8 minute read

In soccorso di don Antonio Imbert: famiglie italiane al servizio della nazione

antonio J. guerra sánchez Direttore del Laboratorio d’Ingegneria e membro del Comitato Accademico della unphu

Nel 1960 il signor Antonio Cosme Imbert Barrera, originario di Puerto Plata, viveva a Santo Domingo in calle Caonabo 45. Suo vicino di casa era Francesco (Queco) Rainieri Franceschini, nato a Bologna nel 1904, figlio di una famiglia italiana stabilitasi anch’essa a Puerto Plata; un’amicizia la loro che sarebbe durata per sempre, come pure tra i loro discendenti. Da notare la parentela collaterale tra la famiglia Imbert e la famiglia Rainieri, originata dal matrimonio di una sorella di Queco, Yolanda Celia Rainieri Franceschini, con Enrique Manuel Imbert Peralta,1 cugino di primo grado di Antonio Imbert. Don Queco aveva sposato Venecia Margarita Marranzini Lepore,2 di San Juan de la Maguana, figlia di italiani originari di Avellino, in Campania. La famiglia conosceva nel dettaglio solo una parte dei fatti che raccontiamo qui di seguito. Prima di quegli eventi, Antonio Imbert aveva chiesto loro di prendersi cura dei suoi familiari, qualora fosse stato costretto ad assentarsi. Un evento fondamentale che segna un prima e un dopo nella storia del xx secolo della Repubblica Dominicana fu l’esecuzione del dittatore Rafael Leónidas Trujillo Molina, avvenuta la notte del 30 maggio 1961. Tra i cospiratori c’era anche il futuro generale Antonio Cosme Imbert Barrera, che in quella memorabile notte rimase ferito. Toccò al dottor Manuel Antonio Durán Barrera,3 cugino di primo grado di Antonio Imbert Barrera, curarne le ferite nella propria casa, in calle Cayetano Rodríguez 18, a due isolati dall’avenida Máximo Gómez, dove aveva sede il Ministero dell’Educazione. Dopo averlo medicato, il dottor Durán accompagnò Imbert Barrera da sua cognata, la dottoressa Gladys de los Santos Noboa4 che abitava a poca distanza, in calle Santiago 15; lì Imbert Barrera si svegliò il 31 e lì passò la notte. L’1 giugno, di prima mattina, chiese alla dottoressa di portarlo in calle Santiago, vicino al Ministero della Pubblica Istruzione; da lì si recò a piedi a casa di Julián Suero e di sua moglie, Dolores Marranzini Di Piano, cugina di Venecia Marranzini, moglie di Queco Rainieri, dove si presentò senza preavviso. La casa dei Suero Marranzini a Santo Domingo si trovava in calle Elvira de Mendoza 17, a soli due isolati da calle Máximo Gómez. Ed è qui che apriamo una parentesi, per riportare testualmente quanto ci ha raccontato Frank Rainieri Marranzini, figlio di Queco Rainieri, imprenditore di spicco e persona squisita, che oltre ad aver ascoltato la storia del padre, ha vissuto in prima persona quell’esperienza:

Nella pagina precedente:

I coniugi Mario Cavagliano Broglia e Dirce Strozzi Cavagliano, diplomatici italiani che diedero protezione a vari politici dominicani.

«Abitavamo in calle Caonabo, a quattro case di distanza. Mio padre sapeva del piano per giustiziare Trujillo. Domenica 28 maggio 1961, festa della mamma, vennero a trovarci, tra gli altri parenti, zio Julián Suero Moquete e zio Antonio Imbert. Quel giorno lo zio Julián parlò del carico di riso in arrivo da San Juan de la Maguana al suo negozio nella zona del Mercado Modelo. Il 30 maggio zio Antonio passò da casa nostra verso le 18.30 per dire ai miei genitori che quella era la sera designata per l’esecuzione. Papà era rimasto d’accordo con lui che si sarebbe occupato dei suoi figli: Tony, Leslie e Oscar. Verso le 23 lo zio Antonio chiamò papà per informarlo che la missione era compiuta. Papà e mamma attraversarono la strada per andare dalla zia Guachy.5 La zia Guachy in quel momento era con donna Urania, la moglie di Salvador, con i bambini, Luichi e la sua sorellina;6 stavano per andare a casa del dottor Durán a portare un cambio di vestiti agli autori dell’esecuzione che avevano gli abiti insanguinati. Papà s’incamminò verso gli uffici della Cancelleria della Delegazione italiana. Dietro quegli uffici abitavano Mario e Dirce.7

Papà trovò Trotti, il ministro consigliere, su una sedia a dondolo, ubriaco e in compagnia di una signorina... Decise quindi di andarsene. Papà era console onorario, ma non aveva l’immunità né la targa diplomatica, niente del genere. Al suo ritorno zia Guachy aveva deciso che quella notte i ragazzi sarebbero rimasti a casa sua, visto che Oscar stava già dormendo. Il giorno dopo, il 2 giugno, la mamma li va a prendere, e Leslie, Oscar e Tony vanno a dormire a casa. A custodire i particolari del giorno in cui lo zio Antonio arriva a casa di zio Julián sono Camilito Suero e Rhina,8 grazie ai fascicoli dell’Archivo General de la Nación che sono stati loro consegnati l’anno scorso. Zio Antonio aveva pensato di raggiungere il confine con Haiti su uno dei camion di zio Julián. Visto che questo non risultò possibile, zio Antonio chiese a zio Julián di parlare con papà. Zio Julián venne a casa nostra e papà gli disse di tornare alle 3 del pomeriggio. Papà andò da Mario Cavagliano e gli chiese di nascondere zio Antonio come aveva fatto con Yuyo D’Alessandro. Mario (e con lui Dirce) rispose: “Come desidera, signor console!”... E dire che Antonio Imbert in vita sua non aveva mai visto Mario! Papà disse a zio Julián di non accendere la luce nella veranda o nella tettoia e che alle 7 in punto sarebbe passato a prenderlo. E così fece. In calle Santiago, prima di calle Máximo Gómez, si accorsero che dietro di loro c’era una vetturetta del Servicio de Inteligencia Militar (sim), i famosi “caliés”. Antonio Imbert pensò di essere stato intercettato e disse a papà che avrebbe affrontato i militari... Papà gli chiese se fosse matto! Quando arrivarono in calle Máximo Gómez, la vettura del sim svoltò all’angolo e papà proseguì verso la casa di Mario Cavagliano. Il 2, quando i figli di zio Antonio e zia Guachy arrivano a casa, papà nota che davanti alla porta dei nostri vicini, i Gutiérrez, c’è un agente del sim. Capisce che tenere in casa i figli di Antonio Imbert può innescare collegamenti pericolosi e far scoprire che anche il padre era stato nascosto da noi e così fulmineamente, senza spiegare nulla a mamma, pretende che lei riporti i figli di zio Antonio a casa loro. La mamma era all’oscuro delle ragioni dietro quella richiesta, però andò ugualmente da zia Guachy per riportarle i ragazzi. Zia Guachy disse alla mamma “che loro erano le ultime persone dalle quali si sarebbe aspettata una cosa del genere”, e intanto si guardavano con le lacrime agli occhi, in preda all’angoscia. Naturalmente con questa mossa papà era riuscito a sviare l’attenzione».

Da sinistra a destra, Liliana Cavagliano Strozzi de Peña con i genitori Mario Cavagliano Broglia e Dirce Strozzi Cavagliano, funzionari dell’Ambasciata d’Italia. (Foto dal giornale «El Siglo»).

L’arrivo, la notte del 2 giugno 1961, di Antonio Imbert Barrera alla legazione italiana nell’automobile di Queco Rainieri è raccontato nei dettagli da Mario Cavagliano Broglia, dalla moglie Dirce Strozzi e dalla figlia Liliana Cavagliano de Peña a pagina 3 del quotidiano «El Siglo» del 3 giugno 1997 nell’articolo a cura di Claudia Fernández La famiglia che ha fatto della protezione dei perseguitati una missione. In tempi e governi diversi la famiglia Cavagliano ha dato rifugio a Guido Emilio (Yuyo) D’Alessandro Tavárez, a Manuel Aurelio (Manolo) Tavárez Justo, al futuro presidente Silvestre Antonio Guzmán Fernández e al leader del Partido Revolucionario Dominicano dottor José Francisco Peña Gómez. È citata nel capitolo 2 dedicato alle famiglie italiane immigrate a Santo Domingo.9

Francisco Rainieri, Console Onorario d’Italia nella Repubblica Dominicana, a un evento ufficiale insieme al Nunzio Apostolico.

Note

1 Il quindicesimo anniversario del loro matrimonio viene citato nella sezione «Ambiente Sociale» del giornale «La Opinión» del 12 aprile 1940. Si recano a Portorico. 2 Nella Chiesa di San Juan Bosco a Santo Domingo, il 23 dicembre 1943. Del matrimonio si parla nella sezione «Il Giorno Sociale» del giornale «La Nación» del 28 dicembre 1943. La residenza dei familiari della sposa è in calle Sánchez 42 a Santo Domingo. 3 Il dottor Manuel Antonio Durán Barrera era figlio di Luis Federico Durán de la Concha e di Adelina Mercedes Barrera Steinkopf, zia del generale Imbert Barrera. Il dottor Durán era pronipote di Juan Tomás Eleuterio de la Concha López, trinitario, eroe dell’Indipendenza e martire della Patria. 4 La dottoressa Gladys de los Santos Noboa, prima odontoiatra di San Juan de la Maguana, era figlia di Juan Justo (Chuchú) de los Santos Orozco e di Dolores Eduviges Noboa Batista, sorella di Clara Luz, moglie del dottor Durán, e sorella del padre del futuro membro del Triumvirato che avrebbe governato il Paese, il laureato Emilio de los Santos Salcie. 5 La zia Guachy è Guarina Mercedes Tessón Hurtado, moglie di Antonio Imbert Barrera; sarebbe scomparsa il 15 febbraio 1970 nell’incidente aereo della Dominicana de Aviación insieme alla figlia Leslie e alla cognata Aída Imbert Barrera vedova Domínguez. 6 Si riferisce a Urania Mueses Pereyra, moglie di Luis Salvador Estrella Sadahlá, uno dei congiurati dell’esecuzione, e ai loro figli Pedro Luis Salvador e Carmen Elly. 7 Mario Cavagliano Broglia, console d’Italia, e sua moglie Dirce Strozzi. 8 Camilito è Camilo Horacio Suero Marranzini, nipote di zio Julián, e cugino di primo grado di Rhina Suero Marranzini, figlia di zio Julián. Camilo Suero Moquete era dentista e governatore di San Juan de la Maguana; su di lui Camilito ha scritto sul giornale «Hoy» del 15 maggio 2011 il testo In Difesa di suo Padre, raccolto da Ángela Peña. 9 Cfr. il saggio di Antonio J, Guerra Sánchez, p. 50.