Tesi

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“Il Teatro di Parola non riconosce come proprio nessuno dei riti qui elencati” conclude Pasolini. Esso “nasce ed opera totalmente nell’ambito della cultura”; i suoi temi “potrebbero essere tipici di una conferenza, di un comizio ideale o di un dibattito scientifico”; i suoi destinatari sono “gruppi culturali avanzati della borghesia… la classe operaia più cosciente”. È un teatro che quindi opera totalmente nell’ambito della cultura: “Il suo rito non si può definire dunque altrimenti che RITO CULTURALE”. Non ha alcun interesse spettacolare o mondano, “il suo unico interesse è l’interesse culturale, comune all’autore, agli attori e agli spettatori” che stanno quindi in “assoluta parità culturale”; anche fisicamente questa assoluta democraticità è assicurata da uno spazio frontale, per cui testo e attori guarderanno sempre il pubblico negli occhi e viceversa. Il vero spazio teatrale sarà ricercato non nell’ambiente ma nella testa! 18 Ma, se pure il teatro è sempre un rito, aldilà degli intenti programmatici evocati, Pasolini conclude affermando che sarà comunque un teatro di un io monologante fra sé e sé, un teatro destinato soprattutto alla lettura meditante, un teatro scisso anche da qualsiasi ritualità. Comprendere e condividere questo principio fu la “pietra miliare” sulla quale Califano, da quel momento, gettò le basi per il teatro del Collettivo Acca.

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Qui siamo in assoluta controtendenza rispetto al teatro d’avanguardia che si afferma in quegli anni, dove la ricerca sullo spazio porta a soluzioni molto varie, ma praticamente tutte improntate al rifiuto della tradizionale contrapposizione palco-platea.

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