07/02/20 - Alla scoperta della moschea: la comunità e i fedeli

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SETTIMANALE DI INFORMAZIONE FONDATO NEL 1983

Poste Italiane spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02 2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Pc

Poste Italiane spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02 2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Pc

GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 2020 - ANNO 38 N. 02 - EURO 0,20

REDAZIONE

WEEKEND

Nel Comune di Piacenza sono circa 9 mila i residenti di religione islamica

Alla scoperta della moschea: la comunità e i fedeli Yassine Baradai, direttore del centro islamico cittadino: “I rapporti con l’attuale amministrazione sono più freddi ma sempre corretti e formali”

La Croce Rossa cresce e si rinnova

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1 milione per le coop di comunità

A PAGINA 4

Dagli scantinati ai moderni centri islamici polifunzionali: la storia dello sviluppo dell’Islam a Piacenza comincia negli anni ‘80 con un tappeto di preghiera steso in casa, nel sottoscala, sul lavoro, in un angolo di strada, per proseguire lungo gli anni con le prime preghiere collettive nei garage o nei capannoni, fino all’acquisto di edifici finemente riconvertiti in “moschee”. L’Islam, fede di migranti, è oggi la seconda religione d’Italia. Nel Paese vivono infatti poco meno di 1 milione e mezzo di musulmani. Nel Comune di Piacenza sono circa 9 mila i residenti di religione islamica, quasi il 10% della popolazione cittadina. Nell’intera provincia piacentina, invece, sono stimati 22mila credenti in Allah, ovvero il 7% della popolazione residente. Provengono dai quattro angoli del mondo, più di 30 nazionalità sono rappresentate: dalla Turchia all’Indonesia, dai Balcani fino al Maghreb.

GASPARINI A PAGINA 3

6 febbraio 2020

Collezionismo in mostra allo Spazio XNL A PAGINA 4

Corriere Padano

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Numero 5

Giovedì 6 febbraio 2020

Piacentini La genesi del Polo logistico piacentino

Ale & Franz sono “Romeo e Giulietta” A PAGINA 4

Mino Politi: “Ora puntare sul Polo del Ferro”

Speciale casa: il bonus facciate

di AntonellA lenti

Residenti in città, stranieri in aumento: quasi il 20% A PAGINA 3

POLITICA

Matteo Rancan: “Da Piacenza a Bologna ecco le mie priorità”

di

ArTe

CuLTurA

sCuOLA

XNL dopo la rivoluzione

Romano Gobbi, il libro e l’arte

Enaip: “ Le sfide del lavoro che cambia”

Alberto Fiz e il futuro di Palazzo ex Enel

Il ritratto dell’amico Ippolito Negri

Formazione e promozione sociale

di Giovanni volpi

di Francesca lombardi

di Federico Tanzi

Giovanni volpi

Oggi con Corriere Padano Calciatrici biancorosse alla riscossa

A PAGINA 6

TUTTE LE RIPARAZIONI DI CARROZZERIA PER VEICOLI INDUSTRIALI

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TANZI A PAGINA 5


Corriere Padano

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6 febbraio 2020

ATTUALITÀ

Confcooperative stanzia 1 milione per le coop di comunità Non si ferma l’impegno di Confcooperative per la promozione delle cooperative di comunità, imprese costituite da cittadini auto-organizzati per favorire lo sviluppo delle comunità locali contrastando l’abbandono e lo spopolamento delle aree più marginali. Dopo il primo bando da mezzo milione di euro lanciato nel 2018, Fondosviluppo (il fondo mutualistico nazionale di Confcooperative alimentato con il 3% degli utili di tutte le cooperative associate) raddoppia e stanzia 1 milione di euro per cooperative di comunità neocostituite, già attive o riunite in consorzi. «Un investimento finalizzato a sostenere il ruolo delle cooperative, sentinelle del territorio, capaci di intercettare, più di ogni altra impresa, i bisogni delle comunità» dichiara il presidente di Confcooperative

Emilia Romagna Francesco Milza. «Dove lo Stato si ritira perché non è più in grado di organizzare servizi e risposte e il privato neanche pensa a cimentarsi perché non trova la convenienza economica – continua Milza -, le cooperative sono in prima linea per favorire l’autorganizzazione dei cittadini mettendoli in condizione di rispondere alle esigenze dei territori». Destinatarie dell’intervento sono le cooperative di comunità, con sede o attive nelle aree interne dell’Emilia-Romagna, che svolgono una pluralità di attività, con più scambi mutualistici». Le candidature dovranno essere consegnate entro il 31 maggio 2020. Il bando è disponibile sul sito www. fondosviluppo.it insieme al regolamento e alla modulistica per la presentazione delle domande.

La Croce Rossa cresce e rinnova i suoi vertici Più di un milione i km percorsi nel 2019. Il 16 febbraio si vota il nuovo consiglio direttivo. Il presidente uscente Guidotti: “Obiettivo è proseguire l’attività di potenziamento, serve una seconda sede operativa” (fg) Domenica 16 febbraio il Comitato piacentino della Croce Rossa voterà per il rinnovo del consiglio direttivo. Il presidente provinciale, Alessandro Guidotti, traccia un bilancio di primo mandato, tra obiettivi raggiunti e priorità future: “Sono stati quattro anni intensi, caratterizzati da un aumento dei servizi offerti al territorio e da un impegno crescente nelle attività assistenziali e di protezione civile, con un’attenzione costante alla formazione e ai giovani”. Prioritaria per il futuro è la realizzazione di una seconda sede operativa della CRI all’interno della città di Piacenza: “La nostra realtà è cresciuta molto in questi anni e necessitiamo di una nuova struttura che intendiamo utilizzare come centro per le attività di Protezione civile e di formazione”, evidenzia Guidotti. La nuova area non sostituirà la sede centrale di viale Malta, che sarà interessata da un intervento di restyling. Obiettivo del presidente uscente – volontario CRI dal 1988 – è proseguire l’attività di potenziamento dell’associazione. Già nei prossimi mesi verranno realizzati due importanti progetti sul territorio: “A breve attiveremo su un mezzo in dotazione alla CRI piacentina la nostra ‘Sala operativa mobile’. Intendiamo, inoltre, - aggiunge – rendere funzionante h24 la Sala operativa provinciale (Sop), per rispondere in ogni momento alle richieste del territorio”. A fine febbraio verranno, inoltre, attivati i nuovi ponti

borse viveri a famiglie in grave difficoltà e sono oltre una sessantina i nuclei familiari che ogni mese hanno potuto beneficiare di donazioni di pannolini e latte per bambini. Sono state oltre 400 le famiglie supportate tramite lo

parse, insieme alle altre realtà presenti in provincia di Piacenza e con il coordinamento della Prefettura. Diritto Internazionale Umanitario (Area 4) - Intensa l’attività dei volontari durante i corsi base e nei corsi di pri-

“Sarà resa funzionante h24 la Sala operativa provinciale (Sop), per rispondere in ogni momento alle richieste del territorio” radio della CRI, all’interno del progetto di potenziamento della rete avviato sull’intero territorio provinciale. Il 2019 è stato un anno importante e ricco di soddisfazioni: la CRI piacentina ha vinto la gara di appalto indetta dal Comune di Piacenza per il trasporto dei minori disabili per il triennio settembre 2019 - giugno 2022. Il presidente Guidotti ricorda, inoltre, l’intensa attività dell’ambulatorio di viale Malta, grazie al lavoro delle crocerossine, delle infermiere e delle volontarie CRI che quotidianamente garantiscono il servizio. Da dicembre – inoltre – una crocerossina del Comitato piacentino si trova in Libia presso l’ospedale di Misurata, dove resterà fino a metà febbraio: “grazie all’esperienza maturata negli anni, la nostra volontaria è stata chiamata sul campo ad assiste-

Buone notizie dalla cittadella della solidarietà di via Primo Maggio 62: quattro organizzazioni entrano a dar mano forte all’associazione “Emporio Solidale Piacenza” che lo gestisce. Sono: l’Acli provinciale, il Centro di solidarietà Compagnia delle Opere, Mcl e La Ricerca onlus. Ciascuna porterà come contributo le proprie speciali competenze rispondendo così all’appello lanciato dalla squadra originaria costituita da Svep, Comune di Piacenza, Caritas diocesana, Auser e Croce Rossa. Sono tutte realtà la cui mission è in piena sintonia con gli obiettivi dell’Emporio: porsi al fianco delle persone e delle famiglie in difficoltà. “Siamo molto soddisfatti, il loro apporto avrà doppia valenza – sottolinea la presidente Laura Bocciarelli – perché potranno darci una mano nella gestione del centro e nel contempo potranno aiutarci nel fornire servizi agli utenti, pensiamo in particolare alle problematiche legate al lavoro, alla gestione

re i militari e la popolazione per due mesi”. Una missione che riempie di orgoglio l’intero Comitato. 11 sedi CRI ed oltre un milione di km percorsi nell’ultimo anno La CRI piacentina è una realtà in costante crescita: “Sono state oltre 10mila le persone assistite lo scorso anno in altrettanti servizi espletati in emergenza urgenza, ai quali si aggiungono pari numero di pazienti in Servizi Sanitari d’Istituto (trasportati per visite, ricoveri, dimissioni, etc …). Numerose anche le assistenze ad attività sportive, ad eventi con maxi afflussi e ad attività richieste da plessi scolastici”, evidenzia il presidente, che aggiunge: “Anche nel 2019 i nostri ambulatori medico ed infermieristico di viale Mal-

ta hanno fornito circa 8.000 prestazioni alla cittadinanza, grazie alla presenza di medici, crocerossine ed infermiere della Croce Rossa”. Sono stati oltre un milione i chilometri percorsi lo scorso anno dai mezzi CRI. Sul territorio provinciale sono presenti undici sedi CRI, per un totale di oltre 1.200 soci e 45 dipendenti. Tutela Salute (Area 1) “I volontari di Area 1, con le attività dedicate alla tutela e protezione della salute e della vita, oltre a garantire la loro presenza sul territorio con i servizi di ambulanza ed assimilabili – spiega il direttivo - hanno incrementato le loro abilità e tecniche partecipando a corsi nazionali per istruttori ed a numerosi aggiornamenti per far fronte alle esigenze formative del Comitato. Socio-assistenziale (Area 2) – Sono state distribuite 2.500

Sportello di ascolto, nei loro bisogni primari”. Emergenze Protezione civile (Area 3) – Il 2019 è stato un

anno intenso anche in ambito di Protezione civile, con i volontari impegnati sul territorio nella ricerca di persone scom-

Cresce la squadra di Emporio Solidale: entrano 4 nuove associazioni dei budget familiari e alle persone che possono avere anche problemi legati alla dipendenza e al gioco d’azzardo. Mcl già ha messo a disposizione un

operatore che a turno con i colleghi di Cgil, Cisl e Uil garantisce la copertura dello sportello informativo di orientamento al lavoro, e dal primo marzo in questo ambito scenderà in campo anche il Centro di solidarietà per orientamento e ricerca attiva del lavoro”.Sono 96 le famiglie che ad oggi hanno avuto accesso ai servizi del supermercato gratuito di via Primo Maggio. Si tratta in prevalenza di cittadini

italiani (57). Più di 17.200 i prodotti “acquistati” gratuitamente. Ricordiamo che hanno diritto a usufruire dei servizi dell’Emporio le persone e i nuclei familiari a rischio povertà che vivono nella città di Piacenza. Per accedere occorre presentare apposita domanda di ammissione ad uno dei seguenti Centri di ascolto: Caritas (via Giordani 21, aperto da lunedì al venerdì 9,30-12), Croce Rossa (viale Malta 5, aperto il lunedì mattina dalle 9,30 alle 12), Auser (via Musso 5, aperto il lunedì mattina dalle 9,30 alle 12). Chi è in carico ai Servizi Sociali del Comune di Piacenza può rivolgersi alla propria assistente sociale. Per fare la spesa al supermercato della solidarietà non occorre denaro – Per

mo soccorso effettuati dalle crocerossine ai militari dell’Esercito Italiano e all’assistenza nei poligoni di tiro per le Forze Armate e di Polizia. Giovani (Area 5) – Sono state numerose le attività di formazione rivolte agli studenti delle scuole di Piacenza e provincia per contrastare le dipendenze ed insegnare stili di vita sani. Formazione e sviluppo (Area 6) – A breve partiranno i nuovi corsi di formazione a Piacenza, Bobbio, Podenzano e Farini. Nei giorni scorsi si è concluso il corso di abilitazione di undici nuovi volontari alla CRI di Ottone. Nel corso del 2019 è stata intensa l’attività formativa sul territorio e verso i partenariati strategici e le organizzazioni del territorio (Istituzioni, Comuni, Forze Armate, Fondazione, Aziende locali), per lavorare in sinergia sul territorio.

rifornirsi gratuitamente al supermercato dell’Emporio non occorre denaro, ma bisogna presentare richiesta di ammissione. Recapiti, giorni e orari – Tre per ora i giorni di apertura dell’Emporio di via I Maggio 62: la mattina del martedì e del giovedì dalle 9 alle 12, e il mercoledì pomeriggio dalle 15 alle 17. E’ attivo anche un numero di telefono: 0523751952, la e-mail è: info@emporiosolidalepiacenza.it . Sito-web www. emporiosolidalepiacenza.it . In funzione i box informativi – Negli spazi di ascolto per problematiche legate alla famiglia, alle relazioni, sono attivi operatori di Informasociale e del Centro Famiglie del Comune di Piacenza (presente ogni mercoledì pomeriggio con il Servizio Informafamiglie e bambini), e nei box informativi, a turno, per tutto quello che concerne i problemi legati al lavoro esperti di Mcl, Cgil, Cisl e Uil.


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Corriere Padano

PRIMO PIANO

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Residenti in città: calano i nuovi nati, stranieri in aumento La popolazione piacentina continua a crescere nonostante il saldo tra defunti e nuovi nati sia ancora negativo. Nel 2019, dicono i dati dell’ufficio anagrafe del Comune di Piacenza, i cittadini residenti sono saliti a quota 104.523, più 581 unità rispetto all’anno precedente. Eppure i defunti sono stati 1.196 contro solo 864 nuovi nati (di cui 335 figli di coppie di nazionalità straniera, corrispondente - in percentuale - al 39%). 3.656 sono i nuovi arrivi, provenienti da un altro Comune o da un altro Paese, che nel 2019 hanno preso la residenza nel Comune di Piacenza. Nel totale della popolazione la quota immigrati è rilevante: 20.566 sono i cittadini con nazionalità non italiana, Cee o extra Cee, incidendo per il 19,6% del totale complessivo dei residenti. Negli ultimi

vent’anni gli immigrati sono passati dai 2910 del 1999, agli oltre 20mila di oggi. La prima comunità straniera a Piacenza, per numero di residenti, è quella rumena, con 2.587 presenze, seconda quella albanese con 2.418 unità. Ma tra gli oltre ventimila cittadini stranieri vi sono ben 109 paesi diversi. L’età media dei piacentini è di 45,71 anni, 47,52 per le donne. Più bassa quella dei nuovi piacentini, di origine straniera, che risulta di 32,61 anni (33,75 per le donne). Tra i dati che emergono, i senza fissa dimora sono 97, un numero in considerevole aumento negli ultimi anni, mentre i single (i piacentini che risultano vivere soli) sono 19.735. Le famiglie sono invece 48.694 (quasi 7mila quelle non italiane), con quelle costituite da due persone che si attestano sul 27%.

Alla scoperta della moschea piacentina Yassine Baradai, direttore del centro islamico cittadino: “I rapporti con l’attuale amministrazione sono più freddi ma sempre corretti e formali” zione interna il Centro di strada Caorsana presenta aspetti sofisticati, con una separazione delle funzioni e dei ruoli. L’aspetto spirituale è curato dal’imam Yaseen Yafii, un religioso yemenita laureato in scienze islamiche. Mentre le questioni modane, laiche, vengono curate dal direttore del Centro, Yassine Baradai, responsabile di or-

GAETANO JOSÈ GASPARINI

Dagli scantinati ai moderni centri islamici polifunzionali: la storia dello sviluppo dell’Islam a Piacenza comincia negli anni ‘80 con un tappeto di preghiera steso in casa, nel sottoscala, sul lavoro, in un angolo di strada, per proseguire lungo gli anni con le prime preghiere collettive nei garage o nei capannoni, fino all’acquisto di edifici finemente riconvertiti in “moschee”. L’Islam, fede di migranti, è oggi la seconda religione d’Italia. Nel Paese vivono infatti poco meno di 1 milione e mezzo di musulmani. Nel Comune di Piacenza sono circa 9 mila i residenti di religione islamica, quasi il 10% della popolazione cittadina. Nell’intera provincia piacentina, invece, sono stimati 22mila credenti in Allah, ovvero il 7% della popolazione residente. Provengono dai quattro angoli del mondo, più di 30 nazionalità sono rappresentate: dalla Turchia all’Indonesia, dai Balcani fino al Maghreb. La loro presenza esprime la complessità e la ricchezza del mondo islamico, un patchwork di etnie e culture molto diverse fra di loro. Di moschee in piena regola a livello architettonico, nel Paese, ce ne sono solo quattro: a Milano, a Torino, a Roma, a Ravenna e a Colle di val d’Elsa, in provincia di Siena. Il resto sono tecnicamente delle associazioni culturali dove si prega e si fa attivismo sociale e culturale. L’Emilia Romagna è la secon-

Nel capoluogo sono circa 9mila i residenti di religione islamica, quasi il 10% della popolazione

sale di preghiera di Borgonovo val Tidone e di Fiorenzuola. “Il musulmano piacentino “tipico” è un padre di famiglia di origine marocchina che fa l’operaio, il magazziniere o il facchino e che ha mandato con il sudore della sua fronte i figli a scuola e poi all’università. Così’, oggi, sta emergendo in città una seconda generazione colta e consapevole della propria identità complessa; giovani che fanno gli imprenditori, gli ingegneri, i medici, gli educatori”, osserva Yassine Baradai, direttore del Centro della Comunità Islamica di Piacenza e Provincia. La “moschea” di strada Caorsana è la più ampia e frequen-

tri Islamici più importanti e moderni d’Italia. La struttura dell’edificio, un tempo adibito a magazzino industriale, richiama tutti gli elementi architettonici tipici di una moschea araba: dalla scala antincendio a forma di minareto all’ampio giardino interno con fontana centrale, ornata da eleganti pia-

ni. Il grande cortile e il giardino del Centro sono sede di convegni, conferenze e feste religiose comunitarie sempre aperte a tutta la cittadinanza. I rapporti consolidati con le precedenti amministrazioni in città, che partecipavano attivamente alle iniziative intercutu-

ganizzare la vita comunitaria, coordinare le attività culturali e fare da portavoce. Quest’ultimo, di origine marocchina, è dal 2015 il volto istituzionale della “moschea”: E’ giunto da Milano con il preciso incarico di gestire una realtà in piena crescita. Ha un passato da manager per Islamic Relief Italia, una organizzazione umanitaria internazionale che aiuta le popolazioni musulmane in stato di sofferenza. Inoltre, dal 2017, Yassine Baradai è segretario generale dell’Ucoii

strelle. All’interno, la “moschea” si articola su due piani, al secondo ha sede l’Istituto Averroè, la scuola di lingua araba per i figli dei musulmani ma anche per italiani. Le donne hanno i loro spazi e la loro sala da preghiera separata da quella degli uomi-

rali lanciate dalla “moschea”, sono oggi sensibilmente cambiati. Le relazioni con l’attuale giunta sono più fredde, distanti ma “ sempre corrette e formali, il sindaco non ci ha mai negato un appuntamento o un incontro”, puntualizza Baradai. Anche a livello di organizza-

(Unione delle Comunità Islamiche Italiane), la principale organizzazione islamica in Italia, di ispirazione conservatrice e ritenuta vicina ai Fratelli Musulmani. In città c’è anche la “moschea“ di via Mascaretti, un piccolo edificio sede del secondo centro islamico della città. Quest’ulti-

La “moschea” di strada Caorsana è la più ampia e frequentata del territorio, punto di riferimento per migliaia di musulmani da regione dopo la Lombardia per numero di luoghi di culto musulmano con circa 130 edifici religiosi su poco più di 800 centri islamici esistenti oggi a livello nazionale. A Piacenza e provincia ne sorgono quattro nei decenni ‘90-’00: il centro islamico di strada Caorsana, quello di via Mascaretti e le

ma si trova in zona piazzale Torino. Il posto, un ex fonderia, non è neanche un Centro, men che meno una moschea. E’ una “mussala”, che in arabo significa una semplice sala di preghiera che può ospitare al massimo 60 persone. A guidarla da 30 anni è Mohamed Shemis, un artigiano egiziano che cumula le funzioni

tata del territorio, punto di riferimento per migliaia di musulmani. Al venerdì, quest’angolo della periferia si popola di 2000 fedeli che accorrono per la preghiera in congregazione. Nata nel 2007 da una scissione con la prima comunità islamica in città, la “moschea” di strada Caorsana è oggi uno dei Cen-

di presidente e imam. Shemis, laureato in ingegneria all’’Università del Cairo, è uno dei primi musulmani a stabilirsi a Piacenza. Non è diplomato in teologia islamica, si è guadagnato i galloni sul campo perché, fra i primi immigrati islamici della città, era il più colto. “Molti di loro, erano semi-analfabeti, facevano fatica a leggere il Corano”, ricorda l’imam. Shemis è un po’ la memoria storica delle varie ondate migratorie dei musulmani in città: “All’inizio eravamo in pochi, il primo nucleo di islamici è arrivato alla fine degli anni ‘80, poi sono arrivati gli algerini che fuggivano dal terrorismo, dopo i bosniaci e i kosovari, reduci dalle guerre yugoslave, e poi tutti gli altri. Oggi molti dei nostri fedeli sono richiedenti asilo sbarcati da Lampedusa”. I Centri Islamici in provincia sono minuti, scarni e funzionali alle esigenze dei lavoratori che faticano nei cantieri e nelle grosse aziende fuori città e che non possono permettersi di recarsi a Piacenza alla “Grande moschea” di strada Caorsana per le cinque preghiere. Cosi sono nati, nel 2000, il centro di Borgonovo, gestito da fedeli marocchini, e ne 2002 quello di Fiorenzuola, unico centro amministrato da africani sub-sahariani, prevalentemente originari del Burkina Faso.

In alto, Yassine Baradai, direttore del Centro della Comunità Islamica di Piacenza. Nelle altre foto, l’interno e i giardini della “moschea” di Strada Caorsana


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WEEKEND

Collezionismo in mostra allo Spazio XNL Fino al 24 maggio nell’edificio ex Enel “XNL spazio per le arti contemporanee”, prosegue la mostra sul collezionismo inaugurata il primo febbraio scorso “La rivoluzione siamo noi”. La mostra prende il titolo da un’opera di Maurizio Cattelan, che in un atto narcisistico si pone in relazione con l’omonima opera di Josef Beuys ed è curata da Alberto Fiz, che con questa esposizione intende documentare il fenomeno del collezionismo nella sua globalità attraverso le vicende di oltre mezzo secolo. La raccolta propone più di 150 opere suddivise

in otto sezioni. Tanti autori di spicco trovano una collocazione in questa esposizione che assembla opere provenienti da 18 collezioni diverse: Piero Manzoni, Maurizio Cattelan, Marina Abramović, Tomás Saraceno, Andy Warhol, Bill Viola, Dan Flavin, William Kentridge. L’esposizione nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Piacenza e Vigevano e la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, che ospiterà parte della mostra e costituirà un a naturale prosecuzione della visita. Info: www. xnlpiacenza.it - 02 45395116

Ale & Franz nella “Storia di Romeo e Giulietta” Al Municipale l’11 e 12 febbraio per la stagione di prosa “Tre per Te” Per la stagione di prosa “Tre per Te” - proposta da Teatro Gioco Vita, direzione artistica di Diego Maj, con la Fondazione Teatri di Piacenza, il Comune di Piacenza e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano e Iren - rivedremo al Teatro Municipale Ale & Franz (nella passata stagione ospiti con “Nel nostro piccolo”), intrepreti di “Romeo & Giulietta (Nati sotto contraria stella)”. Lo spettacolo, in scena l’11 e 12 febbraio è tratto da William Shakespeare, drammaturgia e regia di Leo Muscato. L’ormai storica rivisitazione della vicenda shakespeariana proposta da Muscato pone come veri protagonisti dello spettacolo non i personaggi dell’opera, ma sette vecchi comici girovaghi che si presentano al pubblico per interpretare “La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo”. A fianco di Ale & Franz un cast di grande livello: Eugenio Allegri, Marco Gobetti, Paolo Graziosi, Marco Zannoni. Ale e Franz e un cast di consumati attori di teatro sono sette vecchi comici girovaghi che si presentano al pubblico per interpretare

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L’Opera Minima di Schittino, omaggio a Illica Nell’ambito della stagione lirica del Municipale, prosegue l’omaggio a Luigi Illica nel centenario della morte con la rappresentazione, in prima assoluta, della nuova opera lirica, su musica di Joe Schittino e libretto di Claudio Saltarelli, “L’Opera Minima”. Joe Schittino (1977), compositore italoamericano, è tra le voci di nuova generazione più interessanti del panorama internazionale, Il lavoro, liberamente tratto da “Farfalle, effetti di luce”, prima creazione dell’Illica, sarà proposto, presso il Teatro Municipale di Piacenza, venerdì 7 febbraio 2020 alle ore 10,30 in anteprima per le scuole e domenica 9 febbraio 2020 alle ore 15,30 (fuori abbonamento). Il libretto, liberamente tratto dal lavoro giovanile Farfalle di Illica, porta la firma del poeta, librettista e drammaturgo piacentino Claudio Saltarelli. L’opera, che sarà eseguita in forma di concerto, vedrà la presenza di giovani cantanti e allievi del Conservatorio Nicolini di Piacenza e la proiezione dei dipinti originali appositamente creati dall’artista piacentino Guido Morelli. Per l’occasione sarà impegnata l’Orchestra Giovanile della Via Emilia, nata nel 2018 dall’unione dei migliori strumentisti dei Conservatori di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena. Sul podio l’esperto Giovanni Di Stefano che ha già diretto numerose prime esecuzioni moderne d’opera. Per informazioni: Biglietteria del Teatro Municipale, tel. 0523 492251 biglietteria@teatripiacenza.it www.teatripiacenza.it

Concorso Bettinardi 2020: è la volta dei Gruppi

“La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo”. Sono tutti uomini e ognuno di loro interpreta più personaggi, anche quelli femminili, osservando l’autentico spirito elisabettiano. Rivali e complici allo stesso tempo, da un lato si rubano le battute, dall’altro si aiutano come possono. A volte le intenzioni dei personaggi si confondono con le loro, provocando una serie di azioni e reazioni a

catena che involontariamente finiscono per massacrare la storia dell’esimio poeta! Nonostante tutto, però, la storia di Romeo e Giulietta vince su ogni cosa, riuscendo persino a commuovere; forse perché dalla loro goffaggine traspare una verità che insinua un forte dubbio: quello che, in questa storia, più di chiunque altro, sono proprio loro quelli… Nati sotto contraria stella.

Convinti di essere dei bravi attori, non si rendono conto che, in realtà, quando sono in palcoscenico, non riescono neanche a dissimulare i loro rapporti personali fatti di invidie, ripicche, alleanze, rappacificazioni. Per informazioni: Teatro Gioco Vita, Biglietteria 0523.315578 Uffici 0523.332613, info@teatrogiocovita.it

A Castelsangiovanni Vanessa Incontrada in “Scusa sono in riunione, ti posso richiamare?” Sarà anticipato a martedì 11 febbraio lo spettacolo “Scusa sono in riunione, ti posso richiamare?”, inizialmente nel cartellone del Verdi di Castelsangiovanni per il 12 febbraio. Protagonisti Vanessa Incontrada e Gabriele Pignotta in una commedia scritta e diretta da Gabriele Pignotta con Fabio Avaro, Siddhartha Prestinari, Nick Nicolosi. Già il titolo racconta molto di questa commedia, una frase che si trasforma in tormentone, per una generazione, quella dei quarantenni di oggi, abbastanza cresciuta da poter vivere inseguendo il successo e la carriera ma non abbastanza adulta da poter smettere di ridere ed ironizzare su se stessa. Ex ragazze ed ex ragazzi che senza accorgersene sono diventati donne e uomini con l’animo diviso tra le ambizioni ed i propri bisogni di affetto, ma anche in fondo persone portatrici sane di un fallimento sentimentale

vissuto sui ritmi frenetici di un’esistenza ormai dipendente dalla tecnologia che non lascia spazio ad un normale e sano vivere i rapporti interpersonali! Ma cosa succederebbe se queste stesse persone per uno strano scherzo di uno di loro si ritrovassero protagonisti di un reality show televisivo? La risposta rimane di proprietà di un pubblico che dopo avere riso di se stesso si interrogherà a lungo sul senso di molti aspetti della sua vita! Dopo il grande successo teatrale di “Mi piaci perché sei così” e quello cinematografico di “Ti sposo ma non troppo” ritroviamo la coppia Incontrada-Pignotta in una commedia geniale, travolgente, assolutamente da non perdere! Informazioni: www.comune.castelsangiovanni.pc.it - Biblioteca Comunale Villa Braghieri Tel: 0523 889613 - E-mail: villabraghieri@sintranet.it

In diciassette anni di attività il Concorso Nazionale per giovani talenti “Chicco Bettinardi” ha visto sfilare molte giovani speranze del Jazz italiano e alcune di loro stanno effettivamente brillando nel firmamento musicale. Strettamente abbinato al Piacenza Jazz Fest, il Concorso è dedicato alla memoria di Chicco Bettinardi, uno tra i fondatori del Piacenza Jazz Club purtroppo prematuramente scomparso in un incidente automobilistico. Il contest si tiene nel mese che precede il festival e, oltre a un premio in denaro ai primi due classificati per ogni sezione, offre l’opportunità di un ingaggio nell’edizione successiva del Piacenza Jazz Fest. La finale di sabato 8 febbraio alle ore 21.30 al Milestone di Piacenza (ingresso gratuito con tessera Piacenza Jazz Club o Anspi) è riservata ai gruppi precostituiti, dal trio al sestetto, tra i cinque selezionati sulla base del materiale inviato. La Giuria chiamata a valutare i due gruppi migliori di questa edizione è come sempre composta da musicisti ed esperti del settore, a partire dal presidente, il saxofonista, compositore e insegnante al Conservatorio di Milano Tino Tracanna, coadiuvato nella scelta da Giuseppe Parmigiani, altro saxofonista oltre che compositore e arrangiatore, Gianni Azzali, saxofonista e direttore artistico del Piacenza Jazz Fest, i giornalisti e critici musicali Aldo Gianolio per “JazzIT”, Oliviero Marchesi per Cairo Editore, Pietro Corvi per il quotidiano “Libertà” e Paolo Menzani per “Piacenza Sera”. I gruppi selezionati sono un bello spaccato del panorama nazionale, di livello qualitativo elevato e con approcci e idee musicali molto interessanti. Da Torino ecco i Perceive, quintetto composto da Giulia D’Amico alla voce, Edoardo Casu al flauto, Lorenzo Blardone al pianoforte, Carlo Bavetta al basso e Andrea Bruzzone alla batteria. Sono invece di Agropoli, in provincia di Salerno, i Pasquale Mandia Trio, con Biagio Russo al pianoforte, Gabriele Pagliano al contrabbasso e Pasquale Mandia alla batteria. A seguire sarà la volta dei Tarsius, un gruppo di ragazzi di Piovene Rocchette, in provincia di Vicenza, composto Riccardo Pettinà al pianoforte, da Lorenzo De Luca al sax tenore, da Matteo Padoin al contrabbasso e da Giacomo Albertelli alla batteria. Da Poggibonsi, in provincia di Siena, si presenteranno i Lost in the supermarket, quartetto con Anais Del Sordo alla voce, Giovanni Ghizzani al pianoforte, Kim Baiunco al contrabbasso e Giuseppe Sardina alla batteria. In sei l’ultimo gruppo della serata, i #RedingProject di Caltanissetta, con una formazione che vede alla voce Roberta Sava, alla tromba Filippo Schifano, al sax tenore Fabiano Petrullo, al pianoforte Francesco Leo, al basso Stefano India e alla batteria Federico Gucciardo.

Al Duse di Cortemaggiore arriva “Töla sö Dulsa” Cambio di programma al Duse di Cortemaggiore sabato 8 febbraio alle ore 21; lo spettacolo originariamente previsto “Dracula a Comedy” è stato cancellato e la direzione del teatro ha deciso di affidare la serata alla compagnia Filodrammatica San Bernardino di Bettola che porterà in scena una commedia dialettale originale dal titolo Töla sö Dulsa scritta proprio dal regista Massimo Calamari. Tre atti brillanti ambientati in casa di Giulio, un imprenditore edile fallito e salvato dalla bancarotta dal cognato Valerio, che si presenta al pubblico come uno strozzino attaccato al

danaro. Due ore di allegria garantite, come da tradizione riservano le commedie dialettali. In scena il gruppo consolidato capitanato da Cristina Bertinetti nel ruolo di Placida, Marco Marcotti in quello di Valerio, Massimo Calamari sarà Giulio, Claudio Carini Cleto, Stefano Davoli vestirà i panni di Giordano, mentre Doriano Iencinella si calerà nel ruolo di Cesare e Stefano Chiappa in quello di Oliver. Per Susanna Brizzolesi, sarà Angela e Sabina Ballestrazzi Robi, nei panni di Teresa Federica Raimondi. L’ingresso è libero ma la prenotazione consigliata al 3930329042.

Giornale indipendente: distribuito gratuitamente nella città di Piacenza e nei comuni limitrofi attraverso espositori posti nei luoghi di aggregazione e passaggio. Direttore responsabile: Giuseppe De Petro. g.depetro@corrierepadano.it

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6 febbraio 2020

Corriere Padano

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Numero 5

Giovedì 6 febbraio 2020

Piacentini La genesi del Polo logistico piacentino

Mino Politi: “Ora puntare sul Polo del Ferro” di Antonella Lenti

POLITICA

Matteo Rancan: “Da Piacenza a Bologna ecco le mie priorità”

di

Giovanni Volpi

arte

cultura

scuola

XNL dopo la rivoluzione

Romano Gobbi, il libro e l’arte

Enaip: “ Le sfide del lavoro che cambia”

Alberto Fiz e il futuro di Palazzo ex Enel

Il ritratto dell’amico Ippolito Negri

Formazione e promozione sociale

di Giovanni Volpi

di Francesca Lombardi

di Federico Tanzi


Corriere Padano

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Piacentini Arte

6 febbraio 2020

XNL dopo la rivoluzione di GIOVANNI VOLPI

X

NL in prospettiva. Il nuovo spazio dedicato all’arte contemporanea di via Santa Franca, diventerà davvero la scintilla che farà “esplodere” Piacenza sul piano culturale? Oppure dopo i fasti di La rivoluzione siamo noi, la grande mostra che l’ha inaugurato e aperta fino a maggio, il palazzo ex-Enel rischia di diventare un altro scatolone vuoto, uno dei tanti spazi polifunzionali presenti in città? Nessun pregiudizio o intento disfattista, per carità. Dai primi dati sui visitatori La rivoluzione siamo noi si sta già rivelando un successo di pubblico. L’abbiamo vista, ci è piaciuta e consigliamo a tutti di fare questo tuffo straordinario nell’arte contemporanea. Quello che però ci incuriosisce, come dicevamo, è il dopo, al di là dei proclami di rito da parte dei notabili della città. E di questo abbiamo discusso con un osservatore esterno, coinvolto in toto nella prima iniziativa di XNL, ma comunque fuori dai giochi piacentini. Stiamo parlando di Alberto Fiz, il curatore di La rivoluzione siamo noi. Piemontese, è il deus ex machina che ha guidato l’allestimento della rassegna, portando a Piacenza oltre 150 opere di 18 grandi collezionisti italiani e mettendo in mostra una serie di capolavori, che coprono oltre 50 anni di arte contemporanea da Giorgio De Chirico a Maurizio Catellan. Un’operazione mai tentata prima e così apprezzata dagli addetti ai lavori, che un grande collezionista come Tullio Leggeri s’è augurato che l’iniziativa piacentina possa diventare la Biennale internazionale del collezionismo.

TERRENO FERTILE PER LA CULTURA A Piacenza Fiz racconta di aver trovato un terreno molto fertile sul piano culturale. “Quando ho proposto questo progetto non facile e in qualche modo visionario alla Fondazione di Piacenza e Vigevano è stato accolto con grande entusiasmo. Ho avuto pieno sostegno rispetto alle mie scelte, tenendo conto che abbiamo dovuto affrontare tematiche complesse anche legate al trasporto e all’installazione. Insomma, non mi è mai stato detto di no. Sapevo che questo era un grande sforzo per un’istituzione che inaugurava uno spazio nuovo oltretutto con una mostra così difficile anche nella sua progettazione”. Perché i 18 collezionisti che hanno accettato di venire a Piacenza, tra i maggiori del nostro Pae-

Dopo la grande mostra sull’arte contemporanea che ha inaugurato gli spazi del palazzo ex-Enel, quali sono le prospettive di un centro culturale di questo tipo in una città come la nostra? Ecco come la pensa Alberto Fiz

se, “non sono stati coinvolti come semplici prestatori; abbiamo deciso insieme come intervenire sulle loro collezioni, anche se la decisione finale sull’allestimento delle opere l’ho presa da solo. Perché il mio obiettivo non era raccontare il loro singolo collezionismo, ma raccontare attraverso di loro la storia del collezionismo”. RICCI ODDI TRASFORMATA Un altro punto chiave che dimostra quanto il terreno piacentino possa offrire sul piano culturale “è la trasformazione vera e propria della Galleria Ricci Oddi con una sezione legata agli spazi di monocromia ma con grandi installazioni. C’è per esempio la Mercedes rivista di Tobias Rehberger oppure la deflagrazione che si trova nel salone centrale della Galleria con Mike Nelson e il suo percorso letterario intorno alla storia degli amnesiac”. Insomma, un contrasto forte tra arte moderna e arte contemporanea tutto da gustare. RIVOLUZIONE PIACENTINA In questo contesto, anche grazie al centro XNL, la nostra città ha tutte le carte in regola per emergere: “È un polo fondamentale nella cultura italiana e un punto di riferimento privilegiato sulla direttrice tra Milano e Bologna”, sostiene Fiz. Ma serve coraggio e un cambio di mentalità. “Piacenza si può distinguere se fa delle proposte fortemente autonome, magari non convenzionali, con una visione del contemporaneo molto specifica”. Non è tanto e solo una questione di spazi polifunzionali. “Bisogna avere una programmazione, bisogna far sì che lo spazio sappia comunicare e che lo spazio diventi esso stesso messaggio. E questo XNL lo può fare”, sottolinea Fiz. “Perché è un luogo estremamente piacevole, nel centro della città, pensato anche per spettacoli, rassegne cinematografiche ed eventi conviviali. Se c’è una volontà forte, come questa rassegna dimostra, credo che si possa arrivare a grandi risultati”. MILANESI IN TRASFERTA Tutto bello, ma resta un ultimo dubbio: la vicinanza con Milano rispetto alle iniziative sull’arte contemporanea può essere un vantaggio o uno svantaggio? “Credo che siano i milanesi che debbano venire a Piacenza. Milano ha un suo percorso; Piacenza ha caratteristiche differenti e non c’è nessuna subalternità rispetto al capoluogo lombardo. Credo che La rivoluzione siamo noi lo dimostri in pieno. Questo - conclude Fiz - è un progetto che è già stato definito la prima Biennale internazionale del collezionismo, quindi potrebbe stare in qualsiasi museo del mondo”.


6 febbraio 2020

Corriere Padano

Piacentini Cultura

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Romano Gobbi, il libro e l’arte C

on Romano Gobbi, straordinaria figura di libraio-imprenditore-promotore di cultura, se ne va un pezzo importante di Piacenza. Non se ne vanno, per fortuna della città, le sue creature: la libreria Internazionale di via Romagnosi e la Postumia di via Emilia Pavese, quartiere Sant’Antonio. A Ippolito Negri, giornalista e amico di Gobbi, abbiamo chiesto un ricordo. Generosamente, del decano dei librai piacentini, Negri ci ha restituito un efficacissimo ritratto in piedi. “Il primo ricordo che ho di Romano – racconta il noto giornalista – risale ai primi anni Sessanta, quando lui cominciava a vendere libri porta a porta per Mondadori. La sua figura di libraio l’ho vista crescere mano a mano, ho seguito l’evoluzione dei suoi negozi, avendo, come

molti, il pallino e la passione per i libri. La sua prima libreria la troviamo in piazza Sant’Antonino, poi in via Verdi e infine in via Romagnosi, in una sede diversa da quella attuale, poche decine di metri più avanti, sull’altro lato della

FRANCESCA LOMBARDI

Il ricordo dell’amico Ippolito Negri con cui creò la rivista l’Urtiga: “Intellettuamente curioso e attento alla contemporaneità, legatissimo alla terra. Mai fazioso, nessun pregiudizio, da lui c’era spazio per tutti” via. Alla fine degli anni Sessanta, intellettualmente curioso e attento alla contemporaneità, ebbe l’intuizione di cavalcare il mondo dell’arte, ospitando la mostra di Lucio Fontana, allora artista poco noto [con il Centro di Documentazione Visiva, nato su iniziativa di un gruppo di giovani artisti piacentini, tra cui William Xerra, Ugo Locatelli, Alberto Esse su impulso di Lorenzo Spagnoli, ndr]. “Gobbi - prosegue Negri - ha sempre mescolato la genialità e la concretezza del contadino (la terra, oltre ai libri, era la sua passione). Genialità: intuì che le barche possono essere fabbricate anche lontano dall’acqua, ricordo qui che il cantiere Gobbi di Sariano è del fratello. Per quanto riguarda i libri, concepiva la sua libreria come un cenacolo, come luogo di incontro e commistione fra libri e arte. Con la mostra di Fontana seppe cogliere lo spirito del tempo, fu un esperimento. Del resto aveva indubbie capacità, un robusto senso degli affari, la spiccata capacità di rapportarsi col cliente: mai ha mandato via qualcuno senza il libro desiderato. Sportivo e organizzatore, fu tra i primi a dedicarsi allo judo. Tra i fondatori del circolo ‘La Primogenita’, negli anni Settanta crea

una rivista periodica insieme a Pier Luigi Peccorini Maggi. Oltre alla grande libreria di via Romagnosi ha l’idea di acquisire l’ex chiesetta di via San Giuliano con l’intento di ospitarvi happening e attività. In seguito, i libri si mette anche a stamparli, assecondando quella voglia di scrivere che abbiamo un po’ tutti”. Nessun interesse per l’informazione? “Mi chiedeva allora come si fa un quotidiano e io gli rispondevo: i primi tre anni butti via i soldi, poi devi decidere se fermarti o buttarne via degli altri. In occasione dell’ultimo tentativo della Cronaca (quotidiano piacentino, in edicola per qualche anno), offrì la chiesetta come sede per la redazione con la convizione che il dibattito, la pluralità di voci, contribuisce alla crescita collettiva. Non fece mai nessuna scelta di campo, c’era spazio per tutti: da Nello Vegezzi a Peccorini Maggi. Sulla nostra rivista l’Urtiga teneva insieme il partigiano Ettore Carrà e Maurizio Dossena. Tanto è vero che il suo ricordo è stato bipartisan. Tra i clienti più assidui aveva Carlo Berra, Daniele Novara, Corrado Sforza Fogliani, cioè tutti quelli interessati alla cultura, senza distinzione. Il suo vanto era di avere tutte le pubblicazioni locali”.

Come nasce l’idea della rivista l’Urtiga? “Nasce nel 2012 da lui e da Luigi Paraboschi [compianto ex preside e coltissimo studioso di dialetti, piacentino in primis, ndr] con l’intento di fare qualcosa legata a Piacenza e alla sua lingua vernacola. Poi il dialetto è stato ritenuto un po’ riduttivo. Mi è stata proposta la gestione e la direzione e da allora – 2012 – con Romano ci siamo visti tutte le mattine fino al giorno del suo incidente. Tre numeri all’anno, per lui non è stato un giocattolo ma un impegno duraturo. Lasciava molto liberi ma chiedeva di scrivere a tutti quelli che passavano in libreria e riteneva degni di fiducia. Tra le firme più assidue, oltre a Paraboschi, Carmen Artocchini, Cesare Zilocchi, Gigi Rizzi. La rivista tratta di cultura piacentina in senso lato: dalla storia al dialetto. Romano ha avuto la forza di coinvolgere le persone, non ha mai voluto pubblicità, io ho cercato di inserirvi claims d’epoca, chissà che in futuro... Beh, andremo avanti, con le le figlie che hanno raccolto la sua eredità”. La famiglia, dunque. “Ha educato le tre figlie al mestiere di libraio, ha avuto un grande supporto dalla moglie che era il vero uomo d’ordine dell’azienda. Di Mariuccia [la moglie, ndr] ha sofferto molto la perdita, così come ha sofferto la perdita di alcuni grandi amici: Lino Gallarati, Luigi Paraboschi, Pier Luigi Peccorini Maggi. Erano i suoi punti di riferimento. Quando sono venuti a mancare a poco a poco ha iniziato a staccarsi dalla vita”. Le librerie hanno ancora un futuro? “Il sistema migliore è usare gli stessi canali della modernità: tutto il magazzino dei fuori catalogo ai colossi on line ha iniziato a fornirli lui. Il magazzino della Romagnosi è sterminato, anzi di più. Alla Postumia ci sono bancali e bancali di libri ricchi di tesori, ovvero di tante prime edizioni. In questo senso, come vero e proprio giacimento, le librerie hanno un futuro. Romano, ecco un ultimo esempio, aveva una grande passione per i libri piacentini, voleva averli e tenerli tutti. Negli ultimi tempi ancora andava a cercarli sui mercatini”. Nelle foto, Romano Gobbi. In alto, insieme a Giovanni Chiarini

“Nella pietra e nel sangue”, Dadati indaga su Pier delle Vigne

I

l mistero della morte di Pier delle Vigne che nemmeno Dante aveva saputo risolvere... “Nella pietra e nel sangue” (Baldini+Castoldi) è il nuovo romanzo di Gabriele Dadati che l’autore presenterà sabato 8 febbraio alle 17 presso la Galleria Biffi Arte insieme a Luca Fiorentini. Romanzo storico e giallo letterario insieme, in cui passato e presente si intrecciano fino al gran finale ma anche una scanzonata storia d’amore dei nostri tempi. Pisa, primavera 1249. Un uomo cammina per le strade della città condotto per mano da un ragazzino. È cieco. Quando capisce

di essere di fronte alla chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno, inizia a correre a testa bassa. Se la fracassa contro la facciata, sotto lo sguardo atterrito del suo accompagnatore. Muore così, in maniera atroce, Pier delle Vigne, che fino a poche settimane prima era l’uomo più potente della corte di Federico II. Ma l’imperatore ha scoperto il suo tradimento, l’ha spogliato di ogni ricchezza e l’ha condannato. Roma, oggi. Dario Arata, giovane dantista, si mette sulle tracce di quella vicenda. Perché Pier delle Vigne tradì il suo signore? E soprattutto: se una volta accecato fu lasciato libero, perché si uccise?

Forse voleva scappare da qualcosa di ancora peggiore. Anche se è difficile immaginare cosa. Dario ci prova a partire dagli antichi commenti al XIII Canto dell’Inferno, dove Pier delle Vigne sconta la sua pena tra i suicidi. Inizia così un viaggio attraverso i secoli, con la sensazione che ci sia un segreto spaventoso da svelare. «Nella pietra e nel sangue» è insieme romanzo storico e giallo letterario, in cui passato e presente si intrecciano fino al gran finale. Ma è anche una scanzonata storia d’amore dei nostri tempi. Quella tra Dario e Lucia, che sanno starsi accanto di fronte agli orrori della storia.


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Piacentini Società

6 febbraio 2020

Il polo logistico piacentino, la genesi ANTONELLA LENTI

I

l progetto di realizzare un Polo logistico a Piacenza prese corpo nei primi anni Novanta sulla base di alcune considerazioni che avevano come punto di partenza la realtà economica della città. Se ne parlò per la prima volta durante l’elaborazione del programma elettorale che supportò la candidatura di Giacomo Vaciago. L’idea di un Polo logistico a Le Mose iniziò a farsi strada sulla base della convinzione che avrebbe rappresentato un elemento positivo per il settore dell’autotrasporto che a Piacenza aveva una rappresentanza consistente di operatori e puntando poi sul fatto che la zona di Le Mose offriva una grande potenzialità strategica. L’idea - che era stata portata alla discussione da Carlo Merli in contatto con gli autotrasportatori locali - cominciò a concretizzarsi nei

mesi successivi e si iniziò ad accendere anche l’interesse degli operatori del settore. Intanto si compirono i primi passi per verificare la fattibilità del progetto anche se poi si vedrà che saranno tante le azioni e gli attori in campo per renderlo fattibile. E non senza stop and go.

Si avviarono i primi passi del progetto I primi passi del progetto videro la creazione di una società che raggruppava gli autotrasportatori. Nacque così Piacenza Intermodale in essa entrano a far parte una ventina di associati e ne fu promotore Tito Fugazza. La necessità

Il progetto iniziò a prendere corpo all’inizio degli anni novanta e si sbloccò anche grazie alla decisione di Ikea di realizzare a Piacenza il più grande centro logistico del Sud Europa

lano durante la presentazione del Rapporto di previsione del settore del mobile in Europa e Usa che il Centro di ricerca di cui era socio Mino Politi (in quel periodo neo assessore allo sviluppo economico del Comune di Piacenza) aveva i contatti anche con Ikea. In quel momento le intenzioni di Ikea di realizzare il più grande centro logistico del Sud Europa (comprendeva anche Svizzera, Baviera, Austria se parte della Francia fino a Lione) coincisero con i progetti di Piacenza di avviare il Polo logistico. I rappresentanti di Ikea quindi vennero a Piacenza per effettuare un sopralluogo e si convinsero – come rivelarono in diversi incontri – dell’importanza di Piacenza nello scacchiere Mediterraneo-Nord Europa.

L’avvio degli iter burocratici: vendita e acquisto terreni

di poter avere un unico interlocutore con cui discutere il progetto di Polo logistico era stata avanzata dal Comune. In quella fase nulla era ancora deciso e si era in un momento di studio nel quale s’intendeva mettere sul tavolo per analizzarle attentamente tutte le potenzialità dell’idea e gli ostacoli che si sarebbero potuti evidenziare. Pareri positivi, pareri negativi si allineano in attesa di una decisione concreta.

Lo sviluppo della Cina l’Europa il suo mercato finale Nel frattempo sullo scenario macroeconomico iniziarono ad avvertirsi modificazioni di

grande significato e che avrebbero dato fiato all’idea di un Polo logistico nel Piacentino. A spiccare su tutto fu il decollo dello sviluppo industriale della Cina e il conseguente flusso di merci che in questi anni d’inizio globalizzazione videro l’Europa come un grande bacino di consumo di prodotti finiti e acquisto di semilavorati. Sempre in quel periodo in Italia si assisteva all’avanzare massiccio della grande distribuzione. E come anello conseguente si faceva largo la necessità dello stoccaggio delle merci. Chiaro-scuri su una prospettiva di un Polo logistico piacentino che poi, improvvisamente, si sbloccò. Il contatto arrivò casualmente a Mi-

La decisione da parte di Ikea fu presa prima ancora che si fossero completate le procedure burocratiche necessarie per rendere concreta la decisione. Primo impegno da assolvere per il Comune procurarsi le risorse finanziarie con la vendita dei poderi del Comune che a tempo sommavano a un valore di mercato di circa 20 miliardi di lire. Un’impresa non facile visto che l’alienazione era stata tentata varie volte senza successo. Senonchè poco tempo prima una legge varata dal Parlamento avrebbe favorito quel tipo di vendite. A questo punto il Comune decise di creare una società pubblico-privata per la gestione delle aree. La chiamò Piacenza Sviluppo ad essa vennero conferiti i terreni e nacque con partner la Confindustria locale e la stessa Piacenza Intermodale. Lo scopo della società era attrarre investimenti a Piacenza selezionando gli investitori migliori in termini di occupazione e allo scopo di governare il nascente Polo logistico. Quindi si arrivò all’azione concreta: furono indette le aste e furono vendute tutte le aree e con parte di quella somma furono comprati dall’Ausl i terreni di Le Mose (comprese le aree per la nuova Fiera) e il podere di Montecucco. L’acquisto fu veloce e con quell’incasso anche i conti dell’Ausl si alleggerirono del rosso che avevano accumulato. Ma le difficoltà non potevano dirsi concluse. Un polo logistico non può non avere i binari per contare sul collegamento ferroviario. La procedura non fu facile né veloce. La presenza di Piacenza in questo settore si era manifestata improvvisa e sullo sfondo si stagliavano gli interessi del preesistente polo logistico parmense. Alla fine, anche per la coincidente necessità di concludere gli accordi per l’Alta velocità e grazie alla personalità di Vaciago, molto rispettato negli ambienti istituzionali di Roma, si arrivò ad ottenere il collegamento ferroviario con il polo di Le Mose.


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Piacentini Società

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Mino Politi: “Ora puntare sul Polo del Ferro” ANTONELLA LENTI

Mino Politi

Il ricorso e lo stop dal Tribunale di Piacenza Mancavano ancora le varianti urbanistiche. Prima di arrivare alla conclusione e all’attuazione del progetto sul percorso arrivò anche un ricorso al Tribunale di Piacenza da parte di un privato che si sentì danneggiato dall’operazione. Questo fatto portò allo stop da parte del Tribunale: un mezzo terremoto che determinò l’affossamento di Piacenza Sviluppo da cui uscì Confindustria e le dimissioni del segretario generale del Comune. In pista invece rimasero gli autotrasportatori di Piacenza Intermodale guidati da Tito Fugazza. Le cose poi proseguirono e per portare a conclusione

Europa era stato fatto a Barcellona con l’elaborazione del primo piano strategico (datato appunto anni Novanta) anche la politica locale si stava dando strategie e obiettivi alti. Motore dell’iniziativa politica di quel periodo fu Alleanza per Piacenza, un movimento – mai diventato partito – che era nato dalla società civile e che aveva elaborato un programma ambizioso con l’obiettivo di dare slancio allo sviluppo della città che usciva da un lungo periodo di instabilità politica, diversi i sindaci espressione di varie maggioranze, esperienze poi tutte fallite che portarono al commissariamento del comune e successivamente alle elezioni nel 1994. Competizione elettorale diversa dalle altre in cui debuttò il nuovo sistema elettorale.

Dopo diversi stop and go, per portare a conclusione il Polo Logistico fu utilizzato lo strumento urbanisto PIP il Polo Logistico fu utilizzato uno strumento urbanistico definito PIP (Piano integrato produttivo). Punto focale del PIP è che i terreni produttivi furono dati concessione per 60-90 anni anziché in proprietà. Quindi furono assegnati tutti i terreni con asta pubblica a IKEA, Piacenza Intermodale e al più grande operatore logistico di Anversa. Una volta assegnate le licenze di edificazione partirono i lavori, poco prima della scadenza del mandato amministrativo. Si era nel 1998. Mentre era in corso la campagna elettorale fu presentato un altro ricorso, questa volta al TAR, da parte dello stesso privato rappresentato da un’associazione di categoria con pochissimi associati. Il ricorso ritardò solo di qualche mese i lavori.

Piacenza e la sfida della competizione territoriale Una situazione stagnante, quella piacentina, nella quale si poneva l’urgenza di attrarre investimenti dall’esterno puntando sul fatto che in quel momento erano state messe sul mercato le aree di proprietà dell’Ausl a Le Mose. Il punto di partenza per questo progetto poggiava sostanzialmente su una scuola di pensiero che in quegli anni si andava diffondendo e che faceva perno sul concetto di attrattività territoriale perché, con l’avvicinarsi dei mercati globalizzati, si sarebbe sempre più sviluppato il confronto e la competizione tra territori che puntavano alla crescita economica, produttiva e anche culturale. Si era negli anni immediatamente dopo la caduta del muro (1989) e la sfida della globalizzazione era intesa come una grande opportunità. Seguendo questa linea di progettazione e affiancandosi a quello che in

Stranamente ancora utilizzato oggi nonostante l’inclinazione prettamente italica di formulare un sistema elettorale dopo l’altro giubilando, di volta in volta, quello appena licenziato. L’elezione diretta del sindaco comunque resiste. Le elezioni videro il prevalere del centrosinistra: fu eletto sindaco Giacomo Vaciago espressione proprio dell’area culturale e politica che fu Alleanza per Piacenza. E’ in questo contesto che hanno preso corpo diverse iniziative per dare concretezza al programma sulla base del quale Alleanza per Piacenza aveva aggregato una vasta area di centro sinistra. Tra gli obiettivi di quel programma come si diceva vi era l’attrazione degli investimenti esterni per rispondere sia ai problemi posti da un alto tasso di disoccupazione, sia per arginare il fenomeno del pendolarismo soprattutto verso Milano, ma anche per dare slancio a un progetto culturale di città che la rendesse capace di competere con i territori vicini visto che scontava soprattutto la vicinanza di Milano. Da qui tra gli elementi programmatici di quel periodo storico (inizio Novanta) si segnalano alcuni obiettivi strategici tra cui il potenziamento del polo Universitario della Cattolica e il tentativo di portare il Politecnico di Milano a Piacenza, vista la forte specializzazione locale in campo meccatronico ed energetico. Accanto a questo un altro impegno: il rilancio degli investimenti, partendo dalle infrastrutture ferme da anni come la riqualificazione del patrimonio pubblico, il termovalorizzatore (per affrontare il problema rifiuti in quel periodo si svolgeva spesso anche il pendolarismo dell’immondizia), la realizzazione delle interconnessioni autostradali, il polo fieristico, le varianti anticipatrici e un nuovo PRG, il completamento tangenziale, parcheggi per pendolari e ospedale).

L

ogistica, dici Piacenza e pensi logistica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti milioni e milioni di metri quadrati di terreno occupati con un conseguente aggravio di traffico e quanto ad occupati ad alta qualificazione professionale quel progetto iniziale sembra non decollato. Se la logistica è diventato il settore che dà alla produzione le gambe per irraggiarsi globalmente nei territori su cui insiste qualche problema lo crea. A Piacentini ne parla Mino Politi, economista che fu tra i primi a dedicarsi allo sviluppo della logistica a Piacenza. “Mi fa sempre piacere rispondere a domande sul Polo logistico piacentino – dice Mino Politi - a patto che, sia ben chiaro, io mi sento “esperto” della nascita del polo di Piacenza essendo stato assessore allo sviluppo economico della giunta Vaciago. Mi considero invece un semplice cittadino informato dei fatti - dalla lettura della stampa locale - con riferimento allo sviluppo successivo del Polo, ai suoi problemi e al mercato della logistica in genere. E le mie opinioni su questo secondo aspetto possono essere anche un po’ faziose, per via del mio ruolo nel suo decollo. Per rispetto di chi dovesse leggere questa intervista ci terrei che fosse ben chiara questa premessa”. Dalle sue parole una serie di valutazioni e di progetti che non sono stati poi concretizzati secondo il disegno iniziale. Alcuni elementi restano ancora sulla carta tra questi la possibilità di attrazione di aziende qualificate che possano “abitare” luoghi dismessi della città e anche quell’intermodalità che renderebbe più leggero l’impatto sul territorio della presenza logistica. Intermodalità incompiuta anche per il fatto che il trasporto su ferro da incentivare si fa diseconomico se non si sviluppa su convogli di almeno 750 metri di lunghezza. “E’ anche per questa ragione che si fa la Torino-Lione perché questi treni intermodali non possono transitare nella galleria esistente…” E quei treni sembra siano indispensabili se si vuole spingere sulla rotta del più ferro meno gomma. Quali considerazioni vi furono alla base di quella scelta logistica iniziale? “Innanzitutto bisogna collocare il problema nel contesto in cui si è sviluppato e in quegli anni inizio Novanta- lo sviluppo della settore Trasporto e Logistica ha arrestato un preoccupante declino demografico, riportando la popolazione sui livelli di metà anni ‘60 (288 mila), dopo il minimo del 1998 (266mila: i cantieri della logistica aprono a inizi 1998), grazie al forte incremento dell’occupazione, cha passa dai 4mila addetti circa del 1998 ai 10.000 di oggi”. A questo proposito però, quando si parla di occupazione si fa leva sulla dequalificazione del lavoro legato alla logistica… è stata dunque solo un “innesto numerico di manodopera”? “In realtà i posti di lavoro qualificati sono oggi più di quello che si crede. E’ sufficiente guardare ai dati elaborati nelle varie analisi pubblicate. E non si considerano mai gli occupati indiretti e l’indotto che gravita intorno al settore. E comunque dare un lavoro alla manodopera dequalificata, che pure esiste, mi sembra una buona cosa in una società che vuole essere inclusiva. Anche perché mi risulta che gli stipendi netti siano più che dignitosi, a differenza che in molti altri settori. Poi è compito dei sindacati contrastare eventuali situazioni sbagliate”. Fu una scelta giusta? Si dovrebbe rifare? “A Piacenza, dopo il primo grande lotto, il secondo ha preso una piega più da impresa immobiliare che logistica. Il Polo di Castel San Giovanni è stato governato bene sul piano imprenditoriale. Lì si vede che c’è un governo. Forse c’è un marketing delle imprese da attrarre, che favorisce mediamente un’occupazione più qualificata. A Piacenza è mancato quel governo. Nel progetto iniziale questo era previsto (Piacenza Sviluppo e Piacenza Intermodale erano i pilastri), ma s’è perso per strada, anche se ne conosco solo in parte le ragioni. Questo problema, comunque, è da tempo all’attenzione degli amministratori locali e si spera che abbia una soluzione”. Quali sono oggi le possibilità aperte? “Ora Piacenza ha nuove grandi opportunità con quello che è chiamato il Polo del Ferro. Non vanno sprecate e a maggiore ragione serve un Comune molto attivo e un governo del Polo molto imprenditoriale. Bisogna avere coscienza che si possono creare molti nuovi posti di lavoro qualificati, se si opera bene. I poli logistici ben organizzati sono attrattori di nuove iniziative imprenditoriali. Non solo a Le Mose, anche nelle tante aree dismesse che abbiamo in centro e in periferia. E in sinergia con il Polo Universitario”. Logistica attrattore di traffico e quindi inquinamento. Non pare una scelta sostenibile per un territorio tra i più inquinati “E’ mia opinione che sia a Piacenza, sia negli altri poli, non si sia fatto quasi nulla sul piano ambientale, che sarebbe stato possibile e molto poco sul piano delle buone pratiche urbanistiche”. A quali scelte ambientali sta pensando e cosa intende per buone pratiche urbanistiche? “Penso ad esempio alla creazione di cinture boschive mangia CO2 e poi l’altro elemento davvero significativo che riguarda la proprietà o concessione delle aree della logistica. Mi chiedo se non si sarebbe potuto continuare come era stato fatto inizialmente per il primo lotto di Le Mose e assegnare le aree in concessione per 60-90 anni scaduti i quali, quando le aziende assegnatarie avessero abbandonato la logistica le aree sarebbe tornate al comune per un utilizzo diverso. Questo è quello che succede in Europa per le aree pubbliche. Quanto al tema dell’inquinamento certo, il Polo Logistico inquina come tutte le attività che attraggono traffico, ma è distante quasi sei chilometri da piazza Cavalli. Ci sono tanti altri punti d’inquinamento più vicini al centro della città”. Ad esempio? “L’A21 è a meno di un chilometro, la Centrale Elettrica a un chilometro, il Cementificio e l’Industria Chimica a 2, la Tangenziale sud e l’A1 a circa 3. Il termovalorizzatore a 3,5…. In ogni caso, concentrare, come in Nord Europa, in grandi poli le attività logistiche evita un’urbanistica anarchica tipica dell’Italia e la realizzazione di tanti piccoli poli sparsi ovunque. E favorisce l’intermodalità ferro-gomma, come a Le Mose. Portare più traffico su ferro aiuta a ridurre l’inquinamento. E si spera nella rivoluzione della mobilità elettrica nell’arco di 10-20 anni. Anche biometano e gas naturale liquido sembra che riducano le emissioni di CO2 del 90%”. Il consumo di suolo però è innegabile, milioni di metri quadrati di area agricola occupata da capannoni... “Lamentare il consumo di territorio agricolo in uno spazio delimitato e peraltro attraversato da due autostrade (A1 e A21), tre assi stradali (Via Emilia, Caorsana e Tangenziale Sud), due assi ferroviari (Milano-Bologna storica e nuova linea dell’alta velocità) e aree industriali preesistenti … mi fa pensare provocatoriamente che in questo spazio l’agricoltura andrebbe semmai vietata”.


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Piacentini Politica

6 febbraio 2020

Rancan: “Da Piacenza a Bologna ecco le mie priorità” di GIOVANNI VOLPI

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ualcuno a Piacenza l’ha definito il futuro della Lega. Ma il futuro è già qui. Piacentino di gran lunga più votato alle elezioni regionali con oltre novemila preferenze, primo tra i candidati della Lega in Emilia-Romagna e settimo in assoluto. Matteo Rancan, classe 1991, però ha già archiviato il suo eccellente risultato elettorale. Forse perché la sua vittoria è stata velata anche da un po’ di amarezza. Quella di non aver conquistato il governo della Regione con Lucia Borgonzoni. Se avesse battuto Stefano Bonaccini, di sicuro lei l’avrebbe voluto come assessore in giunta a Bologna. “È stato comunque un successo importante, che mi ha emozionato moltissimo”, dice il giovane leghista di Cortemaggiore, molto apprezzato anche da un altro Matteo che di cognome fa Salvini. Rispetto a 5 anni fa, quando era stato il consigliere regionale più giovane d’Italia, Rancan ha raddoppiato le preferenze. “Questo mi riempie di orgoglio e di tante responsabilità. Stare in mezzo alla gente, essere al loro fianco sui problemi reali senza chiudersi nei palazzi, alla fine paga”. Ma adesso bisogna guardare avanti. “E incalzare Bonaccini perché realizzi le promesse che ha fatto ai piacentini in campagna elettorale”. D’altro canto, però, continua Rancan, “anche noi avevamo e abbiamo un programma, e sicuramente riproporremo i nostri contenuti alla nuova giunta regionale, perché i piacentini hanno preferito noi e non loro. Quindi lavoreremo perché le nostre proposte di buonsenso siano ascoltate”. Quali sono le priorità della Lega? Partiamo dalle case popolari. Quando dico prima i piacentini, lo intendo in modo concreto. Chiederemo che nella formazione delle graduatorie venga inserita la clausola che prevede la valutazione dei beni all’estero per i cittadini stranieri che ne fanno richiesta. Così da garantire equità nelle assegnazioni degli alloggi popolari in base a reddito e proprietà. Poi ci batteremo per l’agricoltura piacentina. In che senso? Il nostro è un territorio in gran parte votato all’agricoltura. E i nostri agricoltori in questi anni sono stati un po’ abbandonati. Quando Bonaccini è venuto qui dopo tanti eventi calamitosi ha detto ‘dovevate assicurarvi’. Una risposta sbagliata. Qual è quella giusta? Per i nostri agricoltori dobbiamo creare una contribuzione ad hoc, una tassazione agevolata e poi va affrontato il tema dell’acqua. Perché in provincia di Piacenza questo è un grosso problema soprattutto d’estate. Con tutti i crismi del caso, nel rispetto dell’ambiente delle nostre Valli, va fatto un ragionamento serio su traverse e invasi a scopo irriguo. Perché l’agricoltura rappresenta anche un presidio contro il rischio idrogeologico e lo spopolamento della montagna; è un mondo non solo produttivo che va tutelato e valorizzato.

Il 26 gennaio ha preso oltre novemila preferenze e adesso si prepara a dare battaglia a Bonaccini in Consiglio regionale. Dalle case popolari all’agricoltura, dalla sanità all’ambiente, il consigliere della Lega più votato in Emilia-Romagna ci svela i suoi piani anche per Palazzo Mercanti Facciamo una scommessa, il terzo punto è la sanità… Proprio così. La nostra sanità non è quella di certe regioni del Sud, ma i problemi non mancano. Per esempio? Abbiamo zone periferiche sprovviste di medici e anche all’interno dell’Ausl di Piacenza alcuni se ne sono andati in Lombardia. Tornando in provincia, prenda il caso di Farini d’Olmo in val Nure. Il medico che c’era è stato tolto dalla Regione. Così adesso da Ferriere fino a Piacenza non c’è un medico del 118. E questo è un bel problema. Come si risolve? Ci vuole una sanità più vicina a tutti, che non sia focalizzata solo sull’accentramento nel capoluogo. Bene il nuovo ospedale di Piacenza, però ci vuole anche una capillarità dei servizi e una drastica riduzione delle liste d’attesa per le visite specialistiche facendole anche nei weekend come abbiamo già suggerito. Dalle case popolari all’agricoltura e alla sanità, sono tutte priorità che riproporremo non appena si sarà insediata la nuova giunta Bonaccini. Anche l’ambiente è un tema sempre più caldo… Non è più una moda come si poteva pensare un tempo. Rappresenta una sfida per il futuro e per tutti. A Piacenza vanno affrontati problemi come quello dell’inceneritore. In un primo tempo la Regione ne aveva annunciato la chiusura, ma invece continua nella sua attività. Poi in val d’Arda c’è il problema del cementificio Buzzi Unicem di Vernasca che può bruciare rifiuti nei suoi forni: la giunta regionale in base al decreto Clini ha approvato il progetto; noi invece siamo contrari a questa scelta e anche al decreto Clini che pensiamo vada abrogato. Ma sull’ambiente credo che

debba cambiare soprattutto la mentalità delle persone, a partire dall’inquinamento dell’aria causato dai trasporti. Pensa a nuove agevolazioni regionali per l’acquisto di auto ibride o elettriche? Sì, con incentivi più importanti e graduali, e quindi migliori di quelli approvati in precedenza da Bonaccini. Ma la Regione deve anche puntare molto di più sul trasporto pubblico. In che modo? Va incentivato con tariffe davvero agevolate. E vanno risolti prima di tutto i problemi dei nostri pendolari: sono esasperati dalle promesse mancate di Bonaccini, e quindi dai ritardi e dal sovraffollamento dei treni che restano all’ordine del giorno; poi va migliorata la qualità del trasporto su gomma: più tratte con mezzi a metano. Infine, per abbattere l’in-

quinamento dell’aria servono più parcheggi ben collegati ai centri storici e ricordiamoci anche dei tanti impianti di riscaldamento a gasolio che sono ancora in funzione. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha annunciato che dal 2023 le caldaie a gasolio saranno fuorilegge nel capoluogo lombardo. È una scelta che condividiamo e lavoreremo affinché la nostra Regione predisponga un piano simile per spegnere le caldaie a gasolio, a partire da quelle nell’edilizia pubblica e con incentivi per i privati. Passiamo a un altro sindaco, quello di Piacenza. Come vede i prossimi due anni di Patrizia Barbieri e della sua giunta? C’è ancora tanto da fare. Lei, la sua squadra e la maggioranza devono lavorare a pieno ritmo per concludere le partite aperte entro fine mandato. A cominciare da quella del nuovo ospedale. Dopo le Regionali la Lega è sempre di più la forza principale della maggioranza di centrodestra; ma si dice che non riesca a guidare l’amministrazione della città anche per l’inesperienza dei suoi giovani esponenti di punta… Non lo dico per una questione generazionale, ma credo che i nostri giovani a Palazzo Mercanti, dal presidente del Consiglio comunale Garilli all’assessore Zandonella, stiano facendo bene e che vadano valorizzati ancora di più. Se poi ci sono dei problemi da risolvere nella Lega e nella maggioranza credo che sia venuto il momento di fare quadrato. Le sparate non servono a nessuno, chi le fa deve rientrare. Bisogna dialogare e avere una regia comune nella Lega e nella maggioranza. Forte del suo successo personale, lei è pronto a dare una mano e non solo da Bologna? Guardi, anche se ho solo 28 anni, non ho mai avuto problemi a metterci la faccia. Se qualcuno mi chiederà una mano, sono pronto a dare il mio contributo per il bene di Piacenza.


6 febbraio 2020

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Piacentini Scuola

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Enaip: “Formiamo per il lavoro che cambia” Pietro Natale, direttore di Enaip Piacenza

FEDERICO TANZI

La stella polare che guida ogni nostra attività è l’attenzione alla persona, è in questo punto decisivo che ritroviamo la nostra “mission” cristiana”. Per trent’anni Pietro Natale ha lavorato come dirigente della Provincia di Piacenza occupandosi soprattutto di scuola e lavoro. Un interesse che non è sfumato neanche dopo la pensione: soltanto un anno dopo, nel 2011, è infatti stato nominato direttore generale dell’Enaip Piacenza, ente di formazione professionale compreso nell’ecosistema delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (Acli). Nato negli anni ’50, dopo vari cambi di sede, l’Enaip si trova oggi in via San Bartolomeo. Scopo fondamentale? Promuovere il lavoro in maniera organica, attraverso la formazione individuale e collettiva, provando ad intercettare attivamente i cambiamenti del mercato. “Tradotto in numeri - spiega Natale -, vuol dire formare ogni anno circa mille persone suddivise in una quarantina di progetti, a loro volta portati avanti da 16 dipendenti ed altrettanti collaboratori, a cui si aggiungono 135 insegnanti professionisti”.

Formazione professionale e promozione sociale, Enaip Piacenza alla prova del nuovo decennio. Il direttore Natale: “A Piacenza il futuro del lavoro è nei servizi. Più attenzione ai soggetti fragili e coinvolgimento delle imprese”

UN MERCATO DEL LAVORO CHE CAMBIA Ma chi si rivolge a questa scuola? “Abbiamo - dichiara il direttore dell’Enaip - un 30% di giovani, che vanno dai 15 ai 19 anni, per cui sono attivati corsi triennali finalizzati all’acquisizione di specifiche qualifiche professionali: dall’estetista al punto vendita, passando per i servizi logistici e di magazzino fino all’operatore meccatronico. Sono ragazzi che spesso abbandonano gli studi superiori e riprendono il percorso formativo da noi; a loro viene inoltre offerta la possibilità di ottenere uno specifico diploma professionale con un IV anno di corso da svolgere con il sistema “duale”, ovvero mille ore ripartite equamente tra classe e stage in azienda. C’è poi la fetta degli adulti disoccupati - informa Natale - che copre un altro 30% delle persone che frequentano l’Enaip: l’offerta formativa prevede corsi di lingua ed informatica, nonché la possibilità di ottenere una qualifica nel settore socio-assistenziale o del benessere. Nel nostro territorio, quest’ultimo ambito negli ultimi due anni è però in declino, causa forse una saturazione del mercato, mentre nel primo caso le possibilità sono tantissime”. Il mercato del lavoro è infatti cangiante e dinamico. Come una fisarmonica si dilata e si comprime, segue direzioni spesso non prevedibili che richiedono attenzione e capacità di rinnovarsi. È quindi nella sfera dei servizi che il direttore dell’Enaip ha individuato il target per i prossimi anni. “Il lavoro impiegatizio classico oggi è difficile da trovare - afferma -, non vedo uno sviluppo concreto ma semplicemente un normale ricambio generazionale. Il vero settore in via d’espansione è quello dei servizi, che si snoda su due diramazioni principali: le persone e le imprese. Nel primo caso, in virtù dell’aumento progressivo della popolazione anziana, i servizi socio-assistenziali - sia privati che pubblici - offrono enormi opportunità d’impiego. È un lavoro non facile, che deve unire competenze pratiche a capacità relazionali e di assistenza alla persona: è per questo che nel nostro corso diamo la possi-

bilità di realizzare più di 400 ore di stage, per far sì che si tocchi con mano la predisposizione dell’alunno alla professione. Nel secondo caso, invece, a Piacenza il servizio alle imprese significa, ovviamente, logistica. Un “mondo” che sul nostro territorio impiega circa diecimila persone e che ha una richiesta sempre alta di personale, sia dipendente che arruolato attraverso le cooperative”. LE SFIDE DEL FUTURO Per Pietro Natale tra le sfide più grandi per il futuro prossimo dell’Enaip c’è quella del potenziamento dei servizi ai disabili e alle persone svantaggiate. Rappresentano il 40% degli iscritti, ma il numero è progressivamente in aumento. “Per loro dobbiamo fare sempre di più - il proposito di Natale -. Facendo rete anche con le altre realtà dell’Acli, i servizi sociali e i distretti sanitari, è fondamentale rafforzare questo ambito d’intervento, sia con percorsi formativi sempre più personalizzati che con progetti di tirocinio finalizzati

all’inserimento lavorativo. In questo senso - fa notare - non è un caso che il nostro personale dipendente sia costituito prevalentemente da psicologi, educatori e formatori. Persone che lavorano con passione per creare un’ambiente accogliente dove stare: alla base della formazione professionale sta infatti il recupero sociale e morale dei soggetti fragili”. Un’altra partita importante si gioca sul duplice tavolo dei rapporti con le aziende e del coinvolgimento dei cosidetti “Neet”, giovani tra i 18 e i 29 anni che non studiano né hanno un lavoro (e nemmeno lo cercano). “A Piacenza sono quasi cinquemila - fa notare Natale -, le possibilità per abbassare questo numero ci sono, dobbiamo intercettare questi ragazzi, portarli da noi. Tutto ciò passa anche da un rafforzamento dei legami del nostro ente con le imprese del territorio, che fungono da vero e proprio “laboratorio formativo”: in questo caso l’obiettivo è allargare la maglia delle collaborazioni, sono già trecento, nell’ottica di muoverci sempre più verso l’accompagnamento professionale”.

Confindustria: all’Istituto Mattei un laboratorio all’avanguardia

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i chiama “Techno 4. Future” ed è una nuova iniziativa che Confindustria Piacenza, insieme alle sue aziende associate, realizza con l’obiettivo di dotare le scuole tecniche piacentine di strumentazioni all’avanguardia, utili a potenziare l’attività didattica e di laboratorio che consentano agli studenti di avvicinare il loro processo formativo alla realtà aziendale. Quest’anno vedrà la luce il nuovo laboratorio per la formazione tecnicoprofessionale degli studenti del Mattei di Fiorenzuola che segue quello già realizzato nel 2018 presso l’ISII Marconi di Piacenza e conferma la concreta ed importante attenzione che l’associazione rivolge al territorio. In particolare, Confindustria Piacenza è impegnata nei confronti del fondamentale ambito della formazione scolastica con la quale interagisce in diverse modalità: dall’orientamento, all’accoglienza di studenti presso le aziende nelle varie forme dello stage curriculare ed extra curriculare, all’apprendistato di primo livello, e con la presenza diretta nei comitati tecnico scientifici dei diversi istituti. A finanziare il laboratorio del Mattei (che costerà 25 mila euro) sono alcune aziende del territorio, che hanno risposto all’appello lanciato da Confindustria: Mandelli Sistemi, Labor srl, Timaf, Forpin (ente di formazione degli Industriali), Samag, Unifer, Cargill, Guido Rota, Wei, FPS, Amada. Sarà collocato al primo piano della palazzina dell’Itc al campus del Mattei e sarà al servizio di tutto il polo, in particolare dei corsi dell’istituto professionale e di quello per formare periti elettronici e meccanici. Alla presentazione del progetto, nell’aula magna dell’Istituto Mattei, hanno preso parte il presidente di Confindustria Alberto Rota, la dirigente scolastica Rita Montesissa e la direttrice della sede fiorenzuolana di Tutor Grazia Marchetta. “Vi confermo - ha spiegato Alberto Rota agli studenti - che il mercato piacentino ha bisogno di tecnici, in particolare nel settore meccanico, della progettazione e nella produzione perchè, e i dati lo attestano, il 42% delle aziende ha difficoltà a trovare personale. La nostra provincia è al nono posto per occupazione: la percentuale è del 69%, 10 punti sopra la media nazionale. In Italia nei prossimi 4 anni serviranno mezzo milione di tecnici, di cui la metà nel settore della meccanica”. E il nuovo laboratorio avrà appunto la funzione di formare gli studenti al passo con le aziende a cui, una volta diplomati, potranno presentarsi per la ricerca del lavoro.


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6 febbraio 2020

Piacentini On line

Graziano Terzoni: “Produrre vino mi rende felice”

Bulla.store una storia glocal Bulla Sport Wear sbarca sul web con uno store che non ha niente da invidiare alla grande distribuzione online

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ra il 1980 quando Valter Bulla ha aperto il primo negozio con l’insegna Bulla Sport Wear, una nicchia nella città di Piacenza dove trovare capi selezionati e un metodo di vendita a misura del cliente. Un primo passo su una lunga strada che ha portato alla crescita del marchio, divenuto oggi sinonimo di qualità e comfort, e anche alla crescita del negozio stesso. Nel 2012 si registra una svolta importante, apre l’outlet mentre subito fuori dalle mura della città viene inaugurato un grande store. Da lì, Bulla Sport non si è mai fermato, grazie anche all’entusiasmo di Filippo Bulla, figlio di Valter, che ha impresso la sua voglia di modernità a tutta l’azienda: nel 2014 lo store diventa ancora più grande, per l’esattezza raddoppia la sua superficie, rafforzando così il marchio e la clientela, ormai affezionata e proveniente da tutta la provincia. E oggi, che lo spazio fisico è tanto ma non abbastanza da accogliere una clientela sempre più grande, Bulla Sport Wear sbarca sul web con una nuova immagine e un nuovo marchio: semplicemente “Bulla.”, senza fronzoli per imprimersi meglio nella memoria. “La riorganizzazione della nostra presenza sul web non era più rinviabile - sottolinea Filippo Bulla - siamo passati attraverso un paio di esperienze, alcuni test e finalmente un progetto che ci rappresenta, ma soprattutto in grado di interpretare la nostra filosofia di vendita che ci ha portato fin qui. Il nuovo sito è attivo da alcune settimane dimostrando fin dall’avvio una soddisfacente vitalità.”

LO STORE Inserite nella stringa di ricerca “bulla.store” e vi si apre subito (connessione permettendo!) un mondo, nuovo, moderno, intuitivo e pieno di tutti i brand che siete abituati a trovare in negozio. La navigazione è semplice e veloce, basta scorrere la homepage per capire subito che Bulla. non porta sul web solo il magazzino di

Bulla Sport Wear ma anche l’esperienza di acquisto pensata su misura del cliente. Trovate quindi le novità del mese, gli sconti, la navigazione per genere e per marchio “dalla A alla Z”, le ultime tendenze e non meno importante “Bulla Cares”. Sì perché chi sceglie Bulla lo fa anche per il suo impegno nel sociale ed è importante quindi avere la possibilità di tenersi aggiornati sulle loro iniziative benefiche, ora con un semplice click. La capacità di Bulla di cogliere le esigenze del cliente non si smentisce approdando “sull’Internet” e infatti la navigazione è confortevole, una volta scelta la sezione di proprio interesse si entra in una vetrina ordinata in cui le foto sono nitide e i capi ben distinguibili per modello, marchio e soprattutto prezzo evitando così la spiacevole sorpresa del cartellino nascosto del cappotto dei nostri sogni! Per chi ha le idee chiare, poi, la sezione “filtri” permette di affinare la ricerca proprio come se ci fosse accanto a noi un commesso che conosce alla perfezione i propri prodotti. Ma non finisce qui. Una volta selezionato il capo di nostro interesse, la sezione acquisto permette di avere subito a disposizione tutte le informazioni importanti: colori, taglie, costi e tempi di spedizione, tipi di pagamento, cambi e resi e i contatti per l’Assistenza clienti. Il cliente quindi scopre subito che la spedizione è gratuita in tutto il mondo e i tempi velocissimi: in giornata per ordini entro le ore 12 nel raggio di 30 chilometri. Alla faccia di Amazon! E, non meno importante, la scoperta del reso/cambio gratuito entro 10 giorni. Naturalmente, come tutti i siti che si rispettano su bulla.store ogni cliente può avere un proprio account in cui salvare i capi preferiti, tenere traccia dei propri ordini e restare sempre aggiornato sul mondo di Bulla.

di CESARE RAIMONDI

Il vignaron piacentino racconta la sua passione per lo champagne, nata dalla semplice curiosità e portata avanti con lo studio

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’era di mezzo una ex morosa. Non ricordo bene quale fosse il tratto d’unione tra il vino scelto dagli sposi e questa ex morosa. Non ricordo nemmeno di chi fosse ex morosa. Comunque, alla festa di matrimonio, sul tavolo c’era Aquapazza di Podere Pavolini, Malvasia di Candia, ferma, secca, profumata, in una parola: buona. L’amico sommelier che ha visitato la cantina, non si è entusiasmato. Preferisce la versione frizzante, la Badessa. Che berrà con altri, per me Aquapazza targata 2017 è planetaria. Il sabato era consuetudine andare al canile di Castell’Arquato. Podere Pavolini è a Bacedasco, lo misi di strada. Trovare la cantina fu semplice. Trovare Graziano Terzoni, il titolare, molto meno. Quando è in vigna il cellulare non prende. La segretaria mi fece accomodare nella zona esposizione. Aquapazza stava vicino a tre bottiglie di metodo classico: Lady Giò, Lady Giò Rosa e Les Rois; a pavimento, un vuoto di Crystal. Quando strinsi la mano a Graziano, sapevo che della Malvasia avremmo parlato poco, le bollicine intrigano. Più o meno è così che ho conosciuto la cantina, sicuro è così che ho trovato un’eccellenza piacentina. Si chiama Les Rois Pas Dosé Cuvée Premiere, la traduzione non serve. Il francese è quasi d’obbligo con questa tipologia di vini, ma è prodotto del territorio. Graziano è orgoglioso della creatura. Quando gli dico, convinto, che sta tra le prime dieci bolle italiane, mostra consapevolezza. Sono appena tornato da lui per rimpolpare la scorta. Siccome servono venti minuti per portare in temperatura la bottiglia, ne approfittiamo per una visita alla filiera di produzione e per i racconti annessi. “Da piccolo sentivo suonare Barbera e Champagne di Gaber. Sapevo cos’era la Barbera, mio padre faceva il vino. Gli chiesi cos’era lo champagne, rispose di lasciar perdere, roba da signori. Non gli ho dato retta. Dopo il diploma all’ITAES Umberto I di Alba, ho cominciato a lavorare sul metodo classico, a studiare la bevuta, ad affinare la mia ricetta. Perché di ricetta si tratta”. Le parole scorrono, per chi vuole arricchire il bagaglio tecnico, con Graziano c’è di che prendere appunti. A me restano in testa due cose: la differente risposta dell’acino alla pressatura e la volontà di partire da uva locale, la Fortana, per arrivare a Reims. La bottiglia intanto si è rinfrescata. Graziano ha gesti precisi per sturare e versare. Analisi visiva e olfattiva mi dicono: bevi è buonissimo. Lui con una punta di rammarico dice: “Tra 4 o 5 anni sarà uno spettacolo”. La bottiglia però non è durata mezz’ora. Gli chiedo se essere di Piacenza è penalizzante per un prodotto simile. Chi decide di bere bollicine, prima guarda i francesi, poi Franciacorta, poi Trento, e via via a scalare. Mi mostra la foto di uno scaffale: Bonarda in offerta a 1,50 €. “Per fare numeri smettono di fare vino. Produrre vino mi rende felice, se sono felice, contagio chi mi è vicino”. Non avevo pensato al contagio, ma quando bevo il Les Rois, sono felice.


6 febbraio 2020

FEDERICO TANZI Dopo cinquant’anni in cui ha “assaggiato” l’erba di ogni campo da calcio della provincia di Piacenza, Alberto “Batman” Sgorbati cercava una nuova sfida. Da quest’anno l’ha trovata alla guida delle Biancorosse Piacenza, squadra di calcio femminile partner del Piacenza Calcio. Con un passato glorioso - campione d’Italia 1971 - il club è rinato nel 2016 grazie alla determinazione della presidente Cristina Zuccheddu - “ha fatto un lavoro enorme, partendo da una squadra a cinque e poi allargandosi a undici”, sottolinea Sgorbati - e milita oggi in Eccellenza Emiliana, categoria equiparabile alla serie D degli uomini. Nella stagione 2019/2020 le biancorosse navigano nelle zone alte della classifica, trovandosi attualmente in terza posizione con 25 punti. “Nel nostro campionato giocano 13 squadre che vanno da Piacenza fino a Riccione - spiega il mister - siamo in piena corsa per raggiungere l’obiettivo stagionale dei play off, viatico fondamentale per strappare un “pass” promozione. Ci stiamo inoltre giocando la Coppa Emilia, dove siamo in semifinale: il bilancio di metà stagione è quindi più che positivo”.

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SPORT

Il calcio non ha genere Calciatrici alla riscossa Alberto “Batman” Sgorbati è alla guida delle Biancorosse Piacenza: “Tecnicamente sono meglio degli uomini e hanno più entusiasmo” sono le stesse calciatrici che si autotassano per organizzare il viaggio in bus. Ecco perché la questione impianto è cruciale, in quanto potrebbe portare ad avere anche dei ricavi”. CALCIATRICI CERCASI Sgorbati è comunque positivo,

tecnico non riscontro nessuna differenza, anzi, spesso quest’ultime lo eseguono anche meglio. Un altro aspetto che emerge durante le partite è la grande spontaneità, che da un lato è un bene perché porta entusiasmo e voglia di giocare, dall’altra parte però può compromettere la gestione del risultato”. Sul suo futuro “Batman” non ha dubbi. “Personalmente la volontà e di continuare, qui ho ritrovato entusiasmo e anche con la società c’è grande compattezza, anche se ovviamente la scelta di confermarmi sulla panchina spetta alla presidente”. E chiu-

Biancorosse Piacenza: il club è rinato nel 2016 grazie alla determinazione della presidente Cristina Zuccheddu il movimento è in crescita e la sensazione è che anche per le Biancorosse i tempi siano maturi per compiere un ulteriore step in avanti. “Credo che fondamentale sia il salto di categoria - commenta - così da catalizzare maggiormente l’interesse di aziende ed istituzioni. In questo senso gli ultimi mondiali in Francia hanno dato un’importante spinta propulsiva, recentemente me lo ha confermato anche Elisabetta Bavagnoli, allenatrice della Roma e icona del calcio femminile piacentino e nazio-

“ERO STANCO DEL CALCIO MASCHILE, QUI HO RITROVATO LA PASSIONE” “Batman” ha sposato il progetto Biancorosse in pieno, nessun ripensamento sulla scelta di inizio stagione. “Sono stato messo in contatto con la presidente Zuccheddu grazie a conoscenze comuni - racconta - e ho deciso di accettare la sua offerta senza troppi tentennamenti. Mi ero stancato dell’ambiente delle prime squadre maschili: rispetto al passato i tempi sono cambiati e ci sono da affrontare problematiche nuove che poco hanno a che fare con il campo. Ci sono in giro tanti “fenomeni” - la sua constatazione - e a me non andava di tornare a casa alla sera col “fegato gonfio” per una cosa che faccio esclusivamente per passione. Al contrario, in queste ragazze trovo ancora quell’entusiasmo e quella voglia che si riscontravano anni fa nel mondo dei dilettanti:

Corriere Padano

rispetto agli uomini - incalza Sgorbati - non è ancora scattato il “tarlo” del chiedere soldi a tutti i costi. Noto anche una maggiore disponibilità delle atlete a svolgere determinati lavori a livello tattico e a seguire le disposizioni dello staff tecnico.” “OGGI PER LA SOCIETÀ SOLO SPESE” Là dove la passione non ba-

sta, emergono però anche tante difficoltà. “Non è facile gestire un gruppo così ampio ed eterogeneo, composto da 25 giocatrici di età compresa tra i 18 e i 36 anni - dichiara “Batman” -. Per crescere ulteriormente ci sarebbe bisogno di effettuare allenamenti specifici, ma le risorse sono limitate. Attualmente ci alleniamo e giochiamo sul campo della squadra maschile del San Polo. Non poter disporre

di una struttura propria è un grande problema, perché ci limita sia a livello di spazio che di organizzazione; avere un impianto indipendente permetterebbe anche di creare un settore giovanile che funga da “serbatoio” per la prima squadra”. C’è poi la questione economica. “Oggi per la società ci sono solo spese, legate alle attrezzature, all’affitto del campo e alle trasferte. Per dare una mano - spiega - spesso

de con un invito. “Se qualche ragazza è interessata a giocare non abbia paura a candidarsi:

Il tecnico della formazione femminile impegnata nel campionato di Eccellenza: “Per crescere ulteriormente servono strutture” nale”. Da quando ha iniziato questa nuova avventura, oltre a toccare con mano sul campo, sullo schermo della televisione di casa Sgorbati passa anche tanto calcio “in rosa”. “Nel confronto tra uomini e donne il gap più evidente è a livello fisico - fa notare - ma per quanto riguarda il gesto

le nostre porte sono aperte, anche solo per provare in allenamento”.

Alcune immagini delle Biancorosse Piacenza


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6 febbraio 2020

SPECIALE CASA

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Bonus facciate 2020: tutto quello che devi sapere La novità fondamentale della manovra 2020 è il bonus facciate al 90%. Rispetto alla formulazione originale che era contenuta nel ddl del Governo, sono state inserite nella norma finale diversi paletti. La detrazione Irpef spetta per tutte le tipologie di interventi, anche di pulitura e tinteggiatura esterna, che però devono riguardare le strutture opache della facciata, i balconi, ornamenti e fregi. Sono quindi escluse le grondaie, gli infissi, i cavi. Il bonus facciate è ripartito in dieci quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Le spese devono essere documentate, l’agevolazione è prevista per il solo anno 2020. QUALI INTERVENTI COMPRENDE IL BONUS FACCIATE Ferme restando le disposizioni

agevolative in materia edilizia (per le ristrutturazioni edilizie) e di riqualificazione energetica (ecobonus), il bonus facciate è ammesso esclusivamente per le spese relative a interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi. Qualora l’intervento effettuato (ove non sia di mera pulitura o tinteggiatura esterna): • influenzi dal punto di vista termico l’edificio; • ovvero interessi più del 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dello stesso, questo deve soddisfare i requisiti di cui al decreto MISE 26 giugno 2015 e, in termini di trasmittanza termica, quelli di cui alla Tabella 2 del Decreto MISE 26 gennaio 2010; si applicheranno le disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’art.14 del D.L. n. 63/2013, relative al monitoraggio da parte

dell’ENEA del risparmio energetico effettivamente conseguito a seguito della realizzazione degli interventi, nonché quelle relative alla decretazione attuativa circa i massimali di costo specifici per singola tipologia di intervento, le procedure e alle modalità di esecuzione di controlli a campione, sia documentali che in situ, eseguiti dall’ENEA. Come sottolinea il sito delle piccole-medie imprese pmi.it, nel caso in cui i lavori non rientrino nei parametri appena citati, invece del bonus facciate si può applicare la detrazione per la riqualificazione energetica al 65%, fino a un tetto di spesa di 60mila euro (che si applica ai lavori sugli involucri degli edifici). L’ecobonus sugli involucri sale al 70% se riguarda parti comuni degli edifici condominiali con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda.

In ogni caso, gli edifici devono trovarsi nelle zone A e B dei piani regolatori, ovvero ad alta densità abitativa. Nella stragrande maggioranza dei casi, gli immobili che si trovano nelle città e nei centri abitati sono quindi agevolati, ma ci possono essere ad esempio nuovi quartieri residenziali che non rientrano in queste due classificazioni (ma sono zone C, quindi con minore densità abitativa). In quest’ultimo caso (edifici non nelle zone A o B), a determinate tipologie di lavori (per esempio, rifacimento del balcone), si può applicare la detrazione sulle ristrutturazioni edilizie al 50%. GLI INTERVENTI INCLUSI Per ottenere la detrazione, sarà possibile eseguire lavori che hanno l’obiettivo di recuperare e restaurare una facciata, sia di una casa privata che di un condo-

minio. Entrando nel dettaglio, le spese ammesse alla agevolazione riguardano i lavori di: • intonacatura; • verniciatura; • ripristino di balconi, ringhiere e frontalini. GLI INTERVENTI ESCLUSI Sono, invece, escluse dall’ambito di applicazione del bonus facciate le spese relative agli interventi: • sugli impianti di illuminazione; • sui pluviali; • sugli impianti termici; • sui cavi esterni. MILLEPROROGHE Prorogate nuovamente, per tutto il 2020, la detrazione sulle ristrutturazioni edilizie al 50% fino a un tetto di spesa di 96mila euro, l’ecobonus al 65% con tetti di spesa che variano a seconda

degli interventi e il bonus mobili al 50% con limite a 10mila euro. C’è anche la proroga del bonus verde, introdotto nel 2017, non per effetto della Manovra, però, bensì del Milleproroghe. La detrazione resta al 36% fino a un tetto di spesa di 5mila euro. NIENTE SCONTO IN FATTURA Arriva dalla Legge di Bilancio invece l’altra novità in tema di detrazioni fiscali per i lavori in casa: la marcia indietro sullo sconto in fattura per l’ecobonus e il sismabonus, che era stata introdotta dal decreto crescita dell’aprile 2019. La manovra ha abrogato i commi 2, 3 e 3-ter dell’articolo 10 del dl 34/2019 (il decreto crescita, appunto). Resta la possibilità, già precedentemente prevista, della cessione del credito per i lavori condominiali.

Alcune idee per ristrutturare casa Ristrutturare casa significa fare un investimento per il futuro: non solo per necessità ma anche per aumentare la comodità degli ambienti esistenti. Non limitarti ad immaginare la casa dei tuoi sogni, costruiscila! Ristrutturare significa migliorare la qualità della vita all’interno della tua casa. Inoltre, un ammodernamento porterà a dei risparmi economici, anche grazie all’utilizzo di materiali naturali come il legno o la pietra, poco costosi ma dalle grande proprietà isolanti.

QUALI SONO I LAVORI DI MANUTENZIONE ORDINARIA?

QUALI SONO I LAVORI MANUTENZIONE STRAORDINARIA?

La manutenzione ordinaria comprende tutti quei lavori minori con i quali si interviene sugli spazi esistenti dell’abitazione. Questi includono tutti gli interventi che non vanno a modificare le strutture esterne o le dimensioni della casa. Proprio per questo motivo non richiedono alcuna concessione edilizia dal Comune.

I lavori di manutenzione straordinaria consistono in opere di edilizia minore, che non alterano le superfici o il volume dell’immobile. Per queste operazioni, che vanno a modificare in modo importante la tua casa, è necessario richiedere un’autorizzazione edilizia al Comune prima di poter iniziare i lavori.


6 febbraio 2020

CORRIERE MOTORI

Corriere Padano

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Mobilità sostenibile: i nuovi incentivi per cambiare auto Gli incentivi auto 2020 sono stati confermati dal Ministero dello Sviluppo Economico, che nel corso dell’anno metterà a disposizione 70 milioni di euro per incentivare l’acquisto di veicoli ecologici a basse emissioni inquinanti. Chi fosse interessato ad acquistare un’auto ibrida o un’auto elettrica, perciò, potrà continuare a sfruttare l’Ecobonus del Governo e, se previste, le agevolazioni regionali. INCENTIVI AUTO 2020 Le vetture che usufruiranno degli ecoincentivi auto vengono distinte in due fasce, in base al valore delle emissioni: • •

Da 0 a 20 g/km di CO2 il bonus oscillerà tra 6.000 e 4.000 euro, a seconda che l’acquisto avvenga con o senza rottamazione. Da 21 a 70 g/km di CO2 l’Ecobonus sarà compreso tra i 2.500 euro in caso di rottamazione, e i 1.500 euro senza rottamazione.

A fronte di questi incentivi, il Governo ha anche previsto una ecotassa per scoraggiare l’acquisto di vetture inquinanti ma, a differenza di quanto indicato inizialmente, questa disposizione non riguarderà tutte le vetture. Nello specifico, dal primo marzo 2019 sino al 31 dicembre 2021, tutti coloro che acquisteranno un’auto con emissioni tra 161 e 175 g/km si vedranno costretti a

pagare un importo pari a 1.100 euro che arriverà a 1.600 euro per le vetture fino a 200 g/km, di 2.000 euro fino a 250 e di 2.500 euro per tutte le auto con emissioni superiori ai 250 g/km. INCENTIVI ROTTAMAZIONE 2020 Con gli incentivi auto l’intenzione del Governo è quella di svecchiare il parco auto circolante e favorire l’acquisto di modelli maggiormente attenti all’ambiente. Nello specifico, l’Ecobonus offrirà uno sconto rottamazione su tutte le auto nuove acquistate fino al 31 dicembre 2021, con emissioni di CO2 fino a 70 g/km e con un prezzo di listino fino a 61.000 euro IVA inclusa (50.000 iva esclusa). Andando nel dettaglio, se si deciderà di acquistare una vettura con emissioni da 0 a 20 g/km si potrà usufruire di un incentivo pari a 4.000 euro. L’importo scende a 1.500 euro qualora la scelta si dovesse orientare verso un’auto con emissioni da 21 a 70 g/km. Ben più importanti sono gli ecobonus auto nel caso in cui si voglia rottamare un veicolo appartenente alla categoria Euro 0, 1, 2, e 3. L’Ecobonus, in questo caso, varia da 6.000 fino a 2.500 euro, ma è bene ricordare come si debba sempre rispettare il tetto massimo di spesa per l’acquisto di 61.000 euro. La Legge di Bilancio 2020 ha poi introdotto un ulteriore incentivo sulla rottamazione delle auto di classe almeno Euro 3 e sui motocicli omo-

logati fino alla classe Euro 2 ed Euro 3 a due tempi. Questo incentivo è riconosciuto solo ai residenti in alcuni Comuni italiani che decidono di rottamare un veicolo inquinante entro il 31 dicembre 2021. In tal caso il bonus rottamazione è pari a 1.500 euro (per vettura) ed euro 500 (per motociclo) e può essere utilizzato, entro i successivi tre anni, per l’acquisto di abbonamenti al trasporto pubblico, biciclette anche a pedalata assistita o per l’utilizzo dei servizi di mobilità condivisa ad uso individuale. INCENTIVI AUTO IBRIDE Come detto, l’intento del Governo è quello di favorire la circolazione di vetture in grado di emettere valori di CO2 più bassi. Proprio per questo motivo le auto ibride devono essere prese seriamente in considerazione, visto che gli sconti previsti dagli incentivi auto 2020 sono davvero interessanti. INCENTIVI AUTO ELETTRICHE Le auto elettriche si stanno gradualmente ritagliando il loro spazio, ma la loro diffusione stenta ancora a decollare a causa di un’autonomia spesso non ottimale e della mancanza di una capillare rete di ricarica. Chi fosse interessato all’acquisto di una vettura elettrica può farsi stuzzicare dagli interessanti incentivi auto elettriche in grado di far risparmiare, grazie allo sconto rottamazione, fino a 6.000 euro. INCENTIVI AUTO METANO Le auto alimentate a metano, così come quelle alimentate a GPL, sono sempre state scelte da automobilisti desiderosi di ridurre le spese di carburante, a fronte di un kilometraggio annuo importante. La Legge di Bilancio ha incluso anche queste vetture tra quelle soggette agli ecoincentivi ma anche in questo caso sarà fondamentale valutare le emissioni di CO2. Purtroppo la maggior parte dei modelli presenti nei listini non rientra nella fascia che consente di godere degli incentivi ma, fortunatamente, non sforano neanche il limite dei 160 g/km di CO2.

Manutenzione: i controlli da non dimenticare! Quando la macchina è nei primi due o tre anni di vita, è normale effettuare i tagliandi nei tempi stabiliti e correre in officina al minimo rumorino. Poi, scaduta la garanzia (e passato l’entusiasmo), le cose cambiano: l’auto va... “sempre” bene, la manutenzione costa. Perché andare dal meccanico? È vero che le vetture di oggi non hanno bisogno di cure frequenti, e che a qualche strapazzo possono reggere. Tuttavia, senza contare il fatto che un’auto “in forma” è più sicura, spendere qualcosa oggi significa spesso evitare disagi e danni costosi in futuro. NON TIRATE LA CINGHIA - In molte auto, l’albero motore e quelli che muovono le valvole sono collegati da una cinghia dentata che, col passare dei chilometri, si indebolisce; se cede, può causare danni meccanici per migliaia di euro. Verificate sul libretto di manutenzione (o in concessionaria) se va cambiata. L’intervallo di sostituzione può variare da 60.000 a 240.000 km, il costo da 150 a 600 euro. PASTIGLIE CHE FANNO MALE - I dischi dei freni nascono per durare almeno il doppio delle pastiglie. Tuttavia, rimandando troppo a lungo la sostituzione di queste ultime, c’è il rischio di dover cambiare tutto quanto. Se si accende la spia nel cruscotto o sentite un rumore metallico quando frenate, vuol dire che le pastiglie sono “finite”: il loro supporto metallico sta danneggiando i dischi. Andate subito in officina: mettete in conto da 100 a 200 euro. L’ACQUA FA RUGGINE - Il liquido di raffreddamento del motore non va mai cambiato, e non si consuma. Se, però, c’è una piccola perdita, che non conviene riparare, ogni tanto un rabbocco serve. Non usate acqua, ma antigelo “pronto”: un litro costa pochi euro, si trova in ogni ipermercato ed evita disastrosi “congelamenti” e intasamenti del radiatore. OLIO MEGLIO BUONO - Il motore delle vetture moderne ha bisogno di un olio “specialistico”, molto costoso. Al momento del tagliando (o anche facendo il cambio da soli) la tentazione di scegliere un più economico lubrificante generico è forte: ma, soprattutto se macinate molti chilometri e il motore è turbo, non conviene. Oltre a un’usura precoce e al rischio di danni, consumerete di più (sia olio, sia carburante).


Corriere Padano

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PUBBLICITÀ

6 febbraio 2020


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