Orti botanici, eccellenze italiane

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__________ORTI BOTANICI, ECCELLENZE ITALIANE__________

Collezioni botaniche uniche in Italia _____di Gianni Bedini_____

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ualche decennio prima che Galileo Galilei puntasse i suoi telescopi verso il cielo, osservando corpi celesti fino allora ignoti e rivoluzionando le scienze astronomiche, l’istituzione dei primi Orti botanici accademici, che subito si erano dimostrati straordinari strumenti di osservazione dei vegetali, aveva rivoluzionato lo studio delle piante e posto le basi per la fondazione delle moderne scienze botaniche. Fino a quel periodo – cioè a metà del XVI secolo – i botanici si erano occupati essenzialmente di piante medicinali, delle quali recepivano acriticamente le descrizioni e le proprietà salutistiche elencate in opere classiche scritte secoli prima, quali ad esempio Historia Plantarum di Teofrasto (371-287 a.C.) o De Materia Medica di Dioscoride (40-90 d.C.). In mancanza di metodi basati sull’osservazione diretta, la trattatistica medievale descriveva e illustrava le piante usando termini e fattezze antropomorfe, evocative degli organi sui quali massimamente si esplicava l’effetto curativo, in accordo con la cosiddetta dottrina delle segnature. Negli Orti botanici rinascimentali, in piena discontinuità con la tradizione precedente, le descrizioni delle piante si attengono rigorosamente all’osservazione diretta e segnano il passaggio dalla botanica medievale, strettamente vincolata alla medicina, a una nuova, autonoma disciplina scientifica. Mentre gli Orti botanici si arricchiscono di piante sconosciute, non descritte nelle opere classiche, la nuova scienza procede rapidamente ad applicare al mondo vegetale innovativi sistemi di classificazione, sulla base delle analogie e differenze effettivamente riscontrate negli esemplari coltivati negli Orti. Contemporaneamente, la disposizione delle piante nelle aiuole comincia a uniformarsi ai recenti sistemi di classificazione, originando le prime collezioni sistematiche, con piante raggruppate in base ai caratteri vegeta-

tivi e riproduttivi impiegati nella classificazione. Con la collezione sistematica, l’Orto botanico diventa – più o meno consciamente – un potente strumento di comunicazione scientifica, perché rappresenta visivamente, tramite l’ordinata disposizione delle piante nelle aiuole, un concetto scientifico astratto, facilitandone grandemente la comprensione a scienziati, studenti e visitatori. Per inciso, alla collezione di piante vive, detta Hortus vivus, se ne affiancano altre progettate per documentare gli studi e i progressi della botanica nel XVI e XVII secolo oltre i limiti temporali imposti dall’esaurimento del ciclo vitale o dal deperimento per malattia. Due quelle principali: la prima, di prevalente pertinenza scientifica, è la collezione di piante essiccate o Hortus siccus. Si tratta di piante vere, sottoposte a processo di essiccamento sotto pressione e poi montate su fogli di carta annotati col nome della specie e altre informazioni; il particolare processo di essiccazione mantiene forme e dimensioni degli esemplari vivi, una caratteristica di fondamentale importanza per la nuova botanica basata sull’accurata osservazione della morfologia. Se conservate in ambienti freschi e asciutti queste collezioni, dette oggi erbari, si mantengono immutate per secoli, dando accesso a informazioni circa la consistenza delle collezioni vive all’epoca della loro costituzione. Hortus vivus e hortus siccus sono spesso integrati dall’hortus pictus, raccolta di disegni di piante eseguiti con varie tecniche che prevedono l’osservazione dal vero, secondo i criteri dell’iconografia naturalistica. Dopo quasi cinque secoli di storia, gli Orti botanici mantengono un fortissimo potenziale per la ricerca scientifica e la divulgazione che hanno un naturale punto d’incontro proprio nelle collezioni vive, ordinate secondo criteri di classificazione che in alcuni casi rispecchiano tuttora i paradigmi tardo

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