Taccuino Gruppo_Collettivo Cerretini

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COSTRUIRE CON LA CARTA Realizzare edifici di carta durevoli, resistenti e con elevate prestazioni di tipo termico e acustico; non è uno slogan o il titolo di un programma di ricerca, ma l’obiettivo operativo che si sono posti diversi progettisti e imprenditori che hanno progettato e costruito case di carta e cartone, economiche e assolutamente vivibili, nell'ottica di un tipo di sostenibilità tutta da esplorare. L’esempio più noto è certamente quello di Shigeru Ban, geniale architetto giapponese, che cominciò quasi per scherzo a utilizzare tubi di cartone riciclato per l’allestimento di una mostra sull’architettura di Alvar Aalto, finendo poi per progettare edifici pubblichi completamente realizzati in cartone. Celebri la chiesa di Kobe(1), costruita a seguito del terremoto del 1995, il padiglione giapponese all’esposizione internazionale di Hannover del 2000 e la Paper House del 1995. Ma quello di Shigeru Ban non è un caso isolato: alla fine degli anni Novanta nel sud dell’Inghilterra è stato progettato dagli architetti Cottrell & Vermeulen (2) un doposcuola quasi completamente realizzato in carta e cartone. Poco legno, per realizzare la struttura portante orizzontale, calcestruzzo per le fondazioni, lastre di cartone per le pareti perimetrali e tubi in cartone per i pilasti interni, isolamento in pannelli di carta a nido d’ape e finiture esterne in cartone resistente all’acqua. Una struttura progettata per durare “almeno” 15 anni (tempo previsto per il primo ciclo di manutenzione) e per verificare in un caso reale problemi, potenzialità e debolezze di questo sistema costruttivo. Nel mondo le case costruite in carta sono migliaia, la maggior parte realizzate in autocostruzione dagli stessi proprietari utilizzando come materiale un conglomerato di carta, acqua e cemento chiamato papercrete. I conglomerati realizzati in carta e cemento sono leggeri, hanno una buona resistenza meccanica, ma devono essere protetti con attenzione dall’acqua. Non dimentichiamo però che proprio la carta, o meglio il cartone bitumato, è largamente utilizzato in edilizia proprio come barriera e protezione all’acqua; il problema è semplicemente come utilizzare la carta. I costi per la realizzazione dei papercrete sono generalmente contenuti, specialmente nel caso in cui vengano utilizzati materiali di recupero come giornali e riviste per la produzione del conglomerato. In Italia mancano purtroppo esempi di realizzazione; questa assenza è principalmente legata alla difficoltà di inserire nella costruzione di un manufatto edilizio materiali privi di certificazioni e con prestazioni non garantite nel tempo. L’interesse in questo settore è comunque grande e la sperimentazione e la ricerca non sono più limitate a esperienze straniere. Alcune imprese edili dell’area lombarda hanno deciso di avviare autonomamente o in collaborazioni con istituzioni di ricerca pubbliche o private, una sperimentazione sulle potenzialità d’uso in edilizia di

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materiali estranei all’industria delle costruzioni e tra questi materiali la carta rappresenta una delle opzioni interessanti. Tra queste l’impresa Cardani di Busto Garolfo, nel nord di Milano, sta iniziando delle sperimentazioni sull’uso in edilizia di materiali non convenzionali tra cui carta e cartone. In Italia questo campo di sperimentazione è all'inizio, ma in Germania per esempio è già operativa la produzione di un prototipo che sposa l'esigenza di economia sostenibile con i contenuti tecnici della architettura sostenibile applicati all'edilizia residenziale intensiva. Un progettista tedesco, tale Gerd Niemoeller, ha realizzato una casa di carta destinata al terzo mondo(3), il costo è di 5000 $ ( 3850 €) , misura 36 mq e pesa 800Kg. E’ fatta di cellulosa mista a resina recuperate da riciclo. Ha otto posti letto, una veranda e un bagno. In Nigeria ne hanno già ordinate 2000. Senza commentare la natura dell'intervento specifico che, se gestita in maniera maldestra, rischia di restare solo una ennesima operazione di carattere "neo-coloniale evoluto", resta interessante il ricorso alle case di carta destinato alla soluzione immediata di situazioni di emergenza, valido comunque in moltissimi casi nel mondo, anche per la completa e sicura velocità di costruzione e per la economicità non solo nella realizzazione, ma anche nella successiva manutenzione.

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FONTE: http://www.megliopossibile.it/post.php?id=754&title=Orie ntamenti&titleId=26 (3)


CASE E PONTI DI CARTA RICICLATA:SHIGERU RICICLATA:SHIGERU BAN E IL SUO ORIGINALE ORIGINALE SISTEMA COSTRUTTIVO C’è chi la ricicla per farci quaderni, libri o riviste e chi invece utilizza la carta per farci ponti ed edifici. Shigeru Ban è un architetto giapponese la cui fama deriva dagli insoliti materiali usati per realizzare i suoi edifici: la carta e il cartone da riciclare. Case, teatri, ponti e chiese! L’architetto giapponese ha sperimentato il suo originalissimo metodo per davvero tante tipologie costruttive! Se vi state chiedendo come fa, ve lo spiego subito: il processo di creazione degli edifici di Shigeru Ban, non è dei più semplici, ma sicuramente tra i più ecologici: Dopo aver

realizzato lo scheletro della struttura con dei tubi in alluminio, li riveste tutti con carta e cartone. Quando la carta sarà seccata, sfila il tubo di alluminio dall’interno e la struttura è pronta.

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Se temete per l’acqua potete stare tranquilli: Shigeru, ovviamente, ha pensato anche a questo! Carta e cartone

sono infatti avvolti in una speciale cera naturale che li rende impermeabili all’acqua. Progettando strutture modulari, i tubi potranno essere riutilizzati praticamente all’infinito e la carta che gli si avvolge intorno, sottraendo un bel po’ di materiale dai centri di riciclaggio, aiuterà l’ambiente, senza contare che eviterà la produzione di cemento o acciaio per lo scheletro strutturale. Lasciano senza fiato e vi invito a dare uno sguardo alle opere che vi suggerisco di seguito: Library of a Poet realizzata nel 1991 in Giappone. Una struttura di carta per ospitare libri. Niente di più appropriato. Ispirata all’Odawara Pavilion, dal quale il proprietario era stato affascinato, la libreria ne riprende le forme. Paper House (4) ha una forma a “S” ed è costituita da 110 tubi di carta. Questo della Paper House è il primo progetto in cui è stato possibile utilizzare i tubi di carta come scheletro strutturale in un edificio destinato a durare nel tempo. I tubi esterni però, a dispetto di quanto si possa pensare, fungono solo da schermi protettivi dalle intemperie e non hanno funzione strutturale. Paper Church (1). Questa chiesa di 10 metri per 15, fu costruita da 160 volontari in sole 5 settimane. 58 tubi di carta alti 5 metri sono disposti a creare un’ellissi avvolta in una pelle di policarbonato. Paper Dome (5). Si tratta di una specie di volta a botte larga 27 metri alla base e alta 8 al centro. E’ davvero incredibile che sia fatta di carta eppure è così. Siccome i tubi di carta non possono essere piegati, le curve della Paper Dome, sono realizzate assemblando tanti moduli rettilinei. Sono stati previsti elementi d’acciaio di rinforzo. Paper Bridge (6). Il Paper Bridge fu costruito in occasione della stagione estiva vicino a Pont du Gard: un acquedotto romano sito vicino Nimes, nel sud della Francia e considerato patrimonio dell’UNESCO. Grande il contrasto tra i materiali delle due opere: pesanti e durevoli i mattoni del Pont du Gard, leggera ed effimera la struttura di Ban. Armonia

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invece, nelle forme e nelle dimensioni: il Paper Bridge trae le sue dimensioni da quelle degli archi dello storico acquedotto. I giornali “Le French newspaper”, e “Le Monde”, l’hanno definito il fratello minore del Pont du Gard.

FONTE

:

http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/nelmondo/case-ponti-carta-riciclata-shigeru-ban-architettogiappone.html

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SHIGERU BAN: ALTRE ARCHITETTURE DI CARTA FONTE: www.shigerubanarchitects.com

Paper Theater, Amsterdam, Holland

Vasarely pavillion, pavillion, AixAix-enen-Provence, France, 2006


Biennale di Singapore, Pavillion Singapore,2006

Chengdu Hualin Elementary School, Chengdu, China 2008

Japan Pavillion, Expo Hannover, 2000


UNA CASA PIEGHEVOLE IN BAMBU’ CARTA BAMBU’, U’, RICICLATA E CEMENTO. IL PROGETTO DI MIN TANG PER LE CALAMITÀ CALAMIT NATURALI CHE OFFRE UNA NUOVA NUOVA VISIONE DI UN’ARCHITETTURA SOSTENIBILE E SOPRATTUTTO ALL’AVANGUARDIA Ming Tang si ispira all’arte degli origami per realizzare le sue pieghevoli case di bambù. Il progetto di questa casa sostenibile realizzato da Ming Tang è destinato ad essere utilizzato come ricoveri temporanei a seguito di calamità naturali come terremoti o tsunami. La casa sostenibile temporanea pieghevole in bambù di Ming Tang è davvero brillante nella sua semplicità, il rifugio temporaneo è costruito con un materiale davvero rinnovabile, poco costoso ed estremamente duttile come il bambù, che può essere piegato in una varietà di forme pressoché infinita. Il design elegante di queste case sostenibili in bambù è stato recentemente premiato con un notevole premio da parte del concorso Re:Construction sponsorizzato da Urban Re:Vision di San Francisco. Ming Tang si avvicinò con l’idea della sua casa pieghevole in bambù dopo un terremoto di magnitudo 7,9 che ha colpito la Cina centrale nel maggio scorso, uccidendo circa 69.000 persone. Il governo cinese ha dovuto così provvedere di creare fino a 1,5 milioni di abitazioni temporanee, progettando un riparo che possa essere prodotto facilmente, sia resistente e a buon mercato, rispettando naturalmente l’ambiente. La geometria della casa pieghevole è dinamico e, in grado di adattarsi e di rispondere alle più diverse esigenze offerte dalle diverse situazioni. Il concetto della casa pieghevole utilizza un sistema di pali di bambù che pre-assemblati offrono una struttura molto rigida. La geometria di questa struttura in bambù consente l’unione di una vasta gamma di strutture modulari leggere che vengono rapidamente assemblate in fabbrica e trasportate a destinazione. Una volta costruite, le case pieghevoli sono infine coperte con una carta pre e post-consumo riciclata, offrendo la possibilità di organizzare in diversi contesti e secondo le diverse esigenze. La Folded Bamboo House è un architettura sostenibile davvero interessante per le possibilità che offre a fronte delle mutevoli esigenze interne e della topografia del sito ed è in grado di produrre scenari potenzialmente infiniti.


PHILIPS:BIOPHILIPS:BIO-ARCHITETTURE SOSTENIBILI. LA CASA COME UN ORGANISMO VIVENTE Le abitazioni del 2020. Off the Grid: organismi che dialogano con l’ambiente dal quale traggono acqua, aria, luce e calore. Un nuovo concetto di casa ecosostenibile e futuribile (tutte le foto a fine articolo). Dopo gli elettro-tatuaggi e gli accessori sensibili e lumalive, è sempre la Philips a proporci un altro progetto, questa volta destinato alle abitazioni. Senza dubbio più utile dei precedenti e più attento alle problematiche ambientali contemporanee e future. Si chiamano Off The Grid, Sustainable Habitat 2020, e sono le nuove bio-architetture progettate dalla PHILIPS. Ogni palazzo è progettato con una “pelle” particolare che, proprio come un essere vivente, reagisce e interagisce con l’ambiente, recupera le acque piovane, immagazzina calore, scherma o lascia passare tutta la luce che desideriamo, recupera energia pulita… Le nuove architetture Off the Grid hanno un aspetto leggero alla vista e si integrano perfettamente all’ambiente circostante. La struttura esterna è formata da “pelli sensibili” capaci di mutare le proprie caratteristiche fisiche e regolare diversi aspetti come luce, aria, acqua ed energia. Vediamo come. Il corpo Off the Grid, come si vede dalle foto, si manifesta con una struttura leggera caratterizzata da particolari “fiori” , nucleo fondamentale di tutto i lunzionamento bio-mimetico dell’edificio. A seconda delle necessità questi “fiori ” possono essere aperti (come dei fiori che sbocciano) per lasciar passare più o meno luce fino a rendere tutto l’appartamento completamente trasparente. Questo sistema riduce drasticamente l’utilizzo di luce artificiale in favore di quella naturale favorendo la salute ed il benessere psicofisico delle persone. Aria. Sempre gli stessi “fiori “, destinati a lasciar passare più o meno luce, fungono anche da incanalatori di aria e vento. Il passaggio delle correnti di aria all’interno dei “fiori” genera energia pulita destinata ad alimentare l’edificio stesso fornendo, in più, aria pulita (depurata e privata di agenti allergici o tossici) per gli interni dell’edicifio e, grazie ai sistemi di canalizzazione, l’aria può anche essere raffreddata naturalmente (per i periodi estivi). Acqua. Grazie ai “fiori” è possibile recuperare tutta l’acqua piovana e l’umidità presente nell’aria (anche nei periodi di siccità). Una volta purificata e filtrata è possibile riutilizzarla nel circuito chiuso della casa. Rifiuti ed energia. I rifiuti organici vengono trasformati in energia di biogas utilizzabile per il riscaldamento dell’appartamento o dell’acqua per il lavaggio. Il progetto è destinato alle megalopoli del 2020, in particolare alle emergenti megalopoli cinesi, ma immagino non ci dispiacerebbe avere edifici del genere anche in Italia.
















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