Almanacco Premio Raduga 2014

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Era una grande famiglia. Tre sorelle. Zia Nadja era la sorella di mezzo. Non so come sia crollato tutto: ero un ragazzino. Le liti sono cominciate a causa della dacia, una piccola casetta con un terreno di dieci centesimi di ettaro. All’inizio la casa fu divisa a metà. Ristretta con chiodi e divisori, le campate richiuse, la casa tirò un respiro profondo e non riuscì più a espirare. Quasi le avessero conficcato una lisca in gola: non poteva né sputarla fuori, né respirare a pieni polmoni. E così continuò a vivere con la lisca in gola, ma tutti sapevano che era solo l’inizio. Piccolezze si accumulavano come grumi di neve. Le sorelle credevano che l’una rubasse all’altra fertilizzante, pomodori, cetrioli, torba, sabbia... La lisca di pesce in gola per via della casa suppurava e si radicava nella laringe. Poi zia Nadja intestò la casa a Igor’ e in un lampo formalizzò la privatizzazione. Non sono andato a fondo dell’aspetto tecnico della procedura, non so come avvenne. Non si può dire che fecero sloggiare le due sorelle, no. Semplicemente in casa apparve un nuovo proprietario e quella personalizzazione autoritaria divenne evidente a tutti. Le due sorelle cominciarono a venire alla dacia sempre più di rado, le loro parti di casa cessarono impercettibilmente le ostilità. Non si trattava di un’occupazione, non era stato fatto alcun dolo, era soltanto un fisiologico processo di assorbimento. La lisca si radicò nella gola e ormai impediva la respirazione, ma l’infezione si accrebbe in un tumore. La casa perdette l’energia che l’aveva nutrita in tutti quegli anni, si svuotò e si rinsecchì. La famiglia si disgregò. Lo ricordo con la memoria fotografica di bambino: Igor’ e zio Miša cambiano il tetto della veranda; le donne puliscono le verdure davanti al lavandino, tagliuzzano l’insalata; il nonno imbarazzato fa capolino dal garage, dopo essere riuscito a bersi di nascosto cento grammi di vodka; sul tavolo un’anguria è stata tagliata a grosse fette, affondando con le zampette le vespe si invischiano nella polpa rossa. Il sole di luglio brucia. Gli uomini lavorano con ostinazione, i corpi avvampati brillano di sudore. I due pini, piantati per la nascita di Igor’ e zio Miša, gettano un’ombra densa e compatta sul lato occidentale. Sotto quell’ombra sono seduto io, gioco ai soldatini, ad assaltare un formicaio nemico. La casa vive, con un respiro leggero e tranquillo. Sembra che da qualche parte in profondità, sotto la copertura del solaio, in un cassone chiuso con sette sigilli, ci sia il suo cuore legnoso, che pulsa regolare al ritmo dei colpi di martello. E sembra che sarà così in eterno.

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