Linee guide

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Trattamento della Trombosi venosa Profonda (modificato da CHEST 2012) In generale un trattamento anticoagulante prolungato oltre i primi tre mesi dovrebbe essere sempre considerato nei pazienti con TVP fino a che il beneficio atteso dal trattamento è superiore ai suoi rischi e sia accettato dal paziente. I pazienti dovrebbero essere coinvolti nel processo decisionale che li riguarda e le loro preferenze attentamente considerate. I pazienti in trattamento anticoagulante esteso oltre i primi tre mesi, devono ricevere una valutazione periodica del rapporto rischio-beneficio e della sussistenza dei requisiti per un trattamento prolungato. In presenza di una TVP prossimale secondaria a fattori di rischio maggiori transitori e reversibili la durata complessiva della terapia anticoagulante non dovrebbe essere maggiore di tre mesi. In presenza di una TVP prossimale secondaria a fattori di rischio non maggiori transitori e reversibili la durata complessiva della terapia anticoagulante non dovrebbe essere minore di tre mesi. In presenza di basso rischio emorragico ed in funzione dello specifico profilo di rischio trombotico potrebbe essere considerato un prolungamento della terapia per ulteriori 3-6 mesi. In presenza di una TVP prossimale idiopatica la durata complessiva della terapia anticoagulante non dovrebbe essere inferiore ai 3-6 mesi. In presenza di un basso rischio emorragico dovrebbe essere considerato un trattamento prolungato, a tempo indefinito, con rivalutazioni annuali dell’indicazione. L’uso di predittori post-basali potrebbe essere utile nell’elaborazione della scelta clinica. In presenza di una TVP prossimale secondaria a sindrome LAC/APA o difetti trombofilici maggiori e basso rischio emorragico, la durata complessiva della terapia anticoagulante dovrebbe essere a tempo indefinito, con annuali rivalutazioni dell’indicazione. In presenza di rischio emorragico moderato/elevato, la scelta terapeutica dovrà essere valutata su base individuale. In presenza di una TVP prossimale secondaria a cancro, la durata complessiva della terapia anticoagulante dovrebbe prolungata finche sussistono le condizioni di chiara o sospetta attività della neoplasia maligna e/o il paziente è in terapia antitumorale, con periodiche rivalutazioni del rischio emorragico. In caso di TVP recidivante durante terapia anticoagulante orale l’inibitore della vitamina K dovrebbe essere sostituito con EBPM. Gli studi con rivaroxaban hanno solo marginalmente interessato pazienti oncologici, pertanto non se ne consiglia l’uso in questi pazienti fino a che non saranno disponibili evidenze specifiche. In presenza di una TVP prossimale secondaria a fattori di rischio persistenti e basso rischio emorragico, la durata complessiva della terapia anticoagulante dovrebbe essere prolungata fino alla rimozione/scomparsa del fattore di rischio, con periodiche rivalutazioni del rischio emorragico.

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