8 - Notizie dalla Commissione

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Anno III, n. 3 - maggio 2013

Ingegneria dell’informazione Notizie dalla Commissione

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IN COMMISSIONE

Formazione: ancora molti i dubbi

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PROFESSIONE

L’ingegnere dell’informazione: chi?

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Phishing e Home Banking: rischi e tutele giuridiche

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La California strizza l’occhio a Pavia

Dalle smart city alle smart community 9 SUSTAINABLE & SOCIAL ICT

LED e immagini spettroscopiche per tutelare i beni culturali

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E-Book: tra forma e contenuto

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Silicon Valley, reportage di viaggio

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STORIA E CULTURA

Il calcolo meccanico da Anticitera al XX secolo

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Commissione ingegneria informazione


Ingegneria dell’informazione Notizie dalla commissione

Foglio informativo curato dalla Commissione dell’Ingegneria dell’Informazione dell’Ordine degli Ingegneri di Pavia. Ingegneria dell’informazione - Notizie dalla commissione è una pubblicazione non periodica e non può, pertanto, considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001.

Ing. Christian Cucculelli

Uffici c/o Ordine degli Ingegneri di Pavia, Via Indipendenza 11, 27100 PAVIA.

Coordinatore di Redazione

Contatti Segreteria Ordine degli Ingegneri di Pavia Tel: 0382.22070 Fax: 0382.530478 E-Mail: contatti@ording.pv.it PEC: ordine.pavia@ingpec.eu

Disponibile on-line l’e-book del giornalino! Siamo partiti ormai più di un anno e mezzo fa con questa splendida inizia-

Referente notiziario:

tiva e i risultati raccolti dal nostro giornalino sono estremamente confortanti

Ing. Christian Cucculelli mail-to: christian.cucculelli@gmail.com

e ripagano gli sforzi di tutti coloro che contribuiscono a tale risultato!

Coordinatore della Commissione: Ing. Stefano Tazzi mail-to: stefano.tazzi@tin.it

Nuovi strumenti e nuove tecnologie si affacciano sul mercato con cadenza sempre più breve, proponendo nuovi approcci alle nostre attività quotidiane. Proprio sulla scia di queste novità, abbiamo pensato di regalarvi la possi-

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bilità di avere sempre con voi questo giornalino, dandovi la possibilità di leggerlo comodamente sul treno, o mentre siete in vacanza, mediante il vostro

Christian Cucculelli

lettore di e-book!

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A partire da questo numero, sarà possibile scaricare il giornalino in formato in e-book, nella versione standard electronic Publication (con estensio-

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ne .epub) e nella versione per Amazon Kindle (con estensione .azw3).

Stefano Tazzi

Vi riporto i link per accedere alla libreria on-line del giornale in PDF e alla stefano.tazzi@tin.it Foto

libreria degli e-book. Per accedere alla libreria PDF:

Cristiano Canobbio

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Marco Spada

Buona lettura! m.c.spada@mash.it Foto

Massimiliano Prestinara

Eventi e Comunicazioni 13 giugno 2013

massimiliano.prestinara@gmail.com

“Comunicare in pubblico”

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Ordine degli Ingegneri di Pavia Riccardo Colangelo

25 settembre 2013

“Business writing” riccardo.colangelo@gmail.com

Ordine degli Ingegneri di Pavia


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IN COMMISSIONE

Enti locali e professione: la comunicazione dell’ordine di Cristiano CANOBBIO Con il protocollo 120/13 l’Ordine ha voluto comunicare a tutti gli Enti Provinciali l’importanza delle tecnologie digitali. L’iniziativa nasce da una laboriosa attività in seno alla Commissione dell’Informazione che ha ritenuto necessario, anche sulla scorta di iniziative simili effettuate da altri Ordini, dare visibilità al settore rappresentato. Infatti mai come in questo moment o s tori co l’innovazione riveste l’importante ruolo di strumento per ottenere efficienza organizzativa ed offrire

migliori servizi ai cittadini a minor costo. Ultimamente il governo sta puntando molto sulle tecnologie digitali per “recuperare” in efficienza e molte di queste norme hanno inoltre un impatto diretto o indiretto sulla salute e sulla sicurezza dei cittadini. Ora più che mai è importante valutare ogni investimento fatto per il rinnovamento digitale, cercando di massimizzarne i benefici e minimizzarne i costi, senza deroghe sulla qualità, utilizzando le figure professionali adeguate: gli ingegneri. Molto bene quindi per l’iniziativa della Commissione e un

ringraziamento al Presidente per l’attenzione mostrata. Naturalmente si tratta dell’inizio di un percorso da compiere insieme agli Enti Provinciali. Noi siamo pronti.

Iniziative locali e gruppi di lavoro Seminari A seguito del successo della giornata formativa sulla comunicazione, si è provveduto a pianificare un ciclo di tre incontri previsti nell’arco del 2013 (maggio, giugno e settembre).

Sito Ordine Sono terminate le attività di aggiornamento del sito dell’ordine: on-line le nuove funzionalità. Legislazione di nostro interesse Si mantiene alta l’attenzione alla

formazione continua, ai temi assicurativi e al codice deontologico. In evidenza l’ultima spinta legislativa relativa alle professioni non regolamentate: su questo tema si segnala una pronuncia da parte del CNI, con la circolare n.194.

Iniziative regionali e nazionali CIIdI Lo scorso 16 marzo si è tenuto un incontro a Bologna, a cui hanno presenziato Stefano Tazzi e Cristiano Canobbio. I temi affrontati sono stati quelli normativi di interesse del terzo settore, anticipando l’invio della circolare CNI n. 194 del 19.03.2013. E’ stato, inoltre, presentato un lavoro di mappatura delle competenze, in raccordo con il progetto europeo e-

Competence Framework (partecipante per Pavia al GdL Cristiano Canobbio). Per quanto riguarda la partecipazione di Stefano Tazzi al GdL UNINFO, si segnalano alcuni rallentamenti negli aspetti autorizzativi a livello centrale. CII-CROIL Si è riunita il 20 marzo a Milano, a cui ha partecipato Christian Cuccu-

lelli. I principali temi trattati sono stati: esame di stato, formazione permanente e partecipazione a manifestazioni ed eventi associativi in cui presentare un proprio speach (ISACA, itSMF). Prosegue l’iter per la definizione della collaborazione con la casa editrice MAT per la pubblicazione su web di articoli informativi (al GdL partecipa Cristiano Canobbio). Pagina 3


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IN COMMISSIONE

Formazione, ancora molti i dubbi di Stefano TAZZI L’articolo 7 del decreto del Presidente dell Repubblica n° 7 del 7 agosto 2012 (Riforma delle professioni) obbliga entro un anno a definire alcuni regolamenti, tra cui quello relativo all’assolvimento della formazione permanente. La scadenza è quindi per l’agosto 2013. Il suddetto articolo, al comma 1 recita quanto segue: Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettività, e per conseguire l’obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell’obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare. Sembrerebbe quindi che l’articolo 7 della riforma delle professioni faccia esplicito riferimento solo ad atti di professione; questo significa che dipendenti, o chi svolge attività senza apporre firme, di fatto non dovrebbe rientrare nel suddetto obbligo. Tuttavia, queste dichiarazioni raccolte in modo informale durante una riunione richiedono conferma attesa con circolare CNI. Dalle prime bozze di regolamento circolate, l’impianto per il sistema di formazione è quello dei crediti formativi, con un numero miniPagina 4

mo di 30 crediti da mantenere; i neo iscritti partiranno da 120 crediti; chi è già iscritto da 60; ci saranno una serie di riconoscimenti per attività varie e complementari (attività ordinistica, attività formativa, ecc.). Anche questi elementi non sono ancora definitivi. Tuttavia, l’impianto è sicuramente questo. La bozza di regolamento proposta dal CNI è stata enormemente contestata da non pochi ordine. Ad esempio, vi sono contestazioni di chi ritiene che la formazione deve essere interpretata come un aggiornamento delle competenze à occorre quindi splittare le competenze relative all’ingegneria, identificando quelle di ciascun singolo iscritto; Altre osservazioni sono invece pervenute dalla CROIL, su iniziativa del Presidente dell’Ordine di Brescia: cercare di evitare un sistema a crediti che in molte altre situazioni in cui è stato adottato ha dimostrato una notevole serie di limitazioni; non puntare a suggerire una "certificazione delle competenze" ma solo limitarsi ad individuare le modalità di riconoscimento dei percorsi formativi. Questo, almeno, per due motivi: - o si introduce un livello ulteriore che certifica (in base a quale criterio): le competenze; - o si da per scontato che esistono e sono definite in un documento le competenze degli ingegneri dell’informazione.

Si propone anche che la certificazione delle competenze venga gestita dagli ordini stessi; si è fatto notare che il costo della formazione, qualora fosse in carico al solo iscritto, per il settore informazione andrebbe ad incidere notevolmente sulla competitività. Si è proposta una formazione a costo zero per gli iscritti e gestita in piena autonomia da parte degli Ordini Provinciali: impostazione sostenibile solo a fronte di un sistema di verifica ed approvazione di quanto erogato unificato a livello nazionale. Questi sono i principali elementi emersi dal thread relativo alla formazione a crediti. Il timore che il tutto divenga esclusivamente un business o che si corra il rischio di una mercificazione dell’attività formativa è forte. In questo contesto, il CNI pare recepire in modo lieve le richieste che pervengono dagli ordini. Continuerà comunque l’attività di presidio e verifica in attesa che vi sia la produzione del documento finale.


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PROFESSIONE

L’ingegnere dell’informazione: chi? di Cristiano CANOBBIO L'attività professionale dell'ingegnere è giuridicamente riconosciuta (L. 1395 del 24 giugno 1923; R. D. del 31.12.1923, R.D. del 23 ottobre 1925) come "attività di interesse pubblico ad elevata valenza etico-sociale"; da ascrivere in quel ristretto novero di professioni per cui lo Stato italiano prevede la costituzione di una struttura ordinistica che, per suo mandato fondativo, è istituzionalmente delegata dalla collettività a sovrintendere all'attività di "tutela degli interessi superiori della collettività". La Costituzione Italiana, all’Art. 33, prevede un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le attività professionali che formano oggetto della professione di ingegnere sono individuate dal DPR 328 del 2001 al Capo IX “Professione di ingegnere”. All’Art. 46 il settore "ingegneria dell'informazione" la normativa individua la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo e la gestione di impianti e sistemi elettronici, di automazione e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni. Ferme restando le riserve e le attribuzioni appena indicate formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti alla sezione A quelle che implicano l'uso di metodologie avanzate, inno-

vative o sperimentali nella progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di strutture, sistemi e processi complessi o innovativi. Invece formano oggetto della professione degli iscritti alla sezione B le attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di impianti e di sistemi elettronici, di automazioni e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni; i rilievi diretti e strumentali di parametri tecnici afferenti impianti e sistemi elettronici; le attività che implicano l'uso di metodologie standardizzate, quali la progettazione, direzione lavori e collaudo di singoli organi o componenti di impianti e di sistemi elettronici, di automazione e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni, nonché di sistemi e processi di tipologia semplice o ripetitiva. Si ricorda inoltre che, con gli Artt. 47 e 48, si definiscono che l’iscrizione nella sezione A oppure B è subordinata al superamento di un apposito esame di Stato, completando cosi quanto già descritto in Costituzione. Recentemente il CNI, attraverso una propria comunicazione (prot. 3320/2012) all’Ordine di Pavia, ha ribadito quanto sopra riportato confermando che l'elenco delle attività professionali stabilite dall'art. 46 DPR 328/2001 sono riservate agli iscritti all'albo degli Ingegneri e non possono essere esercitate dai sog-

getti che iscritti all'albo non sono. Completa il quadro la legge n. 4 del 14/01/2013 recante “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”. La legge è in vigore dal 10 febbraio 2013 e, disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi. All’Art. 1 comma 2. viene chiarito che per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. E all’Art. 2 comma 6. Si ribadisce che Ai professionisti di cui all'art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito l'esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale. La recente circolare del CNI n. 194 del 19 marzo 2013 ribadisce la certezza per quel che ci riguarda: le suddette attività professionali (art. Pagina 5


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PROFESSIONE

46, comma 1, lett. c), DPR 328/2001) sono quindi riservate per legge agli iscritti all'albo degli Ingegneri e non possono essere esercitate dai soggetti che non sono iscritti all'albo di categoria. Infine si ricorda che il codice penale all’Art. 348 definisce l’abusivo e-

sercizio di una professione come reato punibile con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516. Lo commette chiunque eserciti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, e non l’abbia ottenuta. Per poter eserci-

tare determinate professioni, infatti, la legge richiede la necessaria iscrizione in appositi albi o elenchi. E’ lo Stato che, ovviamente, vigila sull’accertamento dei requisiti per le iscrizioni in tali albi o elenchi e sulla loro tenuta.

Phishing e Home Banking: rischi e tutele giuridiche di Riccardo COLANGELO introduzione di Stefano TAZZI Come noto, una delle principali attività che vede impegnata la Commissione è quella relativa all’individuazione delle aree di riserva per la professione. In alcuni esercizi svolti sia presso la nostra commissione che presso altre, l’obiettivo è stato quello di mettere in evidenza le situazioni dove il rischio diventa percepibile ed evidenziare quelle dove lo è meno. Qualche risultato inizia ad intravedersi, soprattutto con la condivisone di uno schema che preveda di partire dalla professione per declinarne le attività che sono svolte dai professionisti; tra queste, sono da identificare quelle sottoposte a norma, per individuare quindi quelle da assoggettare a riserva. Nel successivo pezzo, redatto da un giurista, per cui non da un tecnico, si fa riferimento ad una sentenza della Cassazione in cui si condanna Poste Italiane a risarcire un utente per non aver preso sufficienti misure di sicurezza nei confronti del phishing. Dall’esame di tale sentenza è emersa in Commissione la volontà di Pagina 6

sottoporre al gruppo di lavoro CNI un’ipotesi di norma di riserva molto semplice: fare in modo che qualsiasi aspetto sottoposto a norma relativo alle t e cn o l o g i e dell’informazione secondo quanto stabilito dal decreto 328/2001 - sia vincolato a progetto da parte di un iscritto al un albo riconosciuto, ovvero all’albo degli Ingegneri dell’Informazione. A seguire sarebbero da definire i confini tra professioni ordinistiche e non. Il primo impatto sarebbe subito evidente: esigenza di effettuare la certificazione di tutti i sistemi digitali che comunicano con la Pubblica Amministrazione, auspicando in una maggior qualità e mettendo in grado di identificare i responsabili in caso di situazioni disastrose (blocco treni, furto di dati, ecc.). Il fatto che certi argomenti non siano più appannaggio di soli tecnici significa che i tempi iniziano ad essere maturi per seguire questa strada. La proposta è stata inoltrata al Gruppo di Lavoro Ingegneria dell’Informazione in seno al CNI. Non si hanno ancora riscontri positivi, tuttavia la strada appare evidentemente tracciata, con una sempre maggior esigenza di regola-

mentare e normare un settore che è ormai rimasto troppo a lungo senza regole.

Il caso Poste Italiane Trattando di internet, occorre tenere sempre presente che “l’annullamento, o la riduzione al minimo, delle dimensioni spaziotemporali, assieme all’evoluzione tecnologica, influisce enormemente sulla vita privata, sulla cultura e sull’organizzazione sociale”.[1] Molto vari sono gli ambiti in cui questo influsso opera, più o meno visibilmente. Senza poter, in questa sede, dare una completa veduta d’insieme, si pensi agli effetti – a volte devastanti – del cyberbullismo. Tale fenomeno, analizzato a livello sia psicologico che giuridico, è oggetto di una recente ricerca[2] e dimostra come la rete offra innumerevoli potenzialità, non solo in senso positivo: l’esposizione di una serie di insulti o prese in giro ad un pubblico potenzialmente illimitato di osservatori – cosa che, tramite internet, è molto facile porre in essere – può avere effetti devastanti che, come ci ricordano re-


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centi casi di cronaca[3], possono anche arrivare al suicidio. Il tutto partendo da semplici atti di comunicazione durante la navigazione on line, i cui effetti negativi, paradossalmente, possono ricadere anche – e, forse, soprattutto – su ragazzi che non utilizzano i social media e, quindi, non possono neppure tentare di difendersi attraverso lo stesso mezzo degli aggressori. A tal proposito, più che le iniziative repressive ex post, risultano fondamentali, oltre ad un delicato dialogo familiare, anche iniziative preventive di sensibilizzazione nelle scuole. Un’altra attività, ormai considerabile sufficientemente diffusa e quasi comune, è quella che si svolge mediante l’utilizzo dei servizi di home banking. Questi ultimi consentono al cliente, per via telematica, di richiedere informazioni e dati (ad esempio: saldo e/o movimentazioni del conto corrente), nonché di disporre operazioni su uno o più rapporti bancari, in relazione ai quali il servizio di internet banking è stato attivato. A diversi istituti bancari corrispondono non tanto differenti operazioni eseguibili, quanto – soprattutto – differenti modalità di autenticazione. Nonostante i livelli più elevati di sicurezza, con riferimento all’autenticazione ed alla operatività, siano raggiungibili mediante l’utilizzo di una smartcard, essi pongono, per l’utente, alcune criticità. In primis, mi riferisco alla necessità (salvo l’utilizzo di un token USB) di disporre di un lettore di smartcard e della relativa program-

mazione su qualsiasi computer si trovi ad operare, nonché di conservare con cura sia il secure device sia il relativo PIN, così come stabilito dal Codice dell’Amministrazione Digitale, di cui al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82. In molti casi, tuttavia, gli istituti bancari non optano per tale sistema di autenticazione, ma accettano esclusivamente – secundum non datur – metodi meno sicuri. Si pensi, ad esempio, alla classica autenticazione mediante username e password, che si pone alla base di una ideale scala di sicurezza, nonché a card variamente denominate, che servono per individuare – quasi fosse una “battaglia navale” – i codici richiesti in base alle coordinate indicate per poter confermare[4] una operazione. E questi ultimi casi sono i più esposti al rischio del c.d. phishing, che, nella definizione data dalla Cassazione, non esente da alcune imprecisioni terminologiche, è descritta come “quell’attività illecita in base alla quale, attraverso vari stratagemmi (o attraverso fasulli messaggi di posta elettronica, o attraverso veri e propri programmi informatici […]) un soggetto riesce ad impossessarsi fraudolentemente dei codici elettronici (user e password) di un utente, codici che, poi, utilizza per frodi informatiche consistenti, di solito, nell’accedere a conti correnti bancari o postali che vengono rapidamente svuotati”.[5] Proprio ad un caso di phishing fa riferimento una recente sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore,

del 18 febbraio 2011. Essa può paradigmaticamente mettere in luce come, nelle problematiche che possono derivare dall’utilizzo – anche quotidiano – degli strumenti informatici e della rete internet, occorra rivolgersi a dei professionisti della materia, in continua evoluzione. Nel caso di specie, è significativo che l’attore, A.B., sia un avvocato. Egli cita in giudizio Poste Italiane S.p.A., “previa declaratoria di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, per la illecita sottrazione delle somme” dal proprio conto corrente, chiedendo la condanna alla restituzione delle “somme illegittimamente distratte dal predetto conto corrente, mediante quattro bonifici postagiro on line, mai ordinati dall’attrice”, nonché il “risarcimento del danno causato dalla indebita sottrazione delle somme”. La sottrazione delle somme è stata effettuata tramite quattro bonifici disposti on line e disconosciuti da A.B. “mediante denuncia sporta presso la Stazione dei Carabinieri di Nocera Inferiore”. Poste Italiane S.p.A., costituendosi in giudizio, sosteneva che l’ammanco è dovuto al “fenomeno denominato phishing, un sistema che senza violare il sistema di sicurezza di Bancoposta, può catturare i codici di accesso all’internet banking dei clienti, mediante la ricezione […] di una e-mail, che sembra inviata da Bancoposta, in cui si richiede di accedere ad un link e di inserire i codici di accesso”. Ciò conferma che la modalità di autenPagina 7


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ticazione allora richiesta – il fatto risale al 2006 – era, con ogni probabilità, la mera digitazione di username e password. L’istituto bancario, tuttavia, afferma di utilizzare “un sistema ampiamente tutelato e protetto”, eccependo “l’assoluta estraneità ai fatti dannosi” ed “attribuendo la responsabilità esclusivamente ai signori U.N. e C.R., autori e beneficiari del postagiro on line”. Il Tribunale afferma che l’attività svolta da Poste Italiane S.p.A., in quanto banca, è un’attività professionale, la quale comporta che l’adempimento delle obbligazioni nei confronti dei clienti deve avvenire “con la diligenza particolarmente qualificata dell’accorto banchiere”. È per questo che “la società convenuta è responsabile, fino a p r o v a c o n t r a r i a , dell’approntamento dei mezzi meccanici, della loro idoneità e del loro funzionamento”. Diversamente, al cliente viene solamente chiesto di adempiere l’onere di informare tempestivamente l’Istituto in caso, oltre che di furto o smarrimento del bancomat, di “manomissioni” del servizio di home banking. “Ma – precisa il Tribunale – anche nel caso che tale obbligo non sia adempiuto, [la banca] non può dirsi liberata dal proprio obbligo di adempiere con la diligenza dell’accorto banchiere”. Deve, infatti, provare di aver predisposto “tutte le misure di sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico a prevenire danni”. Ciò, nel caso di specie, non avviene, in quanto Poste ItaliaPagina 8

ne S.p.A. “nulla [dimostra] in ordine al corretto adempimento delle proprie obbligazioni”. Il giudice, inoltre, afferma che “il sistema predisposto dalla società convenuta non appare adeguato alla tecnologia esistente”. È questo un punto molto importante, in quanto l’adeguatezza va (ri) valutata avendo riguardo alle soluzioni tecnologiche disponibili e praticabili in un determinato ambito spazio-temporale. Prosegue facendo riferimento all’articolo 31 del decreto legislativo n. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”), ricordando che tale disposizione “impone che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in maniera tale da ridurre al minimo, attraverso l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita anche accidentale dei dati stessi di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta”. Trova, inoltre, applicazione “la previsione di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 196/2003, che statuisce che chiunque cagiona un danno ad altri per effetto del trattamento dei dati personali è tenuto al risarcimento ex articolo 2050” del Codice Civile. In quest’ultimo articolo, rubricato “Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose”, si afferma che “chiunque cagiona danno

ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”. Ciò a conferma che il trattamento dei dati è considerato, nel nostro ordinamento giuridico, una “attività pericolosa”. Ecco, quindi, che Poste Italiane S.p.a., “non impedendo a terzi estranei di introdursi illecitamente nel proprio sistema [ha] provocato un danno […]. [Avrebbe] dovuto adottare tutte le misure di sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico a prevenire danni, come quelli subiti [da A.B.], […] considerato che la diligenza richiesta deve essere valutata con maggiore rigore visto che la prestazione è inerente ad un’attività professionale”. A ciò va aggiunta, nel caso di specie, la responsabilità ex art. 2051: “Poste Italiane S.p.a. [è responsabile] per i danni causati al proprio cliente non avendo dimostrato che la truffa subita dall’avvocato A.B. rivesta i caratteri di imprevedibilità ed assoluta eccezionalità”. Si noti che, come si afferma nella sentenza, “più volte […] Poste Italiane S.p.a. in corso di causa, [ha] affermato la notorietà e frequenza di una simile truffa costituita dalla violazione del sistema di sicurezza di Bancoposta, riuscendo a catturare i codici di accesso all’internet banking dei clienti mediante la ricezione da parte di questi ultimi di una email in cui si chiede di accedere ad un link e di inserire i codici di


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accesso. […] Poste Italiane S.p.a. non [ha] provveduto a strutturare il proprio sistema per evitare le ripetute truffe agli utenti e non [ha], quindi, adempiuto gli obblighi di vigilanza di propria pertinenza”. Poste Italiane S.p.A. viene quindi condannata “al pagamento della somma di euro 18.494,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale”, “al risarcimento del danno che […] viene quantificato in euro 5.000,00 e liquidato in via equitativa”, nonché al paga-

mento delle spese processuali sostenute dalla parte attrice. Gli autori della truffa tramite phishing, C.R. e U.N., vengono condannati al pagamento delle spese processuali in favore di Poste Italiane S.p.a. NOTE [1]Vincenzo Ferrari, Diritto e società. Elementi di sociologia del diritto. Roma – Bari, Laterza, 2011, p. 192. [2]Mi riferisco alla ricerca svolta da Ipsos per Save the children in occasione del Safer Internet Day 2013, reperibile al seguente link: http://www.ipsos.it/pdf/ cyberbullismo.pdf.

[3]Ad essi fa riferimento la lettera scritta, il 9 gennaio scorso, dal Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali al Ministro dell’Istruzione, consultabile all’indirizzo: http://www.garanteprivacy.it/web/ guest/home/docweb/-/docweb-display/ docweb/2172284. [4]Si noti che è improprio l’uso del verbo ‘firmare’, fatto da alcune banche che, per quanto riguarda i servizi di home banking, non utilizzano smartcard – né quindi, nessuna delle firme elettroniche né la firma digitale disciplinate dal Codice dell’Amministrazione Digitale, d. lgs. 7 marzo 2005 n.82. [5]Sentenza n. 9891/2011 della II sezione della Corte di Cassazione Penale.

Dalle smart city alle smart community di Christian CUCCULELLI Smart city, ossia “città intelligenti”: se ne parla spesso, ma altrettanto spesso ne sfuggono gli elementi caratterizzanti. L’idea di una città smart nasce da una iniziativa della città di Rio de Janeiro che ha svolto il ruolo di pioniere dei primi esempi di implementazione intelligente delle tecnologie, al fine di migliorare la vita comune e ridurre gli sprechi negli ambiti più disparati, che vanno dal settore energetico a quello della gestione dei rifiuti. In Europa il termine viene introdotto a partire dal

2010 e sta ad indicare una nuova concezione di sviluppo urbanistico, caratterizzato dalla forte pervasione dell’innovazione mirata a “coinvolgere” il cittadino all’interno di un sistema complesso, integrato ed organizzato di servizi, il tutto sviluppato in chiave sostenibile: dalla gestione dei trasporti a quella dell’energia, dalla gestione dell’informazione a quella ambientale. Ad oggi non esiste una definizione precisa di smart city, ma esiste almeno la descrizione di quello che è il modello di riferimento ispiratore:«L'espressione città intelligente (dall'inglese smart city) indica, in senso lato, un ambiente urbano in grado di agire attivamente per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini. La città intelligente riesce a conciliare e soddisfare le esigenze dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni, grazie anche

all'impiego diffuso e innovativo delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), in particolare nei campi della comunicazione, della mobilità, dell'ambiente e dell'efficienza energetica.» [fonte Wikipedia.it] Immaginiamo quindi una metropoli in cui si possa percepire un ambiente “a misura d’uomo”, avendo tutto “a portata di mano” e nel rispetto della piena “sostenibilità ambientale”. Si potrebbe avere, ad esempio, un sistema di trasporto urbano integrato e sarebbe possibile conoscerne lo stato in qualsiasi momento e in qualsiasi punto della città, oppure si potrebbe conoscere il mezzo di trasporto disponibile più vicino al punto in cui ci si dovesse trovare, come ad esempio una fermata di un bus, o una stazione di bikesharing, o una fermata ferroviaria. Ci si potrebbe poi trovare immersi Pagina 9


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PROFESSIONE

in un nuovo complesso urbano con edifici costruiti con materiali sostenibili, sia dal punto di vista dell’impatto sul territorio che dell’approvvigionamento delle materie prime e dei processi produttivi industriali: nuovi edifici integrati col territorio e dotati della tecnologia necessaria a ottimizzare il consumo di energia, e che consenta all’edificio stesso di produrre energia per gli edifici adiacenti. Immaginiamo poi un nuovo quartiere integrato con gli altri sistemi urbani, come ad esempio con il sistema di trasporto urbano tramite piazzole di bike- o car-sharing: la possibilità di arrivare dovunque con mezzi pubblici non è forse una cosa smart? Immaginiamo ancora di poter ottenere informazioni sui trasporti pubblici mentre ci incamminiamo verso la prima stazione utile e di voler avvisare un nostro amico sfruttando la copertura pubblica per l’accesso alla rete. Su questa traccia si potrebbero sviluppare scenari molto interessanti su come potrebbe cambiare il rapporto tra uomo, innovazione tecnologica e ambiente urbano nei prossimi anni. L’elemento caratterizzante di tutto ciò risiede innanzi tutto nella consapevolezza della complessità della realtà che l’uomo cerca di piegare a proprio vantaggio, da millenni, e nella sua rappresentazione in sistemi elementari interconnessi. Il modello della smart city, infatti, funziona se si vede il nuovo spazio urbano come costituito da diversi sistemi da integrare e ogni sistema, a sua volta, iterativamente scomPagina 10

ponibile in sottosistemi. Prendiamo ad esempio quello della mobilità come sistema elementare di primo livello: ora proviamo a scomporlo nei suoi sistemi elementari che potrebbero essere, ad esempio, il trasporto urbano o quello interurbano, il trasporto su rotaia o quello su gomma, o ancora il trasporto in condivisione (sia pubblico che privato). Appare abbastanza chiaro che un sistema di trasporto smart dovrebbe essere dotato di almeno due livelli di integrazione: uno urbanistico mediante la realizzazione di punti fisici di raccordo tra i diversi sottosistemi (di trasporto urbano ed extraurbano, ad esempio), e uno tecnologico mediante l’integrazione delle informazioni (stato corrente dei vari sistemi di trasporto e l’offerta dei dati stessi all’utente). Ogni intervento urbanistico inciderebbe su una parte di un sistema più complesso, che pone stringenti vincoli di integrazione con altre componenti; in questo scenario anche l’infrastruttura tecnologica dell’informazione andrebbe progettata e realizzata per dar vita a questa nuova dimensione: milioni di dati al secondo dovranno essere scambiati in tempo near real-time tra i diversi sistemi urbani per essere resi disponibili ai cittadini 2.0! Riusciamo ad immaginare le difficoltà che si dovranno affrontare e l’attenzione che bisognerà porre per gestire in maniera efficiente ed affidabile una simile mole di dati? Il concetto di smart city si potrebbe applicare, poi, anche a realtà urbane più piccole. Ogni comune

infatti è tenuto a pianificare il governo del proprio territorio mediante un documento denominato, appunto, PGT (Piano di Governo del Territorio). La pianificazione riguarda soprattutto lo sviluppo urbano, economico ed ambientale ma, in quest’ottica, si tratterebbe di estenderne l’ambito anche allo sviluppo innovativo per l’informazione e le telecomunicazioni: questo consentirebbe da una parte di colmare il digital divide che caratterizza ancora diverse aree del nostro territorio - consentendo anche all’investitore privato di ottimizzare le proprie azioni basandosi su un piano di sviluppo realmente aderente alle necessità urbanistiche e di sviluppo locali - e, dall’altra, di predisporre gli enti locali presenti sul territorio all’integrazione con le smart city più prossime; in questo modo i piccoli comuni diventerebbero gli elementi di base per la costituzione di una smart community che coinvolga comuni limitrofi! La sfida è sicuramente ambiziosa ma il risultato può essere raggiunto se concorrono due fattori chiave: la volontà politica degli amministratori locali da una parte, e la disponibilità di professionisti in grado di guidare tali iniziative verso le tecnologie più appropriate, capaci di gestire e immaginare complessi sistemi interconnessi, dall’altra. Per questo secondo ruolo l’ingegnere dell’informazione è chiaramente tra coloro che potrebbero chiamarsi a ricoprire tale compito.


Ingegneria dell’informazione - Notizie dalla commissione n. 8, maggio 2013

SCIENZA & INNOVAZIONE

LED e immagini spettroscopiche per tutelare i beni culturali di Marcello MANFREDI introduzione di C. CUCCULELLI Si è spesso portati ad associare l ’i n n o v a z i o n e tecnol ogi ca all’invenzione di nuovi dispositivi o nuove tecnologie a servizio di qualcuno o qualcosa, ma spesso innovare vuol dire applicare le tecnologie esistenti a nuovi ambiti e contesti per ottenerne risultati migliori. E’ questo il caso di un progetto che prevede l’applicazione di tecnologie elettroniche e sistemi di calcolo per un innovativo approccio al monitoraggio dello stato conservativo dei beni culturali, applicato in una piccola realtà della provincia pavese: a presentarci l’iniziativa è Marcello Manfredi, Ph.D. Student presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale "A. Avogadro" e autore del progetto. Il progetto La conservazione dei beni culturali è una sfida che può essere vinta solo con l'aiuto della scienza e

a)

dell'innovazione tecnologica. Negli ultimi anni numerosi metodi spettroscopici sono stati applicati per la diagnosi e la conservazione nel campo dei beni culturali. Nell'antica chiesa di Santa Maria di Castello a Valle Lomellina (PV) sono conservati cinque affreschi del XV secolo, ora strappati e incorniciati, che furono scoperti per caso negli anni ‘70. Gli affreschi strappati sono molto sensibili a variazioni di temperatura e umidità perché sono incollati su uno strato di lino, incorniciati e appesi. Per questo motivo è stata sviluppata una tecnica non invasiva di monitoraggio dello stato di conservazione degli affreschi: questa tecnica utilizza LED multispectral Imaging e analisi statistica multivariata: il metodo è automatico, veloce e affidabile. Monitorando gli affreschi nel tempo siamo in grado di avvisare i conservatori in caso le condizioni di conservazione ambientali non fossero adeguate e in presenza di si-

b)

Sopra - L’affresco di Santa Lucia e Sant’Antonio Abate al momento del ritrovamento (a) e oggi, dopo il restauro conservativo (b).

tuazioni di degradazioni pericolose per l'oggetto. Il progetto è finanziato dal Comune di Valle Lomellina, dall'Università del Piemonte Orientale, dalla Fondazione Cariplo e dall’azienda Curtiriso. Hardware L'hardware della tecnica è costituito da una sorgente di radiazione monocromatica fredda, un rivelatore ed un elaboratore. La radiazione che proviene dalla sorgente colpisce l'oggetto da analizzare e parte di essa viene riflessa verso il rilevatore, portando con sè informazioni sulla superficie da cui è stata riflessa e viene quindi catturata dal rilevatore per una successiva elaborazione con un computer. Come sorgente viene utilizzata la luce LED, che permette di esporre l'oggetto soltanto alla quantità minima di luce necessaria all'analisi e fornisce un segnale ad alta risoluzione, qualità e contenuto spettrale. Il sistema di rilevazione è costituito da un sensore CCD monocromatico full frame, con CCD array di 7216 x 5412 pixels, e con pixel di 6.8 micron di dimensione. La tecnica prevede che l'oggetto da esaminare venga illuminato per ciascuna volta da ogni singola lunghezza d'onda, tramite l'accensione dei LED; l'immagine dell'oggetto (riflettanza) viene acquisita dal rivelatore (CCD), ottenendo un dataset tridimensionale dove gli assi x e y corrispondono alle coordinate dei

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SCIENZA & INNOVAZIONE

pixel e l'asse z riporta le lunghezze d'onda selezionate. Questa tecnica, oltre a essere non -invasiva, efficiente e riproducibile, offre la possibilità di monitorare intere superfici anche di grandi dimensioni, che con le tecniche spettroscopiche classiche non sarebbe possibile esaminare, poiché troppo grandi per essere studiate con strumenti che permettono solo l'analisi puntuale (un pixel alla volta). Software La parte di calcolo è stata sviluppata utilizzando: • ImageJ - è un software di elaborazione digitale delle immagini, open source e basato su OracleJava, per il quale sono disponibili diverse free plugin e macro; • Matlab (The MathWorks, version R2007b) - è un ambiente per il calcolo numerico e l’analisi statistica, che ci ha permesso di sviluppare tool per trattare dataset di grandi dimensioni come le immagini multispettrali, cosa che

Sopra, da sinistra verso destra: Prof. Bill Christens-Barry (Equipose, MD, USA), Prof. Emilio Marengo, Prof. Elisa Robotti, Prof. Greg Bearman (ANE Image, CA, USA), Dr. Marcello Manfredi.

non è possibile con altri software commerciali. Algoritmo della tecnica a) Costruzione di un modello con carte di controllo Nella prima parte viene costruito un modello dell’affresco attraverso

La tecnica prevede di illuminare l’oggetto da monitorare con un dispositivo a LED, utilizzando diverse lunghezze d’onda, raccogliendo le differenti immagini e procedendo poi ad elaborarle per evidenziare eventuali segni di degrado nello stato di conservazione. Il livello di conservazione viene poi definito paragonando i risultati ottenuti con il modello statistico creato come riferimento del “perfetto stato di conservazione”. Pagina 12

l’utilizzo delle carte di controllo e l’analisi delle componenti principali: questa fase permette di costruire i limiti entro i quali l’oggetto viene definito in controllo statistico e quindi in buono stato di conservazione. – Acquisizione di repliche delle immagini multispettrali dell’affresco per caratterizzare la variabilità naturale dello strumento e dell’affresco: tutte le repliche vengono allineate attraverso un software automatico di allineamento (ImageJ). – Analisi delle componenti principali: sul dataset vengono eseguite le componenti principali, ossia un’operazione matematica che permette di ridurre la dimensionalità del dataset e di trovare la correlazione tra le variabili presenti (Matlab).


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SCIENZA & INNOVAZIONE

– Carte di controllo: le componenti principali vengono utilizzate per costruire le carte di controllo e quindi per calcolare i limiti entro i quali l’oggetto viene definito in controllo statistico e quindi in buono stato di conservazione (Matlab). b) Monitoraggio nel tempo dell'oggetto L’oggetto, una volta costruito il modello, è pronto per essere monitorato nel tempo. – Acquisizione del campione: viene acquisita un’immagine multi spettrale dell’oggetto attraverso il sistema di imaging ogni volta che si desidera effettuare un controllo. – Risultati: il software è in grado di rilevare se sono presenti cambiamenti di riflettanza e quindi possibili fenomeni degradativi, localizzare l’eventuale zona che si sta degradando e rilevare cambiamenti di forma, attraverso l’utilizzo di griglie di deformazione (Matlab).

Sopra - un’immagine della strumentazione utilizzata per l’acquisizione delle immagini multi-spettrali tramite illuminazione a LED. Questo approccio consente un’alta efficienza, riducendo il calore e lo stress arrecato all’oggetto sotto esame, una maggiore qualità spettrale e l’eliminazione di lunghezze d’onda non desiderate.

La tecnica, già applicata e accettata in biologia, medicina, ecologia marina e controllo dell’inquinamento atmosferico, è ora applicata anche per il monitoraggio dello stato di conservazione dei Manoscritti del Mar Morto, a Gerusalemme.

La tecnica è già in uso in altri tre distinti progetti di monitoraggio e diagnostica: - Progetto per il monitoraggio dello stato di conservazione dei Manoscritti del Mar Morto a Gerusalemme, Israele, progetto finanziato dal Ministero dei Beni Culturali Israeliano. - Collaborazione con la Libreria del Congresso degli Stati Uniti, dove sono presenti i più avanzati laboratori nel campo della conservazione dei manoscritti e dei beni culturali, per il monitoraggio dello stato di conservazione dei loro documenti più importanti. - Progetto pilota di monitoraggio della conservazione di un’opera d’arte moderna in gomma di Carol Rama in collaborazione con il Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” di Torino e il Museo del Novecento di Milano.

Il team scientifico è composto dal Prof. Bill Christens-Barry (Equipose, MD, USA), Prof. Emilio Marengo, Prof. Elisa Robotti, Prof. Greg Bearman (ANE Image, CA, USA), Dr. Marcello Manfredi, Dr. Marco Bobba (Università del Piemonte Orientale).

affreschivallelomellina.jimdo.com

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SCIENZA & INNOVAZIONE

E-book, tra forma e contenuto di Christian CUCCULELLI E-book, o libro elettronico. L’annoso dilemma della carta digitale contro quella tradizionale, che vede contrapposti editori, scrittori, lettori, educatori e istituzioni. La “freddezza” di un lettore di ebook, la praticità e il costo non sembrano poter competere con “il profumo delle pagine” di un buon libro cartaceo e la cosa, da un punto di vista prettamente percettivo, ha un suo senso. La questione va però affrontata da prospettive diverse: da un lato c’è la questione del contenuto, d e l l ’i n f o rm a z i o n e , mentre dall’altro c’è la questione del supporto. Credo che la prima questione da affrontare sia proprio quella del contenuto. L’informazione contenuta nel testo di un libro è soggetta a tutte le distorsioni esistenti su un canale di comunicazione unidirezionale: è lo scrittore che sceglie le parole, i costrutti e la forma di scrittura a lui più congeniale per trasmettere il proprio messaggio informativo, ed è il lettore che, sulla base della propria esperienza, interpreta tale messaggio. L’ambiente in cui opera lo scrittore, le circostanze in cui il lettore si approccia alla lettura, gli stati emotivi dell’uno e dell’altro, le proprie esperienze e il proprio bagaglio culturale sono solo alcuni degli elementi distorsivi che possono influire sul piano comunicativo tra chi scrive e chi legge (basti pensare alle barriere linguistiche). Questo Pagina 14

avviene oggi con un libro cartaceo, ma avveniva anche in passato con testi scritti su un papiro o su una tavoletta di argilla. Nessuno ci vieterebbe, oggi, di riproporre un romanzo di Ken Follett su delle tavolette di argilla o di inciderli su una parete di roccia: semplicemente non è pratico da distribuire, o da leggere, rispetto alle tecnologie oggi disponibili e alle esigenze del mercato editoriale e dei lettori. La carta ricopre storicamente un ruolo importante per la diffusione della conoscenza e dell’informazione, grazie alle sue caratteristiche di praticità, economicità e, fino a qualche anno fa, di sostenibilità. E’ un supporto ormai talmente radicato nelle varie culture che è diventato comune pensarlo come l’unico disponibile: non si riesce ancora ad accettare o a immaginare un “libro che non sia su carta”. Nel parlare comune ci riferiamo spesso al contenuto con espressioni del tipo: «Ma che bel libro! Te lo consiglio!»; proviamo a riflettere bene sul significato di questa affermazione. In realtà non stiamo consigliando il libro in quanto oggetto, ma stiamo sponsorizzando il suo contenuto. E’ chiaro che sia proprio questo l’aspetto chiave su cui si impernia la discussione: al centro del “conflitto” non c’è il libro in quanto contenuto, ma in quanto supporto! Mentre la scrittura è la forma assunta dall’informazione - un’altra forma potrebbe essere quella pittorica - la carta è un supporto. Se

volessi comunicare il mio messaggio in forma scritta propenderei probabilmente per utilizzare un foglio di carta, o una lavagna ma, se volessi esprimere lo stesso messaggio in forma pittorica, potrei utilizzare una tela o un muro. Con l’avvento dell’elettronica si è arrivati ad avere una rappresentazione elettro-magnetica dell’informazione, che sfrutta supporti magnetici (o ottici) per la memorizzazione dei contenuti. La carta digitale, seppur nata con obiettivi diversi, si pone come supporto alternativo mantenendo alcune caratteristiche delle soluzioni digitali e altre della soluzione cartacea. Si tratta di fatto di un contenuto digitale che viene reso disponibile al lettore mediante un supporto tecnologico complesso che cerca di imitare le principali caratteristiche della carta: prima fra tutte l’utilizzo di uno schermo che sfrutta la luce ambientale anziché la retroilluminazione. Questo approccio non solo consente un notevole risparmio energetico rispetto agli altri schermi attualmente in commercio, ma offre soprattutto una valida user experience evitando tutte le difficoltà e i disturbi derivanti da una prolungata lettura su un video retro-illuminato. L’altra caratteristica di un e-book è quella di rappresentare l’informazione in forma liquida. Con questa espressione ci si riferisce ad un contenuto che può essere visualizzato su più dispositivi senza particolari vincoli tecnici o


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SCIENZA & INNOVAZIONE

Per un contenuto liquido l’avanzamento viene riportato come percentuale (a sinistra), mentre per un PDF rimane il concetto di pagina (a destra).

tecnologici dettati dal dispositivo stesso. Proviamo a fare un esempio pratico considerando un documento in formato PDF (Portable Document Format): la diffusione di questo formato è dovuta essenzialmente alla sua grande capacità di poter gestire sia testo che immagini, di essere privo di costi di licenza e soprattutto di essere interoperabile. In un PDF si parte proprio dal concetto di pagina, potendone impostare le dimensioni, le caratteristiche grafiche, gli spazi, etc, all’interno della quala viene collocato il contenuto desiderato. Nonostante il formato sia dichiaratamente portable, non è sempre vero che un documento PDF venga visualizzato correttamente a prescindere da caratteristiche hardware o software del dispositivo utilizzato per leggerlo e ciò è ancor più apprezzabile se si pensa ai vari dispositivi mobile oggi disponibili - non so se avete mai avuto modo di leggere un PDF su uno smartphone! caratterizzati da schermi di tecnologie diverse, da nuovi e variegati sistemi operativi e soprattutto da un’ampia varietà di dimensioni fisi-

che! E’ proprio la presenza della grafica che rappresenta il principale vincolo di questo formato in quanto il messaggio - informativo o puramente grafico - che si vuole trasmettere rimane tale solo se la pagina in questione viene mantenuta integra e completa: questo fa si che sui dispositivi di piccole dimensioni si debba scegliere tra la leggibilità del documento (perdendo però il contesto grafico) e la grafica (perdendo però in leggibilità). Molti giornali e quotidiani, per esempio, offrono i contenuti della propria testata in formato e-book, quando in realtà si tratta di un documento PDF: tale scelta è dovuta all’importanza che la grafica riveste per questi prodotti editoriali e alla maggior diffusione di notebook e tablet che, ad oggi, offrono sicuramente una maggior leggibilità per questo formato. L’e-book, a differenza del PDF, non prevede il concetto di pagina e il contenuto viene ripartito sul singolo dispositivo in base alle caratteristiche del dispositivo stesso: chi ha avuto occasione di leggerne uno avrà sicuramen-

te notato, ad esempio, che non esiste la numerazione delle pagine ma viene riportata la percentuale del contenuto consumato, in quanto parametro variabile con il dispositivo in uso: proprio come i liquidi, il contenuto di un e-book si adegua al contenitore che lo ospita! La praticità e le funzionalità che i dispositivi di lettura per e-book offrono (sincronizzazione, segnalibri, note, evidenziature, link a risorse remote, light web browser, etc...), rendono questi strumenti sempre più allettanti e molto fruibili in alcuni contesti - si pensi ad esempio alla lettura di un libro cartaceo mentre stiamo utilizzando i mezzi pubblici - tanto da guadagnarsi via via una maggior diffusione. Come ogni strumento, esistono condizioni più o meno favorevoli al suo utilizzo: l’e-book può essere ad esempio - un fantastico alleato per riavvicinare le persone al gusto della lettura in un Paese notoriamente poco propenso a questa attività, o per consentire un approccio allo studio più semplice e ‘naturale’ per i nostri ragazzi, sfruttando delle tecnologie ormai comuni e diffuse tra i più giovani. Un buon professionista è colui che partecipa, con le proprie competenze e il proprio bagaglio professionale, anche alla crescita e allo sviluppo sociale della propria comunità: è importante quindi promuovere un uso consapevole di tutte le soluzioni tecnologiche che vadano in questa direzione e l’ebook è una di queste.

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Silicon Valley, reportage di un’esperienza di Stefano TAZZI Sabato 27 aprile 2013 - decido di scrivere di getto queste righe su una poltrona dell’International Airport of San Francisco, in attesa della partenza del volo per l’Italia al termine di una breve ma intensa full immersion nella cultura della Silicon Valley grazie al programma Mind The Bridge Startup School dove ho rappresentato FindYourItaly, startup vincitrice di una borsa di studio del programma di incubazione trimestrale presso il Polo Tecnologico di Pavia. La Silicon Valley è una striscia di terra a sud di San Francisco, sede delle principali aziende da dove è partita e continua a rinnovarsi la rivoluzione digitale globale: dopo HP negli anni quaranta si sono susseguite a varie ondate Intel, Xerox, Apple, 3Com, Adobe, Cisco, Oracle, Yahoo!, Google, eBay, LinkedIn, Facebook, ecc. Occupandomi di tecnologie informatiche da oltre quindici anni, venticinque se ci metto anche i periodi di studio, quest’area è per me qualcosa di ben noto da tempo. Posso però affermare che, solo dopo aver respirato il clima e aver fatto un bagno di cultura locale, ci si può rendere conto che una simile concentrazione di aziende globali che si rinnovano continuamente e da cui nascono altre aziende globali possa esistere per un semplice motivo: hanno creduto fortemente che ciò poteva accadere! La fiducia nel futuro e l’ottimismo lì sono Pagina 16

grandi. Lo si percepisce per strada e negli uffici, dove la gente è serena e tranquilla, accogliente come forse in poche altre aree del mondo. Questa fiducia si trasforma in apertura mentale, trasparenza, propensione alla condivisione del sapere, propensione al rischio (se mi va male oggi, domani mi andrà meglio; fallire non è negativo; meglio provare e fallire che non tentare affatto) e in tanti altri aspetti positivi e costruttivi. Il risultato di questo mix è un ecosistema che offre investimenti in capitale di rischio ad ogni livello, dal contributo iniziale di qualche decina di migliaia di dollari, all’angel che investe qualche centinaia di migliaia di dollari, sino ai

venture capital per qualche milione di dollari. Terminano la catena sia le grosse aziende prima citate, sia altre aziende meno note, tutte comunque caratterizzate dalla disponibilità e dalla capacità di compiere azioni di acquisto o incorporazione di aziende innovative che - partendo dal basso - hanno moltiplicato il proprio valore garantendo un adeguato ritorno a tutti gli investitori della filiera. Tutto ciò comporta che, in Silicon Valley rispetto a qualsiasi altra parte del mondo, per chi ha un’idea è relativamente più facile realizzare la propria startup, cercare i fondi per farla crescere rapidamente e quindi venderla oppure erigersi al ruolo di big passando per la quota-

Mind the Bridge Startup School Graduation - April 2013: da sinistra, Nicolò Bompieri (Newspot), Lorenzo Lanzieri, Andrea Facchi, Paolo Raineri (My Agonism), Giovanni Miceli (City Glance), Nicolò Briante (Newspot), Enrico Vecchio, Carlo Banfi, Dino Ricceri (City Glance), Stefano Tazzi (Find Your Italy), Filippo Cannillo, Massimo Pegoraro (Shop The Mall).


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SCIENZA & INNOVAZIONE

zione in borsa. In questo percorso, chi finanzia con capitale di rischio deve vedere un importante ritorno di investimento, ovvero un importante moltiplicazione di quanto iniettato, cosa certamente più facile per aziende il cui mercato è globale. Questo contesto ha fatto si che si creasse una sorta di corsa all’oro, con persone che arrivano cariche di speranza da ogni angolo del mondo, desiderose di compiere tutto il percorso con la propria idea. Conseguenza: un innalzamento dell’asticella della competizione per l’accesso ai finanziamenti, per cui non basta avere una buona idea ma occorre anche essere capaci di presentarla al meglio, realizzando un vero e proprio show. Anche a questo preparano presso la Startup School del Mind The Bridge. Questa premessa offre lo spunto per due riflessioni: come può partecipare una startup italiana alla filiera finanziaria e produttiva; come si potrebbe replicare il modello nel nostro Paese, ovvero capire se è possibile e abbia senso portare un nuovo modo di fare impresa.

Da notare che, in entrambi i casi, c’è un’idea di fondo del fare impresa differente da quella cui siamo abituati: si crea per vendere, tutto o parte, come se l’azienda fosse di per sé un prodotto; si accetta un compagno di viaggio importante e ingombrante, il cui unico obiettivo è far crescere rapidamente per poi uscire monetizzando il più possibile. Nel primo scenario, inserimento nella filiera della Valley, ovvero raccolta di capitale per finanziare la propria idea con l’obiettivo di vendere ad un grosso soggetto: tutto può accadere, mai porsi preclusioni a priori. Tuttavia, il percorso plausibile per trovare finanziamenti in loco è quello di arrivare non solo con l’idea, ma dopo aver dimostrato il proprio potenziale e magari aver già raccolto qualche finanziamento, ovvero dopo aver passato i primi filtri. Fatto questo, occorre sicuramente una presenza aziendale in loco, per cui uno schema che preveda azienda locale con eventuale consociata in Italia. La presenza in loco è però mandataria, con tutta una serie di com-

Sopra - La distribuzione degli investimenti per aree geografiche a maggior spinta di innovazione tecnologica .

plicazioni legate a visti e permessi di soggiorno (banalmente, da mettere a budget pratiche legali con parcella nell’ordine dei 10.000 dollari). Secondo scenario: replicare il medesimo percorso in Italia? Le possibilità ci sono, ma enormemente inferiori in termini quantitativi. In particolare, manca il mercato di sbocco finale per l’uscita da parte del finanziatore. Contestualmente, anche il mercato dei capitali da apportare è scarsamente sviluppato. Dal quadro tracciato appare evidente che - difficilmente - è possibile sviluppare completamente in Italia startup con un respiro globale, ovvero in grado di scalare rapidamente in termini dimensionali al fine di sostenere la competizione internazionale. La soluzione resta quindi l’estero, tenendo presente che la Silicon Valley non è l’unica opportunità, anche se è il luogo dove i fondi raccolgono circa un quarto del mercato globale. Il punto è che, in un mondo globale, una delle strade per perseguire lo sviluppo del nostro Paese è quella di disporre di un sistema che consenta la nascita di imprese globali. Questo passa necessariamente per un cambio culturale: dallo sviluppo della “mia” azienda allo sviluppo dell’idea con l’obiettivo di arrivare eventualmente a monetizzare e trasferire; da un mercato locale con clienti nel raggio di qualche ora di viaggio al mercato globale. Pagina 17


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SCIENZA & INNOVAZIONE

Qualcosa è stato fatto con gli ultimi decreti del governo Monti (decreto crescita, decreto sviluppo), soprattutto sul tema startup, ma ancora molto c’è da fare in tema di detassazione e semplificazione burocratica per attrarre investimenti anche dall’estero. Anche una spinta alla ricerca di prodotti con un mercato globale potrebbe essere interessante, prescindendo dall’aspetto tecnologico. Una cosa certa è che i talenti e le competenze non mancano, come prova il network di italiani che ho avuto modo di conoscere grazie

alla frequentazione del Mind The Bridge e che ci hanno aperto le porte di aziende importanti. A fianco di questi già affermati, occorre lodare l’impegno e il coraggio di chi ha fatto le valigie ed è pronto a inseguire i suoi sogni scalando le montagne di cui ho narrato. Nel riquadro sono riportate le storie di City Glance, My Agonism, Shop The Mall, Newspot e FindYourItaly. Prima che nelle aziende occorre credere nelle persone che ne stanno alla base, consapevoli del fatto che al successo potrà seguire an-

che il give back, il rendere qualcosa al posto da cui si è partiti, altro elemento di base della cultura americana. Menzione anche per Mind The Bridge, che incarna appunto il give back, e per il Polo Tecnologico di Pavia, struttura sul territorio da cui è partita questa avventura. Qualcuno che si occupa di seminare su un terreno impervio c’è e per questo va encomiato, nella speranza che sia anche imitato da altri e supportato in modo sempre maggiore dalle istituzioni.

www.mindthebridge.org Acceleratore di startup e fondo di investimento per la fase iniziale, basato a San Francisco (California). Partito nel 2007 su iniziativa di Marco Marinucci - ex. Google - inizialmente focalizzato sullo sviluppo dell’ecosistema delle startup italiane, costruendo un ponte con la Silicon Valley, sta assumendo un respiro sempre più multinazionale iniziando ad operare anche in altri paesi. www.cityglance.co Cityglance è la prima social mobile app che crea connessioni tra le persone sui mezzi pubblici di tutto il mondo. CityGlance permette ai propri utenti di conoscersi e rendere piacevole il proprio viaggio. Attraverso un semplice checkin gli utenti potranno vedere gli amici presenti sulla tratta che stanno percorrendo e condividere così il percorso insieme. Inoltre ogni persona potrà condividere in modo anonimo e non, tutto ciò che gli passa per la mente, geolocalizzato sulla tratta percorsa, favorendo così l'interazione tra gli utenti delle stesse tratte. L'applicazione sarà disponibile da Giugno su iPhone e Android in versione BETA nella città di Milano. www.myagonism.com MYagonism rivela il vero valore di ogni giocatore. Applicazioni mobile e sito di analisi sportiva con funzioni social. MYagonism permette ad allenatori e osservatori di trovare il giusto atleta per ogni esigenza attraverso un nostro algoritmo proprietario che analizza le differenti statistiche sportive in maniera innovativa. Shop The Mall è una App che consente alle persone di ricevere tutte le offerte dei principali negozi di prossimità rispetto alla posizione in cui ci si trova. Particolari meccanismi di ranking delle offerte, di segnalazione agli amici e di controllo del completamento del ciclo di acquisto rendono il sistema particolarmente innovativo e interessante. Newspot è la prima App per iPad che ti permette di leggere la versione pdf dei principali quotidiani senza pagare la copia. Il funzionamento è semplice: prima della lettura si visualizzano 10 spot pubblicitari che permettono di "pagare" la copia all'editore. www.findyouritaly.com Find your Italy offre la possibilità di riscoprire un turismo più vicino alla realtà dei territori italiani, proponendo selezioni uniche di esperienze in aree territoriali che rappresentano l’arte e la cultura italiana, costruendo il proprio viaggio da soli per assecondare le passioni, i desideri e i sogni di chi visiterà l'Italia. Tutto questo cercando di portare beneficio alle realtà locali ed al territorio. www.polotecnologicopavia.it Realtà innovativa che unisce all'offerta di spazi e tecnologie per le aziende che intendono insediarsi nelle sue strutture, l'opportunità di contatti e partnership per moltiplicare le possibilità di impresa e lo sviluppo dell'attività imprenditoriale. Unendo nello stesso luogo fisicamente e concettualmente aziende di alto profilo e start up, il Polo Tecnologico realizza una piattaforma di scambio e confronto. Un luogo di coabitazione in cui ogni singola identità è partecipe di un processo di innovazione, in cui si impara direttamente dalle esperienze e dalle esigenze di ciascuno. Pagina 18


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STORIA e CULTURA

Il calcolo meccanico da Anticitera al XX secolo di Marco Carlo SPADA Ci eravamo lasciati con un “viaggio” nell’antichità che aveva messo in evidenza come ci sia una stretta relazione fra la notazione (la rappresentazione dell’informazione) e gli algoritmi che in qualche modo da questa vengono ispirati o condizionati. È un relazione su cui tornerò ancora in quanto gli approfondimenti cui sono obbligato dall’impegno del curare questa sezione mi stanno facendo scoprire altri fatti storici che lo confermano. D’altronde per tutta l’antichità il principale supporto per l’esecuzione dei calcoli fu di tipo notazionale, sia nella forma della rappresentazione dei numeri che (come l’abaco) in qualità di strumenti per il supporto alla memorizzazione dei risultati intermedi necessari al raggiungimento del risultato. Quindi potremmo sintetizzare il percorso evolutivo della nostra disciplina di riferimento (l’informatica) nella ricerca di forme di rappresentazione dell’informazione (dei dati) efficienti per l’implementazione di algoritmi, nella ricerca di algoritmi efficienti nel conseguimento dei risultati ed infine nella ricerca di forme per la rappresentazione dei dati e di relativi algoritmi adatti all’utilizzo degli stessi su macchine in grado di eseguire il calcolo automaticamente. Adottando questo punto di vista, come ho già avuto modo di sottolineare, non dovremmo più stupirci del fatto che l’informatica sia una

disciplina che trova radici molto più indietro nel tempo di quanto non si creda comunemente. Osservo a questo proposito che anche la crittografia, una delle branche più attuali nel recente sviluppo delle applicazioni informatiche correlate alla sicurezza, affonda le sue radici in tempi remoti. Dunque facciamo un “salto” in avanti rispetto ai lontani egizi del numero scorso, per passare alle prime “macchine” vere e proprie per fare calcoli. Tutta la bibliografia che ho potuto consultare è concorde nel distinguere fra macchine per il calcolo “analogico” e macchine per il calcolo “digitale”. Fondamentale in entrambi i casi è il termine “macchina” da intendersi qui in senso antropologico (cfr. http://www.treccani.it/ vocabolario/macchina/) come il manufatto in grado di «compiere azioni predeterminate con risparmio di fatica o tempo» quando

mosso da forza umana, e non con l’accezione contemporanea di cui al punto 5. della stessa Treccani che però qui vi include, secondo me impropriamente, anche la Pascalina e la m. di Babbage. Per quanto attiene la distinzione fra analogico e digitale, questa può apparire più sfumata. Ad esempio i tamburi rotanti usati nelle macchine di Pascal o di Babbage avevano dei meccanismi che garantivano l’arresto del meccanismo in una delle dieci posizioni corrispondenti alle cifre; per contro i contatori del gas o dell’acqua, che similmente presentano delle cifre serigrafate sui rulli posti in rotazione dal volume misurato, possono assumere qualsiasi posizione attorno al loro asse fornendo una misurazione di tipo analogico. Le macchine analogiche hanno una storia più antica in quanto nacquero per risolvere problemi pratici di calcolo collegati al movimento

Frammento principale del meccanismo - La macchina era delle dimensioni di circa 30 cm per 15 cm, dello spessore di un libro, costruita in bronzo e originariamente montata in una cornice in legno. Era ricoperta da oltre 2.000 caratteri di scrittura, dei quali circa il 95% è stato decifrato. Pagina 19


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STORIA e CULTURA

Il ritrovamento - Il meccanismo fu ritrovato nel 1900 grazie alla segnalazione di un gruppo di pescatori di spugne che, persa la rotta a causa di una tempesta, erano stati costretti a rifugiarsi sull'isoletta rocciosa di Cerigotto.

degli astri quali la determinazione della posizione dell’osservatore in funzione della posizione degli astri stessi, la posizione del sole in un’ora di un dato giorno dell’anno o ancora dell’ora o del tempo che intercorreva fra il momento dell’osservazione e l’alba o il tramonto. La costruzione di una macchina analogica presenta il vantaggio di poter affrontare un problema di cui non sono note nel dettaglio le complesse leggi matematiche, come accadeva nell’antichità per il calcolo dei movimenti dei pianeti. La conoscenza di tali leggi matematiche risulta, per contro, necessaria per l’esecuzione dei calcoli, implementando adeguati algoritmi su macchine digitali. Le macchine analogiche per i calcoli sulle posizioni dei corpi celesti, (genericamente chiamate astrolabi), sono in genere composte da lamine di metallo, arricchite da incisioni necessarie per leggere i risultati, poste in movimento da ruote dentate ad esse solidali. Il componente più importante di questi strumenti analogici è il meccanismo conduttore, che Pagina 20

viene realizzato per mezzo di sistemi di ingranaggi di complessità comparabile a quella dei gruppi differenziali delle automobili. Fino al 1959 si pensava che i primi dispositivi di questo tipo risalissero alla seconda metà del sedicesimo secolo, anticipando quindi di poco (come vedremo) le prime macchine digitali. In quell’anno il professor Derek de Solla Price pubblicò la descrizione preliminare di uno strumento davvero notevole rinvenuto diversi anni prima (nel 1900) da un gruppo di pescatori di spugne greci nei pressi dell’isola di Anticitera da cui prende il nome. Si trattava proprio di un astrolabio rinvenuto in un relitto di nave in rotta fra Rodi e Roma riconducibile all’età cristiana (87d.c.). Lo strumento, che ad un primo superficiale esame sembrava essere un blocco di bronzo facente parte di una delle statue recuperate dal relitto, si rivelò invece essere un astrolabio per merito delle analisi ai raggi X e ai raggi gamma eseguite da Price, esperto di meccanismi antichi. In origine il meccanismo doveva essere contenuto in una scatola di legno di circa 30 cm di altezza, 20 cm di larghezza e 10 cm di profondità e conteneva circa 30 ingranaggi differenti; fra questi vi era sorprendentemente un “supporto girevole differenziale epiciclico” costituito da un unico grande ingranaggio che poteva essere ruotato in direzioni diverse per mezzo di due piccole ruote dentate. Per ricostruire il completo funzionamento della macchina di Anticitera ci vollero circa venti anni di studi appro-

fonditi al termine dei quali fu possibile realizzarne una copia funzionante, oggi custodita nel Museo Archeologico di Atene. Questo strumento dimostra che le macchine analogiche sono molto più antiche di quanto si sia creduto per molti secoli in seguito alla loro apparente scomparsa durata quindici secoli. L’astrolabio e i suoi derivati non rappresentano però l’unico tipo di macchina analogica. Le macchine integratrici automatiche formano un’altra importante categoria di strumenti che sono stati utilizzati per risolvere problemi con equazioni differenziali o per modellare il comportamento di sistemi molto complessi - quali le maree degli oceani - e sono state utilizzate fino agli ultimi anni del ventesimo secolo. Il calcolo degli integrali ha sempre rappresentato una notevole difficoltà nel caso di funzioni complesse o in quei problemi in cui la

Derek J De Solla Price (1922-1983) Contribuì in maniera fondamentale allo studio della macchina di Anticitera.


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funzione da integrare non è nota nella sua forma analitica. Nel XIX secolo, in concomitanza con il completamento della moderna formalizzazione del calcolo infinitesimale, vennero costruite le prime macchine meccaniche per l’esecuzione di questi calcoli. Uno dei più semplici sistemi analogici di calcolo delle aree di funzioni complesse consiste nel disegnare la funzione su carta, ritagliarne la porzione equivalente all’area descritta dall’integrale sull’intervallo di interesse e pesarla. Il rapporto fra il peso ottenuto e il peso specifico della carta restituisce il valore dell’integrale ricercato. Naturalmente il risultato così ottenuto rappresenta solo un’approssimazione del valore cercato in quanto è condizionato dalla precisione con cui si disegna la funzione, dall’uniformità della densità del foglio di carta e dalla accuratezza della bilancia. Comunque, nonostante i limiti evidenziati, questo metodo è stato utilizzato molto spesso in passato per ottenere rapidamente il valore degli integrali ricercati. Alcune fonti attribuiscono a James Thomson (http:// it.wikipedia.org/wiki/ J ames_Thomson (fisico)) l’ideazione del primo dispositivo meccanico basato su un disco rotante, una sfera ed un cilindro capace di eseguire integrazioni elementari; in altri testi ho trovato riferimenti a Johann Martin Hermann (1814) e Tito Gonnella (1825). Ad ogni modo, il meccanismo funzionava facendo ruotare il disco intorno al suo asse in funzione della variabile indipendente del-

la funzione, su di questo la sfera veniva tenuta ad una distanza dall’asse del disco pari all’ordinata ed era a contatto con il cilindro che veniva portato in rotazione. L’ampiezza di rotazione di quest’ultimo corrispondeva al valore dell’integrale. Le macchine di questo tipo sono chiamate planimetri. Rimando alla pagina di wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/ Planimetro) per un approfondimento sulle caratteristiche costruttive e sui dettagli di funzionamento. Nel corso del XX secolo gli strumenti di questo tipo sono stati sempre migliorati fino ad arrivare alla macchina analogica più famosa nota con il nome di “analizzatore differenziale” realizzata da Vannevar Bush del MIT. Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale furono realizzate almeno cinque copie della macchina di Bush che trovarono ampio impiego nel calcolo delle tabelle balistiche. Una di queste è rimasta famosa perché realizzata da D.R. Hartree e A. Por-

ter presso la Moore School of Engineering di Philadelphia con i componenti del meccano: era molto più piccola e affidabile dell’originale di Bush e dimostrava la possibilità di fare costruzioni utili con i pezzi di un gioco per bambini! Purtroppo tanto la macchina di Bush quanto quella di Hartree sono andate quasi completamente perdute; la prima come rottame mentre della seconda rimangono alcune parti al Museo delle Scienze di Londra.Ovviamente con l’introduzione dei moderni calcolatori, l’interesse pratico per lo sviluppo di macchine di questo tipo è venuto meno. Torneremo, nel prossimo numero, ad occuparci di macchine meccaniche per esplorare la famiglia di quelle “digitali”. Potremo esaminarne “da vicino” un esemplare risalente al secondo dopoguerra e avremo la possibilità di provarne il funzionamento tornando ad uno dei nostri temi di riferimento: gli algoritimi.

Sopra - L’analizzatore differenziale di Vannevar Bush Pagina 21


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DA NON PERDERE

Rif. Federica GUARNASCHELLI Pagina 22


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La singolarità è vicina Raymond Kurzweil

www.ording.pv.it Sito Ordine di Pavia

La singolarità è vicina è un saggio pubblicato da Raymond Kurzweil nel 2005. L’autore è un pioniere nei campi del riconoscimento ottico dei caratteri, nel text-tospeech ed in questo testo, ampiamente dibattuto, espone le argomentazioni per supportare la tesi secondo cui la “singolarità tecnologica” si verificherà nell'arco della prima metà di questo secolo. La singolarità è definita come un fenomeno risultante dalla combinazione di tre importanti tecnologie del Ventunesimo Secolo: la genetica, la nanotecnologia e la robotica (che include anche l'intelligenza artificiale). L'evoluzione di ciascuna di queste favorisce e accelera l'evoluzione delle altre. Quale sarà il risultato? Un potenziamento degli esseri umani un miglioramento dei nostri corpi e delle nostre menti, che grazie a queste tecnologie saranno in grado di superare la loro "biologicità". Un testo interessante che propone una vista sul futuro prossimo. Buona lettura. C. Canobbio

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Diamo i numeri In base ad una stima del Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, nel 2011 si è abilitato il 56,3% dei potenziali “ingegneri”, laddove la corrispondente quota, prima del 2006, superava costantemente l’85%. In calo dunque il numero di ingegneri e ingegneri iuniores abilitati. Diminuiscono gli ingegneri della sezione A (10.416 abilitati), ma continuano a calare soprattutto gli abilitati di primo livello che raggiungono nel 2011 il minimo storico: solo 1.244 abilitati contro i 1.358 del 2010. La conseguenza è che i laureati “dell’informazione” pur risultando una componente molto corposa tra i laureati che escono dall’università, costituiscono meno del 16% degli abilitati nel 2011.

I prossimi impegni della Commissione Ultimo mercoledì del mese, riunione periodica presso la sede dell’Ordine degli Ingegneri.

C. Canobbio

Si consiglia di contattare la segreteria per la conferma del calendario.


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