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Salvatore Albano, Particolare de “Gli angeli ribelli”
di Sac. Letterio Festa Direttore dell’Archivio Storico Diocesano
Modernità e neoclassicismo
La scultura di Salvatore Albano Potente, rapido, capace di forza e di grazia
S
Salvatore Albano, “Margherita”
ull’imponente piazza antistante la Cattedrale di Oppido Mamertina, accanto al busto bronzeo dello scrittore Rocco De Zerbi, si può ammirare quello marmoreo di un altro cittadino illustre del Centro aspromontano: Salvatore Albano. Quest’ultimo, è stato definito dal noto critico d’arte Angelo De Gubernatis: «scultore potente, rapido nel concepire, egualmente pronto nell’eseguire, capace di forza e di grazia nel tempo stesso e forse nella stessa misura». Nella sua città natale - dove era nato in una modesta famiglia di fabbricatori di botti il 29 maggio 1839 - egli apprese i primi rudimenti dell’arte, fabbricando con la creta pastori per il presepe alla scuola del cugino Antonio Albano, anch’egli valente scultore, seppur meno prolifico e noto. Grazie alla generosità del suo Mentore, il Canonico Domenico Zuco, e ad una pubblica sottoscrizione, Salvatore Albano poté trasferirsi a Napoli per approfondire ed affinare le sue doti artistiche. Qui entrò, a diciannove anni, nella scuola di uno scultore calabrese, il Cavalier Giuseppe Sorbilli, per poi iscriversi all’Accademia di Belle Arti, sotto la guida del Maestro Tito Angelini. Sempre nella Città partenopea, l’Albano aprì il suo primo Studio d’arte, iniziando una feconda carriera che lo porterà a diffondere le sue richieste sculture in tutto il mondo: troviamo, infatti, opere del nostro Scultore a Napoli, Reggio Calabria, Roma, Firenze, Milano, Torino, Parigi, Londra, Breslavia, Filadelpia, New York, Washington. Nel 1869, l’Albano si trasferì a Firenze, qui il suo prodigioso genio artistico attirò l’ammirazione delle più belle dame e dei più facoltosi signori del suo tempo. Dal principe ereditario Umberto di Savoia all’attore tragico Tommaso
Salvini, sono decine i prestigiosi nomi dei committenti dell’artista oppidese: il marchese Agostino Sergio; la poetessa Giannina Milli; il barone di Talleyrand; il duca di Dino; il deputato Frascara; l’editore del New York Herald, Sorvan Bennet; il Commendatore De Bolzan di Firenze; il colonnello americano Scott; il generale Bertolè Viole; il signor Tate di Londra e il signor Horn di Breslavia. Salvatore Albano - che il critico Alfonso Frangipane definì «adoratore dello scalpello e del marmo» - trasfuse la sua anima nella nobile pietra alla quale riuscì ad infondere una sofficità e una trasparenza uniche, diventando lo scultore alla moda dell’epoca. Chi riusciva ad ottenere una sua opera poteva dirsi un uomo fortunato. Alcune sue sculture divennero così richieste che egli dovette produrne diverse copie nello studio fiorentino dove operava circondato da aiuti e discepoli. Il lungo elenco delle sue opere sparse per il mondo, dimostra la prodigiosa abilità di uno Scultore che fu capace di moltiplicare le sue opere senza mai dimenticare di curare anche i più piccoli particolari di ognuna di esse. Morì a Firenze, all’età 52 anni, all’apogeo della sua notorietà, il 13 ottobre 1893. Il busto che lo immortala sulla Piazza della sua Città natale si dice sia opera dello stesso Albano e fu donato dal nipote, l’altro grande scultore oppidese Concesso Barca, al Municipio, negli anni Quaranta dello scorso secolo. Salvatore Albano, prima di morire - ricordando forse le difficoltà dei suoi anni giovanili ed emulando la generosità del suo Mentore, il Canonico Zuco - aveva disposto l’impiego di parte dei suoi beni per la fondazione di una borsa di studio per il perfezionamento artistico e l’istruzione agraria di giovani meritevoli della Provincia di Reggio Calabria.