tamtàm democratico #4

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DOCUMENTO

I cattolici e la ricostruzione italiana

la religione, sostanzialmente, non debba avere campo operativo nella vita pubblica. Quando parliamo di laicità, credo, dobbiamo decidere, a proposito di questa parola pluri-senso che ha vagato e vaga, in quale contesto storico, politico e culturale la mettiamo.

materno che nessuno può disconoscere!

Benedetto rivendica come il portato di una cultura cristiana.

Ma il punto sta diventando un altro: questo concetto di Stato laico ci consegna un'idea di Stato agnostico, neutrale in termini di valore, o solo tollerante? Se lo concepiamo così, è chiaro che ci

Così cominciamo ad avvicinarci sempre di più al tema: I diritti umani sono una convenzione ovviabile e revocabile tra uomini? Questa concezione è il portato di una cultura

È giusto ribadire la peculiarità della religione cristiana, il suo grande portato culturale rispetto ad altre religioni; l'essere cioè riuscita a fondare e a trasmettere un'idea di distinzione fra le due sfere In questo momento noi la stiamo utilizzando nel contesto che è intervenuto all'affermarsi delle democrazie pluraliste, degli stati costituzionali che hanno affermato una laicità dello Stato, dandole il senso di opposizione a uno Stato etico e confessionale; il senso di uno Stato che codifica l'autonomia della sfera temporale dalla sfera spirituale e religiosa. Fa bene la Chiesa a rivendicare l'origine di questa autonomia, come ha fatto Papa Benedetto recentemente: date a Cesare quel che è di Cesare dicono i sinottici, inequivocabili! È vero che la storia ci consegna, nella grande civilizzazione cristiana, un'esondazione del politico sul religioso in oriente, un'esondazione del religioso sul politico in occidente. In ogni caso, alla fine è giusto ribadire la peculiarità della religione cristiana, il suo grande portato culturale rispetto ad altre religioni; l'essere cioè riuscita a fondare e a trasmettere un'idea di distinzione fra le due sfere. Questo deve essere riconosciuto, e ci rimanda a quel linguaggio

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sono aporie e contraddizioni enormi. Papa Benedetto al Bundestag lo ha messo in evidenza. Semplificando: sei tollerante anche con gli intolleranti? Ma al di là di questo, credo ci sia un punto di fondo. La convivenza umana, di per sé, presuppone (che ciò sia codificato o meno) una base condivisa, un qualche valore condiviso: se no, non sta in piedi. Il relativismo assoluto, dal lato dei valori, è la bomba N della convivenza, la rende impossibile. Partiamo da questo dato di fatto: qualsiasi società umana per tenersi assieme, che lo codifichi o che non lo codifichi, deve avere un qualche tessuto, esplicito o implicito, che sia regolativo: se no non c'è nulla, non c'è neanche il nichilismo! E quindi quel tipo di Stato deve darsi un qualche elemento basico valoriale condiviso, per non cadere nelle contraddizioni e nelle aporie della neutralità assoluta. Qui sono arrivati i diritti umani e/o diritti naturali, che molti hanno messo nelle costituzioni e che papa

naturalistica, scientistica; capisco che un credente, una religione, non possano accettarla. Allora dobbiamo dire che i diritti naturali e umani sono pronunciabili solo se hanno una base teologica? Cioè: il copyright della ragione lo ha la fede? Non può avere fondamento ultimo una ragione che non sia certificata dalla fede, e quindi il diritto naturale ha questa fissità teologica? Anche questa rigidità, lasciatemelo dire, un non credente fa fatica ad accettarla. Fa fatica. Perché vede sostituire il dogma della fede con il dogma della ragione di chi ha la fede! Io preferisco un'altra idea. L'idea che ci sia una connessione tra questi diritti naturali e umani e il cammino dell'uomo, e l'evoluzione della convivenza. Una connessione tra questi diritti e un uomo che può umanizzarsi, diventare propriamente uomo, oltre la dimensione puramente naturalistica. Mi fermo a questa battuta ma si potrebbe, naturalmente, approfondire. Secondo me una visione di questo genere lascia uno spazio


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