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Marta Columbro

Marta Columbro (†)

Gli “omaggi” di Mercadante ai compositori italiani1

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Saverio Mercadante, come sappiamo, ha occupato un posto di grandissimo rilievo nel panorama operistico italiano ed internazionale della sua epoca.

Va comunque sottolineata la grande attenzione che fin dagli inizi del suo percorso artistico ha sempre mostrato di dedicare anche al campo della musica strumentale. Un interesse finalizzato non solo alla necessaria formazione didattica, bensí forte e continuativo, giacché esso assumerà via via un rilievo di piú ampio respiro che portò il nostro autore a riservare a questʼambito numerose composizioni relative per altro anche alla compagine orchestrale. Tale propensione aggiunge alla figura di questo musicista una connotazione particolarmente distintiva mostrandolo, per questo, alquanto in controtendenza rispetto a molti dei compositori italiani dellʼOttocento che si dedicarono per lo piú alla produzione operistica trascurando, in parte o del tutto, il genere strumentale.

Saverio Mercadante, entrato nel Collegio della Pietà dei Turchini, nel 1808 si instradò nello studio del violino, ottenendo ottimi risultati, divenendo ben presto solista e concertatore; non disdegnò nel frattempo di cimentarsi, ed in piena autonomia, nello studio di altri strumenti. Apprezzabile, per completare il quadro della sua formazione fu anche lʼottima conoscenza del repertorio dei grandi classici, di Haydn, Mozart e Beethoven, le cui pagine spesso includeva nei repertori che soleva dirigere con lʼorchestra.

A tal proposito illuminanti, al fine di tracciare il profilo didattico e la carriera artistica del nostro musicista, appaiono gli scritti di Francesco Florimo; di particolare riguardo risulta anche la fitta corrispondenza che intercorse tra il celebre bibliotecario del San Pietro a Majella e il suo vecchio compagno di studi.2 Grazie a

1 Ringrazio sentitamente il Bibliotecario del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli, prof. Cesare Corsi, che, nonostante la chiusura imposta dalla pandemia, ha reso comunque possibile il recupero dei materiali indispensabili per la compilazione di questo mio scritto. 2 Si rimanda a tal proposito allʼesaustivo e fondamentale contributo di SANTo pAlermo, Save-

Florimo, amico, biografo e per lungo tempo mentore e grande estimatore di Mercadante, possiamo dunque ripercorrere le tappe fondamentali della sua vita e della sua carriera riuscendo a penetrare anche in quegli aspetti piú legati al quotidiano e al vissuto piú intimo del compositore.

Lʼargomentata biografia del Florimo trova spazio in uno dei volumi della sua celebre opera sulla Scuola Musicale di Napoli, 3 la cui fortuna gli consentí di provvedere, già nel 1882 alla stesura di una seconda e piú ampliata edizione. Ma i contenuti e i giudizi espressi nei riguardi del maestro di Altamura, pur rimanendo comunque oltremodo interessanti, appaiono in verità alquanto contrastanti tra il prima e il dopo, tanto che Florimo, col trascorrere degli anni, sembra aver avuto un forte ripensamento, e piuttosto in negativo, sulla ricomposizione della figura artistica di Mercadante. Nella prima edizione datata 1869, con il compositore ancora in vita, il relatore mostra in generale un grande apprezzamento illustrandoci anche i promettenti inizi:

Dopo essersi istruito negli elementi, lettura musicale e solfeggio, si dedicò allo studio del violino, e progredí talmente nella classe di questo strumento, che in breve tempo, contando appena quindici anni, divenne solista e concertatore dʼorchestra, ufficio assegnato al primo alunno maestrino per la parte strumentale. Scrisse per violino nella sua prima giovinezza variatissima musica, che di buonʼora pubblicò in Napoli.4

Nella seconda edizione del 1882, con il compositore ormai passato a miglior vita, il Florimo ci racconta invece tutta unʼaltra storia, ovvero: «Fu ammesso nel conservatorio il 1809. Ivi studiò contro voglia e fino al 1814 il violino».5 Nel contempo però lo descrive anche proteso e incuriosito verso lo studio di altri strumenti quali il violoncello, il fagotto, il clarino ed il flauto:

Strumenti che gli venivano prestati dà compiacenti compagni e su cui applicavasi per bramosia di maggiori cognizioni. Nel 1814 pensò di organare fra gli allievi una banda, e compose per questa marce, passi doppii, e ciò per semplice svago nelle ore di ricreazione.6

rio Mercadante. Biografia, epistolario, Fasano, Schena Editore, 1995. 3 FrANCeSCo FlorImo, Cenno Storico sulla Scuola Musicale di Napoli, Napoli, Tipografia di

Lorenzo Rocco, 1869, I, pp. 640-667. 4 IVI, p. 641. 5 Id., La Scuola Musicale Di Napoli, Napoli, Stabilimento Tipografico di Vinc. Morano, 1882, III, p. 111. 6 Ivi, pp. 111-112.

Non a caso dunque divenne ben presto direttore dellʼorchestra degli allievi, in qualità di Maestrino, carica che mantenne per lungo tempo.

Di questa approfondita conoscenza strumentale Mercadante si gioverà senzʼaltro, come sappiamo, anche per la composizione dei suoi numerosi melodrammi, vantati spesso dalla critica oltre che per il forte ed espressivo senso drammatico e per la ricerca di taluni elementi formali ritenuti innovativi, anche per lʼuso di una strumentazione appropriata, pur se talvolta ritenuta troppo poderosa ed eccessiva.7

Un interesse dunque che si manterrà vivo nel corso del tempo e che riceverà il massimo impiego nei lunghi anni spesi da Mercadante nella direzione del Conservatorio di San Pietro a Majella, quando avrà cura di sollecitare in modo particolare gli allievi alle esercitazioni e alle esecuzioni orchestrali, che spesso lui stesso dirigeva. Ma anche su questo argomento Florimo, sempre alquanto in contrasto con quanto aveva affermato nella prima stesura della sua ricostruzione storica, sembra assumere un atteggiamento, in alcuni tratti, ambiguo e critico:

Pare per altro che le maggiori cure del Mercadante fossero rivolte a fare che il Collegio spiccasse per la parte esecutiva solamente. A tal uopo offriva spesso al pubblico clamorose e splendide accademie, concerti e serate musicali.

Queste Accademie, queste manifestazioni artistiche erano composte quasi sempre di musica scritta dallo stesso Mercadante. Ed egli sapeva cosí bene trasfondere il suo pensiero, il soffio animatore negli esecutori, che tutti sembravano identificarsi nel direttore. E cosí avevano mirabili esecuzioni. Si piaceva talvolta di mescolare le sue con le altrui ispirazioni; talvolta addirittura aggiustava, rifaceva: e dalla sua mania innovatrice non furon salvi neppure il Mozart ed il Rossini.8

Non è ben chiaro quale sia stata la ragione che abbia condotto Florimo ad avere un cosí forte ripensamento sul nostro autore, il tutto lascia pensare ad un raffreddamento dei rapporti, a delusioni, a dei fraintendimenti tali, sorti fra i due vecchi amici che portarono il grande bibliotecario appunto a rivedere, piú in negativo, il giudizio complessivo su Mercadante, giudizio che certamente gravò sulla fortuna postuma del compositore.

Comunque lʼimpegno profuso dal nostro musicista per lʼorchestra degli alunni diverrà un tratto distintivo del suo operato in qualità di Direttore del Conservatorio, specie nei suoi ultimi anni di carriera e di vita, affermando in tal modo una visione progettuale quasi avveniristica e di grande portata per quei tempi, un merito che

7 Come riporta Florimo: «I critici di quel tempo accusarono la musica degli Orazii di troppo strepito e di troppa sonorità, specialmente nellʼimpasto degli strumenti di ottone, nelle masse corali, nelle bande e nellʼunione fragorosa di questa con lʼorchestra». Cfr. FlorImo, Cenno

Storico cit., I, p. 651, nota 1. 8 FlorImo, La Scuola Musicale cit., p. 121.

fortunatamente gli verrà riconosciuto anche a posteriori.

Un forte apprezzamento gli viene tributato anche da Michele Ruta nel corso della sua accurata ed acuta dissertazione sulla decadenza della musica italiana e del Conservatorio S. Pietro a Majella in particolare, volume datato 1876:9

Il Mercadante dava personalmente la lezione orchestrale collettiva nelle prove, e spese cure e fatiche improbe per portare quellʼorchestra ad uno stato fiorente, ad unʼaltezza mirabile, ma verso gli ultimi anni della sua direzione, per la perdita della vista, e per la sua salute ormai cagionevole, non poté assistere con la solita attività a questa sua occupazione favorita; e cominciò per tal ragione il periodo di decadenza di quella vigorosa orchestra. Ma dalla sua morte una tale decadenza crebbe smisuratamente fino a quanto che chiamato il maestro Lauro Rossi a dirigere il Collegio, trova una male augurata eredità, che gli fu forza accettare, senza beneficio dʼinventario.10

Diverse le composizioni strumentali relative soprattutto gli anni dellʼapprendistato giovanile, quandʼera ancora allievo di composizione nella classe di Zingarelli. Altre invece risalgono al periodo della maturità, al tempo in cui versava il suo impegno appunto nella dirigenza del conservatorio, ed in special modo nei suoi ultimi anni di vita, quando ormai era completamente afflitto dalla cecità. Prendono cosí corpo varie fantasie, sinfonie, brani orchestrali comunque legati solitamente nellʼispirazione al mondo dellʼopera e al canto, secondando il gusto del tempo.

Fra tutte queste pagine, in particolare ne figurano alcune denominate omaggio e dedicate dallʼautore a grandi operisti dellʼepoca quali Bellini, Rossini, Donizetti e Pacini.

Lavori dettati da particolari e non sempre liete circostanze, giacché appartenenti ad un genere solitamente adoperato in occasione di ricorrenze funebri, ma certo inconfutabile segno della sincera stima che Mercadante nutriva nei confronti di questi musicisti. Ad alcuni di essi lo legavano rapporti di stretta ed antica amicizia, comʼé nel caso di Vincenzo Bellini, suo compagno di studi, o di Gioacchino Rossini a cui riservava un sentimento di sentita riconoscenza, essendo stato il pesarese uno dei suoi primi importanti estimatori. Con gli altri due intestatari degli omaggi, Donizetti e Pacini, i rapporti furono certo meno stretti, anzi questi due musicisti inizialmente furono avvertiti da Mercadante quali suoi competitori, come testimonia una delle lettere indirizzate sempre al grande amico Florimo,11 scritta per altro con

9 mICHele ruTA, Storia critica delle condizioni della musica in Italia e del Conservatorio di S.

Pietro a Majella di Napoli, Napoli, Libreria Detken e Rocholl, 1877, p. 104. 10 Ivi, p. 104. 11 La lettera in questione risulta senza indirizzo ma, dalle notizie contenute appare lampante che il destinatario sia sempre Florimo. Cfr. pAlermo, Saverio Mercadante, cit., lettera n. 9, pp. 88-89.

un tono un poʼ goliardico, oscillante, potremmo dire, tra il serio e il faceto:

Le tue notizie teatrali mi hanno fatto quasi crepare dalle risa, poiché vi è veramente lo stile grammaticale del conservatorio dʼaltri tempi. Dunque Dozzinetti (voglio dire Donizetti) dopo essersi immortalato con lʼesule di Roma, ora è lʼesule di Napoli. Trovo ben compensate le sue virtuose fatiche, e non dubbito punto che a Milano non demeriterà punto della stessa sorte e diventando cosí lʼesule di Milano anderà a prendere fiato a Costantinopoli dove si trova suo fratello. La stessa sorte desidero di tutto cuore a Pacini, e mi sembra che non è lontano dʼaderire alle mie giuste brame. In Parigi il Pompeano è caduto, anzi precipitato al punto che i giornali di quella capitale lo invitano a comporre per i loro Teatri di Vodville, perché lo trovano adattissimo.12

Indubbiamente la missiva riporta alcuni commenti alquanto mordaci, frutto comunque di una competizione sana e del tutto comprensibile e che col tempo risultò ampiamente superata visto che il buon Mercadante intrattenne con questi due compositori rapporti piú che cordiali, sapendone infine apprezzare lʼindubbio valore.

Lʼomaggio a Donizetti porta la data del 1848, anno in cui si spense a Bergamo questo grande operista. Mercadante dedica e invia questa composizione per grande orchestra, fondata su motivi celebri dellʼintestatario, al fratello Giuseppe Donizetti, anchʼegli musicista, che viveva a Costantinopoli dove ricopriva lʼincarico di direttore della banda militare. A questi indirizza nel giugno 1849, le seguenti parole di accompagnamento:

Al Chiarissimo Sig. Cavaliere Giuseppe Donizetti Costantinopoli Pregiatissimo Sig. Cavaliere ed Amico Il compitissimo vostro foglio mi pervenne sommamente grato sia per sentirvi sano co tutti di famiglia come per scorgere a voi caro il piccolissimo attestato di stima per il gran Compositore Italiano che tanta gloria accrebbe allʼArte col suo chiaro ingegno ed assidui studi. Il rendere omaggio musicale e ricordare alla gioventú studiosa, non che à coltivatori e amatori dellʼArte Bella, alcune tra le tante ispirate melodie del genio di Donizetti era per me sacro, dolce dovere; gradirne voi la dedica fu tratto di cortesia del quale sarò sempre memore.13

12 Ivi, p. 89. 13 pAlermo, Saverio Mercadante, cit., lettera n. 137, pp. 259-260.

Lʼomaggio a Giovanni Pacini14 venne realizzato nel 1868, un anno dopo la scomparsa del musicista, mentre quello dedicato a Rossini, sempre del 1868, fu composto solo pochi mesi dopo la morte del grande pesarese e proprio in occasione dei sontuosi funerali che vennero celebrati in sua memoria nella chiesa del Collegio di Musica di Napoli.

Di datazione incerta invece appare la partitura relativa allʼomaggio a Bellini; alcuni critici ed alcuni dizionari indicano una forcella cronologica piuttosto ampia per la sua segnatura ponendo la sua creazione tra il 1840 ed il 1860, ma la data di pubblicazione risulta infine essere il 1860, anno registrato dallo stesso Florimo nel catalogo delle opere di Mercadante di cui fa menzione nel suo testo.15

Tre di queste partiture (Pacini, Rossini e Bellini) sono custodite nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli. Mentre quella dedicata a Donizetti si conserva presso lʼIstituto Musicale di Bergamo.

Comunque anche su queste pagine cade il giudizio critico di Florimo:

Le sinfonie in omaggio al Bellini, al Donizetti e al Pacini sono piú tosto fantasie orchestrali, perché intessute sopra motivi delle opere di queʼ celebri maestri. Lʼomaggio, a vero dire, sta fino a un certo punto, perché tratto tratto il Mercadante si sostituisce allʼautore, che vuol onorare, trascrivendone le idee, e accomoda le armonie, cangia i bassi, e non sempre con felice successo. Ciò osservasi, piú che altrove, nellʼomaggio al Bellini.16

È certamente possibile ascrivere queste composizioni nellʼambito musicale della fantasia funebre, genere che nel corso dei secoli aveva visto nascere forme quali il lamento, le deplorazioni, il tombeau, ma senzʼaltro, nello specifico, esse ambiscono, nel senso non tanto formale quanto letterale, a inquadrarsi piú propriamente come Apoteosi, forma anchʼessa commemorativa ma finalizzata alla divinizzazione, alla glorificazione di un eroe, di un artista.

I quattro omaggi di Mercadante osservano, nelle linee generali, dei caratteri comuni. Le partiture si presentano piuttosto brevi e condensate trovando tutte spazio di scrittura in circa 60 fogli di musica, considerando sia il fronte sia il retro, fatta eccezione per lʼomaggio a Pacini che ne conta ben 92. Sono tutte per grande orchestra ingaggiando anche un nutrito numero di fiati, fra cui spicca lʼinserimento dellʼoffleiden, strumento dal particolare timbro, appartenente alla famiglia degli antichi cornetti, molto amato, specie allʼepoca, per le esecuzioni bandistiche. Pur

14 Brano che riscontrò molto successo, sempre secondo Florimo che registra: «lavoro eseguito con molto successo a S. Carlo replicandosi per 4 sere», cfr. FlorImo, Cenno Storico cit., I, p. 658. 15 Lʼautore Santo Palermo invece nel suo libro non fa alcuna menzione di questa partitura nellʼelenco delle opere di Saverio Mercadante. 16 FlorImo, La Scuola Musicale cit., p. 120.

essendo talvolta definite da alcuni critici come Sinfonie, dal punto di vista compositivo ciò non corrisponde al vero in quanto la forma per esse adoperata è quanto mai libera, proponendo quella della Fantasia su temi dʼopera, molto praticata ed in gran voga allʼepoca. Tale termine in realtà, quello di Sinfonia, viene poco utilizzato anche dallʼautore sullʼintestazione di queste opere, eccezion fatta nel caso dellʼomaggio a Rossini e a Donizetti, quando è lo stesso Mercadante ad usare questa denominazione, ma sempre in senso lato, riferibile piú che altro alla numerosa compagine orchestrale richiesta per la loro esecuzione.17

Fra tutte queste composizioni una particolare attenzione merita, a mio avviso, lʼomaggio a Bellini, non fossʼaltro che per lo stretto legame di amicizia e vicinanza che dai tempi della formazione scolastica si era istaurata fra questi due musicisti. Tra lʼaltro, proprio nei giorni in cui moriva cosí precocemente Bellini, Mercadante si trovava a Parigi per la commissione di unʼopera, e, secondo alcune cronache,18 anchʼegli, come tanti altri, cercò di visitare lʼamico ammalato ospite della famiglia Lewis a Puteaux, ma, seguendo un protocollo standardizzato, gli fu impedita la visita, in obbedienza allʼordine che aveva imposto il medico curante. Mercadante fu comunque presente ai funerali, dandone poi, in una lettera, il resoconto dettagliato al desolato Florimo.19

La prematura dipartita di Vincenzo Bellini fu un evento davvero memorabile che suscitò grande cordoglio e commozione non solo a Napoli ma nellʼEuropa intera. Il grande musicista catanese per la sua giovane età, per il suo grande talento e per lo straordinario successo che molte sue opere avevano raggiunto fu ben presto paragonato a grandi altri talenti della storia quali Raffaello, Pergolesi e Mozart, tutti artisti accomunati dal possesso di un grande genialità, da una fine prematura e da taluni, per altro, intesa come misteriosa. Nel dicembre del 1835 il Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella tributò doverosamente a questo suo grande figlio una solenne cerimonia commemorativa cui parteciparono oltre ai musicisti molti esponenti della cultura e delle arti, anche con opere celebrative espressamente composte per la triste ricorrenza.20 Cosí Florimo ricorda:21

Il Duca di Noja, Giovanni Carafa, che puossi dire con fondata ragione il vero mecenate di Bellini, volle che il Collegio di Musica, al governo del quale egli presiedeva, celebrasse nella chiesa di San Pietro a Majella sontuosi funerali. Lo Zingarelli, di sua spontanea volontà, assunse lʼimpegno di dirigere la musica chʼera

17 Nel frontespizio dei restanti omaggi compare invece la dizione Fantasia. 18 FrANCeSCo FlorImo, Bellini, Memorie e Lettere, Firenze, G. Barbera Editore, 1882, p. 62. 19 pAlermo, Saverio Mercadante, cit., lettera n. 52, pp. 153-154. 20 Cfr. AleSSANdro CANNAVACCIuolo, Memoria della morte di Vincenzo Bellini nella poesia napoletana dellʼOttocento, «Bollettino di Studi Belliniani» IV, 2018, pp. 44-59. 21 FlorImo, Bellini, Memorie cit, pp. 69-70.

di sua composizione, e venne eseguita da piú di trecento professori tra sonatori e cantanti, e dallo stesso intero Collegio, che tutti uniti in un sol pensiero davano questʼultimo attestato di affetto e di ammirazione al grande artista, allʼamico ed allʼinfelice compagno. Lʼegregio Giuseppe Festa, uno dei piú valenti direttori dʼorchestra della prima metà del volgente secolo, guidava con magico effetto lʼesecuzione strumentale. La messa fu preceduta da una sinfonia funebre da me appositamente scritta per la luttuosa circostanza, ove quella malinconica e religiosa melodia dellʼintroduzione della Norma, a varie riprese ripetuta, ricordava lʼestinto e disgraziato giovane. Il piú patetico elogio funebre fu composto e reitato con sentita emozione dallʼegregio Cesare Dalbono, in quel tempo ancor giovanissimo, ma già chiaro nella repubblica delle lettere, ed ora uno dei letterati piú eminenti del paese, stato per ben venti anni a capo del Reale Istituto di Belle Arti in Napoli. La vasta chiesa di San Pietro a Majella, parata di nero, risplendeva di mille ceri in bellʼordine distribuiti, a ornamento del modesto tumulo che nel mezzo si ergeva. Intervennero alla lugubre cerimonia il Conte di Siracusa, i Ministri di Stato, il Corpo diplomatico, lʼAccademia delle Scienze e Belle Arti, il Collegio Reale Medico Cerusico, lʼaltro deʼ Nobili detto del Salvatore, e quanti grandi e ragguardevoli personaggi napolitani e stranieri qui trovavansi. Lo Zingarelli, che dirigeva la musica, fu visto versar lagrime, ed il rettore del Collegio, il reverendo Gennaro Lambiase, che avea educato Bellini, al momento della benedizione del tumulo, venne meno, sopraffatto dal dolore. Tutti gli alunni del Collegio, che non presero parte allʼesecuzione della musica, coi veli del dolore al braccio e colle fiaccole funerarie, in mestissimo atteggiamento circondavano il catafalco. Erano presenti tutti gli amici della sua adolescenza, tutti i maestri del Collegio, i piú chiari artisti e gli uomini piú illustri della città per nascita, per sapere, per dignità e per gradi, concorsi tutti a rendergli un supremo tributo, che certamente sarà stato caro, piú di qualunque altra splendida dimostrazione di onore, a quellʼanima benedetta.

Ma non fu quella lʼoccasione, come abbiamo visto, in cui Mercadante scrisse il suo “omaggio”. Dedica la composizione, definita Fantasia a grandʼorchestra, espressamente a tal Vincenzo Zurlo, personaggio dellʼambiente aristocratico e forse legato al mondo del conservatorio napoletano, nonché autore anche di diverse marce per banda, a cui per altro Mercadante aveva intestato anche altri lavori.22

Lʼorganico si presenta alquanto possente: violini, viole, flauti, ottavino, oboi, clarini in do, fagotti, corni in sol, corni in re, trombe in do, tromboni, offleiden, timpani in mi♯, arpa, violoncelli, contrabbassi, schierando una compagine strumentale del tutto simile comunque a quello utilizzato anche per gli altri “omaggi”, solo il

22 A Vincenzo Zurlo dedica anche la Tarantella tratta dalla Cantata per soli coro e orchestra La danza augurale.

brano riservato a Pacini appare nei numeri ancora piú nutrito.

In realtà in questʼopera Mercadante ripropone la stessa struttura orchestrale che già Bellini aveva adoperato per la Norma e la Sonnambula, proprio le opere da cui trae ispirazione e ricava citazioni utili per poter strutturare la sua Fantasia.

Vi è però, come già accennato in precedenza, un interessante quanto personale aggiunta del nostro autore a quanto previsto dallʼimpianto belliniano, quella cioè dellʼoficleide o, come segnato in partitura, lʼoffleiden, usato da Mercadante nel registro di basso. È questo uno strumento particolare, per altro molto sfruttato dal nostro musicista che lo utilizza anche negli altri “omaggi”. Si tratta di uno strumento a fiato, appartenente alla famiglia degli ottoni, ben presente nei repertori della musica antica e da banda, diretto discendente del serpentone, presente con le diverse taglie di contralto, tenore e basso e contrabasso.23

In questo brano, impostato sulla tonalità di mi minore, si alternano sezioni veloci ed episodi cantabili, in cui vengono a prefigurarsi i materiali tratti dalle opere di Bellini. A questi Mercadante si accosta in maniera abbastanza fedele rimanendo inalterato lʼimpianto tonale originale e ben riconoscibili i temi. Quindi la fantasia dellʼautore sembra impegnata nella creazione di un variegato collage dei brani piú noti di alcune opere di Bellini piuttosto che nella creazione di varianti o di nuovi spunti compositivi. Infatti non approfondisce od elabora, comʼera nellʼottica compositiva dettata dalla fantasia, poiché assembla lasciando inalterati i tratti piú significativi dei brani citati. Gioca quindi sulla dimensione spettacolare finalizzata al riconoscimento, da parte del pubblico, delle celebri melodie. Piuttosto il nostro autore tende ad enfatizzare la carica narrativa ed emotiva dei temi belliniani mediante una strumentazione spesso enfatica che tende ad acuirne i caratteri. I temi, di cui mantiene sempre lʼimpianto tonale come proposto dallʼoriginale, si susseguono introdotti di volta in volta da cambi di tempo e di andamenti cosí da ben connotare le diverse atmosfere, e si passa da un tema allʼaltro con piccole varianti formate da brevi modulazioni cromatiche; talvolta le citazioni presentano soltanto la testa dei temi con piccole frasi che crescono, si ripetono, si sovrappongono o ripetono fedelmente lʼintera melodia.

Certo la scelta di Mercadante non a caso cade sulla selezione di determinati brani, quelli evidentemente ritenuti piú celebri e altamente significativi per lʼimmaginario collettivo.

Dopo una breve introduzione dal carattere solenne e marziale e a mio avviso dal sapore decisamente trionfalistico, subito il compositore inserisce un altrettanto breve accenno tratto dal tema del coro introduttivo e cabaletta del primo atto della

23 A differenza del basso tuba, che sul finire dellʼ800 lo sostituirà definitivamente, lʼoficleide non presenta pistoni ma chiavette e quindi per lʼemissione sonoro non si basa sui suoni armonici ma sui suoni determinati. Un aneddoto narra che Adolphe Sax, lʼinventore del sassofono, deputato a riparare gli strumenti della banda Nazionale francese, decise di sostituire lʼimboccatura a bocchino dellʼoficleide con unʼancia e cosí, da questa sperimentazione, sarebbe poi nato il sax.

Norma, «Ite sul colle o Druidi». Poche battute, solo unʼanticipazione di una piú ampia stesura che di lí a poco verrà dato a questo brano, momentaneamente interrotto per dar spazio, in maniera piú compiuta e amplificata, alla ripresa del tema espresso dalla fanfara introduttiva, episodio che il compositore segna in partitura con la dicitura I Tempo.

La scrittura musicale si presenta via via sempre piú densa, assegnando agli strumenti a fiato ruoli piú impegnativi nel tracciamento del profilo melodico, cosí proprio come accade nel passaggio successivo che affronta lʼesecuzione del momento piú lirico proponendo la celebre aria di Amina tratta dalla Sonnambula «Ah! Non credea mirarti». Un vero e proprio cameo che in questa rivisitazione assume carattere di forte centralità discostandosi, per andamento e atmosfera, dal carattere espresso dalle altre citazioni belliniane che Mercadante aveva inteso riprodurre. A questo infatti faranno da contorno oltre al già menzionato inno dei druidi della Norma anche il coro «Guerra, guerra!» del finale del secondo atto, sempre della stessa opera, trattato in maniera ugualmente estesa. Ancora dunque brani corali dal sapore decisamente eroico e marziale, le cui cellule motiviche andranno poi a sovrapporsi, specie quelle tratte dalla Norma, in una sorta di stretta finale.

Mercadante in questa composizione pone in essere tutte le sue capacità di buon strumentatore utilizzando i movimenti dellʼorchestra argutamente elaborati, ben preparando lʼingresso dei celebri motivi; va da sé che tutta questa voluta ricerca dellʼamplificazione sonora, finalizzata probabilmente ad esecuzioni bandistiche o da realizzarsi comunque in ampi spazi, poneva il rischio di poter stridere con lʼessenza del melos belliniano basato sullʼessenza di una purezza melodica che poco poteva concedere ad una strumentazione piú fragorosa.

Da un punto di vista musicale il nostro autore sembra dunque adottare, in massima parte, una strategia che privilegi la scelta di taluni brani che potevano risultare, a livello sonoro, di maggiore impatto timbrico e ritmico presentando caratteri e tematiche eroiche in cui il suo estro creativo si era sempre particolarmente distinto ed identificato, ma vi è anche da considerare un ulteriore lettura che lascia il campo ad una interpretazione che valuti gli aspetti di una comunicazione piú emotiva e, potremmo dire, psicologica. Innanzitutto, come già accennato, momento centrale nella costruzione simmetrica della composizione diviene quello piú lirico dove, appunto, emerge lʼaria di Amina dalla Sonnambula «Ah! Non credea mirarti». A mio avviso qui lʼautore, oltre a rendere omaggio e a dare piena evidenza allʼinconfondibile melos belliniano, si serve proprio di questo brano anche, o soprattutto, in considerazione delle parole enunciate dal testo, infatti il libretto scritto da Felice Romani cosí recita:24

Ah! Non credea mirarti sí presto estinto, o fiore; passasti al par dʼamore,

24 FelICe romANI, La Sonnambula, in Tutti i libretti di Bellini, Torino, uTeT, 1995, p. 185.

che un giorno sol durò.

A queste sicuramente egli allude, se ne appropria, per tendere ad una precisa narrazione, rivolgendo a Bellini, attraverso la sua stessa musica, uno struggente sentimento dʼamore e di rimpianto, reso ancora piú melanconico nellʼaffido del tema al suono piú grave e dolente dei violoncelli mentre il morbido accompagnamento viene realizzato da violini e viole.

È questo il momento piú intenso, quello del ricordo, dellʼelegia, ma per il resto Mercadante, con lʼutilizzo di tutte le altre non casuali citazioni, tende a consegnare alla storia una determinata immagine di Bellini, quella piú amata e condivisa allʼepoca, quella piú idealizzata e legata allʼespressione dellʼamor patrio, portando cosí avanti il modello di un musicista non piú legato a scuole o regionalismi, ma in tutto e per tutto italiano. Unʼimmagine del resto da tempo condivisa da molti e ben accreditata già a ridosso della scomparsa del compianto catanese, in anni dunque ancora lontani dal concreto raggiungimento dellʼunità nazionale. Una lettura che si iscrive comunque in quel particolare contesto storico culturale, quello degli anni del Risorgimento italiano, che aveva inteso caricare diverse scene operistiche di significati patriottici, e questo pur prescindendo dalla reale visione politica che i vari musicisti coltivavano, giacché ai piú ben conveniva rimanere estranei alle vicissitudini rivoluzionarie dellʼepoca. Ciò nonostante appare indubbio che proprio nelle trame di molte opere sia riscontrabile lʼaderenza alle tematiche correnti dettate dal contesto storico generale e ben presenti nella letteratura europea. Vicende ambientate in altre epoche o in altri luoghi in cui, oltre alla dominante e spesso tormentata storia amorosa, faceva da sfondo una storia piú grande e generale, quella sociale e politica. Questa comunque risultava fortemente incidente per gli sviluppi del dramma evidenziando un conflitto basato sui temi dellʼoppressione e di una sospirata libertà, per i singoli o per un popolo.

È questo anche il caso in cui, come sappiamo, ben rientrano alcune opere di Vincenzo Bellini, non a caso dunque i già citati brani tratti dalla Norma, ma poi anche dai Puritani, ben presto divennero nellʼimmaginario collettivo inni di libertà, canti di rivolta. In particolare si ricorda un episodio legato alla rappresentazione di Norma avvenuta nel 1858 alla Scala di Milano che vide il pubblico presente in sala unirsi al coro del teatro per cantare lʼinno di guerra costringendo gli austriaci a sospendere lo spettacolo.

È per tutto questo che Mercadante nel confezionare la partitura della Fantasia sui temi di Bellini dà rilievo proprio a quelle pagine intrise di patriottismo, assegnando per altro ampio spazio nella stesura musicale allʼinno dei druidi, la cui originaria struttura motivica già allude e sembra confondersi, con lʼaltrettanto celebrato inno «Suoni la tromba e, intrepido» dei Puritani, opera di cui Bellini, in Francia, forse non a caso, aveva affidato la stesura del libretto allʼesule Carlo Pepoli.

La ben caratterizzata melodia dellʼinno della Norma inserita nellʼomaggio prende corpo nella sua interezza riportando anchʼessa alla memoria il bel testo di un inno

che, senza ombra di dubbio, incitava gli animi allʼunione ed alla libertà:25

oroVeSo e Coro (con ferocia marcata)

Guerra, guerra! Le galliche selve quante han querce producon guerrier; qual sul gregge fameliche belve, sui Romani van essi a cader. Sangue, sangue! Le galliche scuri fino al tronco Bagnate ne son, sovra i flutti del Ligeri impuri ei gorgoglia con funebre suon. Strage, strage, sterminio, vendetta! già comincia, si compie, sʼaffretta. Come biade da falci mietute son di Roma le schiere cadute. Tronchi i vanni, recisi gli artigli, abbattuta ecco lʼaquila al suol. A mirar il trionfo deʼ figli ecco il Dio sovra un raggio di sol.

Furono dunque soprattutto inni e cori ad assumere grande importanza nellʼimmaginario collettivo di gran parte della società italiana dellʼOttocento, capaci per i loro contenuti e per lʼaccattivante incedere ritmico melodico di risultare facilmente comprensibili e soprattutto condivisibili; in tal modo anche la musica, forse piú delle altre arti contribuí decisamente alla formazione di una sentita identità nazionale.26 Lo stesso Mercadante, ancora in vita, fu presto oggetto, per alcune sue opere, di una rilettura in senso risorgimentale. Già nel 1831 ci fu, da parte dei patrioti, un grande apprezzamento per il coro «Chi per la patria muor, vissuto è assai» dellʼopera Donna Caritea regina di Spagna, canto intonato come ultimo atto compiuto dai fratelli Bandiera prima della loro esecuzione avvenuta in Calabria nel 1844. Simile considerazione investí anche lʼopera Gli Orazi e Curiazi di cui fu ripreso un brano, insieme ad altri di Verdi, per una celebrazione svolta la sera del 18 febbraio 1861 a Torino, in piazza Castello per lʼinaugurazione del nuovo Parlamento Italiano. Ritornando alle vicende dellʼomaggio, va ricordato che giustamente questo brano trovò la sua giusta collocazione esecutiva durante le celebrazioni occorse per la traslazione delle ceneri di Bellini da Parigi a Catania, avvenute nel 1876. Anche in questo caso la minuziosa cronaca redatta da Francesco Florimo e compresa nelle

25 FelICe romANI, Norma, in Tutti i libretti di Bellini cit., p. 201. 26 Cfr. pHIlIp GoSSeTT - dANIelA mACCHIoNe, Le «Edizioni distrutte» e il significato dei cori operistici nel Risorgimento, «Il Saggiatore Musicale» 12/2, 2005, pp. 339-387.

pubblicazioni: La Scuola Musicale di Napoli e Bellini, Memorie e lettere, entrambe del 1882,27 pone lʼaccento sulla connotazione eroica e risorgimentale che i citati brani di Bellini avrebbero senzʼaltro espresso.

Alle ore 8 pomeridiane, sulla Piazza degli Studi si eseguivano concerti vocali e strumentali, ed una compatta onda di popolo vi assisteva plaudente. Le note del Bellini commovevano tutti gli animi, e li inebriavano di quella gioia che accompagna ogni festa della patria, di quellʼquellʼorgoglio per tutto ciò chʼessa contiene di sacro e di venerabile. E dopo, lʼorchestra risuona per le armonie della fantasia di Mercadante; e lʼInno di guerra della Norma prorompe colle sue note robuste a spirare quellʼebbrezza che sente un popolo vicino a rompere le sue catene e redimersi. La piazza si illumina di mille fuochi di bengala dai cento colori; e fragorosi, frenetici applausi e Viva Bellini scoppiano ed echeggiarono per tutto il Corso fino alle vie circostanti. Quellʼonda di popolo e commossa, si agita, acclama, respira quellʼaria, si elettrizza a quei suoni che tante volte ha ripetuti, eco dei suoi palpiti e di libertà.

Questa particolare visione si è comunque protratta nel tempo, potremmo dire quasi fino ai nostri giorni, infatti ancora nel 1943 Andrea Finocchiaro fondatore del Movimento per lʼindipendenza della Sicilia scelse «Suona la tromba e intrepido» come inno nazionale, qualora si fosse realizzato il suo utopico progetto.

Lʼomaggio a Bellini di Saverio Mercadante pur essendo stato composto in un particolare contesto e forse per determinata finalità, ha travalicato il suo tempo trovando ancora spazio in diverse esecuzioni, ed è stata oggetto di ulteriori rivisitazioni. Ne è stata realizzata infatti una riduzione per pianoforte di Luigi Truzzi datata 1931, e in piú una stesura per banda e una trascrizione organistica rielaborata da Pietro Andrisani, ed eseguita per la realizzazione di un 33 giri, nel 2000, da Arturo Sacchetti.

27 FlorImo, La Scuola Musicale di Napoli cit., III, pp. 279-280. La stessa cronaca, in maniera quasi identica, viene riportata in Id., Traslazione delle ceneri di Bellini, Napoli, Tip. Vincenzo

Morano, Napoli, 1882, p. 141. Cfr. pAoloGIoVANNI mAIoNe, Florimo allʼamico Bellini: «un monumento eterno di sospiri, di slanci e di melodie», in Francesco Florimo a Vincenzo Bellini, a cura di Dario Miozzi, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 2001, pp. 65-122.

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