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La lingua dei giovani non invecchia mai

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nza oggi

nza oggi

Neologismi, abbrevviazioni, presititi, adattamenti dall’inglese e non solo.

Il linguaggio dei ragazzi di oggi è in continua evoluzione e corre veloce.

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Impossibile per gli adulti stargli dietro e comprenderlo

(almeno senza una guida)

«Pov: hai una crush per un tipo ma è pieno di red flags, forse siamo in una situation-ship».

Se pensate che questa frase sia piena di parole senza senso, forse siete dei boomer. C’è un solo modo per capire i linguaggi giovanili: imparare a riconoscerli, abbandonando i pregiudizi, ma soprattutto sapere che si evolvono, proprio come ogni lingua. Le parole non sono mai solo parole: sono ponti verso mondi mutevoli e porzioni diverse di realtà. Proprio per questo, mettono in contatto l’identità di ciascuno con quella degli altri. Con la pandemia è emersa, con forza sempre maggiore, la necessità da parte dei giovani di essere rappresentati e riconosciuti, ciascuno nelle proprie differenze, anche attraverso il linguaggio. Nel saggio

“Le ragioni del dubbio”, la sociolinguista Vera Gheno spiega che esistono dei termini che abi-

CURIOSITÀ

Il dizionario della Gen Z secondo l’Accademia della Crusca

A cura di Carlotta Bocchi e Eleonora di Nonno tano ai margini della lingua ufficiale ed «è lì che le persone si mostrano nella loro interezza, abbandonando le ingessature della regola». Proprio la Generazione Z, i nati tra il 1997 e il 2012, detta le regole con l’invenzione di nuove parole, ovvero i neologismi. Perché nascono? Il motivo è semplice: servono per descrivere un concetto, un oggetto, qualcosa che prima non c’era ma che ora ha bisogno di un nome perché esiste. Termini che aprono la porta sul mondo che verrà.

Alcune delle parole più usate dalla Generazione Z, sicuramente sconosciute alla maggior parte dei Boomers. Scopriamone il significato.

Come fai a spiegare a tuo zio che mandare un’immagine con scritto «Buongiornissimo Kaffè» su Whatsapp è «cringe»? In poche parole, ti stai vergognando per lui. Stai provando un imbarazzo così insostenibile da voler fuggire via o da desiderare il mantello invisibile di Harry Potter. Come fai a spiegare a tua madre che non esci più con quel ragazzo perché ti ha «ghostata»? Una parola perfetta rubata dall’inglese, la radice «ghost» (fantasma) racchiude l’idea della spaventosa sparizione di quella persona che non risponde più ai messaggi o alle chiamate. Una dinamica non certo nuova, quella in cui qualcuno ignora qualcun altro, ma a cui mancava il termine giusto per definirla. I ragazzi usano termini in codice per capirsi tra loro senza troppi giri di parole. Le espressioni giovanili, infatti, servono per autodefinirsi, costruendo il sé, e per rompere con le generazioni precedenti. Sempre Vera Gheno spiega che nella comunicazione tra giovani è implicita una «funzione tribale», una sorta di codice per riconoscersi fra simili ed escludere gli altri dalla comunicazione del gruppo. Allo stesso tempo, però, proprio la nuova generazione sottolinea la necessità di un lin- guaggio inclusivo, che abbracci le diverse sfere del vivere sociale, a partire dal genere. Il dizionario Oxford Languages definisce l’inclusività come «la tendenza a estendere a quanti più soggetti possibili il godimento di un diritto o la partecipazione a un sistema o a un’attività». Un linguaggio libero da parole, frasi o toni che riflettono opinioni pregiudizievoli, stereotipate o discriminatorie verso determinati gruppi di persone. Nella lingua italiana abbiamo a disposizione un linguaggio che grammaticalmente si declina in due modi: al femminile e al maschile. Per definire moltitudini di persone questo binarismo secco è insufficiente, ma non abbiamo un genere neutro. Secondo il linguaggio inclusivo, l’uso di un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell’atteggiamento di chi lo pronuncia e quindi di chi lo ascolta.

Una “red flag”, cioè bandiera rossa, è una metafora utilizzata per segnalare un pericolo a cui fare attenzione.

Una sorta di campanello d’allarme. Specialmente sui social, il termine viene utilizzato per indicare un atteggiamento negativo del partner all’interno di una relazione amorosa. Le “bandiere rosse” sono il segnale della presenza di una situazione potenzialmente pericolosa o comportamenti manipolatori, tossici o dannosi.

Il rischio, però, è quello di cadere nel politicamente corretto. Un esempio è quello sulla censura a Roald Dahl. L’editore Puffin ha deciso, in accordo con gli eredi dello scrittore, di riscriverne i libri eliminando parole come «brutto» e «grasso». L’obiettivo è quello di cancellare il riferimento al genere, alla razza e al peso. Classico caso in cui gli adulti scelgono quali parole siano giuste o sbagliate, dimenticando che il linguaggio (e la lettura) è esperienza. Buona iniziativa quella di guidare le future generazioni, ma senza questa sfiducia nelle loro capacità di scelta e di rielaborazione a secondo del proprio vissuto. Si sa che quando si vieta qualcosa la sfida è proprio violare le regole. Dire a un bambino “questa parola sì e questa no” è proprio una boomerata.

Hype per quando si è in trepidante attesa di un evento o di incontrare una persona. Un termine usato soprattutto nel mondo dello spettacolo, della musica o del web: «Sto in hype», «Hype a mille» si urla agli amici prima del lancio di una serie tv, di un videogioco o di un album. È usato molto anche nel marketing per entusiasmare il pubblico e attirare l’attenzione degli utenti su ciò che si vuole promuovere prima che esca il prodotto o che accada il fatto.

Crush indica la persona per cui si prova attrazione. In inglese, il verbo to crush significa schiacciare, distruggere, frantumare, ma usato come nome permette di riferirsi alla propria «cotta» senza indicarne il nome e il genere, così da non dover esplicitare le proprie preferenze sessuali. Spesso, la propria crush è impossibile da concretizzare, come può essere quella per una star del cinema o dello spettacolo, una «celebrity crush». Ergo, una persona che non riesci a toglierti dalla mente.

Ghostare significa sparire, soprattutto dai radar dei social network. Ignorare i messaggi, non visualizzarli, non leggerli, non rispondere, fino a non considerare più, volontariamente e improvvisamente, una persona con la quale magari si era appena avviata una conoscenza, un’amicizia o una relazione. Dire addio a una persona sparendo nel nulla, spesso senza una valida motivazione. Come ci si sente a essere un fantasma?

Parlare in corsivo, la tendenza social della Gen Z

Cörsivœ, così viene traslitterato il nome del nuovo modo di parlare della Generazione Z. Lanciato su TikTok da una giovane content creator, Elisa Esposito, indica un modo originale di pronunciare le parole: i finali delle frasi vengono allungati e le tonalità delle sillabe cambiano per ottenere un tono di voce acuto. Il segreto? Esagerare i tratti tipici della cadenza milanese marcata. Questo nuovo trend, infatti, vuole prendere in giro la parlata milanese, infarcita da atteggiamenti snob e chic, che tendono all’esagerazione. La parola rappresentativa del corsivo è amïo, ossia amore, usato spesso come appellativo tra amiche nelle generazioni più giovani.

A giugno del 2022, la 22enne tiktoker ha cominciato a dare delle vere e proprie lezioni di corsivo, mostrando ogni volta la pronuncia di termini sempre diversi. Proprio per questo motivo, è conosciuta anche come «la prof del corsivo», con i suoi video che hanno accumulato oltre due milioni di visualizzazioni. Ovviamente, su Facebook, «il social degli over», sono molti coloro che si lamentano di questo nuovo gergo diffuso tra i ragazzi, accusandoli di essere una generazione di analfabeti.

Pov, sigla di point-of-view, indica un video girato secondo una prospettiva soggettiva, che fa vedere la scena attraverso gli occhi di uno dei protagonisti. Così, chi guarda il video può immedesimarsi nella scena con il proprio stato d’animo o il proprio pensiero riguardo a un argomento. In un video Pov di un’insegnante si vedrà la classe inquadrata dalla cattedra, quello di un avvocato sarà dentro un tribunale, quello di un taxista riguarderà il rapporto con i clienti e così via.

La cadenza cantilenata ha iniziato a influenzare anche il mondo della musica. Per esempio, il rappere Tha Supreme e il cantante pop Sangiovanni sono indicati come esponenti del «canto in corsivo». Questo processo si basa sul fenomeno fonetico della dittongazione, per il quale una vocale si divide in due parti di diversa apertura, ovvero in due vocali diverse che formano un dittongo. Anche Madame e Blanco usano questo trucco per accentuare i virtuosismi del proprio cantato. Il successo del corsivo ricorda quello di altre tendenze oltreoceano, ad esempio l’accento «Valley Girl». La caratteristica fonetica presa di mira è quella delle ragazze ricche della California, in voga a partire dagli Anni 90 grazie a film e serie tv come Beverly Hills 90210. Il corsivo parlato è molto simile anche ad altri usi ludici della lingua. Un esempio sono gli alfabeti segreti usati dai bambini, come quello farfallino che raddoppiava ogni vocale interponendo una «f».

Attraverso le letture con voce in corsivo, come quelle di Tik Tok, il video ha piegato ai suoi dettami le regole della scrittura. La comunicazione, adattandosi al protagonismo che caratterizza il nostro tempo, si fa sempre più personalizzata ed è espressione prima di tutto della propria identità. È un modo di fare che non aggiunge nulla ai contenuti, ma risulta spiazzante e allo stesso tempo ironico. Un fenomeno sociolinguistico, che è la moda del momento: sbocciato velocemente, forse potrebbe appassirsi o resistere nel flusso infinito dei modi di parlare.

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