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MARIA GRAZIA CHIURI

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SORELLE OLSEN

SORELLE OLSEN

Maria Grazia Chiuri

Direttrice di Valentino fino al 2016, poi di Dior, Maria Grazia Chiuri non è ancora soddisfatta e vuole di più…

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Maria Grazia Chiuri è tutto fuorché antiquata: le sue sfilate sono veri e propri viaggi nell’eleganza e nel glamour, elogiati dal mondo della moda. Oltre a ciò, è anche in prima linea per la parità dei sessi.

Nasce a Roma nel 1964 da una famiglia modesta, il padre era nell’esercito mentre la madre era una sarta. È proprio grazie alla tradizione di famiglia che Maria Grazia sviluppa la passione per il disegno e la moda e decide di frequentare lo IED, Istituto Europeo di Design a Roma, diplomandosi in fashion design.

“Mia madre aveva un piccolo negozio di sartoria a Roma. Sono cresciuta lì. Fin da bambina vedevo Vogue. Il mondo della moda allora era più semplice. Mi piacevano gli accessori, le scarpe e disegnare. Andavo al mercato di Porta Portese e acquistavo borse vintage. A quei tempi c’erano stilisti che avevano le loro piccole imprese a conduzione familiare”. Nel 1989, dopo gli studi, viene assunta da Fendi nella sezione accessori, partecipando alla realizzazione della celebre borsa Baguette, ideata insieme a Silvia Venturini Fendi. In questi anni a Firenze conosce il collega Pierpaolo Piccioli con cui inizierà un sodalizio lavorativo e d’amicizia molto forte. Lavorano insieme per 10 anni da Fendi, poi nel 1999 iniziano l’esperienza da Valentino, diventando anche direttori creativi dell’intero marchio nel 2008. Nel 2016 la svolta, la stilista riceve una chiamata da Parigi, precisamente dalla Maison Dior, che le propone il posto di Direttrice Creativa. Sarà, per lei, un doppio esordio: è la prima donna a dirigere la maison Dior dall’anno della sua fondazione, inoltre è anche il suo debutto come designer solista senza il collega Pierpaolo. La definiscono i giornali e le riviste di moda “Un’italiana sul trono di Francia”.

Maria Grazia Chiuri

Maria Grazie Chiuri

DIRETTRICE DI DIOR La sua collezione di debutto è ispirata ad un Paese che lei ama molto Tokyo. Il new look del 2016 vede rivivere i capi iconici di Dior, come il tailleur bar.

Manifesto delle donne, del femminismo e attivismo.

L’attenzione è altissima sulla stilista che riesce a collezionare diversi successi che non deludendo mai le aspettative. In questa sua gestione, la stilista si è avvicinata molto al movimento femminista, cosa che traspare in alcune sue creazioni: in particolare alcune t-shirt con scritte di grandi autrici dichiaratamente femministe. Scelse come slogan per le t-shirt di Dior la frase della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie “We should all be feminists.” Avrebbe potuto accontentarsi di disegnare un fiore o scrivere Viva Dior. I proventi delle vendite di molte T-shirt sono stati destinati a organizzazioni come Planned Parenthood, a favore dell’aborto e dell’educazione sessuale. Lo ha fatto anche Dior, anticipando le critiche secondo le quali una maglia da 550 euro non è esattamente l’emblema dell’uguaglianza sociale: la maison devolverà una parte degli incassi alla fondazione benefica di Rihanna. E anche il mondo del fast fashion si è dovuto adeguare alla nuova tendenza: su Etsy e Asos è tutto un tripudio di magliette che inneggiano al potere delle donne, riesumando addirittura il famoso Girl power che fu il motto anni 90 delle Spice Girls.

«Ma ho cinquantun’ anni e ho ripensato a tutte le varie fasi della mia vita in una società che mi ha visto nel ruolo di donna, figlia, madre. E ho capito che, proprio come designer e come donna, il mio impegno nella moda non può ridursi a inventare un vestito incredibile. Perché penso di avere la responsabilità di interpretare un’epoca che sta cambiando». Maria Grazia Chiuri

Maria Grazia Chiuri

Orgogliosa di essere italiana. Sicuramente questo terribile frangente le ha fatto apprezzare moltissimo la qualità e la dedizione dell’assistenza e del conforto che ha guidato il loro essere comunità. Orgogliosa di come il sistema della moda ha dato subito il buon esempio. Non solo con le donazioni, ma grazie alla duttilità e alla velocità che sono parti fondamentali del sistema ha saputo trasformarsi per rispondere alle nuove e pressanti esigenze di sicurezza (mascherine, camici monouso, disinfettanti).

“Non dobbiamo interrogarci su come ci vestiremo, ma su come riorganizzeremo il lavoro e rafforzeremo la nostra filiera produttiva”

In questo momento si sente più forte che mai la responsabilità del suo ruolo e di quello che rappresenta. Rispetto, inclusività, eguaglianza, cura dei valori che sono parte integrante del suo modo di lavorare e del mio progetto devono guidarmi in tutte le mie azioni e diventare esempio. La moda è un progetto corale che procede grazie a una ricerca della qualità che include l’etica condivisa a tutti i livelli. La manifattura italiana è una parte straordinaria di questo progetto globale. Lei ha sempre voluto mantenere un rapporto diretto con questa realtà che la aiuta a focalizzare meglio il suo progetto. E’ italiana e le viene naturale lavorare sulle qualità costruttive e sui materiali che definiscono le sue collezioni. La disponibilità e l’intelligenza creativa con cui si confronta a tutti i livelli nelle aziende italiane – dalle più piccole alle più grandi – le hanno dato la consapevolezza di come questo sistema possa essere uno dei motori della ripresa, come lo era stato nell’immediato secondo dopoguerra. Sono questi valori, queste qualità che appartengono a tutti i livelli del fare che ci dovranno guidare nella ricostruzione di un dopo che inevitabilmente dovrà trasformare comportamenti e ritualità che dopo questa apocalisse non avranno senso. Un dopo che dovrà comporre una geografia articolata, senza dimenticare il valore della formazione e il ruolo, nella ricerca, dei piccoli marchi indipendenti.

Non dobbiamo interrogarci su come ci vestiremo, ma su come riorganizzeremo il lavoro e rafforzeremo la nostra filiera produttiva, unica al mondo, dopo questa interruzione. Come immagineremo la comunicazione e valorizzeremo la cultura della moda. Se sapremo fare tesoro di tutte quelle qualità espresse in maniera corale dal sistema moda e finalmente usciremo da stereotipi superati, potremo dare un grande contributo, noi della moda, a questo nuovo capitolo della nostra storia. La moda non si riduce mai ai soli abiti e le sole tendenze ma ad un pensiero più ampio e profondo per esprimere la propria personalità. Ciò che è importante in un vestito è la donna che lo indossa.

Maria Grazia Chiuri

Tra le ultime creazioni non possiamo non ricordare la rivisitazione dell’iconica Saddle bag, oggetto del desiderio di moltissime donne e che lei stessa definisce un pezzo unico della storia recente di Dior, vestendolo ora di una nuova identità. E ancora, l’abito da sposa realizzato per l’Influencer più amata Chiara Ferragni. Ispirato alla tradizione italiana che accomuna entrambe le donne, l’abito riprende la prima collezione della stilista per la maison, quella con i tarot dress. Questo nello specifico ha richiesto oltre 400 metri di tessuto e ben 1.600 ore di lavoro sartoriale negli atelier parigini di Avenue Montaigne. L’idea alla base della creazione è stato celebrare la loro storia d’amore. L’abito, un bustier dress con corpino e maxi gonna in tulle (sostituita in un secondo momento con un tutù corto e ancor più vaporoso) è interamente ricamato a mano con alcune frasi della canzone di Fedez “Favorisca i sentimenti” e con alcuni elementi evocativi dei luoghi chiave che hanno segnato la nascita della loro storia assieme a cuori, stelle, uccelli, occhi e un immancabile leoncino, simbolo del loro figlio Leone. Ancora, Chiara sceglie Dior per il suo red Carpet alla Mostra del Cinema di Venezia, per la prima del suo film documentario “Chiar ferragni Unposted”. L’alleanza continua e, questa volta, ha la forma di un lungo sempre fairy, come Chiuri ama, ma in tulle blu con micro paillettes applicate e una maxi scollatura a V.

Maria Grazia continua a essere apprezzata per la sua visione di una donna elegante e moderna, in perfetta armonia con i codici e l’eredità creativa di Monsieur Dior.

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