Corriere dell'Isola n. 11 2014

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Trascinati da Marino e Agnese, la compagine sbanca la kermesse baranese

TRIONFANO I GALACTICOS

Ruanda, terra di caffè, tè e gorilla

A vENt’ANNI DAL gENOCIDIO • di Paola Casulli

A • di Sissy Iacono

S

i è svolta lunedì sera in una fredda serata invernale, con una buona cornice di pubblico, la finale del lungo torneo studenti universitari che ha visto sfidarsi nella finalissima Speedy Bar e Galacticos. Grande partenza per i futuri campioni che al 2’ minuto aprono le danze con scotti u. salvo poi trovare immediatamente il raddoppio con Agnese. La reazione degli sfidanti non si fa attendere, lo Speedy Bar

reagisce con una grande prova di carattere trovando il pareggio in due minuti, al 13’ Messina e al 14’ con capitan Lubrano che purtroppo dopo poco si infortuna. Arriva anche il terzo gol grazie all’instancabile Di Meglio il quale riesce a portare avanti la propria squadra proprio sul finire della prima frazione. Eppure la prematura uscita del capitano alla lunga pesa sulla formazione degli ottimi Schiano e Di Costanzo, che nella ripresa non riesce a concretizzare le numerose occasioni che crea. I

Galacticos ne approfittano con Marino , migliore in campo per i suoi, e con Agnese i quali guidano l’ attacco dei neo-campioni fino nei minuti di recupero e chiudono il match sul 7-3. Buone le prestazioni dei portieri Trofa e Curci, che nonostante le reti subite non sfigurano affatto fornendo due performances quasi eroiche. L’organizzazione ringrazia tutti per la partecipazione e l’affetto dimostrato in questo lungo periodo e da appuntamento alla prossima edizione del torneo.

CINEMA&CINEMA a cura di Alessandro De Cesaris

L’AMORE DOMANI

Fantascienza, romanticismo e tanta filosofia per Lei, da questa settimana in Italia

è

cosa nota che i premi più ambiti della Notte degli Oscar sono riservati ai film che non osano troppo. Temi collaudati, grandi messaggi morali, poco spazio per la riflessione e l’originalità. Ma l’ultima pellicola di Spike Jonze, entrata alla cerimonia dal retro e tenuta lontano dai riflettori, è la dimostrazione che alcuni film devono essere premiati a ogni costo. Lei (Her) è un capolavoro: lo dimostra non tanto la statuetta – meritatissima – per la migliore sceneggiatura originale, ma piuttosto la capacità di ottenere un così largo successo al botteghino con scelte decisamente coraggiose. E pensare che il film appartiene ad uno dei generi più amati dal grande pubblico. Ma questa surreale storia romantica tra un uomo e un sistema operativo (sì, avete capito bene, un computer) sfida tutte le leggi dei sentimenti e della cinematografia, offrendo scene d’amore in cui c’è una sola persona, proponendo idee non convenzionali e regalando agli appassionati un’intera gamma di scelte tecniche decisamente poco ortodosse. Tutto questo accompagnando la magistrale recitazione degli attori con una

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20 - 26 Marzo 2014

colonna sonora semplicemente perfetta. Her è anche un film di fantascienza: Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo ormai adulto ma ancora incapace di sentimenti maturi, vive in una società in cui i rapporti interpresonali sono interamente coperti dalla tecnologia. Lavora come scrittore di lettere, mettendo la propria creatività e sensibilità al servizio di sconosciuti, finché la pubblicazione di un software capace di ragionare e di sembrare umano lo convince a tentare. È qui che entra in scena Samantha (Scarlett Johansson), organismo informatico in costante evoluzione, che compie insieme al protagonista la parabola dell’innamoramento e dell’abbandono, concludendo la storia con una agghiacciante verità sui rapporti tra uomo e macchina. Insomma, Her non è un film facile, come nello stile di Jonze e del suo storico sceneggiatore, Charlie Kaufman (Essere John Malkovich, Se mi lasci ti cancello). Ma è una storia d’amore innovativa, dolcissima e piena di spunti di riflessione, in cui lo spettatore è costretto a domandarsi cosa è l’amore, e che significa essere umani.

l principio furono i Twa. Un’etnia pacifica di cacciatori e raccoglitori, abitatori delle foreste. Successivamente migrarono nei loro territori gli Hutu e poi ancora, dall’area etiope, i Tutsi, un popolo allevatore di bestiame. Quest’ultimi assoggettarono gli Hutu e organizzarono una società a struttura piramidale al cui vertice ci misero un re. Siamo in Ruanda, terra di vulcani e di fiumi. Per secoli le tre tribù ruandesi Hutu, Tutsi e Twa convissero pacificamente uniti dalla stessa cultura, lingua e religione finché il Belgio assunse il controllo del territorio instaurando un rigido sistema coloniale. Alimentando il risentimento razziale bilaterale i Belgi cedettero il controllo del Ruanda alla maggioranza Hutu, capovolgendo la situazione di dominio. Iniziò la persecuzione dei Tutsi con rivolte e massacri. Molti di loro fuggirono nei Paesi limitrofi. Nel 1994 si susseguirono barbarie di ogni tipo; a colpi di machete pangas e bastoni chiodati la maggioranza Hutu, si scagliò contro la minoranza Tutsi, massacrando circa un milione di persone in maniera pianificata e capillare. A Gikongoro oltre 27.000 persone vennero massacrate senza pietà tanto che la notte dalle fosse comuni il sangue uscì inumidendo il terreno. Dal 2008 ad oggi una dozzina di processi hanno condannato vari responsabili dello sterminio all’ergastolo. Primo fra tutti il colonnello Bagosora, nel 1994 a capo del Ministero della Di-

fesa ruandese. Così come il maggiore Ntabakuze, il colonnello Nsengiyumva e l’ex capo dell’intelligence dell’epoca e capitano della guardia presidenziale Simbikangwa, condannato a 25 anni di carcere. Nella lista anche il sacerdote cattolico Seromba accusato di aver partecipato attivamente ai massacri senza mostrare segni di pentimento. A vent’anni dal genocidio il Ruanda è uno dei paesi più sicuri in Africa. Non c’è spazzatura in giro. Il traffico scorre fluido. Non ci sono senza-tetto e i piccoli criminali vengono subito arrestati. La mortalità infantile è ridotta e l’economia è cresciuta. A Kigali non ci sono baraccopoli e il Parlamento ruandese conta la percentuale di donne più alta del mondo. Artefice di questo è Kagame l’attuale Presidente ruandese. Dovrebbe lasciare l’incarico nel 2017. Nonostante i risultati ottenuti ha fama di essere brutale e spietato. Non è un mistero il suo coinvolgimento nella Repubblica Democratica del Congo. Nel 2012 truppe ruandesi varcarono la frontiera combattendo al fianco di gruppi ribelli perpetrando massacri di civili. Eppure è un leader stimato e soprattutto considerato un alleato comodo di Europa e Stati Uniti che veicolano decine di milioni di dollari di aiuti al Ruanda. Così le colline ruandesi sembrano non grondare più sangue ma, ritagliate in un’infinità di campi coltivati a caffè, tè, mais e canna da zucchero, disegnare un paesaggio rurale dolce e sereno. Si spera che nella loro ombra non si nascondano altra repressione e segreti inconfessabili.

LA MUSICA

LA NOTA STONATA a cura di Francesco Imparato

SUL GRANDE SCHERMO

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lues Brothers, Ray, Dirty Dancing. Sono solo alcuni fra i più famosi esempi di musica sul grande schermo. Da sempre, da quando esiste il cinema, la musica ne è stata parte integrante, ne ha segnato tempi e mode. Film intrisi di musica hanno lanciato carriere diventate poi splendenti: basti pensare a John Travolta o Patrick Swayze, attori che hanno affermato la loro fama proprio grazie a questo genere. Molte di queste pellicole sono ispirate o hanno ispirato poi spettacoli teatrali, musical veri e propri, che, come nel caso di Grease, ancora oggi a distanza di molti anni divertono in giro per il mondo. Un Film musicale è di solito una storia che alterna parti recitate a parti cantate e/o ballate. Si può dire che il primo musical fu “The Black Crook”, nato dall’unione fra una compagnia di ballo e canto importata dall’Europa, con una compagnia di prosa. Storia vuole che questa collaborazione nacque dal fatto che la prima era rimasta senza un teatro in cui esibirsi mentre la seconda era alle prese con una produzione che si stava rivelando assai più costosa del previsto. Partendo da New York, la nuova cultura del musical si diffuse in tutti gli Stati uniti, fino al più piccolo paesino, per poi varcare le frontiere e giun-

gere in Europa. Già negli anni venti , infatti, alcuni spettacoli di Broadway cominciano a raggiungere i teatri del West End a Londra la quale diventerà la grande capitale europea di questo genere teatrale. Il musical si diffonderà successivamente in altre città d’Europa anche se risulta difficoltoso farlo conoscere ai paesi di lingua non anglosassone. Il passo successivo, che ha consacrato il musical,sono state le trasposizioni cinematografiche, i film musicali, che hanno contribuito alla maggiore conoscenza e popolarità di questo genere. Negli ultimi anni si è avuta una nuova evoluzione del genere: è il caso dei “biopic”, le biografie di grandi artisti portate sul grande schermo. Dalla vita di Ray Charles, alle gesta di Jim Morrison, fino al nuovo lungometraggio in uscita sulla vita di Jimi Hendrix. Ecco che questo genere si è trasformato ancora: raccontare la a vita dei grandi artisti attraverso i loro stessi successi. Uno dei prodotti migliori è proprio “Ray”, che ci narra di come sia nato il mito, la leggenda e la fama del compianto artista. La musica è ciò che rende il prodotto credibile proprio perché ha fatto parte della vita che ci viene raccontata. Scrivete a lenotestonate@gmail.com Buona musica, anche al cinema!


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