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I disastri del mondo e l'Europa nano politico Intervista a Emma Bonino

L'INTERVISTA

I DISASTRI DEL MONDO E L’EUROPA NANO POLITICO

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LIVIA PANDOLFI

Saggia e disincantata. A tratti anche amareggiata da un mondo che va per conto suo nonostante migliaia di uomini e donne ci mettano tutto l’impegno e la passione per combattere ‘contro’, alla conquista di diritti e nel rispetto dei valori in cui fermamente credono. Proprio come lei, come Emma Bonino, senatrice oggi di +Europa, storica radicale insieme a Marco Pannella, candidata senza successo un paio di volte alla Presidenza della Repubblica, universalmente riconosciuta come donna di grande valore. Oggi sul tavolo dell’amarezza ci sono i Referendum respinti dalla Corte Costituzionale su eutanasia e sulla liberalizzazione della cannabis. E poi l’eterna storia di quelle parti del mondo dove la parola giustizia e rispetto per donne, bambini e deboli sono semplicemente utopia, come in Afghanistan. Ne parliamo con lei, esperta del mondo arabo con cui ha avuto lunga frequentazione.

Emma Bonino

La situazione in Afghanistan, come volevasi dimostrare, è precipitata. Le donne e i bambini sono in grandissima difficoltà. Muoiono di fame in migliaia, versano in stato di denutrizione in un milione, bimbe appena nate vengono già promesse in sposa e vendute per la dote. Sono nate scuole clandestine perché i talebani rifiutano l’istruzione alle ragazzine. Le donne sono uccise per un nonnulla. Lei che notizie ha? Le stesse di tutti purtroppo. Non ci sono più giornalisti e nonostante il grande clamore iniziale questa questione, mi duole dirlo, è già sparita dall’attenzione dei più, soprattutto dei media. Le persone che, come me, se ne interessano stanno facendo tutto il possibile. Ad esempio al Senato stiamo facendo i turni per sollevare sempre il caso Afghanistan a fine seduta. E ancora, per l’8 marzo, abbiamo organizzato una seduta congiunta fra la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e il Comitato permanente sui diritti umani della Camera con la signora Shaharzad Akbar Presidente della Commissione indipendente afgana per i diritti umani (AIHRC), che è riuscita a scappare dopo l’arrivo dei talebani. Abbiamo fatto un dibattito pubblico alla Casa delle Donne e in Parlamento. Altre protagoniste del mondo afgano sono andate e stanno andando in giro per l’Europa, da Madrid a Parigi, per dare testimonianza della situazione grazie anche all’associazione da me fondata ‘Non c’è pace senza giustizia’. Questa è un’ottima notizia… Abbiamo fatto una grande fatica per far assegnare loro un visto Schengen e farle girare liberamente. Ma resta difficilissimo tenere i contatti anche perché gli stessi telefoni sono controllati. Poi c’è la paura che pervade chiunque anche chi cerca di resistere. Che succederà ora? Purtroppo sta arrivando una carestia drammatica, il Paese - come si sa - non ha istituzioni se non questi signori barbuti, i Talebani, i quali vorrebbero ottenere un riconoscimento delle Nazioni Unite per poter usufruire dei fondi di queste ultime per gli aiuti umanitari. Per ora nessun Paese li sta riconoscendo come governo legittimo. Per molti analisti internazionali l’Afghanistan è stato abbandonato perché non più strategico negli equilibri internazionali. Per gli Usa non

valeva più la pena investire soldi e vite umane per restare garantendo diritti umani. Che ne pensa? Dopo 20 anni c’è da dire che, al di là degli equilibri internazionali, era comunque un tempo congruo per lasciare il Paese. In realtà gli Usa non hanno saputo organizzare bene l’evacuazione che è stata fatta in modo repentino e confuso. Inoltre nessuno dei paesi occidentali era stato coinvolto e informato. Gli americani hanno ritirato le truppe e anche noi italiani, senza la loro protezione, non potevamo rimanere. Allo stato, l’Afghanistan è un Paese abbandonato a se stesso. Questo spostamento dell’asse geopolitico che lo rendeva strategico in passato vale il suo abbandono in termini di vite umane? Il ruolo centrale che aveva, ovviamente, non c’è più. E su questo noi poco possiamo fare. Poi come Paese abbiamo davvero pochi strumenti. Lei si immagina l’Italia che manda da sola militari in Afghanistan? Nemmeno l’Ue può far niente? Assolutamente no. Pensi alla Francia che sta venendo via anche dall’Africa. E’ difficile intervenire in questi angoli di mondo disastrati. Basti pensare a quei migliaia di poveracci fermi senza cibo, senza acqua, senza coperte nella frontiera fra la Bielorussia e la Polonia. La verità è che in questi casi dovrebbero intervenire le Nazioni Unite, sono state create per questo. Ma poi alla fine quando gli interessi sono contrapposti o c’è la guerra o il negoziato. Dappertutto l’unica strada è il dialogo, anche con chi non vorremmo parlare. Possiamo aiutare queste persone nei limiti del possibile. Aiutare gli afgani con il governo talebano non è facile, chi è rimasto in quel Paese fa veramente vita grama. Mentre scriviamo è in corso la crisi Usa -Russia per l’Ucraina. Speriamo che si risolva nel tempo in cui questa rivista arriva nelle case dei nostri pensionati. Dove stiamo andando secondo lei? Non ne ho davvero idea. Non so cosa abbia in testa Putin, è un vero mistero, penso di questo dittatore il peggio possibile, l’ho detto tante volte. Rimane il fatto che, qualsiasi cosa sia successo nel frattempo, guerra compresa, anche noi abbiamo delle interdipendenze per il gas e quindi l’elettricità. Ma pure la Russia dipende da noi che acquistiamo le sue materie prime. Cosa se ne faccia Putin di occupare l’Ucraina, però, non so. Non crede che sia uno scontro muscolare di due blocchi, con una Russia oggi forte dell’appoggio cinese, per non indietreggiare in Europa? Non vedo in questa storia un ruolo cinese. Ma so che l’egemonia dell’occidente capitanata dagli Stati Uniti non c’è più. Le potenze nate negli ultimi 10-20 anni sono alcune medie, come la Turchia, altri grandi, come la Cina. E gli equilibri da ricercare sono nuovi. Se c’è scontro - come ho detto – o si va in guerra o bisogna negoziare. E l’Europa che ruolo ha in questo mondo nuovo, che futuro abbiamo? Noi non abbiamo una nostra politica estera perché gli Stati non l’hanno mai voluta, ognuno pensa di fare meglio da se’. L’Europa ha 27 eserciti inutili ma non ne ha uno suo neanche per la difesa esterna delle nostre frontiere e questo è il suo limite. L’Ue è un grande mercato ma, come diceva un mio collega spiritoso, è “un gigante economico, un nano politico e un verme militare”.

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