New Entry, il Giornale della Gente - Edizione di Bergamo del 26 Luglio 2019

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EDITORIALE

Quel rispetto per nessuno!

“Abbiamo ancora tempo, forse una generazione per salvare l’ambiente in cui viviamo dai disastrosi effetti della violenza alla quale l’abbiamo sottoposto.” (B. Commoner) In che cosa consiste questa “violenza” a cui abbiamo sottoposto l’ambiente? Gli elementi più evidenti sono l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, distruzione di boschi, di colture, di specie animali, costruzioni di agglomerati urbani a base di cemento e asfalto su grandi aree, scavi irrazionali, eccessivo uso dell’acqua con impoverimento delle falde idriche. Spesso quelle che consideriamo calamità naturali (straripamento dei fiumi, smottamento di terreni,

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frane, valanghe, ecc...) sono solo conseguenze del nostro mancato rispetto per la natura, poiché il taglio indiscriminato dei boschi, la deviazione dei corsi d’acqua, ecc... pongono le premesse di queste calamità. E tutto ciò è riconducibile al progresso della tecnologia che, troppo spesso, studia rimedi ai mali presenti senza prevedere i danni che tali rimedi possono arrecare all’equilibrio ecologico. Se la tecnologia è la principale responsabile di questo stato di cose, dobbiamo allora desiderare un ritorno alla vita agricolo-artigianale di un tempo per salvarci? Sarebbe purtroppo impensabile, poiché oggi le industrie danno lavoro alla maggior parte degli uomini e offrono quei prodotti di cui non siamo più capaci di fare a meno. Il problema dunque che dovranno studiare gli


EDITORIALE

scienziati è cercare proprio in quella tecnologia che ha fatto tanti guai, i mezzi per produrre energia inquinando meno l’aria e le acque, per depurare laghi e fiumi, ricostruire foreste, salvare le specie vegetali e animali in pericolo di estinzione... Ma abbiamo poco tempo e questi studi sono lunghissimi, poiché le nostre coscienze sono ancora molto limitate e lo dimostrano coloro che hanno creduto di aver trovato soluzioni tecnologiche e hanno invece prodotto solo danni e causato disastri... Ma ciò che preoccupa di più è la coscienza di quelle persone che, nel loro piccolo, se ne fregano altamente della natura e dell’ambiente, basti osservare la fotografia pubblicata qui a fianco per rendersene conto!!! Sacchi di immondizia lasciati ai bordi dei fiumi, dei laghi, della strada come nulla fosse nell’indifferenza generale delle persone. E' di questo che dobbiamo preoccuparci, come possiamo migliorare l’inquinamento su scala mondiale se noi stessi, nel nostro piccolo, commettiamo ogni giorno queste violenze contro il nostro habitat naturale? Occorre allora una coscienza comune dell’esistenza del problema ed un senso di responsabilità di ognuno di noi partendo già dalla piccole cose... “Per fare del male non serve uccidere, basta gettare un pezzo di carta in un prato” Potrebbe essere uno slogan che racchiude un pensiero molto profondo: secondo me, è dalle piccole cose che possiamo migliorare questo nostro mondo un po’ malandato dove noi uomini, a causa della continua ricerca di benessere e di potere, siamo riusciti a far scomparire le stagioni,

a trasformare l’aria in un miscuglio di sostanze tossiche, ha colorare il mare di nero che odora di morte! E di fronte a tutto ciò c’è ancora chi compie atti come quello ben rappresentato in fotografia.... Ma è la mentalità comune che fa rabbrividire: “Cosa vuoi che siano due sacchi e un po' di plastica ai bordi di una strada a differenza delle fabbriche che inquinano giorno e notte senza che nessuno dice niente?” - qualcuno ha commentato... Questa affermazione può essere anche vera ma non per questo noi abbiamo il compito di peggiorare la situazione; dobbiamo essere in grado di dare il buon esempio a chiunque e a chi soprattutto verrà dopo di noi. Affinché non ci sarà una controtendenza forte, una coscienza, una mentalità nuova, tesa a impegnarci in prima persona sui problemi dell’ecologia, sarà sempre più difficile se non impossibile recuperare l’ambiente perduto... Un impegno questo che deve essere accompagnato anche da una certa educazione, in prima linea dai genitori ma anche dalle scuole dove continuano ad insegnarci e ad imbottirci di nozioni su come è costituito l’ambiente e la natura quando poi non siamo in grado di rispettarla e custodirla! Gianluca Boffetti

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RACCONTI

LE NAVI DEI PREDONI Nell’entroterra di La Spezia ci sono delle rovine, nella piana del fiume Magra. Là, in tempi antichissimi, sorgeva la meravigliosa città di Luni, interamente circondata da forti mura. Nel limpido cielo si stagliavano le alti torri e bei palazzi di candido marmo, gli abitanti erano celebri per la vita ricca e raffinata. Ma un giorno il terrore si diffuse per la città: le sentinelle avevano avvistato all’orizzonte le navi dei predoni. Erano i vichinghi, che, nelle loro fredde terre del Nord, avevano sentito narrare meraviglie delle ricche città d’Italia. «Andiamo a conquistare Roma!» aveva incitato Hastings, il loro capo. E subito i più forti guerrieri erano partiti. Così essi

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giunsero in vista di una magnifica città che biancheggiava sulla costa. «È certo Roma !» pensarono quei barbari «di là trarremo ricchezze immense». Era invece Luni. La forte città serrò le porte e si difese strenuamente; invano i Vichinghi la attaccarono più e più volte. Visti gli inutili tentativi, i predoni ricorsero a uno stratagemma. Dai velieri si avvicinò a riva una barca, facendo segni di pace. Ne scesero degli uomini che portavano una barella. «Il nostro capo è stato ferito e prima di morire vuole diventare cristiano. Lasciate che riceva il battesimo nella vostra cattedrale...» pregarono. Impietositi e stupiti, gli abitanti di Luni aprirono una porta al piccolo corteo. Ma quando la barella fu nel cuore della città, Hastings balzò in piedi. I suoi compagni afferrarono le armi nascoste sotto le coperte e assalirono gli abitanti di Luni che, presi alla sprovvista, non fecero in tempo a fermare l’impeto degli invasori. La città fu espugnata e distrutta. Di essa rimane solo il ricordo. La zona dove essa sorgeva conserva oggi il nome di Lunigiana. Fonte: www.schule.suedtirol.it


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“Incantevole sorriso”

Delle volte ho impressione di vivere in un mondo di vetro e di cartone, tutto può essere spezzato, infangato, amicizie, affetti, promesse e le vite stesse. Rimangono soltanto le ghigne maligne di conti e interessi. Rimane anche un peso schiacciante che tenta di trasformare l’uomo in serpente per farlo strisciare. Ma tu, uomo, sei creato per camminare e per volare! Tu non lasciarti diventare giocattolo del male, se hai gambe spezzate apri le ali e prova a volare! Dara Naumova

Gocce di Memoria 60’ 70’ 80’ Noi che si accontentavamo di cose semplici ma che ci davano tanto divertimento.... Noi che agli appuntamenti c’eravamo sempre tutti, anche senza telefonini. Noi che avevamo il ‘nascondiglio segreto’ con il ‘passaggio segreto. Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google Noi che potevamo star fuori in bici il pomeriggio Zaino Invicta 06 www.newentry.eu

Luglio - "Solleone e temporali" Al culmine dell'Estate la canicola incombe... Sulle strade assolate il viandante soccombe. Si cerca un po' di fresco nell'ombra del giardino... improvvisando un desco sotto i rami del pino. Chi va in vacanza al mare chi va sulla montagna... chi decide di andare in collina o in campagna. Nei campi bruciati dal sole cocente i dolci cocomeri sono maturi. E' necessario il caldo per tutta la gente che è in attesa dei raccolti futuri. Arrivano i temporali in Estate annunciati dal rumore del vento. Si rinfrescano le piante assetate, cambia il clima, in un momento. Ogni arsura scompare mentre l'aria si rinfresca... Si scatena il temporale al di là della finestra. Cambia musica la notte... cambia profumo la terra... saltellano, milioni di gocce, sul tetto della serra. Gli alberi indossano trasparenti goccioline. I torrenti s'ingrossano sotto la pioggia fine. La pioggia che cade sul tetto una musica dolce diffonde: tuoni e lampi formano un duetto mentre il cielo, alla terra, si fonde.

(Piera Masoch)


RIFLESSIONI

Anna: e tutto vola... La torrida estate avanza e tu come una danza sollevi il calore, con lo stupore di chi ti guarda. Sorridi, ti muovi come una piuma con gesti armoniosi, quasi a dire... mi innalzo fino al cielo. E splendente come il sole fai una lunga corsa contro il tempo... Quel tempo che si vuol fermare, quasi per ricordare la tua voglia di vivere... E tutto vola, vola come una piuma spinta dal vento, quel vento che non c'era, quel tempo che si fermava... Alzo gli occhi al cielo e vedo un angelo che vola, un angelo che sorride, come solo sapevi fare tu...! Voglio ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi, che come allora tu mi ascolti e ancora sorridi. Abbi cura di splendere e illuminati d'immenso! Ciao stella, brilla per noi. Anna 23.07.2015/ 23.07.2019

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RIFLESSIONI

GRAZIE MAESTRA ATTILIA BETTONI Penso di non aver mai ringraziato abbastanza la mia maestra, Attilia Bettoni, che nel lontano 1980, mi accolse come una figlia insegnandomi l’amore e la passione per la scrittura. Erano tempi quelli di forti immigrazioni; famiglie intere si spostavano alla ricerca di un lavoro che potesse offrire sicurezza e serenità. Erano tempi di grande sviluppo economico; ovunque s’ergevano cantieri, palazzi, fabbriche accoglievano a bracci spalancate nuova manovalanza. Noi fra loro; io piccina, di soli 6 anni; occhi grandi quanto bracieri, tremore diffuso, vogliosa curiosità. Giovane, mia madre, se pur colta da malattia, ancora agile e scattante, ripuliva, riordinava, sistemava con cura il bagaglio. Tutt’attorno crocchi d’infanti rallegravano l’aria condendola di frenesia quieta. Era forte, impregnante, l’odore di latte che aleggiava nell’aria; penetranti i muggiti di vacche che dall’alba al tramonto facevano capolino da ogni dove. Giunse l’autunno, in breve ogni cosa assunse colore e forma diversa; persino gli odori sembrava volessero mischiarsi con il dolce dei grappoli maturi che pendevano generosi nei tanti vigneti sparsi or qua or la. Con il cadere delle foglie l’apertura delle scuole. Mondo nuovo da affrontare, scoprire, digerire, conoscere. Impatto doloroso il primo gesto che ci unì. Lacrime amare coprivano gote; in un angolo me ne stetti per intere mattine, sconsolata, disperata, non accettando aiuto da nessuno tranne che dai miei cugini Giustina e Girolamo ai quali, nella mia lingua, imploravo di poter far ritorno a casa. Era la lingua italiana che non comprendevo, le parole giungevano all’orecchio come dardi dinnanzi ai quali restavo immobile, pietrificata. Mia madre al rientro intensamente mi fissava dritto nel cuore puntando il dito, ammonendo, scuotendo il capo. Ci volle tempo ed ancora tempo prima che abbandonato l’angoletto prediletto mi avvicinai al banco, osai sedere, ascoltare, cercando con tutta l’anima di capire quello che mi veniva chiesto.

Fu Attilia, nel tempo giunsi a chiamarla “mamma” che seppe dolcemente aprire le braccia, accogliermi, poco alla volta introducendomi nel meraviglioso mondo del sapere. Lottai disperatamente, leggevo giorno e notte, ritagliavo sillabe e consonanti dai giornali per formare parole, ascoltavo, assorbivo con avidità.. il sonno mi sorprendeva con il naso infilato in un libro … Diligenza e passione mi portarono in breve tempo ad essere una fra le prime della classe, sempre pronta a lavorare con solerte impegno. Furono di grande aiuto i compagni di classe, mi facevano sentire parte di loro… come dimenticare Michele Tosini, Aberto, Marzia, Giovanna, Michele Assetti, Michael, Andrea Dal Bo, Andrea Bertocchi, Simona,Giustina, Giulia,Gino…. Le stesse mamme erano premurose e cortesi, pronte ad offrire appoggio e supporto. Se oggi ho la capacità di scrivere e di comunicare emozioni, dolori, speranze, tremori lo devo di certo al buon Dio; a mia madre che seppe starmi accanto e sostenermi ed alla carissima maestra Attilia Bettoni che ringrazio di cuore, dal profondo dell’animo. Prima del suono dell’ultima campanella negli ultimi dieci minuti aveva la buona abitudine di leggerci ad alta voce “Il vecchio ed il mare” con una tale delicatezza ed espressività che mi pareva per pochi istanti di andare lontano lontano, di sentire la passione e l’ardire del vecchio pescatore, di perdermi nelle grosse profonde rughe del suo volto per poi ritrovarmi piccina con gli occhi ricolmi di meraviglia... Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste www.newentry.eu 09


RIFLESSIONI

CAMBIA LE TUE PAROLE, CAMBIA IL TUO MONDO! Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto: «SONO CIECO, AIUTATEMI PER FAVORE». Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un’altra frase. Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote. Il non vedente riconobbe il passo dell’uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato. Il pubblicitario rispose: “Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo”. Sorrise e se ne andò.

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Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto: “OGGI E’ PRIMAVERA E IO NON POSSO VEDERLA”. MORALE: Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che poi andrà meglio. Silvia


DEDICA A...

BERTORNATA NONNA GRAZIA !!! E’ stata gioia inattesa, insperata quella di poter risentire squillante, forte, dolce la voce di nonna Grazia dopo anni di silenzio causa problemi di salute e di udito. Nello scorgere il messaggio di Ornella Olfi nel quale mi dice che nonna Grazia l’ha chiamata per farle i complimenti per alcuni suoi scritti pubblicati sul New Entry ricevuti in dono “dal carissimo Gianluca” tanta è stata l’emozione che gesto primo è stato di afferrare la cornetta e di comporre il suo numero. Voce ha risposto, la sua, dapprima incerta, titubante poi serena, interrogativa. E’ stato come se in un istante il silenzio trascorso fosse stato inghiottito dai demoni del profondo e un raggio di sole lassù nel cielo alto risplendesse nella bellezza di un meriggio di sole. Ti chiedo scusa nonna per i lunghi silenzi che ci hanno separato; il pensiero spesso è tornato a te. Temevo comunque di disturbare, la ragazza che ti stava accanto gentile rispondeva cortesemente a nome tuo, dando sommarie notizie sullo stato di salute. Altre volte ha risposto una delle tue figlie, ringraziando, confortando dicendo che stavi meglio e che avrebbe riportato i nostri saluti. La vita stupisce sempre, meraviglia ed incanta. Generosa ci ha donato ancora tempo per di-

scorrere e per condividere parte di cammino. Stanno bene le “ragazze”,come le hai chiamate tu; sono cresciute, tante le lotte quotidiane con istituzione e burocrazie... Vittoria prossima a compiere la maggior età, con essa un mare di cambiamenti istituzionali con cui bisogna necessariamente convivere e dritto guardare negli occhi .. Celeste, una meraviglia, grandi occhi verde azzurro, lunghi capelli rosso biondo, mani che sanno donare, chiedere, attendere … Ti abbracciamo forte forte dandoti un caloroso colorito benvenuto .. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste

IN QUESTO SCRITTO C'E' L'ESSENZA DI QUESTA RIVISTA! Una decina di anni fa Nonna Grazia, su indicazione di una lettrice di Bergamo, chiama la Redazione chiedendo di ricevere la rivista direttamente a casa ad Andria. Accolta la sua richiesta parte una infinita rete di legami veri, reali che si tramutano in amicizie profonde. Grazie Nonna Grazia per il tuo sempre prezioso sostegno a tutti noi! certificato ANAMMI n. N946

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Società

DROGA COME VETRO REFRATTARIO ALLA LUCE

Un ragazzino mi ha detto: io c’ero per intero in quel buco nero profondo, fino a esser diventato un pezzo di vetro trasparente, refrattario alla luce, tra le macerie sotto i miei piedi. Sono parole dette da un ragazzo che fortunatamente ha avuto la forza di chiedere aiuto, il coraggio maturo di alzare la mano per tentare di rialzarsi nella Comunità Casa del Giovane. Da molti mesi rimbombano nelle orecchie autocelebrazioni e autoreferenzialità, pilotate da ideologie cadute in disuso, tarlate dalle storie personali di tanti uomini devastati ed a volte “terminati” dalle sostanze. Con questa idea della droga ricreativa, della droga buona e quella cattiva, si fa strada il messaggio che la droga sia un bene di consumo normale, a tal punto da pensare che assumere stupefacenti sia un passatempo accettabile, tutto all’interno di un’accezione diventata normalità. Accapigliarsi tra un incompreso uso e abuso ed una ipotetica riduzione del danno, serve solamente a tentare di spostare l’asse di un coordinamento sociale in fibrillazione, dimenticando che a mezzo ci stanno le persone, i vissuti devastati e devastanti di uomini piegati, di adolescenti piagati, peggio scomparsi. Pezzi di vita immatura ammucchiata addosso a giovanissimi inconsapevoli del cappio al collo, costruito da una diseducazione che è prettamente genitoriale, professorale, a tal punto da divenire cultura della fatica non eccessiva, della responsabilità che è sempre altrui, del male minore, sempre che ciò accada un passo, meglio due, più in là della nostra dimora illusoriamente intoccabile. Non esistono altisonanti carichi scientifici, titoli, e ruoli ben definiti, che possono allontanare dalla consueta morte che attende alla curva dei rischi estremi, non esiste un Dio altro, altero e severo, che può elargire comandi salvifici, non ci possono essere davvero titubanze, su questo argomento, perché davvero non sopravvive alcuna speculazione filosofica. Non è possibile entrare in una scuola e leggere 12 www.newentry.eu

negli sguardi dei ragazzi l’inquietudine della colpa, anestetizzata dallo scampato pericolo, perché stamattina il coma etilico è toccato a un altro. Non è possibile incontrare quel giovane in una comunità, ridotto a un ammasso di niente, sotto vuoto spinto, e con la pazienza della speranza accoglierlo, accompagnarlo, in un percorso di ricostruzione e di riconciliazione, ciò attraverso l’esperienza dei fallimenti non certamente delle parole dette in fretta per non dire niente. A una Giustizia giusta non appartiene la sanzione punitiva nei riguardi di una tossicodipendenza che annienta dignità e capacità di amare, aiutare non può significare incarcerare né mutilare ulteriormente la personalità più fragile. Chi scrive non è maestro di niente, neppure possiede grandi consigli da donare, o intuizioni geniali per arginare questo sgretolamento sociale, di certo però non riesco a pensare a una droga compatibile, o collettivamente tollerabile, forse è necessario più semplicemente non tacere, non avere timori ad andare controtendenza, impattando senza indugio le icone della trasgressione, in forza delle tragedie che ci portiamo addosso, memoria indelebile per smetterla di sparare alle spalle dei più giovani. Vincenzo Andraous


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HO UNO STRANO ANIMALE... Ho uno strano animale, metà tartaruga, metà gatto. Di sesso femminile, da anni vive solitaria, rifiutando nettamente ogni compagnia .. tempo fa provammo ad acquistare piccole tartarughe che le potessero tener compagnia ma trovavamo le povere bestiole galleggiare a pancia all’aria. Si decise dunque che sarebbe rimasta in solitudine. Nel tempo alcune uova, tonde, mollicce, hanno fatto capolino nell’acquario; non essendo fecondate destinate alla pattumiera. Pur essendo per natura acquatica preferisce starsene fuori dalla vaschetta comodamente stesa al sole, collo taurino proteso verso la luce, zampe divaricate, occhietti socchiusi. Di età veneranda sovrana regna, indiscussa, sul territorio. I due gatti di casa, Gastone e Musciù, con sguardo severo mette a zittire. È comico osservarli al calar del sole quando il trio disteso si gode il tramonto, ciascuno nella propria posizione, precisa e sicura. Avida e ghiotta si nutre delle crocchette degli amici gatti, il grosso collo allunga prendendone una ad una dalla scodella; nella tazza dell’acqua si tuffa a capofitto finendo per rovesciarla. Nulla teme, tutto osa, rapida sfila da una parte all’altra del terrazzo, senza sosta, instancabile. Quando passi sente giungere, miei o delle bambine o di Giorgio, per un istante si sofferma, sembra sappia riconoscere a chi appartengono,

poi riprende il pellegrinaggio con rinnovata energia. Spesso l’osservo di nascosto, evitando si accorga della mia presenza. Traspare dalla sua postura energia e vigore, imponente regalità. Sorrido poi pensando a quali strani casi ci riserva la vita, a quante creature, da tempo remoto, di natura umana ed animale, sappiano adattarsi alle condizioni, trovare uno status ottimale, mantenendo intatta la forza generatrice. Ieri pioveva a capofitto, abbondanti goccioloni scendevano copiosi. Lei, Ruga, camminava sotto la pioggia, giuliva, occhietti sbarrati, immobile, si godeva lo spettacolo. Quando poi sono giunti alcuni raggi di sole, stiracchiandosi è rimasta per ore immobile. Un impercettibile movimento dell’occhio tradiva la quiete assoluta. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste

NEW ENTRY il Giornale della Gente

Direttore Onorario: Michele Cortinovis

Quindicinale d’informazione sociale e culturale

Anno 25- N°07 del 27/07/2019

Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti 14 www.newentry.eu

SEDE

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Uova farcite con creme saporite Ingredienti per 8 uova 4 cucchiai maionese 2 cucchiai senape 2 cucchiai ketchup prezzemolo 1 scatola di tonno grande Preparazione ricetta Lessare le uova in acqua bollente per 8 minuti, sgusciarle e tagliarle a metà, togliere i tuorli e metterli in due tazze, aggiungere nella prima:

2 cucchiai maionese, ½ scatola di tonno 1 cucchiaio di senape, poco prezzemolo tritato aggiungere nella seconda: 2 cucchiai maionese, ½ scatola di tonno 1 cucchiaio di senape, 2 cucchiai di ketchup Mescolare bene gli ingredienti nelle due tazze e mettere le creme ottenute nel sac a poche. Ricomporre le uova mettendo al centro dell’albume ciuffi di crema. Anna - www.cucinacreare.it

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L’INTERVISTA

SARA ISELLA Quando la fotografia è genuina eleganza Elegante, genuina, sensuale. La vicina di pianerottolo che chiunque vorrebbe. Fisico da urlo, occhi che parlano e un’energia che non conosce pit-stop. Il titolo di “Modella del popolo” ottenuto qualche mese fa in occasione di un concorso di bellezza racconta alla perfezione chi è Sara “Ohara” Isella. Nel suo essere femminile e provocante, c’è un misto di genuinità e semplicità che esalta le sue curve, il suo corpo, la sua naturalezza nello stare al centro dell’attenzione. La sua forza è proprio questa: avere le luci dei riflettori puntate addosso la esalta, le piace da morire perché le permette di tirar fuori quel suo esibizionismo mai banale. Ma non è tutto qui. Oltre al fisico, c’è molto di più. Per Sara Isella, 37enne della Provincia di Savona, la fotografia è stata un riscatto. Prima accantonata, poi riscoperta. Nella vita, d’altronde, è sempre bene darsi delle priorità. I sue due meravigliosi figli lo sono stati per anni, finchè poi il suo sentirsi “donna” le ha permesso di affiancare il ruolo di fotomodella a quello di mamma. Inutile dire che, consapevole del ruolo, l’eleganza e la sobrietà (con un pizzico di malizia) la fanno sempre da padrone. E il risultato finale è da favola. Nel gennaio 2019 è uscito il suo calendario “Le Tentazioni 2019” prodotto insieme al fotografo Stefano Biliotti. Scatti che hanno fatto sognare chiunque se li sia ritrovati dinanzi. Riavvolgiamo il nastro. Sara Ohara Isella è tornata nel mondo della fotografia dopo uno stop di 12 anni dovuto alla doppia ma16 www.newentry.eu


L’INTERVISTA

ternità. Proprio così, una scelta che rifarei. Nell’ottobre 2018 ho deciso di rituffarmi nel mondo della moda, della fotografia e dei social, trovandomi nuovamente a mio agio. Una decisione controcorrente: immaginate che scandalo, nella “piccola” Savona, una mamma che si rituffa nel mondo della fotografia per scattare in intimo! Sapete che penso? Che ogni commento e critica mi rafforza e mi spinge a proseguire in questa direzione. Ci sono due aneddoti al riguardo. Proprio così: a parte il gran “vociare” in città, nessuno ha mai avuto il coraggio di dirmi in faccia qualcosa, di dirmi realmente quel che pensava. E, dopo aver visto il mio profilo e le mie foto, c’è chi ha deciso di non rinnovarmi un contratto di lavoro… Detto questo, resto felice ed entusiasta della mia scelta. Sono i numeri a testimoniare il tuo successo. Sto lavorando a fondo per farmi conoscere. Sono presente su tutti i principali social network, condivido con fans e followers i miei scatti e i miei outfit. Il mio account di Facebook fino a pochi mesi fa era un semplice profilo e contava poco più di 600 amici. Ad oggi conto 3 profili Facebook, una pagina ufficiale, un canale YouTube, più altri profili su Instagram, Twitter, 500px, per un totale di quasi 10.000 followers. Tu ti definisci provocatrice e anti-conformista. Proprio così, ma sempre con intelligenza e raziocinio. Non fa parte di me il mostrare tanto per farlo: non lo trovo per nulla sensuale e appagante. Mi piace che dietro ci sia un progetto, una collaborazione con un artista della fotografia. Ecco perché devo dire grazie al fotografo Robert Grey che ha saputo esaltare la mia fisicità e la mia persona con scatti straordinari. Il lato provocatorio, però, non manca. Questo è poco ma sicuro. Fa parte di me, dal punto di vista fisico ma anche caratteriale. So

bene, ad esempio, che chi critica la mia scelta di posare nella realtà vorrebbe essere al mio posto. Ecco, allora io restituisco pan per focaccia continuando a proseguire questi scatti. Prima che col corpo, occorre saper provocare con la testa… C’è però un tassello che manca nella tua carriera artistica. La mia passione più grande è per la recitazione, un campo che ho coltivato per due anni facendo parte di una Compagnia teatrale. Mi piacerebbe approfondire le mie competenze, seguire un corso e conseguire un attestato. Completata la mia formazione, mi piacerebbe rimettermi in gioco e salire nuovamente sul palco. Cos’ha di speciale questa forma d’arte? Ti mette a contatto col pubblico, qui esiste solo la diretta ed è normale che l’adrenalina la faccia da padrona. Ecco, questa situazione mi esalta e vorrei viverla. Il contatto con la gente però vuoi tra www.newentry.eu 17


L’INTERVISTA

smetterlo anche nel tuo personaggio di fotomodella. Proprio così: rimango una persona semplice e naturale, genuina come lo sono da sempre. Ho in corso la progettazione di importanti progetti fotografici, pubblicitari e televisivi. Ma nulla cambierà la persona che sono. Usciamo dal set: Sara Isella è mamma e donna. Sono una mamma dolce, amorevole e determinata a trasmettere valori importanti ai propri figli. Ma sono anche una donna tranquilla, semplice, che sul set sa trasformarsi. Sono determinata e permalosa, con degli occhi che parlano e raccontano tutto di me… CONTATTI Instagram @oharangelphoto CREDIT FOTOGRAFICI Ph. Robert Grey

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RIFLESSIONI

SALTÀ I FÒSS PER ÈL LONCH Il Vaso Reale che attraversa Montichiari è comunemente chiamato “èl fòss”. Da anni la sua acqua non viene più usata, anzi, spesso non ne scorre proprio e nel suo letto vuoto si scorgono rifiuti di vario genere buttati senza alcun rispetto da incivili. Una volta l’acqua del fosso, essendo pulita, veniva utilizzata per irrigare i campi che attraversava, ma non solo: ai lavatoi, sia in borgo sopra che in borgo sotto, era preziosa per lavare la biancheria dalle donne che, inginocchiate nella cassetta di legno, faticavano molto per risciacquare anche lenzuola e coperte pesanti, aiutandosi spesso in coppia per strizzarle un po’( centrifuga a mano) prima di riporle nei secchi o in grandi bacinelle e tornare a casa per stenderle in cortile, al filo di ferro appeso tra due muri esterni, con una pertica di legno ad alzarlo in mezzo, per non far toccare in terra ciò che di più lungo era steso. D’estate nel fosso i più piccoli, mentre la mamma lavava appunto la biancheria, ma i più grandi anche da soli, facevano il bagno, per rinfrescarsi e per giocare in compagnia… altro che lago o mare! Per chi abitava vicino al Chiese o poteva spostarsi in bicicletta, ecco che il fiume sembrava già un lusso: più acqua, più divertimento e fantasia immaginando di essere in villeggiatura, immersi nella natura! Molti i detti simpatici a riguardo: “St’istà vó a Chiesenatico” (quest’estate vado al Chiese e immagino sia Cesenatico, giocando col suo nome), ”èl Cés l’è ‘l mar dei puorècc” (il fiume Chiese è il mare dei poveri), dove appunto fare il bagno, prendere il sole stesi sulle sue molte spiaggette, ma anche pescare, arrampicarsi sugli alberi per raccogliere frutta o tagliare rami per costruire fionde (le sfrunzine). Il più simpatico e ancor oggi ripetuto dagli uomini è il detto ”Mé ala tò età saltàe i fòss per èl lonch” (io alla tua età saltavo i fossi per il lungo), un modo impossibile quanto fantasioso di descrivere l’agilità che i

ragazzi di una volta imparavano presto ad avere, dovendosi arrangiare con le poche comodità e mezzi di cui disponevano, nonché un modo di vantarsi davanti alle ragazze, oppure, invecchiando, per far capire a figli e nipoti quanto loro erano atletici da giovani. Per molti ragazzi di una volta infatti lo sport era la vita di tutti i giorni: lavoro manuale pesante, sia per aiutare nei lavori di casa o in campagna e passatempi a volte un po’ spericolati all’aria aperta. Sul fosso gelato in inverno, per esempio, facevano “le biöscarine” (scivolate) spesso con la cartella di scuola sotto il sedere! Divertimenti decisamente più ingenui, sani e divertenti (tranne poche eccezioni) di certe bravate, oltre il limite dell’accettabile, di cui si sente parlare troppo spesso oggi nelle notizie di cronaca. Ornella Olfi www.newentry.eu 19


RACCONTI Cari lettori nel 2011 arrivò in redazione una lettera che ora ripubblico integralmente. Spett.Le redazione New Entry, è mio desiderio comunicarvi che il mio babbo, Giuseppe Paganessi, non c’è più. Era conosciuto dai vostri lettori per i suoi racconti, puntuali, semplici e divertenti; ERA FELICE D’ESSERE PARTE DEL VOSTRO SOGNO. Riporto la sua frase preferita: “Si passa la vita a dire addio a quelli che se ne vanno fino al momento in cui si dice addio a quelli che restano”. Grazie a nome suo per la vostra accoglienza e ospitalità e ai vostri lettori per l’entusiasmo e stima dimostrategli. Fiorenza Paganessi - Bergamo - 1 Settembre 2011 Ricevere via posta una busta con il suo nome per noi era come avere in mano una perla da proporre a tutti voi lettori e di perle preziose ce ne ha inviate moltissime con tanto di lettera d’accompagnamento rigorosamente scritta a mano. “Spett. Redazione di New Entry, sempre se è anche di vostro gradimento per la pubblicazione sul Giornale della Gente “New Entry”. Ringrazio e porgo distinti ossequi e tanti auguri di buona fortuna". Fatto questa doverosa premessa e per ricordare una persona meravigliosa abbiamo deciso di pubblicare i suoi scritti che, siamo sicuri, troveranno riscontro positivo da parte vostra.

I CANI DELL'AMICO PIERO C’era una volta un pittore, se per pittore s’intende anche l’imbianchino, lui era preferito dai conventi di monache e frati sia per rinfrescare muri che per riparare alla meglio i guasti che il tempo provoca su affreschi di Santi e Madonne. Coi risparmi di una vita era riuscito a farsi costruire a piano terra un piccolo magazzino dove teneva i suoi attrezzi di lavoro e sopra questo magazzino tre stanzette con i relativi servizi in attesa di farsi una famiglia. Si era fortemente indebitato e, come a quei tempi era d’uso a tutti i poveri, si era procurato qualche gallina che nitriva cogli avanzi delle mense dei conventi. Una sera, tornando a casa dal lavoro, ha visto sul bordo della strada un cane che guaiva probabilmente investito da una macchina. Si ferma e lo mette sul suo motocarro a tre ruote. Era un bastardino color della volpe che lo guardava con due occhi pieni di riconoscenza, tremava tutto e sembrava gli dicesse: “Salvami la vita, non te ne pentirai!”. Il Piero, che sembrava un duro, provato dalla vita sempre più magra, ha pensato: “Se riesco a farlo guarire mi farà compagnia e lo metterò di guardia alla casa”. E gli ha dato subito un nome: TRENTAPIS per la sua magrezza e come diminutivo: PIS. Ha notato che aveva una gamba fratturata sotto il ginocchio e senza perdere tempo ha procurato tre listelli di legno, una scodella di gesso e un po’ di spago e PIS era sistemato 20 www.newentry.eu

per le feste. Ed ha fatto in fretta a guarire anche perché il cibo era abbondante ed erano gli avanzi delle mense dei conventi. PIS si sentiva fortunato come in cani sei signori e si era affezionato al padrone con una devozione quasi morbosa. Il Piero per lui era tutto: non gl’interessava sapere se era ricco o povero, peccatore o santo, bravo pittore o modesto imbianchino, se votava a destra o a sinistra, se galantuomo oppure no, se fosse o meno fidanzato (era sulla quarantina). E non per ultimo: gli aveva aggiustato la gamba rotta! Che bravo dottore!!! Che bravo padrone!!! Una sera piovosa, finito il lavoro, il Piero torna a casa e non trova PIS. Lo cerca dappertutto: niente! Non credeva possibile, ma pratico com’era della vita ha cercato di minimizzare ed ha pensato che forse ha rincorso qualche volpina per quella legge che regola tutte le cose di questo mondo per garantirsi la prosecuzione della specie. Era tornato nuovamente solo ed un po’ arrabbiato: “Bella riconoscenza! Ma vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono di non far lavori a nessuno se non sei in grado di sopportare l’ingratitudine?” E passa tutta l’estate senza cane di guardia. Una sera sull’imbrunire, mentre il Piero si sta preparando la cena, sente abbaiare e graffiare alla porta: è PIS che gli fa festa come se niente fosse! Ma non era solo: sulla soglia un altro cane, un po’ schivo e titubante, poco più grande


RACCONTI

di PIS e con una gamba rotta. “Che sorpresa, PIS! Vieni , vieni! Fai entrare anche il tuo amico. Dove si mangia in due si mangia anche in tre ed aggiusteremo anche la sua gamba. E così è stato. Si è definitivamente fermato anche l’amico di PIS a far la guardia alla casa ed al pollaio. Anche a lui ha dato un nome: TRENTA! Nel frattempo il comune con un manifesto ha fatto obbligo a tutti i proprietari di cani di pagare una tassa e munirli così di una medaglia da mettere loro al collo. Il Piero, ancora afflitto dai debiti per la casa, non ha visto il manifesto ed al vigile giunto per un controllo, si è giustificato dicendo che i due cani non erano suoi e che lui li vedeva ogni tanto e dava loro un pezzo di pane. Ordine di metterli in regola entro otto giorni per evitare la multa e gli accalappiacani. Pensa e ripensa il Piero ha deciso, con grande rammarico, di liberarsene. Ormai al vigile aveva dichiarato che i due cani non erano suoi, come avrebbe potuto metterli in regola con la tassa e la medaglia? Ma tu guarda la combinazione! Aveva preso l’impegno di andare in un paesetto di montagna da un suo amico a dipingergli l’appartamento ed ha pensato di portare con sé i due cani ed abbandonarli lungo la strada. La mattina dopo: sveglia alla prime luci dell’alba e partenza generale con tutto l’occorrente per la pittura ed i due cani. Arrivati ad una strada che attraversa il bosco e non si vedeva anima viva, il Piero si ferma. A TRENTA e

PIS non sembrava vero avere a disposizione tante piante e quando sono tornati sulla strada non hanno più trovato né il loro padrone né il motocarro. Gatton, gattoni se l’era svignata. (Per la verità il pittore avrebbe preferito perdere due molari). Alla sera, finito il lavoro, il nostro Piero incomincia il viaggio di ritorno e alla luce del fanale vede sul bordo della strada, dove si era fermato al mattino, quattro lumini lucenti: erano gli occhi di TRENTA e PIS che brillavano contentissimi! Dodici ore lì ad aspettare. Mai e poi mai avrebbero sospettato che tutta la manovra il loro padrone l’aveva fatta al solo scopo di disperderli. Anche il Piero era contento. Una pazienza ed una fedeltà così grandi meritavano un premio e d’istinto si è fermato e li ha fatti salire sul motocarro. Era mortificato e si vergognava pure. “Costi quel che costi e guai a chi li tocca!”. La storia del Piero e dei suoi due cani ha avuto questo seguito: ha comprato un’auto usata perché il motocarro si era ridotto un rottame per le fatiche. Poi è stato invitato ad un “garden party” da signori industriali di un paese vicino e lui ha mangiato e bevuto proprio tanto. Una specie di rivalsa di tutte le privazioni che ha dovuto sopportare nella sua vita. La sera era inebriante. Primavera inoltrata. Nell’aria profumo di tigli e caprifogli e tutta la compagnia era meravigliosa. Nessuno pensava che era questa l’ultima cena per l’amico Piero. Se è vero quello che dicono gli spagnoli che gli eroi e i

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RACCONTI

toreri muoiono “a le sinco de la tarde” (alle cinque della sera). Piero non era un eroe e tanto meno un torero perché, quando si è trovato sulla strada del ritorno a casa, erano le cinque del mattino e si è scontrato frontalmente con un pullman. Al processo sono stati assolti quelli del pullman. Il torto è sempre di chi non parla più. TRENTA e PIS sono stati a digiuno per tre giorni e sempre accovacciati vicino al cancello ad aspettare il ritorno del loro padrone. Poi è arrivata tanta gente che non avevano mai visto. Alcuni avevano una cotta bianca e mentre pioveva a dirotto sono partiti tutti in fila. Ma il Piero dov’era? Si era nascosto un’altra volta? Stanchi d’aspettare e con una fame da lupi sono tornati randagi e presi dagli accalappiacani. La casa dell’amico Piero è stata venduta all’asta dal Tribunale perché tutta la sua modesta azienda venne dichiarata fallita in con-

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seguenza del fatto che i fornitori che dovevano riscuotere crediti si sono fatti tutti vivi e i clienti che dovevano pagare hanno avuto un vuoto di memoria. Al cimitero la sua tomba è in un angolo in piena terra, lontana dalle tombe faraoniche dei ricchi che vogliono far vedere anche di fronte all’eternità la differenza tra la nobiltà e i servi della gleba. L’erba nasconde e ogni volta che piove sbiadiscono sempre di più le parole del ricordo. Vicino solo trifoglio e fiori di campo, nell’aria un odore di tigli e caprifogli e le lucertole si fermano sopra la pietra a prendere il sole. Ma l’amico Piero finalmente riposa. Ha risolto tutti i suoi problemi, anche i più difficili, con un colpo solo. Tremendo! La sua storia è finita così. Purtroppo questa è la verità. E l’amico Piero lo ripeteva spesso che a questo mondo per ogni giorno bello ce ne sono cento brutti, e che sono solo le rose che non cogli, a non avere spine. Giuseppe Paganessi


OROSCOPO dal 25 LUGLIO al 31 AGOSTO 2019

ARIETE - 21/03-20/04

TORO - 21/04-20/05

GEMELLI - 21/05-21/06

In amore avrai bisogno di concederti una pausa di riposo e ti arrabbierai perché la tua partner non sarà del tuo stesso parere, anzi vorrebbe uscire e fare follie. Nel lavoro, vivrai nell’incertezza perché non saprai che decisione prendere fra due alternative.

Malgrado alcune afflizioni astrali, tutto andrà a gonfie vele e riuscirai a portare una ventata di freschezza al tuo rapporto, ormai stagnante da tempo. Nel lavoro, potrai migliorare la tua situazione economica grazie ad un introito che avevi rinunciato da tempo.

Nel lavoro, potrai ampliare i tuoi orizzonti grazie ad un evento che migliorerà notevolmente la tua situazione professionale. In ambito affettivo farai una nuova conoscenza che ti conquisterà per la sua simpatia; è probabile un’uscita a due molto presto.

CANCRO 22/06-22/07

LEONE - 23/07-23/08

VERGINE - 24/08-22/09

Gli influssi astrali consigliano di non sprecare le tue energie in cose futili. Nel lavoro, la giornata si prevede positiva. In amore, avrai la possibilità di farti avanti con una nuova conoscenza che ti piace parecchio.

In ambito lavorativo dovrai fare i conti con una spesa imprevista che potrebbe causarti dei rallentamenti in un investimento che ti sta molto a cuore. In ambito affettivo è consigliabile frequentare nuovi ambienti: potrai conoscere persone simpatiche in una serata diversa dal solito.

Gli Astri ti consigliano di fare attenzione a quello che dirai in ambito affettivo per evitare tensioni inutili. In ambito lavorativo vivrai una fase molto remunerativa, i guadagni saranno superiori alla norma e potrai realizzare dei desideri che non pensavi di attuare.

BILANCIA - 23/09-22/10

SCORPIONE - 23/10-22/11 SAGITTARIO - 23/11-22/12

Esaltato da una grande passione farai vittime nei luoghi più insoliti, non sarai affatto timido e riuscirai a coinvolgere tutti con la tua simpatia. Nel lavoro, è probabile un errore di distrazione ed una critica da un superiore. Un consiglio: sii conciso.

Sarai favorito se lavori nell’ambito delle comunicazioni, una forma di sesto senso ti aiuterà a scavalcare i pericoli. In amore, avrai un fascino e uno charme accattivanti quindi anche se sei single si prospetta un ottimo momento. Un consiglio: presta attenzione alle tue finanze.

Dovrai fare attenzione alle distrazioni durante la guida, sono probabili delle multe. In amore, la tua partner necessita di più attenzioni: il tuo atteggiamento distaccato l’affligge e la innervosisce. Nel lavoro, dovrai concentrarti su una questione alla volta se vorrai evitare di fare confusione...

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Gli Astri sono con te e sono molti gli aspetti positivi; quindi, se devi prendere decisioni di rinnovamento nel lavoro, hai ottime possibilità. In ambito affettivo, lei non deluderà le tue aspettative regalandoti una serata di sensualità. Salute ok!

Avrai delle idee innovative e vorrai coinvolgere nel cambiamento le persone che ti circondano; nell’ambito della tua sfera privata invece, la pigrizia potrebbe impedirti di partecipare ad una serata piacevole in compagnia dei tuoi amici.

Avrai una grande lucidità e presenza di spirito, che ti daranno l’opportunità di migliorare le tue qualità professionali e anche di avanzare economicamente. In amore, ti sentirai fortunato ed avrai una grande voglia di costruire per un futuro più saldo.

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L’INTERVISTA

"Capitano della mia anima" di Gianmaria Spagnoletti

In questo numero vi presentiamo uno scrittore esordiente, Gianmaria Spagnoletti di Ghedi (Brescia), che ha voluto dare una testimonianza di vita attraverso il suo primo libro, intitolato "Capitano della mia anima", pubblicato dall'Editrice Massetti Rodella di Roccafranca (BS) e che verrà presentato ufficialmente alla fiera del libro "Librixia" il prossimo autunno. La prima impresa della vita è nascere. La seconda è sopravvivere. Questa è in sintesi la storia di Peter, un “giovane dei nostri tempi” che, appena dopo esser venuto al mondo ha il suo primo “incontro con la morte”: una circostanza fortuita imprime alla sua vita una svolta imprevista che la segnerà per sempre. E Peter si troverà per sempre a fare i conti con un corpo che a fatica gli ubbidisce: non può correre, non può saltare, ogni movimento gli costa uno sforzo incredibile. È un problema, quello del limite fisico, che inizialmente lo abbatte, ma poi diventa la sua sfida, educandone la forza di volontà nella vita, nello sport, nell’amicizia e nell’amore. Senza farsi fermare dagli inevitabili fallimenti, Peter riesce nell’obiettivo di far diventare quell’ostacolo una risorsa che lo rende più forte e determinato persino dei cosiddetti “normali”. Senza curarsi del giudizio degli altri, Peter cerca di trovare il suo limite per superarlo. E riesce a dare un senso anche al suo corpo “storto”, a quell’incidente senza un “perché” che lo ha reso imperfetto. “Non importa quanto sia stretta la porta, quanto impietosa la vita: io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della 24 www.newentry.eu

mia anima” . (Dalla presentazione del libro sul sito dell'Editrice). Abbiamo voluto rivolgere alcune domande all’Autore, che ci ha risposto volentieri. Gianmaria, chi è questo Peter, protagonista del romanzo? Peter è il personaggio a cui ho affidato pensieri e riflessioni in libertà. Sicuramente è un mio alter ego, ma volevo anche che fosse "uno qualunque" per poter raccontare le esperienze della mia vita, ma in modo che qualsiasi lettore possa riconoscersi. Come mai hai deciso di scrivere un libro? Devo premettere che il fatto scatenante di tutte le mie azioni è accaduto il primo giorno della mia vita: per un colpo di sfortuna ho sofferto di un’asfissia nell’incubatrice e questo “incidente” mi ha lasciato con un impedimento fisico che mi ha reso leggermente claudicante. Eppure, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, sono riuscito ad avere lo stesso una vita bella, movimentata, intensa. Mi sono messo a scrivere perché da sempre sognavo che avrei scritto almeno un


L’INTERVISTA

libro; perché ero convinto di avere una bella storia da raccontare; e anche per dare una testimonianza di vita. Infatti mi spaventa che si stia affermando una logica "pro-morte" per cui venga ritenuto più conveniente sopprimere il paziente che non curarlo. Non oso pensare cosa succederà se continueremo ad alzare l'asticella delle vite considerate “degne di essere vissute”. Che cosa ti porta a cercare l’avventura nonostante il tuo fisico non ti dia sempre libertà di movimento? In breve ti posso dire che le motivazioni sono queste: mi dà fastidio che la gente comune, nel vedere uno che non cammina normalmente, dica "poverino!". Come se fossi un appestato. Ma in realtà io sto benissimo e non cambierei la mia vita con una diversa o con un corpo più agile. Io sono sempre pronto ad affrontare un volo in aeroplano o una salita in montagna. Anche se purtroppo non mi riesce di arrivare fino in cima, ho bisogno di sapere che nulla mi è precluso finché le forze mi accompagnano e finché non c’è rischio per la vita. Io sento di aver fatto una conquista importante accettando il mio stato e pensando che, nonostante tutto, nulla era impossibile: ho girato mezzo mondo, ho percorso difficili sentieri di montagna, sono stato sugli sci e persino su un aereo da acrobazia. Cose da “scavezzacollo”, insomma. Quello che mi ha aiutato a non abbattermi, a fronte di una prospettiva che non comprendeva una guarigione ma solo dei miglioramenti, sono state alcune cose: le amicizie, la fede, gli amori, il fatto di non tirarmi mai indietro, e inoltre, la coscienza di aver avuto un' infanzia felice accompagnata dall'affetto dei miei genitori e familiari: mai, proprio mai, mi hanno fatto sentire diverso o "sbagliato" per come ero. Poi ho avuto anche tanti esempi di persone

che sono peggio di me, che però sapevano e sanno vivere la propria condizione serenamente. Se devo citare dei famosi ti nomino

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L’INTERVISTA

Antonio Guidi, Alex Zanardi o Christopher Nolan, lo scrittore tetraplegico autore di "Sotto l'occhio dell'orologio". Poi tanti altri meno conosciuti che ho avuto il piacere di incontrare. E in mezzo a tutte le mie avventure e disavventure, c'è sempre stata la ricerca di senso della vita, che significa anche amore per la letteratura e la poesia. Qual è il ricordo più bello che hai voluto inserire nel libro? Ci sono diversi ricordi molto belli: i momenti dell’infanzia passati insieme ai miei genitori e nonni, specialmente quando mio nonno metteva il granturco ad asciugare nell’aia di casa e tutti noi gli davamo una mano a stenderlo in cortile. Quali sono state le maggiori difficoltà nella scrittura del libro? La più grossa difficoltà è stata senza dubbio raccontare di sé, andando a scavare nei ricordi e riportando alla luce fatti che a volte fanno male, o comunque sono personali, e quindi non sono cose che normalmente si raccontano a tutti. Inoltre mi sono impegnato a cercare di rendere la storia avvincente per far rimanere il lettore “incollato” fino all’ultima pagina. Un’altra è stata la “sindrome da pagina bianca”, che puntualmente arriva nel bel mezzo del lavoro, e da cui sono venuto fuori con l’aiuto di qualche amico che ha contribuito con dei consigli preziosi. Infine, quale messaggio vorresti lanciare ai genitori di bambini nelle tue stesse condizioni? Spero di poter dare una speranza! Ai bambini voglio dire: non mollate. E ai loro genitori: amate i vostri figli così come sono. Non preoccupatevi troppo, vedrete che troveranno una strada nella vita anche nelle loro condi26 www.newentry.eu

zioni. A tutti gli altri bisogna dire di non guardarli come se avessero la “coda” perché possono insegnare che la felicità o il successo non stanno nella “perfezione” fisica. Presentazione dell’autore Gianmaria Spagnoletti è nato a Brescia nel 1983 e ha sempre vissuto nella Bassa, a Ghedi. Dopo aver conseguito il Diploma di Maturità Scientifica si è laureato in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Attualmente lavora come impiegato in una azienda di Travagliato (BS). Segnato nel corpo da un drammatico “incidente di percorso”, tuttavia non si è fatto abbattere e oltre allo studio ha coltivato l’amore per la vita all’aria aperta, in special modo per le camminate in alta montagna e per il volo sportivo. Ama la buona compagnia, ma è a suo agio anche nella solitudine; ha viaggiato in molti Paesi, ma con il cuore sempre indissolubilmente legato alla sua terra. Dopo anni passati fra studio e lavoro ha finalmente realizzato il sogno di scrivere un libro, nella speranza che la sua storia avrebbe dato conforto ad altre persone in una condizione simile alla sua.

Il libro è già acquistabile on line dal sito dell'Editrice Compagnia della Stampa Massetti Rodella. https://www.lacompagniamassetti.it/


ASSOCIAZIONE ALCOLISTI ANONIMI

VOGLIO ESSERE SOBRIO Il primo dei dodici Passi del Programma di Alcolisti Anonimi recita che "abbiamo ammesso la nostra impotenza di fronte all'alcol e che le nostre vite erano diventate incontrollabili" ma frequentando le riunioni e dandomi da fare per quel che riesco a capire, il potere ce l'ho. Ho e abbiamo il potere, la potenza, la forza di stare lontano da quel fatidico primo bicchiere. Solo un bicchiere, solo uno alla volta, solo uno dopo l'altro. E non è più "devo non bere", diventa "voglio essere sobrio", perché essere sobrio, significa essere libero, lucido, sereno e potente. Non potente verso l'alcol, certo, ma di fronte alla capacità di affrontare con dignità ciò che la vita mi mette davanti, quello sì. Mi è venuto in mente il racconto di un'amica che ha visto un tizio con una

maglietta con su scritto: "l'alcol è nemico dell'uomo. Chi fugge di fronte al nemico è un vigliacco". Ora secondo me un A.A. non è vigliacco perché è circondato da ogni parte dall'alcol che ci tiene sotto tiro come cecchino. Esso è ovunque: nella pubblicità che ci dice che "fresca è meglio", in TV, in un film o nella soap opera in cui il protagonista ha sempre un bicchiere di liquore in mano, o il cosiddetto uomo di scienza che spiega che l'alcol ha delle virtù terapeutiche (e i danni collaterali?). Il Programma di A.A. ci porta alla sconfitta, alla capitolazione, all' accettazione della nostra malattia, alla resa sì davanti al primo bicchiere a cui diciamo ogni 24 ore: per oggi NO! Con affetto a tutti da Giorgio sereno Alcolista Anonimo.

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L’INTERVISTA

“VAMOS”

IL PRIMO SINGOLO DI SALIMA KISS Ritmo e passione, energia e voglia di estate. Un sound travolgente, orecchiabile, che unisce lo «spirito» latino alla melodia da spiaggia. Un brano pronto a diventare un autentico tormentone sulle spiagge, in radio e naturalmente nel

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mondo del web dove la musica diventa virale già dopo il primo ascolto. Si intitola “Vamos” il primo singolo di Salima Kiss, già disponibile in tutti gli stores digitali (Apple Music, Google Play, Spotify). Presentato ufficialmente all’inizio del mese di luglio, “Vamos” ha già ottenuto il riscontro degli utenti con migliaia di visualizzazione e download sui canali musicali e social nei quali è stato caricato. Per Salima Kiss, cresciuta nella scuola di canto di Ginetta Terenzi (la “prof” di Mia Martini) e ormai da anni animatrice di serate musicali in ogni parte d’Italia, si tratta dell’esordio assoluto in veste di autrice e cantante dopo aver collaborato con artisti del calibro di Gatto Panceri e Aida Cooper. Originaria della Provincia di Como dove tuttora risiede, la sua carriera pluriennale è costellata da eventi nei luoghi più esclusivi d’Italia: da Gallipoli alle spiagge più ricercate del litorale veneto e toscano, per arrivare poi ai locali che rappresentano il cuore della movida milanese. Dread biondi, tatuaggi sparsi in giro per il corpo, piercing e occhi verdi valorizzato da un occhiale dalla montatura mai scontata, Salima Kiss – nome


L’INTERVISTA

d’arte di Salima Annoni – è a tutti gli effetti un’artista polivalente che negli anni si è tolta lo sfizio di lavorare in piani-bar, feste in piazza, eventi mondani, serate latino-americane e molto altro ancora, rimanendo per scelta lontana dai riflettori della tv. Da dove nasce Vamos? Dalla mia passione per la musica e dalla voglia di condividere un sound latineggiante che fosse adatto al periodo estivo. Ecco perché ho scelto di scrivere questo brano e, grazie all’aiuto di alcuni preziosi collaboratori, siamo riusciti a presentarlo all’inizio di questa estate 2019. Come nasce la passione per la musica? Fin da piccola mi divertivo a coordinare piccoli eventi musicali e manifestazioni artistiche. Poi, ho iniziato a strimpellare la chitarra e a suonare pianoforte. Finchè, ho deciso di intraprendere la strada più seriamente. Ho lavorato sulla mia voce con la maestra di Mia Martini, Ginetta Terenzi: cinque anni di studio e di fatica, iniziata con un aneddoto curioso… Ovvero? La prima lezione, mi ero presentata decisa a far sentire tutte le mie qualità. Terminata la mia esibizione, mi disse che così avrei potuto cantare solo in un pollaio. Il mio ego crollò, ma mi crebbe la voglia di imparare e di migliorare. Mi sono convinta che la formazione è fondamentale in questo

campo, anche se il talento e il quid personale fanno sempre la differenza. Non solo musica… Per essere ancora più completa, ho studiato ballo, latino-americano, zumba. In questo modo, ho voluto crescere. Non volevo più essere solo una cantante, ma avere attorno a me una troupe composta da ballerini e da musicisti. Nei miei spettacoli volevo che si respirasse aria di musica buona, dove prevalessero le coreografie. Cos’è per te la musica? La mia compagna di vita ideale! Mi ascolta, mi aiuta, mi rallegra, mi emoziona e mi fa sfogare. Non potrei chiedere altro. E il ballo… è il mio compagno ideale! È il mio modo di esprimermi, il mezzo con cui faccio sorridere la gente: e questo è il mio mestiere, qualcosa di unico e speciale. La musica e il ballo sono gli strumenti che uso per donare gioia alle persone, lo scopo mio e delle mie serate. SITO INTERNET https://www.salimakiss.com/ https://www.instagram.com/salimaannoni/ Credits Fotografici Andrea De Vita www.newentry.eu 29


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RIO GRANDE, IL FIUME DELLA VERGOGNA Il papà e la bambina adagiati a faccia in giù nelle acque del Rio Grande, due corpi ridotti a cose, la bellezza di quelle acque ridotta a miserabile fiume della vergogna. La bimba sta ancora abbracciata al suo papà, il braccio sulle spalle di quel corpo arreso definitivamente, uno accanto all’altro, nell’ultimo disperato tentativo di stare insieme, di sopravvivere ai dinieghi, alle sordità, alla fame e alla sete di giustizia, alla morte come unica soluzione. I due corpi galleggiano privi di vita, ora non c’è più niente da fare per parare i colpi dei respingimenti, il rifiuto all’accoglienza, il disprezzo della povertà disegnata nei piedi sporchi. La bimba sta lì accanto a suo padre in una composta eppure terribile lontananza da ogni possibile e doverosa umanità, sta lì a confermare l’infamia dei comportamenti ricchi di ipocrisia nei riguardi dei passi trascinati dei soliti poveri, sta lì a fare da monito per questo mondo suddiviso in gabbie e recinti, un mondo disamato, peggio, disamorato. Quel piccolo corpo e quel braccino sulle spalle del padre, come voler salvare essa stessa chi le stava accanto, quella bimba senza più viso, sulla riva disarticolata dalla indifferenza degli anfibi, degli elmetti, della forza usata per meglio guardare da un’altra parte. Padre e figlia sfiniti, annegati, i volti nascosti, nell’atrocità di una ingiustizia senza eguali, inumana accettazione dei soliti reiterati eventi critici, la bimba sta lì in tutta la solitudine che il legno e la croce dovettero subire, nulla è cambiato da allora. Neppure noi. La bimba e suo papà rimangono a destare la coscienza degli affaccendati alla polvere da

sparo, alle tecniche di guerra, alle pratiche del terrore, di popoli fintamente mascherati di giustizia, angolazioni di disumanità abbandonata all’esclusione sociale. Costringere qualcuno in condizioni sub-umane è davvero una bestemmia pronunciata ad alta voce, una derisione all’onestà intellettuale, la bambina muore senza più una bandiera, muore per un pezzo di terra con tanti padroni e pochi giusti. Papà e figlia soccombono per opulenza da difendere costi quel che costi, per un principio di sovranità compagno di viaggio del delirio di onnipotenza. Il dolore che suscita quella bimba disanimata in balia della risacca, spinge a non assoggettarci ad alcuna preghiera di circostanza, ma a fare un passo in mezzo per arginare la ferocia del più forte, per non abituarci alla tragedia del più debole a esistere in un territorio che non ha più speranza, perché oppresso dalla più ostile disperazione. Ci risiamo, proprio come ieri, uomini, bambini, trucidati, dentro un passato che non passa, che non insegna un bel niente, che non allena gambe solide per ritornare in un possibile futuro condiviso. Vincenzo Andraous www.newentry.eu 31




RELAX

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Quiz 1) Che animale è Pippo, I’amico di Topolino? 2) Di che cosa si occupa la .numismatica »? 3) Di che cosa si occupa il « cinofilo »? 4) Chi porta per berretto lo «Zucchetto»? 5) Cos’è il favonio: un vento, una malattia, un animale? 6) Con quanti zeri si scrive cento miliardi? 7) In quale nazione vivono i rodigini? 8) In quale nazione vivono gli Eporediesi? 9) Quanti sono i denti del giudizio? 10) Chi fu l’astronomo che per primo dichiarò che la Terra gira intorno al sole? 1) Un cane 2) Di Monete e Medaglie. 3) Di che cosa si occupa il « cinofilo »? Di cani. 4) Un sacerdote cattolico. 5) Un vento 6) 11. 7) In Italia sono gli abitanti di Rovigo. 8) In Italia sono gli abitanti di Ivrea. 9) 4. 10) Nicolò Copernico.

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1) E’ vero che Roma è situata su 7 colli? 2) Come si chiama la madre della Lucia dei Promessi Sposi? 3) In quale nazione è nato Charlie Chaplin? 4) In due avevano mille e 1 occhi. Chi erano? 5) Di quale nazione era anticamente imperatore il Mikado? 6) Chi è l’autore della poesia « A Silvia »? 7) Qual è il mestiere di Indro Montanelli? 8) Qual è il mestiere di Sandro Bolchi? 9) In quale parte del corpo è situata la milza? 10) Quale parte del corpo colpisce la « cateratta »? 1) No, sono molti di più, erano 7 ai tempi dell’antica Roma 2) Agnese. 3) Inghilterra 4)Argpo e Polifemo 5) Giappone. 6)G. Leopardi. 7)Giornalista e Scrittore. 8) Regista. 9) Addome 10) Occhi

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RIFLESSIONI

Le domeniche quando non c'erano i centri commerciali Tantissimi bei ricordi, guardando questa foto, perché per la mia famiglia era davvero così nelle domeniche d’estate. Ci alzavamo presto, mio marito ed io, vestivamo in fretta i bambini, caricavamo nel baule dell’auto il tavolo da pic nic, il frigo portatile, borse con salviettoni, ricambi di abbigliamento, creme, ombrellone e via, verso il lago di Garda. Arrivando fra i primi, potevamo scegliere il posto migliore, sia per parcheggiare l’auto che per piazzarci al sole in spiaggia e all’ombra per il pranzo. Di solito eravamo in compagnia di altre coppie, pertanto i bambini si divertivano tra di loro, sempre sott’occhio di noi genitori, che alternavamo ore al sole per abbronzarci, ad altre di riposo all’ombra stesi sulla spiaggia, chiacchierando tra noi adulti, leggendo, o sonnecchiando a turno. Domeniche in relax e in semplicità, all’aria aperta e in libertà d’abbigliamento indimenticabili proprio perché senza allontanarci troppo da casa, perciò senza rischio di lunghe code e spendendo quasi nulla. Troppe famiglie invece da quando hanno aperto i centri commerciali, trascorrono la loro domenica tra code nei pressi dei centri stessi, giri snervanti per trovare un posto auto, passi annoiati all’interno, capricci dei figli che hanno fame, sete, voglia di giocare…e tutto questo per stare al fresco dell’aria condizionata, fare qualche acquisto o semplicemente far passare qualche

NUOVA A R APERTU

ora pomeridiana. Molto deprimente, perché acquisti alimentari o d’altro genere si possono fare durante la settimana, considerando che tutti i negozi hanno ormai allungato gli orari d’apertura, proprio per agevolare anche chi lavora fino a tardi. La domenica dovrebbe essere innanzitutto un giorno di riposo per commercianti e commessi, mentre le famiglie, le coppie, le compagnie di amici dovrebbero riscoprire un modo più sano, intelligente e divertente per trascorrere il giorno festivo! Sicuramente meglio una salutare passeggiata nella natura, nei dintorni di casa; una biciclettata; una gita fuori porta o trovarsi semplicemente in compagnia di amici o parenti per una chiacchierata… Ornella Olfi

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L’INTERVISTA

ALBERTO LETI La fotografia l’ha sempre interpretata come “una creazione da adattare ai singoli soggetti”, un mezzo per raccontare da un punto di vista inedito le persone e gli spazi. “Cerco di utilizzare le immagini per la valorizzazione personalizzata delle persone con cui scatto: non esistono soggetti brutti, ma esistono soggetti da valorizzare” sottolinea Alberto Leti, fotografo freelance di Milano, già diplomato in Ragioneria che nella vita ha saputo affiancare alla sua principale professione anche la passione per tutto ciò che è immagine, fotografia, sguardo sulla realtà. E, difatti, la sua carriera lo testimonia. Nomi illustri che gli hanno permesso di crescere, di migliorarsi, di realizzare fotografie che non risultino mai banali. Nel corso degli anni ha saputo specializzarsi in vari settori. Dal fashion allo sport passando per tutto ciò che è moda e bellezza.

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Un costante miglioramento che gli ha permesso di valorizzare al meglio alcune delle più importanti fotomodelle d’Italia che ha avuto l’onere e l’onore di fotografare. Una fortuna, in realtà, vicendevole. I soggetti che fotografa hanno la certezza di trovarsi davanti una persona che non ne vuol sapere di fermarsi all’apparenza ma interessata a scavare nelle emozioni e nelle passioni. Una ricerca che ha garantito la buona riuscita degli shooting. Quali fotografi ti hanno permesso di crescere? Ho collaborato con Enrico Ricciardi, Marc Evans e attualmente collaboro con Nicola Casini da cui traggo ispirazione per i miei lavori. Non solo persone, ma anche momenti da ricordare. Proprio così, ci tengo a ricordare alcuni passaggi che hanno segnato la mia carriera fotografica. Fra questi, la partecipazione a Miss Sri Lanka nel Mondo, la vittoria al concorso fotografico a cui ho partecipato in Svizzera che mi ha garantito un anno di collaborazione con


L’INTERVISTA

la rivista StepbyStep, ed il momento sempre emozionante dei Festival di Sanremo a cui partecipo come fotografo accreditato, per non parlare del rapporto di collaborazione con tre agenzie di modelle a Milano. I tuoi scatti fanno il giro del web… A breve avrò un mio sito internet ufficiale, www.albertoleti.com dove spero che molti di voi siano incuriositi ad entrare per… vedere altri miei scatti! Io ed i social talvolta facciamo fatica ad interfacciarci, ma sono attivo sia su Instagram che su Facebook dove è possibile sfogliare i miei lavori e commentarli! Dal passato al futuro: dove ti piacerebbe arrivare? Non mi pongo nessun traguardo, solo rafforzare e migliorare quello che già sto facendo nella speranza di avere ancor maggior visibilità e anche ulteriori collaborazioni. Non solo fotografia… Proprio così: pratico anche le discipline sulla meditazione come training autogeno.

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QUESTO E’ IL MIO NOME

Rubrica nata agli albori della nostra rivista (ormai 25 anni fa) ideata e curata da Michele Cortinovis, ritrova la sua collocazione all’interno di New Entry non solo grazie alla richiesta dei lettori, ma soprattutto nel ricordo di Michele, prematuramente scomparso, sempre presente nei nostri cuori.

Emma

Il nome Emma è di origine germanica e deriva dal termine Amme che significa letteralmente “lupo” ma viene inteso anche come “nutrice”. La sua diffusione è dovuta anche a Emma di Normandia, regina consorte d’Inghilterra sia come seconda moglie di Etelredo II d’Inghilterra che, in seguito, come seconda moglie di Canuto I di Danimarca. Lo stesso nome venne poi ripreso ripreso nel corso XVIII secolo, forse anche grazie al famoso poema di Matthew Prior dal titolo Henry and Emma. Scopriamo insieme di più su questo nome così bello e richiesto da una lettrice per la sua bambina. SIGNIFICATO Emma è un nome femminile italiano che significa “gentile”, ma anche “forte o potente” (probabilmente come Irmin, dio nordico). Tanto più duro e spigoloso è il nome tanto più dolce e tenero è il cuore-animo delle tantissime donne chiamate Emma. Intelligenza e ingegno s’uniscono allo spirito d’iniziativa… Altri studi ritengono che Emma sia un diminutivo di alcuni nomi che hanno per prefisso il termine Ermen- (come Ermenegilda, Ermengarda) il cui significato è “universale” oppure “totale”. Emma quindi assume lo stesso significato del nome Irma e Kelila con i quali condivide la stessa origine. Altri studi etimologici ricollegano questo nome al termine Imme, il cui significato è “operoso” o “valoroso”. ONOMASTICO Si festeggia il 3 dicembre, ma anche il 19 aprile (Santa Emma di Sassonia), il 13 maggio (Santa Emma vergine), il 27 e il 29 giugno (Santa Emma di Gurk) contessa di Friesach in Austria, 40 www.newentry.eu

morta il 27 maggio 1045. CURIOSITÀ Chi porta il nome Emma è una persona sensibile che ama le arti come la musica e la poesia. È una persona determinata che non si ferma davanti a nessuna avversità. I suoi ideali sono saldi, ama la famiglia e la casa e le piace cucinare. È molto generosa e altruista, ma con poco senso pratico. Origine: germanica Parola chiave: determinazione Numero portafortuna: 2 Colore: Giallo Pietra Simbolo: Topazio Metallo: Oro Onomastico: 19 aprile Segno zodiacale corrispondente: Bilancia Animale: Cervo Pianta: Tiglio Numero: Nove Micky

Gocce di Memoria 60’ 70’ 80’ Noi che si accontentavamo di cose semplici ma che ci davano tanto divertimento.... Noi che i termometri li rompevamo, e le palline di mercurio giravano per tutta casa Noi che i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta Noi che al nostro compleanno invitavamo TUTTI i nostri compagni di classe Noi che facevamo il gioco della bottiglia tutti seduti per terra


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RIFLESSIONI

AGOSTO 1967

Evocando questa data a mia mamma e a mia sorella, nei loro occhi si legge angoscia e terrore. È stata la prima volta che io e loro due siamo andati in vacanza assieme (a pensarci bene la prima e unica). Gli zii Oliviero e Sesto erano venuti a conoscenza, da parte di amici, che a Maderno (bellissima località sul lago di Garda), c'era un palazzone di proprietà di una Signora, che affittava camere a prezzi eccezionali; così all'inizio di agosto 1967 partirono con le loro rispettive famiglie; arrivati sul posto la proprietaria li informò che c'era ancora un appartamento libero perché una famiglia tedesca aveva rinunciato per motivi famigliari. Mio zio Oliviero telefonò al centralino del nostro paese (noi all'epoca non avevamo ancora il telefono), e il Signor Giuseppe (titolare del Caffè del Ghiaccio), corse ad avvisare mio papà il quale disse: <io non posso stare via tre settimane, ho gli animali da accudire>, ma mio nonno Oddone insistette perché portasse almeno la moglie e i due figli (io di 4 anni e mia sorella di 8), "sono talmente magri, magari cambiando aria si tirano un po' su" e quando aggiunse che avrebbe pagato lui tutte le spese, mio papà accettò. Partimmo così con la nostra 500 nuova di zecca, alla volta di Maderno. Per me era la prima volta che mettevo il naso fuori dalla nostra cascina e questo ha sicuramente influito moltissimo sul mio comportamento durante la vacanza. Per tutto il viaggio cantammo le solite canzoni popolari (mio papà era particolarmente intonato); arrivammo così a destinazione piacevolmente; il palazzo mi sembrava gigantesco, aveva davanti un bel giardino con degli alberi molto alti, era di tre piani, al pian terreno erano sistemati i miei zii Sesto e Oliviero, al primo piano ci sistemammo noi (a destra), sulla sinistra c'era una cop42 www.newentry.eu

pia di stranieri piuttosto matura, mentre tutto il secondo piano era della proprietaria. I nostri zii ci accolsero e ci presentarono alla padrona di casa, era bellissima, bionda con gli occhi azzurrissimi, la donna più bella che avessi mai visto dopo la mia mamma, ci fece sistemare nel nostro appartamento, mio papà riempì il frigo con i prodotti della nostra cascina (salame, uova, verdura ecc. ecc.). Si fermò a mangiare con noi e poi partì subito per ritornare al nostro cascinale, mi disse: <mi raccomando Giordano, fa il bravo, ascolta la mamma e tua sorella Irene>. Raccomandazioni, come vedremo in seguito, decisamente non ascoltate. Cominciai a girare per l'appartamento, quando vidi il bagno rimasi estasiato; ero partito da una cascina dove non era ancora arrivata l'energia elettrica e per fare i bisogni andavamo nel cesso costruito sull'angolo della concimaia, ci pulivamo con i quotidiani che mio zio Oliviero (bancario), ci forniva mensilmente; invece in quella stanza c'era tutto: water, bidet, lavandino, vasca e carta igienica; presi la carta e cominciai a girare per tutto l'appartamento... - smettila Giordano, fai giù tutto il rotolo, disse mia mamma, poi la riavvolse e la portò in bagno, non bisognava sprecarla. Il nostro primo pomeriggio lo dedicammo all'acquisto dei costumi da bagno; entrammo in un negozio di abbigliamento, rimasi molto colpito dalla commessa, aveva una scollatura ed un'abbondanza di "polmoni" notevole, mi venne spontaneo di dirle: <hai le tette come la Gina> (era la migliore vacca di mio papà), <cosa ha detto il bambino?>, mia mamma era diventata rossa bordeaux, <Signora non ci faccia caso, è un discolo, noi siamo venuti per comprare i costumi da bagno>, in un attimo ero già nudo così mi servirono per primo, poi toccò a mia sorella e a mia mamma, ma il loro costume era fatto


di due pezzi, il mio solo di uno, così cominciai ad urlare perché anch'io lo volevo doppio, per fortuna un Signore mi disse: <guarda, anche il mio costume ha solo le braghette, quello degli uomini è fatto così!>. Usciti dal negozio ci fermammo a prendere un gelato, una passeggiata sul lungolago e poi all'appartamento per la cena. Avevamo appena finito di mangiare che la padrona di casa scese da noi e ci invitò su da lei per un caffè; aveva un bambino della mia stessa età che sembrava una sua fotografia: biondo con gli stessi occhi; "Io mi chiamo Luca e tu?", "Giordano", "vuoi giocare con me?" Non me lo feci dire due volte; non avevo mai visto tanti giocattoli in vita mia, una stanza piena tutta per lui. La Signora (proprietaria del palazzone), si chiamava Sofia, aveva 32 anni, disse a mia mamma che era la prima volta che faceva salire qualcuno a casa sua dopo la scomparsa di suo marito, (mia mamma non ebbe mai il coraggio di chiederle in quali circostanze), aveva proprio bisogno di parlare, di sfogarsi e mia mamma le ispirava fiducia, - Signora Anna sa che lei ha il viso di una Madonna? - Le disse; probabilmente aveva ragione, per sopportare me doveva esserlo. Il gigantesco appartamento della Signora Sofia era meraviglioso, mia mamma rimase estasiata soprattutto da una grande vetrinetta di fine settecento al cui interno c'erano dei cristalli

RIFLESSIONI

dipinti in oro zecchino e delle statuette in vetro soffiato di Murano. IL mattino seguente andammo in spiaggia assieme agli zii; mio zio Sesto mi fece vedere a far rimbalzare sull'acqua un sasso e mi disse: <prova tu Giordano, scegli un sasso piuttosto piatto e tiralo sulla superficie>, ed io così feci, però invece di tirarlo sull'acqua centrai in testa un bagnante, il quale non sembrava molto contento, naturalmente seguirono le scuse di mia mamma. Ogni volta che andavo in spiaggia ne combinavo sempre una; c'era un Signore tedesco che stava prendendo il sole, aveva un enorme pancione, il suo colorito rosa lo faceva somigliare ad un maialone; non so cosa mi sia venuto in testa, ma tirai fuori il pisello e gli feci la pipì sulla pancia; sua moglie si mise a ridere, lui non era molto contento, andò subito nel lago per lavarsi; mia mamma invece, si mise ad urlare come una matta. Dopo pochi giorni di vacanza, mamma Anna e mia sorella Irene, cominciavano a dare i primi segnali di stanchezza; non riuscivano a tenermi. Ogni volta che incontravamo sul nostro stesso piano gli inquilini di fronte, li salutavo sempre dicendo: <ciao mus de tupino' e cul de sommio'>, la Signora aveva un viso molto appuntito con dei baffetti, il marito invece era tutto pelato come il sedere di uno scimpanzé, per fortuna

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RIFLESSIONI

erano stranieri e non capivano, mia mamma mi dava sempre una manata sul sedere, ma era più forte di me: non stavo zitto. Una volta, in spiaggia due bambini avevano fatto una specie di castello di sabbia ed io che ero dispettoso come nessun altro, glielo calpestai, la loro mamma si infuriò e disse: <Signora, tenga al guinzaglio suo figlio>, < io le chiedo scusa, però mio figlio non è una bestia>, ed io aggiunsi: "facio' de cul de cavro'", <cos'hai detto?> e mia mamma : <io non ho sentito niente>, stavolta non mi diede la manata sul didietro. Davanti al palazzo dove alloggiavamo, c'erano dei bellissimi alberi ed io notai per terra delle grosse pigne, ne presi due, mamma mi disse che bagnandole si sarebbero aperte, così quando salimmo in camera le misi nel bidet, mia mamma lo riempì per metà, poi andò a preparare da mangiare, io le tenevo sott'acqua per farle aprire, ma niente, allora pensai che ci voleva più acqua e aprii tutto il rubinetto, quando l'acqua arrivò in camera da letto, per poco mamma Anna non svenne, quanti secchi ne raccolse con lo straccio. Un giorno gli zii Oliviero e Sesto, proposero di andare a pranzare al ristorante che c'era dall'altra parte della strada, e cosi facemmo; i titolari erano marito e moglie, avevano una bambina di qualche anno più grande di me che fece subito amicizia con me e mia sorella. Ci fece vedere tutto il ristorante: la dispensa, la cantina, la cucina, il bagno, nella toilette c'era uno spazzolone, io lo presi, lo misi in ammollo nella turca poi andai in sala da pranzo e lo misi in testa ad un commensale, non vi dico la reazione di mia mamma, degli zii, dei presenti; non pranzammo più nel ristorante. Molte volte nel pomeriggio salivo su dalla Signora Sofia per giocare con Luca (il suo bambino), mi piaceva moltissimo stare con lui, non si arrabbiava mai anche se usavo tutti i suoi giocattoli, andavo matto in modo particolare per 44 www.newentry.eu

una macchinina rossa a pedali, mi sembrava di essere un pilota di formula uno, sfrecciavo a tutta velocità tra la sala, il soggiorno, il salotto; purtroppo andai a centrare in pieno la vetrinetta di fine settecento, migliaia di vetri mi volarono addosso, mi ritrovai dentro con le punte dei vetri che mi toccavano il collo, la Signora Sofia arrivò immediatamente mi disse: <Giordano, ti prego stai fermo, per amor di Dio non ti muovere>, si abbassò su di me, aveva i suoi bellissimi occhi terrorizzati, mi mise una mano sulla fronte per non farmi muovere, intanto con l'altra mano spezzò tutte le punte che mi toccavano il collo; arrivò anche mia mamma che aveva sentito il trambusto; <Signora Anna la prego non urli, non bisogna agitarlo, piano piano tiri indietro la macchinina, io controllo che nessun vetro lo tocchi>, è così mi estrassero dalla vetrina, ero praticamente indenne a parte qualche piccolo taglietto in testa e sulla fronte, la mano sinistra della Signora Sofia invece era piena di sangue, si era tagliata le dita nel rompere i vetri per liberarmi; non voglio scrivere la reazione di mia mamma, dico solo che alla fine scoppiò in lacrime, Sofia cercava di consolarla: <Signora Anna, della vetrinetta non m'importa proprio niente, sono contenta perché Giordano non si è fatto praticamente nulla, mi raccomando non sia troppo dura con lui>. Dopo due giorni, era domenica, inaspettatamente mio papà ci fece la sorpresa di venirci a trovare, era da 15 giorni che non vedeva la sua famiglia e ne sentiva la mancanza. Arrivò poco prima di mezzogiorno, mia mamma gli disse: <mangiamo tutti assieme e dopo veniamo a casa con te>, <come venite a casa? Ma avete ancora una settimana da stare qua>, <per carità, al solo pensiero di stare qui con Giordano, mi sento male>. Così gli raccontò qualche mia malefatta e gli disse che lei e mia sorella erano sfinite, non riuscivano a controllarmi. "È vero quel che ha detto la mamma?" <A me m'è par


mio'>, gli risposi con fare Agelico. Così dopo pranzo mia mamma preparò le valige, salimmo dalla Signora Sofia e da Luca per salutarli; la Signora ci restò molto male: <ma Signora Anna, ha ancora una settimana a disposizione>, <mi scusi tanto ma io e mia figlia siamo distrutte>, <se rimanete, questa settimana non ve la faccio pagare>, ma non ci fu niente da fare, mia mamma aveva preso la sua decisione; Sofia mi prese in braccio e mi diede moltissimi baci, salutai suo figlio Luca, ma lui non riuscì a dire nemmeno una parola, scoppiò in lacrime e non smise più. "Venite ancora a trovarci e non siate troppo severi con Giordano, ha portato la vita in questa casa;"furono le ultime parole della Signora Sofia; arrivati al piano terra, breve saluto agli zii Oliviero e Sesto, "Giordano sei un uragano non un bambino, comunque questa vacanza di sicuro non ce la scordiamo". Arrivati al no-

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RIFLESSIONI

stro piccolo cascinale ci venne incontro nonno Oddone; <non mi aspettavo tornaste tutti, ma Cristo Santo, sembrate degli scheletri, ma siete andati in vacanza o ad Auschwitz ?>, - <Chiedi a Giordano il perché !>, < Giordano non ne avrai combinato qualcuna delle tue ??>. Ringrazio mamma Anna e mia sorella Irene che con i loro ricordi mi hanno aiutato a mettere insieme questo racconto, molte volte nell'evocare le scene di quel che ho combinato, si sono messe le mani nei capelli. Fortunatamente, dopo i 6 anni ho cominciato a mettere un po' di sale in zucca (non molto perché come è noto, il sale fa male). Non abbiamo mai più rivisto la Signora Sofia e il suo bambino Luca, ma porterò sempre nel cuore la loro bontà e dolcezza, persone talmente meravigliose da non sembrare nemmeno di questo mondo. Giordano

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PLAY MUSIC

anni fa 1969 2019

28 LUGLIO 1969

Lisa dagli occhi blu - Mario Tessuto Storia d'amore - Adriano Celentano 03 Pensando a te - Al Bano 04 Non credere - Mina 05 L'altalena - Orietta Berti 06 Davanti agli occhi miei - New Trolls 07 Sole - Franco IV e Franco I 08 Pensiero d'amore - Mal 09 Acqua azzurra, acqua chiara - Lucio Battisti 10 Parlami d'amore - Gianni Morandi 01

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LISA DAGLI OCCHI BLU- MARIO TESSUTO Mario Tessuto, all'anagrafe Mario Buongiovanni (Pignataro Maggiore, 7 settembre 1943), è un cantante e attore italiano. Biografia Figlio di una coppia di operai, si trasferisce con la famiglia a Milano, dove termina gli studi di ragioneria e apre una barbieria. Appassionato di musica, grazie all'amicizia con Livio Macchia, cantante e chitarrista dei Camaleonti, incomincia ad esibirsi dal vivo e viene notato da Miki Del Prete, collaboratore di Adriano Celentano, che gli propone un contratto con l'etichetta del Molleggiato, il Clan Celentano. Cambia il proprio cognome scegliendo il nome d'arte di Mario Tessuto, ma durante la durata del contratto non incide nessun disco; passa quindi prima alla Jaguar Records (portatovi da Ricky Gianco, conosciuto al Clan) e poi alla CGD, con cui riesce a 48 www.newentry.eu

partecipare al Cantagiro 1966 con Teen agers concerto; incide anche una cover di Love me, please love me di Michel Polnareff. Il nome incomincia a farsi notare, ma il successo arriva con il ritorno alla stessa manifestazione due anni dopo: al Cantagiro 1968 presenta "Ho scritto fine", brano scritto da Don Backy, che viene anche presentato durante la trasmissione televisiva Settevoci, presentata da Pippo Baudo Ma il grande successo arriva nel 1969 con Lisa dagli occhi blu: scritta da Giancarlo Bigazzi per il testo e da Claudio Cavallaro per la musica. La canzone, seconda classificata a "Un disco per l'estate 1969", diventa in breve tempo una delle piĂš vendute dell'anno, oltre che uno dei brani simbolo degli anni sessanta, e da essa viene anche tratto un omonimo musicarello, diretto da Bruno Corbucci;


PLAY MUSIC

rimane in classifica tra i primi dieci per quindici settimane, restando al primo posto due settimane dal 16 al 23 luglio e ritornandoci per altre quattro settimane dal 20 agosto al 10 settembre. Nello stesso anno viene anche pubblicata "Nasino in su", scritta sempre da Bigazzi e Cavallaro, che, pur entrando in hit parade non ripete il boom del 45 giri precedente, così come "Blu notte blu", scritta da Mogol per il testo e da Mario Lavezzi per la musica; viene comunque anche pubblicato un album. L'anno successivo partecipa al Festival di Sanremo 1970 in coppia con Orietta Berti con "Tipitipitì" con poca fortuna; il 1970 è anche l'anno in cui partecipa alla celebre cavalcata da Milano a Roma effettuata da Mogol e da Lucio Battisti (amico di Tessuto) dal 21 giugno al 26 luglio, con l'incarico di effettuare le riprese (che vengono sonorizzate in seguito da Battisti nello studio casalingo di Mario Tessuto). Nel 1971 con la canzone "Se torna lei" è di nuovo in gara a "Un disco per l'estate", manifestazione che lo vedrà ai nastri di partenza anche nel 1972 con "Un attimo del giorno", e nel 1973 con "Giovane amore", ma soltanto in quest'ultimo caso riuscirà a superare la fase eliminatoria del concorso e a partecipare così alle semifinali di Saint Vincent. Nel 1975 ha inciso la cover in italiano del successo di Eric Carmen All by Myself, Rivoglio lei (con il testo

scritto da Cristiano Minellono). Nel corso degli anni settanta si è anche dedicato all'attività di autore per altri interpreti: nel 1976 ha scritto per Loredana Bertè "Meglio libera" (in collaborazione con Daniele Pace e Oscar Avogadro per il testo e con Umberto Napolitano per la musica) e nel 1984 "Utopia" per Pascal. Il 25 settembre 2013 partecipa al concerto per festeggiare i cinquant'anni di carriera di Gian Pieretti, che si tiene all'Auditorium di Mortara (dove il cantautore risiede) un concerto a cui partecipano molti musicisti tra cui Viola Valentino, Ricky Gianco, Marco Bonino, Ivan Cattaneo, Paki Canzi, Donatello, i Camaleonti ed Elisabetta Viviani, oltre allo stesso Pieretti. Nel 2019 Mario Tessuto ha appena pubblicato in duo con Donatella l'album “Una storia senza tempo” per la storica etichetta milanese SAAR Records. Il CD contiene 12 brani arrangiati dal M.° Gerardo Tarallo che nel 2000 aveva già realizzato per Mario l'album “Napoli...paese mio”. Prodotto da Roby Matano, Carlo Fontana e Gerardo Tarallo, il CD è uscito il 21 giugno. Mario Tessuto continua tuttora l'attività concertistica, incidendo in collaborazione con la moglie Donatella (i due hanno due figli, Giancarlo e Sabrina, che li ha resi nonni), esibendosi soprattutto nei mesi estivi e riproponendo le sue canzoni.

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Ed è Poesia

“L'Amore” L' Amore per me, è quel brivido dentro che misto a calore, profuma di dolce, rasserena il cuore. Amore è anche, il più piccolo filo d' erba, più verde e più nuovo che mai, sotto i piedi, fra le dita; una semplice margherita. Una carezza al mio cane, un sospiro, uno sguardo, un biglietto inatteso, un messaggio, un pensiero, un dubbio che si trasforma in vero. L’amore è ogni stagione; un piccolo fiore in Primavera, in Estate l’attesa dell’alba sul mare, calpestar foglie secche in Autunno, in Inverno dei fiocchi di neve Lo svolazzare. Amore è, il fuoco del camino, la fiamma che muove ricordi e misteri. La forma delle nuvole, il vento, una brezza sul viso, un abbraccio improvviso. La sabbia, la voce del mare, il silenzio, l'assenza che sa farsi presenza. L’amore è, acqua fresca sul viso, un raggio di sole, un dolce sorriso. Aprir la finestra al mattino, il sole del nuovo giorno, una nuova parola, un bramato ritorno. Una panchina vuota in attesa, una foglia particolare, una piuma che vedo volare. L' amore per me è sentire, avvertire, forza, coraggio, energia. Far tutto da soli, eppure insieme. Sentirsi vicini. Non trovare il modo per ringraziare. Sentirsi volare. Gabriella Masoni 50 www.newentry.eu

Agosto- "Grazie ai volontari" Nel bellissimo paese chiamato Carvico è facile incontrare un volto amico. In molte situazioni di carattere sociale ci sono Volontari, pronti ad aiutare. Si organizzano intrattenimenti per varie tipologie di eventi; la finalità è la socializzazione per favorire la comunicazione. C'è chi si occupa del territorio e c'è chi pensa alle persone, chi segue i giovani all'Oratorio e chi gli anziani in pensione. Molti curano i boschi e i sentieri togliendo sterpi e rami caduti; il Monte Canto è nei loro pensieri, incuranti dei divertimenti perduti. Verso la fine del mese di Agosto prende il via la Festa Patronale e le associazioni si assumono il costo di un grande lavoro da organizzare. Per dieci sere si cena e si danza e un buon servizio è garantito dai volontari, che lavorano a oltranza, fino a quando non sarà tutto finito. Perciò grazie a voi, generose persone, per il tempo che donate al paese... pronti a compiere una buona azione

(Piera Masoch)


RIFLESSIONI

DIFFICILE MESTIERE QUELLO DEL GENITORE Difficile mestiere quello del genitore, temibile, imprevisto. Richiede cautela, pazienza, amore infinito, passione, dedizione senza confini. Chiama energia, rinnovo di schemi, sistemi; fa ardire parole, accorcia distanze, rinnova gesti. In una società, come quella presente, in cui tutto ha una durata ed una fine, in cui la frenesia prende campo e corpo i dettagli sminuendo forte si fa l’esigenza di porre un limite, di mettere a zittire il caos; di prendere la testa fra le mani, quando il sole di fa rosso scarlatto e la luna da lontananze astratte fa capolino, per meglio sentire, assaporare, soppesare, fare un punto del cammino. Guai a coloro che privi d’umiltà oseranno andare avanti, senza mai voltare lo sguardo, senza mai interrogarsi certi della buona strada intrapresa. Sono spietati i figli: sanno guardare oltre la siepe, intravedere bui densi, odorare tremori e tentennamenti; sanno puntare il dito, affrontare, a squarciagola urlare il proprio sentire. Quando poi è la fragilità, la malattia, la sofferenza a toccare fuori e dentro, sotto e sopra le righe la vita del figlio tutto si fa più complicato; in gioco bisogna mettersi, senza indugio per interamente ridonarsi in nome dell’amore. Nessuna spada è più tagliente del sentire la vita dell’amato impregnata di solitudine e di prove, niente più ferisce, scolpisce, taglia a mezzo. Cammino d’accettazione e di fede sono alla base di una felicità perfetta non fatta certo di gioie notturne, di mode all’ultimo grido, di divertimento sfrenato piuttosto nell’imparare a cogliere bellezza e piacere da ogni piccolo gesto, sussulto, sussurro, gioia inaspettata.

Ad ogni mamma e papà il buon Dio doni la capacità di discernere, di donare a ciascun figlio lo stesso amore ed attenzione, ascolto. Ad ogni mamma e papà di bimbi speciali il buon Dio doni pazienza e forza, sorriso pieno, smisurata passione per la vita affinché la sofferenza non veli, adombri, metta in disparte. Mi piacerebbe pensare che domani al risveglio, sorseggiando un buon caffè, odorando l’aroma dell’aria mattutina, mamme e papà di ogni lingua e colore strettamente il capo prendendo fra le mani, alzando lo sguardo al cielo osassero chiedersi: “ … sono corrette, coerenti, partorite nell’amore, le scelte che sto facendo per mio figlio? …” al proprio Dio affidando anima e corpo, con abbandono fiducioso chinare il grembo fra le braccia di onde in spuma …… Di notte, quando le ombre si fanno dense e scure, nella quiete di stanze scarsamente illuminate m’ interrogo,azzardo, faccio miei progetti remoti e presenti, sogni, passioni .. al risveglio forte li abbraccio, sollevo dal torpore, condisco di pulviscolo dorato … Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste

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L’INTERVISTA

LEONARDO MOSCATO

Jessica Frascarelli

LA FOTOGRAFIA COME ARTE

Quarant’anni di fotografia, di cui 20 nei panni di professionista del settore. Leonardo Moscato riavvolge il rullino dei ricordi e racconta la sua storia a tinte bianche, nere e colori vari. Una storia “vera” costellata da successi, scoperte, cambiamenti e un finale a sorpresa. Dalla sua Olbia, 58 anni trascorsi quasi sempre ad inquadrare la realtà che lo circonda, Leonardo è uno dei fotografi vecchio stampo che oggi forse non esistono nemmeno più. È una persona che parla di camere oscure, di ore spese a leggere riviste specializzate, di analogico e digitale, di inquadrature e di racconti visivi. Della prima macchina fotografica, (“una Bencini Koroll 2^, 9500 Lire, l’equivalente di circa 5 euro”) e della ricerca continua per migliorarsi, per crescere, per descrivere un’emozione o un paesaggio semplicemente vedendolo da un mirino. Come sempre accade, alla fotografia anche lui ci è arrivato quasi

Simona Faidiga

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per caso. Da Medicina Veterinaria scappò via una volta appresa la necessità di assistere alla macellazione del manzo nei mattatoi così si iscrisse alla facoltà di chimica anche se già da tempo studiava con interesse la fotografia. “La fotografia, a quel tempo, era una questione essenzialmente di chimica – racconta – ed io all’epoca passavo una media di 5 ore a notte in camera oscura ed ero rappresentato da un’agenzia di stock Svizzera”. La scintilla era ormai scoccata. Un connubio destinato a proseguire per decenni. Lo spunto per iniziare, però, arrivò proprio dalla sua terra. Ovvero? Pare che le foto del mare sardo fossero molto gradite ai produttori svizzeri di cioccolatini per le copertine delle loro confezioni “formato famiglia”. Nessun reportage dal Vietnam né da altre zone di guerra: sono sempre stato un fotografo/pantofolaio. Eppure l’ingresso in questo mondo ha almeno un’altra radice. Ho un fratello maggiore che a 14 anni cominciò ad interessarsi al gentil sesso e quindi de-


L’INTERVISTA

cise di comprare una macchina fotografica. La mitica Bencini Koroll non era una “macchina da fustino di detersivo” come molti giovani digital fotografi di oggi potrebbero pensare. Era una fotocamera vera, addirittura medio formato: 3x4,5 cm. E a differenza delle macchine di oggi, chi ce l’aveva al collo, di solito, sapeva fotografare. Io e mio fratello no ed è per questo che io decisi che dovevo studiare... Inizia così un lungo periodo di formazione. Era il 1971 e posso dire di aver letto tutto quello che l’editoria fotografica ha pubblicato da allora sino a oggi. Per farla breve, a 11 anni sapevo già come si stampava un negativo a colori in casa, ma non avendo ancora la camera oscura mi dovetti trattenere fino a 19 anni, quando col mio primo ingranditore e un “process lab color” progettato da me e realizzato da un vecchio e spiritoso falegname, feci i miei primi Cibachrome casalinghi. Erano gli anni dell’analogico… Col “Geppettocolorlab” andai avanti per molti

Franca Piccinini

anni, finché non passai al digitale che per me arrivò nel 2009. Comprai una reflex digitale usata e già fuori produzione, la misi in un cassetto e lì me la dimenticai. Poi decisi di trovarle un obiettivo e usai quella macchina finché non si sbriciolò tra le mani. Ed ecco che… Nel 2012 comprai una compatta premium e andai avanti ancora qualche anno. Ora scatto con mirrorless e una reflex del 2003. Non mi hanno mai appassionato le macchine dell’ultima generazione, preferisco quelle della penultima e vanno bene anche quelle della sestultima. I tuoi generi spaziano dal glamour alla fotografia di matrimonio. Il glamour ho iniziato a farlo quando ero all’università; in effetti all’epoca, quando qualche collega di studi mi chiedeva di farle qualche foto, quasi mi offendevo, perché pensavo che la fotografia con la effe maiuscola fosse il reportage, o la street oppure il paesaggio alla Ansel Adams. Però poi cedetti alle lusinghe e cominciai a fare ritratti alle mie colleghe: più le colleghe diventavano sfacciate e più i miei ritratti diventavano glamour e poi nudi. Anche questo ha contribuito ad elaborare la tua idea di fotografia. Ora mi dedico in modo particolare alla fotografia glamour. Mi sono ricreduto sul fatto che la fotografia sia solo Cartier Bresson e Ansel Adams: c’è anche Helmut Newton. E poi... per vivere ci sono i matrimoni. Sono in provincia e se devi vivere di questo lavoro, non ne puoi fare a meno. Quale futuro per la fotografia? Non c’è nessun futuro per la fotografia, è stata sostituita dai selfie già da un pezzo e la cosa più grave è che nessuno se ne è accorto. CONTATTI SOCIAL Facebook: Leonardo Moscato Instagram: Moscato Leonardo www.newentry.eu 53


IL SALOTTO DI KETTY

SOLE E ABBRONZATURA? SÌ GRAZIE! Finalmente l’estate è arrivata e con lei arriva anche la voglia di stare all’aria aperta e godere dei raggi solari che ci scaldano, donandoci buon umore e facendo il pieno di Vitamina D ( a questo proposito sapete che la zona dove si produce più vitamina D è l’articolazione del ginocchio? Quindi ben vengano vestitini corti e bermuda!) che tanto fa bene alle nostre ossa. In molti sono già partiti per le tanto meritate vacanze, chi al mare, chi in montagna, chi nel giardino di casa, insomma ognuno si rilassa e ricarica le batterie dove meglio crede. Tutto bellissimo però possono arrivare anche delle brutte sorprese per chi si fa prendere alla sprovvista dal nostro amico Sole. Tanto ci fa bene, quanto può portare a disturbi anche seri e gravi se non opportunamente protetti. Oggi vi voglio dare 10 semplicissime regole (sono effettivamente più accorgimenti/consigli!) per vivere l’estate appieno senza dover temere scottature o eritemi da sole, che possono rovinare le vostre tanto attese, e purtroppo anche (in alcuni casi!) brevi vacanze. Quindi buona lettura, buone vacanze e buon bagno di sole!!!  Un’esposizione di pochi minuti al giorno è sufficiente per agire sul nostro morale e sul nostro benessere. Il nostro organismo ha bisogno del sole per sintetizzare la vitamina D che agisce sulla nostra “banca” ossea e per fissare il calcio e il fosforo: due azioni indispensabili per i bambini.  Per ottenere un’abbronzatura sana e duratura importante esporsi gradualmente, iniziando con un’alta protezione per poi abbassarla, la famosa sigla SPF che troviamo su creme solari.  Per garantire alla pelle la giusta idratazione è importante consumare cibi ricchi di vitamina C, Vitamina E, betacarotene, quindi ben vengano frutta e verdura a volontà.  Sono necessarie circa 48/72 ore prima che la melanina inizi a formarsi: per questo è importante fare attenzione a scottature ed eritemi specie nelle prime ore di esposizione.  E’ importante evitare di esporsi al sole nelle ore più calde della giornata (dalle 12 alle 16).  Per esporsi nel modo migliore possibile, ti consigliamo fortemente di esporti al sole in modo molto progressivo. Il primo giorno, 10 minuti sono sufficienti per preparare la pelle. Limita al massimo l’esposizione dei bambini fino a 15 anni, perché la loro pelle è più sensibile di quella di un adulto. Per i neonati, l’unico consiglio è quello di non esporli mai al sole!  Il solare va applicato anche nei punti a cui di solito non si pensa, come il collo del piede, le orecchie e il naso. E’ bene non lesinare sulla quantità, meglio applicare la crema in abbondanza e più volte durante il giorno, anche prima e dopo i bagni.  E’ importante applicare la crema solare anche quando non si è in spiaggia o il cielo appare nuvoloso: i raggi UVA passano ovunque, in qualunque ora e in qualunque stagione.  Indossare sempre occhiali, cappello e, per i più piccoli, magliette di colore chiaro.  Bere molta acqua, mangiare frutta e verdura aiuta a sopportare meglio il caldo, inoltre contribuisce ad aumentare la nostra riserva acqua interna, allontanando pericoli di disidratazione e colpi di sole. Per concludere diamo un’occhiata alla cosa piu importante, il fototipo. Il fototipo è il colore della nostra pelle con tutti i suoi anessi cutaneii (capelli, peli, unghie ecc.). Le persone di pelle chiarissima (fototipo 54 www.newentry.eu


IL SALOTTO DI KETTY

1) saranno più sensibili hai raggi UV rispetto a persone con pelle naturale di colore olivastra o bruna (fototipo 5 e 6). A seguito una tabella per scoprire il vostro fototipo: Indipendentemente dal tipo di pelle, è d’obbligo avere una protezione adeguata con il giusto SPF (fattore di protezione solare), vanno dai 6 e arrivano ai 50 per le pelli più delicate e per i bimbi. Proteggersi non significa non abbronzarsi e tornare a casa bianchi come mozzarelline anche dopo la vacanza al mare, anzi, con la giusta protezione, avremo anche il giusto grado di abbronzatura che la nostra pelle è in grado di offrirci, senza scottature e improbabili colori arancioni! Venite a trovarci in Erboristeria a Presezzo e insieme cercheremo di capire quale solare e doposole, è più adatto alla vostra pelle, avendo la certezza di acquistare prodotti di altissima qualità, naturali, non testati sui nostri amici animali! SIAMO APERTI TUTTO AGOSTO!!!! Per ulteriori informazioni, dettagli, TRATTAMENTI-MASSAGGI TERAPEUTICI MANUALI o CONSULENZE PRIVATE ci potete contattare: Mail negozio: info@erboristeriapresezzo.com - Sito: www.erboristeriapresezzo.com oppure ci trovate in negozio ERBORISTERIA PRESEZZO, Via Vittorio Veneto, 1064 Presezzo. TEL 035/4156226. Ivan Mangili e Katia Mussetti

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RIDIAMOCI SOPRA

LA SCELTA MIGLIORE Cade un aereo in Africa e si salva solamente una bella hostess che rimane impigliata in un ramo di un albero. Arrivano padre e figlio carnivori. Dice il figlio: - Papà, guarda quant’è bella. Ce la mangiamo subito, no? Il padre risponde: - Sta buono e sta calmo figliolo, questa ce la portiamo a casa e ci mangiamo la mamma. IL CAMBIAMENTO Un tale incontra un amico che non vedeva da molto tempo. Dopo averlo salutato gli fa: - Henry, come sei cambiato! Eri tanto alto, e adesso sei così basso! Eri così robusto, e ora sei magrissimo! Eri tanto biondo, e ora sei castano. Cosa ti è successo Henry? L’altro risponde: - Non sono Henry, sono John... - Oh, hai cambiato anche nome! IL PARERE Ci sono due amici che passeggiano in aperta campagna. Ad un certo punto si fermano davanti ad un enorme albero. Il primo dice al secondo: - Stefano... ma secondo te? Quest’albero è maschio o femmina? - Fammici pensare... bhò, non saprei, come si fa a saperlo? - Sinceramente non so come si veda... ehi! Proviamo a chiederlo a quel contadino che sta arrivando. - Scusi! Lei che sicuramente se ne intende, sa se quest’albero è maschio o femmina? Il contadino dopo aver osservato i due uomini rispose senza esitazione: - Maschio... non vede che ci sono due coglioni sotto? AIUTO C’è un tale che sta annegando: 56 www.newentry.eu

- Aiuto, Help, Hilfe, Au securs, Ajuda, Ih... Il bagnino allora: - Faceva prima a imparare a nuotare che imparare tutte quelle lingue! PURA TECNOLOGIA Un bambino dell’era moderna chiede al suo papà: - Papi, ma io come sono nato? E il papà gli risponde: - E va bene, tanto prima o poi ne avremmo dovuto parlare, di questa cosa. Allora, fai attenzione: il papà ha conosciuto la mamma in una chat. Più tardi la mamma e il papà si sono incontrati in un cyber cafè, e nel bagno la mamma voleva fare un paio di download dal joystick del papà. Quando poi il papà era pronto per l’upload, ci siamo accorti improvvisamente che non avevamo installato nessun firewall, purtroppo era già tardi per premere cancel o escape e la finestra “vuoi veramente eseguire l’upload” l’avevamo già disattivata all’inizio sotto opzioni e proprietà. L’antivirus di mamma da tempo non faceva più l’update, e non ha riconosciuto il blaster worm del papà. Così abbiamo premuto il tasto enter e alla mamma si è aperta una finestra con la comunicazione “tempo previsto per il download: 9 mesi”! VITA DA PORCO Il maiale dice al somaro: “Ma che razza di vita fai? Porti pesi tutto il giorno, e se provi a fermarti sono bastonate. Mangi poco e male. Non hai mai un momento di riposo e quanto alle femmine, chissà se ti ricordi come sono fatte! Guarda me invece: mangio tutto quello che voglio, il padrone non mi chiede mai nulla, me ne posso stare sdraiato tutto il giorno e c’è la scrofa sempre disponibile”. Il somaro risponde “Dimmi un po’, tu non sei quello che c’era l’anno scorso, vero?”


LA CORRENTE DEGLI INCONTRI Ci sono dei momenti in cui tutto sta in equilibrio, tutto è al posto in cui è. La navetta va, e dal finestrino guardo scorrere la città, i nuvoloni carichi, un campo che apre lo sguardo all’orizzonte, quasi fossimo già in campagna. Auto, persone, vita attiva della mattina. Nelle orecchie armonie un po’ struggenti delle sonate per violino di Schmelzer. Poi la navetta inizia ad attraversare vie percorse nei miei giri di visite domiciliari. Penso a quelle persone che non ci sono più, e che vivono nei ricordi dei loro cari, e anche nei miei. Mi colpisce quanto mi sia arrivato, a volte in pochi, pochissimi incontri. Ho in testa immagini, inquadrature di particolari: pezzi di vita nell’arredamento di una stanza, nelle foto, nei racconti, nell’espressione di un volto. Entrata per un soffio nelle loro vite, le porto con me. Anche a me, sconosciuta, hanno dato tracce di sé.

RIFLESSIONI

Il senso delle nostre vite è più vasto di quel che pensiamo. La corrente degli incontri lo trasporta ben oltre la nostra vista. E va, nel mondo. Oltre noi, oltre il nostro controllo. Lo trovo un pensiero consolante. E un po’ struggente, anche se forse i nuvoloni da cieli nordici e Schmelzer fanno la loro parte. La navetta va oltre e i pensieri restano nel mio stato d’animo. In equilibrio: gioie, dolori, angosce, meraviglie. La complessità della vita oggi sta. Ne sono attraversata, e l’accolgo in me. La navetta è arrivata al capolinea. Comincia la mia giornata lavorativa, non senza aver prima notato queste belle rose e il prato disseminato di trifogli ricresciuti rigogliosi dopo il taglio del prato di pochi giorni fa. La vita fluisce. Non s’arresta. Stamane ognuno è al suo posto nel mondo. sguardiepercorsi

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RIFLESSIONI

BELLO FUORI MAI IL CUORE... C’era una volta un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone: diceva di avere il cuore più bello del mondo, o quantomeno della vallata. Tutti quanti glielo ammiravano: era davvero perfetto, senza alcun minimo difetto. Erano tutti concordi nell’ammettere che quello era proprio il cuore più bello che avessero mai visto in vita loro, e più lo dicevano, più il giovane s’insuperbiva e si vantava di quel suo cuore meraviglioso. All’improvviso spuntò fuori dal nulla un vecchio, che emergendo dalla folla disse:“Beh, a dire il vero il tuo cuore è molto meno bello del mio.” Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti: della folla, e del ragazzo. Certo, quel cuore batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici. C’erano zone dove dalle quali erano stati asportati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene, così il cuore risultava tutto bitorzoluto. Per giunta, era pieno di grossi buchi dove mancavano interi pezzi. Così tutti quanti osservavano il vecchio, colmi di perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suo cuore fosse bello. Il giovane guardò com’era ridotto quel vecchio e scoppiò a ridere: “Starai scherzando!”, disse. “Confronta il tuo cuore col mio: il mio è perfetto, mentre il tuo è un rattoppo di ferite e lacrime.” “E’ vero!”, ammise il vecchio. “Il tuo ha un aspetto assolutamente perfetto, ma non farei mai cambio col mio. Vedi, ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato il mio amore: ho staccato un pezzo del mio cuore e gliel’ho dato, e spesso ne ho ricevuto in cambio un pezzo del loro, a colmare il vuoto lasciato nel mio cuore. Ma, certo, ciò che dai non è mai esattamente uguale a ciò che ricevi e così ho qualche bitorzolo, a cui però sono affezionato: ciascuno mi ricorda l’amore che ho condiviso. Altre volte invece ho dato via pezzi del mio cuore a persone che non mi hanno corrisposto: questo ti spiega le voragini. Amare è rischioso, certo, ma per quanto dolorose siano queste vo58 www.newentry.eu

ragini che rimangono aperte nel mio cuore, mi ricordano sempre l’amore che ho provato anche per queste persone...e chissà? Forse un giorno ritorneranno, e magari colmeranno lo spazio che ho riservato per loro. Comprendi, adesso, che cosa sia il vero amore?” Il giovane era rimasto senza parole, e lacrime copiose gli rigavano il volto. Prese un pezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio, e gliel’offrì con le mani che tremavano. Il vecchio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi prese un pezzo del suo vecchio cuore rattoppato e con esso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane. Ci entrava, ma non combaciava perfettamente, faceva un piccolo bitorzolo. Poi il vecchio aggiunse: “Se la nota musicale dicesse:” Non è la nota che fa la musica...” Non ci sarebbero le sinfonie. Se la parola dicesse:”Non è una parola che può fare una pagina...” Non ci sarebbero i libri. Se la pietra dicesse: “Non è una pietra che può alzare un muro...” Non ci sarebbero case. Se la goccia d’acqua dicesse:”Non è una goccia d’acqua che può fare un fiume...” Non ci sarebbero gli oceani. Se l’uomo dicesse: “Non è un gesto d’amore che può rendere felici e cambiare il destino del mondo...” Non ci sarebbero mai né giustizia, né pace, né felicità sulla terra degli uomini”. Dopo aver ascoltato, il giovane guardò il suo cuore, che non era più “il cuore più bello del mondo”, eppure lo trovava più meraviglioso che mai: perchè l’amore del vecchio ora scorreva dentro di lui. In questa storiella c’è racchiusa un pò di vita di tutte le persone, ognuna con il suo cuore, con i suoi bitorzoli, con i suoi vuoti, e con tutto ciò che nel corso degli anni si è donato e si è ricevuto. E come la sinfonia ha bisogno di ogni nota; come il libro ha bisogno di ogni parola; come la casa ha bisogno di ogni pietra; come l’oceano ha bisogno di ogni goccia d’acqua; così il mondo ha bisogno di te, ha bisogno del tuo amore, perché sei unico ed insostituibile...


ESSERE AUTONOMI “Sa, l’importante è che riesca a recuperare la mia autonomia.” Esco dalla stanza con questa frase nelle orecchie. E penso che il concetto di autonomia può essere davvero molto variabile e tremendamente relativo. Nel caso in questione, si tratta di riuscire ad andare in bagno da solo, di spostarsi dalla carrozzina al wc e ritorno. Già la doccia è fuori discussione. Molto distante dall’idea di autonomia che si ha nel mondo “normale”. Così, mentre cammino nell’aria ancora meravigliosamente fresca, attraversando i giardini che separano le palazzine dell’ospedale, penso a cosa davvero significa sentirsi autonomi. Che, al di là degli aspetti concreti, è uno stato della mente, è il nostro modo di percepirci nel mondo. Sono autonoma perché ho vissuto da sola e lo potrei fare ancora, se dovessi? Perché sono in grado di pagare un affitto, di guidare un’auto? Sono meno autonoma perché il mio inglese lascia molto a desiderare, e fatico a leggere un articolo scientifico che non sia in italiano? Sono autonoma perché posso prendere tranquillamente una metropolitana senza avere crisi di panico? Non continuo nell’elenco, ma ho l’immagine di cerchi che si intrecciano, si allargano, si stringono: ogni cerchio è un aspetto della nostra vita, in cui ci muoviamo con maggiore o minore scioltezza e abilità, rendendolo pertanto più grande o più piccolo, ampio o angusto. Insiemi molto diversi per ciascuno di noi: chi è o non è autonomo? In assoluto? Ho conosciuto persone che si sentivano autonome in carrozzina, altre che non si sentivano tali perché bloccate da paure, ansie, difficoltà psicologiche. Quando siamo davvero autonomi, indipendenti? E poi, dove sta il confine tra indipendenza, autarchia, bisogno degli altri?

RIFLESSIONI

Non sono autonomo perché ho bisogno di qualcuno che mi faccia la doccia o mi aiuti a vestirmi? Sono autonomo se faccio la mia vita e nei momenti di sconforto sento il bisogno di avere qualcuno accanto a me che mi ascolti e mi aiuti? C’è differenza? Sì e no. In tutto questo vedo un filo che collega ognuno di noi, reti di forze e debolezze, di capacità e bisogni. Ovviamente c’è un piano di autonomia che riguarda abilità/disabilità. Ma su un altro piano, l’autonomia è uno stato della mente. E comprende anche l’aiuto degli altri quando ne abbiamo bisogno. Non siamo meno autonomi per questo. “e udì estranea un estraneo che diceva: Iosonoaccantoate.” Rilke, Il rapimento, da: Nuove poesie Io sono accanto a te. Estranei, compagni di viaggio. Meraviglia della vita. sguardiepercorsi

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RIFLESSIONI

C'ERA UNA VOLTA L'AMORE “Noi, che sprechiamo i dolori. Come li affrettiamo mentre essi tristi, durano, a vedere se finiscono, forse. E sono invece la fronda del nostro inverno, il nostro sempreverde cupo uno dei tempi dell’anno segreto, ma non solo tempo, – son luogo, sede, campo, suolo, dimora.” Rilke, Decima Elegia duinese Mi tornano spesso in mente questi versi, bellissimi. Noi, che sprechiamo i dolori. Perché è così difficile starci dentro. “Quando ero ricoverato, sa quale era la cosa che più mi faceva arrabbiare? Gli amici che mi venivano a trovare e mi incoraggiavano, dicendomi ogni volta quanto mi trovassero meglio, anche se non era vero. Subito dopo, sulla scala dell’arrabbiatura, c’erano quelli che mi compativano, che mi ripetevano quanto fossi coraggioso. Solo un amico ha saputo fare ciò di cui avevo bisogno: sedersi vicino a me e ascoltarmi, tranquillo, senza spaventarsi.” “Detesto sentirmi dare pacche sulla spalla, concrete o metaforiche. Detesto sentirmi dare dei consigli su come dovrei reagire. Detesto chi mi dice cose stupide perché è in imbarazzo e non sa che dire. Non ho bisogno che mi dicano cose intelligenti. Ho bisogno che mi capiscano, che stiano in silenzio ad ascoltare i miei sfoghi.” È difficile reggere il dolore, proprio ed altrui.

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Noi, che sprechiamo i dolori. “Quando finirà, dottoressa? Me lo sa dire lei?” No, non glielo so dire. Non so neanche dire se finirà, o che forme prenderà la sua vita con quel dolore. Come li affrettiamo mentre essi tristi, durano, a vedere se finiscono, forse. Ad agitarsi in modo scomposto si sprecano solo energie e si rischia di affogare, mentre ad affidarsi al mare, si rimane a galla, e poi magari si impara anche a nuotare. Ma bisogna smettere di agitarsi, e stare. Perché è solo così che riusciamo a vedere quel che è possibile in quel che c’è. …son luogo, sede, campo, suolo, dimora. Stare. Ascoltare. Fare spazio interiore. Reggere il silenzio dell’anima, e il rumore dei pensieri. Stare con quel che c’è così com’è, perché questa è la condizione per fare qualcosa di quel che c’è, e per riuscire a vedere ciò che appare solo quando le acque si calmano e il torbido si deposita sul fondo. “Vedi, io vivo. Di che? Né infanzia né futuro vengon meno…… Innumerabile esistere mi scaturisce in cuore.” Rilke, Nona Elegia duinese sguardiepercorsi


RIFLESSIONI

C'ERA UNA VOLTA L'AMORE L’amore abitava in una casa pavimentata di stelle e adornata di sole.Un giorno l’amore pensò ad una casa più bella. Che strana idea quella dell’amore! E fece la terra, e sulla terra, ecco, fece la carne , e nella carne ispirò la vita e nella vita impresse l’immagine della sua somiglianza. E la chiamò: uomo!NE dentro l’uomo, nel suo cuore, l’amore costruì la sua casa, piccola ma palpitante, inquieta, insoddisfatta come l’amore. E l’amore andò ad abitare nel cuore dell’uomo e ci entrò tutto, là dentro, perchè il cuore dell’uomo è fatto di infinito. Ma un giorno... l’uomo ebbe invidia dell’amore. Voleva impossessarsi della casa dell’amore, la voleva solo e tutta per sè, voleva per sé la felicità dell’amore, come se l’amore potesse vivere da solo. E l’amore fu scacciato dal cuore dell’uomo. L’uomo allora cominciò a riempire il suo cuore, lo riempì di tutte le ricchezze della terra, ma era an-

cora vuoto. Lo riempì di tutti i tesori della terra, ma era ancora vuoto. L’uomo, triste, si procurò il cibo col sudore della sua fronte, ma era sempre affamato, a restava col cuore terribilmente vuoto. Un giorno l’uomo.... decise di condividere il suo cuore con le creature della terra. L’amore venne a saperlo.... . Si rivestì di carne e venne anche lui a ricevere il cuore dell’uomo.Ma l’uomo riconobbe l’amore e lo inchiodò sulla croce. E continuò a sudare per procurarsi il cibo. L’amore allora ebbe un’idea, si rivestì di cibo, si travestì di pane e attese silenzioso. Quando l’uomo, affamato, lo mangiò, l’amore ritornò nella sua casa, nel cuore dell’uomo. E il cuore dell’uomo fu riempito di vita, perchè la vita è amore. Un poeta brasiliano.

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ITINERARI

Rocca di Manerba Manerba del Garda (Brescia)

La Rocca di Manerba è posta su uno sperone roccioso a picco sul Lago di Garda molto facile da raggiungere in macchina dal centro di Manerba del Garda. Il parcheggio è a pochi metri dalla cima, sulla quale, in spettacolare posizione, si trovano i resti del Castello conosciuto come “Rocca”, sormontati da una grande croce. Si può accedere alla rocca attraverso il sentiero che attraversa il parco, taglia per il pianoro del “Sasso” e si arrampica fino ai ruderi del castello. In questo caso si può parcheggiare vicino al Bar di Via Agello. Storia della Rocca di Manerba Gli scavi archeologici nell’area del Sasso, area sottostante la Rocca, esposta al vento e interrotta da una scogliera a strapiombo sul lago, con un salto di 150 metri, sono state rinvenute tracce di un insediamento del Mesolitico che testimoniano la presenza di esseri umani circa da 8000 a 5000 anni fa. Durante le ricerche archeologiche sono venute alla luce tre circuiti di mura di difesa databili fra il XII e XIII secolo di cui 62 www.newentry.eu

il più interno racchiude la sommità della Rocca. Entro la cinta esterna gli scavi hanno identificato una sequenza stratigrafica che va dalla cultura di Lagozza (4000 a.C.) alla fortificazione medievale da cui il sito trae il nome. Numerosi reperti archeologici dimostrano la presenza di insediamenti Etruschi, dei Galli Cenomani e dei Romani. Nel 776 la Rocca fu l’ultimo baluardo di resistenza dei Longobardi ai Franchi di Carlo Magno, che un secolo dopo, donò i terreni circostanti ed in riva al lago, ai monaci di San Zeno di Verona. Col tempo la proprietà della Rocca fu degli Scaligeri, dei Visconti ed infine della Repubblica Veneta. L’ultima struttura medievale venne distrutta nel 1574, per ordine della Serenissima perché divenuta una fortezza inespugnabile di fuorilegge. Camminata alla Rocca Sulla sommità della Rocca, grazie a lavori di restauro e valorizzazione archeologica e ambientale, è possibile vedere i resti dell’antico castello medievale e di altre antiche strutture accessibili


ITINERARI

attraverso una ripida strada asfaltata, chiusa alla circolazione nell’ultimo tratto dopo il Parcheggio. Il percorso attraverso muri perimetrali, scalinate e ponticelli in legno è segnalato da bacheche descrittive ed offre dei punti panoramici davvero splendidi con una visuale a trecentosessanta gradi sul Lago di Garda. I ruderi, nella parte dell’entroterra declinano verso un prato che offre ospitalità e riposo ai visitatori. Inoltre dalla Rocca si arriva anche ad una splendida spiaggia. Il Parco della Rocca: riserva naturale Sul lato dei ruderi che guardano verso il lago, un ripido e in parte difficile sentiero, permette di scendere al Parco della Rocca di Manerba. Accessibile anche dal basso, un grande bellissimo pianoro coperto da boschi e prati di 90 ettari che comprendono la Rocca stessa e tutto il tratto costiero denominato Parco Naturale Archeologico della Rocca e del Sasso. Nei boschi che ricoprono gran parte del territorio del Parco si trovano rappresentate tutta gli alberi ed i cespugli autoctoni, come il Carpino nero, la Quercia roverella, il Pungitopo, il Caprifoglio e l’Elleboro che convivono con alberi e cespugli propri della Macchia Mediterranea. Il Museo della Rocca Il Centro Visitatori del Parco Archeologico Naturalistico della Rocca di Manerba del Garda ospita nella sua attuale sede espositiva (vicino al parcheggio sotto la Rocca) anche il Museo Civico Archeologico della Valtenesi.

Al piano terra il si segue il percorso archeologico, con pannelli bilingui (in Italiano e Inglese) attraverso una scelta di reperti esposti all’interno di vetrine, che illustra gli insediamenti del sito pluristratificato della Rocca e del Sasso, quello della Pieve di S. Maria e quello in riva al lago, con resti di un abitato palafitticolo dell’Età del Bronzo. La leggenda della Rocca Narra un antica legenda che un ferocissimo lupo abitasse sulla rupe di Manerba, occupando un antro a picco sul lago impedendo a chiunque di avvicinarsi. Dopo vari tentativi di cattura, gli abitanti misero una taglia sulla testa del lupo e fra i giovani che si presentarono ne vennero scelti tre: un giovane di Moniga, uno della Raffa e uno della Pieve vecchia. Il giovane di Moniga, cacciatore, cercò di attirare il lupo con un’esca viva, ma non ebbe successo e fini per essere spinto giù dalle alte scogliere. Quello della Raffa, pescatore, tentò di catturare il lupo con una grande rete ma anch’esso finì come l’altro. Il giovane della Pieve, contadino, dopo aver chiamato il lupo con finti ululati, affrontò la belva innalzando una croce gridando di arretrare. Miracolosamente il lupo indietreggiò fino a cadere dalla rupe e morire. Si narra che, mentre il popolo di Manerba festeggiava il vincitore, erigendo una grande croce in vetta alla Rocca, nel lago i corpi dei due sfortunati giovani si trasformarono in due grandi scogli.

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Terno d’Isola - Via E.Fermi,11 Almenno S.B. - Galleria La Fornace


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