Oinos - Vivere di vino - 2017 n.1

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Monteverro, La storia della tenuta di Monteverro inizia con un bicchiere galeotto di Chateau Latour 1966, infatti capita sovente che siano proprio le piccole cose a cambiare una vita. Per Georg Weber fu un sorso di questo mitico vino bordolese, che un giorno gli fu offerto da un amico del padre, quando ancora studiava a Losanna. E ancor oggi Georg ricorda quell’esplosione di sapori che travolse il suo palato. giovanna focardi nicita “Era talmente più buono di qualsiasi cosa avessi mai bevuto fino a quel momento, talmente poliedrico e strutturato, che ebbi la sensazione di vedersi spalancare una porta verso un mondo fino allora sconosciuto”. La sua passione per i grandi vini lo portò negli anni a visitare le zone più vocate al mondo - la Borgogna, il Bordolese, la Napa Vally, la Nuova Zelanda - ma quando Georg, che da sempre aveva avuto un certo debole per l’Italia, visitò l’ispida e selvaggia Maremma coi suoi antichi borghi arroccati sulle colline, si sentì folgorato… Era verso la fine degli anni Novanta e, come zona vinicola, la Costa d’Argento era nota solo a pochi intenditori, ma Georg una laurea alla Business e Management School di Losanna e ricco di spirito imprenditoriale - da quel primo istante decise che proprio lì avrebbe voluto realizzare il suo sogno di farsi vignaiolo, costruendo una propria te-

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azienda gioiello a metà strada tra Capalbio e il mare nuta. Perché anche in viticoltura, a volte, occorre decidere d’istinto o, come si suol dire, ‘‘di pancia’’. Fu proprio così che accadde a Georg Weber: un giorno, capitato quasi per caso ai piedi del borgo medievale di Capalbio, immerso in un paesaggio dai colori mutevoli, allora ricoperto soprattutto di colture cerealicole, spaziò con lo sguardo su quei declivi così dolcemente affacciati sul Tirreno, sentì la leggera brezza del mare accarezzargli il volto, respirò il profumo dei fiori selvatici e in quel momento stesso capì che quella zona celava un enorme potenziale, ancora in maggior parte inespresso. La Maremma - che non a caso trae il proprio nome dal latino ‘‘mare’’ - è una striscia sottile che s’estende lungo la costa toscana da Livorno fino al confine col Lazio, attraversando la provincia di Grosseto e, come nel Médoc, celebre zona di produzione del Bordeaux, un tempo anche le piane più basse della Maremma erano quasi del tutto coperte da paludi, bonificate solo negli anni Trenta del secolo scorso. Proprio per questo in Maremma la tradizione vinicola è ancora relativamente giovane e solo a partire dagli anni Settanta si cominciarono a produrre vini di qualità. Monteverro si trova nella Maremma più meridionale, tuttora scarsamente popolata, dove ancora è una natura forte a dominare il terroir: nell’entroterra di una costa ancor oggi in parte allo stato brado, dagli arenili s’ergono morbide e verdi colline ricoperte di vigneti e uliveti, inframezzati dalla ‘macchia mediterranea’, fatta

d’arbusti sempreverdi in cui prosperano essenze come la lavanda, la ginestra, il mirto, il rosmarino, il timo. Pure l’antico toponimo ‘‘Monteverro’’ attesta l’autenticità del luogo: verro infatti è il maschio del cinghiale, re incontrastato della fauna locale. Ma questa non è solo una storia di passione per il vino, ma anche d’amore, infatti negli stessi anni in cui Georg getta le basi per la sua avventura vitivinicola, nella sua vita entra Julia, destinata a diventare nel 2011 sua moglie e affiancarlo nella gestione della tenuta. Un connubio “magico” tra due personalità opposte e complementari: entrambi tedeschi - pragmatico lui, musicista, sognatrice e musa ispiratrice lei - rappresentano la duplice anima della loro impresa, il perfetto equilibrio tra cuore e ragione. Un incontro da film durante un concerto dove lei suona il violino, un amore condiviso per il Belpaese e la Toscana in particolare: è questo il trait d’union con una terra dell’anima, che affascina e conquista. Un sodalizio rafforzato da una romantica cerimonia di matrimonio tenutasi proprio nella medievale chiesa di San Nicola, costruita nel XII secolo nel cuore del centro storico del borgo di Capalbio, perfettamente conservato. Questa giovane coppia ha puntato fin da subito all’eccellenza, coltivando da sempre un amore per i particolari e non scendendo mai a compromessi: “Vogliamo produrre cachemire, non cotone”. E per riuscire in tutto questo, la famiglia Weber, Julia e Georg Weber


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