Tempi, gennaio 2018

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56. numero speciale

Te Deum laudamus

Per chi non s’accontenta di essere solo un numero

di Anba Macarius Il più grande dono che riceviamo, ora che il vecchio anno si è concluso e il nuovo è arrivato, è di essere ancora vivi. Molte persone erano con noi nel 2017 e oggi non ci sono più. Altre erano con noi fino a poche ore fa e hanno lasciato il nostro mondo. Quindi dobbiamo rendere grazie ogni ora nella preghiera, perché come dice il profeta Davide a Dio: «Poiché nella morte non c’è memoria di te, chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?» (Sal 6, 6). Per noi il passato è solo ricordo, lezione ed esperienza, mentre il futuro è speranza, ambizione e opportunità. Ieri è passato e non c’è modo di riportarlo in vita, cambiarlo o cancellarlo, mentre il futuro è nelle mani di Dio. Il problema non è peccare, visto che nessuno di noi è completamente perfetto, il problema risiede in tre errori: non pentirsi, cadere ancora e non imparare dai propri errori. Alcune persone sagge dicono: «Per ignoranza abbiamo peccato, ma abbiamo imparato dai nostri errori, perché nessun uomo è perfetto». Mentre pensiamo al passato e ci preoccupiamo del futuro, rischiamo però di perdere il presente, che è la parte più importante della vita, perché noi possediamo solo il presente e possiamo viverlo in santità, devozione

e cautela. L’essenza della vita sta nelle poche ore che viviamo ora. Finché siamo vivi possiamo riconciliarci con ciò che abbiamo perso. Possiamo pentirci, riformarci, recuperare, correggere gli errori e seguire chi ci supera. Possiamo pregare, leggere, servire e donarci agli altri. Un aspetto della vita monastica prevede che il monaco sia vigile nel momento dell’oscurità e della gloria del mattino attraverso la preghiera e la lode. Ogni ora è percepita come una nuova opportunità per una nuova vita che Dio concede. Noi stessi facciamo questa esperienza ogni volta che inizia un nuovo anno, come se fossimo già morti e ci venisse data una nuova vita o come se ci risvegliassimo da un terribile sogno nel quale ci vediamo morti e poi realizziamo che siamo ancora vivi. Dio con questo nuovo anno ci dà una nuova opportunità: «Io loderò l’Eterno finché vivrò, canterò salmi al mio Dio, finché esisterò» (Sal 146, 2).

La vita monastica prevede che il monaco sia vigile nel momento dell’oscurità e della gloria del mattino attraverso la preghiera e la lode

FOTO: ANSA

Viviamo liberi da tutti senza essere schiavi di niente e di nessuno. Perché non possiamo accettare di rimanere una voce in un elenco

Il nostro maestro, l’apostolo Paolo, dice: «Approfittate delle occasioni perché i tempi sono malvagi» (Efesini 5, 16). La parola “tempi” qui non indica solo il passare dei minuti e delle ore (kronos), ma un tempo speciale (kairòs), cioè un’opportunità data a noi da Dio. «Così dunque, secondo che ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti». Se possiamo “approfittare delle occasioni”, infatti, è perché, come è scritto nella lettera ai Galati, «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge» (Galati 3, 13). Alcune persone fanno un esame di coscienza in occasione del nuovo anno, altre per il loro compleanno, altre un po’ più di frequente. Nel monachesimo l’esame di coscienza è un lavoro quotidiano. La domanda che dobbiamo farci è: noi percepiamo che la nostra esistenza ha un


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