Rassegna stampa Osservatorio Civico sul federalismo in sanità 2015

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DOSSIER Mercoledì, 24 febbraio 2016


DOSSIER Mercoledì, 24 febbraio 2016

Articoli 24/02/2016 Il Mattino (ed. Salerno) Pagina 5

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Il rapporto 24/02/2016 Il Mattino Pagina 5

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Il rapporto 23/02/2016 Farmacista33

RENATO TORLASCHI

Rapporto Cittadinanzattiva, federalismo spacca l' Italia. Un italiano su... 23/02/2016 LiveSicilia

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La salute costa Non ci curiamo più 23/02/2016 Focus

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Fecondazione: 2 centri su 3 in sole 5 regioni, al Sud e Centro domina... 23/02/2016 Dagospia

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polizza sanitaria L' Italia è sempre più divisa nell'... 23/02/2016 larepubblica.it

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Caro ticket e liste d' attesa, il 10% degli italiani rinuncia a curarsi 24/02/2016 Metro (ed. Milano)

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Per Ticket a attese si rinuncia alle cure 23/02/2016 Agi

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Ticket e liste d' attesa, 1 italiano su 10 rinuncia a cure 24/02/2016 Quotidiano di Puglia (ed. Brindisi) Pagina 11

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Costi e attese: uno su dieci non si cura 23/02/2016 La Salute In Pillole

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Fecondazione: 2 centri su 3 in sole 5 regioni, al Sud e Centro domina... 23/02/2016 Dire

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Sanità. Telesca a presentazione osservatorio su federalismo 23/02/2016 Nuovo Sud

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Un italiano su 10 rinuncia a cure per ticket e liste attesa 23/02/2016 Catania Oggi

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Salute. Sanit?: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a... 23/02/2016 giornaledisicilia.it

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Liste d' attesa e ticket, un italiano su dieci rinuncia a curarsi 23/02/2016 La Prealpina Pagina 21

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«Un ospedale a misura di paziente» 24/02/2016 Il Giornale d'Italia Pagina 2

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Non si pensa più neanche alla salute 24/02/2016 Il Centro (ed. Chieti) Pagina 11

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Niente cure per un malato su 10 24/02/2016 Il Piccolo Pagina 12

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Niente cure per un malato su 10 23/02/2016 larena.it

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Attesa troppo lunga Un italiano su 10 rinuncia a curarsi 23/02/2016 lasicilia.it

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ROMA Un italiano su 10 rinuncia a cure per ticket e liste attesa 23/02/2016 gazzettadiparma.it

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Tribunale del malato: "Un italiano su 10 rinuncia a cure per ticket e... 23/02/2016 Ansa

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Un italiano su 10 rinuncia cure per ticket e liste attesa 23/02/2016 About Pharma

REDAZIONE ABOUTPHARMA ONLINE

Accesso alle cure: Italia divisa, un cittadino su 10 rinuncia per liste di... 23/02/2016 Helpconsumatori 23/02/2016 Focus

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Sanità: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi 23/02/2016 Panorama Sanità

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Italia divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su dieci escluso... Liste di attesa e costi Un italiano su dieci rinuncia a curarsi 23/02/2016 Ipasvi

Tribunale del malato: "Italia divisa nell' accesso alle cure" 23/02/2016 Askanews

Ticket e liste d' attesa: 1 italiano su 10 rinuncia a cure Ssn 24/02/2016 La Sicilia Pagina 9

La geografia dei ticket sanitari in Italia, ovvero la compartecipazione... 24/02/2016 Il Cittadino Pagina 2

ticket carissimi e liste d' attesa infinite, un cittadino su dieci... 24/02/2016 Cronache di Napoli Pagina 8

Costi alle stelle e tempi biblici, i malati scelgono i privati 24/02/2016 La Provincia di Lecco Pagina 7

Ticket, è una vera «giungla»

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Federalismo in sanità? Cittadinanzattiva: un cittadino su 10...

24/02/2016 La Provincia di Lecco Pagina 7

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MANUELA CORRERA

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23/02/2016 Il Dispaccio

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Fuga sanitaria dalla Calabria, Nicolò (FI): "Da Governo e Regione... 23/02/2016 Askanews

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Accesso a nuovi farmaci oncologici, alte differenze fra regioni 23/02/2016 Askanews

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Prevenzione: fatica il Sud. Lazio e Veneto fanno passi indietro 23/02/2016 ilcentro.it

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Ticket esosi e liste d' attesa troppo lunghe: un italiano su dieci... 23/02/2016 denaro.it

ILDENARO.IT

Sanità , tempi di attesa troppo lunghi: i campani costretti a... 23/02/2016 Ansa

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Italia a macchia di leopardo per procreazione assistita 24/02/2016 La Città di Salerno (ed. Nocera) Pagina 11

MICHELE ALBANESE

Niente cure per un malato su 10 24/02/2016 La Città di Salerno Pagina 11

MICHELE ALBANESE

Niente cure per un malato su 10 23/02/2016 Adnkronos 23/02/2016 La Salute In Pillole 23/02/2016 iltempo.com

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Sanità: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi 23/02/2016 Corriere Della Calabria

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Un calabrese su dieci rinuncia a curarsi DINO BONDAVALLI

Ecco quando conviene curarsi con il privato ANTONIO LEO

Al Sud un cittadino su 10 rinuncia alle cure del Ssn 24/02/2016 La Repubblica (ed. Bari) Pagina 5 23/02/2016 Ansa 23/02/2016 TeleBorsa

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Ticket e liste di attesa interminabili, 1 cittadino su 10 rinuncia alle... 23/02/2016 Borsa Italiana

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Ticket e liste di attesa interminabili, un cittadino su 10 rinuncia alle... 23/02/2016 TeleBorsa

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Ticket e liste di attesa interminabili, un cittadino su 10 rinuncia alle... 23/02/2016 Borsa Italiana

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Economia e finanza: gli avvenimenti di MARTEDI' 23 febbraio ­4­ MARIA GIOVANNA FAIELLA

Nelle regioni dove si pagano più tasse assistenza sanitaria meno... Accesso alle cure, Italia divisa. Quasi un cittadino su 10 rinuncia per... 23/02/2016 Il Farmacista Online

Cittadinanzattiva­Tdm: 4,3 milioni di italiani rinunciano alle cure per...

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>ANSA­FOCUS/ La 'giungla' dei ticket sanitari dal Nord al Sud

23/02/2016 ilsole24ore.com (Sanita)

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Piano tagli sott' accusa: "Va digerito"

23/02/2016 corriere.it

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Sanità: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi

24/02/2016 Quotidiano di Sicilia Pagina 23

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Ssn spaccato dal federalismo: un italiano su 10 rinuncia a curarsi

23/02/2016 Libero Pagina 1

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RED. SAN

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24 febbraio 2016 Pagina 5

Il Mattino (ed. Salerno) Cittadinanzattiva

Il rapporto Nel Meridione ticket sanitari più cari del Nord La geografia dei ticket sanitari in Italia, ovvero la compartecipazione dei cittadini alla spesa per farmaci e visite, presenta notevoli differenze tra le varie regioni. A scattarne l' istantanea è il Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm). Tante infatti, denuncia il Tdm, le difformità regionali: considerando ad esempio 16 prestazioni, i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni).

Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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24 febbraio 2016 Pagina 5

Il Mattino Salute e Sanità

Il rapporto Nel Meridione ticket sanitari più cari del Nord La geografia dei ticket sanitari in Italia, ovvero la compartecipazione dei cittadini alla spesa per farmaci e visite, presenta notevoli differenze tra le varie regioni. A scattarne l' istantanea è il Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm). Tante infatti, denuncia il Tdm, le difformità regionali: considerando ad esempio 16 prestazioni, i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni).

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23 febbraio 2016

Farmacista33 Cittadinanzattiva

Sanità

Rapporto Cittadinanzattiva, federalismo spacca l' Italia. Un italiano su 10 rinuncia a curarsi «È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze»: lo ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, presentando il rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità. Le cifre del documento mostrano un' Italia divisa nell' accesso alle cure, in cui il 7,2% dei cittadini è escluso a causa di liste di attesa e ticket: «Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, ­ ha commentato Aceti ­ oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. L' Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell' equilibrio, ai livelli precedenti al piano di rientro». Mentre i posti letto per acuti continuano a diminuire (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), sono ancora molti i punti nascita in cui si effettua un numero di parti inferiore ai 500 all' anno (98 su 531 punti nascita attivi). Differenze profonde tra le Regioni si rilevano anche sulla prevenzione, sull' accesso ai farmaci innovativi e in particolare oncologici, sulla procreazione medicalmente assistita e sul trattamento del dolore negli ospedali. Secondo Cittadinanzattiva, nel nostro Paese il federalismo non risponde ai bisogni di salute dei cittadini e che li divide a seconda del territorio di residenza: «La prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato; altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove». Renato Torlaschi © RIPRODUZIONE RISERVATA.

RENATO TORLASCHI

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23 febbraio 2016

LiveSicilia Cittadinanzattiva

La salute costa Non ci curiamo più Video Salute ROMA­ L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. E' quanto denuncia il Rapporto 2015 di Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4 lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa e ticket. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%).(ANSA).

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23 febbraio 2016

Focus Cittadinanzattiva

Fecondazione: 2 centri su 3 in sole 5 regioni, al Sud e Centro domina privato Mappa Osservatorio su federalismo di Cittadinanzattiva, troppe differenze e coppie in difficoltà Roma, 23 feb. (AdnKronos Salute) ­ Il federalismo condiziona anche la fecondazione assistita, con profonde differenze regionali quanto a numero di centri, offerta pubblica e privata e sostegno economico alle coppie in cerca di un bebè. Secondo la mappa tracciata dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma, i 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni: Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto. Non solo. Il 68% delle strutture nel Sud e il 58% nel Centro sono privati, mentre risalendo la penisola nel Nord Est si registra parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest prevale il servizio pubblico. E ancora, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e province autonome di Trento e Bolzano hanno inserito la Pma nei Lea regionali (le prime tre regioni sia l' omologa che eterologa). Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata prevedono inoltre un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla fecondazione assistita. La geografia della provetta cambia anche a seconda dell' età di accesso alle tecniche di Pma: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentito fino ai 50 anni; in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni. "La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ­ sottolinea Cittadinanzattiva ­ ha creato enormi difficoltà per le coppie, che non hanno alcuna certezza su dove potersi rivolgere e quali costi sostenere. Ciò concentra l' offerta in alcune regioni a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l' offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise". Vi sono regioni come la Sicilia, evidenzia ancora l' associazione, "in cui non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri di Pma risultano ancora non autorizzati pur operando tranquillamente, come nel Lazio, che risulta essere al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale".

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23 febbraio 2016

Dagospia Cittadinanzattiva

polizza sanitaria L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure ... Rapporto 2015 Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato: un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). polizza sanitaria L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Obama riforma sanitaria Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro. san camillo ospedale roma pronto soccorso Ed ancora: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che ''si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato''. OSPEDALE DEL MARE VENEZIA Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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23 febbraio 2016 <­­ Segue

Dagospia Cittadinanzattiva

privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. ''E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali ­ afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi''.

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23 febbraio 2016

larepubblica.it Cittadinanzattiva

Caro ticket e liste d' attesa, il 10% degli italiani rinuncia a curarsi I dato del Rapporto 2015 curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Differenze da una regione all' altra L' ITALIA è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità , curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro. Fino a 115 giorni per un' ecografia. Ed ancora: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Se il ticket cambia da una regione all' altra. Anche sui ticket si registrano notevoli differenze da una regione all' altra: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che "si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato". Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "Ridurre le diseguaglianze". "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali ­ Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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23 febbraio 2016 <­­ Segue

larepubblica.it Cittadinanzattiva

afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi".

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24 febbraio 2016

Metro (ed. Milano) Cittadinanzattiva

Per Ticket a attese si rinuncia alle cure Quasi un italiano su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e per liste d'attesa troppo lunghe. È uno dei dati più allarmanti del rapporto 2015 dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tribunale p er i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie p er liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure ben il 7,2% degli italiani. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1. L'attesa poi non 6 uguale per tutti: in generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, quelli massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud i cittadini ricorrono invece più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico.

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23 febbraio 2016

Agi Cittadinanzattiva

Ticket e liste d' attesa, 1 italiano su 10 rinuncia a cure Roma ­ Quasi un italiano su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e per liste d' attesa troppo lunghe. Questo e' uno dei dati piu' allarmanti del rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanita', presentato da Cittadinanzattiva questa mattina a Roma. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficolta' di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58 per cento) e per ticket (31 per cento). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure quindi ben il 7,2 per cento.

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24 febbraio 2016 Pagina 11

Quotidiano di Puglia (ed. Brindisi) Cittadinanzattiva

IL RAPPORTO

Costi e attese: uno su dieci non si cura d Malati per sempre: un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. E ancora una volta l' Italia appare sempre più divisa nell' accesso alle cure. La denuncia arriva, alla vigilia dell' approvazione del nuovo piano di riordino ospedaliero firmato dal presidente della Regione Michele Emiliano, dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da "Cittadinanzattiva" e "Tribunale per i diritti del malato". In generale, un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. Incide il costo della spesa sanitaria. E incidono le liste di attesa. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Ed è così che nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Nel mirino finiscono, dunque, i disegni di riordino: "È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. L' Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell' equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro", è il j' accuse di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di "Cittadinanzattiva". Puglia "fuori norma" anche sul fronte posti letto e giorni di degenza in ospedale. In un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), solo Basilicata e Sicilia al sud rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti.

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23 febbraio 2016

La Salute In Pillole Cittadinanzattiva

Fecondazione: 2 centri su 3 in sole 5 regioni, al Sud e Centro domina privato diventa fan Roma, 23 feb. (AdnKronos Salute) 14:49 Il federalismo condiziona anche la fecondazione assistita, con profonde differenze regionali quanto a numero di centri, offerta pubblica e privata e sostegno economico alle coppie in cerca di un bebè. Secondo la mappa tracciata dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma, i 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni: Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto. Non solo. Il 68% delle strutture nel Sud e il 58% nel Centro sono privati, mentre risalendo la penisola nel Nord Est si registra parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest prevale il servizio pubblico. E ancora, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e province autonome di Trento e Bolzano hanno inserito la Pma nei Lea regionali (le prime tre regioni sia l' omologa che eterologa). Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata prevedono inoltre un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla fecondazione assistita. La geografia della provetta cambia anche a seconda dell' età di accesso alle tecniche di Pma: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentito fino ai 50 anni; in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni. "La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ­ sottolinea Cittadinanzattiva ­ ha creato enormi difficoltà per le coppie, che non hanno alcuna certezza su dove potersi rivolgere e quali costi sostenere. Ciò concentra l' offerta in alcune regioni a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l' offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise". Vi sono regioni come la Sicilia, evidenzia ancora l' associazione, "in cui non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri di Pma risultano ancora non autorizzati pur operando tranquillamente, come nel Lazio, che risulta essere al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale".

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23 febbraio 2016

Dire Cittadinanzattiva

Sanità. Telesca a presentazione osservatorio su federalismo Dire.it Mercoledì, 24 Febbraio 2016 ­ 5:41 Accedi ai notiziari / area abbonati Login Tweet Sanità. Telesca a presentazione osservatorio su federalismo ROMA ­ Come migliorare i servizi ai cittadini? E' la domanda a cui ha cercato di dare risposta l' incontro tenutosi oggi a Roma in occasione della presentazione dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità per il 2015, realizzato da Cittadinanzattiva, a cui ha preso parte anche l' assessore regionale alla Salute del Friuli Venezia Giulia, Maria Sandra Telesca. "Il rapporto presenta dati che da una parte pongono il Friuli Venezia Giulia tra le migliori regioni italiane, per esempio nell' introduzione della procreazione medicalmente assistita nei livelli essenziali di assistenza, e altre situazioni in cui invece bisogna migliorare" ha affermato l' assessore. "Siamo stati chiamati a illustrare cosa stiamo facendo nella nostra regione per migliorare i servizi ai cittadini ­ ha aggiunto Telesca ­ ed è stata condivisa l' impostazione che abbiamo voluto dare alla riforma di riorganizzare la rete ospedaliera in modo da liberare risorse per la sanità territoriale". "Il principale problema è rappresentato dalla cronicità ­ ha spiegato l' assessore ­ e la ricetta che abbiamo indicato è quella di proporre ospedali maggiormente specializzati e con attività più concentrate, puntando su territorialità e domiciliarità, governando le liste di attesa e insistendo sugli screening". 23 febbraio 2016 Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte «Agenzia DIRE» e l' indirizzo «www.dire.it»

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23 febbraio 2016

Nuovo Sud Cittadinanzattiva

Un italiano su 10 rinuncia a cure per ticket e liste attesa L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro.

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Catania Oggi Cittadinanzattiva

Rubriche ­ Nazionale/Esteri

Salute. Sanit?: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi. Colpa di costi e liste d' attesa, la fotografia dell' Osservatorio Tdm­Cittadinanzattiva Roma, 23 feb. (AdnKronos Salute) ­ Il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il cancro e l' epatite C. E' quanto emerge dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanit? di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di pi?, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze", sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia ? al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. In generale le Regioni alle prese con il Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si sottolinea. Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanit? pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, segnala difficolt? di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di pi? sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono pi? di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Catania Oggi Cittadinanzattiva

delle liste troppo lunghe nel servizio pubblico. Anche sui ticket ­ evidenzia il Tdm ­ sono notevoli le differenze regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket pi? bassi nel pubblico si pagano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli pi? elevati al Sud (per la met? delle prestazioni). Nel 2014 si sono registrati un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno gli italiani pagano, in media, oltre 50 euro a testa come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Il federalismo mette a rischio anche la sicurezza. Sui punti nascita, per esempio, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento 'Verifica ed Adempimento Lea', 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Il Sud arranca anche sulla prevenzione. Su 16 Regioni monitorate dal ministero della Salute nel 2013 su questo fronte, la met? risulta in linea con le indicazioni del ministero: Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma rispetto al passato peggiorano Basilicata, Liguria e Veneto. E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), fanno ulteriori passi indietro Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta raggiungono il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Nel 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati (seno, colon retto, cervice uterina): meno della met? si ? sottoposto agli esami e l' adesione rimane critica al Sud. Infine, le regioni meridionali 'vantano' una minore attenzione al trattamento del dolore.

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giornaledisicilia.it Cittadinanzattiva

Liste d' attesa e ticket, un italiano su dieci rinuncia a curarsi ROMA. In Italia c' è chi preferisce non curarsi piuttosto che imbattersi in liste d' attesa e ticket. L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro.

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23 febbraio 2016 Pagina 21

La Prealpina Cittadinanzattiva

«Un ospedale a misura di paziente» VERBANIA ­ Possibilità di prenotare visite e prestazioni ospedaliere anche dal medico di base o in farmacia. Continuità delle cure dopo le dimissioni. Migliore segnaletica interna agli ospedali. Nuovi orari di visita dei pazienti. Parcheggi rosa e sostegno psicologico per le donne in gravidanza. Moduli in più lingue, a beneficio sia degli stranieri residenti sia dei turisti. Sono alcune delle richieste avanzate dal gruppo di lavoro costituito dalla Asl Vco per la "valutazione partecipa ta del grado di umanizzazione delle strutture di ricovero di Domodossola e Verbania". Una procedura svolta nel 2015 al Castelli di Verbania e al San Biagio di Domodossola, in sinergia con i volontari di Cittadinanzattiva­Tribunale per i Diritti del Malato seguendo le indicazioni della Regione Piemonte e dell' Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali). Il lavoro, fa sapere un comunicato, si è sviluppato in una prima fase con la consultazione e la verifica degli atti e dei regolamenti adottati dal l' Asl e in una seconda fase attraverso percorsi di osservazione nei presidi. Gli aspetti sviluppati sono stati 144: dall' accessibilità fisica, vivibilità e comfort dei luoghi di cura, ai processi assistenziali e organizzativi, dall' accesso alle informazioni, alla semplificazione e alla trasparenza. Il gruppo ha consegnato ieri al direttore generale Giovanni Caruso il resoconto della rilevazione, presentando otto proposte di azioni di miglioramento che, in accordo con la direzione generale, verranno sviluppate nel 2016.

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24 febbraio 2016 Pagina 2

Il Giornale d'Italia Cittadinanzattiva

Non si pensa più neanche alla salute Situazione drammatica al Sud per i servizi: tempi lunghi anche per gli esami più semplici Una fotografia angosciante. Con cittadini che trascurano il bene più prezioso, la salute, probabilmente per far fronte ad altri bisogno. Una immagine che arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato e che rivela che l' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure. Di più: quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. Ancora, un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord ­Ovest al massimo di 88 al Centro. Altri i dati tristemente emblematici: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che "si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato". Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. Di qui la richiesta. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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24 febbraio 2016 Pagina 2 <­­ Segue

Il Giornale d'Italia Cittadinanzattiva

salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi". R.V.

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24 febbraio 2016 Pagina 11

Il Centro (ed. Chieti) Tribunale del Malato

Niente cure per un malato su 10 Costano troppo. Spesa tra le più alte in Europa. Fino a 5 mesi per ecografie. Dossier Cittadinanzattiva ROMA Liste d' attesa interminabili, tanto che per un' ecografia all' addome si può aspettare fino a 5 mesi, ed un "caro ticket" che pesa sempre di più sulle tasche dei cittadini. Quanto basta per costringere ben un italiano su 10 a dire addio alle cure, rinunciando ad esami e visite, con l' ulteriore paradosso che è proprio nelle Regioni dove si pagano più tasse che le prestazioni sanitarie sono meno garantite. Sono queste solo alcune delle storture derivate dal federalismo sanitario e denunciate da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm) nel Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità. A pesare, denuncia il Tdm, sono innanzitutto i costi: la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è, infatti, al di sopra della media Ocse (3,2% contro il 2,8%) e con forti differenze tra le regioni (dai 781,2 euro in Valle d' Aosta ai 267,9 in Sicilia). Inoltre, in generale, le Regioni in Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. Altra nota dolente per il portafoglio degli italiani sono i ticket: l' importo varia di regione in regione ed ogni anno gli italiani, a testa, pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione nelle Regioni del Nord e Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. La situazione è notevolmente peggiore proprio al Sud, dove si riscontra la maggior quota di rinunce alle cure (11,2%) rispetto al Centro (7,4%) e al Nord il (4,1%). A scoraggiare gli italiani sono però anche le lunghe attese, con una ben poco invidiabile classifica che registra picchi fino a 5 mesi per poter effettuare nel pubblico un' ecografia. Ma l' attesa non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nordest (un mese) e quelli massimi al Centro (due mesi), mentre per una prima visita cardiologica con Ecg si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nordovest al massimo di 88 giorni al Centro. Molte ombre pure sui punti nascita: su 531 attivi nel 2014, ben 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500 l' anno. Rispetto poi all' utilizzo del parto cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard del 20%, la media registrata nel 2014 è ancora pari al 35,9%. Capitolo a parte è la prevenzione: il Sud fatica e Lazio e Veneto fanno passi indietro, mentre meno della metà delle Regioni raggiunge la copertura del 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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24 febbraio 2016 Pagina 12

Il Piccolo Cittadinanzattiva

Niente cure per un malato su 10 Costano troppo. Spesa tra le più alte in Europa. Fino a 5 mesi per ecografie. Dossier Cittadinanzattiva ROMA Liste d' attesa interminabili, tanto che per un' ecografia all' addome si può aspettare fino a 5 mesi, ed un "caro ticket" che pesa sempre di più sulle tasche dei cittadini. Quanto basta per costringere ben un italiano su 10 a dire addio alle cure, rinunciando ad esami e visite, con l' ulteriore paradosso che è proprio nelle Regioni dove si pagano più tasse che le prestazioni sanitarie sono meno garantite. Sono queste solo alcune delle storture derivate dal federalismo sanitario e denunciate da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm) nel Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità. A pesare, denuncia il Tdm, sono innanzitutto i costi: la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è, infatti, al di sopra della media Ocse (3,2% contro il 2,8%) e con forti differenze tra le regioni (dai 781,2 euro in Valle d' Aosta ai 267,9 in Sicilia). Inoltre, in generale, le Regioni in Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. Altra nota dolente per il portafoglio degli italiani sono i ticket: l' importo varia di regione in regione ed ogni anno gli italiani, a testa, pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione nelle Regioni del Nord e Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. La situazione è notevolmente peggiore proprio al Sud, dove si riscontra la maggior quota di rinunce alle cure (11,2%) rispetto al Centro (7,4%) e al Nord il (4,1%). A scoraggiare gli italiani sono però anche le lunghe attese, con una ben poco invidiabile classifica che registra picchi fino a 5 mesi per poter effettuare nel pubblico un' ecografia. Ma l' attesa non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nordest (un mese) e quelli massimi al Centro (due mesi), mentre per una prima visita cardiologica con Ecg si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nordovest al massimo di 88 giorni al Centro. Molte ombre pure sui punti nascita: su 531 attivi nel 2014, ben 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500 l' anno. Rispetto poi all' utilizzo del parto cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard del 20%, la media registrata nel 2014 è ancora pari al 35,9%. Capitolo a parte è la prevenzione: il Sud fatica e Lazio e Veneto fanno passi indietro, mentre meno della metà delle Regioni raggiunge la copertura del 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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larena.it Cittadinanzattiva

Attesa troppo lunga Un italiano su 10 rinuncia a curarsi L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro. Ed ancora: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che «si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato». Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. «È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali ­ afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi». Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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lasicilia.it Cittadinanzattiva

ROMA Un italiano su 10 rinuncia a cure per ticket e liste attesa (ANSA) ­ ROMA, 23 FEB ­ L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro. Ed ancora: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che ''si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato''. Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. ''E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali ­ afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi''. (ANSA). COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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Tribunale del malato: "Un italiano su 10 rinuncia a cure per ticket e liste attesa" Rapporto 2015, pesano costi, situazione peggiore al Sud L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro. Ed ancora: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che «si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato». Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. «E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali ­ afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Un italiano su 10 rinuncia cure per ticket e liste attesa Rapporto 2015 Tdm, pesano costi, situazione peggiore al Sud ROMA ­ L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure e quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia arriva dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 al Centro. Ed ancora: per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica l' istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull' accesso a cure e prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che ''si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato''. Altrettanto diversificato di regione in regione è anche l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. ''E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali ­ afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi''.

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Sanità e Politica

Accesso alle cure: Italia divisa, un cittadino su 10 rinuncia per liste di attesa e ticket Presentati oggi i risultati delll' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva. Per il coordinatore nazionale Tonino Aceti: "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza" Un' Italia ancora divisa nel rispondere ai bisogni di salute dei cittadini, con programmi di prevenzione a macchia di leopardo, accesso ai farmaci innovativi diversificato da regione e regione e pazienti che rinunciano alle cure per motivi economici e liste di attesa e che si rivolgono sempre più al privato. E' la fotografia scattata dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma. Dall' analisi emerge che la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse (3,2% a fronte di una media di 2,8%). La spesa privata per regione risulta molto diversificata, con un punte di 781,2 euro in Valle d' Aosta e un minimo di 267,9 in Sicilia. Sul fronte della spesa sanitaria pubblica pro capite, registra valori massimi nella Provincia autonomia di Trento ( 2.315,27 euro) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03 mentre presenta valori minimi in Campania (1.776,85 euro). Proprio la Campania, insieme alle altre Regioni in Piani di rientro, presenta i maggiori livelli di tassazione con l' addizionale regionale Irpef media che si attesta a 440 euro per contribuente, seconda solo a quella registrata nel Lazio (470 euro). "A fronte di una minore spesa pubblica, spesa privata e di una elevata tassazione, le Regioni in piano di rientro forniscono sempre meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza" è l' allarme lanciato dall' Osservatorio di Cittadinanzattiva. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di assistenza ­ spiega Tonino Aceti , coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ­ Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi". Per affrontare la situazione, Aceti propone quindi di "aggiornare gli indicatori di monitoraggio, ottimizzare i flussi informativi esistenti e garantire terzietà al monitoraggio Lea introducendo il punto di vista dei cittadini e prevedendo la partecipazione di rappresentanti di cittadini nella Commissione nazionale Lea". Nel sistema nazionale di Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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monitoraggio Lea, ad esempio, mancano il tasso di rinuncia alle cure, l' accesso alle terapie innovative, i tempi effettivi di attesa, spiega il coordinatore di Cittadinanzattiva: "Per fare un esempio le Marche, che hanno un buon punteggio Lea e sono tra la rosa di regioni benchmark, hanno al tempo stesso anche un alto tasso di rinuncia alle cure. Questo per i cittadini è paradossale". I motivi di rinuncia Ragioni economici, liste di attesa e ticket sono le principali cause che spingono i cittadini a rinunciare alle cure sanitaria. Fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Nel Sud, e in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente al privato per aggirare il problema. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). L' importo del ticket varia di regione in regione sia sulla farmaceutica che sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014 l' analisi di Cittadinanzattiva ha registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Passi indietro nella prevenzione Sul fronte prevenzione l' analisi rimarca l' andamento a macchia di leopardo regionale, con un Sud che arranca e regioni importanti come Lazio e Veneto che peggiorano. In particolare sulle 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute, solo la metà è risulta in linea con le indicazioni date rispetto ai Lea e tre di queste sono arretrate rispetto al 2012 (Basilicata ­7,5%; Liguria ­ 7,5%; Veneto ­10%). Fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), inoltre, quattro hanno fanno ulteriori passi indietro (Puglia ­15%, Sicilia ­7,5%, Calabria e Campania ­5%). In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta riescono a raggiungere il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Posti letto e assistenza territoriale "fai da te" Risultano in linea con la riduzione dei posti letto per acuti (di 13377 unità tra 2010 e 2013) solo Basilicata e Sicilia che rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta invece valori più elevati: Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle D' Aosta (3,7) Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania ­ Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro ­ mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9. Per quanto riguarda la media dei giorni di degenza per le acuzie a sette giorni, le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi: Puglia (6,22), Campania (5,65) e per ultima la Calabria con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti. Risultano in linea con tali standard anche Piemonte (6,82), Toscana (6,87), Valle D' Aosta e Marche (6,99) mentre il Veneto mantiene una media più alta (8,26), seguito dalla Liguria (7,63) e Friuli Venezia Giulia (7,58). Sul fronte dell' assistenza, inoltre, ancora sei Regioni che nel Piano sanitario non prevedono l' integrazione socio­sanitaria: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e PA Bolzano. Differenze anche sul fronte della Pma L' Osservatorio ha riscontrato forti disomogeneità regioni anche nel campo della procreazione medicalmente assistita (Pma) sia per numeri di centri che per offerta e sostegno economico alle coppie. Nello specifico i due terzi dei centri sono concentrati in cinque regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto). Il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est c' è una parità di offerta tra pubblico e privato mentre nel Nord Ovest prevale il pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Pa di Trento e Bolzano inoltre hanno inserito la Pma nei Lea regionali. Differenza Infine alcune (Pa Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono anche un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla Pma. Anche sull' età delle coppie le regioni applicano criteri diversi per consentire l' accesso alle tecniche di fecondazione assistita: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite mentre in Veneto è consentita fino ai 50 anni e in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Federalismo in sanità? Cittadinanzattiva: un cittadino su 10 rinuncia a cure per motivi economici o liste d' attesa Il federalismo in sanità non risponde ai bisogni di salute dei cittadini e li divide in base al luogo di residenza: quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e Regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. E' quanto emerge dall' Osservatorio sul federalismo sanitario, presentato oggi da Cittadinanzattiva. Anche l' accesso ai farmaci innovativi cambia da Regione a Regione, soprattutto per il tumore e l' epatite C. "E ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze ­ commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ­ Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno unofferta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. LIrpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dellequilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro". La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media OCSE (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento ( 2.315,27) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania ( 1.776,85). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati: l' addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (470 per contribuente) seguita dalla Campania (440). Nelle stesse regioni, laliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). In generale le Regioni in Piani di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica, spesa privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza. "Alcune Regioni, ancora troppo poche, hanno saputo interpretare il federalismo sanitario come strumento per rispondere alle esigenze dei cittadini; la sfida Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Helpconsumatori Cittadinanzattiva

per il futuro del federalismo sanitario e del Servizio Sanitario Nazionale è portare le Regioni più critiche ai livelli delle più virtuose e proiettarle tutte verso il miglioramento dei servizi per i cittadini" prosegue Aceti. Liste di attesa e ticket, motivo di rinuncia alle cure per milioni di italiani: un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: ad esempio, per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nord­Est (poco più di un mese), quelli massimo al Centro (quasi due mesi); per una prima visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 giorni al Centro; per lecografia completa alladdome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. L' importo del ticket varia di regione in regione sia sulla farmaceutica che sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014 abbiamo registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle DAosta, e in media 42 euro al Sud. Posti letto e giorni di degenza in ospedale fai da te: in un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13377 unità tra 2010 e 2013), Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta valori più elevati: è il caso del Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle DAosta (3,7) Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania ­ Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9. Sui punti nascita, gli standard ministeriali rispettati a macchia di leopardo: su 531 punti nascita attivi nel 2014, 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500/anno. Sulle 16 Regioni prese in esame dal documento "Verifica ed Adempimento LEA", 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report relativo alla presenza dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Sulla prevenzione il Sud fatica, Lazio e Veneto fanno passi indietro: su 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute nel 2013 sul fronte prevenzione, la metà risulta in linea con le indicazioni date dal Ministero rispetto ai LEA : si tratta di Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma di queste, tre fanno passi indietro rispetto al 2012 (Basilicata ­7,5%; Liguria ­7,5%; Veneto ­10%). E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), quattro fanno ulteriori passi indietro (Puglia ­15%, Sicilia ­7,5%, Calabria e Campania ­5%). Accesso ai farmaci innovativi, il caso degli oncologici e dell' HCV: i tempi per l' inserimento nei Prontuari regionali dei farmaci innovativi oncologici variano in media dai 600 giorni di Toscana e Umbria ai 740 di Emilia Romagna, e sui tempi massimi le differenze si acuiscono: si passa dai 953 di Abruzzo e Toscana ai 2527 della Emilia Romagna. Emblematico poi il caso dei nuovi farmaci per la cura dell' epatite C. innanzitutto il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini. Procreazione medicalmente assistita: differenze regionali fra numeri di centri, offerta privata e pubblica, sostegno economico alle coppie: i 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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prevalenza di offerta nel pubblico. Trattamento del dolore in ospedale: al Sud "ammesso" soffrire di più: dalla indagine di Cittadinanzattiva "In­dolore" che nel 2014 ha coinvolto 214 reparti e 46 ospedali di 15 regioni sul trattamento e attenzione al dolore negli ospedali, emerge una scaletta discendente di performance man mano che si procede verso Sud.

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Focus Cittadinanzattiva

Sanità: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi Colpa di costi e liste d' attesa, la fotografia dell' Osservatorio Tdm­Cittadinanzattiva Roma, 23 feb. (AdnKronos Salute) ­ Il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il cancro e l' epatite C. E' quanto emerge dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze", sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. In generale le Regioni alle prese con il Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si sottolinea. Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanità pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di più sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema delle liste troppo lunghe nel servizio pubblico. Anche sui ticket ­ evidenzia il Tdm ­ sono notevoli le differenze regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si pagano Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Focus Cittadinanzattiva

prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati al Sud (per la metà delle prestazioni). Nel 2014 si sono registrati un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno gli italiani pagano, in media, oltre 50 euro a testa come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Il federalismo mette a rischio anche la sicurezza. Sui punti nascita, per esempio, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento 'Verifica ed Adempimento Lea', 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Il Sud arranca anche sulla prevenzione. Su 16 Regioni monitorate dal ministero della Salute nel 2013 su questo fronte, la metà risulta in linea con le indicazioni del ministero: Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma rispetto al passato peggiorano Basilicata, Liguria e Veneto. E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), fanno ulteriori passi indietro Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta raggiungono il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Nel 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati (seno, colon retto, cervice uterina): meno della metà si è sottoposto agli esami e l' adesione rimane critica al Sud. Infine, le regioni meridionali 'vantano' una minore attenzione al trattamento del dolore.

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Panorama Sanità Cittadinanzattiva

Italia divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su dieci escluso a causa di liste di attesa e ticket Italia divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su dieci escluso a causa di liste di attesa e ticket 23/02/2016 in News 0 Presentato l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità 2015 di Cittadinanzattiva. Sintesi dei dati. Un federalismo che non risponde ai bisogni di salute dei cittadini e che li divide a seconda del territorio di residenza. Quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato; altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l' epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. In estrema sintesi è questo il quadro che emerge dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva presentato oggi a Roma. «È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. L' Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell' equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro», queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva nel corso della presentazione del Rapporto. La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia, evidenzia il Rapporto, è al di sopra della media OCSE (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento ( 2.315,27) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania ( 1.776,85). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati: l' addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (470 per contribuente) seguita dalla Campania (440). Nelle stesse regioni, l' aliquota Irap media effettiva ha Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Panorama Sanità Cittadinanzattiva

raggiunto il suo valore massimo (4,9%). In generale le Regioni in Piani di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica, spesa privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza. «Alcune Regioni, ancora troppo poche, hanno saputo interpretare il federalismo sanitario come strumento per rispondere alle esigenze dei cittadini; la sfida per il futuro del federalismo sanitario e del Servizio Sanitario Nazionale è portare le Regioni più critiche ai livelli delle più virtuose e proiettarle tutte verso il miglioramento dei servizi per i cittadini. Il primo passo per farlo è passare dall' approvazione all' implementazione uniforme delle norme: il Ministero della Salute deve esserne garante; le Regioni agire in modo sostanziale e non formale, con delibere copia­incolla. È emblematica la numerosità di norme che, da due anni, vogliono restituire centralità ed effettività ai Livelli Essenziali di Assistenza e quanto invece il monitoraggio e la garanzia siano ancora troppo formali. Nel sistema nazionale di monitoraggio LEA, mancano ad esempio il tasso di rinuncia alle cure, l' accesso alle terapie innovative, i tempi effettivi di attesa. Per fare un esempio le Marche, che hanno un buon punteggio LEA e sono tra la rosa di regioni benchmark, hanno al tempo stesso anche un alto tasso di rinuncia alle cure. Questo per i cittadini è paradossale» prosegue Aceti. «È evidente la necessità di aggiornare gli indicatori di monitoraggio; ottimizzare i flussi informativi esistenti; garantire terzietà al monitoraggio LEA introducendo il punto di vista dei cittadini e prevedendo la partecipazione di rappresentanti di cittadini nella Commissione nazionale LEA. La riforma costituzionale in corso in ambito sanitario, qualora fosse confermata, renderebbe più forte il livello centrale, e irrobustirebbe contemporaneamente quello delle regioni, attribuendo loro non solo l' organizzazione dei servizi, ma anche la programmazione sanitaria. Affidare però la soluzione di tutti i problemi alla sola approvazione di una legge, seppur di rango costituzionale, è illusorio. E il Rapporto lo dimostra chiaramente: troppe norme approvate e sbandierate negli anni come soluzioni sono rimaste solo sulla carta o utilizzate per far quadrare i conti».

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24 febbraio 2016 Pagina 7

La Provincia di Lecco Cittadinanzattiva

Liste di attesa e costi Un italiano su dieci rinuncia a curarsi Sanità Il picco: 5 mesi di attesa per un' ecografia Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato: «Colpa delle storture del federalismo sanitario» Liste d' attesa interminabili, tanto che per un' ecografia all' addome si può aspettare fino a 5 mesi, ed un «caro ticket» che pesa sempre di più sulle tasche dei cittadini. Quanto basta per costringere ben un italiano su 10 a dire addio alle cure, rinunciando ad esami e visite, con l' ulteriore paradosso che è proprio nelle regioni dove si pagano più tasse che le prestazioni sanitarie sono meno garantite. Sono queste solo alcune delle «storture» derivate dal federalismo sanitario e denunciate da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm) nel Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità. A pesare, denuncia il Tdm, sono innanzitutto i costi: la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è, infatti, al di sopra della media Ocse (3,2% contro il 2,8%) e con forti differenze tra le regioni (dai 781,2 euro in Valle d' Aosta ai 267,9 in Sicilia). Inoltre, in generale, le regioni in Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. Altra nota dolente per il portafoglio degli italiani sono i ticket: l' importo varia da regione a regione ed ogni anno gli italiani, a testa, pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione nelle Regioni del Nord e Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. E la situazione è notevolmente peggiore proprio al Sud, dove si riscontra la maggior quota di rinunce alle cure (11,2%) rispetto al Centro (7,4%) e al Nord il (4,1%). A scoraggiare gli italiani sono però anche le lunghe attese, con una ben poco invidiabile « classifica» che registra picchi fino a 5 mesi per poter effettuare nel pubblico un' ecografia. Nord Est isola felice Ma l' attesa non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nord­Est (un mese) e quelli massimi al Centro (due mesi), mentre per una prima visita cardiologica con Ecg si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 giorni al Centro. Anche altre le criticità segnalate, a partire dall' assistenza territoriale carente soprattutto al Sud. Molte ombre pure sui punti nascita: su 531 attivi nel 2014, ben 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500 Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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La Provincia di Lecco Cittadinanzattiva

l' anno. Rispetto poi all' utilizzo del parto cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard del 20%, la media registrata nel 2014 è ancora pari al 35,9%. Prevenzione a rischio Capitolo a parte è la prevenzione: in questo ambito il Sud fatica e Lazio e Veneto fanno passi indietro, mentre meno della metà delle regioni raggiunge la copertura del 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Quanto agli screening oncologici gratuiti, l' adesione dei cittadini va dal 53% al Nord al 39% del Centro e 31% del Sud. Altrettanto diversificato tra le regioni è l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per tumori ed epatite C. Per il trattamento del dolore in ospedale infine, denuncia il Tdm, «al Sud è "ammesso" soffrire di più». Insomma, conclude il coordinatore nazionale Tdm Tonino Aceti, «è ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze, senza andare dietro alla sola tenuta dei conti»

MANUELA CORRERA

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23 febbraio 2016

Ipasvi Cittadinanzattiva

Tribunale del malato: "Italia divisa nell' accesso alle cure" 23/02/2016 ­ Presentato oggi a Roma il Rapporto dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva. Presentato oggi a Roma il Rapporto dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva. Da risultati illustrati dal coordinatore nazionale, Tonino Aceti, emerge che "il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure". Secondo i dati raccolti dal Tribunale del malato, quasi un cittadino su dieci, infatti, rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze", ha dichiarato Aceti. Scorrendo le pagine del Rapporto, si evince che la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanità pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tribunale del malato nel 2015, segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di più sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema delle liste troppo lunghe nel servizio pubblico. Sui ticket sono notevoli le differenze regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si pagano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati al Sud (per la metà delle prestazioni). Nel 2014 si sono registrati un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno gli italiani pagano, in media, oltre 50 euro a testa come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, con punte vicino Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Ipasvi Cittadinanzattiva

ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Anche sui punti nascita, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento 'Verifica ed Adempimento Lea', 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Stampa Condividi su:

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23 febbraio 2016

Askanews Cittadinanzattiva

Ticket e liste d' attesa: 1 italiano su 10 rinuncia a cure Ssn Rapporto Cittadinanzattiva, difficoltà accesso per 1 su 4 Roma, 23 feb. (askanews) ­ Ticket troppo cari e lunghe liste d' attesa: quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi in Italia. Lo evidenzia l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva presentato oggi a Roma che oltretutto sottolinea come nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali siano meno garantiti che altrove. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: ad esempio, per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nord­Est (poco più di un mese), quelli massimo al Centro (quasi due mesi); per una prima visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 giorni al Centro; per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, e in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico (indagine Censis 2015). Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). Il livello di compartecipazione dei cittadini ai ticket fra 2013 e 2014 è diminuito solo nella PA Trento (­5,6%), in Sicilia (­2,2%), Piemonte (­2%) e Liguria (0,8%). In Valle d' Aosta si registra invece un +11,9%. L' importo del ticket varia di regione in regione sia sulla farmaceutica che sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014 abbiamo registrato un +4,5% dei ticket sui Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Askanews Cittadinanzattiva

farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud.

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24 febbraio 2016 Pagina 9

La Sicilia Cittadinanzattiva

La geografia dei ticket sanitari in Italia, ovvero la compartecipazione dei cittadini alla spesa ... La geografia dei ticket sanitari in Italia, ovvero la compartecipazione dei cittadini alla spesa per farmaci e visite, rappresenta una vera e propria "giungla", con notevoli differenze tra le varie regioni. A scattarne l' istantanea è il Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato. Tante infatti, denuncia il Tdm, le difformità regionali: considerando ad esempio 16 prestazioni, i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). Inoltre, il livello di compartecipazione dei cittadini ai ticket fra 2013 e 2014 è diminuito solo nella Provincia autonoma di Trento (­5,6%), in Sicilia (­2,2%), Piemonte (­2%) e Liguria (0,8%). In Valle d' Aosta si registra invece un +11,9%. L' importo del ticket varia poi di regione in regione sia sulla farmaceutica sia sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014, però, si è registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci e un ­2,2% sulla specialistica­­. Conti alla mano, ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro ­ ad eccezione di Piemonte, Marche e Trento ­ con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Ulteriore "giungla" è rappresentata dalle esenzioni: in alcune Regioni sono esenti tutti i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà (come Lombardia, Emilia e Toscana); in altre Regioni sono esenti dalla partecipazione al costo i figli a carico dal terzo in poi (Trento); in altre ancora sono esenti gli infortunati sul lavoro per il periodo dell' infortunio o affetti da malattie professionali (come Liguria, Lombardia, Friuli, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata), i danneggiati da vaccinazione obbligatoria, trasfusioni, somministrazione di emoderivati, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e familiari, i residenti in zone terremotate. Quanto alla farmaceutica, nelle al Nord il ticket sui farmaci va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 euro.

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24 febbraio 2016 Pagina 2

Il Cittadino Cittadinanzattiva

ticket carissimi e liste d' attesa infinite, un cittadino su dieci rinuncia alle cure n Ticket troppo cari e lunghe liste d' attesa: quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi in Italia. Lo evidenzia l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva presentato ieri a Roma, che oltretutto sottolinea come nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali siano meno garantiti che altrove.Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, e in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico (indagine Censis 2015). Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (metà delle prestazioni).

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24 febbraio 2016 Pagina 8

Cronache di Napoli Cittadinanzattiva

I dati Alla Campania il primato nazionale per numero di persone che rinuncia a curarsi. Prevenzione al palo

Costi alle stelle e tempi biblici, i malati scelgono i privati NAPOLI (sf) ­ Ticket troppo cari e liste d' attesa troppo lunghe. Sempre più numerose le persone che rinunciano a curarsi. La Campania, insieme alla Puglia, detiene il primato nazionale per numero di cittadini che, esasperati e stremati da un' attesa senza fine per essere visitati, si rivolgono agli specialisti privati. E' solo uno dei dati che 'quantizzano' il disastro sanitario campano così come è stato presentato ieri a Roma dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva. Il Mezzogiorno è la macroarea del Paese in cui le rinunce alle cure (per motivi economici, liste di attesa e ticket) sono le più numerose. Il comparto in cui la sanità pubblica campana fa peggio, con tempi d' attesa da guinnes, è quello della riabilitazione. In tale ambito la forbice nazionale passa dai quasi 13 giorni del Nord Est ai nostri 69 giorni. Analoga dinamica seguono i ticket. Sulle stesse prestazioni a far registrare la compartecipazione dei cittadini alla spesa più bassa è il Nord Est. Al lato opposto i dati relativi al Sud. Il dossier presentato ieri a Roma prende in considerazione altri due parametri come indicatori del maggiore o minore funzio namento della 'macchina Sanità', la prevenzione e la vaccinazione. Campania bocciata su tutta la linea anche in queste 'materie'. Su 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute sul fronte prevenzione, la metà risulta in linea con le indicazioni date dal Ministero rispetto ai Lea: si tratta di Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma di queste, tre fanno registrare passi indietro rispetto all' anno precedente (Basilicata ­7,5%; Liguria 7,5%; Veneto ­10%). E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), quattro fanno ulteriori passi indietro (Puglia ­15%, Sicilia ­7,5%, Calabria e Campania ­ 5%). I dati peggiori per la nostra regione sono quelli relativi allo screening mammografico e a quello colorettale: a fronte di un dato medio nazionale (di per sé basso) che si attesta al 44 per cento, in Campania non si varca la soglia dei 31 punti percentuali.

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24 febbraio 2016 Pagina 7

La Provincia di Lecco Cittadinanzattiva

Ticket, è una vera «giungla» La compartecipazione dei cittadini alla spesa per farmaci e visite, rappresenta una vera e propria «giungla». A scattarne l' istantanea è il Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm). Al Nord si spende meno Considerando ad esempio 16 prestazioni, i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). Inoltre, il livello di compartecipazione dei cittadini ai ticket fra 2013 e 2014 è diminuito solo nella Provincia autonoma di Trento (­ 5,6%), in Sicilia (­2,2%), Piemonte (­2%) e Liguria (0,8%). In Valle d' Aosta si registra invece un +11,9%. Quota annua di 50 euro a cittadino Conti alla mano, rileva il Tdm, ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro ­ ad eccezione di Piemonte, Marche e Provincia autonoma di Trento ­ con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Esenzioni a geografia variabile Ulteriore «giungla» è rappresentata dalle esenzioni: in alcune Regioni sono esenti tutti i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà (come Lombardia, Emilia Romagna e Toscana); in altre Regioni sono esenti dalla partecipazione al costo i figli a carico dal terzo in poi ( Trento); in altre ancora sono esenti gli infortunati sul lavoro per il periodo dell' infortunio o affetti da malattie professionali (come Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata), i danneggiati da vaccinazione obbligatoria, trasfusioni, somministrazione di emoderivati, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e familiari, i residenti in zone terremotate. Ticket sui farmaci Quanto alla spesa farmaceutica, nelle regioni settentrionali il ticket sui farmaci va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 euro. Nel 2014, però, si è registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci in tutte le regioni,

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23 febbraio 2016

Il Dispaccio Cittadinanzattiva

Fuga sanitaria dalla Calabria, Nicolò (FI): "Da Governo e Regione mancate risposte giuste a fabbisogni dei cittadini" "Dati allarmanti e sconcertanti per la sanità calabrese emergono oggi dal report redatto dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva" annuncia in una nota il Capogruppo Forza Italia al Consiglio regionale della Calabria, Alessandro Nicolò. "Liste di attesa e ticket sono stati confermati i principali ostacoli per usufruire del Servizio Sanitario regionale. Un cittadino su quattro segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%) e, more solito, il primato negativo è ottenuto dalla Calabria" ancora Nicolò. "Stessa sorte negativa spetta alla disponibilità di posti letto per acuti ed al mancato rispetto della media dei giorni di degenza per le acuzie regolamentato dagli Standard ospedalieri. Per non parlare poi della mancanza nel Piano sanitario calabrese del servizio di integrazione socio­sanitaria e della scarsa attenzione al trattamento del dolore. Insomma ­ continua il Capogruppo Alessandro Nicolò ­ è emersa di nuovo a chiare lettere una situazione al limite dell' accettabilità". "Il diritto alla salute è prioritario e come tale deve essere garantito e tutelato. I calabresi devono potere essere curati a casa propria senza costi inutili di viaggio o di trasferta in altre regioni. Il ruolo delle Istituzioni è quello di dare risposte certe e concrete ai cittadini mentre questa maggioranza di Governo nazionale e regionale oltre a proclami e belle promesse non è ancora riuscita a fornire una soluzione fattiva alle tante criticità del territorio, tra le quali, in primis, offrire un servizio sanitario efficace ed efficiente" dichiara Nicolò. "Si richiede, infine, che il Commissario Scura, nominato dal Premier Renzi, ed il Presidente Oliverio assumano, una volta per tutte, un impegno serio nei confronti della cittadinanza e di tutte le parti politiche, presentando un cronoprogramma definitivo e risolutivo delle tante problematiche sanitarie esistenti, garantendo l' erogazione di prestazioni di qualità", conclude Alessandro Nicolò.

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23 febbraio 2016

Askanews Cittadinanzattiva

Accesso a nuovi farmaci oncologici, alte differenze fra regioni Fino a 2527 giorni per inserirli nei prontuari regionali Roma, 23 feb. (askanews) ­ I tempi per l' inserimento nei Prontuari regionali dei farmaci innovativi oncologici variano da Regione a Regione con una media che passa dai 600 giorni di Toscana e Umbria ai 740 di Emilia Romagna, e sui tempi massimi le differenze si acuiscono: si passa dai 953 di Abruzzo e Toscana ai 2527 della Emilia Romagna. Sono i dati diffusi oggi da Cittadinanzattiva che ha presentato un rapporto sul federalismo in Sanità. Emblematico poi il caso dei nuovi farmaci per la cura dell' epatite C: "Innanzitutto ­ spiega l' indagine ­ il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini. Differenze anche sui criteri per l' accesso ai farmaci per i non residenti: Marche, Piemonte (eccetto i trapianti di fegato), Lazio e Basilicata prevedono, nelle loro delibere, l' erogazione per i soli residenti; 11 Regioni invece non hanno deliberato nulla al proposito (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle d' Aosta, Veneto)". Per quanto riguarda l' accesso alle nuove terapie per stranieri temporaneamente presenti ed europei non iscritti, solo 6 Regioni (Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto) hanno espressamente deliberato al proposito, prevedendo in ogni caso un solo centro prescrittore.

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23 febbraio 2016

Askanews Cittadinanzattiva

Prevenzione: fatica il Sud. Lazio e Veneto fanno passi indietro Solo la metà delle Regioni in linea con indicazioni su Lea Roma, 23 feb. (askanews) ­ Vaccini, screening, educazione alla salute: sulla prevenzione il Sud fatica, Lazio e Veneto fanno passi indietro. Lo evidenzia il Rapporto presentato oggi da Cittadinanzattiva e dedicato al federalismo in sanità. Su 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute nel 2013 sul fronte prevenzione, la metà risulta in linea con le indicazioni date dal Ministero rispetto ai Lea: si tratta di Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma di queste, tre fanno passi indietro rispetto al 2012 (Basilicata ­7,5%; Liguria ­7,5%; Veneto ­10%). E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), quattro fanno ulteriori passi indietro (Puglia ­15%, Sicilia ­7,5%, Calabria e Campania ­5%). Solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta riescono a raggiungere il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Inoltre, in 13 Regioni è stata introdotta la vaccinazione per varicella con offerta attiva e gratuita per tutti i nuovi nati: mancano all' appello regioni importanti come Lazio, Lombardia, Piemonte, Umbria, Emilia Romagna, Abruzzo e Valle D' Aosta. E' solo uno degli esempi di offerta vaccinale nelle Regioni, che riguarda anche quella anti HPV per il maschio, antimeningococco, antipneumococco e herpes zoster. Nel corso del 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati, mammografico, colorettale e cervicale, meno della metà delle persone si sono sottoposte alle prestazioni preventive. L' adesione ai 3 esami preventivi permane critica nelle regioni del Sud. Sullo screening mammografico, è marcata la differenza esistente al livello regionale: oltre alle regioni del Sud, Liguria, Bolzano, Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Umbria sono al di sotto della media nazionale per copertura. Il tasso di adesione allo screening colorettale è del 44% al livello nazionale: questi dati tuttavia, ancora una volta, mostrano variazioni significative nelle aree del Paese passando dal 53% del Nord, al 39% del Centro, al 31% del Sud.

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23 febbraio 2016

ilcentro.it Cittadinanzattiva

Ticket esosi e liste d' attesa troppo lunghe: un italiano su dieci rinuncia alle cure Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa Quasi un italiano su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e per liste d' attesa troppo lunghe. Questo è uno dei dati più allarmanti del rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva questa mattina a Roma. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58 per cento) e per ticket (31 per cento). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Veneto Marche, Sicilia e Province autonome di Trento e Bolzano a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure quindi ben il 7,2 per cento.Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2 per cento); al Centro il 7,4 per cento dei residenti e al Nord il 4,1 per cento. L' attesa poi non è uguale per tutti: in generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, e in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud.

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23 febbraio 2016

denaro.it Cittadinanzattiva

Sanità , tempi di attesa troppo lunghi: i campani costretti a scegliere il privato Quasi un italiano su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e per liste d' attesa troppo lunghe. Questo è uno dei dati più allarmanti del rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità , presentato da Cittadinanzattiva questa mattina, martedì 23 febbraio, a Roma. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58 per cento) e per ticket (31 per cento). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure quindi ben il 7,2 per cento. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2 per cento); al Centro il 7,4 per cento dei residenti e al Nord il 4,1 per cento. L' attesa poi non e' uguale per tutti: in generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. I campani "costretti" a curarsi dagli specialisti Nel Sud, e in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la meta' delle prestazioni). Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud.

ILDENARO.IT

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23 febbraio 2016

Ansa Cittadinanzattiva

Italia a macchia di leopardo per procreazione assistita Tdm, forti differenze regioni per centri e sostegno economico coppie ROMA ­ Italia 'a macchia di leopardo' per quanto riguarda l' accesso alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita (Pma): forti sono infatti le differenze regionali per numero di centri, offerta privata e pubblica e sostegno economico alle coppie. E' il quadro che emerge dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm) e presentato oggi. I 2/3 dei centri, rileva il Rapporto, sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e PA di Trento e Bolzano hanno inserito la Pma nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) regionali (le prime tre regioni sia l' omologa che eterologa, le due province autonome solo l' omologa). Inoltre, alcune (PA Trento e Bolzano, FVG, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla Pma. Anche sull' età delle coppie le regioni applicano criteri diversi: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto la Pma è consentita fino ai 50 anni; in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni. La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta, afferma il Tdm, ''ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l' offerta in alcune regioni, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l' offerta pubblica è scarsa o nulla come in Molise''. Vi sono inoltre regioni come la Sicilia, evidenzia il Rapporto, in cui ''non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri Pma risultano ancora non autorizzati pur operando, come nel Lazio, che risulta al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale''.

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24 febbraio 2016 Pagina 11

La Città di Salerno (ed. Nocera) Tribunale del Malato

sant' arsenio

Niente cure per un malato su 10 Costano troppo. Spesa tra le più alte in Europa. Fino a 5 mesi per ecografie. Dossier CittadinanzattivaIl dg della Monte Pruno, Albanese, scrive al presidente Mattarella di Erminio Cioffi wSANT' ARSENIO La riforma del credito cooperativo voluta dal Governo non ha riscosso successo nel mondo cooperativo, soprattutto tra gli istituti di credito che in questi anni si sono distinti per i risultati raggiunti grazie ad una gestione virtuosa. Una di queste realtà è la Banca Monte Pruno che risulta essere a livello nazionale tra le Bcc più solide. In una nota il dg Michele Albanese rivolge un appello al Presidente Mattarella ed esprime la sua preoccupazione per il provvedimento di riforma che rischia di mortificare uno dei settori che più ha dato ossigeno all' economia italiana. «C' è grande preoccupazione all' interno del movimento del credito cooperativo ­ dice Albanese ­ con questa riforma noi avremo il ruolo di meri esecutori di decisioni adottate da chi ha il grave limite di non conoscere il territorio e le sue dinamiche. La riforma, inoltre, potrebbe indurre l' uscita dal gruppo di quelle Bcc più grandi e patrimonializzate, così da generare, già in partenza, una holding debole, a danno di tutto il sistema». Per il direttore della Monte Pruno la scelta connessa al way out a 200 milioni, «sembra sia stata tarata dal Governo per favorire alcune lobby o alcuni territori d' Italia in particolare il centro ed il nord. Non condividiamo l' obbligo di mettere a fattor comune i patrimoni delle Bcc, perché penalizza chi ha lavorato con sacrifici e criterio alla crescita della propria Banca, a favore di realtà che hanno operato con spregiudicatezza e contrariamente ai principi di sana e prudente gestione». Albanese rivolge un appello al Presidente della Repubblica, «il quale dovrà valutare concretamente la possibilità di non firmare il decreto, in quanto non è individuabile chiaramente il suo carattere dell' urgenza; in aggiunta, anche il Parlamento e qui richiamiamo la sensibilità dei Parlamentari del territorio e del Sud Italia, perché valutino seriamente l' opportunità di non convertire in legge un provvedimento che cancella un sistema che può dare ancora tantissimo all' economia italiana». ©RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA Liste d' attesa interminabili, tanto che per un' ecografia all' addome si può aspettare fino a 5 mesi, ed un "caro ticket" che pesa sempre di più sulle tasche dei cittadini. Quanto basta per costringere ben un italiano su 10 a dire addio alle cure, rinunciando ad esami e visite, con l' ulteriore paradosso che è proprio nelle Regioni dove si pagano più tasse che le prestazioni sanitarie sono meno garantite. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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24 febbraio 2016 Pagina 11 <­­ Segue

La Città di Salerno (ed. Nocera)

Tribunale del Malato Sono queste solo alcune delle storture derivate dal federalismo sanitario e denunciate da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm) nel Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità. A pesare, denuncia il Tdm, sono innanzitutto i costi: la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è, infatti, al di sopra della media Ocse (3,2% contro il 2,8%) e con forti differenze tra le regioni (dai 781,2 euro in Valle d' Aosta ai 267,9 in Sicilia). Inoltre, in generale, le Regioni in Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. Altra nota dolente per il portafoglio degli italiani sono i ticket: l' importo varia di regione in regione ed ogni anno gli italiani, a testa, pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione nelle Regioni del Nord e Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. La situazione è notevolmente peggiore proprio al Sud, dove si riscontra la maggior quota di rinunce alle cure (11,2%) rispetto al Centro (7,4%) e al Nord il (4,1%). A scoraggiare gli italiani sono però anche le lunghe attese, con una ben poco invidiabile classifica che registra picchi fino a 5 mesi per poter effettuare nel pubblico un' ecografia. Ma l' attesa non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nordest (un mese) e quelli massimi al Centro (due mesi), mentre per una prima visita cardiologica con Ecg si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nordovest al massimo di 88 giorni al Centro. Molte ombre pure sui punti nascita: su 531 attivi nel 2014, ben 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500 l' anno. Rispetto poi all' utilizzo del parto cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard del 20%, la media registrata nel 2014 è ancora pari al 35,9%. Capitolo a parte è la prevenzione: il Sud fatica e Lazio e Veneto fanno passi indietro, mentre meno della metà delle Regioni raggiunge la copertura del 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili.

MICHELE ALBANESE

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24 febbraio 2016 Pagina 11

La Città di Salerno Cittadinanzattiva

sant' arsenio

Niente cure per un malato su 10 Costano troppo. Spesa tra le più alte in Europa. Fino a 5 mesi per ecografie. Dossier CittadinanzattivaIl dg della Monte Pruno, Albanese, scrive al presidente Mattarella di Erminio Cioffi wSANT' ARSENIO La riforma del credito cooperativo voluta dal Governo non ha riscosso successo nel mondo cooperativo, soprattutto tra gli istituti di credito che in questi anni si sono distinti per i risultati raggiunti grazie ad una gestione virtuosa. Una di queste realtà è la Banca Monte Pruno che risulta essere a livello nazionale tra le Bcc più solide. In una nota il dg Michele Albanese rivolge un appello al Presidente Mattarella ed esprime la sua preoccupazione per il provvedimento di riforma che rischia di mortificare uno dei settori che più ha dato ossigeno all' economia italiana. «C' è grande preoccupazione all' interno del movimento del credito cooperativo ­ dice Albanese ­ con questa riforma noi avremo il ruolo di meri esecutori di decisioni adottate da chi ha il grave limite di non conoscere il territorio e le sue dinamiche. La riforma, inoltre, potrebbe indurre l' uscita dal gruppo di quelle Bcc più grandi e patrimonializzate, così da generare, già in partenza, una holding debole, a danno di tutto il sistema». Per il direttore della Monte Pruno la scelta connessa al way out a 200 milioni, «sembra sia stata tarata dal Governo per favorire alcune lobby o alcuni territori d' Italia in particolare il centro ed il nord. Non condividiamo l' obbligo di mettere a fattor comune i patrimoni delle Bcc, perché penalizza chi ha lavorato con sacrifici e criterio alla crescita della propria Banca, a favore di realtà che hanno operato con spregiudicatezza e contrariamente ai principi di sana e prudente gestione». Albanese rivolge un appello al Presidente della Repubblica, «il quale dovrà valutare concretamente la possibilità di non firmare il decreto, in quanto non è individuabile chiaramente il suo carattere dell' urgenza; in aggiunta, anche il Parlamento e qui richiamiamo la sensibilità dei Parlamentari del territorio e del Sud Italia, perché valutino seriamente l' opportunità di non convertire in legge un provvedimento che cancella un sistema che può dare ancora tantissimo all' economia italiana». ©RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA Liste d' attesa interminabili, tanto che per un' ecografia all' addome si può aspettare fino a 5 mesi, ed un "caro ticket" che pesa sempre di più sulle tasche dei cittadini. Quanto basta per costringere ben un italiano su 10 a dire addio alle cure, rinunciando ad esami e visite, con l' ulteriore paradosso che è proprio nelle Regioni dove si pagano più tasse che le prestazioni sanitarie sono meno garantite. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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La Città di Salerno Cittadinanzattiva

Sono queste solo alcune delle storture derivate dal federalismo sanitario e denunciate da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm) nel Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità. A pesare, denuncia il Tdm, sono innanzitutto i costi: la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è, infatti, al di sopra della media Ocse (3,2% contro il 2,8%) e con forti differenze tra le regioni (dai 781,2 euro in Valle d' Aosta ai 267,9 in Sicilia). Inoltre, in generale, le Regioni in Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. Altra nota dolente per il portafoglio degli italiani sono i ticket: l' importo varia di regione in regione ed ogni anno gli italiani, a testa, pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione nelle Regioni del Nord e Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. La situazione è notevolmente peggiore proprio al Sud, dove si riscontra la maggior quota di rinunce alle cure (11,2%) rispetto al Centro (7,4%) e al Nord il (4,1%). A scoraggiare gli italiani sono però anche le lunghe attese, con una ben poco invidiabile classifica che registra picchi fino a 5 mesi per poter effettuare nel pubblico un' ecografia. Ma l' attesa non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nordest (un mese) e quelli massimi al Centro (due mesi), mentre per una prima visita cardiologica con Ecg si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nordovest al massimo di 88 giorni al Centro. Molte ombre pure sui punti nascita: su 531 attivi nel 2014, ben 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500 l' anno. Rispetto poi all' utilizzo del parto cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard del 20%, la media registrata nel 2014 è ancora pari al 35,9%. Capitolo a parte è la prevenzione: il Sud fatica e Lazio e Veneto fanno passi indietro, mentre meno della metà delle Regioni raggiunge la copertura del 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili.

MICHELE ALBANESE

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23 febbraio 2016

Adnkronos Cittadinanzattiva

Ssn spaccato dal federalismo: un italiano su 10 rinuncia a curarsi Il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa ; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il cancro e l' epatite C. E' quanto emerge dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva , presentato oggi a Roma. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze", sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva . La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. In generale le Regioni alle prese con il Piano di rientro , e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si sottolinea. Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanità pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di più sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema delle liste troppo lunghe nel servizio pubblico. Anche sui ticket ­ evidenzia il Tdm ­ sono notevoli le differenze regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si pagano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati al Sud (per la metà delle prestazioni). Nel 2014 si sono registrati un +4,5% dei ticket sui Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Adnkronos Cittadinanzattiva

farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno gli italiani pagano, in media, oltre 50 euro a testa come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Il federalismo mette a rischio anche la sicurezza. Sui punti nascita , per esempio, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento 'Verifica ed Adempimento Lea', 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Il Sud arranca anche sulla prevenzione . Su 16 Regioni monitorate dal ministero della Salute nel 2013 su questo fronte, la metà risulta in linea con le indicazioni del ministero: Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma rispetto al passato peggiorano Basilicata, Liguria e Veneto. E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), fanno ulteriori passi indietro Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta raggiungono il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Nel 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati (seno, colon retto, cervice uterina): meno della metà si è sottoposto agli esami e l' adesione rimane critica al Sud. Infine, le regioni meridionali 'vantano' una minore attenzione al trattamento del dolore .

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23 febbraio 2016

La Salute In Pillole Cittadinanzattiva

Sanità: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi diventa fan Roma, 23 feb. (AdnKronos Salute) 12:48 Il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il cancro e l' epatite C. E' quanto emerge dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze", sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. In generale le Regioni alle prese con il Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si sottolinea. Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanità pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di più sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema delle liste troppo lunghe nel servizio pubblico. Anche sui ticket ­ evidenzia il Tdm ­ sono notevoli le differenze regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si pagano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati al Sud (per la metà delle Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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La Salute In Pillole Cittadinanzattiva

prestazioni). Nel 2014 si sono registrati un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno gli italiani pagano, in media, oltre 50 euro a testa come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Il federalismo mette a rischio anche la sicurezza. Sui punti nascita, per esempio, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento 'Verifica ed Adempimento Lea', 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Il Sud arranca anche sulla prevenzione. Su 16 Regioni monitorate dal ministero della Salute nel 2013 su questo fronte, la metà risulta in linea con le indicazioni del ministero: Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma rispetto al passato peggiorano Basilicata, Liguria e Veneto. E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), fanno ulteriori passi indietro Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta raggiungono il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Nel 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati (seno, colon retto, cervice uterina): meno della metà si è sottoposto agli esami e l' adesione rimane critica al Sud. Infine, le regioni meridionali 'vantano' una minore attenzione al trattamento del dolore.

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23 febbraio 2016

iltempo.com Cittadinanzattiva

Sanità: federalismo 'spacca' l' Italia, uno su 10 rinuncia a curarsi Roma, 23 feb. (AdnKronos Salute) ­ Il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il cancro e l' epatite C. E' quanto emerge dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma.E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze", sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. In generale le Regioni alle prese con il Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si sottolinea. Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanità pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26 mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di più sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema delle liste troppo lunghe nel servizio pubblico. Anche sui ticket ­ evidenzia il Tdm ­ sono notevoli le differenze regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si pagano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati al Sud (per la metà delle Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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prestazioni). Nel 2014 si sono registrati un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno gli italiani pagano, in media, oltre 50 euro a testa come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Il federalismo mette a rischio anche la sicurezza. Sui punti nascita, per esempio, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento 'Verifica ed Adempimento Lea', 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Il Sud arranca anche sulla prevenzione. Su 16 Regioni monitorate dal ministero della Salute nel 2013 su questo fronte, la metà risulta in linea con le indicazioni del ministero: Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma rispetto al passato peggiorano Basilicata, Liguria e Veneto. E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), fanno ulteriori passi indietro Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta raggiungono il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Nel 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati (seno, colon retto, cervice uterina): meno della metà si è sottoposto agli esami e l' adesione rimane critica al Sud. Infine, le regioni meridionali 'vantano' una minore attenzione al trattamento del dolore.

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23 febbraio 2016

Corriere Della Calabria Cittadinanzattiva

Un calabrese su dieci rinuncia a curarsi Cittadinanza attiva boccia le politiche sanitarie al tempo del federalismo. Gli incubi si chiamano ticket e liste d' attesa ROMA Il federalismo non fa bene alla salute dell' Italia, che si conferma divisa nell' accesso alle cure. Quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il cancro e l' epatite C. È quanto emerge dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma. Dati che si riverberano anche sulle condizione calabrese. Al Sud più di un cittadino su dieci si "arrende"; un fenomeno ben conosciuto anche alle nostre latitudini. «È ora di passare dai Piani di rientro dal debito ai Piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze», sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse, 3,2% a fronte del 2,8%. In generale le Regioni alle prese con il Piano di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si sottolinea. GLI INCUBI: TICKET E LISTE D' ATTESA Liste di attesa e ticket si confermano i principali ostacoli per curarsi con la sanità pubblica. Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tdm nel 2015, segnala difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). A lamentarsi di più sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Trento, Bolzano e Veneto. Va ancora peggio a quel 7,2% dei residenti costretto proprio a rinunciare a curarsi: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, a cui seguono le liste d' attesa. Questo accade soprattutto al Sud (l' 11,2% dei residenti rispetto al 7,4% del Centro e al 4,1% del Nord). Su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. POSTI LETTO In un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta valori più elevati: è il caso del Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle D' Aosta (3,7) Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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23 febbraio 2016 <­­ Segue

Corriere Della Calabria Cittadinanzattiva

Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania ­ Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro ­ mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9. Il Regolamento sugli Standard ospedalieri inoltre riduce la media dei giorni di degenza per le acuzie a 7 giorni. Risultano in linea con tali standard, Piemonte (6,82), Toscana (6,87), Valle D' Aosta e Marche (6,99). Il Veneto mantiene una media più alta (8,26), seguono Liguria (7,63) e Friuli Venezia Giulia (7,58). Le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi: Puglia (6,22), Campania (5,65) e per ultima la Calabria con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti. Anche rispetto all' assistenza territoriale ed in particolare alle cure primarie, le regioni in Piano di Rientro, e nello specifico alcune regioni del Sud, non offrono risposte soddisfacenti ai bisogni della popolazione. A titolo di esempio, sulle 16 Regioni prese in esame dal Ministero nel 2013, 7 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia) risultano "adempienti con impegno per l' erogazione dell' assistenza domiciliare Ci sono ancora sei Regioni che nel Piano sanitario non prevedono l' integrazione socio­sanitaria: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e PA Bolzano. SICUREZZA A RISCHIO Il federalismo mette a rischio anche la sicurezza. Sui punti nascita, per esempio, gli standard ministeriali sono rispettati a macchia di leopardo. Su 531 centri attivi nel 2014, 98 effettuano ancora meno di 500 parti l' anno, la soglia minima di sicurezza. Su 16 Regioni prese in esame dal documento "Verifica ed Adempimento Lea", 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti solo con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report sulla presenza di punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Il Sud arranca anche sulla prevenzione. Su 16 Regioni monitorate dal ministero della Salute nel 2013 su questo fronte, la metà risulta in linea con le indicazioni del ministero: Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma rispetto al passato peggiorano Basilicata, Liguria e Veneto. E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), fanno ulteriori passi indietro Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta raggiungono il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Nel 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati (seno, colon retto, cervice uterina): meno della metà si è sottoposto agli esami e l' adesione rimane critica al Sud. Infine, le regioni meridionali "vantano" una minore attenzione al trattamento del dolore.

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Libero Cittadinanzattiva

Inchiesta / I tagli del governo hanno di fatto azzerato la sanità pubblica

Ecco quando conviene curarsi con il privato DINO BONDAVALLI Addossare tutta la responsabilità alle politiche del governo Renzi sarebbe forse eccessivo. Ma la riduzione di 4 miliardi di euro delle risorse destinate al Fondo sanitario nazionale, che per il 2016 si è fermato a quota 111 miliardi di euro a dispetto dell' impegno che era stato preso con il Patto per la salute, e i ripetuti tagli alle Regioni, che si sono tradotti in un inevitabile aumento dei ticket per le prestazioni sanitarie, stanno di certo contribuendo a spingere sempre più italiani a preferire il sistema sanitario privato a quello pubblico. La riduzione della spesa sanitaria a carico delle casse dello Stato, diminuita del 2,2% tra il 2010 e il 2014, e il concomitante incremento di quella a carico dei cittadini, arrivata a quota 33 miliardi di euro (pari al 22,7% del totale) hanno infatti favorito un progressivo avvicinamento tra le tariffe delle prestazioni erogate nelle strutture pubbliche e quelle garantite nei centri privati. I VANTAGGI DEL PRIVATO Dai dati elaborati per l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità firmato dal Tribunale per i diritti del malato ­ Cittadinanzattiva, che verrà presentato ufficialmente oggi a Roma e che Libero ha avuto in anteprima, emerge infatti un progressivo allineamento tra i costi dei due sistemi. Per un emocromo, ad esempio, il risparmio medio nel pubblico è di appena 3 euro, anche se può capitare di trovare tariffe più convenienti nel privato. Per una colesterolemia la differenza tra ticket e prestazione privata è di circa 2 euro. «Dopo gli aumenti degli ultimi anni, il ticket è oggi il grande fattore di squilibrio del sistema sanitario nazionale», spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato ­ Cittadinanzattiva. «Oramai ha raggiunto livelli difficilmente sostenibili, al punto che talvolta supera il costo del servizio privato. È il caso, ad esempio, di prestazioni come le analisi di laboratorio, da quelle del sangue a quelle delle urine, che in questo modo sono state di fatto tirate vie dai servizi essenziali di assistenza». La conseguenza è semplice. Come ha sottolineato il Censis nel suo ultimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese «considerato il trade off tra costo e tempi di attesa, con la capacità del privato di offrire prestazioni a prezzi sostenibili e la lunghezza delle liste di attesa nel pubblico, la scelta dei cittadini è spesso di pagare per intero di tasca propria le prestazioni». D' altra parte, anche dal punto di vista strettamente economico può convenire spendere subito qualche euro in più per avere un quadro completo della situazione, piuttosto che restare mesi in attesa di un esame sopportando un disturbo che nel frattempo può peggiorare. L' ABBANDONO DEL PUBBLICO Un' evoluzione della situazione che non è però piaciuta agli italiani, Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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Libero Cittadinanzattiva

per i quali «il servizio sanitario pubblico aveva tradizionalmente rappresentato una conquista irrinunciabile», prosegue Aceti. «Adesso, invece, stiamo registrando degli eventi sentinella che captiamo tramite il rapporto con il cittadino dai quali emerge che un servizio che dovrebbe farsi carico dei bisogni dei cittadini sempre più spesso li rifiuta ponendo difficoltà di accesso generalizzate: al Cup, allo sportello dell' ufficio relazioni col pubblico, al momento della prenotazione di una visita o un ricovero, o quando si ha bisogno di un farmaco». Nessuna sorpresa, quindi, che nel corso degli ultimi anni ci sia stato un progressivo allontanamento dal servizio pubblico. Sempre stando al Rapporto del Censis, «il 42,7% degli italiani ritiene che il servizio sanitario regionale sia peggiorato negli ultimi due anni», mentre «il 55,5% considera inadeguato il servizio sanitario nella propria regione», con punte dell' 82,8% nelle regioni del Sud e del 61,4% in quelle del Centro. COSTO SOMMERSO D' altra parte, per avere un' idea delle differenze tra i due sistemi bastano pochi semplici dati. Se chi si rivolge al pubblico deve sopportare un' attesa media di 65 giorni per una risonanza magnetica, a chi sceglie il privato bastano 5 giorni. E ancora più improbo è il confronto sui tempi per una colonscopia: 79 giorni nel pubblico contro 8 nel privato. Un vero e proprio «costo sommerso che come un macigno condiziona le scelte dei cittadini e rende il ricorso al privato conveniente o, comunque, praticabile per tante situazioni che solo un anno fa non sarebbero state possibili», sottolinea il Censis. E a contribuire a questo «spostamento» è anche il fatto che le prestazioni intramoenia che i medici erogano in libera professione nelle strutture pubbliche siano spesso più costose di quelle nella sanità privata. Una visita cardiologica con elettrocardiogramma, ad esempio, costa in media 41,7 euro di ticket nella sanità pubblica, dove l' attesa può però superare gli 8 mesi, 113,5 euro in regime intramoenia e 108 euro nella sanità privata. Una prima visita oculistica costa in media 42,5 euro nel pubblico, dove i tempi di attesa arrivano anche oltre i 9 mesi, 105,1 euro in intramoenia e 102,4 in un centro privato. LA PROTESTA DEI MEDICI «Il sospetto che abbiamo noi medici è che ci sia un trasferimento strisciante di oneri dallo Stato ai cittadini, e lo sciopero di 48 ore che tutte le sigle sindacati, nessuna esclusa, hanno proclamato per il 17 e 18 marzo serve anche per chiedere al governo di scoprire le sue carte», commenta Costantino Troise, segretario dell' Anaao­Assomed (associazione medici dirigenti). «Negli ultimi anni negli ospedali abbiamo subito un taglio di posti letto che spiega perché i pronto soccorsi sono diventati una forma moderna di lazzaretto. Così accade che a Roma si usano i materassi per terra per i pazienti in attesa, mentre a Isernia in attesa del posto letto si fa pure in tempo a morire». Tra l' altro le prospettive per il futuro lasciano poco spazio all' ottimismo. «Per il 2017 sono previsti tagli per 8 miliardi alle Regioni, e visto che il 70­80% dei loro bilanci è legato proprio alla sanità è chiaro che ci saranno ulteriori ripercussioni in questo ambito», prevede Massimo Cozza, segretario nazionale Fp­ Cgil medici. «I dati della Ragioneria generale dello Stato ci dicono che tra il 2010 e il 2014 abbiamo "perso" 30mila operatori nella sanità, di cui 5mila medici, per blocco del turnover e mancanza di risorse. Una dinamica che spiega anche perché ci sia un allungamento delle liste di attesa e perché anche le nuove regole sugli orari e i turni di lavoro fatichino a essere recepite». riproduzione riservataInchiesta / I tagli del governo hanno di fatto azzerato la sanità pubblica Ecco quando conviene curarsi con il privato.

DINO BONDAVALLI

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Quotidiano di Sicilia Cittadinanzattiva

Caos sulla procreazione assistita: ogni Regione fa come gli pare

Al Sud un cittadino su 10 rinuncia alle cure del Ssn Tribunale dei diritti del malato: liste d' attesa troppo lunghe PALERMO ­ Diritto alla salute? Aspetta e spera. Perché per tanti meridionali attendere le estenuanti liste d' attesa del Servizio sanitario nazionale sta diventando impossibile (oltre che costoso). Più di un cittadino su dieci è costretto a rinunciare alle cure del servizio pubblico. I numeri del Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato dal Cittadinanzattiva ­ Tribunale per i diritti del malato, sono sconfortanti, per usare un eufemismo. Al Tdm si sono rivolti oltre 26 mila cittadini, lamentando difficoltà nell' accesso alle prestazioni sanitarie per le liste di attesa (oltre il 58%) e per il ticket (31%). La Repubblica, che dovrebbe tutelare, ai sensi dell' art. 32 Cost., "la salute come fondamentale diritto dell' individuo", non solo non se ne preoccupa ma continua a fornire trattamenti molto diversi alle sue latitudini. Nel Mezzogiorno, come scri vevamo in apertura, si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%. E sempre nella Repubblica, "una e indivisibile", l' attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord ­Ovest al massimo di 88 al Centro. Se poi avete bisogno di fare riabilitazione motoria a Napoli o a Palermo, passano in media 69 giorni contro i 13 giorni del NordEst. E pazienza se non potete andare manco a fare la spesa. L' alternativa per i meridionali è pagare fior di quattrini a uno specialista ed è proprio quello che succede: secondo il Tribunale per i diritti del malato è al Sud che i cittadini ricorrono più frequentemente al privato così da aggirare i tempi biblici del pubblico. "È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei livelli essenziali di assistenza, cruciali ­ afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanza ttiva ­ per la salute dei cittadini e la riduzione delle disegua glianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi". Come dire, insomma, cornuti e bastonati. E intanto il sistema sanitario appaltato alle Regioni continua a partorire, è proprio il caso di dirlo, mostri: Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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24 febbraio 2016 Pagina 23 <­­ Segue

Quotidiano di Sicilia Cittadinanzattiva

l' ultimo è il caos che si è creato per accedere alla Procreazione medicalmente assistita, dove ognuno sta facendo un po' come gli pare. Una a caso è la Sicilia, dove evidenzia il Rapporto "non si attuano le delibere predisposte da anni". Ci sono inoltre diversi centri Pma che risultano ancora non autorizzati pur operando, come nel Lazio ("al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale"). Anche per i limiti di età ognuno si è sentito in dovere di dire la sua: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto la Procrezione medicalmente assististita è consentita fino ai 50 anni; in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni.

ANTONIO LEO

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24 febbraio 2016 Pagina 5

La Repubblica (ed. Bari) Cittadinanzattiva

L' IN CO N TRO

Piano tagli sott' accusa: "Va digerito" Emiliano affronta i suoi assessori. Ma oggi vede i sindacati e domani i sindaci penalizzati ANTONELLO CASSANO NON piace a nessuno ma non può essere modificato più di tanto. Il piano di riordino riesce a scontentare anche molti consiglieri del centrosinistra. Il presidente Michele Emiliano si presenta in riunione di maggioranza pronto ad ascoltare le osservazioni al piano che prevede le chiusure di «orientativamente», come fa sapere il governatore, 9 ospedali in tutta la Puglia. All' incontro in presidenza prendono parte tutti gli assessori regionali, mentre il direttore dell' area Salute, Giovanni Gorgoni, partecipa in videoconferenza da Roma. Tre ore di dibattito serrato in cui emergono tutte le resistenze della maggioranza al piano dei tagli. Donato Pentassuglia, ex assessore alla Sanità, alza i toni della discussione, chiedendo maggiore attenzione per il suo territorio, da Martina Franca fino a Taranto città. Ma non sono solo i tarantini a protestare. Le lamentele maggiori provengono anche dai consiglieri foggiani e leccesi, tutti convinti che i loro territori siano i più vessati. Al termine dell' incontro, Emiliano si dice soddisfatto: «Il piano è tosto, ma la maggioranza dovrà farsi carico di scelte impopolari ». Emiliano si dice pronto a raccogliere le proposte che verranno dai territori: «Se dalle assemblee dei sindaci dovessero arrivare proposte alternative e condivise, siamo pronti a considerarle. Lo scopo della chiusura degli ospedali non è quello di risparmiare soldi. Stiamo chiudendo ospedali pericolosi, con poco personale e statistiche basse». La discussione sul piano di riordino proseguirà oggi al Policlinico di Bari, dove il governatore incontrerà tutte le sigle sindacali. Domani, invece, sarà la volta dei sindaci dei Comuni colpiti dai tagli. La delibera sul piano sarà pronta entro lunedì. Intanto le performance della sanità regionale precipitano. È quanto dimostra l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, rapporto presentato da Cittadinanzattiva. Dal peggioramento nelle vaccinazioni infantili all' eccesso di parti cesarei fino alle lunghe liste d' attesa, la Puglia è agli ultimi posti. I pugliesi sono, insieme ai campani, i cittadini che ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel sistema pubblico. La regione risulta inadempiente sul percorso nascita e viene bocciata anche in tema di procreazione medicalmente assistita: «La Puglia ­ è scritto nel report ­ ha bloccato la mobilità dei pazienti verso altre Regioni. Il risultato è che le coppie sono costrette a rivolgersi al privato o pagare l' intera tariffa se effettuano prestazioni in altre Regioni». Sempre in tema sanitario, ieri la giunta regionale ha definito la tariffa per le prestazioni in regime di ricovero e day service della tecnologia "Cyber knife", tecnica non invasiva per la rimozione di lesioni Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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La Repubblica (ed. Bari) Cittadinanzattiva

neoplastiche. Inoltre la giunta ha autorizzato l' avvio delle procedure di selezione per l' incarico di direttore generale dell' Arpa. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

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23 febbraio 2016

Ansa Cittadinanzattiva

>ANSA­FOCUS/ La 'giungla' dei ticket sanitari dal Nord al Sud Da regione a regione cambia la spesa per i cittadini (ANSA) ­ ROMA, 23 FEB ­ La geografia dei ticket sanitari in Italia, ovvero la compartecipazione dei cittadini alla spesa per farmaci e visite, rappresenta una vera e propria 'giungla', con notevoli differenze tra le varie regioni. A scattarne l' istantanea è il Rapporto 2015 dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva­Tribunale per i diritti del malato (Tdm). Tante infatti, denuncia il Tdm, le difformità regionali: considerando ad esempio 16 prestazioni, i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). Inoltre, il livello di compartecipazione dei cittadini ai ticket fra 2013 e 2014 è diminuito solo nella Provincia autonoma di Trento (­5,6%), in Sicilia (­2,2%), Piemonte (­2%) e Liguria (0,8%). In Valle d' Aosta si registra invece un +11,9%. L' importo del ticket varia poi di regione in regione sia sulla farmaceutica sia sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014, però, si è registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci e un ­2,2% sulla specialistica. Conti alla mano, rileva il Tdm, ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro ­ ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento ­ con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Ulteriore 'giungla' è rappresentata dalle esenzioni: in alcune Regioni sono esenti tutti i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà (come Lombardia, Emilia Romagna e Toscana); in altre Regioni sono esenti dalla partecipazione al costo i figli a carico dal terzo in poi (PA Trento); in altre ancora sono esenti gli infortunati sul lavoro per il periodo dell' infortunio o affetti da malattie professionali (come Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata), i danneggiati da vaccinazione obbligatoria, trasfusioni, somministrazione di emoderivati, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e familiari, i residenti in zone terremotate. Quanto alla farmaceutica, nelle regioni settentrionali il ticket sui farmaci va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 euro. Emilia Romagna, Toscana ed Umbria sono le uniche tre regioni che prevedono ticket sulla farmaceutica diversi a seconda delle fasce di reddito, da 0 per le fasce più basse ad 8 euro per le fasce più alte. (ANSA). Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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TeleBorsa Cittadinanzattiva

EconomiaSalute e benessere

Ticket e liste di attesa interminabili, 1 cittadino su 10 rinuncia alle cure (Teleborsa) ­ L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure: quasi un cittadino su dieci, infatti, è escluso a causa di liste di attesa interminabili e caro ticket.A denunciarlo è l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità presentato da Cittadinanzattiva , un federalismo che secondo l' associazione "non risponde ai bisogni di salute dei cittadini" e che li "divide a seconda del territorio di residenza".Secondo il rapporto, quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a "macchia di leopardo", con un " Sud che arranca " e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato ; altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l' epatite C. E, nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più , per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, " i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove ".La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media OCSE (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 euro in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento (2.315,27) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (1.776,85). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati : l' addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (470 euro per contribuente) seguita dalla Campania (440). Nelle stesse regioni, l' aliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). Un cittadino su quattro , fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti : il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa.

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Borsa Italiana Cittadinanzattiva

Ticket e liste di attesa interminabili, un cittadino su 10 rinuncia alle cure (Teleborsa) ­ L' Italia ? sempre pi? divisa nell' accesso alle cure: quasi un cittadino su dieci, infatti, ? escluso a causa di liste di attesa interminabili e caro ticket. A denunciarlo ? l' Osservatorio civico sul federalismo in sanit? presentato da Cittadinanzattiva , un federalismo che secondo l' associazione "non risponde ai bisogni di salute dei cittadini" e che li "divide a seconda del territorio di residenza". Secondo il rapporto, quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a "macchia di leopardo", con un " Sud che arranca " e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato ; altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l' epatite C. E, nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di pi? , per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, " i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove ". La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia ? al di sopra della media OCSE (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 euro in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento (2.315,27) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (1.776,85). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione pi? elevati : l' addizionale regionale Irpef media pi? alta ? stata registrata nel Lazio (470 euro per contribuente) seguita dalla Campania (440). Nelle stesse regioni, l' aliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). Un cittadino su quattro , fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficolt? di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti : il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa.

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TeleBorsa Cittadinanzattiva

EconomiaSalute e benessere

Ticket e liste di attesa interminabili, un cittadino su 10 rinuncia alle cure (Teleborsa) ­ L' Italia è sempre più divisa nell' accesso alle cure: quasi un cittadino su dieci, infatti, è escluso a causa di liste di attesa interminabili e caro ticket.A denunciarlo è l' Osservatorio civico sul federalismo in sanità presentato da Cittadinanzattiva , un federalismo che secondo l' associazione "non risponde ai bisogni di salute dei cittadini" e che li "divide a seconda del territorio di residenza".Secondo il rapporto, quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a "macchia di leopardo", con un " Sud che arranca " e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato ; altrettanto diversificato di regione in regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l' epatite C. E, nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più , per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, " i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove ".La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media OCSE (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 euro in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento (2.315,27) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (1.776,85). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati : l' addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (470 euro per contribuente) seguita dalla Campania (440). Nelle stesse regioni, l' aliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). Un cittadino su quattro , fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti : il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa.

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Economia e finanza: gli avvenimenti di MARTEDI' 23 febbraio ­4­ ECONOMIA ­ Roma: incontro Fpa 'Smart Health. L' innovazione digitale al servizio della salute'. Ore 9,00. Partecipa, tra gli altri, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Presso Maxxi, via Guido Reni, 4 ­ Roma: forum 'Attiviamo Lavoro ­ Le potenzialita' del lavoro in somministrazione per il settore dell' agricoltura', organizzato da The European House ­ Ambrosetti per conto di Assosomm, Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro. Ore 9,15. Partecipano, fra gli altri, Roberto Formigoni, presidente Commissione Agricoltura e Produzione Agricola del Senato; Mario Guidi, presidente Confagricoltura; Stefano Mantegazza segretario generale UILA; Maurizio Sacconi, presidente Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato; Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole; Vito De Filippo, sottosegretario alla Salute; Susanna Camusso, segretario generale Cgil. Palazzo Chigi ­ Roma: presentazione dell' edizione 2015 del Rapporto curato da Cittadinanzattiva­ Tribunale per i diritto del malato. Ore 9,30. Presso Sala Capranichetta, Piazza Montecitorio, 125 ­ Roma: assemblea Anva Confesercenti 'Riprendiamoci il mercato: basta degrado, basta abusivi'. Ore 10,00. Partecipano, tra gli altri, Massimo Vivoli, presidente Confesercenti; Filippo Bubbico, viceministro dell' Interno; Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla Giustizia e Sandro Gozi, sottosegretario alle politiche e agli affari europei. Tempio di Adriano, Piazza di Pietra ­ Roma: conferenza stampa del gruppo parlamentare 'Democrazia Solidale­Centro Democratico' su 'Carta Famiglia'. Ore 11,30. Partecipa tra gli altri, Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Enrico Costa, ministro degli Affari Esteri con delega alla famiglia. Sala stampa Camera, via della Missione, 4 ­ Roma: presentazione della Partnership Coni­Dhl. Ore 11,30. Palazzo H, Largo Lauro de Bosis, 15 ­ Roma: il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio visita la nuova piastra servizi di Roma Termini. Ore 15,00. Partecipano, tra gli altri, Paolo Gallo, a.d. Grandi Stazioni; Maurizio Gentile, a.d. Rete Ferroviaria Italiana. Stazione Roma Termini ­ Melfi (Pz): Convegno 'PIS ­ Piano Industriale per il Sud. Reti di idee per la ripartenza', organizzato da Confindustria Basilicata e da Piccola Industria Confindustria Basilicata. Ore 9,30. Partecipano, tra gli altri, Vincenzo Boccia, presidente Comitato tecnico Credito e Finanza di Confindustria; Andrea Bolla, presidente Comitato tecnico per il fisco di Confindustria. Hotel Federico II, Area Industriale. ­ Bruxelles: il presidente della commissione, Jean­Claude Juncker, al parlamento europeo su conclusioni Vertice Ue. Red­ (RADIOCOR) 23­02­16 08:09:35 (0065)PA 5 Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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IL RAPPORTO

Nelle regioni dove si pagano più tasse assistenza sanitaria meno garantita Quasi un italiano su dieci rinuncia a curarsi a causa di liste di attesa e ticket troppo alti. Le distorsioni del federalismo in sanità denunciate dal Tribunale per i Diritti del Malato Quasi un italiano su dieci rinuncia a curarsi a causa di liste di attesa e ticket troppo alti, accesso alle cure non uguale per tutti e, nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, i Livelli essenziali di assistenza sono meno garantiti che altrove. L' ennesima denuncia degli squilibri di un federalismo che discrimina i cittadini a seconda del territorio di residenza arriva dal quarto Rapporto dell' Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva , presentato a Roma. «Si fa troppa attenzione a far quadrare i bilanci in sanità, soprattutto in Regioni con Piani di rientro, a scapito di prestazioni sanitarie e servizi sempre più ridotti ­ denuncia Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ­. In Campania, per esempio, stanno mettendo a posto i conti ma sono ormai quasi inesistenti i servizi di assistenza domiciliare integrata».Il Rapporto rileva che nelle Regioni dove più alta è la spesa pubblica pro capite c' è un maggior rispetto dei Livelli essenziali di assistenza, mentre in generale le Regioni in Piani di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica e di una elevata tassazione, danno meno servizi ai cittadini. In particolare, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, va dai valori massimi nelle Province autonome di Trento e Bolzano e in Valle d' Aosta, con circa 2.300 euro spesi pro capite, ai valori minimi registrati in Campania con circa 1.700 euro a testa. Nelle Regioni in piano di rientro, però, si registrano livelli di tassazione più elevati: l' addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (470 euro per contribuente) e in Campania (440 euro). In queste due Regioni l' aliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Province autonome di Trento e Bolzano e Veneto, a lamentare attese troppo lunghe per visite ed esami. Secondo una recente indagine del Censis, circa 2,7 milioni di persone hanno rinunciato alle cure per motivi economici. I costi più alti per le prestazioni specialistiche private si Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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pagano al Sud.Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni, i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord­Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). L' importo del ticket varia di regione in regione sia sulla farmaceutica che sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali. Ogni anno i cittadini pagano a testa in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, e in media 42 euro al Sud. In alcune Regioni sono esenti tutti i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà; in altre Regioni sono esenti dalla partecipazione al costo i figli a carico dal terzo in poi.Il Regolamento sugli standard ospedalieri riduce la media dei giorni di degenza per gli episodi acuti a 7 giorni. Risultano in linea con tali standard, Piemonte, Toscana, Valle D' Aosta e Marche. Il Veneto mantiene una media più alta (8,26), seguono Liguria e Friuli Venezia Giulia. Le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi, la Calabria è in ultima posizione con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti. Anche rispetto all' assistenza territoriale e in particolare alle cure primarie, le regioni in Piano di Rientro, e nello specifico alcune regioni del Sud, non offrono risposte soddisfacenti ai bisogni della popolazione. Su sedici Regioni prese in esame nel 2013 dal documento "Verifica ed Adempimento Lea" del Ministero della Salute, sette (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia) risultano «adempienti con impegno per l' erogazione dell' assistenza domiciliare integrata». Ci sono ancora sei Regioni che non hanno previsto l' integrazione socio­sanitaria nel loro Piano sanitario regionale: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e Provincia autonoma di Bolzano.Su 531 punti nascita attivi nel 2014, 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500 l' anno. Su 16 Regioni prese in esame dal 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report relativo alla presenza dei punti nascita con meno di 500 parti l' anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, la Puglia e la Lombardia 9. Rispetto ai parti cesarei, le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard del 20%. A livello nazionale nel 2014 la media è intorno al 35,9% di parti effettuati con cesareo, con il record in Campania (62,3%). Ancora: rispetto alla distribuzione delle Terapie intensive neonatali, i dati del 2012 indicano che gli standard fissati di una per almeno 5 mila nati vivi non sono rispettati. La media nazionale è infatti di una Terapia intensiva neonatale ogni 3.880 nati vivi l' anno; solo 4 Regioni (Province autonome di Bolzano e di Trento, Marche e Sardegna) ne hanno per più di 5mila nati vivi.La prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e Regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. Su 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute nel 2013 sul fronte prevenzione, la metà risulta in linea con le indicazioni date dal Ministero rispetto ai Lea: si tratta di Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma di queste, tre fanno passi indietro rispetto al 2012 (Basilicata, Liguria e Veneto). E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), quattro fanno ulteriori passi indietro (Puglia, Sicilia, Calabria e Campania).Altrettanto diversificato di Regione in Regione l' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto quelli per la cura di tumori ed epatite C. Emblematico il caso dei nuovi farmaci per la cura dell' epatite C: il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini. Differenze anche sui criteri per l' accesso ai farmaci per i non residenti: Marche, Piemonte (eccetto i trapianti di fegato), Lazio e Basilicata prevedono, nelle loro delibere, l' erogazione per i soli residenti; 11 Regioni invece non hanno deliberato nulla in proposito.I due terzi dei centri sono concentrati in 5 Regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Province di Trento e Bolzano hanno inserito la PMA nei lea regionali (le prime tre regioni sia l' omologa che eterologa, le due province Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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autonome solo l' omologa). La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno alcuna certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l' offerta in alcune a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l' offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise. Dall' indagine di Cittadinanzattiva "In­dolore" sul trattamento e attenzione al dolore negli ospedali, svolta nel 2014 ha coinvolto 214 reparti e 46 ospedali di 15 Regioni, emerge che negli ospedali si soffre di più man mano che si procede verso Sud. Soltanto il 24,9% dei degenti intervistati dichiara di essere stato informato sui propri diritti in merito al dolore con differenze territoriali significative tra Nord e Sud. Critico il trattamento del dolore nell' anziano: mancano protocolli specifici nel 76% dei reparti monitorati.«È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza cruciali per la salute dei cittadini ­ conclude Aceti ­. Alcune Regioni, ancora troppo poche, hanno saputo interpretare il federalismo sanitario come strumento per rispondere alle esigenze dei cittadini ­ sottolinea Aceti ­. La sfida per il futuro del federalismo sanitario e del Servizio sanitario nazionale è portare le Regioni più critiche ai livelli di quelle più virtuose per migliorare i servizi ai cittadini. È indispensabile restituire centralità ai Lea, ma il loro rispetto non può essere solo formale e va migliorato il monitoraggio con indicatori appropriati: per esempio, nelle Marche, Regione nella rosa di quelle prese a modello di riferimento (cosiddette benchmark), si registra però un alto tasso di rinuncia alle cure».

MARIA GIOVANNA FAIELLA

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Aziende e regioni

Accesso alle cure, Italia divisa. Quasi un cittadino su 10 rinuncia per povertà e liste di attesa Si accentua la divaricazione economica e sociale nelle prestazioni sanitarie in Italia, con un Sud che arranca e un Centro Nord che nel complesso tiene e regioni importanti come Lazio e Veneto in arretramento. Sono i tratti fondamentali che emergono dall' Osservatorio civico sul federalismo in sanità reso noto da Cittadinanzattiva. Un rapporto molto articolato e ricco di dati interessanti . Molti gli aspetti su cui soffermarsi: nel complesso, la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse (3,2% a fronte di una media Ocse di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella Provincia autonoma di Trento (2.315,27 euro) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania ( 1.776,85)Tra gli aspetti più significativi, c' è il fatto che quasi un italiano su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa. In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche Sicilia e Province autonome di Trento e Bolzano a lamentarsi di queste difficoltà. Pochi soldi, ticket e liste di attesa scoraggiano il 7,2% dei residenti. Il 5,1%, pari a 2,7 milioni di persone rinuncia per fattori economici. Anche sui ticket ci sono differenza tra regione e regione: su 16 prestazioni uguali, i ticket sono più bassi nel Nord Est e sono più elevati al Sud . Differenze anche per le : in alcune regioni interessano i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà (in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana). In altre invece sono esenti i figli a carico dal terzo in poi (PA Trento). In altre sono esenti gli infortunati sul lavoro per il periodo di infortunio o con malattie professionali (Liguria, FVG, ER, Toscana, Marche, Umbria e Basilicata). Nelle regioni settentrionali il ticket sulla farmaceutica va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 euro In Emilia Romagna, Toscana ed Umbria sono le uniche tre regioni che prevedono ticket sulla farmaceutica diversi a seconda delle fasce di reddito, da 0 per le fasce più basse ad 8 per le fasce più alte.Importanti anche i dati di Cittadinanzattiva sulla . Come detto prima, l' Osservatorio rileva come il Sud sia in affanno con le indicazioni del ministero della Salute rispetto ai Lea . Non solo, ma fra le otto regioni inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e Sicilia), quattro sono in ulteriore arretramento (Puglia ­15%, Sicilia ­7,5%, Veneto­10%). Nel complesso, su 16 regioni monitorate nel Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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2013 dal ministero della Sanità, la metà risulta in linea sui Lea. In un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta valori più elevati: è il caso del Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle D' Aosta (3,7) Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania ­ Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro ­ mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9. Il Regolamento sugli Standard ospedalieri inoltre riduce la media dei giorni di degenza per le acuzie a 7 giorni. Risultano in linea con tali standard, Piemonte (6,82), Toscana (6,87), Valle D' Aosta e Marche (6,99). Il Veneto mantiene una media più alta (8,26), seguono Liguria (7,63) e Friuli Venezia Giulia (7,58). Le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi: Puglia (6,22), Campania (5,65) e per ultima la Calabria con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti.Anche rispetto all' assistenza territoriale ed in particolare alle cure primarie, le regioni in Piano di Rientro, e nello specifico alcune regioni del Sud, non offrono risposte soddisfacenti ai bisogni della popolazione. A titolo di esempio, sulle 16 Regioni prese in esame dal Ministero nel 2013, 7 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia) risultano "adempienti con impegno per l' erogazione dell' assistenza domiciliareCi sono ancora sei Regioni che nel Piano sanitario non prevedono l' integrazione socio­ sanitaria: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e PA Bolzano. I tempi per l' inserimento nei Prontuari regionali dei farmaci innovativi oncologici variano in media dai 600 giorni di Toscana e Umbria ai 740 di Emilia Romagna. E sui tempi massimi le differenze si acuiscono: si passa dai 953 di Abruzzo e Toscana ai 2.527 della Emilia Romagna. Emblematico poi il caso dei nuovi farmaci per la cura dell' epatite C. Innanzitutto il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini. I 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e PA di Trento e Bolzano hanno inserito la PMA nei Lea regionali (le prime tre regioni sia l' omologa che eterologa, le due province autonome solo l' omologa). Inoltre, alcune (PA Trento e Bolzano, FVG; Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla PMA. Anche sull' età delle coppie le regioni applicano criteri diversi per consentire l' accesso alle tecniche di fecondazione assistita: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentita fino ai 50 anni; in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni.La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno alcuna certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l' offerta in alcune a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l' offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise. Vi sono regioni come la Sicilia in cui non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri di PMA risultano ancora non autorizzati pur operando tranquillamente, come nel Lazio, che risulta essere al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale.Il commento finale a questo articolato quadro sanitario italiano è di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. "E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Lea, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze ­ spiega Aceti ­. L' Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell' equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro".

RED. SAN

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Cittadinanzattiva­Tdm: 4,3 milioni di italiani rinunciano alle cure per colpa di ticket e liste d' attesa. Spesa privata sopra la media Ocse Sono soprattutto i cittadini delle Regioni del Sud a rinunciare. Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. Ecco il Rapporto 2015 dell' Osservatorio Civico sul federalismo in sanità. 23 FEB ­ Quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa. La prevenzione è sempre di più a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e Regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato. E non va meglio sul fronte dell' accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l' epatite C: le differenze tra le Regioni sono marcate. E laddove il cittadino sborsa di più, per effetto dell' aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. È questa la fotografia del sistema salute scattata dal Rapporto 2015 dell' Osservatorio Civico sul federalismo in sanità , realizzato dal Tribunale per i diritti del malato­ Cittadinanzattiva. Un Rapporto che descrive un federalismo non rispondente ai bisogni di salute dei cittadini e dove il codice di avviamento postale fa la differenza per accedere ai propri diritti. "È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza ­ ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ­ cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un' offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. L' Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell' equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro". La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse (3,2% a fronte di una media Ocse di 2,8%) . Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d' Aosta a fronte di 267,9 euro in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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assume valori massimi nella PA di Trento (2.315,27 euro) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d' Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (1.776,85 euro). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati: l' addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (470 euro per contribuente) seguita dalla Campania (440 euro). Nelle stesse regioni, l' aliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). In generale le Regioni in Piani di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica, spesa privata e di un' elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell' erogazione dei livelli essenziali di assistenza "Alcune Regioni, ancora troppo poche, hanno saputo interpretare il federalismo sanitario come strumento per rispondere alle esigenze dei cittadini ­ prosegue Aceti ­ la sfida per il futuro del federalismo sanitario e del Ssn è portare le Regioni più critiche ai livelli delle più virtuose e proiettarle tutte verso il miglioramento dei servizi per i cittadini. Il primo passo per farlo è passare dall' approvazione all' implementazione uniforme delle norme: il Ministero della Salute deve esserne garante; le Regioni agire in modo sostanziale e non formale, con delibere copia­incolla. È emblematica la numerosità di norme che, da due anni, vogliono restituire centralità ed effettività ai Lea e quanto invece il monitoraggio e la garanzia siano ancora troppo formali. Nel sistema nazionale di monitoraggio Lea, mancano ad esempio il tasso di rinuncia alle cure, l' accesso alle terapie innovative, i tempi effettivi di attesa. Per fare un esempio le Marche, che hanno un buon punteggio Lea e sono tra la rosa di regioni benchmark, hanno al tempo stesso anche un alto tasso di rinuncia alle cure. Questo per i cittadini è paradossale". È quindi evidente, per Aceti: la necessità di aggiornare gli indicatori di monitoraggio; ottimizzare i flussi informativi esistenti; garantire terzietà al monitoraggio Lea introducendo il punto di vista dei cittadini e prevedendo la partecipazione di rappresentanti di cittadini nella Commissione nazionale Lea. "La riforma costituzionale in corso in ambito sanitario, qualora fosse confermata ­ prosegue Aceti ­ renderebbe più forte il livello centrale , e irrobustirebbe contemporaneamente quello delle regioni, attribuendo loro non solo l' organizzazione dei servizi, ma anche la programmazione sanitaria. Affidare però la soluzione di tutti i problemi alla sola approvazione di una legge, seppur di rango costituzionale, è illusorio. E il Rapporto lo dimostra chiaramente: troppe norme approvate e sbandierate negli anni come soluzioni sono rimaste solo sulla carta o utilizzate per far quadrare i conti". Il Rapporto in sintesi Liste di attesa e ticket, motivo di rinuncia alle cure per milioni di italiani Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti, pari a circa 4,3 milioni di persone: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d' attesa. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1%. L' attesa poi non è uguale per tutti: ad esempio, per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nord­Est (poco più di un mese), quelli massimo al Centro (quasi due mesi); per una prima visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord­Ovest al massimo di 88 giorni al Centro; per l' ecografia completa all' addome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di 16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano tutti nel Nord Est o Nord Ovest, i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono segnalati al Centro. Nel Sud, e in particolare in Puglia e Campania, i cittadini ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico (indagine Censis 2015). Anche sui ticket si registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16 prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano prevalentemente nel Nord Est (per 10 su 16 prestazioni), quelli più elevati nel Sud (per la metà delle prestazioni). Il livello di compartecipazione dei cittadini ai ticket fra 2013 e 2014 è diminuito solo nella PA Trento (­5,6%), in Sicilia (­2,2%), Piemonte (­2%) e Liguria (0,8%). In Valle d' Aosta si registra invece un +11,9%. L' importo del ticket varia di regione in Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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regione sia sulla farmaceutica che sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014 abbiamo registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci e ­2,2% sulla specialistica. Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle D' Aosta, e in media 42 euro al Sud. In alcune Regioni sono esenti tutti i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà (come la Lombardia, l' Emilia Romagna e la Toscana); in altre Regioni sono esenti dalla partecipazione al costo i figli a carico dal terzo in poi (PA Trento); in altre sono esenti gli infortunati sul lavoro per il periodo dell' infortunio o affetti da malattie professionali (come la Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata), i danneggiati da vaccinazione obbligatoria, trasfusioni, somministrazione di emoderivati, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e familiari, i residenti in zone terremotate. Nelle regioni settentrionali il ticket sulla farmaceutica va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 euro. In Emilia Romagna, Toscana ed Umbria sono le uniche tre regioni che prevedono ticket sulla farmaceutica diversi a seconda delle fasce di reddito, da 0 per le fasce più basse ad 8 per le fasce più alte. Posti letto e giorni di degenza in ospedale "fai da te" In un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta valori più elevati: è il caso del Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle D' Aosta (3,7) Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania ­ Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro ­ mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9. Il Regolamento sugli Standard ospedalieri inoltre riduce la media dei giorni di degenza per le acuzie a 7 giorni. Risultano in linea con tali standard, Piemonte (6,82), Toscana (6,87), Valle D' Aosta e Marche (6,99). Il Veneto mantiene una media più alta (8,26), seguono Liguria (7,63) e Friuli Venezia Giulia (7,58). Le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi: Puglia (6,22), Campania (5,65) e per ultima la Calabria con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti. Anche rispetto all' assistenza territoriale ed in particolare alle cure primarie, le regioni in Piano di Rientro, e nello specifico alcune regioni del Sud, non offrono risposte soddisfacenti ai bisogni della popolazione. A titolo di esempio, sulle 16 Regioni prese in esame dal Ministero nel 2013, sono 7 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia) quelle che risultano "adempienti con impegno per l' erogazione dell' assistenza domiciliare Ci sono ancora sei Regioni che nel Piano sanitario non prevedono l' integrazione socio­sanitaria: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e PA Bolzano. Sui punti nascita, gli standard ministeriali rispettati a macchia di leopardo Su 531 punti nascita attivi nel 2014, 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500/anno. Sulle 16 Regioni prese in esame dal documento "Verifica ed Adempimento Lea", 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report relativo alla presenza dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l' Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9. Anche rispetto all' utilizzo del taglio cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard da raggiungere del 20%, non si evidenziano miglioramenti. A livello nazionale nel 2014 siamo al 35,9% di parti effettuati con cesareo, in Campania si raggiunge il 62,3%, seguono Sicilia e Puglia (44%), Molise (43,7%). Ancora, sulla distribuzione delle Terapie Intensive Neonatali, i dati del 2012 indicano che gli standard fissati di 1 TIN per almeno 5000/nati vivi non sono rispettati. La media nazionale è infatti di 1 TIN ogni 3880 nati vivi l' anno; solo 4 Regioni (P.A. Bolzano, P.A. Trento, Marche e Sardegna) ne hanno per più di 5000 nati vivi; Liguria, Abruzzo, Molise e Sicilia hanno invece una TIN per un bacino di utenza compreso tra 2000­ 3000 nati vivi (superiore allo standard); le altre Regioni sono fuori standard. Sulla prevenzione il Sud fatica, Lazio e Veneto fanno passi indietro Su 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute nel 2013 sul fronte prevenzione, la metà risulta in linea con le indicazioni date dal Ministero rispetto ai Lea: si tratta di Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma di queste, tre fanno passi indietro rispetto al 2012 (Basilicata ­7,5%; Liguria ­7,5%; Veneto ­10%). E fra le Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), quattro fanno ulteriori passi indietro (Puglia ­15%, Sicilia ­7,5%, Calabria e Campania ­5%). In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d' Aosta riescono a raggiungere il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. Inoltre, in 13 Regioni è stata introdotta la vaccinazione per varicella con offerta attiva e gratuita per tutti i nuovi nati: mancano all' appello regioni importanti come Lazio, Lombardia, Piemonte, Umbria, Emilia Romagna, Abruzzo e Valle D' Aosta. E' solo uno degli esempi di offerta vaccinale nelle Regioni, che riguarda anche quella anti HPV per il maschio, antimeningococco, antipneumococco e herpes zoster. Nel corso del 2013 sono stati inviati oltre 11 milioni di inviti per partecipare ai tre programmi di screening oncologici organizzati, mammografico, colorettale e cervicale, meno della metà delle persone si sono sottoposte alle prestazioni preventive. L' adesione ai 3 esami preventivi permane critica nelle regioni del Sud. Sullo screening mammografico, è marcata la differenza esistente al livello regionale: oltre alle regioni del Sud, Liguria, Bolzano, Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Umbria sono al di sotto della media nazionale per copertura. Il tasso di adesione allo screening colorettale è del 44% al livello nazionale: questi dati tuttavia, ancora una volta, mostrano variazioni significative nelle aree del Paese passando dal 53% del Nord, al 39% del Centro, al 31% del Sud. Accesso ai farmaci innovativi, il caso degli oncologici e dell' Hcv I tempi per l' inserimento nei Prontuari regionali dei farmaci innovativi oncologici variano in media dai 600 giorni di Toscana e Umbria ai 740 di Emilia Romagna, e sui tempi massimi le differenze si acuiscono: si passa dai 953 di Abruzzo e Toscana ai 2527 della Emilia Romagna. Emblematico poi il caso dei nuovi farmaci per la cura dell' epatite C. Innanzitutto il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini. Differenze anche sui criteri per l' accesso ai farmaci per i non residenti: Marche, Piemonte (eccetto i trapianti di fegato), Lazio e Basilicata prevedono, nelle loro delibere, l' erogazione per i soli residenti; 11 Regioni invece non hanno deliberato nulla al proposito (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle d' Aosta, Veneto). Per quanto riguarda l' accesso alle nuove terapie per stranieri temporaneamente presenti ed europei non iscritti, solo 6 Regioni (Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto) hanno espressamente deliberato al proposito, prevedendo in ogni caso un solo centro prescrittore. Procreazione medicalmente assistita: differenze regionali fra numeri di centri, offerta privata e pubblica, sostegno economico alle coppie I 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e PA di Trento e Bolzano hanno inserito la PMA nei lea regionali (le prime tre regioni sia l' omologa che eterologa, le due province autonome solo l' omologa). Inoltre, alcune (PA Trento e Bolzano, FVG; Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla PMA. Anche sull' età delle coppie le regioni applicano criteri diversi per consentire l' accesso alle tecniche di fecondazione assistita: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentita fino ai 50 anni; in Valle d' Aosta e Umbria fino a 41 anni. La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno alcuna certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l' offerta in alcune a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l' offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise. Vi sono regioni come la Sicilia in cui non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri di PMA risultano ancora non autorizzati pur operando tranquillamente, come nel Lazio, che risulta essere al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale. Trattamento del dolore in ospedale: al Sud "ammesso" soffrire di più Dalla indagine di Cittadinanzattiva "In­dolore" che nel 2014 Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 2013­2016

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ha coinvolto 214 reparti e 46 ospedali di 15 regioni sul trattamento e attenzione al dolore negli ospedali, emerge una scaletta discendente di performance man mano che si procede verso Sud. Per quanto attiene all' esperienza diretta dei degenti, soltanto il 24,9% degli intervistati dichiara di essere stato informato sui propri diritti in merito al dolore con differenze territoriali significative: mediamente gli ospedali del Nord nell' area informazione hanno soddisfatto l' 81% degli elementi richiesti, mentre tale dato scende vertiginosamente al Centro (47%) e al Sud (53%). Critico il trattamento del dolore nell' anziano: mancano protocolli specifici nel 76% dei reparti monitorati. Analizzando i dati per zona geografica, emerge un quadro interessante e preoccupante, in particolare al Sud (dove i protocolli sono attivi solo nel 7%), ma anche al Nord (26%) e nel Centro (42%). Anche sul fronte della formazione e aggiornamento del personale, area più debole stando alla nostra rilevazione, ci sono differenze notevoli: 50% al Nord, 25% al Centro, 24% al Sud.

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