargianti contro il cielo. Belli e assordanti, sontuosi e alteri. E poi il giorno che si allunga sempre di più, che non finisce mai, che non si decide a quietarsi nella sera: troppa luce, troppo a lungo. Bella, la luce alle otto di sera. Ma stancante. Si vede che sto invecchiando. Mi meravigliano tutti quei colori, tutta quella luce. Guardo incantata tutto quello splendore, ma non lo amo. Amo i verdi delle foglie che durano mesi, la linfa che sotterranea scorre e dà vita all’albero in ogni stagione. Ammiro la scena, ma amo la sostanza. “Oh, albero di fico, da quanto tempo ormai per me ha significanza il modo in cui tu salti quasi la fiorita e nel frutto per tempo voluto, senza esaltarti, spingi il tuo puro mistero. (…) …Noi, invece, indugiamo ah, ci esaltiamo a fiorire, e nella sostanza tardiva del nostro frutto finale, entriamo traditi.” R.M. Rilke, Sesta elegia duinese Ecco, non vorrei entrare tradita nel frutto finale. Cerco di rimanere collegata con la mia linfa sotterranea, e quella amo, perché c’è sempre, anche quando faccio fatica a sentirla. Perché quella linfa nutre e

sostiene ogni tempo dell’anno, e ci posso contare, a lei mi posso affidare. Nel silenzio, nascosta agli sguardi indiscreti, lavora. Questo è stupefacente. sguardiepercorsi

Il testamento di un cane

“Amico mio, la mia eredità non è fatta di beni materiali, ma resteranno tuoi per sempre l’allegria, la gioia di vivere, il rispetto che spero di averti insegnato in tanti anni di vita in comune. Se sono riuscito a spiegarti cos’è l’amore di un cane e tu sarai capace di regalare un amore che gli assomigli anche solo un pò a qualsiasi essere vivente, uomo o animale che sia - spero di averti lasciato un bene inestimabile e scodinzolerò felice tra le nuvole. Una raccomandazione: non provare a dimenticarmi, non ci riusciresti...e non dire: “basta animali, ho sofferto troppo”; se lo dicessi, vorrebbe dire che non ti ho lasciato nulla. Se ti ho insegnato l’amore dimostramelo, offrendolo ad un altro animale: ti darà anche lui tenerezza, allegria ed ancora amore. E alla fine ti lascerà un testamento come questo. Così senza accorgertene, continuerai ad imparare e crescere, ed un giorno ci ritroveremo tutti insieme in un unico paradiso, perché non c’è un paradiso per gli uomini ed un paradiso per gli animali, ce n’è uno solo per tutti quelli che hanno imparato ad amare.” www.newentry.eu 55


Società

LA MORTE VINCE SEMPRE Ai miei tempi, a dodici anni, giù di li, avere coraggio significava scavalcare in perfetta solitudine il muro del cimitero e restarci dentro per qualche tempo, oppure salire sul ponte della ferrovia e tuffarci dentro il lago. Ai miei tempi così differenti da questi tempi, non eravamo meglio noi, più semplicemente nel frattempo siamo cambiati tutti noi. Stavo leggendo di quel giovanissimo/i salito sul tetto del centro commerciale, e precipitato per una trentina di metri nella botola del condotto di areazione. Alle 22,30 si cerca la montagna da scalare, ci

si arrampica senza vedere, dentro passi affrettati dell’agire per l’incapacità a rimanere fermi. Chissà, forse hanno ragione quei luminari che ci dicono e sottolineano la pericolosità dei network, il virtuale che annienta il reale, le frasi fatte e coniate a più riprese su come la paura sia soltanto un surrogato da seppellire nella sfrontatezza della sfida. Eppure anch’io ricordo bene l’adrenalina della fascinazione del vicolo cieco, la sfida al muro del buio, la suola delle scarpe che non tocca nemmeno terra, ci sei dentro fino al collo, non stai correndo, stai vo-

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lando, è tutto un dritto, non ci sono curve, non ci sono ostacoli, niente e nessuno ti può fermare. Niente e nessuno ti può fermare. Niente e nessuno ti può fermare... soltanto la morte, la tua, peggio, quella degli altri, degli innocenti che il più delle volte rimangono senza giustizia. Anche allora come oggi il leit motiv era: “la morte non ci fa paura, la guardiamo in faccia”. Il problema è che sfidare la morte comporta sconfitte brucianti, il più delle volte la perdita è definitiva, infatti, al tavolo da gioco la morte vince sempre. Lo sconcerto per questa tragedia sta tutto dentro la solita frase di rito: “era un bravo ragazzo», eppure oggi quel giovanissimo non c’è più. Non conoscevo quel ragazzo, la sua storia, dunque non mi permetto di giudicare alcuno, genitori e adulti compresi, ma la paura è sinonimo di labirinto, di resa anticipata alla lotta che verrà. Ho l’impressione che quando un adolescente cammina con gli occhi bendati nella notte cercando il proprio limite sul dirupo incombente, ciò confermi l’inaccettabilità dell’indifferenza intorno, in quella sfida al limite, tutta l’insopportabilità di una assenza: l’insegnamento a educare a volerci bene veramente, a rispettare noi stessi e gli altri. Ma questa è tutta un’altra storia. Vincenzo Andraous

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Il pranzo

“Mi sveglio di colpo col batticuore! Ma per che cosa mi agito poi! E’ chiaro da poco, me ne rendo conto e non c’è motivo che abbia tanta fretta di alzarmi! Oggi ho alcuni ospiti a pranzo ma io, al solito, mi sono portata avanti già ieri. Mio fratello è sempre il solito! Lio invita, tanto lo sa che c’è la stupi... cioè, non proprio questo aggettivo, magari pensa - la brava! - che organizza nel modo migliore. Mi piace anche accontentarlo, diciamo la verità, perchè non sta molto bene, è sempre stato cagionevole di salute, è il più giovane di noi tre ed io, essendo la maggiore, sono stata un po’ la sua sicurezza, quella che lo difendeva quando dei suoi compagni di gioco lo umiliavano, perchè era il più debole, quante volte ho pulito le ginocchia sue e del suo amico più buono e caro quando, cadendo sui sassi se le sbucciavano. Io cercando di farli ridere, riuscivo a togliere il pietrisco che avevano nelle loro piccole ferite e baciavo le loro ginocchia perchè, dicevo loro,

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che i miei bacini avrebbero “tirato via il male che avevano”. Ho sempre dovuto lavorare, ma tanto, perchè alla morte dei miei, sono stata il loro capo famiglia, pensando a mantenerli, a farli studiare almeno un po’, a fare loro da madre e padre. Su mia sorella ho potuto contare poco, è sempre stata un po’ disattenta, lenta, tranquilla, per lei va sempre tutto bene, è troppo facilona per me! Ieri le ho fatto preparare almeno i dolci da offrire ai nostri ospiti, almeno quello! I biscotti con la frutta secca sono riusciti anche buoni, ma che pazienza da parte mia nel vederla così calma! Stamattina il forno serve a me, perchè voglio servire al nostro amico carissimo ed agli altri ospiti del pane speciale, userò una farina che ho trovato con tanta fatica ma che saporino e profumo avrà poi quel pane che sarà morbido e buonissimo! Il pesce e una parte delle carni voglio cucinarle sulle braci perciò ho preparato della legna di olivo perchè è quella che da al cibo un sapore delizioso. E’ tutto pronto, dalla tavola apparecchiata alle bevande che sono fresche, la frutta è tutta lavata. Arrivano gli ospiti ed ecco il nostro amico entrare per primo! Lo vedo sempre con tanta gioia, l’avevo preso in braccio tante volte, coprendogli il viso di baci ed ora me lo trovo davanti uomo con una bella barbetta! Mi presenta i suoi amici e poi si accomodano con mio fratello nella stanza più fresca della casa. Io devo controllare la carne, il pesce, il pane, le verdure e quella intelligentona di mia sorella, si siede in ascolto di Gesù che sta parlando!!! Sopporto un po’ ma poi mi avvicino a lei e le do una gomitata alla spalla, sperando che capisca di alzarsi e venirmi ad aiutare! Niente da fare! E’ persa nell’ascolto! Mi avvicino a lui e gli dico: “Signore, non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille che mi aiuti!”. E lui mi viene a dire: “Marta, Marta! Tu ti agiti per molte cose, ma Maria ha scelto la parte migliore”. La migliore? La migliore dico io? Ma


RACCONTI

come... ma... cosa avrebbe trovato da mangiare se io non mi fossi data da fare? Mi ha chiamata per nome ben due volte”. Non una! Mi sento offesa, non mi siederà a mangiare con loro neanche per sogno! E così ho fatto. Mi ha chiesto mio fratello Lazzaro perchè non mangiavo ed io ho risposto che non avevo fame. Gesù mi guardava mentre servivo, sentivo lo sguardo seguirmi nei movimenti ma io non ho ceduto, ho fatto finta di niente. Hanno mangiato tutti con appetito e proprio quasi tutto! Stavano uscendo per andarsene, mi hanno ringraziato e Gesù ha fatto in modo di essere l’ultimo ad uscire. Non ho potuto non guardarlo, mi si è avvicinato e ha preso dalla tavola un pezzetto di pane, poco più di un boccone, lo ha spezzato a metà e me ne ha dato una parte portandomela quasi vicino alla mia bocca. L’ho preso e, guardandolo, finalmente ho mangiato quel boccone. L’altra metà l’ha mangiata lui, masticando e sorridendomi. Mi ha preso

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le mani tra le sue, poi io gli ho aperto le braccia e gli ho chiesto scusa. Il suo abbraccio è stato tanto affettuoso, ho capito che mi ha perdonato l’atteggiamento sostenuto durante il pranzo” Lo sa che sono ostinata, testona, non accetto e non capisco se quello che faccio è sempre giusto. Sono impulsiva e, credo, un po’ egoista! Ma davanti a quel viso che tante volte ho accarezzato piccolino e dolce, a quegli occhi che ho asciugato colmi di lacrime infantili come quando avevo rotto il carrettino di legno che gli aveva fatto Giuseppe, mi sento sciogliere il cuore, sento che potrò diventare un’altra Marta, penserò meno al cibo che fa vivere ma di più alle sue parole, vero cibo di vita eterna. Si spezza ancora il pane insieme a noi e chiunque mangerà non avrà più fame! Comincerò da domani mattina a cambiare in meglio! Oggi pomeriggio devo riordinare tutta la casa”. Marta

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L’INTERVISTA

CARLO LO MONACO DA BALLERINO A FOTOGRAFO

Ph. Carlo Lo Monaco

La fotografia è entrata nella sua vita quasi per caso. Un periodo di fiacca lavorativa, il desiderio di sperimentare, la curiosità di mettersi in gioco. Così, da ballerino, poi produttore e organizzatore eventi, Carlo Lo Monaco si è ritrovato improvvisamente dall’altra parte dell’obbiettivo. Nel suo dna, d’altronde, la macchina fotografica ha sempre avuto un posticino fin da bambino. Oggi, che di anni ne ha 39 e Treviso è diventata la sua città adottiva, le sue immagini raccontano volti, emozioni, sentimenti. Questa passione per l’arte, unita al gusto estetico, gli hanno permesso di conquistarsi un posticino nel mondo dei fotografi professionisti. Eppure, lui rimane coi piedi per terra, innamorato delle “immagini emozionali” che costruisce con le fotomodelle con le quali collabora. Riavvolgiamo il nastro. Nasco nel mondo dello spettacolo a 17 anni come ballerino, quindi sono una persona stracolma di sfaccettature di ogni genere; il teatro, molto spesso, ti porta a vivere le tue emozioni all’estremo e quindi anche a scavarti dentro, conoscerti fin dentro le viscere e ad affrontare, ma anche al tempo stesso amare, ogni tuo singolo pregio o difetto. In questi ultimi vent’anni, 60 www.newentry.eu

grazie a svariate esperienze professionali che hanno spaziato dal palco alla cinematografia, la mia più grande passione è stata quella di restituire ad altri le stesse emozioni che la creatività del mondo dell’arte hanno da offrire sia a chi ne vive sia a chi ne fruisce. Un curriculum, il tuo, che negli anni si è arricchito di collaborazioni straordinarie. I momenti fantastici sono stati moltissimi, porto nel cuore quelli legati alle varie collaborazioni con l’ex Balletto di Spoleto, con Marco Schiavoni in particolare, grande compositore musicale ed artista poliedrico, con il quale è nata una amicizia; un feeling che mi ha portato anche a fare il suo aiuto regista in più occasioni ed in particolare per le proiezioni interne allo spettacolo di A. Gassman “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Ma ce ne sarebbero molte altre da raccontare avendo organizzato festival, fotografato eventi, lavorato in regia in vari spettacoli. Il filo conduttore è stato quello di una vita intensissima di emozioni. Emozioni che, ad un certo punto, hai iniziato ad immortalare. La mia fotografia attuale è esattamente ciò che i miei sogni urlano, specialmente quando sono


L’INTERVISTA

io a creare e non solo a produrre qualcosa per gli altri. Mi reputo semplicemente un visionario, specialmente per quel che riguarda l’idea della donna in un mondo quanto più possibile reale e non fashion, dove lei, la donna appunto, è la regina indiscussa che muove ogni cosa e noi, comuni mortali uomini, non possiamo fare altro che ammirarla e cercare di scoprirne, per quanto ci verrà mai concesso, l’universo, o meglio le galassie, che ha dentro. Sono principalmente un ritrattista ma la fotografia per me ha ampio spettro, non amo infilarmi e infilarla in un genere ben preciso: quel che conta, alla fine, è solo l’emozione che questa può darti, quanta più ne provo io tanta più spero ne avvertiranno e godranno gli altri. Anche attraverso i social provi a veicolare un’immagine “alta” della fotografia. Cerco di dare ancora un senso alla fotografia vera, quella che ti stamperesti e ti appenderesti a casa, la fotografia quella che ti da emozioni oggi e che te le restituirà esatta-

Ph. Carlo Lo Monaco

Ph. Carlo Lo Monaco

mente identiche anche tra 10 anni. 
Cerco di distaccarmi, per quanto possibile, dalla logica dell’inseguimento dei like a tutti i costi, dalla proposizione di scatti fini solo allo spazio di quel fugace momento dedicato ai “sacri like quotidiani”. Per me i social servono soprattutto a questo, a poter mostrare le emozioni che può dare una fotografia. Per questo, il tuo rapporto con i social è controverso. Da un lato non se ne può fare a meno, danno anche qualche soddisfazione e fanno conoscere anche della bella gente, al tempo stesso però li detesto per la piega di falsità e ipocrisia costante che li pervade, tutti o quasi recitano una parte ma ognuno pensa di potersi fare un’idea sugli altri in base a quel che essi postano, follia pura… Cosa ti ha dato la fotografia? Tantissimo amore, non esistono altre parole per descriverlo. Dico però solo che in questo momento storico la fotografia, a mio avviso, sta vivendo un momento di grande sofferenza da un lato, soprattutto qualitativo ed economico, ma al tempo stesso vive una grande rinascita e una spinta verso la ricerca, di pochi, di tirarne comunque fuori qualcosa di diverso, di creativo, che si distacchi dalla banalità verso la quale stiamo inesorabilmente cadendo a causa della sovraesposizione donataci dall’era digitale e dal network, oltre che dal pessimo buongusto chiaramente. www.newentry.eu 61


L’INTERVISTA

Un’analisi che apre al dibattito. Detesto i fotografi in genere: molti di loro li trovo prime donne, e non vorrei spendere troppe parole per il mondo moderno della fotografia dove esistono migliaia di fotografi (quasi tutti uguali) e dieci volte tanto di “modelle”. Purtroppo poi, quando vai ad analizzare le persone sul serio, scopri che, se in Italia arriviamo a 30 veri bravi fotografi in attività e poche centinaia di modelle vere, è già tantissimo. 
CONTATTI SOCIAL Instagram: @elleemmedigitalpictures

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RIFLESSIONI

I NOSTRI FONDAMENTALI VALORI UMANI

Da Westerbork, campo di smistamento, ultima tappa prima di Auschwitz. “Essi vanno lungo il sottile filo spinato, le loro sagome in grandezza naturale scorrono indifese sulla grande distesa del cielo. Bisogna averli visti camminare laggiù… La loro ben forgiata armatura di posizione, reputazione e proprietà s’è sfasciata, e ora essi sono rivestiti soltanto dell’ultima camicia della loro umanità. Si trovano in uno spazio vuoto, delimita-

to da cielo e terra, dovranno riempirlo da soli con le loro potenzialità interiori – là fuori non c’è più niente. Ora ci si avvede che nella vita non basta essere un abile politico o un artista di talento, la vita richiede tutt’altre cose nella miseria estrema. Sì, è vero, siamo messi alla prova nei nostri fondamentali valori umani.” Etty Hillesum, Lettera del dicembre 1942

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Riccioli di polvere e galassie “Di tanto in tanto passo uno strofinaccio sotto il letto. Ci trovo la polvere arrotolata a riccioli e spirali, la figura perfetta delle galassie viste al telescopio. Mi attira la coincidenza di forme tra l’immenso e il minuscolo. Un ammasso di stelle ripete quello di un rotolo di polvere.” (Da: “Ti sembra il Caso?” di Erri De Luca e Paolo Sassone-Corsi, pag. 11) La vita è stupefacente. “Abbiamo due metri di DNA in ogni cellula del nostro corpo. È compattato in maniera portentosa nel nucleo di ogni cellula, che invece non è più grande di un milionesimo di centimetro. C’è un quantità di DNA straordinaria nel nostro corpo, mettessimo i due metri di ogni cellula appiccicati uno dopo l’altro si coprirebbe centinaia di volte la distanza tra la Terra e la Luna.” (ivi, pag.18) Mi incanta pensare a questi salti tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. Mi incanta pensare a cosa e a quanto succede nel mio corpo mentre sto digitando sulla tastiera: quanta vita c’è in una piccola cellula, quanto si muove in lei, quanto traffico tra cellule, traffico che mi consente di pigiare tasti, dare forma ai pensieri, scrivere, leggere ciò che le dita fanno apparire sullo schermo del computer. E questo mentre il corpo fa i fatti suoi senza che io me ne debba occupare, e mi fa respirare, fa battere il mio

cuore, regola la temperatura, digerisce la cena… Ho una visione laica, tutto ciò non mi fa pensare a un Dio ma alla grandezza dell’Universo. Ricordo che sul libro di geografia delle medie avevo scritto il mio nome e sotto: Torino, Italia, Europa, Terra, Sistema solare, Universo. Così mi sento ancora oggi: una piccola parte inserita in cerchi sempre più ampi. Una parte di un tutto che c’era prima di me e proseguirà dopo; una parte non indispensabile, ma che nel suo esserci contribuisce all’insieme, porta la sua goccia. È un pensiero che mi quieta. Infinitamente piccolo e infinitamente grande si incontrano, dialogano. Io nel piccolo partecipo del grande. E lo porto in me. Mi sento al mio posto nel mondo. Quel che rimarrà di me quando non ci sarò più è un pensiero che non mi ha mai agitata, e pensare che non ci sarà nulla, se non per un po’ nella memoria di chi mi ha conosciuta, mi lascia tranquilla. Sono interessata alla vita finché ci sarà un Io cosciente in grado di viverla. Quando si spegnerà, non ci sarò più. Per me, va bene così. Nel frattempo, ho bisogno di amare e di essere amata, e in questo sento il senso della mia vita. Dalle finestre aperte arriva un’aria un po’ troppo fresca, è ora di chiuderle; fuori è buio, nessuna luce brilla. Ma so che un cielo stellato si dispiega sopra di me, e questo mi fa sentire a casa. Benedetta

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