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prima volta in un documento scritto il 29 dicembre 814 d.C. quando Lodovico il Pio, figlio di Carlo Magno, concede tutto il territorio in feudo ad Apollinare, Abate di Sant’Antimo. La Tenuta di Sesta si formò in seguito all’espansione della Repubblica di Siena e alla decadenza e susseguente soppressione dell’abbazia di Sant’Antimo, nel 1462, a opera del Pontefice Pio II (al secolo, il senese Enea Silvio Piccolomini), che la incorporò nella nuova Diocesi di Montalcino. Nel periodo dell’espansionismo senese, Sesta divenne possesso dell’antichissima nobil famiglia dei Tolomei, che una compiacente genealogia volle collegare all’omonima dinastia dei sovrani dell’antico Egitto, la dinastia tolemaica – il mitizzare le pro-
prie ascendenze era piuttosto comune a molte nobili prosapie, di cui alcuni esponenti giunsero probabilmente in Toscana durante il regno di Carlo Magno. A metà Ottocento la proprietà, allora di ben 1.700 ettari e probabilmente facente parte di beni ecclesiastici, cioè la sconfinata tenuta dell’Abbazia di Sant’Antimo, passò nelle mani dei fratelli Felice e Giovanni Ciacci (nato nel 1815) di Castelnuovo dell’Abate, che si dedicarono alla coltivazione di cereali, oliveti, vigneti, nonché all’allevamento del bestiame. La Tenuta di Sesta, al tempo di Giovanni Ciacci (1888-1963), seppur ridimensionata, constava ancora di più di 700 ettari condotti attraverso l’antico contratto di mezzadria con i contadini e nel suo territorio sorgevano 13 poderi dove abitavano altrettante famiglie di mezzadri per un totale di circa 130
persone. Classico proprietario d’una volta, nonché personaggio molto estroverso e comunicativo, Giovanni Ciacci è ricordato da tutti come grande agricoltore, nonché commerciante di bestiame, soprattutto vacche chianine e maremmane. Alla sua scomparsa, da una serie di divisioni ereditarie, ha origine la Tenuta Poggio degli Ulivi – trae il suo nome dalle oltre duemila piante d’ulivi ultracentenari che insistono sulle sue colline, dai quali si ricava uno straordinario olio extravergine di profumo intenso e sapore robusto – e a prendere le redini della fattoria nel 1965 è la figlia Elisa Ciacci Bellocci (19101997): donna energica, passionaria, eccentrica, ma con uno spiccato senso imprenditoriale e un formidabile ottimismo, Lisetta – così veniva chiamata da amici e parenti – accetta la sfida, mettendosi pienamente in
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gioco. In quegli anni il fatto che una donna fosse manager di un’azienda era un evento alquanto singolare, pertanto non è azzardato affermare che Lisetta sia stata una vera e propria pioniera dell’emancipazione femminile in campi e attività che, per secoli, erano stati esclusivo appannaggio maschile. Così Poggio degli Ulivi riflette certamente il suo carattere eclettico: accanto alla classica coltivazione di olivi e grano, Lisetta – coadiuvata dal marito Bruno Bellocci, magistrato di Cassazione – sperimenta anche nuove colture, ottenendo anche discreti successi, ma è sicuramente la produzione vinicola la punta di diamante dell’azienda. Il suo Brunello – il primo etichettato fu della bellissima vendemmia 1975, mentre
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