Spirito di Patate - Fanzine!

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Solo ora me ne accorgo: ci siamo sempre stati qui, in bilico sul bordo... Un mondo in un monolocale MONO lo dice già, non è per due mono è scimmia in spagnolo: le scimmie possono star bene in un monolocale, spulciandosi in eterno, felici e contente. Noi no, noi saltiamo in aria. Diranno una fuga di gas, diranno tragica fatalità... La verità è che siamo una coppia che scoppia in un loculo di monolocale.



Il selfie è per gli altri o per sé stessi? Il selfie sono io come se mi vedessero gli altri (ma solo se gli altri vedessero come pretendo io, cioè se gli altri fossero come li vedo io) quindi pilotando il selfie posso cambiare (migliorare) l’immagine che io e gli altri abbiamo di me, perché in fondo assumo che gli altri sappiano e vogliano mettersi al mio posto. Alla fine questi altri non sono che una mia proiezione, il pubblico principale resto io,ed è il mio sguardo (su di me) che conta. Tutto resta all’interno del sé. Al mondo virtuale manca la res estensa, la corporeità come campo intersoggettivo in cui io e te ci ritroviamo e possiamo condividere. Manca la percezione come contatto tra un io e l’altro. Una volta ridotti a entità rappresentanti, nella rete siamo irrimediabilmente soli e finiamo per essere entità autorappresentanti. Al dilemma ontologico “esisto nel mondo digitale?” rispondiamo con un autoscatto. “Selfo quindi sono”, con buona pace di Descartes. E come in Second Life, già che ci siamo ci cambiamo un po’ il modo di esistere. Ci avevate mai pensato che la scelta di un Avatar è in fondo un’opzione metafisica?



Vendesi. Vendesi. Vendesi. Chiuso. Benvenuti a Carrara. Una città spettrale circondata da spettri di montagne: fatte a fette, sventrate, ma di una bellezza irresistibile... “Per imparare a scolpire devi perdere un pò di pelle” “Piuttosto che andare a lavorare in cava vai a rubare” L’arte dello scolpire rende manifesto ciò che nelle altre arti resta solo implicito: creare non è un atto pacifico. Il marmo vuole il sangue, ti ripetono sempre da queste parti. Anarchia e Far West. Utopia e distopia. Creazione e distruzione. Carrara ha almeno due facce, e in ogni fondo un mondo… Coltivare il proprio sguardo sembra più facile sotto queste montagne, forse perché ci si è già liberati di un po’ di crosta, della superficie. “Che scultura saremmo senza chiaroscuri?” La scultura “per via di levare” scarta ciò che non serve per portare alla luce l’essenziale.



[Dialogo a due voci di cui una sei tu e l’altra pure] - Che ne sai di come sto? Non stai nei miei panni, cazzo. - In realtà oggi ho preso la tua camicia, e anche il reggiseno che fa le tette enormi. - Ti hanno guardata di più? - Sì, a dire il vero. Dovevi vedere il macellaio! - E`triste che le tette abbiano tanto potere. - Le tette o le marche di reggiseni? - Già. E` un serpente che si sgranocchia il sonaglio. - Le top model dovrebbero scioperare. Per tutte noi. - Anche le operaie dei reggiseni, e le commesse e le pubblicitarie! - Ma che dici, loro non possono. - Perché? - Con quei contratti lì?! - Non c’è lavoro che non somigli alla prostituzione. - E invece cosa speri di trovare a Parigi?! - ... ci sono tombe importanti. - Ecco, ti fai due chiacchiere con Modigliani - Chissà che ne pensa dei reggiseni di oggi, delle donne di oggi... - Oh se sarebbe bello! - Cosa? - Cosa? Scusa, immaginavo. - Cosa?? - Di essere un Modigliani - E come ti vedi? - Elegante e primitiva. Perfetta.



Mi sono fatta un gran mazzo di fiori sgualciti (non so più quali preferivi così te li ho portati tutti) Alcuni hanno nomi che neanche ti immagini, colori che forse sbaglieresti... Profumano tutti di ieri. Ti seppellisco ogni giorno da più di cent’anni ci ho messo tanti di quei fiori, credimi ma neanche una lapide per i passanti - Chi è morto qui? - Nessuno, andate avanti... Giochiamo a scambiarci gli incubi? I tuoi non mi fanno paura, li prendo volentieri pensi di farcela tu con i miei? Vorrei fare la morte con te perché la vita ci vuole separati ma nella prossima spero che ci ameremo da cerbiatti! Ti scrivo ogni giorno da più cent’anni la trama che ogni notte disfo perché non mi piace mai il finale perdo sempre il filo e non so mai farti tornare shhh ascolta: non c’è niente da sentire... le parole che non ci possiamo più dire e quelle che in fondo non ci saremmo detti mai -ma tu lo sai, il più bello di un pezzo sono le sue pause, è il suo silenzio.



All’interno della cultura rap italiana (figlia illegittima di quella statunitense e del brainwashing mediatico berlusconiano) si è andata sedimentando un’immagine della donna bambola gonfiabile. Persino il modello della donna alternativa ha finito per perdere l’originaria forza trasgressiva e diventare norma omologante e consumista (se non capisci questo passaggio forse hai passato troppo tempo su suicidegirls.com). Allora torniamo alle donne raccontate da Murubutu. Riuscite a vederle? Che fanno? Curano, amano, confidano. Si illudono anche. Col rischio di rimanere prigioniere delle loro stesse aspettative, del loro profondo sentire e idealizzare. E ci portano un’etica fatta di fedeltà, cura, fiducia. Tutte cose che non vanno più di moda insomma. SE LA DIMENSIONE DELL’UOMO È QUELLA DEL MARE CON LE SUE SFIDE E IL RISCHIO (O LA VOGLIA) DI NAUFRAGARE, LA DONNA È LA TERRA CHE RESISTE E RESTA: È IL PORTO, LA CASA, LA FINESTRA... La mia tesi è che l’operazione di Murubutu non sia banalmente anacronistica, ma “inattuale” nel senso nietzscheano del termine, cioè contro lo status quo attuale, i suoi paradigmi mediatici, i suoi clichés socio-culturali...



Forse l’arte e l’artigianato sono forme di penitenza e catarsi... Praticare la bellezza per riparare al male, secondo te può funzionare? (SPIRITO

DI

PATATE)






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