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SpeciAle: deRuTA ARcheologiA: La Valle dei Templi ad Agrigento iTineRAndo: Piazza Navona: S. Maria dell’Anima Schede: Ceramica Mosaico

il MAGAZINE

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il magazine

ANNo I - N° 0 - MArZo 2008 PErIodIco trIMEstrAlE costo abbonamento per quattro numeri: euro 15,00 spedizione Postale - per abbonarsi contattare le redazioni Editore:

Giampiero Mandolini

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direttore Editoriale:

sofia Pettinelli

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Alessio rocchi

Vicedirettore Editoriale:

laura dominici

responsabile di redazione:

teodora ricciardi

In redazione:

sofia Pettinelli, teodora ricciardi, Annelise sambati, chiara toniolo

Hanno collaborato:

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Edy cacioni, claudia di cresce, Giorgia di cresce, Yuri corti, laura dominici, Fiammetta Fiorentini, Marta Guercio, carla Musumeci, carlo Pettinelli, sofia Pettinelli, teodora ricciardi, Fiorella saleri, Annelise sambati, stefania spera, chiara toniolo, luigi tosti, Peppe Vetriani

Ideazione Grafica ed Impaginazione: stampa:

chiara toniolo, Peppe Vetriani copyando srl - Massimo roscini, tommaso d’Errico - www.copyando.com rotostampa Group

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Fotografie:

SPECIALE: DERUTA ARCHEOLOGIA: La Valle dei Templi ad Agrigento ITINERANDO: Piazza Navona: S. Maria dell’Anima SCHEDE: Ceramica Mosaico

IN coPErtINA: tIM NoBlE & sUE WEBstEr “Electric fountain” Foto: Arch. Peppe Vetriani

NEW YorK: rockefeller center Fonatana fatta di luci a basso consumo energetico, sono state impiegate 33900 lampadine

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EDITORIALE Annelise sambati

chiara toniolo

claudia di cresce

Giorgia di cresce

laura dominici

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di sofia Pettinelli

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ari lettori, desidero affrontare un argomento che mi sta particolarmente a cuore e riguarda la libertà che tutti dovrebbero avere di produrre Arte e cultura, una libertà che non dovrebbe essere limitata né minacciata da atteggiamenti e considerazioni potestativamente imposti, libertà che deve permettere la circolazione delle idee, dalla quale nasca un vivificante scambio di esse, nel rispetto fondamentale della sensibilità altrui. Ancora molto deve essere fatto in questo nostro Paese per consentire a chi lavora in ambiti che non sono propriamente artistici di poter creare e divulgare le proprie opere. Esiste infatti in Italia una realtà capillare di Autori che non hanno la forza di emergere e non riescono, quindi, ad arrivare a quei canali di distribuzione che rendono possibile l’affermazione. con il nostro giornale ci siamo resi conto che se questa potenzialità di arte e cultura, di proposte e di idee venisse con onestà e costanza portata alla luce determinerebbe la crescita della coscienza del bello, facilitando l’apertura intellettuale rendendo così la nostra società meno prigioniera di uno status simbol, qualunque esso sia, che è sempre frutto del consumismo e di una omologazione delle idee. la massificazione del gusto, che avviene attraverso stimoli sempre uguali e sempre finalizzati al mercato, non può che soffocare la crescita culturale e inibire la diffusione dell’arte, finendo con il limitare il sorgere di nuove domande alle quali cercare risposte. “Art’Art il MAGAZINE” vuole, pertanto, dar voce, per quanto gli è consentito, a chi voce non ha perché è al di fuori dei consueti sistemi di mercato o perché è inserito in realtà lavorative che non rendono merito alla creazione artistica. Nella rubrica “ArtstI dA scoPrIrE” troverete dei testi scritti dagli Artisti stessi, e questo per far sì che il messaggio che alcuni di loro hanno da proporre sia il più completo e il più immediato possibile. Nello stesso tempo, però, la redazione ha scelto di fare in modo che sempre di più ci si interroghi sul nostro passato culturale e ci si chieda che cosa di ieri viva nell’oggi e che cosa dell’oggi sia veramente innovativo. Per questo motivo le rubriche di Archelogia e di storia dell’Arte saranno sempre presenti e, speriamo, incontreranno sempre più favore.

stefania spera

Sommario FotoGrAFIA 4. U238 - Uranio impoverito 8. “donne umide” - reportage 11. Migrazioni dell’anima

AttUAlItA’ 6. Artisti contemporanei: Elizabeth Frolet 32. Artisti contemporanei: lea de Angelis 35. Eventi 38. Eventi: tre mostre e laboratori al Palazzo delle Esposizioni

l’INtErVIstA 9. stefano olivieri: scenografo per passione

ArtE sAcrA 12. Ennio tesei e la ricerca dell’infinito

sPEcIAlE 14. speciale deruta

ArtI APPlIcAtE 18. Vassoio in vetrofusione 24. Nascita di un soldatino

ArcHEoloGIA 20. Agrigento: la Valle dei templi 36. la tomba delle cinque sedie

rUBrIcHE 26. Arteterapia: come il pensiero analitico si sposa con la creatività 28. Artisti da scoprire

ItINErANdo 35. la chiesa di s. Maria dell’Anima: la bella maniera

lE scHEdE cENtrAlI corsi di ceramica corsi di mosaico teodora ricciardi

Marta Guercio

carla Musumeci

Fiorella saleri

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FOTOGRAFIA

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u 238

uRAnio IMPOVERITO testo e fotografie di carlo Pettinelli

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ltre 500 militari italiani reduci da missioni all’estero si sono ammalati in seguito alla contaminazione da “uranio impoverito“ (238U), 45 di loro sono deceduti. Molti studi autorevoli dimostrano che la contaminazione deriva dalla inalazione della nano-polvere tossica liberata dalle munizioni all’uranio 238 utilizzate in tutti i recenti conflitti. l’uranio impoverito è uno scarto del processo di arricchimento dell’uranio e viene utilizzato perché altamente “piroforico”, ovvero aumenta a dismisura il potere perforante delle munizioni. Il suo utilizzo diventa ancora più vantaggioso in quanto risolve il problema dello stoccaggio di una scoria nucleare. E’ la moderna alchimia: trasformare il piombo (per giunta radioattivo) in oro. Quando un militare non muore in battaglia, ma in un letto di ospedale dopo una lunga degenza, la fotografia serve a poco. le vittime sono scomparse silenziosamente e non c’è notizia, ne tanto meno una immagine efficace, per un soldato che muore come un “civile”. Il progetto U 238 nasce da una riflessione: esiste ancora uno spazio, non solo di indagine, ma di doverosa denuncia per un problema tanto controverso quanto trascurato. lascio l’analisi scientifica a chi ha le competenze per stabilire le cause delle malattia, l’indagine prettamente giornalistica ai fotografi che riprendono sul campo i militari in azione (anche quelli che – troppo pochi – bonificano le zone di guerra proteggendosi con respiratori e tute bianche), quello che invece a me interessa è il silenzio in prossimità della notizia. Quello che si sente nelle case delle famiglie di chi è rimasto, nelle case dei militari ancora vivi che, più fortunati, possono ancora lottare con la malattia. Ho incontrato genitori, vedove, militari, in tutta Italia, e li ho ritratti nelle loro case, per cercare l’autenticità delle loro vite: la vedo nelle stanze, negli oggetti comuni, nei volti che vogliono testimoniare solamente la loro esistenza, quella che nelle pagine dei media è spesso negata. Ho voluto dare fisicamente un volto a chi non ha spazio per raccontare il proprio dramma, semplicemente per testimoniare in maniera inequivocabile (con il mezzo fotografico) una presenza, nella generale assenza di interesse all’argomento (sia da parte di molti addetti ai lavori e sia – ed è più grave – da parte di molti media). Ho privilegiato il medio formato, cercando nell’inquadratura quadrata la simmetria di quei gesti minimi, gesti immutati e pose della quotidianità, che quando vengono negati mutano in tragedia. senza

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ostentare una esclusiva giornalistica, ho cercato nella creatività propria del mezzo fotografico quel compito che, per la Fotografia che amo, è da secoli sempre lo stesso: testimoniare per ricordare.

l’abito bianco di una sposa presto vedova. la maglia assurdamente vivace di un padre dallo sguardo spento. Una famiglia ridimensionata seduta sul sagrato di una chiesa. Una parete decorata di medaglie che sovrasta un uomo in lotta solo contro la sua malattia. Una tenda che nasconde ma nello stesso tempo mostra una donna, spalla e forza del suo militare ancora aggrappato alla sua divisa come un corallo ha bisogno dell’oceano. Una mamma menomata da un dolore troppo grande, la perdita del figlio. ... l’obiettivo del fotografo diventa un microfono offerto a chi vive solo per continuare a testimoniare un’assenza. sono uomini e donne trasformati senza volerlo in cassandre: loro ci mettono la testimonianza, Pettinelli, il rigore di una Fotografia che non è fine a se stessa, ma disegna una speranza. stefania divertito – giornalista e autrice del libro “Uranio il nemico invisibile”

Nella pagina accanto, in senso orario a partire dalla foto in alto a sinistra: capitano Filippo Montaperto e daniela ceccantoni roma Pietro di raimondo, rosato consiglia, lorena de Filippis, genitori e vedova di Alberto di raimondo salice (lecce) capitano carlo calcagni - Martano - lecce Guido di Giacobbe e Filomena di Maio genitori di corrado di Giacobbe deceduto - Vico del Gargano Foggia Giovanna soria con figlia Jessica - la foto in bianco e nero è il Maresciallo maggiore Pasquale cinelli deceduto - livorno Antonio sepe e rosaria Martorelli genitori di luca sepe, deceduto - cardito - Napoli


FOTOGRAFIA

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ATTUALITA’

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Artisti contemporanei

eliZABeTh FRoleT spirito e carne

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esidero presentare ai nostri lettori un’artista, Elizabeth Frolet, decisamente multiforme, sia per la sua vasta e ricca preparazione culturale, laureata in lingua e letteratura giapponese a Parigi, con un master in scienze Politiche con specialità sul Giappone conseguito alla columbia University, con un dottorato in storia dell’Arte alla sorbonne, sia per le esperienze di vita , è infatti vissuta a cavallo tra continenti, lingue e culture appropriandosi ed interiorizzando tutto ciò con cui è venuta a contato, sia per la dinamica espansione della sua arte che come le onde che si propagano da un sasso gettato nel mare abbraccia fenomeni, eventi, materiali e tecniche. l’approccio che desidero avere nell’affrontare un discorso sull’opera e sulla personalità dell’artista non è filologico, né storico, né tecnico, ma vuole essere attento sia allo spirito che alla materia, che sembrano essere le sue principali direttive. Elizabeth è una donna dalla quale si sprigiona una corrente di straordinaria vitalità ma anche, al suo opposto un oscuro senso di lotta contro l’oblio che sembra essere in agguato dietro l’angolo, e la sua produzione artistica e quella letteraria mostrano questa profonda dicotomia del suo animo. Il lupo oscuro che si allunga nei suoi quadri, nelle sue opere grafiche,

nelle sue ceramiche sembra rappresentare la paura del nichilismo che potrebbe soffocare la spiritualità della rosa. Quando entra in gioco la materia compare la donna, con il suo corpo, grande protagonista; essa mi sembra eternamente rappresentata nella lotta tra la spiritualità e la materia, lotta che non necessariamente si risolve con una supremazia, perché non è una lotta tra il bene ed il male ed in essa non vi è un giudizio ma solo l’ineluttabilità di un dato di fatto, quello di appartenere appunto alla donna, un universo in cui la materia e lo spirito convivono da secoli ricercando un equilibrio che

Piatti in ceramica eseguiti al tornio, decorati con incisioni, rilievi e smalti.

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di sofia Pettinelli


ATTUALITA’

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Artisti contemporanei sarà peculiare di ogni singola donna. l’arte e la letteratura sono la fattualità che danno corpo a tutto ciò. Attraverso un rito che è pura creazione, prima nello spirito, arricchito dal cuore e dalla mente, poi nel gesto, che può essere anche lungo e morbido, come nella modellazione, o repentino e asciutto, come nel segno grafico, l’artista fa emergere il magma che ha in sé e che è alimentato da infiniti rivoli che provengono dalla quotidianità e dall’assoluto. Nella sua novella “Assenzio” la Frolet usa la parola con un gusto materico fatto di calore, di sofficità, di pastosa viscosità, di colore e di luce, caricandola di un forte potere evocativo attraverso il quale gli oggetti si impregnano di valenze magiche. Mediante un lungo pensare, che ha quasi l’aspetto di un monologo

copertina del racconto “Assenzio”

disseminato di spunti che incuriosiscono, conduce il lettore nel vivo della storia e lo spiazza mostrandogli il valore iniziatico del percorso fin li fatto da entrambi: lettore ed autore. Nel 1997 è invitata da Museo di Arte contemporanea di lodz, nei pressi di Varsavia, a creare un’opera da ospitare nel museo; Elizabeth Frolet la realizza utilizzando maestranze del luogo ed un materiale tipico della zona: il vetro. l’impatto sullo spettatore è notevole perché realizza una piramide di cubi di vetro scavato all’interno da un volto di donna; l’assottigliarsi della materia illuminata posteriormente da una fonte di luce, genera giochi di spessori, volumi, luci ed ombre di forte valore emotivo. Nella sua produzione più recente è tornata al segno, suo primo amore, e lo ha integrato con altre tecniche, avvalendosi spesso della tecnologia, come le proiezioni, ma anche della parola, come la poesia che compare accanto ai segni grafici. Però il filo costante che si dipana lungo tutta la sua attività creativa è la ceramica: una passione mai tradita che sublima ancora una volta la materia trasformandola in oggetti che, pur nell’uso quotidiano, vivono una propria vita ricca di valenze artistiche.

Presenze: l’opera è realizzata con cubi di vetro scavati all’interno da un volto di donna ed illuminati posteriormente.

opera grafica tratta dall’esposizione del 2006 “ roses mélancoliques ancolies roses”

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FOTOGRAFIA

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“donne uMide”

Reportage di Chiara Barontini

di Yuri Corti

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o viaggiato in Vietnam nell’agosto del 2005 durante la stagione delle piogge. E dire che amo l’acqua, ho persino partorito mia figlia in acqua. Ma in Vietnam di acqua e di umidità ce ne fu veramente tanta durante quel viaggio. Piovve in modo torrenziale e continuativo; quando non pioveva l’umidità era a livelli quasi insopportabili per il mio fisico. di contro i vietnamiti mi apparivano completamente a loro agio sotto tutta quell’acqua, immersi in quella appiccicosa umidità. le donne sotto i loro tipici cappelli a cono rovesciato, con la loro calma apparentemente priva di emozioni, non si fermavano a ripararsi nonostante la pioggia. le popolazioni abitanti la baia di Halong del resto abitano sull’acqua. I mercati galleggianti al delta del Mekong ci insegnano che in Vietnam si commercia sull’acqua. I campi di risaie del nord ci mostrano che il riso, elemento primario nella dieta vietnamita, cresce dalla terra inondata d’acqua. E come poteva essere altrimenti. da che mondo è mondo la terra dà i suoi frutti bevendo e la vita umana nasce nell’umidità dell’utero materno inondato di liquido amniotico. Il percorso fotografico donne umide documenta come acqua e fertilità siano intimamente inscindibili. la modalità: immagini di donne in età fertile sotto, sul, dopo l’acqua avvolte nell’umidità. la tecnica; lo sfocato per trasmettere la sensazione del movimento dell’acqua, che cade e che scorre, e il mosso per suggerire la nebbia dell’umidità.”

È un vero piacere cominciare questo articolo facendo parlare l’artista di un bene così prezioso che lei stessa ha scelto come tema di uno dei suoi più felici percorsi fotografici. In molte aree del sud del mondo, i bambini e le donne passano gran parte della giornata cercando acqua e non sempre con risultati positivi, percorrendo chilometri e chilometri con la speranza di berne un sorso. Il rapporto che noi abbiamo con questo bene così prezioso invece è

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scontato: la mattina ci alziamo e ci laviamo come se nulla fosse e così per tutto il resto della giornata, se abbiamo sete beviamo e se abbiamo caldo ci rinfreschiamo con una bella doccia senza mai pensare alla fortuna che abbiamo nel trovarci in un territorio che fino ad oggi ci ha onorato di questo dono. Parlare di Maria chiara Barontini e del suo essere artista credo si possa racchiudere in una sola parola: “poesia”; non tutti riescono ad esprimere dolcezza come lei che, con i suoi scatti, coglie lo spettatore di sorpresa riuscendo ad esprimere situazioni di disagio con profondo rispetto, proprio come gli antichi poeti greci facevano nel descrivere le morti dei loro eroi; oggi invece si prediligono forme più crude e, a mio avviso, meno nobili. l’arte governata dal sapere è quello che tutti noi ci aspettiamo da un artista vero e con chiara questa aspettativa si concretizza; da artista, mi auguro che la sua arte percorra in futuro sentieri non ancora battuti per regalarci immagini sempre nuove che facciano pensare e riflettere. Il percorso fotografico “donne Umide” al completo è stato visto dai più fortunati nel Novembre 2007 al castello de Albertis di Genova.


ScenogRAFo peR pASSione Intervista a Stefano Olivieri

Giorgia Di Cresce

L’INTERVISTA

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Innanzi tutto parliamo un po’ di lei: dove è nato e quali studi ha fatto? sono nato a roma il 27 Giugno del 1961, ho conseguito il diploma in tecnica alberghiera e ho lavorato per due anni come “chef capo partita” in un ristorante famoso di roma. Vengo da una famiglia di artisti, mia madre insegnante di ceramica artistica e mio padre era un restauratore di facciate antiche di roma, quindi diciamo che ho nel sangue e nel dna tutto ciò che è arte e creatività. Come ha cominciato e quando ha deciso di fare questo lavoro? oltre ad amare molto la cucina, mi sono in seguito dedicato al cinema e questo assolutamente per caso, infatti, nel ‘76 mi trovavo a torino ad aiutare mio padre a ristrutturare alcuni gargoyles1 della facciata di un palazzo, quando passò dario Argento in compagnia di un produttore. Incuriositi mi chiesero che professione svolgessi e cosa studiassi; mi proposero di lavorare con loro ad un film che sarebbe stato girato a roma: “Profondo rosso”! questo fu il mio primo film e vi realizzai le statue che rappresentavano diavoli. ora facendo una somma ho collaborato a circa 190 film con tutti i maggiori registi italiani ed internazionali, ho avuto anche alcune esperienze televisive. Spieghiamo a chi non è del mestiere in cosa consiste esattamente il lavoro dello scenografo. lo scenografo è sicuramente un lavoro di creazione, passione, immaginazione ma allo stesso tempo è un lavoro di grande ricerca e di curiosità, non è sicuramente un semplice mestiere perchè è una cosa che viene da dentro. come svolgerlo dipende anche molte volte dagli scenografi con i quali lavori, alcuni attuano grandi ricerche con l’aiuto di collaboratori che sono dei veri disegnatori, altri sono convinti che l’ispirazione venga al momento, io mi ritengo uno di questi ultimi. sono certo di questo perchè ho avuto dei grandi riscontri e spesso sono stati gli stessi registi a dirmelo, è anche vero che l’esperienza aiuta molto.

continue emozioni, abbiamo girato in diversi luoghi dell’Albania, da thirana, a durazzo, a Valona, e spesso mi sono trovato in situazioni ambientali e fisiche difficilissime, perchè il lavoro nel cinema è anche questo, diversamente dal teatro. Nel cinema si vive una situazione particolare, entri in un mondo surreale e nei mesi in cui si prepara il lavoro e poi si gira vivi una realtà diversa, onirica e ti scordi dei problemi della quotidianità, come la bolletta o l’affitto. Entri in un sogno e partecipi a quel sogno fino a che non lo vedi ultimato in pellicola. Posso dire che questo lavoro mi ha formato. Qual’è il regista con cui hai lavorato meglio e quello con cui è andata peggio? Non posso dire se ci sia stato un rapporto migliore o uno peggiore perché ho un carattere molto tranquillo e mi adeguo facilmente al tipo di lavoro richiesto; posso però sicuramente affermare di aver lavorato con dei grandi signori con i quali mi sono trovato molto bene sia dal punto di vista umano che lavorativo, penso ad autori del calibro di Bertolucci, Nanni Moretti, silvio soldini, Marco tullio Giordano, Francesca Archibugi. Poi ci sono altri registi che umanamente sono più “agitati”, ma non per questo si lavora male, anzi, il lavoro migliore viene proprio con loro, come è stato con Gianni Amelio, tenendoti sempre sul filo del rasoio riescono a farti dare il massimo. Che cos’e per lei il cinema?

Quale è stata l’esperienza lavorativa che le ha dato maggiore soddisfazione? sicuramente l’esperienza che più mi ha gratificato è “America” un film di Gianni Amelio, un lavoro fatto negli anni ‘93 e ’94 durante l’esodo albanese in Italia. sono stati otto mesi di 1 Gargoyles: protomi mostruose che sporgevano verso l’esterno e decoravano le facciate delle costruzioni medievali.

Il cinema è un mondo irreale da vivere, faccio riferimento ad una citazione di Nanni loi, diceva che “il lavoratore dello spettacolo è il più grande spiantato di tutti i tempi” perchè il cinema ti porta ad esagerare in tutto, spese, vivere, successo, fama e rapporto con gli altri, ma allo stesso tempo è carico di disperazione perchè sono poche le persone che riescono a mantenere la propria fama nel tempo, e quando giungono quei momenti più oscuri sono duri perchè c’è chi non ti riconosce. la cosa positiva

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L’INTERVISTA

CA ORTTT’A’ A RR T

è che si vive in un mondo che ti rende sempre giovane, alla moda. Con quale personaggio cinematorgrafico ti identifichi di più? Mi identifico molto nei personaggi della commedia all’italiana degli anni ‘60, come ad esempio “Poveri ma belli” per la regia di dino risi, un romano semplice di cuore e discretamente simpatico, come uno dei due protagonisti del film l’attore renato salvatori.

ricavato dalle vecchie travi dei casolari umbri...

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Via dell’artigianato - 06053 deruta (PG) tel. e Fax 0759 711719

quando L’arte inCorniCia L’arte

Un legno che “racconta antiche storie”

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Cornici decorate Legni pregiati

Quale è stato il suo ultimo lavoro? l’ultimo lavoro è stato per una produzione televisiva, “Provaci ancora Prof” con Veronica Pivetti, per la regia di rossella Izzo. l’ultimo per il cinema è per la regia di sorrentino, “Il divo” la storia del senatore a vita Giulio Andreotti dalla fine del suo settimo governo nell’aprile 1992, alla vigilia del processo di Palermo, quando era stato rinviato a giudizio per associazione mafiosa, con in mezzo la mancata conquista del Quirinale, la strage di Falcone e la malattia. Verrà presentato al prossimo Festival di cannes a maggio. Mi trovo ora all’interno del suo ristorante, e girandomi attorno noto che la creatività non si ferma solo al cinema ma va oltre, è così? diciamo che creativo si nasce, non so se per me dipenda dal segno zodiacale, cancro un segno molto creativo, penso a fare tante cose ogni giorno, dipingo su tela, su piatti, pentole e coperchi, la mia mente è sempre in movimento. Abbino questo alla cucina, un po’ perchè gli studi presso la scuola alberghiera mi hanno aiutato e un po’ perchè ci sono dei grandi chef con doti creative che potrebbero essere dei grandi scenografi. l’arte investe tutto ed in ogni campo si può fare arte, inoltre girare il mondo aiuta, incameri tutto ciò che ti attrae. Per me una città simbolo in questo è Napoli: la gente che vive in quel contesto è abituata a soffrire e a ragionare, e con quel che ha realizza grandi cose originali. Nella storia del cinema fino ad oggi, con quale regista ha sempre sognato di collaborare e perché? Mi sarebbe piaciuto tantissimo lavorare con il regista Emir Kusturica, nella scenografia dei suoi film noto sempre cose fuori dall’ordinario, perchè dà la possibilità di fare cose diverse e poi le mette in pratica, in Italia per esempio è difficile perchè devi combattere con quel budget con quei produttori ma sopratutto con il gusto del pubblico. da noi si dà molto più spazio a programmi televisivi che al grande schermo, la gente è più disposta a vedere la televisione invece che andare al cinema a vedere un prodotto migliore, infatti gli investimenti più redditizi, come nei telefilm americani “lost” “dott. House”, non corrispondono ai nostri investimenti di produzione; quindi il prodotto è più scadente. Il nostro è un paese piccolo ma le teste pensanti sono tutte qui, i più grandi scultori, architetti, inventori, medici che si sono distinti nel mondo sono italiani. Un esempio concreto è il film “Profumo di donna” del 1974, regia di dino risi con Vittorio de sica, riprodotto nel ‘92 in America con il nome di “scent of woman” con Al pacino.


MigRAZioni dell’ AniMA

corpo e anima

di luigi Tosti

FOTOGRAFIA

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I

Ho rapito Venezia

n quel gabbiano, fotografato a Venezia, c’è un po’ di me, perché nel suo dNA c’è anche il mio dNA, quello di sognatore, quell’istinto migratorio che mi porta in un continuo viaggio, in continua alternanza tra mondi esteriori e mondi interiori, in una mescolanza instancabile tra realtà e fantasia. Voli dell’anima, in modo che sia l’anima a guidare gli occhi e non il contrario. Voli instancabili, della stessa instancabilità dei sogni, mentre emozioni e suggestioni si rincorrono, anch’esse in volo, riempiendo di magia creativa la realtà, in un certo qual modo ricreata.

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ARTE SACRA

A R T ’A R T

ennio TeSei

e la ricerca dell’infinito testo di laura Dominici

A

volte mi domando se nel nostro Paese c’è ancora fermento artistico o se ci si è spenti, nel buio della quotidianità. se ha valore ancora l’osservazione della Bellezza, come esperienza di vita, o se conta oramai solo il raggiungimento distratto e un po’ opulento di quello che rappresenta lo stereotipo del benessere sociale, inteso come acquisizione di oggetti simbolo della propria affermazione economica. Mi domando a volte se c’è ancora chi vuole e sa comunicare al Mondo la meravigliosa bellezza della Vita, celebrata attraverso l’Arte, come strumento di comunicazione dell’energia divina che unisce gli uomini. Gli amici stranieri mi parlano dell’Italia e a volte mi accorgo di non conoscerla completamente; spesso è stata rappresentata dai suoi detrattori con stereotipi molto banali ma gli Italiani, nonostante ciò, fieri della grandezza di tanti loro connazionali vissuti prima di loro, camminano “a testa alta per il mondo”, consapevoli che il loro Paese ha dato i natali ai più grandi uomini di cultura e di scienza di tutti i tempi, però la domanda che mi pongo è : oggi, ai nostri giorni, tanta fierezza è ancora alimentata dal Valore e dall’onore del presente, o si nutre solo di ciò che resta del passato? e noi che viviamo oggi, abbiamo l’esigenza e la capacità di essere parte dell’infinito, il desiderio di capire noi stessi, di cercare l’immenso che c’è dentro di noi, o l’esperienza nel mondo si esaurisce e si riduce alla soddisfazione di esigenza materiali?

Apocalisse 12.7 - scultura in terracotta patinata a freddo

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la risposta non è semplice. sebbene l’Arte in Italia stia vivendo un momento di difficoltà in tutte le sue forme espressive, credo che nel nostro Paese ci siano ancora artisti di grande prestigio. Mi avvilisce solo che il valore di un’opera d’arte sembri svanire nella valutazione economica della firma di un Artista: anche l’Arte, purtroppo, spesso è dominata dalla logica del “marchio”. ciò che viene “sdoganato” dai mercanti d’arte diventa automaticamente di prestigio, ma ciò che più è grave, diventa “bello”. Ma non sempre. Ho avuto la fortuna e il privilegio di poter parlare con un’artista italiano che della bellezza dell’arte ha saputo rendere testimonianza in Italia e, soprattutto, all’estero, vincendo i circuiti commerciali, con l’Arte, quella vera. le opere di Ennio tesei, soprattutto sculture, ma anche vetrate, modelli per la monetazione ufficiale per lo stato del Vaticano, e ancora, disegni e dipinti, infatti sono un po’ in tutto il mondo: Paesi come la cina, Israele, Malta, UsA testimoniano, con collezioni e singoli soggetti, l’opera di uno dei più affermati artisti italiani viventi, cui è stato dato riconoscimento all’estero più di quanto non sia avvenuto in Patria. Ennio tesei, non cresce negli ambienti accademici. studia come molte persone “normali”, e poi inizia a lavorare in ufficio, in una società romana. Ma l’Arte lo prende al di là del quotidiano e lo porta a coltivare le sue passioni in modo autonomo e parallelo alla sua professione “ufficiale”. Poi avviene un episodio che segnerà il suo cammino. Negli anni ’60 Ennio tesei, allora già affermato pittore, ha incontrato lo scultore corrado ruffini che lo ha introdotto nel mondo della scultura, e nell’ambito di questa forma di espressione artistica ha trovato la propria definitiva “strada” nel campo dell’Arte sacra e liturgica. Numerosi sono stati i premi e riconoscimenti di questi anni, sia in Italia che all’estero. la III Biennale del bronzetto a ravenna, la “Mention pour la sculpture” al Gran Prix International d’Art contemporain di Monte carlo: le due opere premiate fanno parte delle collezioni esposte rispettivamente nel Museo del centro dantesco di ravenna e nel Museo d’ Arte contemporanea del Principato di Monaco; il Monumento a cristoforo colombo al columbus Park per l’ Italian – American Forum di lodi nel New Jersy. Non sono poi mancati i riconoscimenti del mondo accademico: chiamato a far parte della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e lettere dei Virtuosi, ricopre infatti la carica di rappresentante della classe degli scultori. Ennio tesei non è solo un artista, è prima di tutto


ARTE SACRA

...e allora maledisse l’arte sua... ovidio, Metamorfosi, libro VIII, Icaro scultura in terracotta patinata e bronzo

A R T ’A R T diversi e a volte in conflitto tra loro, diventa un’esigenza irrinunciabile. Il dialogo è una forma di relazione possibile, e l’Arte, forse, è il veicolo più efficace per la realizzazione di questo obiettivo. In questa idea di tesei, ha creduto anche l’UNEsco. E proprio l’UNEsco ha raccolto nel “real Monasterio” di santa Maria della Valldigna una collezione di opere scultoree di tesei, rappresentanti gli “Archetipi Mediterranei”. ogni opera rappresenta la visione di un mito attraverso la caratterizzazione di culture e tradizioni, domande e intuizioni, religione e mito pagano, che hanno forgiato la nostra storia culturale e attraversato il Mar Mediterraneo, accomunando in questa esperienza di ricerca dell’infinito i popoli che si sono combattuti, magari per assicurarsi il dominio di rotte commerciali, e che non si sono accorti che le domande che tormentavano le loro anime erano le stesse. che il bisogno di infinito, che non si disseta nel quotidiano, li ha spinti oltre il limite del compiersi biologico della vita e ha consegnato a tutta l’umanità, e in particolare al mondo mediterraneo, pensieri e sentimenti vicinissimi tra loro, che se osservati un minuto di più renderebbero davvero incomprensibile la conflittualità tra i popoli. Ecco la risposta. si c’è nel nostro Paese ancora capacità di guardare l’infinito, attraverso l’Arte di Uomini, persone come noi, vivi nella nostra società, presenti nella nostra cultura, tormentati dalle nostre stesse insoddisfazioni, ma capaci più di tanti altri di rincorrere la Bellezza, e di raggiungerla e consegnarla agli altri uomini, non come un marchio da conoscere e semmai acquistare, come si acquista un’automobile, ma come strumento per riflettere, come mezzo per andare oltre il quotidiano e ritrovare la parte divina che c’è nel nostro cuore.

...de’ remi facemmo ali al folle volo. dante, Inferno, canto XXVI, Ulisse scultura in terracotta ingobbiata e bronzo

un Uomo, e con lo spirito e la sensibilità di cui è capace ha promosso il “Progetto Nazareth”, in segno di solidarietà in favore della comunità arabo-cristiana di terra santa, e ha donato alla comunità cristiana di Haifa, una monumentale Natività, un “Presepe per la Pace”, realizzato in collaborazione con l’amico e collega Ernesto lamagna. secondo tesei, l’Arte può fare molto per le persone che la osservano, può permettere la comunicazione tra culture diverse. Vivendo in un Paese affacciato sul Mar Mediterraneo, questa comunicazione tra popoli vicini ma

...tutta la sfera varcano del fuoco e indi vanno al regno della luna... Ariosto, orlando Furioso, canto XXXIV, Astolfo sulla luna - scultura in terracotta ingobbiata, patinata e trattata con foglia d’oro

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SPECIALE

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pRiMA PARTE

DERUTA il poggio che domina la valle del Tevere

DERUTA

di teodora Ricciardi

a parte antica di deruta si trova appunto su di un poggio dentro un castello del quale ancora oggi sopravvivono alcuni tratti di mura; dell’antico borgo rimangono gli archi delle tre porte di accesso e le caratteristiche vie medioevali con le antiche fornaci. si entra al centro storico da Porta s. Michele Arcangelo e si incontra la piazzetta Biordo Michelotti nella quale si affacciano le sobrie linee romaniche-gotiche della chiesa di s. Michele Arcangelo, non più destinata al culto. di fronte è situata la fontana a pianta poligonale, realizzata dai quinquenviri del comune nel 1849, da qui si accede a Piazza dei consoli dove è ubicato il Palazzo Municipale del 1300, con portale e bifore. Nell’atrio sono raccolti reperti archeologici, neolitici ed etruschi, frammenti di epigrafi, sculture e capitelli. Il Palazzo ospita anche la Pinacoteca comunale con pregevoli dipinti di varie epoche: una tavola di Nicccolò Alunno, datata 1458, un gonfalone con s. Antonio Abate del medesimo autore, una Madonna con Bambino e santi della bottega di Pietro Vannucci detto Il PErUGINo, quadri dell’Amorosi, del reni, del Gaulli detto il Baciccio, del Graziani detto ciccio Napoletano; vi sono inoltre un messale miniato del trecento ed alcuni tovagliati

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dei XVI secolo. Una menzione particolare va ad un affresco raffigurante i santi rocco e romano con veduta della città (1476), in passato attribuito a Fiorenzo di lorenzo ed oggi

Palazzo Municipale del 1300

Una bottega di Arte ceramica

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SPECIALE

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DERUTA

considerato lavoro autografo del Perugino, proveniente dalla chiesa di s. Francesco. di fronte al Palazzo comunale c’è la chiesa di san Francesco dove, il 2 ottobre 1264, morì Papa Urbano IV, in stile gotico, consacrata nel 1388. di noto interesse, oltre all’interno, sono i campanili che, insieme alla torre civica, sovrastano la Piazza caratterizzandola anche da lontano; il campanile del XVI secolo è a bifore e l’interno, ad una navata con abside poligonale, contiene numerosi affreschi di scuola senese tra i quali vanno evidenziati il martirio di s.caterina di Alessandria (1339), protettrice

Il centro storico di deruta con i suoi palazzi affrescati nei quali si aprono le botteghe d’arte

dei ceramisti derutesi che ne celebrano la festa del 25 novembre, ed una Madonna con Bambino e santi di domenico Alfani. Attiguo alla chiesa c’è il convento di san Francesco, oggi sede del Museo regionale della ceramica ove sono raccolti bellissimi esemplari di antiche maioliche locali. Più avanti, nella vicina Piazza Benincasa, sorge la chiesa di s. Antonio Abate al cui interno è conservato un affresco che raffigura una Madonna della Misericordia con i santi Francesco e remardino, di Bartolomeo caporali mentre nel nicchione posto a contorno dell’altare maggiore, sono visibili 4 storie di s. Antonio affrescate da Bartolomeo e c.B. caporali ispiratisi ai motivi del signorelli nella cappella di s. Brizio situata all’interno del duomo di orvieto. sull’altare Maggiore fa bella mostra di sé una statua di s.Antonio, in ceramica policroma, del XV secolo. la città è famosa in tutto il mondo per l’arte di fare ceramica, arte che risale al Medioevo. I primi lavori commissionati sono del XIII secolo anche se il boom dei maestri derutesi si sviluppò nei primi del cinquecento. Alcuni nomi più famosi Giacomo Mancini (El Frate), Francesco Urbini, Gregorio caselli, Angelo Micheletti, Alpinol Magnini, david Zipirovic e Ubaldo Grazia. Ai vari maestri derutesi, grazie alla loro fama, furono affidati i lavori per l‘esecuzione dei pavimenti della cappella del Palazzo dei Priori e della sacrestia adiacente alla Basilica di san Pietro a Perugia nonché della cappella Baglioni a spello. Nel Museo civico di deruta è possibile ammirare i

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DERUTA pregevoli resti del pavimento della chiesa di san Francesco, pavimento che fu realizzato nel 1523-24. le ceramiche di deruta sono e sono state famose per le decorazioni realizzate su piatti, vasi e oggetti delle più svariate forme; le più originali e antiche sono conservate

SPECIALE

pRiMA PARTE nei più grandi musei del mondo. Una singolare documentazione e testimonianza della ceramica derutese è custodita nella chiesa della Madonna dei Bagni, due km a sud di deruta lungo la E-45, l’edificio a pianta centrale fu costruito nella seconda metà del seicento a ricordo di un evento miracoloso avvenuto nel 1657 (a proposito accanto alla chiesa c’è una gigantesca quercia che risale appunto al 1600) e da allora numerosi fedeli chiesero grazie alla Madonna dei Bagni donando, in segno della loro riconoscenza, mattonelle in maiolica di deruta che pian piano andarono a ricoprire tutte le pareti del santuario. la loro elevata quantità e il vasto arco cronologico che coprono (dal 1600 al 2006) testimoniano la storia del culto, dei costumi, delle tradizioni del luogo nonché le caratteristiche tecniche e tipologiche della maiolica derutese di quegli anni. dal 1961 opera a deruta l’Istituto statale d’arte per la ceramica che rappresenta un importante punto di riferimento per le circa 200 aziende operanti nel territorio. Infatti, grazie alla formazione di qualificati operatori nel campo della ceramica, questa scuola ha reso e rende possibile il rinnovamento nella continuità e nella sperimentazione. oggi l’alto livello della produzione artistica si può riscontrare visitando quello che può essere considerato a pieno titolo un”Museo vivente” che si snoda per le vie di deruta ed è costituito da botteghe, sale di esposizione, laboratori e fabbriche presso i quali è possibile assistere alle varie fasi della lavorazione.

chiesa di san Francesco: consacrata nel 1388, il 2 ottobre 1264 vi morì Papa Urbano IV

chiesa di san Francesco: interno ad una navata con abside poligonale

Il centro storico

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La seconda parte dello speciale su Deruta sarà pubblicata nel prossimo numero

DERUTA

l’istituto d’Arte di Anna rita Mereu

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’Istituto statale d’Arte “Alpinolo Magnini” di deruta, ubicato nel centro storico della città, ha preso il via nel 1961 con la prima sezione dell’Arte della ceramica, successivamente nell’anno scolastico 1972/73, viene istituita la seconda sezione: l’Arte della Grafica Pubblicitaria e della Fotografia. Altra importante istituzione, nell’anno scolastico 1984/85, è il laboratorio dell’Arte del restauro della ceramica. l’Istituto oggi, ha attivi due corsi, uno di ordinamento e uno sperimentale. Il corso di ordinamento è strutturato in un triennio che rilascia il diploma di maestro d’arte e in un biennio superiore. Il corso sperimentale “Michelangelo 1” per la sezione grafica e il “Michelangelo 2” per Arte e restauro della ceramica, prevedono un biennio iniziale e un successivo triennio specializzante. Al termine del quinquennio, sia nel corso di ordinamento che nel corso sperimentale, superato l’esame di stato, si consegue il diploma d’arte applicata che dà accesso a tutte le facoltà universitarie. l’Istituto, dal 1997 è intitolato ad Alpinolo Magnini, illustre personalità della storia della maiolica derutese, a cui si deve il rinnovato impulso alla ripresa dell’attività ceramica nel primo Novecento. l’attività didattica dell’Istituto è volta ad una formazione che si fonda sull’interazione tra cultura umanistico-artistica, tecnico-progettuale-operativa e comunicativa ed è l’unica nel suo genere per quanto riguarda la ceramica, presente nella regione dell’Umbria, che si occupa del restauro ceramico. In un momento i cui la cultura contemporanea e le altre forme della comunicazione sono caratterizzate dalla coinvolgente incidenza della componente visiva e virtuale, risulta decisivo fornire una preparazione che si caratterizza per lo stretto legame tra ambiti diversi quali quello della tradizione artisticoespressiva, quello dei saperi che afferiscono alla percezione, alla comunicazione e alla multimedialità. Nelle due sezioni

Interno, alcuni lavori degli alunni

Ingresso

presenti dove il termine “arte” vuole significare cultura del “fare”indissolubilmente legata al “sapere” e pone come fondamento del suo operare il superamento della divisione tra attività teorica e attività pratica, tra momento creativo e momento esecutivo. obiettivo è quello di formare giovani studenti capaci di operare sia nel mondo della ceramica che in quello della grafica pubblicitaria e della fotografia, nei quali la capacità inventiva, progettuale e la duttilità derivino da una formazione culturale ricca, approfondita, organizzata da importanti riferimenti all’area culturale umanistica e scientifica, ai saperi storico-artistici, nonché ai saperi che afferiscono alla percezione e alla grammatica del vedere, sostenuta da conoscenze non settoriali, ma professionalizzanti. le caratteristiche didattiche e formative delle discipline permettono all’allievo dell’IsA “Magnini” di vivere concretamente e consapevolmente l’esperienza che unisce il “sapere” al “fare”, nei momenti che vanno dall’ideazione alla progettazione fino alla realizzazione e valutazione critica del prodotto. Il diplomato dell’IsA “A. Magnini” può spendere le sue conoscenze e le sue capacità nei diversi settori che operano nel ricco e diversificato mondo dell’arte della ceramica e dell’arte della grafica pubblicitaria e della fotografia. l’Istituto svolge la sua azione formativa nel contesto territoriale di deruta, città storica e ricca di valori culturali tradizionali. la scuola ha numerosi contatti con le realtà produttive del territorio, attraverso l’attuazione di stage nelle aziende ceramiche e grafiche e si è fatta promotrice di importanti iniziative, manifestazioni, mostre e concorsi, incontri con esperti, che hanno messo in luce le sue caratteristiche culturali e professionali. sono numerose le associazioni e gli enti che intrattengono con la scuola rapporti di collaborazione, scambio di esperienze e di cultura professionale.

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ARTI APPLICATE

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Progettazione ed esecuzione di un

VASSoio in VeTRoFuSione di carla Musumeci e Fiorella Saleri

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Per vetrofusione si intende la trasformazione del vetro piano, per mezzo del calore generato da un apposito forno, in un oggetto piegato in stampi di varie foggie sovrapponendo vetri di vari colori e forme. Per attuare questo progetto occorre (foto 1): ∙ vetro – ce ne sono di vari tipi e colori, murano barocco, cattedrale ecc. ∙ taglierina per incidere il vetro ∙ squadra per accompagnare il taglio del vetro e pinze apposite per aprire le incisioni fatte. ∙ mola per limare le eventuali schegge e rifinire la lastra ∙ stampi per vetrofusione ∙ polvere distaccante o fibra ceramica per evitare che il vetro si attacchi alla forma. ∙ forno per il vetro o forno per la ceramica che abbia il programma per la vetrofusione, in alternativa si possono portare i pezzi lavorati presso laboratori che cuociono per conto terzi.

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Esecuzione progetto: vassoio quadrato cm14x14 in vetro di murano . 1 - Prendere la lastra e posizionarla su un tavolo avendo cura di mettere sotto fogli di giornali o di cartone pressato (foto 2). 2 - riportare le misure dello stampo diminuendo di un cm. per lato sulla lastra e iniziare ad incidere in senso verticale, dall’alto verso il basso dall’inizio alla fine della lastra per evitare fratture trasversali del vetro. rigirare il vetro per incidere sempre in verticale l’altro lato .Foto3 si deve cercare di incidere il vetro sempre con la stessa pressione adoperando il taglierino in posizione quasi verticale, altrimenti si rischia di non incidere il vetro sufficientemente. 3 - Per staccare le parti incise bisogna alzare la lastra e da sotto dare dei piccoli colpetti lungo tutta la linea di incisione con il terminale metallico del taglierino, facendo attenzione nel sostenere la lastra (foto 3 e 4) e usando le apposite pinze per dividere il vetro (foto 5). 4 - una volta ottenuto il quadrato 14x14 passare il vetro alla mola per limare i lati da eventuali sporgenze o schegge (foto 6). 5 - posizionare la lastra sullo stampo e verificare che sia di un cm. più piccola per evitare che il vetro, una volta fuso fuoriesca dai bordi dello stampo (foto 7). 6 - Adesso si può dare inizio alla creatività e fantasia personale, in questo caso realizzeremo un pezzo geometrico semplice . tenere sempre presente di non unire vetri non compatibili (per compatibilità si intende che due vetri devono avere sempre lo stesso coefficiente di dilatazione per esempio usare murano con murano o cattedrale con cattedrale ecc.ecc.) altrimenti si rompono (foto 8). 7 - Abbiamo tagliato quattro triangoli di colori differenti, quattro triangolini di colore rosso (il rosso di murano prima della cottura è giallo, dopo diventa rosso) e un quadrato giallo (foto 9).

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ARTI APPLICATE

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8 - li abbiamo posizionati sulla lastra secondo la nostra fantasia poggiandoli (foto 10). 9 - Per essere sicuri che durante il trasporto non si spostino si può usare una colla speciale per il vetro che con la cottura sparisce e non lascia aloni. Andiamo a posizionare il nostro pezzo nel forno, chiudere il coperchio e impostare i tempi di cottura (foto 11). tabella di cottura 1 - tempo di preriscaldamento:portare la temperatura fino a 500° in circa 90 minuti. se il pezzo è elaborato è meglio aumentare il tempo di preriscaldamento, quindi far salire la temperatura a 500° in 120 minuti. 2 - temperatura di fusione: impostare la temperatura massima, circa 750° il più velocemente possibile, a questa temperatura si ottiene un effetto rilievo. 3 - Mantenimento di tempera: mantenere la temperatura a 530° per 90 minuti. 4 - raffreddamento controllato di tempera: fare scendere la temperatura fino a 380° in circa 240 minuti. 5 - Aprire il forno solo quando la temperatura è scesa sotto i 60° e ammirate il vostro lavoro (foto 12). Adesso siete in grado di progettare seguendo la vostra fantasia, buon divertimento!!!! se avete qualche difficoltà potete mandare un e-mail a: fleur@quipo.it

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ARCHEOLOGIA

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dei TeMpli ad Agrigento testo di Marta Guercio

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a valle dei templi di Agrigento è un luogo magico, spirituale, dove l’armonia dell’architettura e la bellezza struggente della natura selvaggia trionfano e commuovono lo spettatore. Il connubio tra l’opera dell’uomo e la natura solare appare indissolubile ed eterno. la città antica giace in un declivio naturale che giunge fino al mare, distante tre miglia, e i due fiumi, che corrono a levante e ponente di questa valle, sono l’Akragas, oggi san Biagio e l’Hipsas, oggi drago. la pianta della città aveva la forma di un anfiteatro naturale fortificato, fiancheggiato da due colli, quello dei Girgenti e quello della rupe Atenea. le alture naturali, con le gole ed i fossati formavano le difese della città. Akragas venne fondata intorno al 582 a.c. dai coloni della vicina Gela e dell’isola di rodi da cui provenivano e solo due secoli di vita trascorsero prima della sua distruzione, per opera dei cartaginesi intorno al 406 a.c.; successivamente, fino al tardo periodo imperiale, condusse un’esistenza difficile. Nonostante la sua breve vita, lo sviluppo grandioso e l’ansia costruttiva che accompagnarono la città tra il VI e il V secolo riuscirono a lasciare un’impronta inconfondibile di una delle più grandi manifestazioni dell’architettura dorica. A quindici anni dalla fondazione un bisogno irrefrenabile spinse gli abitanti ad affidare la costruzione di un tempio dedicato a Zeus sull’Acropoli ad un uomo privo di scrupoli Falaride che poi, durante le feste della tesmoforie, con i suoi operai, occupò la città ed impose la sua tirrania sugli inconsapevoli cittadini. l’esperienza fu vana, infatti nel 488 a.c. terone, a cui era stata affidata la costruzione di un tempio di Atena

tempio dei dioscuri: resti del crepidoma e della trabeazione sorretta da alcune colonne

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Foto di rolando Roberti

sull’Acropoli, divenne il nuovo tiranno della città. dopo la vittoria di terone e Gelone di siracusa ad Imera nel 480 a.c. sui cartaginesi, la città raggiunse la massima potenza. In questo periodo s’iniziò la costruzione del più grande tempio della Magna Grecia per Zeus olimpo e contemporaneamente l’edificazione di altri cinque templi che si appoggiavano alle mura cittadine a distanza notevole l’uno dall’altro e che un tempo, con la loro patina di stucco bianco, costituivano una grandiosa corona alla città. durante il periodo della democrazia, tra il 471 e il 406 a.c., si affermò la figura di Empedocle cui si deve una ripresa dell’attività edilizia con la costruzione della maggior parte dei templi agrigentini. la disposizione dei templi è unica nel mondo greco, probabilmente deriva dalla volontà di porre le varie parti delle mura sotto la protezione di diverse divinità. dopo la distruzione cartaginese, Agrigento riuscì a risorgere con timoleonte da corinto nel 340 a.c.; fu poi conquistata dai romani nel 262, ripresa dai cartaginesi e definitivamente sottomessa dai romani nel 210 a.c. che la chiamarono Agrigentum. la decadenza dell’Impero romano e l’avvento del cristianesimo portarono ad uno spopolamento dei quartieri e dell’area sacra nella valle, mentre i pochi abitanti rimasti si arroccarono sulla rupe conquistata dagli Arabi

Veduta del tempio di Eracle


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l vaso che abbiamo modellato nella precedente lezione è pronto, è stato cotto ed ora ha il caratteristico colore rosso della terracotta. Per dipingervi sopra e far rimanere chiari e luminosi i colori dobbiamo farlo smaltare. 1. Per il disegno occorre un decoro semplice e carino da trasferire su di un foglio di carta lucida, una matita ed un carboncino per ceramica. Per dipingere occorre un pennello morbido da soprasmalto, gli ossidi dei colori che desideriamo, un torniello per far ruotare il vaso durante l’esecuzione. 2. Il vaso viene immerso con la pinza nella vasca dello smalto bianco, dopo che quest’ultimo è stato accuratamente mescolato per renderlo omogeneo e della giusta densità. 3. Il vaso viene estratto dalla vasca; bisognerà eliminare con una spugna lo smalto nel fondo del vaso, solo quello sul margine che appoggia, perché il calore della cottura fonderà lo smalto attaccandolo alla piastra del forno. 4. Per questa prima esperienza sarà bene fare la scelta di un disegno semplice da riprodurre sul vaso. 5. con una matita ricalchiamo il disegno scelto su di un foglio di carta lucida. 6. rovesciamo ora il foglio sul quale abbiamo ricalcato il disegno e ripassiamo sul lato posteriore le linee della matita con un carboncino per ceramica. stiamo preparando il cosiddetto “spolvero” che ci consentirà di trasferire il disegno sul vaso smaltato. 7. Il nostro spolvero è pronto, ora lo trasferiremo sul vaso appoggiandolo delicatamente ed avendo cura che il carboncino sia a contatto con lo smalto. 8. stando attenti a non intaccare lo smalto con il pollice spingiamo delicatamente sui contorni del disegno per trasferire la polvere del carboncino sulla superficie. 9. Ecco il disegno trasferito dallo spolvero al vaso. 10. I colori, i pennelli e la tavolozza. 11. I colori sono degli ossidi da soprasmalto che dovremo

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allungare con acqua e poi applicare sul disegno. Bisogna far attenzione che il colore sia ben diluito; in cottura gli ossidi fonderanno con lo smalto creando un effetto particolarmente lucido e brillante 12. Per dipingere comodamente il vaso lo porremo sul torniello; la fascia sui bordi superiore ed inferiore la faremo appoggiando il pennello sulla superficie da colorare, ruotando lentamente il torniello ruoterà anche il vaso ed il pennello, rimanendo fermo, traccerà una fascia regolare. ora il vaso è finito e lo faremo cuocere per fissare i colori e lo smalto. 13. Ecco il nostro vaso cotto. come si può notare i colori sono luminosi e brillanti, la superficie è omogenea perché le eventuali imperfezioni nella smaltatura sono scomparse durante la cottura.

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Si ringrazia

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Idearte

Idearte Progettazione d’interni, vendita di prodotti finiti e semilavorati Materiali: argilla, colori, pennelli, mirette ed altro cotture per conto terzi Corsi di modellazione e decorazione Via costanzo casana, 259 roma (ostia lido) tel. 065616786 22


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MoSAico

A R T ’A R T di Annelise Sambati

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opo avervi dato qualche cenno di storia del mosaico e parlato dei materiali e delle attrezzature finalmente iniziamo con questa scheda la realizzazione del primo lavoro. Per questo pezzo utilizzeremo il metodo indiretto, lavorando il mosaico a rovescio ovvero al negativo. dovete innanzitutto procurarvi, se non lo avete già fatto, gli attrezzi di cui vi avevo parlato: tenaglie giapponesi, pinzette da tipografo, martello e tenaglie. Forse per il primo lavoro non è il caso di affrontare subito la spesa della martellina e tagliolo che sarà opportuno comprare più in la, quando avrete assunto più familiarità nel maneggiare il marmo. Inoltre dovete procurarvi i seguenti materiali: •Tavola di compensato delle dimensioni adatte al lavoro che volete eseguire •foglio di plastica leggero •listelli di legno •scotch di carta •puntine da disegno •chiodi •vinavil •un pennello •cemento •retina in fibra di vetro •spugna materiali reperibili nei negozi per belle arti: •tessere di marmo dei colori: nero assoluto e travertino romano •velatino •colla idrosolubile (colla di pesce, ma può andar bene anche la colla da parati) •polvere di marmo Per l’esecuzione di un mosaico, il mosaicista deve partire da un disegno o da un dipinto chiamato “cartone”, per il nostro primo lavoro ho scelto un disegno geometrico molto semplice e di piccole dimensioni (cm 25 ca.) come potete vedere dalla foto n. 1, ma se volete potete farlo anche più grande. Eseguito il disegno dovete disporlo sulla tavola ben steso e fissarlo con lo scotch di carta (foto n. 2), poi mettete sul disegno il foglio di plastica facendo attenzione a non formare pieghe e fissatelo con le puntine da disegno. sopra mettete il velatino fissando anche questo con le puntine da disegno (foto n. 3). la preparazione è molto importante che sia fatta bene senza creare pieghe altrimenti quando andrete a girare il mosaico il piano non sarà perfetto. Questo procedimento vi permetterà di vedere il disegno nitidamente durante le fasi di lavorazione. A questo punto preparare la cantinella fissando con i chiodi i listelli in corrispondenza delle righe della squadratura (foto n. 4). Preparare la colla di pesce mettendo un pizzico di colla in un barattolo di vetro riempito per metà di acqua e utilizzate una pentola per scioglierla a bagno maria. Per verificare la giusta consistenza della colla, mettetene una goccia

I materiali

con l’aiuto del pennello sul pollice e, strofinando l’indice e il pollice aspettare qualche secondo, se tendono ad attaccarsi vuol dire che è di giusta densità. ora potete iniziate il lavoro più difficile, il taglio delle tessere. con le tenaglie, utilizzate come potete vedete dalla foto n. 5, iniziate a ritagliarvi le tessere che, in questo caso, saranno per lo più quadrate ma ci possono essere casi in cui dovrete cercare di smussare gli angoli, dando la forma necessaria per seguire il disegno. Non abbiate fretta, spesso si impiega molto tempo per adattare una tessera al disegno, dovete però avere cura di scegliere il lato che andrete a fissare, il più possibile liscio. Iniziate il lavoro partendo dalla tessera bianca al centro del disegno, continuate l’applicazione delle tessere intingendo

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A R T ’A R T il pennello nella colla e mettendone un velo sul lato della tessera che dovrà poggiare sul velatino avendo cura di tenerla ben ferma con le pinzette. Proseguite il lavoro applicando le tessere in nero assoluto del disegno e inserendo le piccole tessere all’interno degli incroci (foto n. 6). Finito il lavoro con il nero iniziate con le tessere bianche completando prima l’interno del nodo e poi seguite il bordo formando tre giri intorno al disegno, come fosse una cornice, poi iniziate a riempire i quattro triangoli che si saranno formati. Arrivati ai bordi si saranno formati tutt’intorno dei vuoti a forma di piccoli triangoli che dovrete con molta pazienza riempire ritagliando dei piccoli triangoli con l’aiuto delle tenaglie. sicuramente non sarà facile ma con un po’ di pazienza ci riuscirete. A questo punto il disegno sarà completo e si potrà procedere a riempire con la malta il mosaico(foto n. 7). la malta può essere preparata unendo al cemento sabbia di fiume setacciata oppure polvere di marmo diluendola con una soluzione di acqua e vinavil (1/5 di vinavil e 4/5 di acqua). In questo caso essendo il fondo del mosaico in travertino romano ho preferito preparare una malta molto chiara unendo la polvere di marmo al cemento. Procedete a preparare una prima parte di malta abbastanza liquida in maniera che penetri bene tra le tessere, mescolando una parte di cemento una di polvere di marmo diluita con la soluzione di acqua e vinavil. Versatela tutta la superficie del mosaico fino a coprire il mosaico ma in maniera da intravedere le tessere e, con l’aiuto di un martello battete sui bordi della cantinella per far uscire eventuali bolle d’aria. A questo punto appoggiate sulle tessere la retina in fibra di vetro (foto n. 8) e preparate con lo stesso procedimento, ma questa volta più densa, la malta necessaria per coprire tutto il mosaico. Non eccedete con le quantità viste le dimensioni del lavoro (foto n. 9). livellate la cantinella scuotendola un poco per far assestare la malta e farla arrivare anche agli angoli, e lasciate asciugare per alcuni giorni. Il tempo di asciugatura della malta varia in funzione delle dimensioni del mosaico, della temperatura e dell’umidità dell’ambiente in cui lo facciamo asciugare, possono bastare tre o quattro giorni ma potrebbero servirne anche dieci. trascorso questo tempo, iniziate a smontare la cantinella facendo leva sotto le asticelle per liberare il mosaico. togliere le puntine da disegno che fermano il velatino, poggiate sul mosaico un’altra tavola e rovesciate il pezzo facendo molta attenzione, praticamente come quando girare una frittata. sfilate la tavola su cui avete lavorato e, a questo punto, dovreste vedere sotto il velatino il vostro mosaico. Aiutandovi con una spugna inzuppata di acqua calda bagnate il velatino e con molta cautela staccatelo (foto n. 10), ora potete iniziare ad ammirare il vostro capolavoro, ma c’è ancora del lavoro da fare. con l’aiuto di una spugna tamponate il mosaico per togliere l’eccesso di malta e, una volta pulito, controllare la superficie per vedere se sono rimasti dei buchini tra le tessere, se si preparate una piccola quantità di malta semiliquida che passerete sul mosaico per colmare i vuoti.

MoSAico Attendere pochi minuti per permettere alla malta di tirare e poi iniziate a pulire perfettamente il mosaico dagli eccessi di malta. se sulle tessere è rimasta molta malta , potete usare una spazzola e acqua calda, se il risultato non è soddisfacente potete usare una soluzione di acqua e acido muriatico da passare con un pennello e togliere tamponando con una spugna. Quando la superficie del mosaico si sarà asciugata si può procedere a lucidare il mosaico con della cera d’api oppure troverete nelle ferramenta una vasta scelta di prodotti per lucidare il marmo. Il nostro mosaico è pronto per essere inserito in un pavimento o come base per un piccolo tavolo (foto n. 11).

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ARCHEOLOGIA

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e chiamata Girgent. Il periodo di conquista normanno, a partire dal 1086, portò nei secoli XIII e XIV all’edificazione di numerose chiese e conventi e dell’imponente cinta muraria turrita. Il punto di partenza del nostro itinerario alla scoperta di Akragas inizia dalla chiesa di san Nicola. Naturalmente per la brevità dell’articolo solo alcune delle opere verranno trattate. la chiesa di San Nicola domina dalla sua posizione la vista sui maestosi templi dorici. la facciata, espressione dell’architettura gotico-cistercense, è inquadrata da due ante che proteggono il portale a sesto acuto, alla semplicità della facciata corrisponde un interno ermeticamente chiuso nel suo involucro di tufo. la navata è unica, sormontata da una volta ad ogiva, sul lato destro sono presenti quattro cappelle laterali che offrivano un momento di preghiera ai monaci cistercensi ed una di queste custodisce il sarcofago evocante il mito di Fedra ed Ippolito1, definito dal Goethe ”Uno dei più leggiadri esempi dell’arte greca”. le pareti laterali sono articolate da otto arcate cieche sui lati lunghi e cinque sul lato corto, le quali ospitano affreschi cinquecenteschi del pittore Innocenzo

rovine dell’olimpeyon o tempio di Zeus olimpio

dorica formano il prospetto orientale. durante il periodo normanno venne trasformato e all’interno venne posizionata una volta a crociera. Entrando all’interno della valle dei templi incontriamo il primo dei grandi templi peripteri4 di Akragas, il tempio A, il cosiddetto Tempio di Eracle, eroe della sicilia e di Agrigento, posto su un’altura quasi al centro del pendio che circonda la città verso sud. l’architetto che iniziò la sua costruzione, intorno, al 500 a.c., dovette confrontarsi con i precedenti peripteri di siracusa e selinunte che cercò di superare sia in grandezza, che per chiarezza e definizione della pianta. Il periptero è di 6x15 colonne, con il naos, la cella, dotata simmetricamente e canonicamente di pronao e opistodomo5 con due colonne fra le ante.

Mascarella. l’edificio fu costruito durante il XII secolo, nel 1219 fu donato ai cistercensi di santa Maria di Adriano dal vescovo Ugone. All’interno della chiesa si venera un crocefisso ligneo, nominato ”signore della Nave”, la cui festa ricorre il 1 settembre. Accanto alla chiesa si possono ammirare i resti dell’ekklesia del IV scolo a.c., l’area delle assemblee cittadine, dove l’orchestra, la parte circolare piatta, era il luogo dei discorsi degli oratori e, al centro, l’altare era destinato ai sacrifici celebrati prima dell’inizio di ogni riunione. A poca distanza dalla chiesa troviamo l’oratorio di Falaride2, la sua denominazione trova le ragioni in una leggenda che riconosceva in quest’area il sito del Palazzo di Falaride. In realtà questo edificio del II secolo a.c., è un tempio ellenistico in antis3, in cui le quattro colonne ioniche e la trabeazione

si è parlato per questo tempio di uno “stile di transizione” tra gli elementi arcaici occidentali e gli elementi preclassici del Peloponneso. la cella (11,85x29,64; 36x90 piedi; proporzioni 2:5 ), ancora di forma arcaica allungata, rappresenta il nucleo attorno al quale si sviluppa tutto lo schema. Il rapporto tra lunghezza e altezza dello stilobate6 (m25,28x67,04) è vicino alla proporzione di 3:8, così il numero delle colonne rispecchia il prevalere della lunghezza. I due atri frontali sono ampliati fino alla misura di due interassi7, secondo l’uso siciliano, mentre manca la corrispondenza tra il prolungamento delle ante e le corrispondenti colonne della peristasi. tale corrispondenza, invece, si ritrova negli atri laterali dove le pareti della cella corrispondono alla seconda e alla quinta colonna della facciata. le esili colonne sono divise con una gola dal capitello8 il cui echino, con una ripida curva elastica ,si oppone al peso della trabeazione. la cella di m 11,83 non presentava un colonnato interno, nel

1 Fedra, figlia di Pasifae e di Minosse, sorella di Arianna e deucalione, sposò teseo re di Atene, ma si innamorò poi del figliastro Ippolito e, da lui respinta, lo calugnò presso il padre che lo maledisse chiedendo a Poseidone di vendicarlo. Il dio fece morire Ippolito. Fedra, quando l’innocenza del giovane fu riconosciuta, per il rimorso si suicidò. 2 Falaride, VI sec. a.c., tiranno di Agrigento e generale dei Greci di sicilia nella guerra contro cartaginesi. Famoso per la sua crudeltà aveva fatto fabbricare un toro di bronzo nel quale rinchiudeva la vittima e poi lo faceva arroventare. Fu ucciso da una sollevazione del suo popolo. 3 In antis: le colonne sono poste sul fronte anteriore

4 Periptero: tempio con colonne su tutti e quattro i lati 5 Pronao: termine che indica lo spazio antistante la cella; opistodomo: termine che indica lo spazio collocato in posizione simmetrica rispetto al pronao, quasi come se fosse un pronao posteriore. 6 stilobate: zoccolo rettangolare in pietra sul quale poggia il colonnato. 7 Interasse: distanza fra i due baricentri delle colonne. 8 capitello: elemento architettonico che raccorda il fusto della colonna con la struttura superiore dell’architrave. È costituito generalmente da una parte inferiore di raccordo, l’echino, e di una parte superire di forma semplificata, l’abaco.

Veduta del tempio di Giunone

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ARCHEOLOGIA

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dalle colonne, furono posizionati i possenti atlanti nudi che si opponevano con tutta la loro forza a contrastare la pesante trabeazione12. Viene in questo modo elaborato il primo esempio di facciata cieca nella storia della Magna Grecia. Gli ingressi al tempio erano posizionati tra i due intercolumni orientali e tra la settima e l’ottava colonna del lato meridionale. I pilastri erano alti 21 m. e larghi 3,53, sormontati da capitelli dorici, e all’interno dividevano lo spazio in tre navate. secondo alcune ipotesi la navata centrale era occupata dalla cella vera e propria, mentre le due laterali rappresentavano la peristasi. si è cercato di spiegare il motivo compositivo architettonico di questa grande sala a pilastri con un tipo di edificio fenicio-cartaginese, che viene assimilato dal periptero greco quasi per ricordare e celebrare la vittoria della Grecia su cartagine e, contemporaneamente, di Zeus su Moloch. Un altro simbolismo espressivo ipotizzato è quello che gli stessi atlanti rappresentino il nemico vinto. I rilievi frontali dovevano raggiungere un’altezza di ben 6 m. e celebravano il trionfo della vittoria greca: nel frontone occidentale gli dei dell’olimpo vincevano sui giganti, in quello occidentale i greci conquistavano troia, simbolo di cartagine. In realtà questa grandiosa e incomparabile opera dell’uomo, non fu mai completata interamente, infatti sembra che mancasse il tetto. Nel momento in cui la città fu espugnata, per la seconda volta, dai cartaginesi, i cittadini si rifugiarono all’interno di questo tempio, il simbolo della loro passata vittoria Atlante del tempio di Zeus

periodo romano furono inseriti al suo interno, nella parte posteriore, tre piccoli vani, di cui quello centrale era utilizzato come aedicula per l’immagine sacra. A metà strada tra il santuario delle divinità ctonie e il tempio d’Eracle si estendono, al di sopra di un’altura, le sconfinate rovine del tempio di Zeus Olimpio, che terone fece innalzare per celebrare la vittoria su cartagine nel 480 a.c.. l’immagine della grandezza delle sue proporzioni è ben descritta dal Goethe nel 1787”…posso dare un’idea della scanalatura della colonna dicendo che, stando in piedi e appoggiandovi le spalle, io occupavo tutta la scanalatura che si risolveva in una piccola nicchia. Ventidue uomini posti in cerchio uno accanto all’altro potrebbero forse formare il perimetro di tale colonna…” Il rettangolo di base della pianta è di 56,30 x 112,45 m. (rapporto 1:2) con una peristasi9 di 7 x 14 colonne ed un crepidoma10 di 5 scalini. l’interasse di 8 m. permise alle colonne di raggiungere i 4,5 m. nella parte del diametro inferiore e la ragguardevole altezza di 18,20 m., circa 4,5 volte lo stesso diametro. Non si può parlare di colonne, ma di semicolonne, che poggiavano su una parete che correva tutt’intorno all’edificio, e a cui corrispondeva un pilastro interno. ogni semicolonna, fino al capitello, era formata da grosse lastre di pietra squadrate. Per rendere maggiormente l’effetto degli intercolumni11 aperti, venne creata una forte rientranza nel muro, coperta da un profilo aggettante e su queste rientranze, fiancheggiati 9 Peristasi: Porticato colonnato che circonda il naos. 10 crepidoma: gradinata di accesso al tempio. 11 Intercolumnio: distanza fra due colonne.

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l’altro tempio di cui ci occupiamo è quello di Giunone Lacinia collocato sul rialzo orientale dell’anello roccioso che circonda la città verso sud. Questo periptero viene eretto nel 450 a.c., in pieno periodo classicista, infatti, le misure del suo stilobate di m.16,91x38,10, rispecchiano quelle dei templi della Madrepatria. la potenza espressiva non deriva dalle sue proporzioni, ma dalla chiarezza e dal raccordo 12 la trabeazione:comprende gli elementi orizzontali che poggiano sopra le colonne. È costituita da architrave, fregio e cornice.

Pianta dell’olimpeyon

Pianta del tempio di Eracle


ARCHEOLOGIA

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commisurato di tutte le sue parti. la scelta della sua collocazione, all’interno della città, esprime una volontà ben precisa da parte dell’architetto di renderlo visibile a distanza. oggi i resti ocra della pietra conchiglifera del tempio tendono a confondersi con il pendio roccioso da cui sorgono, rappresentando un’immagine organica, unica, fra architettura e natura. di fronte alla parte orientale del tempio si trova un altare ben conservato che con la sua larghezza supera quella del tempio, da entrambi i lati di 5 m. Questo tipo di altare si ritrova davanti a tutti i templi di Akragas. Il tempio di Giunone, con le sue 6x13 colonne,riprende il rapporto della Madrepatria, così come l’alzato con i capitelli ed il fregio intagliato con estrema maestria in cui il rapporto tra triglifi e tempio della concordia metope13 è di 2:3. Mancano il geison e la sima14 ed il tetto era coperto ai margini da tegole di marmo. Nella pianta le ante del pronao e dell’opistodomo corrispondono al centro del secondo intercolunnio dei fianchi, i due atri frontali sono profondi un interasse e mezzo, le pareti laterali corrispondono alla seconda e alla quinta delle colonne frontali. In questo modo la grandezza del naos è stabilita in 3x9 interassi della peristasi. due scalette a chiocciola fiancheggiavano l’ingresso e conducevano al sottotetto ed una scalinata di quattro gradoni, posta in fondo alla cella, era il luogo destinato alla statua della 13 triglifi e Metope: sono elementi decorativi dorici del fregio. Nello stile dorico, infatti, il fregio era composto da questi due elementi che venivano posti uno accanto all’altro per coprire le teste dei travi del tetto, i triglifi, e lo spazio che intercorreva fra un trave e l’altro, le metope. 14 Geison e sima: cornicioni superiori.

Pianta del tempio della concordia

divinità. Pochi anni più tardi, a circa 700 metri, ad ovest del tempio di Giunone lacinia, viene costruito, su un’altra collinetta più bassa, un tempio gemello, quello della Concordia. Questo tempio, famosissimo, non è soltanto il meglio conservato della città, ma è uno dei tre templi più completi del mondo greco insieme al theseion e al tempio di Poseidone a Paestum. I due frontoni si allargano, ancora oggi, con il loro geison sopra le facciate, le pareti della cella sono completamente conservate con il loro fregio a triglifi al di sopra del pronao. E’ lento, ma continuo il deterioramento del calcare conchiglifero che provoca una progressiva cancellazione dei dettagli, per proteggerlo, lo stesso san Gregorio dei Girgenti cercò di salvare il tempio, trasformandolo in chiesa nell’anno 597. Il biografo del vescovo, il monaco leonzio, racconta la trasformazione del tempio nella chiesa dei santi Apostoli Pietro e Paolo in cui le pareti longitudinali della cella furono aperte in arcate e la parete occidentale abbattuta. sono molte le analogie costruttive che legano questo tempio con quello di Giunone: lo stesso numero di colonne 6x13; la medesima scalinata di 10 gradini di fronte alla facciata e le due scalette celate ai lati della porta della cella nella robusta parete e conservate fino all’altezza del tetto. le differenze minime, ma sostanziali fra i due edifici si trovano nel mutamento dei dettagli e nelle proporzioni. le dimensioni sono rese , qui, con perfetta esattezza grazie al taglio accurato delle pietre ed un’evoluzione delle tecniche costruttive. Il problema dell’unione, nel tempio di Giunone lacinia, tra l’interasse unitario e lo stilobate è risolto. lo stilobate è nelle proporzioni di 3:7 e la differenza tra gli interassi della facciata e quelli dei fianchi è inavvertibile. Per rendere i triglifi in asse con le colonne, l’interasse angolare venne contratto di circa 30cm. Il tempio della concordia, fonte ispiratrice di stupore e meditazione, fu l’ultimo periptero dorico della Magna Grecia.

Pianta del tempio di Giunone

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ARTI APPLICATE

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nascita di un

SoldATino di Fiammetta Fiorentini

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ggi la mia attenzione va alla scultura a tutto tondo, a come nasce una statua, ma dalle dimensioni molto ridotte, soltanto 54 mm. È la scultura che dagli appassionati e dai collezionisti viene chiamata “toy soldier”, discendente degli antichi soldatini di piombo, tanto amati dai bambini vissuti negli anni ‘20 e fino agli anni ‘70, sostituiti oggi dai giochi elettronici, ma rimasti indimenticati nella memoria di quelli che oggi bambini non sono più, ma che amano collezionare quelli d’epoca o riprodotti in forme più attuali. realizzato in passato in piombo, oggi si può trovare nello stesso materiale o anche in resina. Io ne realizzo una mia versione in microfusione a cera persa, che alla fine sarà in bronzo o in ottone e che avrà così il pregio di essere più resistente e definito. come per i gioielli, si parte dal modellino in cera, ma prima bisogna consultare volumi e foto d’epoca per uno studio “uniformologico” accurato, perché il toy, anche se è una versione molto sintetica di un soldato o un ufficiale in uniforme, versione spesso divertente o caricaturale, deve sempre partire da una buona conoscenza del particolare storico, che lo renda facilmente riconoscibile dagli appassionati e intenditori. così, una volta scelta l’arma, il grado (ufficiale, sottufficiale, soldato semplice) e l’epoca, si comincia la ricostruzione da un anatomico in cera, realizzato una tantum, fuso in ottone e gommato per ottenerne varie copie (foto 1: l’anatomico in cera). da qui, colando la cera, si dà forma al corpo e alla divisa. la scultura può assumere forme diverse, un corpo più rigido e segaligno, o più longilineo e dinoccolato, o

ancora più squadrato ed impettito. Anche le posizioni variano: in riposo o in movimento, sull’attenti o in marcia, con armi in pugno o in spalla. la base su cui poggiarlo si realizza a parte e deve essere semplice e di forma quadrata o rettangolare, uguale per tutti, di modo che il toy possa essere “schierato” in fila con altri soldatini, con le basi accostate e combacianti, come facevano i bambini di un tempo, che organizzavano così i loro eserciti e le loro battaglie. Io amo rappresentare il mio soldatino con le gambe esili, le giacche e i pantaloni svasati e il busto più corto. Il volto deve essere poco particolareggiato, con naso accennato, occhi e bocca ridotti a semplici linee. Per questo articolo ho scelto un soldato coloniale, uno zaptiè eritreo del 1890 in marcia, cioè un milite indigeno, nello specifico un “carabiniere”, (foto 2: il mio soldatino in cera). Fuso questo primo modello in ottone o in bronzo, rifinito a banchetto e lucidato, proprio come un piccolo gioiellino, procedo a “gommarlo”, in modo da poter ottenere altre copie dalla gomma in silicone (foto 3: la gomma e l’originale in ottone), da rifondere e modificare, per realizzare, in tempi più brevi che per l’originale, altre posizioni ed altre divise di altri corpi (foto 4: i soldatini in bronzo). Posso, inoltre, per i corpi a cavallo, realizzare cavallini e dromedari (per le forze coloniali), somiglianti a

1. l’anatomico in cera

2. Il mio soldatino in cera

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ARTI APPLICATE

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3. la gomma e l’originale in ottone

quelli veri, ma spiritosi; ad esempio, modellandoli con il corpo corto e le zampe lunghe ed esili (foto 5: cavallino in cera). oltre a questa versione classica in 54 mm, se ne può realizzare un’altra leggermente più particolareggiata e caricaturale in 75 mm. Per questa versione più grande, io mi ispiro, sempre per i coloniali, ai disegni di un ufficiale artista della seconda Guerra Mondiale, il capitano Paolo caccia dominioni, che nel 1936 dipingeva dal vivo ritratti caricaturali di soldati indigeni, con gli arti lunghi e sottili e uniformi ampie e spigolose, costruendo nell’insieme armonici figurini

4. I soldatini in bronzo

5. Il cavallino in cera

(foto 6: la mia versione dei disegni del dominioni). Il tocco finale che si può dare alle opere è la pittura con i colori acrilici o ad olio, anche essa semplice e con poche ombreggiature, per dare maggiore espressione ai volti e risalto ai gradi ed alle tinte delle uniformi. oppure per il bronzo si può dare una finitura in chiaro scuro, con una miscela di colore nero ad olio e trielina (vedi foto 6). Nell’insieme è un lavoro molto divertente creare soldatini ed è anche una sfida per me, perché riguarda un mondo assolutamente maschile, in cui anche una donna può misurarsi in maniera creativa con una visione diversa, ma per questo non meno interessante e curiosa. 6. la mia versione del soldatino disegnato da Paolo caccia dominioni

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ARTeTeRApiA Come il pensiero analitico

I

l caso che descriveremo è quello di un ragazzo con ipoacusia 1 che ha predisposizione spiccata per l’esperienza pittorica, il soggetto rappresenta un esempio di come l’esperienza creativa supplisca alla capacità espressiva del pensiero analitico; in particolare si tratta di stabilire come le capacità cognitive vengano a svilupparsi grazie alla possibilità di esprimere, tramite il linguaggio pittorico, il bisogno di raccontare e raccontarsi al di là dell’impedimento dovuto alla sordità parziale. le immagini che raccontano il mondo interiore sono messe in difficoltà per la minore consapevolezza del pensiero evocativo, pensiero che con il sentire viene ad essere sviluppato con l’immaginazione, quasi che la mancanza dei suoni interrompa l’acquisizione immaginativa delle parole, per cui le immagini prodotte sono da ricondurre a stimoli prevalentemente visivi, quindi ad altre immagini. Infatti, il ragazzo è stato un ottimo copista fino a quando, con l’esperienza condotta nel laboratorio di artiterapie, non è stato stimolato alla produzione di immagini legate ad una storia prodotta da lui stesso e, quindi, immaginata prima con la parola, poi come situazione ed, infine, come rappresentazione. la possibilità di sviluppare la storia in vari linguaggi espressivi consente, infatti, di canalizzarla in varie modalità rappresentative che si completano a vicenda, dando modo ai soggetti coinvolti di scegliere il modo proprio di espressione. Nella fattispecie il giovane di cui parliamo si cimentava nella rappresentazione per immagini della storia dando corso allo sforzo immaginativo di descrivere le situazioni come un copione diviso per scene consequenziali. la disposizione delle scene in quadri situazionali dava modo al soggetto di sviluppare il linguaggio visivo nell’aspetto prospettico della terza dimensione, che rende il senso della realtà. Fino a quel momento non si era ancora posto il problema di rappresentare la realtà come è nel reale e che, con la prospettiva, viene messa in risalto. Il modo di descrivere scene di vita pregiudica il modo di raccontare il reale come tale, cosicché si evince che la rappresentazione non è più staccata dalle aspettative di chi la esegue, ma è parte intera di ciò che si vuole raccontare. si dà rispondenza al racconto che acquista importanza perché è parte della propria storia come vissuto e come desiderio, cosicché la prospettiva viene ad assurgere al compito di sottolineare l’importanza di ciò che si vuole raccontare. Fin dalle prime rappresentazioni prospettiche nella 1 Ipoacusia: diminuzione dell’acutezza uditiva (n.d.r.)

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storia dell’arte si poneva in essere la soggettività di chi metteva in pratica con le proprie opere la voglia di raccontare le esperienze legate alla realtà. Gli affreschi di Giotto ne sono esempio: qui la prospettiva rudimentale dava con la terza dimensione la consapevolezza dell’importanza del quotidiano che era simbolizzato nella sua accezione di opera d’arte; le immagini che parlavano di cose terrene venivano dispiegate in sequenze quasi fotografiche di una realtà che acquisiva significato e valenza mettendo in primo piano l’uomo e la sua contemporaneità. Allo stesso modo il racconto delle storie prodotte dai ragazzi mettono in rilevanza le proprie singolarità. cosicché l’esigenza e, quindi l’espressione logica della prospettiva, costituisce una presa di coscienza del proprio essere nel mondo come persona autonoma. In questo senso il fare creativo sviluppa il pensiero cognitivo e logico proprio dell’acquisizione del vedere prospettico legato, come è noto, al pensiero analitico.

1. c’era una volta in un castello nel bosco una fata. Una volta durante una notte buia, il cielo venne illuminato da una luce forte e chiara; era una stella cadente. sulla scia della luce c’era una fata in una carrozza che aveva due cavalli bianchi. la fata andava al castello dove il re dormiva. Nella carrozza c’erano una principessa e un re innamorati. Arrivarono al castello quasi all’alba, svegliando tutta la gente che abitava lì.

2. c’erano tante dame, cavalieri e servitù, svegliarono anche il re, che si affacciò alla finestra e vide da lontano un uomo che urlava.


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ARTeTeRApiA

... si sposa con la creatività 3. Il re era già vestito poichè era andato a dormire tardi senza mettersi il pigiama. Il principe e la principessa andarono dal re che li aspettava. tutta la gente e il re erano contenti di vederli.

7. Ad un certo punto venne il padrone che lo voleva portare via, ma il veterinario lo portò dal re.

4. A un certo punto si sentì ragliare un asino, giù in una capanna... cosa sarà successo?... l’asino era chiuso nella stalla e voleva uscire.

8. Arrivati dal re il somaro iniziò a ragliare e il re domandò di chi fosse questo povero animale.

10. la gente è dispiaciuta, non vogliamo che il padrone muoia, cercarono di liberarlo ma non ci riuscirono poichè i cavalieri erano tutti intorno al padrone cattivo.

11. Mentre gli stanno per tagliare la gola arrivò Zorro che fece a spadate con i cavalieri liberando il condannato. Ma Zorro non sapeva la vera storia, cioè non sapeva che l’uomo aveva quasi ucciso l’asino, così quando lo seppe chiamò una strega sua amica che con una magia trasformò l’uomo in una capra. così finisce questa strampalata storia.

5. Il povero asino era stato picchaito dal suo padrone poichè ragliava e dava fastidio alla gente del castello. l’asino era vecchio e non ce la faceva più a camminare, così lo chiamavano “cIUccIo”. I contadini buoni bussarono alla porta poichè avevano sentito ragliare notte e giorno.

6. I contadini liberarono il ciuccio e lo portarono dal veterinario che lo curò.

di stefania Spera

9. I contadini raccontarono tutto al re, che condannò il padrone a morte, perchè aveva picchiato l’asino. Mentre il padrone venne portato dal boia da tanti cavalieri, la gente si chiese il perchè e poi saputa la storia andarono a vedere l’esecuzione.

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Artisti da scoprire

a cura di sofia Pettinelli

Eliana giaccheri

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liana Giaccheri è una giovanissima artista dotata di grinta e personalità che sa trasfondere nelle sue opere e, pur essendo giovane, ha gia alle spalle alcune esposizioni personali. le sue grandi tele presentano sinuosi corpi dagli arti lunghi ed eleganti che si intrecciano a voler cercare la fusione, più che l’unione. Maschere asessuate ed enigmatiche sostituiscono i volti e, sebbene prive di sguardo, emergono dal groviglio dei corpi a fissare lo spettatore. le tonalità bianche e grigie dei nudi ricordano l’immobilità

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delle statue ed i fondi monocromi, graduati da un rincorrersi di sfumature o spezzati da spruzzi di colore a contrasto, ne esaltano la valenza plastica. la staticità dell’immagine però, a ben guardare, attiene solo alla sfera emotiva che è risolta dall’enigma dei volti; i corpi, invece, sono solo bloccati in un istante e, prima e dopo di esso, vi è il movimento, che noi possiamo solo intuire. Una ricerca interessante, quella di Eliana, che sbocca in un’inquietante dicotomia tra il corpo e l’anima, tra la stasi ed il moto, tra il qui e l’altrove.


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Artisti da scoprire

Nadine ethner “land”

Risvegliare il luogo intimo di Nadine Ethner Una ricchezza d’atmosfere, di culture e mentalità, tradotto nell’accoglienza o ostilità della terra. Un paesaggio esteriore che rispecchia il paesaggio interiore. Un uomo visibile, invisibile, una sagoma, una silhouette, appare, disappare, momentaneamente e spontaneamente. la ricerca verso un fuori, che attraversando, ci porta verso un dentro. Una riflessione lunga in un viaggio che ci permette un nuovo avvicinamento verso l’altro. luoghi mistici, su una terra piena di energie che si mischiano con le tracce di un passato approssimato e lontano. Un riscoprire, un rivivere, un riflettere, su una terra, che non ha solo un’ unica radice. terre che sono state snaturate da troppe presenze industriali. terre che mantengono in sé spiritualità e trascendenza, luoghi che sussurrano parole mai udite, o silenzi o suoni, che possano risvegliare una coscienza antica.

Maurizio ledda

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a mia poetica artistica trova sicuramente radici nella necessità di esprimere le pulsioni emotive che, nei modi più svariati, impressionano la mia sensibilità. Attraverso le capacità tecniche che possiedo e la fantasia visiva, cerco di rappresentare sulla tela il sentimento di un momento, che può scaturire da una notizia inaspettata, come dall’ascolto di una nuova musica che riesce ad emozionarmi. se dovessi esprimere sinteticamente il mio rapporto con la pittura non troverei di meglio che definirla “semplice” e “viscerale”. Utilizzo prevalentemente colori acrilici, accompagnati dai più svariati medium e da tutto ciò che mi viene in mente, dalla sabbia, alla carta, al polistirolo, per dare più materia alle mie pennellate e spatolate. ogni tanto, in alternativa, utilizzo la matita acquerellata.” l’autore trasfonde nelle spirali materiche e colorate delle sue opere il dato psicologico che presiede all’ispirazione prima e alla realizzazione poi. di questo, come si evince dalle sue stesse parole, è pienamente consapevole e questa consapevolezza rende l’opera per il fruitore particolarmente interessante perché svela le dinamiche dell’atto creativo.

redForest BlueForest

Vortici

Forme di vita

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Artisti da scoprire

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Soledad Johansen

la memoria di soledad Johansen

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he cos’è e da dove viene, cos’è che ci fa ricordare e andare avanti, cosa ricordiamo dei nostri primi insegnamenti ricevuti o cosa pensiamo di ricordare, cosa si intende con questa semplice parola che porta con se tutta la nostra storia. da qui parte il mio lavoro, diviso in due parti, la memoria individuale e sociale e i segni lasciati dalla memoria, proponendo un percorso personale e storico di ricerca, di come la memoria è parte integrante di ogni nostro gesto o sensazione, fino a definire l’arte come un’espressione della memoria. Questo termine, la memoria, così spesso usato, porta con sé ogni volta, per ogni individuo, un bagaglio riconoscibile

Fueron 10 y

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ed incancellabile. così si può fare una prima distinzione tra memoria collettiva e memoria individuale: in stretta relazione alla società in cui si vive la prima, alla storia personale la seconda. la memoria compie un lungo percorso prima di diventare individuale, condizionata dal luogo di nascita, dai valori che ci vengono insegnati e diventa memoria individuale attraverso una coscienza ed un’elaborazione personale. ogni ricordo è abbinato ad una precedente sensazione che riporta ad un ricordo, il ricordo é la chiave della memoria ovvero ciò che permette di avere una storia personale, familiare e sociale. così l’individuo è in un certo senso la memoria della sua collettività senza la quale sarebbe solo uno, a sè. si può dire che il ricordo è lo strumento che consenta alla società una continuità e l’individuo è il suo strumento, l’arte un suo linguaggio. Un’espressione che deve essere lasciata libera di interpretazione ed elaborazione.


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così l’interazione costante tra passato e futuro, cioè dove nasce l’arte, trae la sua forza dalla storia e dall’individuo che la porta avanti e il suo riconoscimento storico consente all’individuo il suo cammino verso la conoscenza ed un nuovo passato. Un passato che diventa futuro nel punto d’incontro nella memoria, in entrambe le memorie. Un significato che diventa significante nell’attimo del ricordo e così il passaggio dal tangibile all’intellegibile diventa arte che nasce dal vuoto lasciato dal momento dello scambio tra passato e futuro. Nel mio caso un vuoto lasciato dai segni della memoria cilena, nel ricordo di qualcosa che non ha tempo ne spazio, non ha un luogo dove sostare se non nella memoria individuale. Qui il segno, inteso come traccia della memoria, lo esprimo attraverso un’espressione artistica che attraversa i materiali come la memoria attraversa la storia, il ricordo attraversa l’individuo. l’arte unisce e genera, proponendo nuovi luoghi dove potersi muovere, tangibili e non, dove si incontrano tradizione, cultura e memoria e così l’arte trasforma l’uno in un tutto, permette l’incontro tra nazioni, etnie, religioni, unendo dove la frammentazione storica divide, arrivando dove la globalizzazione e la diversificazione trasformano il tutto in uno. Il mio lavoro di ricerca si propone costantemente di occupare uno spazio preciso con le sue forme, i suoi vuoti ed i sui pieni. come una memoria che si perde e ritorna nel cerchio della storia, sempre presente, incancellabile ed esprimibile attraverso l’arte. creo lo spazio di una memoria, che attraverso la tridimensionalità e la matericità, diventa l’anello di

senza titolo

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Artisti da scoprire

Madre terra

congiunzione tra un tempo presente e un futuro, dove il ricordo serve per capire il suo senso. Una scultura dunque che sceglie i suoi materiali e che propone uno spazio, cui si arriva e da cui si parte. Un percorso che non esisterebbe senza la sua storia. Forma, contenuto e spazio, dove il significato sta nella sua interpretazione personale. E’ un luogo della memoria che ferma il tempo per catturare l’osservatore in un suo tempo passato e per chiuderlo per un attimo in quel ricordo di ciò che è stato. come la storia del cile. Il tempo è ciò che rende possibile ogni cosa, il luogo è lo spazio della sua possibilità, così il punto di incontro nel ciclo della storia tra il passato e il futuro è il luogo della memoria e l’arte, creatrice di luoghi e tempi, rende visibile ciò che l’animo umano elabora in ogni suo attimo. Mostra ciò che deve costruirsi e ricorda ciò che è stato. Ed é il materiale a dare il senso alle mie sculture, facendo in modo che non siano semplici astrazioni né mere riproduzioni, ma un qualcosa di concreto con un senso e un luogo, uno spazio definito dalla loro forma e dal materiale che le significa. condizionate dalla tridimensionalità, sfruttano ogni piano di fuga, diventando il punto di riferimento simbolico di spazio e tempo e qui, la capacità di rappresentazione diventa una presentazione della realtà. realtà che da individuale diventa collettiva, punto di incontro e confronto di una mia memoria che nasce in cile. Un percorso, un viaggio, un’elaborazione che ogni volta, lungo quanto il tempo di ricerca e di elaborazione della forma della scultura, fino alla sua presentazione finale, porta ad esprimermi attraverso forme riconoscibili e identificabili.

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ATTUALITA’

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Artisti contemporanei

leA de AngeliS

passione per la vita

di Edy Cacioni

Bacio

Noia

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bbiamo iniziato a conoscere lea de Angelis con le sue opere di Artesacra dalle quali traspare il dolore umano, come nella “Via crucis”, nella “deposizione” o nella vita di “santa Monica”. Questa è soltanto una parte dell’Artista, l’altra esce fuori prorompente dalle sue opere di Arte profana. Qui predilige la figura umana, rappresentata nella sua nudità totale mediante la quale esprime l’amore per la vita mai scalfito da quei dolori che essa reca con sé. Emerge l’anima dell’essere umano, uomo o donna che sia, forte e debole in uguale misura, perché i contrapposti hanno un equilibrio perfetto, bello nelle sue forme armoniche e morbide attraverso le quali la vista ed il tatto si appagano poiché nell’ammirarle viene istintivo toccarle, accarezzarle, sentire sotto la pelle il tocco liscio e morbido dell’argilla utilizzata dall’artista e finita con la patina bronzea nella quale la giusta lucidatura dà l’ultimo tocco all’opera. da qui inizia il viaggio nella casa-studio di lea de Angelis, un piccolo museo pieno delle sue opere che sembrano raccolte da un collezionista certosino che vuole avere per sé la bellezza ma sa poi condividerla con il mondo. le sculture sono appoggiate negli spazi disponibili in modo molto naturale e ogni statuetta è unica e cattura l’attenzione anche se vicino ne è messa un’altra, ognuna si fa ammirare per la raffinata semplicità nelle forme sinuose e pulite che rappresentano l’essenza del maschile e del femminile nello scambio di sentimenti, uguale in ogni epoca e a volte quasi fuori dal tempo. ognuna ha qualcosa da trasmettere ma ciò che le accomuna tutte è la passione per la vita, è una forza che nasce morbida dalle forme che si osservano e che cresce quando la mano istintiva si muove a toccarle. la forza dell’opera è questa….è la spinta a toccare per sentire realmente ciò che scatena una sensazione così forte.


la chiesa di

S.Maria dell’Anima la Bella Maniera

di Annelise Sambati

1. l’alta facciata rinascimentale, attribuita a Giuliano da sangallo, è in pietra e mattoni di forma quadrangolare, a tre ordini ripartiti da lesene, in basso vi sono tre portali con capitelli compositi e trabeazione con timpano, la parte superiore svetta con un finto rosone

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n questo numero la rubrica “Itinerando” vuole concentrare la sua attenzione su di un’unica chiesa che per la ricchezza delle opere che vi sono ospitate, per le caratteristiche architettoniche e, nello stesso tempo per essere poco conosciuta, crediamo sia un suggerimento valido per una visita particolarmente interessante. Alla morte di raffaello sanzio, nel 1520, si fa strada una corrente artistica, soprattutto pittorica, che si ispira alla maniera di raffaello e Michelangelo. Alcuni artisti di quel momento iniziarono a dipingere ispirandosi ai motivi classici di quei due importanti artisti. Questo stile venne chiamato appunto “Manierismo”. c’è una chiesa alle spalle di Piazza Navona in Via s. Maria dell’Anima (foto 1), poco visitata, ma dove al suo interno è possibile ammirare opere di grandi artisti che contribuirono a diffondere il Manierismo in Italia, da Giulio romano a Francesco salviati a Girolamo siciolante da sermoneta. È sorta su un insediamento preesistente risalente al tardo medioevo (1350 ca.), durante il giubileo di mezzo secolo; mentre i Papi si trovavano in esilio ad Avignone, e a roma

ITINERANDO

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vigeva una forma di autoregolamentazione in particolar modo per le comunità nazionali non romane, una coppia di tedeschi decise di fondare sulla via del pellegrinaggio che passava da Via del Governo Vecchio uno ospizio teutonico, ossia un albergo per pellegrini tedeschi. Questo sito sorgeva su un luogo dove si pensa esistesse un’ edicola mariana, una tavola della Vergine della Misericordia che accoglieva sotto il suo mantello le anime dei fedeli e da questo deriva il nome di s. Maria dell’Anima. la costruzione della prima chiesa, nella metà del 1400 (voluta per poter permettere ai pellegrini oltre che di rifocillarsi anche di curare l’anima e prendere i sacramenti), e i successivi ampliamenti rubarono completamente lo spazio all’ospizio fino ad assumere, all’inizio del 1500, l’attuale aspetto, rimase nei secoli, e lo è tuttora, la chiesa dei cattolici di lingua tedesca. l’alta facciata rinascimentale, attribuita a Giuliano da sangallo, è in pietra e mattoni di forma quadrangolare, a tre ordini ripartiti da lesene, in basso vi sono tre portali con capitelli compositi e trabeazione con timpano, la parte superiore svetta con un finto rosone. sotto il timpano del portale mediano si può notare la scritta “speciosa fatta es”, “sei stata fatta bella”; possiamo immaginare che possa riferirsi alla chiesa stessa oppure alla Vergine del gruppo marmoreo, unico nel suo genere, che ritrae Maria, con Bambino in grembo, che dà udienza a due fedeli completamente nudi, l’opera è attribuita ad Andrea sansovino. la chiesa ha una particolare pianta trapezoidale mascherata al suo interno da accorgimenti illusori, motivo questo che nei secoli ha consentito l’attribuzione del progetto a Bramante; l’architetto probabilmente fu solo interpellato per dare dei suggerimenti che risolsero problemi di spazio, come ad esempio le cappelle semicircolari laterali, più profonde via via che si arriva all’altare e nel coro molto profondo. l’interno è a tre navate divise con curiose asimmetrie da pilastri a sezione cruciforme alti e sottili e con navate laterali che si alzano fino alla volta alla maniera delle “Hallenkirchen” o “chiese ad aula” tedesche. la chiesa appare al visitatore “molto piena”, questo perché nei secoli è stata massicciamente ridecorata con aggiunta di monumenti funerari e lapidi dei prelati tedeschi che qui desideravano essere sepolti. la pala d’altare di Giulio romano è uno dei primi esempi del Manierismo in pittura. l’artista, allievo del raffaello, è il primo manierista che, dopo la morte del maestro, ne rielabora il classicismo in una forma evolutiva personale. la sacra Famiglia e santi presenta la Vergine seduta su un alto suggesto con il Bambino non in braccio ma a lato

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2. cappella dei Margravi di Brandeburgo: fu voluta dalla famiglia Margravi. Fu affrescata tra il 1540 e il 1550 dal fiorentino Francesco salviati

coronato da un drappo verde sorretto da due cherubini. Alla sinistra della Madonna vi è un pensoso s. Giuseppe con il mento poggiato sulla mano sinistra intento ad ammirare la Vergine e il Bambino. dal lato opposto appoggiato a Maria, troviamo s. Giovannino, riconoscibile per la pelle di pecora, che tiene per mano un santo che sta per essere presentato alla Vergine e che, con il mantello, il cappuccio, la conchiglia e il bordone, tipici del pellegrino, non può che essere s. Giacomo di compostela. sulla destra in basso vi è una figura di spalle con le braccia aperte, come a formare un ponte spaziale tra noi e il dipinto; ai piedi della Vergine un leone con le fauci aperte, quasi schiacciato dal piede della Madonna. Il santo inginocchiato di spalle con la tunica e il mantello che stringe in mano una penna e un libro lo si può identificare, anche per la presenza del leone, con l’Evangelista Marco. sullo sfondo a sinistra si apre uno squarcio architettonico in cui lo spazio gira intorno ad un portico circolare con all’interno colonne e all’esterno porte e nicchie e soffitto cassettonato all’antica. Questa impostazione, in cui il soggetto principale è spostato sulla destra con un gusto per l’impaginazione decentrata e con una prospettiva non diretta, è tipica delle nuove idee che si erano sviluppate nel cantiere di raffaello durante la sua assenza. Il colore non è il chiarore diffuso come quello di raffaello, Giulio romano irrobustisce il chiaroscuro con figure monocromatiche con una luce fredda, ad eccezione delle vesti di s. Giacomo e s. Marco che, con il verde ed il rosso, riprendono il colorismo veneto. Altro particolare sul fondo sotto una porta, dove si affaccia una donna che sembra filare, è una gallina con sei pulcini, elemento insolito in una sacra conversazione, ma il dipinto, eseguito tra il 1522 e il 1524 si inserisce in un periodo in cui la chiesa sta prendendo coscienza dello scisma cristiano a seguito dell’affissione delle tavole di lutero e il pittore utilizza questa iconografia rifacendosi ad una citazione evangelica di Matteo “… quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali…” permettendo così alla committenza di confermare la propria fedeltà alla chiesa romana. tornando alla chiesa nella parete destra del coro la tomba

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ITINERANDO del Papa Adriano VI, ultimo papa tedesco prima della nomina di Papa Benedetto XIV. la tomba occupa un’ampia parete, la figura del Papa al centro in alto sopra il feretro è ritratta come assopita; sotto il feretro è rappresentata l’entrata trionfale del Papa a roma; ai lati le statue raffiguranti le quattro Virtù cardinali: Giustizia, Prudenza, Fortezza e temperanza. Nella navata sinistra la quarta cappella denominata “la cappella dei Margravi di Brandeburgo” (foto 2) fu voluta dalla famiglia Margravi per consacrare la memoria di Joan Albrect di Brandeburgo. Fu affrescata tra il 1540 e il 1550 da un rappresentante del secondo periodo della Maniera, il fiorentino Francesco salviati, considerato tra gli artisti che aveva la più bella maniera. la cappella ha un accurato programma iconografico, con in alto nell’abside la Pentecoste scendendo possiamo ammirare la monumentale resurrezione e sotto il capolavoro di salviati: la deposizione. specialmente nella figura di cristo l’artista raggiunge dei livelli straordinari, in particolare il torso di Gesù deposto ha una intatta muscolatura e una languida estetizzante carnalità; sicuramente l’artista si è ispirato più a Michelangelo che a raffaello, come si può notare nel particolare dell’angelo che infila una mano velata sotto l’ascella del cristo morto. Negli scomparti laterali vediamo a sinistra la figura di un soldato in una guizzante armatura, una figura molto amata dal manierismo; il soldato rappresenta s. Maurizio protettore della città di Halberstadt di cui Joan Albrect era stato Vescovo; sotto vi è s. Alberto Magno, assiso tra i libri con raffigurazioni insolite per un monaco, come il torso di una donna con una bella acconciatura ma senza braccia la cui mano compare dal basso insieme ad alcuni simboli tra i quali un pettine, una boccetta per gli unguenti e uno specchio; questa donna rappresenta la Vanità che viene calpestata da s. Alberto Magno; nella parte alta una donna

3. Nella natività di Maria le figure sono maestose con impianto robusto e di grande fisicità. s. Anna ha appena partorito e le è stata già portata via la Vergine


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ammantata con in testa un cappellino a forma di tartaruga nel suo carapace che rappresenta la Pudicizia. Pudicizia, e non Vanità, doveva essere senz’altro virtù di Joan Albrect. Nello scomparto a destra in alto un santo vestito da diacono è s. stefano protomartire protettore della città di Magdeburgo dove Joan Albrect era stato nominato Arcivescovo, in basso una figura emblematica di un vecchio paludato che getta una moneta ad un mendicante, un bellissimo giovane che gliela chiede, si tratta di s. Giovanni Elemosinario, la cui vita, caratterizzata per la sua generosità e buona volontà nell’aiuto dei più poveri, è rappresentata da una donna che vezzeggia e gioca con tre bambini Nella navata di destra la seconda cappella è intitolata ai Függer, dove si trovava fino al sec XIX la pala d’altare di Giulio romano, le pitture furono affidate all’artista Girolamo siciolante da sermoneta. Uno dei rari artisti romani della maniera appartenente alla terza generazione dei manieristi, generazione che amava di più la solennità, la maestosità. la Visitazione è un pannello allungato tutto al femminile

dove, in una moltitudine di donne, si fa quasi fatica a trovare la Vergine che fa visita ad Elisabetta. Nella natività di Maria (foto 3) le figure sono maestose con impianto robusto e di grande fisicità. s. Anna ha appena partorito e le è stata già portata via la Vergine. la figura di Anna è rappresentata con una mano sul seno e una sul ventre, attributi iconografici sempre utilizzati per la raffigurazione di s. Anna partoriente. Nella quarta cappella si può ammirare una copia della pietà eseguita da lorenzo di lodovico, scultore fiorentino, detto lorenzetto. Il gruppo marmoreo è un ottimo lavoro dell’artista che ha preferito rappresentare la figura del cristo con un aspetto più abbandonato rispetto all’originale, il braccio completamente rilasciato e il volto rivolto verso il seno della Vergine danno una sensazione più intensa quasi di maggiore protezione della madre nei confronti del figlio rispetto alla Pietà di Michelangelo. la chiesa merita una visita che senz’altro riuscirà chiarirvi cosa si intende per manierismo.

eVenTi La Magnolia - Casa Internazionale delle Donne Via della lungara, 19 - tel. 06 68193001 - areacultura.cidd@tiscali.it www.casainternazionaledelledonne.org “rEBUIldING HrVAtsKA - I luoghi della rinascita croata” di RIVKA SPIZZICHINO

“roMANE d’AltroVE - cittadine di qua” di SARAH KLINGEbERG

Inaugurazione l’8 Maggio alle ore 19

Inaugurazione giovedì 10 Aprile alle ore 19 - dal 10 Aprile al 1 Maggio

Libreria Fanucci Piazza Madama,8 - 00186 Roma Tel. 06 68 611 41 - Fax 06 683 01 617 info@libreriafanucci.it - www.libreriafanucci.it

Dal 3 APRILE al 11 MAGGIO Le opere di Yuri Corti che abbiamo il piacere di ospitare, sembrano essere il frutto di un pensiero dalla genesi felice, un pensiero affatto tradito dal gesto pittorico, che al contrario ne esalta la freschezza creatrice ed inventiva. Sono opere debitrici, in modo piu’ o meno palese, di diverse correnti artistiche novecentesche. Si va dall’uso di campiture che rimandano a certa pittura espressionistica, fino al tratto spoglio e asciutto di certo graffittismo. L’ universo di Corti è popolato da segni acerbi, immagini che rimandano ai mondi fantastici dell’infanzia.

Yuri Corti 339 4037939 email:ale.Yuri@hotmail.it

Yuri Corti

grafica: www.copyando.com

ri-tratti ri-tratti riflessi riflessi

Casa Internazionale delle Donne Via della lungara, 19 - tel. 06 68193001 Esposizione di pittura, scultura, ceramica e vetrofusione Inagurazione 9 Maggio ore 17.30 la mostra proseguirà dal lunedì al sabato mattina fino al 16 Maggio alle ore 18 orari: 10.00 - 13.00 ; 14.00 - 19.30

Sperlonga, Piazza della Marina Esposizione di pittura, scultura, ceramica e vetrofusione Inagurazione 19 luglio ore 18.30 la mostra proseguirà fino al 28 luglio - orari: 10.00 - 13.00 ; 17.30 - 23.00

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eVenTi


ARCHEOLOGIA

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Immagini del recupero di uno spazio sacro

la

Tomba delle

di Fiammetta Fiorentini

cinque Sedie per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale. Grazie a livio scopriamo che questo sito è stato rinvenuto nel lontano 2004 e che la tomba era stata già portata alla luce nel 1866, da una ricca famiglia di orafi, i castellani, ma che il tempo, i rovi e le erbacce avevano lentamente complottato per nascondere di nuovo tutto. Il sepolcro della cinque sedie è una tomba di modeste dimensioni, inserita in un tumulo di circa 22 metri di diametro, con un “dromos” di accesso (piccolo tunnel ad arco), destinata ad una coppia di aristocratici. la costruzione costituisce un “unicum” per la disposizione e la funzione delle sue tre camere; le porte di accesso alle stanze sono arcuate, il dromos a scalini è orientato verso nord-ovest, dove gli etruschi ponevano l’Aldilà. I troni che le danno il nome sono scolpiti in sequenza nella parete sinistra di una cella laterale, sempre sinistra, di m. 2,80 x 2,50, insieme ad un cesto cilindrico per le vivande. sui troni erano situate originariamente cinque statuette in

dromos di accesso alla tomba

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l 4 ottobre 2007, a cerveteri è stato inaugurato, in presenza delle autorità di roma, Provincia e regione, un nuovo spazio all’interno della necropoli della Banditaccia, l’area archeologica che corrisponde all’antica città etrusca di Kaisra (appunto l’attuale cerveteri). si tratta di un originale sepolcro etrusco della seconda metà del VII secolo a.c. (650-625 circa), la “tomba delle cinque sedie”, così chiamata per la presenza al suo interno di una stanza che rappresenta la scena della continuità della vita oltre la morte nella memoria di chi ci sopravvive, tema così caro alla civiltà etrusca, in essa vi sono cinque troni su cui erano situate cinque piccole statue di terracotta, raffiguranti gli antenati dei defunti lì sepolti. (Foto 1: la tomba delle cinque sedie) Abbiamo incontrato il signor livio Fornari, uno dei “veterani” della sezione di cerveteri del Gruppo Archeologico romano (G.A.r.), il più antico gruppo di volontariato archeologico italiano (ben 49 anni di vita), per farci raccontare la storia di questa tomba e il lungo lavoro che ci ha permesso finalmente di godere di tanta bellezza, oggi riportata completamente alla luce proprio grazie alla passione di questi signori, unita alla lungimiranza della soprintendenza

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livio Fornari allo scalo


ARCHEOLOGIA terracotta, alte cm. 48, raffiguranti personaggi con vesti da cerimonia del periodo orientalizzante, nell’atto di compiere offerte. di queste, che rappresentavano gli antenati della coppia sepolta, ne sono state rinvenute tre (i genitori ed il nonno), conservate rispettivamente al British Museum di londra e al Palazzo dei conservatori a roma. la camera di destra presenta, invece, una mensa dalle gambe concave, probabilmente per i sacrifici, e quello che dovrebbe essere un altare di pietra. tutto questo potrebbe costituire un’eccezionale testimonianza della presenza di un luogo per il culto funerario, annesso al monumento sepolcrale. Il sito è posto ai margini occidentali della Banditaccia, in direzione del mare. I primi scavi sono partiti in condizioni molto disagiate, fra rovi e sterpaglie che nascondevano completamente questo ed altri sepolcri, che oggi formano, grazie al duro e lungo lavoro dei volontari come livio, un antico e nuovo magnifico “spazio sacro”. (Foto 2 e 3: il sito e il panorama visto dal sito) livio è stato testimone della lunga e travagliata “rinascita” di questo luogo magico, avendo partecipato agli scavi fin dal 2004. ci racconta che la prima cosa riportata alla luce è stato il dromos, dove gli scavatori hanno dovuto puntellare alcuni tufi pericolanti, prima di proseguire il delicatissimo lavoro che li avrebbe portati finalmente all’interno. (Foto 4 e 5: il dromos e la rampa di accesso) si è dovuto poi procedere molto lentamente con gli scavi, dapprima manuali, saggiando il terreno tutto intorno al tumulo, per timore di cedimenti strutturali, che avrebbero altrimenti impedito per sempre di liberare la costruzione ed accedere alle stanze. (Foto 6: livio Fornari mentre saggia il

I troni scolpiti nella parete sinistra di una cella laterale che danno il nome alla tomba

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Visuale dello scavo

terreno intorno al tumulo) Per fortuna, il duro lavoro è stato premiato ed è stato possibile, finalmente, far arrivare le scavatrici, per procedere più in fretta e in maniera più consistente, alla rimozione della terra sopra ed intorno alla tomba. (Foto 7: i lavori proseguono)Alla fine, ricorda livio quasi con la stessa emozione di allora, i volontari sono entrati ad ammirare l’imponente camera centrale, con i due letti sepolcrali, e le due originalissime stanze laterali. (Foto 8 e 9: la stanza delle sedie con i tavoli ricostruiti e il cesto per le vivande) Mano a mano che la terra spariva, emergevano tutto intorno al tumulo altre quattro tombe, due delle quali risalenti al IV e V secolo a.c. e poste immediatamente sotto di esso; poi una piazza antistante ed altri elementi, numerosi cippi funerari, alcuni monumentali, e un magnifico ed integro specchio di bronzo, che insieme testimoniano l’interesse e la particolarità del nuovo sito archeologico. (Foto 10 e 11: uno dei cippi funerari e la scala di accesso alla piazza) scavando ancora, è venuta alla luce una scala, con la quale probabilmente si accedeva alla piazza dalla tomba principale ed una seconda scala, sull’altro lato della piazza, costruita con blocchi squadrati di tufo e magnificamente conservata. dal 22 Agosto 2007, tutto il sito è visitabile e si sta procedendo a ricostruire gli arredi mancanti delle tombe. sono già stati realizzati quelli originari della sala dei troni, consistenti in due tavoli cerimoniali (vedi foto 9) e nelle tre statue sedute, che sono magistralmente riprodotte dallo scultore Antonio Amaso. la nuova piazza, inaugurata appunto il 4 otobre scorso, è certo una magnifica testimonianza del passato, ma si è anche rivelata un ottimo spazio presente e futuro, perché con la sua ampiezza e la sua sacralità ben si presta ad essere il palcoscenico di manifestazioni e rappresentazioni culturali all’aperto. così conclude il nostro livio, raccontandoci con gioia che ad Agosto ha lui stesso collaborato all’allestimento di uno di questi splendidi spettacoli teatrali, “Il viaggio dantesco a cerveteri”, proprio in questo spazio. E con questo lo salutiamo, ringraziando lui, livio Fornari, e i suoi coraggiosi colleghi del G.A.r., per il loro meticoloso e paziente lavoro di tanti anni, assolutamente non retribuito, se non con l’emozione che è possibile provare nel vedere riemergere dal terreno tanti e così importanti pezzi del nostro lontanissimo passato.

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ATTUALITA’

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eventi TRE MoSTRe e lABoRAToRi al

pAlAZZo delle eSpoSiZioni

di claudia Di Cresce

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ipingo quadri di grandi dimensioni... la ragione per cui li dipingo è perchè voglio essere intimo e umano. Quando si dipinge un quadro di grandi dimensioni, ci si è dentro. Non si può decidere più nulla”. Queste sono le parole che Mark Rothko disse per definire la sua arte. Ma chi è questo pittore che ha segnato la storia della pittura americana del XX secolo? rothko (1903-1970) fa parte della generazione di artisti chiamati “gli irascibili della scuola di New York”, che hanno rivoluzionato la pittura astratta del dopoguerra. la sua famiglia non ha mai appoggiato la sua vocazione artistica, ma questo non gli ha impedito di frequentare, all’età di vent’anni, l‘Art student league dove strinse amicizia con gli artisti del calibro di Barnett Newman e Adolph Gottlieb. Nel 1945 la più grande mecenate di questo periodo,Peggy Guggenhin,lo invitò a esporre le sue opere presso la galleria Art of this century.tre anni dopo riuscì a fondare insieme a Baziotes, Hare e Motherwell una scuola d’arte. Ma il boom del suo percorso artistico arriva nel corso degli anni ‘50 con numerosi consensi di pubblico e critica. Mentre nella sfera pubblica cresce la sua fama di pittore,in quella privata aumenta la sua solitudine, fino ad arrivare ad una fredda mattina di febbraio in cui si tolse la vita. Il Palazzo delle Esposizioni di roma ha voluto dedicare a questo pittore una mostra temporanea nella quale sono esposti alcune tra le sue più belle opere. Andando a vedere questa mostra, per la prima volta in Italia, scopriamo che il Palazzo offre un laboratorio d’arte nel quale, grazie alla collaborazione di alcuni artisti, il pubblico più giovane, ma anche quello più adulto, ha la possibilità di conoscere da vicino l’arte e di scoprire che essa riserva emozioni sempre nuove. Entrando nell’Atelier, allestito appositamente, si può trovare uno spazio, chiamato cubo, nel quale si possono svolgere molteplici attività; i bambini e i ragazzi possono usufruire di materiali e tecniche in modo inconsueto, sfruttando al massimo i cinque sensi. Il Forum è una sala dedicata a mostre e convegni, ma è anche un laboratorio ed offre spazi dedicati ad attività multimediale, inoltre ospita le conferenze e gli incontri con gli artisti. Questi sono i servizi che il Palazzo della Esposizioni offre: Laboratorio per la scuola dell’infanzia e primaria

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(classe prima) dal lunedi al venerdi ore 10:00-11:30 Prenotazione obbligatoria gratuita ingresso (gratuito per le scuole dell’infanzia) € 4,00 per ragazzo, attività € 70,00 per gruppo Per i ragazzi dai 7 agli 11 anni Visita animata alle mostre in laboratorio. sabato dalle ore 16:00 alle 18:00. domenica dalle ore 10:30 alle ore 12:30 Prenotazione obbligatoria € 1,50 Attività più ingresso mostra € 10 per ragazzo Per i ragazzi dai 7 agli 11 anni I sensi dell’arte (a partire da Gennaio) la vista, il gusto, l’udito, il tatto e l’olfatto incontrano le immagini della storia dell’arte. sabato dalle ore 10.30 alle 12.30 prenotazione obbligatoria € 1,50 Attività più ingresso mosrta € 10,00 per ragazzo. Giochiamo con l’arte di...Munari e Komagata Attività per bambini da 3 a 6 anni accompagnati dai genitori sabato e domenica alle ore10.30 alle12.30 ingresso attività adulti € 5,00 ingresso gratuito al forum ragazzi fino a 6 anni prenotazione consigliata € 1,50.


Via Circonvallazione Nord, 06053 - Deruta PG tel. 075 97 11 617 - fax 075 97 29 476 Per info: Mauro cell. 335 77 34 256

CORSI DEI WEEK-END

19-20-21 Maggio Mondoceramica - deruta - riFLeSSi e riduZioni - CorSo aVanZato 3 giorni di riflessi e riduzioni all’interno del forno Con Cesare Calabroni (€280.00) 23-24 Maggio - deCoraZione “decori classici” - CorSo aVanZato 2 giorni di decorazione, decori classici, geometrici e storici. Con Simone Lepri della Colorobbia (€100.00) 19-20-21 Maggio - raKu – raKu nudo – CoPPer Matt CorSo BaSe Modellazione di argille e gress refrattari, composizione smalti e cristalline, colorazioni e cotture. Corso tecnico e pratico - Con roberto aiudi (€250.00)

CORSI SERALI Dal 28 Maggio al 25 Giugno - Mondoceramica - deruta - ModeLLaZione e Cotture raKu Corso serale, una sera a settimana dalle ore 21,00 alle ore 23,00; creazione pezzi argilla refrattaria, colorazione con smalti metallici e cristalline craclè. Cotture (5 sere €100.00) Dal 14 Maggio all’11 Giugno - Mondoceramica – deruta - deCoraZione CeraMiCa Corso serale, una sera a settimana dalle ore 21,00 alle ore 23,00; decorazione di motivi floreali e di frutta, smaltatura e cristallinatura. Cotture (5 sera €100.00)

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17-18 Maggio Collesecco - Montecastrilli - ModeLLaZione - CorSo BaSe 2 giorni di modellazione a sfoglia, colombino… Bassorilievo e modellazioni tipo “Capodimonte” Con Margherita Giovagnoli (€70.00)

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25-26-27 Aprile Collesecco – Montecastrilli - ModeLLaZione e Cotture 3 giorni di modellazione a sfoglia, colombino… Con argilla comune e refrattaria. Smaltature e cotture.

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