Equonomia 1 schede didattiche

Page 1

SCHEDA DIDATTICA 1 LA FILIERA ALIMENTARE: DAL CAMPO ALLA TAVOLA Per FILIERA (agro-alimentare, industriale, tecnologica) si intende, l'insieme che comprende attività, tecnologie, risorse e soggetti che, a vario titolo, operano per creare, trasformare, distribuire, commercializzare e fornire un prodotto finito. La filiera alimentare rappresenta il percorso che compie un prodotto dal produttore al consumatore, cioè dalle materie prime a quello che finisce sulle nostre tavole. È un processo che segue fasi precise e nel quale intervengono numerosi attori: agricoltori, produttori di mangimi e sementi, allevatori, industria di trasformazione, trasportatori e distributori, commercianti all'ingrosso e al dettaglio, fino al consumatore.

CHI STABILISCE IL PREZZO Le dinamiche dei prezzi delle materie prime alimentari (commodities) nel breve e nel medio-lungo periodo sono determinate da numerosi fattori che interagiscono fra loro nell’ambito di un insieme complesso di relazioni: fattori legati alla domanda – es. crescita demografica della popolazione mondiale, stili alimentari, livello delle scorte di prodotto disponibili, crescita economica dei Paesi emergenti; fattori legati all’offerta – es. produzione agricola, disponibilità di risorse naturali, effetti del cambiamento climatico; fattori trasversali – speculazione finanziaria, andamento dei cambi delle valute, prezzo dell’energia e del petrolio, politiche commerciali e dinamiche geopolitiche internazionali (guerre, embarghi ….). SICUREZZA ALIMENTARE A RISCHIO La FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) attraverso il FOOD PRICE INDEX monitora l’andamento dei prezzi delle materie prime alimentari. La FAO stima, ad esempio, che nel 2050 la domanda di cibo globale salirà fra il 70% e il 100% in virtù dell’aumento della popolazione mondiale. L’estrema volatilità dei prezzi, in molte aree del mondo, mette a rischio la sicurezza alimentare. Per Nazioni e persone diventa quindi più difficile garantirsi un accesso adeguato al cibo, per soddisfare il fabbisogno di energia di cui l'organismo ha bisogno per sopravvivere e all’acqua, per garantirsi adeguate condizioni igienico-sanitarie.


CHI HA IL POTERE NELLA FILIERA? La filiera agricola mondiale vede da un lato 2,5 miliardi di produttori e dall’altro 7 miliardi di consumatori. Come registra il rapporto “Who’s got the power? Tackling imbalances in agricoltural supply chain” (pubblicato nel novembre 2014 dal Bureau d’Analyse Sociétaire pour une Information Citoyenne e commissionato tra li altri dal Fair Trade Advocacy Office), le filiere dei principali prodotti definiti “coloniali” si trovano spesso sotto il controllo di pochi soggetti multinazionali che a volte sono contemporaneamente trader (esportatori e importatori), brand (marchio o punto vendita che distribuisce il prodotto). UN ESEMPIO: LA FILIERA DELLE BANANE La filiera delle banane segue ancora oggi un modello coloniale, ad integrazione verticale cioè dove l’impresa è onnipresente in tutte le fasi produttive. Vista la sua deperibilità, il mercato è da sempre dominato da compagnie che controllano dalla produzione al confezionamento fino al trasporto e al commercio. Ad inizio Novecento il mercato statunitense vedeva il predominio della United Fruit Company mentre nel Regno Unito la Fyffes deteneva quasi un monopolio. Nel decennio dal 1980 al 1990 l’80% del mercato mondiale era dominato da solo 5 imprese: Dole, Chiquita, Del Monte, Fyffes e Noboa. Nel marzo 2014 Chiquita (leader del settore) e Fyffes si sono unite creando un colosso mondiale. Alla base di questa filiera troviamo più di 500mila produttori sparsi soprattutto in India, Filippine, Cina, Ecuador, Brasile ed Indonesia. Il business delle banane è uno dei più floridi tra quelli legati alla produzione e alla vendita di frutta. Le esportazioni tra il 2001 e il 2012 sono passate da 11,9 milioni di tonnellate a 16,5 milioni, il 95% delle banane esportate sono della varietà Cavendish. Ai produttori, il report analizza il caso della Repubblica Dominicana, in genere spetta dal 4% al 10% mente i cinque gruppi che controllano la filiera si spartiscono circa il 55% del valore generato. Il resto va ai rivenditori. Le conseguenze di questa organizzazione delle filiere alimentari si ripercuote sui produttori e sulle loro famiglie (abbandono delle imprese a conduzione famigliare, migrazioni forzate, lavoro sottopagato, lavoro minorile, danni all’ambiente). Di fronte a ciò, cosa può fare il consumatore? Ci sono modelli alternativi di filiera?


SCHEDA DIDATTICA 2 DAL CONSUMO AL CONSUMO CONSAPEVOLE PER UN’ECONOMIA SOLIDALE Cosa può fare il consumatore di fronte ad un sistema di produzione che, soprattutto nel caso delle materie prime alimentare, specie quelle coloniali, vede una filiera caratterizzata dallo sfruttamento delle persone e dell’ambiente? Alcune vie d’uscita esistono e puntano sulla reazione di un’economia solidale. Possiamo considerare l'economia solidale un sistema di relazioni economiche e sociali che pone l'uomo e l'ambiente al centro, cercando di coniugare sviluppo con equità, occupazione con solidarietà e risparmio con qualità. Un sistema in cui la relazione è al primo posto rispetto al profitto, dove all'individualismo si contrappone un approccio basato sulla gratuità, sulla condivisione, in rete. SERVONO CONSUMATORI CRITICI E CONSAPEVOLI Il primo attore di una filiera “etica” è sicuramente il consumatore. Ma per crearla serve che questo consumatore sia critico, attento, consapevole e adeguatamente informato. Il consumo critico è una modalità di scelta di beni e servizi che prende in considerazione gli effetti sociali e ambientali del ciclo di vita del prodotto e determina gli acquisti dando a questi aspetti un peso non inferiore a quello attribuito a prezzo e qualità. Concretamente, il "consumatore critico" orienta i propri acquisti in base a criteri “etici” cioè ambientali e sociali, che prendono in considerazione le modalità di produzione, il trasporto, le modalità di smaltimento e le caratteristiche del produttore. Lo scopo è quello di ridurre al minimo questo peso, attraverso un'azione che si muove da una parte riducendo l'impatto ambientale e sociale della spesa e dall'altro contribuendo con le proprie scelte a indirizzare le politiche dei protagonisti del mercato. ALCUNI STRUMENTI: I GAS (GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE) Quando un gruppo di persone decide di incontrarsi per riflettere sui propri consumi e per acquistare prodotti di uso comune, utilizzando come criterio guida il concetto di giustizia e solidarietà, dà vita ad un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale). Essere un GAS non vuol dire soltanto risparmiare acquistando in grandi quantitativi, ma soprattutto chiedersi che cosa c'è dietro ad un determinato bene di consumo: se chi lo ha prodotto ha rispettato le risorse naturali e le persone che le hanno trasformate; quanto del costo finale serve a pagare il lavoro e quanto invece la pubblicità e la distribuzione, qual è l'impatto sull'ambiente in termini di inquinamento, imballaggio, trasporto ... fino a mettere in discussione il concetto stesso di consumo e modello di sviluppo che lo sorregge.


I MERCATI CONTADINI: LA FILIERA CORTA I farmer markets (mercati contadini), sono mercati nei quali si commerciano esclusivamente prodotti locali. I piccoli produttori del territorio hanno l’opportunità di vendere direttamente ai consumatori, evitando i passaggi intermedi dei grossisti e delle grandi catene di distribuzione. I risvolti positivi sono numerosi, a partire dalla competitività dei prezzi di alcuni prodotti, che non subiscono i ricarichi generati dal passaggio di mano fra un intermediario e l’altro. Inoltre, la provenienza locale dei prodotti ne garantisce la freschezza, a differenza di quanto avviene nella grande distribuzione per la quale si rendono necessarie metodologie di conservazione (es. celle frigorifere, additivi chimici e conservanti) che vanno ad influenzare negativamente le qualità organolettiche dei prodotti stessi. Il presupposto stesso del “km zero”, inoltre, fa sì che i cibi subiscano un trasporto solo su distanze relativamente brevi, il che consente la riduzione dei consumi energetici e delle conseguenti emissioni di anidride carbonica.

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE Per necessariamente importati da altri Paesi, un’alternativa concreta è il commercio equo e solidale, in inglese fair trade. Nato in Italia negli anni Settanta, è un modello di cooperazione internazionale che offre un’alternativa ai meccanismi di sfruttamento nel Sud del mondo instaurando rapporti commerciali diretti e stabili con piccole organizzazioni di produttori nei Paesi più poveri. Obiettivo primario è sensibilizzare i cittadini a una maggiore attenzione nei confronti degli stili di vita. Ecco i criteri dettati dal WFTO (World Fair Trade Organization): creazione di opportunità per produttori economicamente svantaggiati; trasparenza e responsabilità verso il consumatore; sviluppo delle capacità e formazione dei produttori; prezzo equo e prefinanziamento; pari opportunità per i lavoratori; lotta allo sfruttamento e al lavoro minorile; rispetto dell’ambiente; relazioni commerciali a lungo termine basate su solidarietà e rispetto. Accanto ai progetti di agricoltura biologica, manifattura artigianale e tessile nel Sud del mondo, da diversi anni il Commercio Equo e Solidale sostiene il progetto “Solidale Italiano” che racchiude i prodotti alimentari realizzati da cooperative che operano in carcere, su terreni confiscati alle mafie (come le Cooperative LiberaTerra) oppure che offrono inserimento lavorativo a persone svantaggiate (disabili, vittime di violenza …).


SCHEDA DIDATTICA 3 PER UN’ECONOMIA SOLIDALE E SOSTENIBILE Per creare un’economia solidale servono consumatori attenti, critici e responsabili, ma anche adeguatamente informati sul processo di produzione che sta dietro ai prodotti che arrivano sulle nostre tavole. Un’indagine utile è stata realizzata dalla ong OXFAM con la piattaforma web “Scopri il marchio” (http://www.behindthebrands.org/it-it) che assegna un punteggio alle grandi aziende del settore alimentare, analizzando i loro comportamenti rispetto a diritti, ambiente, landgrabbing, pari opportunità … UN PREZZO EQUO CONTRO LA SPECULAZIONE Oggi i prezzi delle materie prime alimentari (commodities) sono spesso regolate dal mercato. Nonostante (come caffè e cacao) spesso siano interamente prodotti nel Sud del mondo, la loro compravendita avviene nelle borse dei Paesi occidentali, dominate dagli attori della finanza e dai grossi importatori che impongono condizioni sfavorevoli per i piccoli produttori, del tutto esclusi dalla distribuzione del profitto maturato sul loro lavoro. Le grosse aziende hanno potere di determinare i prezzi perché muovono enormi capitali; gli speculatori finanziari, invece, “sporcano” il mercato perché acquistano e rivendono partite di materie prime alimentari ancor prima che siano state prodotte, senza mai scambiare la merce “fisicamente”: attraverso i contratti a termine (o futures) speculano sul fatto che l’aumento della domanda fittizia gonfia i prezzi e aumenta gli utili che derivano dalla loro rivendita. La FAO ha già denunciato queste speculazioni, sostenendo che questo sistema di profitti non deve essere applicato ai mercati delle materie prime alimentari, perché contribuisce ad affamare ancora di più i Paesi poveri. COME RISPONDE IL COMMERCIO EQUO Oltre ogni oscillazione di Borsa, il commercio equo solidale paga un prezzo equo ai produttori, fraziona i profitti secondo logiche di dignità e rispetto, non crea intermediari inutili e stabilisce rapporti diretti, paritari e continuativi con i produttori. I prodotti hanno tutti un prezzo minimo garantito, basato sul giusto prezzo concordato col fornitore e fissato in base alle esigenze reali dei coltivatori (costo del lavoro, costo delle materie prime e progetti di sviluppo).


Sotto al prezzo minimo non si scende mai, nemmeno se la Borsa quota il prodotto molto meno. E quando il prezzo di Borsa è superiore al prezzo minimo, il commercio equo paga il prezzo più alto e un sovrapprezzo di mercato che dipende dalla qualità del prodotto, dal Paese di provenienza e dai movimenti sul mercato locale. L’AGRICOLTURA BIOLOGICA Nel commercio equo e solidale, i prodotti alimentari e gli ingredienti dei prodotti per la pulizia della casa e la cosmesi provengono da agricoltura biologica. Come spiega l’AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica – www.aiab.it) il termine "agricoltura biologica" indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l'impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l'utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). In agricoltura biologica non si utilizzano sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere). Alla difesa delle colture si provvede innanzitutto in via preventiva, selezionando specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione appropriate, come, per esempio, la rotazione delle colture. UN ESEMPIO CONCRETO: IL PROGETTO MERU HERBS IN KENYA La Meru Herbs nasce in Kenya come cooperativa di commercio equo e solidale grazie alla spinta di un cuneese, Andrea Botta, arrivato nella regione semiarida a 250 km dalla capitale Nairobi negli anni ’80. La Meru Herbs Kenya (www.meruherbs.com) nasce dall’associazione di circa 2.000 famiglie utenti dell’acquedotto Nguuru Gakirwe Water Project, nella regione che si trova proprio sulla linea dell’Equatore, progetto fondamentale per rendere coltivabili i terreni della zona. Questi coltivatori producono camomilla, carcadé (dal fiore della pianta di Hibiscus), té nero, confezionano confetture di frutti tropicali 
(papaya, mango, guava, ananas), sughi con pomodoro e pilipili (peperoncino piccante) che arrivano fino in Italia tramite il commercio equo e solidale (Altromercato, Equomercato). La cooperativa offre lavoro soprattutto alle donne della comunità locale, rappresentando uno dei rari esempi di filiera completa nel commercio equo e solidale dato che i prodotti vengono realizzati interamente sul posto, dalla raccolta al confezionamento. Dal 2007 questa realtà è supportata dall’Associazione Meru Herbs Italia Onlus (www.meruherbs.it) che promuove il turismo responsabile, progetti di gemellaggio scolastico, di cooperazione internazionale e Servizio Civile insieme alla ong Ipsia Acli per sostenere attraverso raccolte fondi l’acquisto di materiali per la cooperativa agricola e borse studio per i giovani della comunità.


SCHEDA DIDATTICA 4 Il progetto “Solidale Italiano” nasce nel 2010 su iniziativa del Consorzio CTM Altromercato, insieme a Slow Food e AIAB – Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, on l’obiettivo per il commercio equo e solidale di sostenere non solo i produttori economicamente svantaggiati nel Sud del mondo, ma attraverso un marchio specifico, promuovere anche in Italia realtà che seguono i suoi criteri e operano in contesti difficili (come i territori liberati dalla criminalità organizzata) oppure a favore di persone svantaggiate (carcerati, vittime di violenza, ex tossicodipendenti, disabili …).

ECONOMIA CARCERARIA Su una popolazione detenuta di circa 66.000 persone (e una capienza regolamentare di 46.000 posti) in Italia lavora soltanto il 20% delle persone all’interno del carcere, la maggior parte alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e solo 2.257 per datori di lavoro esterni. Grazie alla legge Smuraglia del 2000 sono stati garantiti incentivi reali, utili a favorire l'avvio di attività per imprese e cooperative all'interno di un istituto di pena. I prodotti dell'Economia Carceraria uniscono all’attenzione per le materie prime e alla lavorazione, una particolare attenzione al percorso personale di chi questi prodotti li crea. Sono realizzati da realtà che operano con o all’interno dei luoghi di reclusione in Italia e offrono, attraverso una formazione e un lavoro qualificato e retribuito, una possibilità di riscatto a chi li realizza. Alcuni esempi: COOP. DIVIETO DI SOSTA – carcere di Verbania e carcere di Saluzzo (CN) Nato nel 2009, “Banda Biscotti” è il marchio legato al progetto di produzione di piccola pasticceria all’interno dei laboratori della Casa Circondariale di Verbania (VB) e della Casa di Reclusione di Saluzzo (CN). Grazie alla produzione di biscotti, si intende contribuire in maniera concreta a dare un senso all’esperienza della carcerazione, contenendone il potenziale di inutilità e ridonando ai carcerati motivazione, fiducia e possibilità di riscatto.


COOP. PAUSA CAFÉ – carcere Saluzzo Pausa Cafè è una cooperativa sociale che offre ai detenuti delle Case Circondariali di Torino e Saluzzo percorsi di reinserimento sociale e lavorativo. Nel birrificio si punta alla qualità, la produzione è seguita con passione e dedizione, alcune materie prime provengono da Presidi Slow Food e sono acquistate dalla cooperativa secondo i principi del commercio equo e solidale.

IL RISCATTO DEI BENI CONFISCATI ALLE MAFIE Grazie alle legge di iniziativa popolare n. 109 del 1996 (ottenuta attraverso la raccolta di oltre un milione di firme promossa dall’associazione “Libera contro le mafie” fondata da Don Luigi Ciotti e dal Magistrato Giancarlo Caselli) lo Stato può riassegnare beni confiscati a persone condannate per reati di tipo mafioso a Comuni, associazioni, cooperative sociali. In gran parte sono cascine e terreni agricoli sui quali sono sorte cooperative che attraverso la coltivazione di prodotti biologici, promuovono progetti di riscatto per questi territori, al Nord come al Sud, e l’inclusione di persone socialmente svantaggiate. Alcuni esempi: LIBERA TERRA MEDITERRANEO è un consorzio, onlus, che raggruppa cooperative sociali di Libera Terra, unite ad altri operatori che ne hanno sposato la causa. Nasce nel 2008 con l'obiettivo di mettere a fattor comune le attività agricole delle cooperative e di affrontare il mercato in maniera unitaria ed efficace. COOP. PIETRA DI SCARTO - nasce nel 2009 in Puglia ed è attiva nella promozione del Commercio Equo e Solidale nel comune di Cerignola (Foggia), in collaborazione con Libera e Confederazione italiana agricoltori. Ora ha una nuova sfida: dai pomodori coltivati su terreni confiscati, produce polpa e passata di pomodoro impiegando nella raccolta giovani africani prima sfruttati dal caporalato ed ex tossicodipendenti che cercano di affrancarsi dalla dipendenza. UNIRE NORD E SUD DEL MONDO: LA COOP. SOCIALE LIBEROMONDO è una cooperativa sociale nata nel 1997 a Roreto di Cherasco per proporre un commercio equo che promuove giustizia sociale ed economica sia nel Sud che nel Nord del Mondo, operando a favore dei produttori di Africa, America Latina, Asia e offrendo, in Italia, una concreta possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, soprattutto per persone in situazioni di disagio sociale o sono diversamente abili. Per questo LiberoMondo è una cooperativa sociale di tipo B, con propri laboratori di produzione di prodotti alimentari di commercio equo e solidale, e collabora con altre organizzazioni italiane impegnate a promuovere un’economia attenta alle persone e all’ambiente.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.