La Ceramica Moderna & Antica

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Maschera apotropaica, ceramica smaltata, Seminara, Collezione Museo Etnografico “Raffaele Corso”, Palmi.

In basso: Maschera apotropaica, ceramica smaltata, grande dimensione, Collezione Museo Etnografico “Raffaele Corso”, Palmi.

produttivi, dai materiali alla lavorazione, dalle tipologie alle cotture, al significato; non si può imbrattare un coccio con colori acrilici a freddo e parlare di “Magna Grecia”. La Grecia dei grandi pensatori, dei filosofi dalle mille domande, (qui nessuno si domanda niente), la Grecia instauratrice di Democrazia, la Grecia dell’Agorà. E poi, dove sono i luoghi di Ulisse, dov’è quel mitico mare azzurro e cristallino tanto decantato? Oggi purtroppo la realtà è molto più cruda, le Sirene non cantano più e soprattutto non incantano più e Poseidone è sempre più adirato. Probabilmente vi chiederete cosa c’entri tutto questo con la ceramica. C’entra, c’entra perché è tutto collegato, la ricchezza di spirito produce bellezza ed economia, mentre la cultura dell’improvvisazione, la mancanza di progettualità, il non chiedersi, la poca attitudine al dialogo, la mancanza di meritocrazia alla fine producono solo pochezza. Non intendo dare responsabilità specifiche, che ognuno trovi la sua, la riconosca, la metabolizzi e ne faccia buon uso. Con questo non voglio certo dire che in Calabria non vi siano bravi ceramisti, ma qualche rondine non fa primavera. E allora, forse, potremmo affidare la soluzione dei problemi di questo maledetto malocchio che pervade il territorio calabrese alle ceramiche di Seminara. Dobbiamo sperare che le maschere apotropaiche facciano effetto, realizzate per allontanare gli spiriti maligni e tutte le negatività. Sono oggetti dalla forte carica simbolica, volti umani in segno di sberleffo, maschere linguacciute con lo sguardo ipnotico e orecchie a sventola, o i ricci dai numerosi aculei a scacciare i mali proditoriamente introdottisi. Tuttavia, siccome non è sufficiente rimuovere il male, ma si desiderano anche bene e felicità, intervengono gli oggetti propiziatori, come i mascheroni cornuti che procurano la fertilità dei “Campi” e la fecondità della “Donna”. Le ceramiche di Seminara sono realizzate con argille ad alto contenuto di ossido di ferro reperita sul luogo. Sono ceramiche dalla forte e intensa colorazione, il giallo, il verde e il blu sono i colori predominanti. L’attività ceramica risale a tempi remoti, alla fine dell’Ottocento erano presenti sul territorio circa trenta fornaci con relativi mulini azionati a mano per la macinazione degli smalti; quasi certamente oggi con i forni elettrici trenta non li troviamo su tutto il territorio calabrese. Gli abitanti venivano chiamati “stagnacanteri” da “Càntaro”, vaso liturgico di età paleocristiana, e ancora prima “Kàntharos”, tipica forma della ceramica greca. La lavorazione in passato era soprattutto finalizzata alla manifattura di oggetti necessari alle esigenze della casa e del lavoro quotidiano, mentre quelle odierne hanno più un valore prettamente decorativo. Anfore biansate, “lancelle”, “cannate”, orci abborchiati detti “porroni a riccio”, borracce a forma di pesce sono le forme più conosciute. Molto caratteristiche sono le bottiglie e le fiasche a figura umana, e i cosiddetti “babbuini” o “babbaluti” di Seminara, grosse brocche ed orci antropomorfi con la parte anteriore a forma di grotteschi mascheroni, con funzioni apotropaiche. Alcune di queste ceramiche realizzate dal Cavaliere Paolo Condurso, furono

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