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storia ecclesiastica

Alessandro Geraldini vs Rodrigo de Figueroa: la Chiesa dominicana, gli encomenderos, 1 il problema degli indios

edoardo d’angeLo Professore di Filologia latina medievale presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli

Nelle Indie spagnole insistono, agli inizi del Cinquecento, solo tre diocesi, suffraganee di Siviglia: Santo Domingo, Concepción de la Vega (entrambe sull’isola di Hispaniola),2 e San Juan sull’isola di Portorico. Il primo vescovo «residente» di Santo Domingo è l’italiano (di Amelia, in Umbria) Alessandro Geraldini, come si dirà diffusamente in questo articolo. Prima di lui era stato nominato, senza però mai diventare effettivo prendendo possesso della sede, Francesco García de Padilla, O.F.M., in precedenza vescovo eletto della effimera diocesi di Bayuna (1504-1511).3 Padilla è presule nella città dominicana tra il 1511 e il 1517, anno della sua morte. La bolla pontificia di nomina di Padilla, però, non va mai ad effetto, dal momento che all’arrivo effettivo in sede del prelato francescano si oppone risolutamente il re spagnolo Ferdinando il Cattolico, che pretende venga prima realizzata una definizione molto chiara dei diritti dei vescovi sulle imposte e le rendite che alle neonate diocesi americane potevano venire dai territori. L’8 agosto 1511 papa Giulio II emana una nuova bolla, la Pontifex Romanus, che riassegna le titolarità delle diocesi americane. Il 13 successivo, alla diocesi di Santo Domingo viene designato appunto Padilla, proveniente dalla contemporaneamente soppressa diocesi di Bayuna.4 La consacrazione avviene il 2 maggio 1512 e il francescano resta nella titolarità della cattedra, come detto, fino alla morte, nel 1515. Il successore di Padilla, Alessandro Geraldini,5 in quel momento vescovo di Vulturara (in provincia di Foggia) nel viceregno spagnolo di Napoli, è nominato vescovo di Santo Domingo con bolla di papa Leone X del 23 novembre 1516.6 Il prelato è in quel momento impegnato in Nord Europa in una serie d’incontri con sovrani per la predicazione della crociata per ordine dello stesso pontefice (ep. 2.4), e quindi non può mettersi in viaggio: è quello che risponde, con l’ep. 2 del 13 settembre 1517, alla commissione di frati Girolamini inviata a Hispaniola dal cardinal Cisneros per controllare e indirizzare il lavoro dei funzionari regi attivi sull’isola, che aveva invitato il neoeletto vescovo a raggiungere la sua sede. E in quella stessa missiva anticipa l’invio di due suoi vicarii et procuratores, suo nipote Onofrio (figlio della sorella Tullia) e il suo criado Diego del Río (ep. 2.8). E con una lettera di esattamente un anno dopo (13 settembre 1518), sempre da Londra (ep. 1), ringrazia i membri del Capitolo della Cattedrale di Santo Domingo di aver accolto tra sé i suoi due vicarii, promettendo il suo arrivo imminente. Ma l’arrivo non è poi così vicino. Bisogna attendere esattamente un altro anno per vedere il vescovo di Santo Domingo mettere il piede sull’isola d’Hispaniola. L’evento si verifica il 17 settembre del 1519, come egli stesso dichiara in ep. 7.11, prima lettera scritta da Santo Domingo, destinata a Carlo V e datata al 6 ottobre. Alessandro Geraldini sembra avere le idee abbastanza chiare sui problemi della sua nuova diocesi, già prima

Un ritratto ad olio di Alessandro Geraldini opera di Vaquero Turcios nella collezione del Museo de las Casas Reales di Santo Domingo.

Nella pagina precedente:

Ritratto d’autore anonimo di Alessandro Geraldini d'Amelia conservato nell’Arcivescovado di Santo Domingo.

di arrivarvi fisicamente. A parte l’Itinerarium, che è scritto ovviamente dopo l’arrivo a Santo Domingo (la data di chiusura «ufficiale» è il 19 marzo 1522: Itin. XVI 40), egli tratta questioni dominicane soprattutto nelle ep. 9, 15, 16, 17, 19, 20, 22 e 25 (16 e 19 sono due Memoralia proprio di richieste per la diocesi). Di queste, la 9, la 15, la 17 e la 20 sono datate a prima della partenza. I problemi, e le soluzioni proposte, possono essere schematizzati come nella tabella che segue (per concessione s’intende la richiesta da parte di Geraldini di poteri o di cose alla sua persona e/o alla diocesi):

probleMa soluzione

L’indigenza economica generale della diocesi e del vescovo • Concessione di indulgenze: ep. 9.14 • Concessione di un giubileo: ep. 19.3, 19.12 • Concessione delle rendite che erano di García de Padilla: ep. 16.5 • Concessione del canonicato al nipote Onofrio: ep. 22 • Concessione del canonicato a Alfonso de Espejo: 16.8 • Tutte le terre della diocesi devono pagare le decime: 16.12 • Concessione della carica di Legato Nato: ep. 19.30, 23.9

L’inesistenza (o il cattivo stato) del Palazzo Episcopale • Concessione di un palazzo di Carlo V: ep. 15.2-4, 20.3

L’inesistenza (o il cattivo stato) della Cattedrale • Concessione di 8.000 ducati stanziati da re Ferdinando: ep. 15.6, 20.4-5 • Invio di reliquie di martiri: ep. 19.7-8, 23.9 • Richiesta di costruzione di una Cattedrale in pietra: Itin. XIII 37-40 • Concessione dell’oro proveniente dalle indulgenze di chi commette violenze contro gli indios: Itin. XVI 32, ep. 19.24

L’inesistenza di un ospedale • Concessione di danaro: ep. 19.11-12

Le violenze e lo sfruttamento degli Spagnoli contro gli indios • Crudeltà degli Spagnoli: Itin. XVI 16-30 • Accusa di genocidio: Itin. XVI 27, ep. 19.22 • Accuse a Figueroa: ep. 25 • Rapine e sopraffazioni: ep. 25.2-3, 25.7

La schiavitù degli indios • Concessione di 100 schiavi indios: ep. 16.5 • Concessione di 40 schiavi africani: ep. 16.6 • Concessione schiavi alla nipote Elisabetta: ep. 18 • Concessione del potere di scelta degli schiavi cristianizzati: ep. 16.1 • La schiavitù per gli indios facilita la cristianizzazione: ep. 19.26-27

L’educazione degli indios • Concessione del potere di nomina di un maestro di scuola: ep. 17.1 • Concessione del potere di organizzazione dell’istruzione dei figli dei cacicchi: ep. 16.4

Può essere interessante soffermarsi sulle posizioni di Alessandro Geraldini relativamente al problema del rapporto tra popolazione nativa americana e gli Spagnoli sbarcati nel Nuovo Mondo. Figlio del suo tempo, Alessandro Geraldini non poteva essere, e non è, contrario alla schiavitù come concetto teorico. Anzi, la ritiene utile proprio da un punto di vista «metodologico»: è bene che i nativi indigeni diventino schiavi di Europei, in quanto questa condizione consentirà la loro conversione al cristianesimo, impossibile altrimenti (ep. 19.26-27); e per questo chiede al Consiglio delle Indie di caricare su di lui, vescovo, la responsabilità dell’attribuzione degli schiavi che sono già cristianizzati, pena la perpetrazione di crimini tremendi da parte di coloro che la esercitano in quel momento (ep. 16.1). Problema nel problema è costituito dall’educazione da impartire ai figli dei caciques, cioè dei nobili delle popolazioni native. Normalmente, questi venivano affidati a dei precettori da parte dei funzionari regii, ma «questi precettori non agiscono affatto per sollecitudine verso coloro che devono istruire, ma secondo l’idea unica dello stipendio da prendere»: così il vescovo chiede di poter controllare e intervenire sul lavoro di questi precettori («che mi sia concesso, se i precettori non si applicheranno bene nel loro lavoro, di correggerli, e, se saranno totalmente inetti, di allontanarli», ep. 16.4).7 D’altra parte, percepisce fino in fondo l’utilità socio-economica della manodopera a bassissimo costo in quel mondo durissimo e complicato. Chiede al Consiglio delle Indie che a lui in quanto vescovo carico di debiti, «siano concessi anche cento schiavi» nativi (ep. 16.5), nonché il permesso «di far portare nell’isola trenta o quaranta etiopi», cioè schiavi provenienti dall’Africa (ep. 16.6). E chiede per sua nipote Elisabetta,8 che si è appena trasferita col marito a Hispaniola, l’attribuzione degli schiavi che erano stati già di un certo Ávila, che aveva collaborato coi Girolamini della commissione finché erano rimasti nell’isola (ep. 18). Alessandro Geraldini è invece duramente contrario ai metodi di conduzione degli schiavi, e in generale dei rapporti coi nativi americani. Anche nell’opera odeporica non mancano parole di condanna per la schiavitù: in maniera abbastanza chiara, ad es., in Itin. V 33. La sua denuncia in questo senso è molto forte e precisa: parla né più né meno che di un genocidio (un milione di morti!) perpetrato dagli Spagnoli a danno delle popolazioni indigene: «... per Dio eterno ed immortale, sono stati sterminati oltre un milione di uomini: un delitto prima di allora sconosciuto, un crimine inaudito in precedenza, un misfatto mai visto in nessun tempo!» (Itin. XVI 27); «gli Spagnoli, una volta morto lo scopritore della regione dell’Equinozio, il ligure

Amelia (Terni), panorama orientale.

Porta Romana (già Porta Busolina) ad Amelia.

Lo stemma Geraldini nella Cappella di Sant’Antonio della Chiesa di San Francesco ad Amelia.

Tomba di Angelo Geraldini (con epigrafe metrica di Antonio Geraldini) nella Cappella di Sant’Antonio della Chiesa di San Francesco ad Amelia.

Tomba di Giovanni Geraldini nella Cattedrale di Santa Firmina ad Amelia.

Il Campanile (detto anche Torre Civica) della Cattedrale di Santa Firmina ad Amelia.

Il palazzo di Battista Geraldini in via Duomo ad Amelia. Colombo, hanno ammazzato in vario modo più di un milione di queste brave persone, che invece avrebbero dovuto essere convertite alla nostra fede con grande attenzione» (ep. 19.22). Ecatombe dovuta innanzitutto agli stenti, alle fatiche e alla fame patiti dai poveri indios nelle miniere dove sono costretti a lavorare; ma anche a tanta, gratuita, violenza fine a se stessa: «Un’altra parte di uomini invece, trasferita in luoghi remoti sulle montagne, alimentandosi solo di granchi, moriva sotto lo sforzo; oppure, non avendo nessun riposo durante il lungo lavoro, esalavano l’anima improvvisamente, o venivano uccisi con un colpo di spada da parte di coloro che erano a capo di quell’infelice gente» (Itin. XVI 19); «aggiungo, su Dio immortale! - infatti ho aborrito dalle fandonie sin da ragazzo - che molti dei nostri Spagnoli, uomini che non avevano niente in comune con la nobiltà d’animo, quando desideravano provare se la lama delle spade tagliava bene o male, tagliavano una gamba o un braccio o i corpi nudi di quegli uomini innocentissimi!» (Itin. XVI 24). Inviato dal Consiglio delle Indie a Santo Domingo il 19 agosto dello stesso 1519, il licenciado Rodrigo de Figueroa9 ha come primo incarico di verificare il comportamento di Alonso de Zuazo, suo predecessore nell’amministrazione di Hispaniola; ne prende poco dopo il posto quale governatore di Hispaniola.10 L’amministrazione di Figueroa risulta assai rapace, anche perché egli s’invischia in numerose iniziative imprenditoriali che prevedevano lo sfruttamento estremo degli schiavi: traffico delle perle dal Venezuela, insieme con l’alcalde Antonio Flores e con Juan de Córdoba e Juan de Herrera de Huelva; in Hispaniola ha interessi nelle nuove miniere di Buenaventura: partecipa all’industria dello zucchero di Azua insieme con Gutiérrez de Aguilón; ha interessi nelle piantagioni nel nord dell’isola insieme a Juan de León. All’arrivo del nuovo viceré Diego Colombo, nel 1520, resta sottoposto a processo da parte del licenciado Cristóbal Lebrón11 e rimane condannato

per molti abusi; egli si appella al Consiglio delle Indie, tornandosene a Siviglia. Nel 1522 arriva la sentenza che prevede una condanna pecuniaria e l’esclusione dai pubblici servizi. Quando, quel 17 settembre del 1519, Alessandro Geraldini sbarca a Santo Domingo, il potere politico spagnolo è rappresentato da Rodrigo de Figueroa. E lo scontro titanico è tutto delineato nell’ep. 25, diretta al cardinal Adriano,12 un vero e proprio j’accuse dell’Amerino contro le malversazioni degli amministratori spagnoli sull’isola, e di Figueroa nello specifico che sembra «non cercare il bene pubblico alla maniera degli antichi governatori romani, ma derubare largamente tutta la gente, portar via ai popoli tutti i beni. Anche i villaggi dell’isola sono saccheggiati, quei territori sventuratissimi vengono completamente distrutti, mentre lui cerca non l’equità ma il guadagno» (ep. 25.1-2). Del clima di tirannide e di calunnia instaurato dal licenciado è rimasto vittima lo stesso Diego Colombo, oltre ad Alonso de Zuazo. «Figueroa, uomo empio e palesemente disumano, si è spinto oltre, perché, sentendo i Francescani condannare dai pulpiti pubblici della regione i ben noti guadagni dei suoi familiari, che derubavano largamente tutta l’isola e spartivano il guadagno in comune con lo stesso Figueroa, pensò di trucidare una parte di essi, di colpire con le frustate degli Etiopi un’altra parte, e di condannarne all’esilio altri ancora» (ep. 25.7). Il racconto di quello che succede la notte del 25 aprile 1520 è terrificante9. Il governatore di Santo Domingo, a capo di una squadra di sbirri, ordina la cattura del sacerdote Manrique Totalora che viene afferrato per le mani e per i piedi e trascinato fuori dalla chiesa per le strade della città. A quel punto Figueroa piomba in Cattedrale, e fa catturare un ragazzino che partecipava a un rito su ordine del vescovo Geraldini: «Buttata giù la porta tirò fuori da quel luogo un ragazzino, adornato con una corona di Cristo, che si trovava sulla torre della chiesa, che gridava di star eseguendo un incarico del vescovo... e che fuggiva attraverso le parti interne più segrete della chiesa. In quel tumulto, quando soltanto un prete che era nel tempio disse che ciò non era gradito al vescovo, quell’eretico proclamò ad alta voce che avrebbe impiccato il vescovo e gli altri canonici, ubriachi, traditori e avvinazzati! Subito dopo, mentre impiccava il ragazzino, anche alcuni esponenti della distinta nobiltà di Santo Domingo, accortisi della scelleratezza dell’uomo, a volto coperto, liberarono di forza il ragazzo prima che spirasse» (ep. 25.10-12). In una lettera al Consiglio delle Indie Figueroa fornisce la propria versione assai minimizzante dell’episodio, chiedendo all’arcivescovo di Siviglia di commissariare il vescovo, in quanto «inutile»:13 «Este Obispo Geraldini que está acá, es de todo punto inútil; no tiene más entendimiento que un niño. Necesita de coadiutor. Una noche a las diez salí a despartir a un preso; e porque no le consentí repicar campanas, e allegar armados e hice algún castigo, en quien repicó, está quejoso de mí» (in Appendice 1.). Si potrebbe pensare a un banale episodio di scontro Chiesa/Stato, ma qui Figueroa non rappresenta la Corona spagnola, bensì gli interessi personali propri e dei suoi «complici»: questo è chiaro dall’esito del processo poi subito dal governatore.14 Figueroa, come chiede Geraldini, è incolpato dalla giustizia del re e imperatore Carlo V, che organizza un «giudizio di residenza» da parte del licenciado Cristóbal Lebrón contro il governatore nell’aprile 1521: la lettera regia datata a Burgos l’11 aprile 1521 attribuisce a Lebrón la carica di uditore della Audiencia e giudice degli appelli, al posto di Figueroa, che viene sospeso dall’incarico e sottoposto a giudizio di residenza.15 E la missiva regia diretta all’ammiraglio Diego Colombo, viceré e governatore dell’isola di La Hispaniola, dice «que aquí [en España] se ha sabido la no buena gobernación que el licenciado Figueroa ha hecho en esa isla, por lo cual se envía al licenciado Cristóbal Lebrón para que le tome residencia de sus cargos, recomendándole a él, ayude y favorezca en todo a este».16 Come anche non devono sorprendere, facendo pensare a contraddizione ideologica, o peggio a un «predicar bene e razzolar male» da parte del vescovo di Santo Domingo, le diverse iniziative intraprese nella sua concreta vita di pastore (al punto che Jesús Paniagua e Carmen Vázquez ritengono addirittura possa trattarsi di passaggi del testo dell’Itinerarium interpolati).17 Ma le oscillazioni ideologiche si spiegano facilmente alla luce delle esigenze concrete della quotidiana conduzione di una diocesi tanto problematica. E comunque, che l’atteggiamento di Alessandro Geraldini verso il fenomeno della schiavitù sia quantomeno binario (teoria/prassi), se non addirittura «plurale», pare dimostrato da quanto egli afferma a brevissima distanza in due passaggi dell’inizio del libro XII dell’Itinerarium: a XII 3 l’Amerino bolla negativamente la consuetudine degli abitanti

della patria Guiea (Guinea) di vendere propri parenti a mercanti stranieri; a XII 9 dice che nella stiva della sua nave ci sono dei marinai africani che erano stati catturati poco prima! Solidarietà cristiana e rifiuto della violenza gratuita, ed esigenze economiche e logistiche, coesistono. Una cosa è far lavorare (sottopagandoli) gli indios, un’altra è farli morire di stenti o ucciderli per un nonnulla. L’urlo di pietà e di rabbia del primo vescovo residente delle Americhe sembra ancora rimbombare (Itin. XVI 25): «Aggiungo, Padre beatissimo [papa Leone X], che per un nonnulla, per soddisfare la loro abominevole libidine rapivano dal grembo delle misere madri i figli adducendo qualcosa come pretesto; e con una violenza inesorabile, davanti alla madre, li sbattevano contro una trave o una pietra, e uccidevano lì per lì quella che volevano delle madri che ancòra gridavano!». Emblematiche allora, diventano, le parole pronunciate dall’arcivescovo di Santo Domingo, monsignor Francisco Ozoria Acosta, durante il Te Deum tenuto nella cattedrale dominicana il giorno 19 settembre 2019, in seno alle manifestazioni per il cinquecentenario dell’arrivo di Geraldini in America. Con il vescovo italiano siamo al momento fondativo della Chiesa non soltanto di Santo Domingo, o di Hispaniola, ma all’atto di nascita, al vero e proprio battesimo di tutto il continente americano. È, come Geraldini stesso immagina (ep. 19.21) di far scrivere in un’epigrafe da collocare sulle pareti della «sua» Cattedrale, che è da quel momento che «gli dèi tremendi sconfitti dal pontefice massimo Leone X, e inviati dalla regione dell’Equinozio dal vescovo Alessandro Geraldini, adesso tacciono, ma prima parlavano».

Appendice 1 Santo Domingo, 6 luglio, 1520 Rodrigo de Figueroa all’imperatore Carlo V (Colección de documentos inéditos, sacados del Real Archivo de Indias, I, Madrid 1864, pp. 418-419).

«Aquí tenemos infinitos enojos é perjuicios á la jurisdicción Real por las descomuniones muchas é muy injustas que los oficiales de las iglesias catedrales ponen á las justicias, por no tener superior. Convendría que el arzobispo de Sevilla tuviese aquí un oficial á quien recurriésemos.

Este obispo Geraldino, que acá está, es de todo punto inútil: no tiene más entendimiento que un niño. Una noche á las diez salí á despartir á su provisor é clérigos que se alanceaban con los oficiales de la Cruzada sobre un preso; é porque no le consentí repicar campanas é allegar coronados, é hize algún castigo en quien repicó, está quejoso de mí.

El obispado de la Vega está perdido por no estar aquí el obispo, é haber un provisor idiota, hombre perdido que se llama, arcipreste é D. Juan de Santa María, hermano de un herrero que aquí está; solo piensa en apañar dinero.

No hay quien sufra los desacatos e resistencias con armas á la justicia. Me ha sido necesario para hacerme obedecer amenazar de mandalles presos á su superior, e hacerles sobreseer las pagas, e otras maneras de culpas. No dudo se quejarán de mí».

Note

1 Encomienda / encomenderos. L’encomienda, istituzione spagnola di origine medievale, fu introdotta dalla Corona nelle colonie d’America nel xvi secolo. Essa consisteva nella concessione in usufrutto agli encomenderos (coloni spagnoli trasferitisi nelle Indie) di determinati territori e degli indigeni che vi abitavano. L’encomendero ne ricavava un profitto, sotto forma di tributi in natura o di lavoro non retribuito, ma, in cambio, doveva educare gli indigeni nella fede, istruirli e proteggerli. L'encomienda non implicava la proprietà sugli indios ed era una concessione non ereditabile. 2 Il primo Vescovo a Concepción de la Vega è Pedro Suárez de Deza, che fu il primo a raggiungere l'isola di Hispaniola, probabilmente nel 1514; tra i suoi primi atti vi fu la benedizione della posa della prima pietra della Cattedrale di Santo Domingo. Suárez Deza fu anche l’unico Vescovo della Diocesi di Concepción, che fu soppressa nel 1527 e unita alla Diocesi di Santo Domingo. 3 La Diocesi di Bayuna fu una effimera (1504-1511) Diocesi delle Antille spagnole, con sede a Lares de Guahaba. Viene fondata il 15 novembre 1504, e dipende dall’Arcidiocesi di Siviglia. Soppressa l’8 agosto 1511, il suo unico Vescovo sarà trasferito alla Diocesi di Santo Domingo. 4 Il suo compatriota Alfonso Manso, Vescovo eletto di Magua, fu riassegnato alla Diocesi di Portorico e Pedro Suárez de Deza, Vescovo eletto di Hyaguata, alla Diocesi di Concepción de la Vega. 5 Aggiornate biografie di Alessandro Geraldini sono in: e. d’an-

gelo e r. Manfredonia, Dall’Umbria al Mediterraneo all’Atlantico. Alessandro Geraldini, Itinerarium ad regiones sub Equinoctiali plaga constitutas, Università di Genova, Genova 2017, pp. 9-36; e e. d’angelo, Alexandri Geraldini Amerini varias Epistolae XXVI necnon Orationes IV, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Roma 2018, pp. vii-xxxviii. Da queste due edizioni sono tratte le citazioni dell’Itinerarium ad regiones sub Equinoctiali plaga constitutas (Itin.), e delle epistole (ep.) ed orazioni (or.). 6 Nombramiento Obispo Santo Domingo: Alejandro de Geraldini, Archivo General de Indias, Siviglia, 1516. Patronato Real, 1.N.14.R.1. La bolla è pubblicata negli Atti del Convegno tenutosi sulla figura di Alessandro Geraldini in Santo Domingo dal 17 al 18 settembre 2019. 7 L’importanza dell’istruzione nella nuova Diocesi è testimoniata anche dall’ep. 17, nella quale Alessandro Geraldini chiede a Carlo V il potere di nominare il maestriscolia della Cattedrale. 8 Elisabetta/Isabella è nipote di Alessandro Geraldini in quanto figlia del fratello Costantino. Non si conosce il nome del marito della nipote. 9 La nomina di Rodrigo de Figueroa viene firmata dal re a Saragozza l’1 dicembre 1518: agis, Indiferente General, 419.L.7, f. 801v-803r. 10 Alfonso di Zuazo, giudice di Residencia a Santo Domingo, su ordine del Cardinal Cisneros, aveva accompagnato a latere, con ampi poteri amministrativi e criminali, la commissione di padri Girolamini per controllare e relazionare sui rapporti tra europei e indios nel Nuovo Mondo (dicembre 1516: agis, Indiferente General, 419.L.6, f. 606r-606v). Alla morte di Cisneros viene inviato Rodrigo de Figueroa per sindacarne l’operato. Zuazo è costretto ad andarsene a Cuba, e al suo posto nominato appunto Figueroa. 11Cristóbal Lebrón de Quiñones (agis, S. Domingo, 13.n.19) viene nominato nel giugno 1515 giudice di Residencia della Real Audiencia di Santo Domingo da Diego Colombo, cessando nell’ufficio nel 1516 all’arrivo della commissione di Girolamini nominata dal Cardinal Cisneros. L’11 aprile 1521, sotto il secondo viceregno di Diego Colombo, Lebrón riceve nuovamente la nomina di giudice (Agis, Indiferente General, 420.l.8, f. 280r). 12Per l’identificazione di questo personaggio si veda d’angelo, Alexandri Geraldini cit., p. 141. 13 r. M. tisnés jiMénez, C.M.F., Alejandro Geraldini, primer Obispo residente de Santo Domingo en la Española, amigo y defensor de Colón, Arzobispado de Santo Domingo y Oficina de la Obra y Museos de la Catedral Metropolitana de Santo Domingo, Primada de Indias, Amigo del Hogar, Santo Domingo 1987, p. 222. 14 http://www.mcnbiografias.com/app-bio/do/show?key=figueroa-rodrigo-de. 15 agis, Indiferente General, 420.L.8, f.250r-281r. 16 Consejo de Indias, Burgos, 4 aprile 1521: Agis, Indiferente General, 420, L.8, f.287r-287v. 17 c. gonzález vázquez e j. paniagua pérez, Alejandro Geraldini. Periplo hasta las regiones ubicadas al sur del equinoccio, Universidad de León, León 2009, pp. 70-71.