Barbagalli e Rampante, che si spingono sino a 900 metri d’altitudine. Mentre a Milo gestiscono una vigna prefilossera di Carricante, a piede franco anche questa. Vigne seguite con un’attenzione maniacale, dove quasi tutto si fa manualmente, spesso infatti gli spazi sono così ristretti e le pendenze tali che si può usare solo la zappa, a cui fanno seguito vinificazioni attente, senza estrazioni esasperate e un sapiente uso dei legni, non usano barriques: questa la semplice filosofia aziendale, che li ha portati, in breve, nel gruppo di punta dei produttori etnei. D’altronde non è un caso se vini come l’Etna Rosso Vigna Barbagalli o le due versioni bianco e rosso dell’Etna Archineri siano ormai considerati tra i classici dell’enologia etnea. Gli spazi della nuova, grande cantina, perfettamente integrata nel territorio, proprio a ridosso dei vigneti di Barbagalli e Rampante, sicuramente serviranno a definire ulteriormente, dal punto di vista tecnico, i vini di Michele e Mario. Continuando verso Randazzo, sempre sulla statale, s’in-
86
contra la nuova cantina di Giuseppe Russo: quando l’ha ereditata dal padre Girolamo era poco più di un garage con ancora dentro un’impolverata Lancia Fulvia HF e si lavorava in spazi davvero ristretti, mai la definizione “vin de garage”, come dicono in Borgogna, è stata più giustificata. Adesso che gli spazi sono un po’ di più e ben organizzati sembra un miracolo che, coi pochi mezzi tecnici dei primi anni, Giuseppe riuscisse a fare vini così eleganti e profondi, ma soprattutto pulitissimi, come quelli che gli hanno dato fama. E dire che Giuseppe ha scoperto la sua vocazione di vignaiolo tardi e purtroppo a seguito di un tragico evento, la prematura scomparsa del padre, che l’ha messo innanzi a un bivio: continuare l’opera paterna o lasciare tutto per non abbandonare il lavoro, che, dopo un brillante diploma al conservatorio, gli apriva una promettente carriera nel mondo della musica. Per fortuna nostra ha prevalso l’amore e l’attaccamento alla propria terra e la volontà di non lasciare incompiuto il lavoro del padre. Ades-
so Giuseppe “dirige” 15 ettari di vigneto sparsi in diverse contrade e, come ogni buon direttore d’orchestra, conosce bene e sa cosa chiedere ai suoi musicisti, tirando fuori il meglio da ognuno di loro. I suoi vini, straordinariamente intensi e vibranti, capaci d’esaltare le peculiarità del terroir della contrada d’origine, sono ormai considerati un’archetipo, un punto di riferimento nel vasto panorama etneo. Bere gli Etna di Giuseppe, che sia Feudo, San Lorenzo o Feudo di Mezzo, è come ascoltare un Notturno di Chopin da tre diversi grandissimi interpreti: la musica è sempre meravigliosa, ma ogni musicista l’interpreta a suo modo. Contrada Boccadorzo si trova poco fuori l’abitato di Randazzo e qui, una decina d’anni fa, ha comprato una bella tenuta di 36 ettari l’ingegnere palermitano Nino Bevilacqua: ad affiancarlo, sin dal primo giorno, la figlia Alessia, che ormai segue in prima persona l’azienda, diventandone anche la proiezione esterna. La tenuta è in una posizione strategica, da cui si domina la vetta del vulcano e