Oltre la linea - Ottobre 2011

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14/10/2010

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“Bilaterali” per vocazione La bilateralità fa la differenza tra l’imprenditore che si affida all’assistenzialismo pubblico e all’imprenditore che, invece, si affida solo ai propri mezzi.

Angelo, appassionato di numeri (statistica, matematica, algebra), si sta interessando alla vicenda “crisi” dai primi tempi e dice <che le proiezioni per il futuro non sono incoraggianti. Sino ad oggi, però, i dati prodotti e divulgati anche dalle associazioni di categoria sono interessanti perché offrono una fotografia nitida di ciò che è accaduto alle nostre imprese. Prendiamo per esempio gli strumenti con i quali si può andare avanti, con più o meno margini di crescita o di resistenza.

Pensiamo alla bilateralità, perché qui la notizia è succulenta: “Le micro e piccole imprese non hanno licenziato e si autofinanziano”. Confermo, perché non si tratta di un’elaborazione fantasiosa, ma di un’indagine approntata con serietà e contatto diretto con le imprese.

Trovo corretto che si faccia luce su quanto i nostri enti bilaterali abbiano giocato un ruolo di punta in questa situazione, perché i soldi sono soldi>. La storia è lunga, perché si parte nel 1988 con gli enti bilaterali a disposizione delle microimprese e si arriva sino ad oggi, in un tortuoso sviluppo di strumenti orientati al territorio (tutela, ripresa e sviluppo) e adatti a stimolare il dialogo e il rapporto tra lavoratori e imprenditori. E’ questo il punto che vorrei presentare nuovamente a chi non crede nel nostro modo di fare impresa o chi, ancora peggio, sta cercando di affossare la microimprenditoria. Pensare che grazie alla bilateralità nessun imprenditore ha dovuto ricorrere al licenziamento è un fatto di sostanziale importanza, perché pone una differenza tra l’imprenditore che si affida

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