Il Cappellaio di Alice|Lewis Carroll e John Tenniel - Scrittura e immagine

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Chiara Protani

Il Cappellaio di Alice Lewis Carroll e John Tenniel Scrittura e immagine






Dipartimento Progettazione e Arti Applicate Scuola di Progettazione Artistica per l’Impresa Diploma di Laurea di I Livello Corso di Grafica Editoriale Anno Accademico 2014/2015


DIPLOMA DI I LIVELLO TRIENNIO INDIRIZZO DI STUDIO: GRAFICA EDITORIALE COORDINATORE DEL CORSO: ENRICO PUSCEDDU DOCENTE DI EDITORIA D’ARTE: MASSIMO ARDUINI

Il Cappellaio di Alice

Lewis Carroll e John Tenniel Scrittura e Immagine

Candidata

Relatore

Chiara Protani

Mariano Apa

Matricola 11114

ANNO ACCADEMICO 2014/2015



INDICE INTRODUZIONE Lewis Carroll

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LE MILLE E UNA STAMPA La questione delle edizioni

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ATTRAVERSO LO SPECCHIO E QUEL CHE BALTHUS VI TROVÒ L’arte di Balthus

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IL PRIMO ILLUSTRATORE DI ALICE John Tenniel. Vita e Opere

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ALICE E ALTRI PITTORI Arthur Rackham Salvador Dalì Rebecca Dautremer

57 65 73

DALL’INCISIONE ALLA COLORAZIONE Capitoli e Schede Tecniche

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IL LINGUAGGIO GRAFICO Parola e Immagine

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TRA REALTÀ E FANTASIA Quentin Massys Jan Savery

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A OGNI COLORE IL SUO SIGNIFICATO Schede Tecniche

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A OGNI VESTITO IL SUO COLORE Schede Tecniche

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“NON NE HO DI MIEI...FACCIO IL CAPPELLAIO!” Il Cappellaio di Alice

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DAL MAZZO DI CARTE... Primo Progetto

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...AL QUADRANTE DI UN OROLOGIO Secondo Progetto

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LA STORIA DELL’EDITORIA Conclusione

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INTRODUZIONE


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LEWIS CARROLL

N

Il reverendo Charles Ludwing Dodgson alias Lewis Carroll ritratto nel 1875.

el 1856, ormai più che ventenne, il giovane Charles Lutwidge Dodgson mutò il suo nome in Lewis Carroll per la prima volta. Questo fatto è stato determinato dalla pubblicazione di una poesia romantica dal titolo Solitude, pubblicata sulla rivista The Train. Benché la poesia non fosse molto originale, l’espediente usato per trovare un altro nome con cui identificarsi è già la base da cui partire per capire l’intelligenza e l’ironia di quest’uomo. Lewis Carroll non è altro che una variazione ironica e alquanto giocosa del suo nome originale: Lewis è la versione inglese del nome Ludovicus da cui poi deriva Lutwidge; invece Carroll è l’anglicizzazione di Carolus, nome latino che corrisponde in inglese a Charles. Che sia stato per puro divertimento, oppure no, voler trovare un nome d’arte con cui immedesimarsi, nulla avrebbe fatto pensare che da quel giorno Dodgson avrebbe vissuto due vite parallele. Ma prima di quell’anno, prima che lui inventasse lo pseudonimo che lo rese famoso, Charles aveva avuto un’infanzia come tante altre. Figlio di un pastore anglicano, nacque il 27 Gennaio 1832 a Daresbury, nei pressi di Manchester. Di buona famiglia, i suoi parenti seguivano da anni ormai due professioni tipiche, l’esercito o la carriera ecclesiastica, in quanto appartenenti alla borghesia medio/alta di quel tempo. Il suo bisnonno seguì infatti la strada della chiesa arrivando fino alla nomina di vescovo, invece suo nonno intraprese la carriera militare. Terzo di undici fratelli, all’età di undici anni si trasferì dal Manchester allo Yorkshire dove rimase per ben venticinque anni. La sua intelligenza cominciò ad affiorare già all’età di sette anni dove, per il momento, trovò uno sbocco tra i libri che leggeva. Per i primi anni della sua vita studiò a casa seguito da un insegnante privato. Solo all’età di dodici anni Charles potette studiare in una scuola privata che si trovava a Richmond dove, a quanto pare, si trovò molto a suo agio, ma nel 1845 proseguì la sua carriera scolastica alla Rugby School dove quel suo agio che aveva trovato a Richmond non gli fu concesso a causa di alcuni “disturbi notturni”, a cui lui stesso alludeva. La sua intelligenza però lo portò avanti primeggiando senza alcuna difficoltà in qualsiasi materia e sbalordendo persino i suoi docenti, soprattutto un professore di matematica che non aveva mai visto in un ragazzo della sua età un talento simile. Già da allora cominciò a pubblicare poesie e disegni umoristici su giornali scolastici oppure per divertire i fratelli. Dopo tre anni trascorsi, mal volentieri, nella Rugby School, Charles si 13


Alice Liddel, foto scattata da Charles Dodgson. Christ Church, Oxford, estate del 1858.

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iscrisse nel 1850 nella stessa scuola che frequentò suo padre la Christ Church di Oxford, ma non trascorse molto tempo dalla sua iscrizione, che subito ricevette la notizia che la madre venne a mancare a causa di una malattia al cervello, difficile da diagnosticare. Una notizia del genere però non lo turbò minimamente e dopo i funerali tornò subito a Oxford, continuando imperterrito nei suoi studi e ricevendo anche numerosi riconoscimenti per i suoi risultati così notevoli. Alla fine nel 1854 si laurea in matematica e subito dopo gli venne assegnata una cattedra che terrà per il resto della sua vita. Prima delle carriera da professore fu nominato anche Mathematic lecturer, carica che tenne fino al 1881. Sempre ad Oxford gli fu diagnosticata una forma di epilessia che a quell’epoca era un totale fardello dal punto di vista sociale. Alcuni sostennero anche che questo sintomo possa aver ispirato degli elementi caratterizzanti per la creazione dei suoi personaggi nelle opere da lui realizzate. Oltre all’arte della letteratura Charles Dodgson si interessò anche all’avvento della fotografia. Questo “strumento” si rivelò per lui ideale per esprimere al meglio la sua filosofia personale di grazia e di bellezza che rispecchiava attraverso il teatro, la poesia, la letteratura e forse anche nella matematica. Per bellezza e grazia Charles sembra voler attribuire questi due aggettivi alla figura umana ripresa nell’aspetto giovanile delle bambine racchiuse nell’età tra i cinque e i sedici anni. Benché nelle sue fotografie ritraesse molto spesso la bambina Alice Liddell, che lo rese famoso con il romanzo Alice in Wonderland, la sua modella preferita fu Alexandra Kitchin (Xie). La ritrasse nelle sue fotografie da quando era bambina fino all’adolescenza, provò anche a chiedere alla sua famiglia di poterla fotografare in costume da bagno, ma ciò gli fu negato. Alcune sue foto, che ritraggono bambine nude, contribuirono ad accentuare le voci sulla sua presunta pedofilia, alcune di quelle foto furono distrutte, altre invece restituite alle famiglie a cui appartenevano e solo qualche foto è arrivata sino a noi. Purtroppo quello che nessuno in quell’epoca vittoriana riuscì mai a capire era che Charles voleva semplicemente ritrarre le sue giovani modelle sotto un aspetto libero dalla convenzione, dalla simbologia e dalla mentalità vittoriana. La fotografia fu anche uno strumento molto vantaggioso per lui, grazie


Particolare di una foto scattata da Dodgson, ritrae Alice, Edith e Lorina Liddell, estate del 1860.

ad esso riuscì ad entrare in circoli molto esclusivi e a fare la conoscenza di personaggi influenti e famosi di quell’epoca che possono averlo portato alla fama che gli venne riscontrata allora. In fin dei conti è proprio grazie a tutto ciò, che lui ha fatto amicizia con Harry, Ina, Alice e Edith Liddell. Certamente, parlando in questo modo, si può benissimo pensare che la fotografia potesse essere solo un pretesto per poter scalare la sua vetta sociale. Ma, come abbiamo spiegato prima, per lui era solo un fine creativo con il quale poteva entrare in contatto con persone che racchiudevano un mondo dove solo la creatività e l’estro dell’essere umano trovavano maggior sbocco. Pittori, scrittori, poeti oppure attori di teatro, persone a cui era permesso sperimentare l’immaginazione nella più totale delle libertà, senza alcun vincolo o costrizione.Era il mondo che Dodgson bramava di più e che ai suoi occhi si avvicinava molto alla realtà espressa con gli occhi e la fantasia di un bambino. Per quanto riguarda la sua carriera letteraria Charles Dodgson cominciò a pubblicare negli anni fra il 1854 e il 1856, sia per le riviste come il The Comic Times sia su giornali locali come il Whitby Gazette o lo Oxford Critic,poesie e racconti di genere comico o satirico, anche se la cosa non lo entusiasmò più di tanto. Durante quel periodo arrivò a Christ Church un nuovo rettore di nome Henry Liddell, Charles fece subito amicizia con quest’ultimo, conoscendo così anche la famiglia del rettore e stringendo una forte legame con le sue tre figlie, tra cui Alice Liddell. Era solito passeggiare e fare lunghe gite in barca e, visto che per lui era normale raccontare storie per far divertire gli altri, durante una di quelle gite, assieme alle tre sorelle, pose le basi per narrare una grande avventura al solo scopo di divertirle. Fu proprio Alice a insistere perché quel racconto fosse messo per iscritto e nacque così un manoscritto dal titolo Alice’s Adventures Under Ground (Le avventure di Alice sottoterra). Charles non si decise subito a voler pubblicare all’istante quell’opera e solo in seguito sottoporre il manoscritto ad un editore. L’editore in questione fu Macmillan il quale, dopo aver letto il racconto, lo apprezzò subito e decise così di pubblicarlo immediatamente, ma la cosa non si rivelò così facile. Furono fatte molte revisioni prima di avere uno scritto definitivo e per quanto riguardava il titolo del romanzo vennero presentate parecchie idee le quali furono scartate quasi subito, non riuscendo a trovare un titolo adatto a quella storia. 15


Alexandra “Xie” Rodha Kitchin, foto scattata da Dodgson nel 1873.

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Tra quelle idee ci furono titoli come: Alice Among the Fairies (Alice tra le fate), oppure Alice’s Golden Hour (L’ora dorata di Alice), Alice’s Adventures Under Ground (Le avventure di Alice sottoterra), fino ad arrivare ad Alice’s Adventures in Wonderland (Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie) che molto spesso venne abbreviato in: Alice in Wonderland (Alice nel Paese delle Meraviglie). C’è da aggiungere che, benché in Inghilterra le copie presentano il titolo per esteso: Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, in Italia si fa uso di più alla sua abbreviazione: Alice nel Paese delle Meraviglie. La prima uscita del romanzo fu nel 1865 anno in cui l’autore decise di non firmare il libro con il suo vero nome, ma di utilizzare lo pseudonimo di Lewis Carroll, già usato nella pubblicazione della poesia Solitude. Il successo che ne conseguì fu immediato e la fama lo travolse all’istante e Lewis Carroll divenne subito un personaggio pubblico amato e stimato. Quella fama però non lo distrasse minimamente dai suoi doveri. Rimase a detenere la cattedra di insegnante al College di Oxford fino 1881e continuando a condurre la sua vita come sempre. La pubblicazione di quel romanzo e il successo ottenuto lo spinsero a scrivere altre opere letterarie prima fra tutte un seguito delle avventure di Alice pubblicato nel 1872 con il titolo Through the Looking-Glass and what Alice Found There (Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò). Per un’altra bambina, Gertrude Chataway, creò un breve poema “nonsense” dal nome The Hunting of the Snark (La caccia al drago) pubblicato nel 1886, durante un suo viaggio in Russia e infine nel 1889 pubblicò l’ultima sua opera, una raccolta di poesie umoristiche e viziate da un certo moralismo: Sylvie and Bruno (Sylvie e Bruno), tradotto e pubblicato in Italia nel 1979, con un seguito scritto nel 1893 intitolato Sylvie e Bruno, Concluded (Le conclusioni di Sylvie e Bruno). Senza lo pseudonimo di Lewis Carroll scrisse e pubblicò anche trattati di logistica e di matematica, tra i quali Euclid and His Modern Rivals (Euclide e i suoi rivali moderni) e Curiosa Mathematica entrambi risalenti al 1888 – 1893. In precedenza realizzò anche altre due opere sempre di logistica pubblicandone una nel 1860: A Syllabus of Plain Algebrical Geometry (Sommario di geometria algebrica piana) e un altro sei anni dopo: Condensation of Determinants (Teoria dei determinanti). La sua morte risale al 14 Gennaio del 1898 dopo una breve malattia a Guild – Ford, nel Surrey.


Sulla personalità di Carroll si disse anche che soffrisse di attacchi di epilessia e di balbuzie, due particolarità, se così le si vuol chiamare, che inserì anche in alcuni personaggi da lui creati all’interno dei suoi romanzi, dandogli forse quel tocco in più di follia o di gesti bizzarri. ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Alice’s Adventures in Wonderland, il cui titolo è stato tradotto nella versione italiana in Alice nel Paese delle Meraviglie, presenta uno straordinario mondo di fantasia popolato da strani animali; bruchi che fumano narghilè, carte da gioco che hanno sembianza umane, fenicotteri usati come mazze per il croquet e regine che si divertono a decapitare le persone con molta nonchalance. Mentre Alice era stanca di stare di fianco alla sorella intenta a leggere un libro “senza figure e senza dialoghi”, all’improvviso passa un coniglio bianco dagli occhi rosa vestito con giacca e panciotto che corre disperato ripetendo a se stesso “Povero me! Povero me! Sto facendo tardi” mentre guardava preoccupato il suo orologio e non facendo minimamente caso alla bambina. Il Coniglio entra in una tana e Alice, senza rifletterci, lo segue trovandosi prima in una buia galleria e poi precipitando in una sorta di pozzo arredato con scaffali, credenze e vasetti. Durante la caduta comincia a riflettere sulla lunghezza di quello strano pozzo, iniziando anche ad afferrare e a riporre i vari oggetti e pensando stranamente alla sua povera gattina, che in quel momento era rimasta sola ad aspettarla. Ad un certo punto il pozzo finisce e procedendo nella direzione del coniglio Alice si ritrova all’improvviso all’interno di un lungo cunicolo. Il cunicolo porta ad un atrio illuminato da tante lampade. L’atrio aveva molte porte a cui accedere, ma sfortunatamente erano tutte chiuse a chiave. La bambina nota in seguito una chiave poggiata su di un tavolo di vetro, posto al centro della stanza. Alice prova la chiave con tutte le porte, ma con sua grande sfortuna si accorge che essa apriva solamente una piccola porta posta lungo un corridoio troppo stretto e lungo per poterci passare. Non sapendo come fare torna al tavolo e nel punto in cui era poggiatala chiave, inaspettatamente compare una bottiglietta con un etichetta con su scritto bevimi. Senza pensarci due volte la bambina ne beve il contenuto e solo un istante dopo il suo corpo comincia a rimpicciolirsi sempre più velocemente diventando in breve alta venticinque centimetri. Adesso ha l’altezza 17


Illustrazione creata da Carroll per l’edizione Alice’s Adventures in Under Ground.

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giusta per poter passare attraverso la porta, ma si accorge solo poi di aver dimenticato la chiave sul tavolo, ma con quell’altezza non è più in grado di raggiungerla. Dopo un’iniziale disperazione compare sotto il tavolo una scatolina contenente un pasticcino con la stessa etichetta della bottiglietta, ma con la parola mangiami. Alice mangia quel dolce e il suo corpo comincia a crescere in modo esagerato, da troppo piccola adesso era diventata troppo grande e la bevanda che usò prima per rimpicciolirsi l’aveva bevuta tutta. Disperata e impaurita comincia a piangere creando nel vestibolo un laghetto alto dieci centimetri e mentre lei non smette di piangere il Coniglio, che era rientrato nell’atrio, vedendola fugge per la paura e lascia cadere a terra i suoi guanti bianchi e il suo ventaglio. Alice raccoglie il ventaglio e quest’ultimo la fa rimpicciolire così tanto, che alla fine si ritrova e si ritrova a nuotare nelle sue stesse lacrime. Accanto a sé compare improvvisamente un topolino con cui la bambina cerca di fare conversazione, senza ottenere neanche una risposta. Pensando che il topo fosse francese gli rivolge goffamente una domanda tirando in ballo i gatti “Où est ma chatte?” ottenendo però solo una risposta seccata. Il laghetto si riempie nel frattempo di altri animali tra cui un Dodo, un aquilotto, un pappagallo e un’anatra. Una volta giunti a riva gli animali cominciano a parlare tra di loro, mentre il Dodo propone di fare una corsa elettorale in modo da asciugarsi in fretta. La corsa consisteva nel correre in circolo senza una direzione ben precisa e ognuno di loro poteva iniziare quando voleva. Ad un certo punto la corsa viene fermata dal Dodo che dichiara che sono tutti vincitori e chiede ad Alice distribuisce i premi: canditi per tutti gli animali e un ditale per lei che tira fuori dalla tasca del suo vestito. La bambina comincia così a parlare della sua gattina Dinah, cacciatrice di uccelli e tutti gli animali, udendo ciò, scapparono via impauriti, lasciandola da sola. Il Coniglio torna proprio in quel momento, di nuovo agitato e disperato alla ricerca dei suoi guanti e del suo ventaglio, e appena vede Alice, scambiandola per la sua governante Mary Anne, le ordina subito di andarli a cercare dentro casa. Alice ubbidisce e subito dopo si ritrova davanti ad un’insegna con su scritto “C. Bianco”. Appena entrata in casa riesce a trovare subito i guanti e il ventaglio, ma la sua attenzione viene attirata da un’altra bottiglietta con la scritta bevimi. Dopo un iniziale titubanza la sua curiosità la spinge a berne il contenuto e, come volevasi dimostrare, quel liquido la fa di


Alice e il Brucaliffo per l’edizione Alice’s Adventures in Under Ground.

nuovo assumere grandezze esagerate, troppo esagerate, da non riuscire più ad entrare neanche all’interno della casa e incastrando il suo corpo nelle varie stanze. Il Coniglio vedendo ciò tenta di entrare, ma viene scaraventato fuori da Alice, la stessa sorte subiscono anche tutti gli altri animali venuti in soccorso del coniglio, Pat e Bill la lucertola. I tre animali provano in tutti i modi a cacciare quel gigante, senza aver alcun successo e intanto la bambina si accorge che il pavimento è fatto di pasticcini e senza pensarci su ne mangia subito uno tornando alle dimensioni normali e riuscendo in questo modo a scappare indisturbata. Le sue dimensioni erano adatte per scappare dal Coniglio, ma forse erano troppo piccole per girovagare nel bosco in cui era fuggita. Troppo piccola per spostarsi in quello spazio cerca subito qualcosa che possa almeno farla crescere di qualche centimetro, ed ecco pararsi dinnanzi a se un enorme fungo e sopra al fungo un Bruco intento a fumare il suo narghilè. Il Bruco vedendo Alice le rivolge subito la fatidica domanda “Chi sei tu?” alla quale la bambina non riesce a dare una risposta concreta e da lì scaturisce tutto un dibattito fra i due, sull’essere se stessi e sulle trasformazioni, spostandosi anche sul tema della personalità e della memoria. Il Bruco le chiede di recitare la poesia Sei vecchio babbo William, con l’interruzione dell’animale che sottolinea subito come la poesia recitata non sia proprio corretta. Alice ormai stanca di quella conversazione chiede al Bruco come può riprendere la sua altezza originale e lui l’aiuta indicandole che, mangiando un pezzo di fungo preso da un lato l’avrebbe fatta rimpicciolire, dall’altro invece l’avrebbe fatta crescere. Alice tenta subito, ma esagerando nel mordere il pezzo di fungo si ritrova ad avere un collo lunghissimo, così lungo che un uccello per la paura la scambia per un serpente che vuole divorare le sue uova. La bambina cerca di calmarlo, ma finisce come al solito per peggiorare la situazione dicendo che non solo i serpenti mangiano le uova, ma anche i bambini. Alla fine mordicchiando un po’ di fungo da un lato e un po’ dall’altro torna alle dimensioni desiderate, anche se poi sarà costretta a rimpicciolirsi di nuovo per passare attraverso una porticina alta un metro e mezzo che scopre al centro della radura. Attraversata quella porta, Alice si trova ad assistere alla consegna di un invito da parte del Valletto-Pesce della regina al Valletto-Rana della duchessa e, una volta consegnata la busta, la bambina entra all’interno 19


Scena del manoscritto Under Ground realizza da Carroll.

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della casa assistendo così a una scena molto curiosa. Nella cucina, a cui si accede da quella porta, la Duchessa si trova al centro della stanza intenta a cullare il suo bambino, mentre la cuoca non fa altro che aggiungere pepe in continuazione nella pentola, causando i continui starnuti del neonato. Sul focolare della casa, invece, c’era un enorme gatto disteso che guardava l’intera scena divertito. La cuoca oltre a gettare grosse quantità di pepe inizia a lanciare per tutta la stanza stoviglie e pentole, mentre la Duchessa, al ritmo di una strana ninna nanna getta ripetutamente in aria il bambino che finisce tra le braccia di Alice, la donna poi si alza e va a prepararsi per l’incontro con la regina, mentre la bambina porta in salvo il poveretto fuori dalla casa accorgendosi solo dopo che quello che stringeva tra le braccia non era un neonato, ma bensì un maialino che fugge via nella radura appena viene posato a terra. La bambina arrivata a questo punto e non sapendo cosa fare, si guarda intorno notando solo dopo l’enorme felino appollaiato sul ramo di un albero. Non sapendo che direzione prendere Alice si fa consigliare dal Gatto che le risponde divertito: “In quella direzione abita un Cappellaio e in quella abita una Lepre Marzolina puoi andare a trovare l’uno o l’altro, tanto sono matti entrambi” e svanisce piano piano nel nulla lasciando dietro di sé quel suo enorme sorriso inquietante. Fidandosi di quei consigli Alice opta per la strada che la conduce alla casa della Lepre Marzolina. Arrivata a destinazione trova la Lepre intenta a prendere il tè assieme al Cappellaio e ad un Ghiro, tutti e tre seduti ad un’enorme tavolo ben apparecchiato e posto sotto ad un albero. In realtà il Ghiro non faceva altro che dormire, mentre gli altri due erano intenti a parlare tra di loro e con Alice, non invitandola però a sedersi, malgrado ci fossero tanti posti vuoti. Lei non ci fa caso e si siede lo stesso. Ad un certo punto il Cappellaio rivolge un indovinello ad Alice: “Che differenza c’è tra un corvo e una scrivania?” ma la domanda rimane senza una risposta. La conversazione poi si sposta sulla data che ricavano da un orologio che non segna l’ora, ma il giorno, mentre il Cappellaio cambia argomento dicendo che la regina l’ha accusato di aver ammazzato il tempo e che per questo motivo esso si è fermato alle sei del pomeriggio, ora del tè, ed ecco perché decidono di scalare di posto passando da una tazzina all’altra non avendo neanche il tempo di lavare quelle usate. Alice gli domanda anche che cosa accade quando tornano al punto di partenza, ma anche questa domanda rimane senza risposta. Il Ghiro, una volta svegliatosi, comincia a raccontare una strana storia


Particolare della Regina e del Re di cuori, realizzata da Lewis Carroll, per il manoscritto Under Ground.

che aveva per protagoniste tre sorelle. Le sorelle vivevano in fondo ad un pozzo e tutti i giorni mangiavano melassa per nutrirsi. Passavano il loro tempo disegnandola ovunque oppure parlando di cose che iniziavano con la lettera M. Alice, udendo ciò, non faceva altro che interromperlo di continuo facendo delle proprie considerazioni sul racconto, ma il Ghiro, non riuscendo a terminare la sua storia, si addormenta di punto in bianco. La bambina, continuamente sgridata dal Cappellaio e dalla Lepre, decide di andarsene mentre i due tentano di infilare il povero Ghiro dentro una teiera. Scoperta una porticina in un albero, Alice si ritrova nell’atrio di partenza, ma con sua grande sorpresa la porta che all’inizio non riusciva ad aprire adesso era aperta, ritrovandosi così in un enorme giardino pieno di rose. In quel momento, tre giardinieri, con in mano pennello e secchiello, erano intenti a dipingere le rose bianche di rosso. “Perché?” chiede naturalmente la bambina. “Perché la Regina di Cuori aveva richiesto espressamente rose rosse!” Esclamarono. Siccome era stato un loro errore, le poverette avevano paura che la regina avrebbe mozzato la testa a tutti e tre se avesse visto quelle rose, purtroppo non fanno in tempo a finire il loro lavoro, che ecco arrivare la Regina scortata dal suo seguito: soldati, cortigiani, principini, ospiti, il Coniglio Bianco, il Fante di Cuori e il Re. Giunta davanti ai giardinieri, domanda subito che cosa ci facessero lì e scoperto l’inganno delle rose ordina subito che ai tre venga tagliata la testa, ma grazie ad Alice riescono a mettersi in salvo. Con grande sorpresa la Regina la invita a giocare una partita di croquet che si sta per disputare su un campo completamente rovinato da buche e solchi, con palle che in realtà sono degli irrequieti porcospini, fenicotteri come mazze da gioco e archetti creati dai soldati/carte. Si crea subito un gran caos e in mezzo a tutto quel disordine ecco riapparire il gatto del Cheshire che scambia subito due chiacchiere con Alice e si presenta al cospetto del Re, il quale rimane infastidito dalla sua presenza e chiede alla regina di allontanarlo, mozzandogli prima il capo. Come minaccia rimane un po’ difficile da attuare visto che quel felino aveva già la testa che si staccava dal corpo. La Regina fa subito intervenire la proprietaria del gatto, la Duchessa, al momento rinchiusa in prigione, mentre la partita continua tra fenicotteri da rincorrere, porcospini che corrono per conto proprio e archetti che svaniscono nel nulla. La Duchessa condotta sul campo da gioco è felice di rivedere Alice e la donna si mette subito a conversare con lei dicendole di non immaginarsi 21


mai diversa da come potrebbe apparire agli altri, bruscamente però la Regina la manda via chiedendo poi ad Alice se avesse visto la Finta Tartaruga, Alice non sa di che cosa stia parlando la Regina e quest’ultima allora fa chiamare il Grifone per scortare la bambina dalla Tartaruga in modo che possa ascoltare la sua triste storia. Improvvisamente un grido in lontananza annuncia l’inizio del processo che vede al centro del tribunale il Re come giudice e la Regina seduta sul suo trono. Intorno a loro vi è una gran folla di animali di ogni specie e da un lato era posizionato il banco della giuria composto da dodici giurati intenti a scrivere il proprio nome prima di dimenticarselo. Il Fante di Cuori, che si trova a fianco al Re, viene accusato di aver rubato i pasticcini della Regina. Il primo a testimoniare è il Cappellaio al quale vengono formulate molte domande e minacce che lo confondono. Il Re gli intima di togliersi il cappello, ma il Cappellaio si ostina a dire che non è suo: “Li tengo per venderli, non ne ho di miei. Faccio il Cappellaio!” e detto ciò viene fatto uscire. Il secondo testimone è la Duchessa a cui viene chiesto di che cosa sono fatte i pasticcini e lei risponde: “Soprattutto di pepe!”, mentre il Ghiro la corregge dicendole che sono fatte di melassa. Scoppia un altro trambusto nel quale viene fatto chiamare il prossimo testimone e Alice si sente chiamata in causa, nel momento stesso in cui il suo il suo corpo stava di nuovo crescendo a vista d’occhio. Il Re tenta di farla allontanare dal tribunale appellandosi alla legge numero 42 che riguardava tutte le persone alte più di un chilometro e mezzo, ma Alice non si lascia intimidire e nel frattempo il coniglio presenta al Re una prova inconfutabile del crimine commesso dal Fante, una lettera che parla più di una storia d’amore che di paste, ma per tutti quella è la prova decisiva e la Regina ordina subito che venga fatta prima la sentenza e poi il verdetto. Alice esasperata da quell’assurda follia grida in tutto il tribunale: “Non siete che un mazzo di carte!” Nell’udire quelle parole le carte si lanciano in picchiata sulla bambina che nel frattempo era tornata delle dimensioni normali e si sveglia all’improvviso in grembo alla sorella che le stava togliendo le foglie dal viso. “Ho fatto un sogno così curioso.” Le dice raccontandole la bizzarra avventura che aveva vissuto. Particolare dell’illustrazione che riguarda la partita di crochet a cui partecipa Alice.

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SCRITTURA E IMMAGINE

I riferimenti che si possono stabilire tra questo singolare capolavoro di Carroll e il tempo in cui egli visse sono soprattutto due: il gusto per l’humor dei nonsense e la sottile satira che si cela dietro ad esso. Forme ampiamente tipiche dell’età vittoriana. L’invenzione dei nonsense rispondeva a una pedagogia diversa: il bambino doveva restare bambino il più a lungo possibile, una teoria quasi assurda che impregnava però la mentalità anglosassone di quei tempi. Forse la descrizione di che cosa sia un nonsense potrebbe facilitare un po’ meglio le ragioni che spinsero gli inglesi a pensarla in quel modo. I nonsense non sono altro che canzoncine, popolari o letterarie, pensate apposta per i bambini dove il mondo raccontato aveva le sembianze di un mondo fantastico e rassicurante, assai lontano dal genere fiabesco in uso negli altri stati dove si faceva appello più a un mondo inquietante popolato da orchi, streghe, draghi e maghi. Ma anche se erano privi di questi personaggi, i nonsense e i limerick deliziarono un pubblico molto vasto per la loro arguzia strana e paradossale, fino a spingersi nell’assurdo: un gioco apparentemente ingenuo, ma in realtà sottile e ironico. Sono questi gli unici punti di contatto con la realtà storica e letteraria del tempo in cui Alice venne alla luce. Tutto il resto scaturì dalla fantasiosa mente dell’autore. La storia si conclude proprio con l’accorgersi che tutto il mondo descritto da Alice non era altro che il frutto della fantasia di un bambino durante un sogno, dove la follia incontra quella costante correttezza e compostezza di stampo vittoriano, sempre padrona di sé, attenta a qualunque cosa accada, a non dar segni di eccessiva meraviglia e, soprattutto, a non violare il codice delle buone maniere. Appena il lettore varca la soglia dell’ultima pagina non è in alcun modo avvertito che da quel punto in poi, non deve più aspettarsi che 2+2 faccia qualsiasi cosa tranne che 4. Questo perché le parole nel romanzo sono giocate con grande maestria facendo riflette anche su paradossi che possono sembrarci in quel momento veritieri e incredibilmente logici, anche se non lo sono. La follia rimane a stretto contatto con la follia e di certo non può varcare la soglia della razionalità, eppure, per quanto si faccia appello alla propria intelligenza e integrità, si finisce sempre per cadere in qualche stupido tranello, dato appunto dalle parole o in questo caso dalle frasi lette nel libro che non hanno nulla di razionale, ma che insinuano dubbi nel nostro io. Nella prima pubblicazione del romanzo si è girato molto intorno alla storia della scelta del titolo più adatto alla narrazione, molti nomi sono stati tirati 23


fuori fino ad arrivare alla parola Wonderland, ma ci si potrebbe chiedere per quale motivo Carroll non ha voluto lasciare parola Underground usata nel manoscritto che regalò ad Alice Liddell, in fin dei conti la protagonista della storia cade letteralmente sotto terra, quindi non c’era bisogno di cambiare l’intestazione. Ma nel momento in cui Alice mette piede nel Paese delle Meraviglie chiede oppure domanda a se stessa, dove si trova, dove deve andare, come deve fare per riassumere le sembianze originali, il perché in quel mondo sono tutti pazzi e se la sua memoria ricorda chi fosse prima di cadere nella tana del Coniglio. Così giocando su questo Carroll ha voluto scegliere il nome Wonderland, non solo per chiarire il luogo dove accadono tutte quelle strane avventure, ma anche perché nella stessa frase se vengono tolte le ultime quattro lettere rimane solo la parola Wonder che tradotto in italiano significa appunto: chiedere o domandarsi. Il titolo in tutto questo assume un aspetto di l’incipit rispetto a quello che si trova all’interno del romanzo. Un esempio potrebbero essere i giochi di parole tra Alice e il Bruco oppure tra Alice e il Cappellaio o il famoso discorso del Gatto sul fatto che siamo tutti matti e appellandosi a delle parole a cui Alice non può controbattere. La scrittura di Carroll riesce in questo modo a insinuare dubbi o domande al lettore, facendogli dimenticare una volta per tutte quel contatto che la nostra mente umana ha con la razionalità. Basti pensare ad Alice, l’unico essere dotato di razionalità in un mondo completamente folle, dal quale lei stessa non si lascia pervadere, ma che in alcuni momenti sembra comportarsi proprio come quei strambi personaggi. La storia del libro non fu l’unica cosa a diventare famosa per tutti questi anni, anche le illustrazioni di John Tenniel ebbero un grande successo nel mondo, tanto che vennero usate maggiormente in ogni edizione nuova del romanzo. Altri illustratori, anche contemporanei, hanno provato ad illustrare le avventure di Alice, ma i disegni di Tenniel sono comunque il capolavoro di esordio a cui viene accomunato il romanzo. Addirittura lo stesso Carroll provò, e di questo si hanno anche le prove nella versione che regalò alla giovane Alice Liddell, a illustrare il suo racconto per arricchirne la storia, ma questo espediente non ebbe poi molto successo e solo dopo vari tentativi incontrò la bravura di Tenniel. Le sue illustrazioni sono rimaste impresse per tutto questo tempo grazie all’accuratezza del disegno, all’eleganza della composizione della scena rappresentata, alla precisione del tratto e anche all’utilizzo dell’ironia, che si riallaccia perfettamente con quella realizzata dall’autore per i suoi personaggi. 24


Tenniel progettò tutti i suoi disegni su blocchi di legno, incidendovi sopra, quasi in maniera maniacale, ogni personaggio, ogni scena e ogni particolare prestandovi molta cura nel dettaglio. Era così pignolo nel suo lavoro che invece di far stampare i suoi progetti in Inghilterra li fece realizzare in America, in modo da avere una qualità e una resa di stampa migliore. Molti altri hanno illustrato nel tempo le avventure di Alice, persino nomi famosi di pittori e illustratori come ad esempio: Arthur Rackham, Salvador Dalì, e l’illustratrice contemporanea, Rebecca Dautremer, ma i disegni di John Tenniel sono gli unici a cui la memoria si appella quando sente pronunciare il libro di Alice nel Paese delle Meraviglie. Però nelle illustrazioni di Tenniel o in quelle che ne seguirono, nessuno mai realizzò la bambina con un vestitino blu e un nastro nero fra i capelli, in quanto lo stesso Carroll sembra non essere interessato a fare una descrizione anche minima della bambina nella sua storia. Allora perché c’è questo mito del vestito azzurro? Tutto inizia durante la prima parte del diciannovesimo secolo, in cui i processi adoperati per il romanzo dovevano rendere più convenienti le immagini create da Tenniel portandole a un enorme successo su ampia scala e l’invenzione di creare quel semplice abbigliamento per il personaggio di Alice, vestito azzurro, cerchietto nero e grembiule bianco, è entrato nella storia contagiando anche trasposizioni cinematografiche, serie tv, videogiochi e fumetti. Ma in tutto questo ci si è accorti che, con il passare degli anni, la figura del Cappellaio era quella che rimase più impressa nel cuore dei lettori. Un personaggio che, rispetto al Coniglio Bianco e ad Alice, compare soltanto in un capitolo della storia, ricomparendo poi verso la fine per poche righe. Sarà stato il fatto che come personaggio era l’unico in grado di far riflette su alcune circostanze che stanno al confine tra razionalità e follia, oppure semplicemente per l’atteggiamento alquanto ironico e triste che assumeva parlando con Alice o rivolgendosi alla Lepre Marzolina. Da che punto di vista si vuol guardare la questione, il cervello di Carroll deve aver capito subito che quella personalità così strana e così buffa, avrebbe riscosso parecchio successo tra i lettori; così tanto da volerlo inserire di nuovo anche nel suo secondo romanzo. Infatti in Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi trovò, di tutti i personaggi usati nel primo romanzo, a parte naturalmente la protagonista, ci si ritrova ad imbattere di nuovo nel Cappello, ma non davanti a una tazza di tè, bensì rinchiuso in una prigione prima ancora di aver commesso il delitto. L’ espressione comunemente usata: “Cappellaio matto” non è mai stata adoperata dall’autore. 25



LE MILLE E UNA STAMPA


Marchio creato dalla casa editrice Macmillan per l’edizione del romanzo sui 150 anni dalla prima edizione.

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LA QUESTIONE DELLE EDIZIONI

C

entocinquant’anni fa il reverendo Charles Lutwidge Dodgson, ovvero Lewis Carroll, donò alla bambina Alice Liddell il manoscritto della sua opera. La storia che vede la nascita del romanzo sotto una soleggiata mattina estiva dove il reverendo Carroll trascorre una tranquilla passeggiata su di una barca che naviga nel Tamigi in compagnia di tre bambine, rimase sotto un aspetto fiabesco. Carroll scrisse la storia solamente su desiderio di Alice ed è naturale pensare che una parte della fama dell’autore vada proprio a quest’ultima che lo spinse a pubblicarla. Per un periodo, però, i rapporti tra i due furono interrotti, ma le varie ipotesi fatte su questa misteriosa rottura non trovarono mai alcun riscontro con la verità. Solo nel 1885 riallacciò i contatti epistolari con Alice Liddell, che nel 1880 aveva sposato a Londra un giocatore di cricket Reginald Hargreavers e dal quale ebbe tre figli. L’occasione per ristabilire i rapporti fu la richiesta di Carroll di chiedere in prestito ad Alice il manoscritto che le aveva regalato per alcuni mesi e lei acconsentì. Quel manoscritto serviva allo scrittore per poter creare un’edizione fac-simile. Lo restituì poi alla legittima proprietaria, anche se a causa della morte del marito Alice vendette il manoscritto all’asta per affrontare problemi economici.

Questo suo gesto, però, la rese subito famosa agli occhi della gente, in quanto finalmente si venne a conoscenza della reale identità dell’autore e tutto il mondo scoprì anche il motivo che la legava a possedere un’opera così rara. Quando uscì per la prima volta Alice’s Adventures in Wonderland nel 1985 in Inghilterra, per l’influente editore Macmillan il libro fu apprezzato all’unanimità e ottenne altissimi risultati in termine di vendite e di copie, così come per le illustrazioni di Tenniel che furono subito amate. Naturalmente dall’uscita del libro, la prima cosa che la gente si domandò era chi potesse essere l’autore di quella storia e cominciarono anche a vagare parecchie discussioni sulla sua vera identità senza avere però delle vere prove fondate. Infatti, fino alla morte avvenuta nel 1898, il reverendo, anche dopo la pubblicazione del romanzo, continuò tranquillamente la sua vita di docente a Oxford, vivendo una doppia vita che non rivelò mai a nessuno, se non a pochissime persone presenti nella sua cerchia di conoscenze e amicizie e persino al College non seppero mai la verità. Il professor Dodgson mandava in stampa con un buon ritmo trattati di matematica, opere e divulgazioni di algebra e geometria, mentre sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll pubblicava altri mondi particolari, con dialoghi e nonsense che facevano riflettere il lettore più adulto e affascinavano la

Logotipo della Casa Editrice Macmillan and Co. realizzato nel 1888.

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mente dei bambini, con avventure letterarie spesso dai significati un po’ oscuri. Le avventure di Alice sottoterra comprendeva al suo interno soltanto quattro capitoli che erano stati illustratati da Carroll stesso, ma per la pubblicazione del manoscritto da dare all’editore, lui inserì nuovi capitoli e nuovi personaggi, dando così la prima impronta della storia completa. Con il tempo, mentre Alice diventava un best-seller, l’atteggiamento di Carroll non mutò, facendo poi uscire anche un annuncio dove sottolineava il fatto che molte persone cercavano di insistere affinché dichiarasse a tutti la paternità del romanzo e di aver usato un nome d’arte; ma egli affermò in maniera ufficiale di non avere niente a che fare con questo famoso scrittore di nome Lewis Carroll e che avrebbe rimandato indietro le lettere che lui riceveva sotto il suo pseudonimo con la dicitura “sconosciuto”.

Copertina della prima edizione del romanzo pubblicata dalla Macmillan.

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Dopo la pubblicazione del primo romanzo, molte furono le opere realizzate sia in Inghilterra che all’estero, comprendendo più di novanta copie tradotte nel mondo, ma le uniche copie ed edizioni che si andranno ad analizzare saranno quelle realizzate in Inghilterra e in Italia.

Copertina dell’edizione definitiva, con le illustrazioni originali e le annotazioni di Martin Gardner,

Copertina del romanzo con il primo titolo scelto da Carroll per il manoscritto regalato ad Alice Liddel


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INGHILTERRA 1865. Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie è stato pubblicato per la prima volta nel Luglio del 1865 da Macmillan & Co con una tiratura di 2.000 copie stampate da The Clarendon Press e rilegato in panno rosso. Le prime copie sono state inviate a MacMillan, il 27 Giugno, ma a causa della qualità della stampa John Tenniel decise di ritirare tutte le copie. In quell’anno poche copie sono state donate agli ospedali. 1866. Una “seconda” edizione di Alice’s adventures in Wonderland è stato resettato e stampato di nuovo da Richard Clay, con la data di pubblicazione che mostra nel 1866, ma era già disponibile la vendita dall’11 Novembre 1865, in tempo per Natale. È stato rilegato anche questo in panno rosso. Nell’edizione del Regno Unito sono stati acquistati e stampati dalla casa editrice D. Appleton & Co. 1871. In questo periodo Lewis Carroll scrive una lettera per tutti i bambini che hanno letto il suo romanzo, pubblicato nel formato di un piccolo opuscolo di quattro pagine, le copie sono state inserite nella prima edizione di Looking-Glass. Dopo la sua morte sono state pubblicate su entrambi i romanzi. 1886. Macmillan pubblica un’edizione fac-simile del manoscritto originale di Lewis Carroll, Alice’s adventures Under Ground. Questo è il manoscritto che l’autore donò alla piccola Alice Liddell nel 1864 e accuratamente illustrato da lui. 1887. Macmillan pubblica edizioni economiche di entrambi i libri di Alice come “edizione popolare”. Per queste edizioni i testi sono stai rivisti, reimpaginati e rilegati con una copertina in panno verde e divenne l’edizione standard. In queste edizioni incorporò anche un “augurio di Buona Pasqua a tutti i bambini che amano Alice” consegnato la prima volta sotto forma di volantino. 1907. I diritti d’autore sul romanzo di Alice scaddero e nuovi editori fecero uscire il romanzo con nuove illustrazioni. Le versioni che ne uscirono in quell’anno furono almeno sette.

1911. Pubblicazione di una nuova edizione di Alice’s Adventures in Wonderland con all’interno anche il seguito del romanzo. Le tavole con le illustrazioni risalivano a sedici disegni realizzati da John Tenniel e colorate da Harry G. Theaker. Alice in questo volume appare con il vestito blu. 1927. Vi è una nuova pubblicazione del romanzo per bambini con le illustrazioni di John Tenniel, ma questa volta le tavole sono state colorate da John Macfarlane. 1928. In quell’anno il manoscritto appartenente ad Alice Liddell fu venduto da quest’ultima all’asta a Sothebya un certo Philip Rosenbach. 1995 – 1996. Le edizioni di Alice’s adventures in Wonderland sono state pubblicate con le restanti illustrazioni a colori da Diz Wallis. 2014. L’edizione pubblicata da Macmillan in questo anno comprende le illustrazioni di John Tenniel colorate da John Macfarlane. 2015. La casa editrice Macmillan per celebrare i 150 anni dalla pubblicazione del primo romanzo realizza l’opera con un’ edizione a colori che comprende sia Alice’s adventures in Wonderland che Looking – Glass, con raccolte extra prese direttamente dal loro archivio personale. Il libro è stato intitolato The complete Alice e prevede anche una prefazione scritta da Philip Pullman. Hanno realizzato una particolare rilegatura con copertina fustellata con intarsi in rilievo. Le illustrazioni sono quelle originali del primo romanzo realizzate da John Tenniel.

Frontespizio del manoscritto Alice’s Adventures in Under Ground realizzato da Carroll e regalato ad Alice Liddel.

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ITALIA Nella traduzione di Alice molti scrittori italiani si sono cimentati in questa impresa. Molto spesso il fatto che il romanzo avesse al suo interno i famosi giochi di parole, le figure retoriche, i continui proverbi e i vari riferimenti alla cultura inglese, hanno portato gli scrittori ad esaminare il testo e impreziosendolo con le loro intuizioni sulla storia. In questo modo ogni traduzione sembra un’opera a sé. Solamente tre traduzioni fecero da riferimento per tutte le altre che ne seguirono: del 1872, del 1908 e del 1913.

1872. Questa è la data della prima pubblicazione del romanzo di Carroll in Italia, sotto la supervisione della casa editrice Loescher di Torino. Per quest’opera la traduzione è stata affidata a Teodorico Pietrocola Rossetti. La trasposizione del romanzo è molto fedele all’originale, anche se la qualità di stampa non ha una resa particolarmente ben delineata, non si leggono alcune lettere e vi sono parecchi errori tipografici. La traduzione interviene anche sulle illustrazioni realizzate da Tenniel. Tornando sul testo, si potrebbe dire che esso sia stato arricchito con uno spirito risorgimentale che Rossetti prende spunto dal romanzo storico di Tommaso Grossi “Marco Visconti”. Per quanto riguarda la biografia sull’autore Rossetti inserisce oltre a quella di Carroll anche elementi autobiografici arricchendo sempre di più il testo. 1908. Per l’istituto Arti Grafiche di Bergamo il romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie è stato tradotto da Emma Cagli. La traduzione che ne esce fuori risulta, però, alquanto sciocca, in quanto il linguaggio adottato dalla Cagli ha una forzatura moralista e le parole sono state armonizzate e rese meno dure (per esempio: porco è stato corretto con la parola porcellino) togliendo del tutto quel senso ironico che voleva attribuire l’autore. La Cagli, però, non prende in esame il libro originale pubblicato da Macmillan, bensì l’opera realizzata da Heinemann nel 1907, con le tavole illustrate da Arthur Rackham. 34

1913. La traduzione del romanzo datata in quest’anno rimase anonima, ma molti pensarono che fu a cura di Silvio Spaventa Filippi, direttore della collana editoriale di Milano. Ma non essendoci delle prove concrete, la paternità della trasposizione in italiano rimase ignota. Il traduttore in questo caso ha utilizzato la prima versione del romanzo del 1872 mantenendo intatti alcuni nomi e alcuni capitoli del romanzo perfezionando il linguaggio che adottò Rossetti. Questa edizione rimase importantissima per i volumi tradotti che ne seguirono perché presentava in un unico volume non solo Alice nel Paese delle Meraviglie, ma anche Attraverso lo specchio.

Copertina dell’edizione italiana di Alice nel Paese delle Meraviglie pubblicata dalla Mondadori.


1950. L’Universale Economica pubblica tra i suoi romanzi Alice nel Paese delle Meraviglie, affidando il compito della traduzione a Tommaso Giglio. Come abbiamo spiegato prima anche Busi interpreta e arricchisce il testo con un linguaggio che forse si distacca da quello di Carroll, un esempio lo si può fare con il titolo del capitolo sette: Carroll intitola quel capitolo “A Mad Tea-Party” comunemente tradotto in “Un tè di matti”, il traduttore lo interpreta in: “Il Thè della Lepre Marzolina”, ma soltanto avendo il testo inglese davanti agli occhi ci si potrebbe accorgere di queste variazioni nel romanzo. All’interno del libro, invece, la casa editrice non utilizza le tavole illustrate da Tenniel, ma bensì quelle disegnate da Carroll per il romanzo che regalò ad Alice Liddell. 1978. La pubblicazione del romanzo di Carroll in Italia è ad opera della casa editrice Rizzoli, ma ad oggi questa versione nelle librerie è fuori commercio. La traduzione è stata ad opera di Tommaso Giglio e presenta al suo interno le illustrazioni originali di John Tenniel come sono impostate per la prima edizione in Inghilterra, e cioè in bianco e nero. 2002. La casa editrice che si occupa della pubblicazione del romanzo è l’editore Marsilio, ma come accade per il volume del 1913 anche in questo caso la traduzione è anonima. Questa edizione però presenta non solo il testo tradotto in italiano, ma anche quello inglese in modo da avere un confronto diretto con la trasposizione apportata all’opera originale e la complessità nel tradurla. La resa di stampa e la carta sono di buona qualità. Nella copertina, invece che inserire una delle tavole realizzate da Tenniel, si è optato per una fotografia di Carroll che ritrae la piccola Alice Liddell. 2003. Ormai nelle sale cinematografiche il lungometraggio presentato dalla Disney sul romanzo di Lewis Carroll era noto a tutti e benché non ebbe molto successo, Disney lo mise sotto forma di libro per bambini e venne naturalmente tradotto anche in Italia, ma la storia all’interno si attiene, naturalmente, alla rivisitazione fatta per quel film d’animazione. Le tavole interne, infatti, non presentano i disegni di Tenniel, ma i famosi personaggi Disney.

2006. La casa editrice Feltrinelli pubblica il romanzo di Alice aggiungendo a fianco alla traduzione italiana il testo originale in inglese. La cura dell’edizione e la traduzione sono state affidate completamente ad Aldo Busi, con l’aggiunta di note scritte da Carmen Covito. L’edizione della Feltrinelli purtroppo è priva di illustrazioni. Soltanto per la copertina viene usata una tavola di Tenniel riguardante il capitolo del Cappellaio e della Lepre Marzolina. 2006. Sempre durante quest’anno, oltre alla Feltrinelli, anche la casa editrice Einaudi, pubblica il romanzo di Carroll con l’aggiunta del secondo romanzo riguardante il Paese delle Meraviglie. Nella copertina viene usata una delle illustrazioni di Tenniel, ma riguardante il secondo romanzo scritto da Carroll “Attraverso lo Specchio” benché sarebbe stato più opportuno usare un’illustrazione del primo libro visto che il titolo “Alice nel Pese delle Meraviglie” viene messo più in evidenza. 2007. La casa editrice Giunti Demetra per la pubblicazione del romanzo utilizza la traduzione di Elda Bossi ripresa dalla collana Gemini del 1991. L’unica illustrazione presente nel libro è quella in copertina di cui non si sa l’autore, mentre internamente l’introduzione tratta delle vicende di Carroll, delle opere che ha pubblicato e vi è una piccola riflessione sul mondo di Alice e sui temi che hanno appassionato il lettore per così tanti anni. 2009. Edizione del romanzo pubblicata dalla casa editrice Garzanti Libri. La cura dell’impostazione del libro e il compito della traduzione sono stati entrambi affidati a Milli Graffi. Il libro non presenta le illustrazioni di Tenniel. 2010. La Newton Compton fece un edizione integrale di Alice nel Paese delle Meraviglie aggiungendo anche il seguito del romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” per la collana Newton classici. All’interno del libro si possono trovare molte analisi fatte sul romanzo, parlando sia del mondo di Alice, che dei personaggi che lei incontra lungo 35


il cammino. Si sofferma anche sulle illustrazioni utilizzate prima in bianco e nero e poi a colori di John Tenniel e il libro al suo interno riporta le illustrazioni originali. 2010. Masolino D’amico traduce l’opera scritta da Lewis Carroll per la casa editrice Universale Rizzoli (Bur Extra), l’opera però è stata interamente curata da Martin Garden. All’interno è stato riportato anche il testo originale in lingua inglese e le illustrazioni utilizzate sono quelle originali di John Tenniel. 2012. La casa editrice Mondadori realizza in quell’anno un’edizione integrale per gli oscar mondadori, inserendo entrambi i libri che riguardano le avventure di Alice. La traduzione e le note presenti nel libro sono a cura di Masolino D’Amico, mentre l’introduzione è curata da Pietro Citati. Anche la Mondadori ha utilizzato le illustrazioni originali di Tenniel per arricchire l’opera, ma in copertina è stata usata una delle tavole create da Arthur Richmond.

Così come dice Alice nel primo capitolo: “A che cosa serve un libro senza figure …”, Carroll esprime il desiderio di realizzare immagini che caratterizzano la sua storia oltrepassando in questo modo la realtà ordinaria non solo con le parole, ma anche con i disegni. L’edizioni contenenti le illustrazioni sia in Italia che in Inghilterra di John Tenniel sono quelle pubblicate nei seguenti anni: In Inghilterra nel 1865, nel 1866, nel 1887, nel 1911, nel 1927, nel 2014 e nel 2015; invece in Italia furono utilizzati nei libri tradotti in quelli pubblicati nel 1872, nel 1978, nel 2006 (ma l’illustrazione viene usata solo per la copertina), nel 2009, nelle due edizioni del 2010 una appartenente alla Newton Compton e l’altra della Rizzoli e nel 2012 realizzata dalla Mondadori.

2015. Masolino D’amico si occupa della traduzione dell’edizione pubblicata dalla Rizzoli del 2015, questa volta la casa editrice non inserisce, come hanno fatto alcune case editrice negli anni precedenti, le illustrazioni di John Tenniel appartenenti all’originale romanzo di Carroll, ma affida il compito dell’illustrazione a Dautremer Rébecca. Il libro anche senza le illustrazioni originali ha avuto comunque un gran successo. In Inghilterra era normale che la maggior parte delle pubblicazioni riportassero all’interno le opere illustrate da John Tenniel, a parte per qualche piccola eccezione di pubblicazione nel periodo in cui scaddero i diritti d’autore sul romanzo. Ma l’Italia non si distaccò molto dal voler utilizzare nelle edizioni tradotte le stesse illustrazioni in quasi molte opere pubblicate. Naturalmente ciò porta a considerare come non solo le parole di Carroll hanno catturato l’attenzione dei lettori, ma anche i disegni di Tenniel sono entrati nella storia animando la storia ed entrando nella nostra memoria collettiva. 36

Copertina dell’edizione italiana Alice nel Paese delle Meraviglie pubblicata dalla Bur grandi classici, con il testo originale a fronte.


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ATTRAVERSO LO SPECCHIO E QUEL CHE BALTHUS VI TROVÃ’


L’ARTE DI BALTHUS

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La Patience, opera realizzata nel 1943,

Il Ciciarampa, animale mistico rappresentato da

olio su tela, situata nel l’Istituto d’arte

Tenniel per il romanzo “Attraverso lo specchio e

di Chicago.

quel che Alice vi trovò”

L

’arte di Balthus non è mai stata una seguace del surrealismo dell’automatismo e dell’inconscio incondizionato, ma i suoi rapporti con questa corrente artistica si avvalgono del surrealismo dialettico e del metodo paranoicocritico da cui scaturiscono alcune riflessioni. La sua mente artistica trova posto nella galleria Pierre, uno dei migliori luoghi del surrealismo e comincia a frequentare artisti come: Antonin Artaud, Jacques Lacan e Georges Bataille. E se per caso tutto l’interesse che Balthus ha per il surrealismo nascano, non dalla bellezza convulsiva dell’inconscio che amava così tanto Andrè Breton, ma da due romanzi che lesse negli anni trenta, cominciando così ad avere una vera e propria passione per l’autore che gli dette vita. I romanzi in questione sono: Alice nel Paese delle Meraviglie e il seguito Attraverso lo Specchio e quel che vi trovò Alice realizzati da Lewis Carroll. In una intervista Balthus rivela che per questo scrittore, appartenente all’età vittoriana, nutre una profondissima ammirazione perché appartiene proprio alla generazione che lesse e crebbe con la lettura di quei romanzi. Per il pittore Carroll aveva creato un personaggio con cui egli poteva rispecchiarsi alla perfezione, non ci fu, secondo lui, mai nessun bambino che non fosse nato e cresciuto con le avventure di Alice. Addirittura egli stesso la visualizzava dentro di se, non solo leggendola nei libri, ma anche attraverso trasposizioni televisive e cinematografiche, arrivando ad utilizzare quell’opera anche per la sua corrispondenza amorosa con Antoinette de Watteville il cui secondo nome, che fosse un caso oppure no, era per l’appunto Alice. Ma a quanto pare non solo lo scrittore entrò

nell’animo di Carroll. L’illustratore John Tenniel, che fu il primo a realizzare le illustrazioni per il romanzo, influenzò molto lo stile pittorico di Balthus, come appare in una sua opera intitolata La Rue nel 1933 che richiamo molto le illustrazioni di Alice nel Pese delle Meraviglie. Infatti lo stesso Balthus confesserà al pittore inglese Stanley William Hayter, che uno dei suoi personaggi si ispira proprio a un personaggio di Al di là dello specchio. Grazie alla rivista Minotaure le sue opere saranno riprodotte per la prima volta ed entra in contatto anche molti intellettuali, artisti, poeti, filosofi, 41


scrittori, storici e psichiatri. Lavorerà all’interno della rivista per un anno ad un testo dedicato alla letteratura infantile e Balthus baso quasi tutto il sul romanzo di Lewis Carroll, dove lo scrittore, secondo l’artista, non fa altro applicare le regole matematiche e fisiche alla sua fantasia creando un mondo dove la follia trova l’ordine nella logica più severa. Balthus cresce con l’ideale di stile pittorico di Piero della Francesca, inculcatogli dal padre e dedicando la sua giovinezza ad uno studio approfondito di quell’autore. Per Balthus sarà difficile distaccarsi da quei rigori geometrici, dalla suddivisione in riquadri, alla sintesi plastica delle forme e gli schemi utilizzati per ogni suo dipinto. La severità che utilizza nei suoi dipinti, li intrappola all’interno di una costruzione geometrica rigidissima che provoca nei suoi soggetti rappresentati, pose anatomiche strane e deformate Questo metodo lo si può riscontrare nel supplizio di Dolores, la figlia di Joan Mirò, che fissa le dita dei piedi ed è costretta ad una posa ottenuta da chiodi fissati al pavimento. Secondo gli psicanalisti Alice nel Paese delle Meraviglie è per antonomasia più il mondo 42

dell’incubo che del sogno, un mondo fatto di antipatie e sorretto da un inconscio sadico. Uno di questi psicologi era Paul Schilder che vedeva nella figura di Alice una vera e propria forma di sadismo dove il rifiuto della realtà e istigazione aggressiva erano una chiara espressione delle forma che Lewis Carroll usava nel suo romanzo. Già la sua natura, per così dire, era divisa da un Carroll sognatore e poeta, da un altro Carroll razionale e matematico. È proprio in questo scenario che il sadismo di Lewis Carroll coincide con quello di Balthus, se nel primo vige il reale con l’irreale, nel secondo c’è un contrasto tra erotismo e rigidità nelle composizioni. Uno dei personaggi presenti nel Paese delle Meraviglie incarna maggiormente, rispetto a tutti gli altri, il sadismo come la terribile Regina di Cuori, un essere la cui crudeltà sembra essere infinita. Balthus utilizzava anche un nomignolo molto simile a quella della regina e che utilizzava per firmare le lettere che inviava ad Antoinette de Watteville, completamente piene di riferimenti allo scrittore Carroll.


Illustrazione creata da John Tenniel per il romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” Balthus, Thérèse rêvant, 1938, The Metropolitan Museum of Art, Jacques and Natasha.

Balthus, “Les beaux jours”. I bie giorni 1944-1946.

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ATTRAVERSO LO SPECCHIO

Il nome scelto da Balthus era King of Cats, che suonava per l’appunto a Queen of Hearts, la sadica tiranna di Alice nel Paese delle Meraviglie. Come è già stato spiegato in precedenza la scrittura di Lewis Carroll influenza molto il modo di dipingere di Balthus: il ruolo dei gatti (King of Cats) o degli animali in generale, il mondo onirico e inquietante che circonda la protagonista affascina il pittore e lo porta ad avvicinare il suo stile a quello di John Tenniel, da cui sicuramente trae qualche ispirazione per i suoi disegni.

Alice e La Regina Rossa. John Tenniel. Illustrazione per il romanzo “Attraverso lo Specchio”

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Nella sua corrispondenza oppure attraverso delle interviste, Balthus racconta di strani sogni molto simili al mondo delle Meraviglie, uno fra questi è il “sogno della tarantola”. In questo sogno Balthus si vede catapultato sul banco degli imputati in un tribunale di animali velenosi, per aver avvelenato un ragno. Il ragno in questione trae spunto o influenza da un racconto che lesse Balthus e del quale rimase, a quanto pare, particolarmente impressionato. Il ragno della storia in realtà non era così tanto mostruoso, anzi tutto il contrario, ma per qualche ragione ovvia rimase impresso nella memoria del pittore, tanto da sognarlo. La malinconia e l’humour compensano ciò a cui Balthus rinuncia e cioè la seduzione carnale, facendo posto alla suggestione e agli incubi. La sua familiarità con gli specchi comincerà il giorno in cui incontra per la prima volta il giovane pittore Antonin Artaud. I due incontratisi la prima volta al Cafè du Done sono colpiti dalla loro somiglianza fisica, come sie fossero la parte speculare dell’altro. Per quanto riguarda Alice e lo Specchio: Balthus crea un ‘opera dove dipinge prima di tutto luci e forme mettendo in risaltò la figura di quell’Alice, seminuda in una stanza spoglia provvista di una sola sedia, dove lei, appoggiandosi con una gamba, è intenta a pettinarsi i capelli. Dello specchio non vi è alcuna traccia e secondo una lettera di Balthus, lo specchio non è l’oggetto in se, ma lo spettatore che guarda l’opera d’arte: “Lo specchio è il vero spettatore”.

Balthus, Alice ( Alice nello specchio ) 1933, Olio su tela. Centre Georges Pompidou - Parigi


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IL PRIMO ILLUSTRATORE DI ALICE


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John Tenniel V ita e opere

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ohn Tenniel è passato alla storia per due principali motivi: lui era prima di tutto un vignettista satirico per la polita della Gran Bretagna per la collaborazione con la rivista Punch e per aver illustrato i due più famosi libri di Lewis Carroll, Alice’s adventures in Wonderland (Alice nel Paese delle Meraviglie) e Through the Looking-Glass (Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò). Nato il 28 Febbraio del 1820 a Bayswater un piccolo paesino d’Inghilterra, fin da piccolo ebbe un carattere introverso e tranquillo che non mutò minimamente neanche d’adulto. Un episodio accaduto quando era piccolo durante una partita di scherma, che praticava insieme a suo padre, perse l’uso dell’occhio destro a causa del fioretto del padre che accidentalmente perse la punta di protezione e lo ferì gravemente. Siccome la gravità del suo occhio peggiorò gradualmente, non disse mai niente al padre per non farlo preoccupare e anche per non gravare il senso di colpa dell’uomo che non si perdonava per l’incidente accaduto. Questo suo handicap però non frenò la sua passione per il disegno e, in seguito, nel 1842 decise di provare ad entrare alla Royal Academy of Art. Avendo una formazione da autodidatta potette tranquillamente entrare, porgendo un portfolio di ammissione con diverse copie che fece di varie sculture classiche da lui realizzate. Mentre la formazione che Tenniel ebbe alla Royal Academy e presso altri istituti è stata utile nel favorire le sue ambizioni artistiche, non fu utile però per quanto riguardava la sua formazione artistica, visto che l’insegnamento che i docenti impartivano agli allievi serviva solo dal punto di vista informativo di studiare le sculture classiche attraverso la pittura, ma non insegnavano come gli allievi dovevano approcciarsi al disegno. Tenniel realizzava i suoi disegni studiando le statue classiche alla Townley Gallery di Londra,

illustrazioni copiate dai libri di costumi e armature del British Museum, così come gli animali dello zoo del Regent Park e gli attori dei teatri presenti a Londra. È stato grazie a questi studi che lui ha cominciato ad amare i dettagli e i particolari minuziosi che adopererà in seguito anche nei suoi lavori; tuttavia è diventato insofferente in quanto preferiva molto di più dar sfogo alla sua memoria quando si trattava di disegnare, invece che dover disegnare dal vero e copiare accuratamente ciò che vedeva. Un altro mezzo che aiutò la formazione di Tenniel fu l’inserimento all’interno di un gruppo di artisti liberi dalle regole e dalle convenzioni dell’accademia. A metà del 1840 si unì alla Artist’s Society or Clipstone Street Life Academy e che grazie a questa società Tenniel cominciò a sviluppare il disegno satirico. Nel 1842 illustra il suo primo libro per Samuel Carter Hall, intitolato The Book of British Ballads (Il Libro delle Ballate Britanniche), ma mentre era impegnato con le sue prime illustrazioni a Londra cominciarono ad uscire vari concorsi per promuovere le scuole inglesi nazionali d’arte. Tenniel nel 1845 provò ad entrare alla Camera dei Lord per vincere il concorso proposto a tutti gli artisti per la progettazione della decorazione murale del nuovo palazzo di Westminster. Per quell’opportunità lui presenta un’opera lunga cinque metri che raffigura l’Allegoria della Giustizia vincendo così un premio di duecento sterline e l’opportunità di poter dipingere un affresco per la Sala dei poeti, sempre nella Camera dei Lord. Ben presto anche il suo stile di disegnatore per vignette umoristiche emerse e in fine si affermò del tutto in questo campo, in particolare ebbero una gran successo le sue illustrazioni delle favole di Esopo. Per quel lavoro unì lo studio degli animali e del loro comportamento alle vignette umoristiche 49


con espressioni che derivavano molto dal talento per lo stile humor. Nel 1850, nel periodo di Natale, Tenniel venne richiesto da Mark Lemon per riempire la posizione di fumettista a fianco a John Leech sulla rivista Punch. Venne scelta la sua bravura dopo che Lemon vide i disegni per Le Fiabe di Esopo. Alla morte di Leech, Tenniel continuò il lavoro presso il Punch realizzando tutti i numeri della rivista completamente da solo, concedendosi naturalmente qualche periodo di vacanza. Furono molte le vignette che realizzò dividendosi tra i lavori più impegnativi e quelli meno in rilievo, mettendo sempre quella qualità artistica molto dettagliata e la vena umoristica della satira, sempre con un certo tono moderato per la politica, rispetto ai testi che affiancavano le sue illustrazioni. Le scene che costruiva erano completamente dettate dagli editori del Punch. La rivista doveva rispecchiare le tensioni politiche e le inquietudini del periodo vittoriano; in special modo del radicalismo della classe lavoratrice come: il lavoro, l’ economia, la guerra e gli altri temi nazionali dell’ epoca. Il lavoro di Tenniel esprime, nel corso della sua vita editoriale, tutte le controversie sociali che si potevano affrontare, portandosi dalla parte del popolo e diventando così il loro portavoce. Una pubblicazione che rimase comunque libera e politicamente attiva contribuendo così a più di duemila opere per la rivista. La fama che lo portò ad essere ricordato per anni non riguarda il fatto di aver lavorato per la rivista Punch o per le sue illustrazioni per la satira polita, ma bensì per le illustrazioni realizzate per il romanzo di Lewis Carroll Alice’s adventures in Wonderland e per il seguito riguardante le avventure della protagonista. Carroll aveva realizzato lui stesso le illustrazioni per quel romanzo, ma avendo delle capacità artistiche limitate nel campo del disegno, gli fu proposto di affidarsi a qualcuno che avesse più esperienza di lui con delle doti, ovviamente, da professionista. Anche lo scrittore in quell’epoca seguiva la rivista Punch e dopo aver visto le vignette di Tenniel decise di chiedere a lui di occuparsi delle illustrazioni per la sua opera. Ci furono lunghissimi colloqui tra i due sul come dovessero essere le scene trattate e poi nel 1865 esce la prima edizione del romanzo con i famosi disegni dell’artista. 50

I suoi lavori prima vennero disegnati su carta e poi fatti incidere su blocchi di legno da persone esperte nell’ambito dell’incisione. A questo proposito Tenniel scelse i Fratelli Dalzier i più abili incisori dell’epoca vittoriana. Il materiale delle tavole utilizzate era il legno e una volta lavorato fu utilizzato come master per le copie della stampa effettiva del libro. I blocchi di legno originali si trovano ora nella collezione del Bodleian Library di Oxford, esposti al pubblico solo nel 2003, mentre una galvanoplastica precoce si trova nell’archivio personale della casa editrice Macmillan. La prima tiratura, però, fu venduta negli Stati Uniti piuttosto che in Inghilterra, a causa della pretesa di Tenniel di far stampare tutto in America visto che la proprietà di stampa che ebbe nel sue paese erano di scarsa qualità. A questo proposito e fece ritirare tutti i libri che ormai erano già stati stampati. Una nuova edizione uscì nel dicembre del 1865, finendo poi per diventare un best-seller nell’anno successivo. La sua fama crebbe all’istante facendolo

Frontespizio della prima edizione del libro illustrato, con tutte le opere realizzate da John Tenniel, per il romanzo Alice’s Adventures in Wonderland.


diventare uno dei più famosi illustratori letterari, ma nel 1872, quando tutti i progetti che ebbe con Carroll furono finiti, lui si distaccò molto dal mondo dell’illustrazione letteraria. Solo in seguito fu richiamato dallo scrittore per un nuovo progetto a cui stava lavorando.

La qualità principale del lavoro di John Tenniel era la precisione nel disegno, la precisione del tocco e la grazia e la dignità che metteva in ogni sua opera assieme alla genialità della satira. La bellezza delle sue figure è possibile che siano state influenzate, dagli artisti Cornelio e Overbeck, anche se, sicuramente, deve aver ripreso un po’ di quello stile tedesco che caratterizzava molto i disegnatori del XIX secolo. Ma il lavoro di Tenniel rimane sempre originale, non è per niente forzato e riesce ad essere fresco e innovativo; Lui non si appella a nessun modello vivente per i suoi disegni, ma attinge tutto dalla sua memoria. Nel 1863 fu nominato cavaliere dalla regina Vittoria per il servizio pubblico reso al suo popolo tramite le vignette politiche. Un tale onore che per la prima volta fu lasciato su un illustratore o fumettista, scatenando una nuova visione su quella professione che lo caratterizzò durante tutta la sua vita. Andò in pensione nel 1901 e mori tredici anni dopo, il 25 Febbraio del 1914. Due giorni dopo la sua morte il Daily Graphic, il primo giornale quotidiano illustrato in Inghilterra creato dalla società Luson Thomas Baines HR e Co, scrive della bravura di Tenniel e di come abbia influenzato il sentimento politico di quel tempo. Mostre pubbliche del lavoro di John Tenniel si sono svolte nel 1895 e nel 1900, molte sue opere ad acquerello, di poco rilievo, sono state mostrate di tanto in tanto nella Royal Institute of Painters di cui era stato anche eletto membro onorario nel 1874. A lui è stata dedicata anche una strada situata vicino al suo studio nei pressi di Bayswater. Le opere di Tenniel che ha illustrato durante la sua vita sono: 1846. Illustrazione per Juvenile Verse and Picture Book. 1846. Progetto per l’opera Undine. 1848. Cento disegni per l’opera che rimase più impressa nella storia tra i lavori di Tenniel, Aesop’s Fables.

1857. Ha collaborato per l’opera Pollok’s Course of Time, sempre durante questo anno ha dedicato il suo tempo anche alla realizzazione di Poets of the Nineteenth e Poe’s Works. 1858. Realizza l’opera Blair’s Gravee collabora anche per i disegni di Home Affections. 1860. Illustrazioni per il libro Shirley Brooks’ The Gordian Knot. 1861. Illustrazioni per il secondo libro Shirley Brooks’ The Silver Corde sempre durante quest’anno realizza sessantanove disegni per l’opera Moore’s Lalla Rookh. 1863. Collaborazione per l’opera The Arabian Nights. 1864. In quell’anno ebbe una collaborazione per English Sacred Poetry. 1865. Contribuì per la realizzazione del Legends and Lyrics e sempre nello stesso anno collaborò con Tupper per il libro Proverbials Philosophy e con Barry Cornwall il libro Poems. 1866. Anno in cui elaborò le illustrazioni per Alice’s adventures in Wonderland. 1870. Dopo il primo libro di Carroll illustrò anche il seguito del romanzo, Through the Looking-Glass. 1890. Lewis Carroll contattò di nuovo Tenniel per chiedergli un’altra collaborazione per illustrare il libro The Nursery “Alice”. John Tenniel è stato anche l’autore di uno dei mosaici di “Leonardo da Vinci”, nella Corte del Sud nel Victorian and Albert Museum e oltre a questo contribuì, una volta a settimana, alle pubblicazioni dell’Unione dell’Arte, ma l’illustrazione più bella che realizzò in tutti quegli anni sul blocco di legno inciso è stata la “Lalla Rookh” per raffinatezza, potenza ed eccellenza nella tecnica utilizzata. LE ILLUSTRAZIONI DI ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE Appena John Tenniel ebbe l’incarico di illustrare il libro Alice nel Paese delle Meraviglie ricevette, sin da subito, precise istruzioni dal reverendo Dodgson su come dovevano essere rappresentati i vari personaggi del suo romanzo. In fin dei conti l’autore non voleva distaccarsi molto dalle illustrazioni che fece per il manoscritto che regalò ad Alice Liddell, personalmente scritto e illustrato da lui. Dodgson lo seguiva fin nei minimi dettagli nella realizzazione dei bozzetti e dei disegni fornendogli 51


tutti i dettagli e tutte le istruzioni possibili, ma lo fece così insistentemente che Tenniel fu sul punto di mollare tutto quando Carroll gli chiese di illustrare anche il sequel del primo romanzo. Probabilmente fu il suo amore nel disegnare animali che lo persuase a continuare quella collaborazione con il reverendo. Il primo disegno di Tenniel per la versione del Coniglio Bianco che correva lontano da Alice avvenne il 12 Ottobre 1864 e appena fu ispezionato da Carroll, altre trentaquattro tavole furono concordate, ma soltanto quando Carroll inviò le bozze del resto del romanzo le tavole illustrate furono completate. Nel corso della collaborazione però Carroll aveva ben impressa la figura della sua Alice ed inviò a Tenniel una fotografia di Mary Hilton Badcock, un’altra sua giovane amica, figlia del decano Ripon. Il fatto che l’artista abbia seguito oppure no il consiglio dello scrittore di usare quella bambina come modello, rimane una questione ancora oggi di disputa. Secondo Carroll, a Tenniel serviva assolutamente un modello da seguire per il personaggio di Alice, visto che tutte le bozze presentate non andavano mai bene. Ogni volta il disegno risultava sempre sproporzionato, una testa troppo grande e piedi decisamente troppo piccoli, spiegò una volta l’autore in una lettera che scrisse dopo la pubblicazione dei due romanzi. Eppure le illustrazioni riguardanti Alice non somigliano alle fotografie di Mary Hilton, e forse, tutto questo, sta ad indicare che Tenniel non seguì affatto il consiglio di Carroll. Il 28 Ottobre del 1864 i fratelli Dalzier hanno mostrato all’autore le incisioni fatte sul legno dei disegni per il suo romanzo e nel Giugno dell’anno successivo il Clarendon Press di Oxford stampa le prime duemila copie del libro di Alice’s Adventures in Wonderland. Anche in questo caso Tenniel ebbe da ridire. Le stampe dei libri non lo soddisfacevano affatto e, a causa di ciò, chiese a Carroll di ritirare tutte le edizioni ormai stampate a spese sue. L’autore in questo caso non potete fare niente e ritirò tutte le copie. Le nuove stampe furono fatte in America da Richard Clay, siccome questa volta la qualità della stampa delle illustrazioni era superiore rispetto alla precedente, l’edizione del libro finalmente uscì nel Novembre del 1865. 52

Anche se con alti e bassi, Carroll si ripromise di ricontattare John Tenniel, nel caso, in futuro, decidesse di scrivere un secondo romanzo su Alice. Secondo quanto riportato da Rodney Engen, biografo di Tenniel, il metodo utilizzato da quest’ultimo era lo stesso metodo impiegato per la tecnica del punzone, e cioè disegni preliminari erano fatti prima a matita e poi ripassati con inchiostro nero e bianco cinese per simulare la linea spessa dell’incisione che si fa nel legno dopo averlo inciso. Una volta fatto questo viene trasferito nel blocco di legno mediante l’uso della carta lucida. L’incisione cambiava anche per qualità e costi, ma a quanto pare sembra che Carroll, per il suo romanzo, decise di non badare a spese e chiese, pertanto, l’incisione più costosa. Il processo finale riguardava di fare delle copie in piastre di electrotype delle xilografie, usandoli unicamente per le stampe effettive di tutte le copie. Come accade spesso in un qualsiasi progetto di stampa, non sempre ciò che si realizza si concilia con la tecnica che si intende utilizzare, specialmente se questa tecnica richiede un lavoro particolare per la resa finale. Questo accadde anche nelle illustrazioni di Tenniel. Il voler utilizzare i blocchi di legno incisi creò qualche problema al design delle illustrazioni nel loro complesso. Il tutto stava nel riportare i disegni realizzati dall’autore sui blocchi così come erano stati progettati. Molto spesso Tenniel dovette cambiare posizione ad un personaggio, oppure cambiare l’inquadratura direttamente dalla lastra di legno incisa, rimettendo al loro posto parti del legno che ormai erano state tolte. Un piccolo numero di tavole raffiguranti Alice riportano questo accorgimento in stampa, avendo riportato purtroppo alcune riparazioni o modifiche. Una scena molto chiara di ciò si ha nell’illustrazione del Cappellaio, durante lo sviluppo della scena del processo che vede come imputato il Fante di cuori; in questo disegno la sezione che mostra la tazza del Cappellaio con un pezzo del disegno che fuoriesce, doveva essere riparata o re-incisa.

Illustrazione creata da Tenniel, intitolata “Droppin the pilot” e tradotta in “Far cadere il pilota”,


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Nel 1981, i blocchi di legno contenenti le illustrazioni originali di John Tenniel vennero ritrovati nel caveau di una banca dove erano stati depositati dalla casa editrice e consegnati alla custodia del British Library, dove si trovano ancora oggi sotto il loro aspetto originale. Le illustrazioni di Tenniel rimasero in bianco e nero per ben quarant’anni, per la precisione fino al 1911, anno in cui le stampe cominciarono ad essere colorate a mano. Le illustrazioni che Tenniel realizzò per il romanzo di Lewis Carroll sono in tutto quarantadue compresa anche l’immagine realizzata per il frontespizio.

Illustrazione riguardante il secondo romanzo sulle avventure di Alice, scritto sempre da Carroll e intitolato “Attraverso lo Specchio”.

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Le illustrazioni non hanno un numero preciso di disegni per ogni capitolo in alcuni casi se ne possono trovare due in altre tre o quattro. Forse ciò dipende dalla lunghezza della storia o dalle indicazioni di Carroll. Lo stile delle illustrazioni, così come anche il testo originale del libro, riprendono molto quel gusto eclettico tipicamente vittoriano, rimanendo con un tratto abbastanza rigido e formale. È forse per questo motivo che veniva ben visto da Carroll come illustratore per i suoi libri. Persino il fatto di dover inquadrare uno o più personaggi all’interno di una tavola da disegno lo pone sull’aspetto


di dover trovare un raccordo tra le immagini e un equilibrio simmetrico in cui racchiuderle. Ecco perché delle volte era complicato passare i suoi disegni sui blocchi di legno visto che i fratelli Dalzier, in alcune circostanze erano soliti chiedergli di dover o spostare un personaggio da destra a sinistra oppure rivedere qualche disegno in modo che non vi fossero difficoltà nell’intagliare il legno. Questo suo essere così preciso nei disegni che progettava, già iniziando dalla base dei suoi bozzetti, era una formazione della sua persona che si porta dietro dai tempi degli studi accademici, dove anche il più banale dei disegni doveva seguire

le più rigide regole accademiche che riprendono, in modo assiduo, le linee classiche delle statue greche e dell’anatomia umana. Già nelle figure femminili che realizzava per la rivista Punch la sua mente ricorreva a quegli studi e forse anche il personaggio di Alice, unico personaggio femminile che non si distacca molto dall’anatomia umana e non viene stravolto dalle forme strane del suo corpo, come invece accade per la figura della Duchessa, rimarca le regole accademiche delle proporzioni anatomiche rimanendo sempre sullo stampo vittoriano. Nei disegni di Tenniel c’è anche quell’aspetto che richiama il grottesco, presente spesso nei sogni,

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dove la realtà lascia spazio a qualcosa di talmente irreale che non riusciamo più a distinguere con chiarezza nella nostra mente, pensando che tutto quello che viviamo non può che essere frutto della nostra fantasia. Gli elementi a cui si appella l’illustratore per determinare ciò sono: il bizzarro, il medievalismo, il soprannaturale, il fantasioso, l’umorismo e la crudeltà (come ad esempio il fatto che la regina di cuori vada decapitando chiunque con tranquillità) presenti già nello scritto di Lewis Carroll. In questo lui ha semplicemente tradotto le parole in immagini avvalendosi anche della sua straordinaria capacità nel dare ai personaggi tratti particolari che non risultano nei capitoli scritti dall’autore. Forse è per questo che Carroll seguiva così assiduamente Tenniel nelle bozze delle illustrazioni, non voleva che il disegnatore utilizzasse troppo la fantasia su personaggi che non avevano quasi niente di descrittivo nella storia, a parte qualche chiaro riferimento che rappresentasse il personaggio nella sua follia, e che andasse troppo distante dal canone che aveva creato nella sua mente, quando sviluppò il racconto per il primo manoscritto.

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Il Cavallo, personaggio degli scacchi, è presente nel romanzo “Attraverso lo Specchio”.

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ALICE E ALTRI PITTORI


Arthur Rackham, illustrazione per il libro “The Ring of the Niblung - The Valkyrie”.

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ARTHUR RACKHAM

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rthur Rackham nacque il 19 settembre nel 1867 in Lewisham, allora ancora parte del Kent. A causa della sua salute cagionevole fu inviato in Australia all’età di 17 anni, in modo che potesse curarsi. All’età di 18 anni, ha lavorato come impiegato presso il Fire Office a Westminster iniziando poi a studiare part-time presso la Scuola d’arte di Lamberth. Nel 1892 inizia a lavorare per il Westminster Budget come giornalista e illustratore. Il suo primo libro illustrato fu pubblicato nel 1893 per Other Side di Thomas Rhodes, ma la sua prima e vera opera che gli commissionarono, fu realizzata nel 1894 per The Dolly Dialogues. Entro la fine del secolo Rackham cominciò a lavorare regolarmente alla realizzazioni di illustrazioni per i periodici per bambini come Little Folks e Magazine Cassell. Anche se ormai la sua carriera di illustratore era avviata, la fama che ha raggiunto è arrivata grazie alla realizzazione dei suoi disegni per l’opera di Heinemann da Washington Irving, Rip Van Winkle nel 1905, accentuando l’attenzione del pubblico sulle sue illustrazioni. L’ anno seguente fu riconfermato per l’opera di JM Barrie intitolata Peter Pan nei giardini di Kensington grazie alla reputazione che era riuscito a raggiungere. Ricevette anche delle onorificenze per i suoi lavori, arrivando ad ottenere una medaglia d’oro nel 1906 al Salone Internazionale di Milano e una nel 1912 all’Esposizione internazionale di Barcellona. I suoi lavori vennero inclusi in molte mostre, tra cui un suo disegno si trova al Louvre di Parigi dal 1914. Rackham è sempre stato considerato come uno fra i più importanti illustratori della Golden Age di British. I suoi libri sono datati dal 1890 fino alla fine della prima guerra mondiale. Durante questo periodo si sviluppò in Inghilterra un forte mercato per i libri illustrati di alta qualità, molto spesso dati durante le feste natalizie come regali di natale.

Molti dei suoi libri illustrati furono prodotti in una edizione limitata di lusso, talvolta furono anche firmati dallo stesso Rackham. In seguito però vennero pubblicate anche delle edizioni molto più economiche in modo che fossero accessibili a molte più persone di basso ceto. L’inizio della prima guerra mondiale risalente al 1914 ridusse di molto il mercato editoriale, specialmente quello dei libri di alta qualità e man mano scese anche l’interesse del pubblico per quelle storie fantastiche, ricche di fate, creature leggendarie e mistiche.

Arthur Rackham, illustrazione raffigurante Dafne nel momento della metamorfosi.

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Arthur Rackham, particolare dell’illustrazione per la fiaba di Cappuccetto rosso.

Purtroppo la fama dell’autore raggiunse apici di popolarità solo dopo la sua morte avvenuta il 6 settembre 1939, sia in Nord America che in Gran Bretagna. Le sue immagini sono state ampiamente utilizzate dalle industrie e molti dei suoi libri furono stampati e pubblicati sia in edizione economica, che in edizioni con copertina rigida. I suoi disegni e i suoi dipinti originali, sono ancora oggi ricercati nelle principali case d’asta d’arte internazionali. Le prime opere di Rackham furono unicamente delle rappresentazioni in silhouette nere realizzate semplicemente con della china. 62

Solo in seguito perfezionò il suo stile non solo nell’inchiostrazione, ma anche nel disegno. La sua linea espressiva andò gradualmente perfezionandosi grazie all’esperienza fatta nell’illustrazione giornalistica, sostituendo la china, con la tecnica dell’acquerello che in seguito amò molto. Nello stile di Rackham si racchiude i principi fondamentali del Fairy Painting che esalta di molto le sceniche atmosfere oniriche, mondi incantati popolati da gnomi, fate e streghe. L’attenzione dell’occhio ricade, quasi in maniera maniacale,


Arthur Rackham, illustrazione raffigurante l’incontro tra Oberon e Titania per l’opera di William Shakespeare “Sogno di una notte di mezza estate”.

sui dettagli della natura che fa da sfondo ai suoi personaggi, gli elementi della flora, le linee dinamiche e i colori tenui e stesi sulle sue tavole donano quel tratto che si avvicina molto allo stile dell’Art Nouveau che germoglierà nei primi anni del Novecento. Le figure che lui rappresenta sono molto spesso creature simili alle ninfe, alle fate, ai fauni e ai folletti vengono raffigurati con eleganza e bellezza non facendo alcuna differenza se sono creature dolci oppure inquietanti. Questo suo attaccamento alla linea di contorno, che non solo marcava i tratti

delle sue figure, ma andava delineando anche i paesaggi circostanti, viene visto come una fusione tra lo stile Nord Europeo fortemente influenzato dalla tradizione xilografica giapponese del diciannovesimo secolo.

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Alice e Rackham Ripercorrendo per un attimo la strada intrapresa per la realizzazione del personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, il nome di Tenniel compare sempre e comunque in qualunque edizione vecchia o nuova che sia e per i nuovi illustratori, togliersi di dosso il suo nome non era affatto facile. Specialmente per Arthur Rackham, un’altra figura importante del Regno Unito. La versione illustrata da Rackham risale al 1907. Il mondo di Rackham è completamente diverso da quello di John Tenniel, anche se entrambi sono influenzati dalla cultura inglese, le opere di Rackham sono meno pregne di rigidità e austerità rispetto a quelle del suo predecessore. Lo stile di Rackham si riallaccia al neogotico ricco di particolare risi visibili attraverso una gamma quasi monocromatica di colori e accentuati dalla linea di contorno che ne risalta la forma. Il viso di Alice (secondo alcuni sembra ispirato a quello della figlia Barbara)

Arthur Rackham, illustrazione di Alice nell’ultima scena del romanzo Arthur Rackham, schizzo per l’illustrazione del Gatto del Cheshire Arthur Rackham, illustrazione raffigurante il Bianconiglio, il Re e la Regina di cuori

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La sensibilità studiata da Rackham per rappresentare la bambina con una sensibilità già adolescenziale e d estremamente pura e sensibile, nulla a che vedere con la bambina testarda e curiosa di Tenniel. Questo pregio che caratterizza le opere di Rackham realizzate per il romanzo lo si può vedere come uno dei suoi grandi limiti. Come è stato già detto prima, ella non ha nulla a che vedere con l’Alice originale, che rimane distaccata e fredda con ciò che la circonda, ma appare come una figura panica, sempre a stretto contatto con tutto ciò che le capita attorno interagendo così con animali, foglie, alberi, carte da gioco e tutti gli oggetti che rappresentano le varie scene.

Arthur Rackham, schizzo per lo studio del personaggio di Alice

Arthur Rackham, particolare della scena che rappresentata l’entrata in scena del Fante e della Regina di cuori

Arthur Rackham, illustrazione riguardante il capitolo Porco e Pepe.

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Foto di Salvador DalĂŹ

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SALVADOR DAL Ì

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alvador Dalì nacque a Figueras 11 maggio 1904, il suo nome completo è Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalì Domènech, questo nome gli fu dato dal padre, che dopo la morte del suo primo genito pensò bene di dare il suo nome al suo secondo figlio, probabilmente perché in cuor suo non era mai riuscito a dimenticarlo del tutto. Dalì, poco più che adolescente espose alcuni suoi dipinti presso il teatro municipale della sua città, riscuotendo un buon apprezzamento critico. Si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti di San Fernando nel 1921, situata a Madrid. Una volta entrato strinse subito amicizia con il regista Luis Buñuel e il poeta Federico Garcia Lorca. Con quest’ultimo si reca poi a Cadaquès nel 1925. Nel 1928 si recò a Parigi, dove conobbe Picasso, Mirò ed Eluard, e l’anno dopo tenne in quella città una mostra personale.

Leda Atomica, realizzata nel 1949 , olio su tela. Museo e Teatro di Dalì a Figueres.

Il suo legame artistico con Garcia Lorca e Buñuel produsse lavori di scenografia nel mondo del teatro e del cinema, tra cui i due celebri film “Un chien andalou” e “L’âge d’or”. L’anno dopo aderì al movimento surrealista e cominciò ad elaborare, innestando l’influenza di Sigmund Freud su quella di De Chirico e di Magritte, un suo metodo “paranoico-critico”, esaltare l’oggettivazione formale e sistematica dell’automatismo e del sogno: metodo che verrà presentato nel 1930 nel saggio La Femme Visible, e che in pittura portò ad accostamenti ambigui, a deformazioni lineari, di un realismo tuttavia quasi accademico. Il saggio lo dedicò a sua moglie Gala che fu per lui sia la sua modella che la sua musa per tutta la vita. Con questo libro il pittore inizia a congiungere il realismo con un “delirio” deformante, talvolta quasi macabro.

Madonna di Port Lligat del 1949. olio su tela, esposta negli Stati Uniti al Museo Haggerty of Art.

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In quell’anno realizzò molte mostre importanti e in fine si unì al gruppo dei surrealisti di Monteparnasse. Trascorsi ormai due anni il suo lavoro era influenzato dal metodo paranoico-critico, utilizzato per esplorare il subconscio e raggiungere così un elevato livello di creatività. Dalì nel 1931 dipinse uno dei suoi quadri più famosi, “La persistenza della memoria”. L’opera raffigura alcuni orologi da taschino, flosci e sul punto di liquefarsi. La rappresentazione chiude in se quell’immagine surrealistica della memoria che con il passare degli anni perde tutta la sua lucidità. Questa idea però viene rappresentata anche attraverso il paesaggio ed a un orologio che viene man mano divorato dagli insetti. Questo quadro fu esposto a New York, dopo che l’autore fu presentato negli Stati Uniti dal mercante d’arte Julian Levy nel 1934, creando sin da subito scalpore per alcuni e interesse per altri. Vive in seguito a New York insieme a sua moglie occupandosi anche di moda e di design. In quel periodo espone le sue opere al Museum of Modern 70

Art insieme a Mirò e di contribuire, attraverso i sui disegni, al film Io ti salverò di Alfred Hitchcock. Dopo gli anni trascorsi in America rientra in Europa. Prosegue la sua attività nel campo della scenografia cinematografica collaborando con Luchino Visconti e successivamente espone in Italia (Roma e Venezia) e a Washington i suoi lavori, dopo di che esporrà di nuovo a New York, a Parigi e a Londra, fino ad arrivare a Madrid e a Barcellona nel 1983. Le sue opere stereoscopiche vengono esposte al pubblico sette anni dopo al Guggenheim Museum nominato poi nel 1978, nel mese di maggio, membro dell’Accadémie des Beaux-Artes che si trova a Parigi. L’anno seguente, sempre a Parigi, si tenne una sua retrospettiva al centre Georges Pompidou, che verrà trasferita in seguito al Tate Gallery di Londra. Nello stesso anno in cui gli viene conferito il titolo di “Marchese di Pùbol” sua moglie Gala viene a mancare e un anno dopo l’accaduto, precisamente nel 1983 dipinge il suo ultimo quadro intitolato “La coda di Rondine”. Nel 1984 riporta gravi ustioni a causa dell’incendio


Il particolare del dipinto è intitolato “La persistenza della memoria”, realizzato 1931 Conservato nel Museum of Modern Art di New York.

della sua camera al castello di Pùbol, dove ormai risiede stabilmente. Salvador Dalì muore il 23 gennaio 1989 nella torre Galatea a causa di un colpo apoplettico. Secondo le volontà di Dalì, il suo corpo viene sepolto nella cripta del Teatro-Museo dell’autore a Figueras e secondo il suo testamento, tutte le sue opere e i suoi beni vengono lasciati allo stato spagnolo. La pittura singolare di Salvador Dalì è spesso caratterizzata da una scelta formale, tendente spesso alla iperrealisticità. I paesaggi e le figure che appaiono nei suoi quadri sembrano frutto di allucinazioni paranoiche o come le definisce lui stesso: “Una fotografia fatta a mano dei sogni”. Molto evidente è anche l’impostazione scenica delle sue composizioni, tratta dalle vertiginose prospettive di De Chirico, un luogo ideale per la caratterizzazione di figure e forme doppie, personaggi deformati e oggetti molli, evidenziati attraverso una luce decisa e radente. Il paesaggio della costa Brava è stato scelto per fare da sfondo ai famosi orologi molli presenti nella sua famosa opera Persistenza della memoria. Essi nascono dall’inconscio di Dalì che durante una

cene a base di formaggi molle Camambert; il pittore scrive «vidi la soluzione: orologio molli, uno dei quadri pietosamente appeso a un ramo dell’ulivo». Come abbiamo già descritto in precedenza il quadro raffigura curiosi orologi sciogliersi come un’impossibile dilatazione del tempo. È evidente l’intenzione di stupire attraverso la stravaganza delle associazioni, la metamorfosi materica degli oggetti, la deformazione dei corpi che a volte vengono così esageratamente modificati da assumere eccessivi esibizionismi virtuosi. Un esempio è dato dal quadro di Dalì intitolato: “Preannuncio della guerra civile”. In fondo la sua arte rispecchia perfettamente il carattere dell’autore, tanto era esibizioniste le sue opere, quanto lo fosse lui stesso. Amava vestirsi in modo a dir poco stravagante, con baffi rivolti all’insù, sopracciglia ridisegnate e cappelli impomatati. Il pittore spagnolo viveva anche circondato da una schiera di personaggi curiosi, alla continua ricerca che gli assicurasse il successo mondano. Ma a causa di questo suo atteggiamento venne allontanato dal gruppo surrealista parigino. 71


Illustrazione per il Laghetto di Lacrime, presente nel secondo capitolo.

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Illustrazione presente nel Primo Capitolo del romanzo di Alice’s Adventures in Wonderland

Illustrazione per il capitolo undicesimo riguardante il processo del Fante di Cuori.

Alice e Dalì Il tema di Alice nel Paese delle Meraviglie, è un mondo in cui l’animo di Salvator Dalì si sposa perfettamente con la storia del romanzo. La pazzia di un genio e la capacità visionaria di Carroll scindono i due mondi che si rispecchiano assolutamente tra di loro, perennemente distate e inafferrabile. Il suo lato giocoso, eccentrico e perfino spudorato per alcuni versi, hanno sempre attirato il pubblico di tutto il mondo, così come lo fece Lewis Carroll con il suo romanzo surreale, folle e inspiegabile. Infatti l’animo del pittore rispecchia perfettamente, nei suoi dipinti surreali, il Paese delle Meraviglie, dove il tutto è il contrario di tutto, la pazzia è normalità e il tempo è inesistente. Un personaggio del romanzo che potrebbe

rispecchiare la personalità del pittore è il Cappellaio Matto. Quel perenne bambino che rimase impresso nel suo animo era un’autentica miscela di nonsense Carrolliniano. Così nacque nel 1969 la collaborazione con un’edizione speciale di Alice’s Adventures in Wonderland della Press-Random House di New York. L’opera racchiude dodici splendide litografie che stanno ad indicare i dodici capitoli del romanzo, più un acquaforte per il frontespizio. Il frontespizio presenta anche la firma del pittore. La casa editrice presentò il romanzo come il libro del mese e le illustrazioni originali sono le opere più ricercate e difficili da trovare. 73


Illustrazione per il capitolo “I consigli di un Bruco”

Se il nostro occhio è stato abituato alle opere di Dalì presenti nei musei oppure nei libri di storia dell’arte non avremmo mai immaginato che le illustrazioni presenti in quella versione del romanzo fossero le ue. Lo stile è completamente diverso. Il colore sembra gettato alla rinfusa e mescolato con poca dedizione, i colori sono forti e accesi, ma danno un senso di inquietudine e sgomento. Sembra come se al posto di un sogno la protagonista stia vivendo un vero e proprio incubo, tormentato immagini poco chiare e poco comprensibili. L’occhio in questo caso fatica a distinguere, i luoghi, i personaggi e l’azione che si sta svolgendo all’interno delle illustrazioni. Tra le tante però spicca quella realizzata per il frontespizio, dove anche in questo caso la tecnica 74

Illustrazione raffigurante il Fante e la Regina di cuori.

e la sua realizzazione sono diverse dai disegni utilizzati per l’interno. In queste opere si vede un’ipotetica Alice che saltella con una corda, dai tratti poco distinti e poco lavorati, mentre stende le braccia in alto pronta a scavalcare la corda, simbolo forse del tempo che passa e che non tornerà indietro. Lo stesso corpo della bambina sembra allungarsi verso l’alto e proiettando la sua ombra a terra, diventando così la personificazione di una meridiana.


Retro della copertina del romanzo illustrato da DalĂŹ

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Rebecca Dautremer, illustrazione per la Bibbia dei ragazzi.

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REBECCA DAUTREMER

R

ebecca Dautremer è una delle illustratrici francesi tra le più amate degli ultimi cinque anni nel campo dell’editoria. Nata a Gap nel 1971, ha frequentato l’indirizzo di grafica all’ENSAD (Ecole Nationale Supérieure des Arts Décoratifs), dopo aver trascorso un anno alla scuola di comunicazione visiva. Ha iniziato la sua carriera di illustratrice nel 1995 all’età di ventiquattro anni. Il caso ha voluto che un professore della sua facoltà la presentasse ad un editore: Gautier-Languereau. All’epoca l’editore stava cercando qualcuno che fosse in grado di realizzare delle immagini da inserire in un album da colorare (decalcomanie) e in quell’occasione la Dautremer ricevette il suo primo incarico. Questa opportunità per la Dautremer, ancora una studentessa, fu di grande importanza per poter fare dei passi avanti che la portarono alla realizzazione, dopo il suo primo libro commissionatole, anche un secondo che fu notato da un’altra casa editrice. A distanza di quattro o cinque anni è potuta entrare definitivamente nell’ambito dell’illustrazione e diventare così un’illustratrice affermata. Nel 2004 ebbe il suo grande successo con l’album realizzato da Phillipe Lechermeir intitolato “Princesses oubliées ou inconnues...”. Il testo è stato spedito dall’autore nel Novembre del 2003, all’inizio non era molto convinta su quel prodotto temendo

di fare qualcosa di banale, ma una volta che fu pubblicato ricevette un grosso successo commerciale esaurendo le copie nel giro di dieci giorni. Un altro libro illustrato conosciuto è Cyrano scritto da Taï-Marc Le Thanh e pubblicato nel 2005. Questo libro è impregnato di illustrazioni sontuose, lasciando però lo spazio ad un universo unico che sembra avvicinarsi al nostro contesto in fatto di medioevo e Giappone a-temporale. Da sfondo per i personaggi continua a essere presente il papavero come simbolo di effimerità e bellezza. La Dautremer realizza anche un opera completamente da sola trattando sia la parte scritta che quella grafica. L’opera si intitola “La torture géante des Galapagos”. Il punto di partenza di quest’opera era il desiderio dell’autrice di disegnare animali che si vestivano con indosso il costume di altri animali. La storia in se per se non era altro che un dialogo e si avvicinava così ad un testo teatrale più che ad un romanzo. All’inizio passò il materiale ad un’altra illustratrice, Muriel Kerba, che accettò il lavoro, ma in seguito l’editore insiste sul fatto che sia lei a lavorare al suo progetto. Ha rimpiazzato gli animali con degli attori in doppio costume e da lì è partito tutto il suo lavoro che le ha dato molte soddisfazioni. Nel 2008 ricominciò a lavorare assieme allo scrittore Philippe Lechermeir, attorno alla fiaba di 77


Pollicino; un testo secondo la Dautremer con mille disgregazioni, ma che risultava molto divertente. La sua pubblicazione avvenne verso l’autunno del 2009. Lavorò sempre in quell’anno con suo marito per un personaggio di serie racchiusa in sei album simili a fumetti. Il personaggio protagonista di questa serie è una pecora di nome Séraphin. Il lavoro di Rebecca Dautremer si basa prevalentemente sul tema delle fiabe perché in questo caso il genere è in grado di abbracciare grandi e piccoli che si trovano a misurarsi con i propri limiti e le proprie certezze, esplorando luoghi e mondi spesso irreali o surreali, nata direttamente dalla mente dello scrittore che attrae il lettore con la propria interpretazione e immaginazione.

Le sue opere si posizionano tra le più popolari nel mondo dell’editoria di oggi. Ogni singola illustrazione è ricca di poesia e le sue tavole hanno la forza continua di rinnovarsi, sorprendendo ogni volta con qualche particolare, oppure con un colore dominante oppure una sfumatura che all’inizio l’occhio non aveva percepito con chiarezza. I suoi disegni si estendono per tutta la pagina, diventando parte principale della narrazione visiva. La struttura delle tavole, la raffinatezza e la precisione del disegno, la colorazione e l’impaginazione del libro sono studiati meticolosamente, ponendo la premura nei dettagli, tanto che gli elementi visivi restano impressi nella nostra mente. Appassionata di fotografia, studia per le sue illustrazioni sia l’inquadratura che la profondità di campo, come se fosse uno scatto fotografico. La Dautremer utilizza spesso carta acquerellabile con una grana grossa utilizzando la tecnica del gauche, lasciando toni delicati, morbidi ma decisi, con toni profondi e caldi, dando un senso surreale e onirico, dando anche un senso di malinconia. Questa cosa sembra affiorare nella maggior parte dei suo lavori dove la staticità e l’immobilità sembrano segnare il motivo chiave della loro sofferenza e tristezza. Altre esperienze significative sono state l’opportunità di poter creare l’illustrazione grafica per i profumi del marchio Kenzo, la direzione artistica del film d’animazione Nat e il segreto di Eleonora, per il quale ha ricevuto una richiamo speciale al Festival Internazionale del Cinema d’Animazione di Annecy nel 2010 e in fine la rappresentazione di un lavoro in cartotecnica intitolato Il piccolo teatro di Rebecca, il tutto racchiuso in un unico libro, dove le pagine sono fustellate sapientemente e interagiscono tra di loro.

Particolare dell’illustrazione presente nel libro di Cyrano.

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Copertina del libro sulla storia di Cyrano.

Copertina del libro realizzata per il romanzo Le Principesse.

Illustrazione per il romanzo el valle de los molinos.

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Rebecca Dautremer, illustrazione del Bianconiglio riguardante il primo capitolo.

Alice e la Dautremer Per il romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie, la Dautremer si scontra con temi che sono proprio quelli utilizzati dall’artista nelle sue opere, come ad esempio: il surreale, mondi incantati, paesaggi meravigliosi e personaggi irrazionali. Nel romanzo lo spazio e il tempo sono inesistenti, le indicazioni dei territori in cui si svolgono le vicende sono vaghi e i riferimenti in ordine di tempo sono indefiniti. La Dautremer sceglie di rappresentare la fisionomia della protagonista, molto simile ad Alice Liddell, abbandonando quello stereotipo della bambina dai capelli lunghi e biondi e rappresentarla con i capelli corti e corvini. Il Paese delle Meraviglie, in queste illustrazioni, appare ambientato in un paesaggio “d’acqua”, dove Non si capisce bene se si tratta di una zona di mare, di lago oppure una zona paludosa. I cieli sono grigi e l’immagine in se da un senso di aria pesante e malsana, completamente diverse dalle illustrazioni originali create da John Tenniel, che fu il primo a dare un volto ad Alice. Le immagine sanno trattare la tematica ricorrente che è la continua crescita di maturità e la costante ricerca di se stessi, con sensibilità e ironia.

Rebecca Dautremer, illustrazione raffigurante uno dei giardinieri della regina di cuori.

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Le illustrazioni mostrano le scene più famose descritte all’interno del romanzo, ma i colori utilizzati essendo cupi e freddi rendono la scena intesa di malinconia. Innovativo però è l’inquadratura della scena e il punto di vista adottato dall’illustratrice, dove lo spettatore e incluso all’interno della scena. La malinconia adottata in queste opere la si rispecchia anche nell’animo dei personaggi, che sono rappresentati con distacco, ambiguità e una luce opaca che brilla nei loro occhi, come a voler sottolineare una pazzia palpabile priva anche di qualunque euforia. Sia nella pagina di apertura che nella pagina di chiusa del romanzo la Dautremer fa capire al lettore che il mondo delle meraviglie non è altro che un sogno. Infatti la prima illustrazione mostra Alice assopita sul divano e poi si conclude con l’ultima inquadratura di Alice che si risveglia dal lungo sonno. In questo modo, però, la linea che divide la realtà dalla fantasia è ben delineata non avendo alcun dubbio che la natura dell’avventura della bambina non è altro che un sogno. Il libro è di notevoli dimensioni ed è composto da una serie di tavole composte da una struttura minimale, semplici e di facile lettura, con disegni al tratto puliti e unici.

Rebecca Dautremer, Alice nel momento del risveglio.

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Rebecca Dautremer, particolare dell’illustrazione sulla partita di croquet.


Rebecca Dautremer , illustrazione del capitolo “Un mare di lacrime�.

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DALL’ INCISIONE ALLA COLORAZIONE



CAPITOLO UNO

Nella tana del coniglio

Il racconto inizia con Alice che vede passargli accanto un coniglio bianco con gli occhi rosa. Lei senza pensarci due volte lo insegue. Le tavole scelte per il primo capitolo del racconto sono state in tutto tre. La prima illustrazione riguarda l’immagine del Coniglio Bianco, che scruta il suo orologio, vestito con panciotto, guanti e un ombrello che tiene stretto sotto la zampa anteriore sinistra. Questa scena riguarda proprio la parte iniziale del racconto nel momento in cui lo vede la bambina. La seconda illustrazione raffigura il momento in cui Alice, ormai caduta all’interno della tana, trova la chiave sul tavolo e comincia a provarla sulla porta che si trova nell’ingresso. L’immagine raffigura con precisione Alice che scosta una tenda, trova la porta dietro di essa e prova a vedere se la chiave che ha nella mano destra è in grado di aprirla. La porta però non si apre e la bambina torna al tavolo mentre compare una strana bottiglia che prima non c’era. In questo caso Tenniel decide di illustrare proprio questo momento della storia. Nella terza e ultima illustrazione di questo capitolo Alice è vicino al tavolo con in mano la bottiglietta con la scritta “bevimi”. Sul tavolo, quasi non si nota molto, la chiave che prima si trovava in mano alla bambina ora si trova poggiata lì sopra. La storia prosegue, ma fino alla fine del capitolo non vi furono state realizzate altre illustrazioni. 87



SCHEDA TECNICA Tavola 1

L’illustrazione del Coniglio Bianco è resa seguendo il vincolo che impose lo scrittore all’illustratore, rispettando sempre le regole del progetto grafico, facendo naturalmente parte. I colori utilizzati nel libro The Nursery Alice sono completamente distaccati rispetto al romanzo, in quanto il pittore, designato per questo compito, per completare l’opera ha a disposizione la più vasta libertà di espressione.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Giacca. 4

2. Panciotto e suolo in luce. 3

3. Ombre. 4. Zona dell’erba in luce 5. Ombrello e alcune zone in ombra.

5

2 1

89



CAPITOLO DUE

Il laghetto di lacrime

Per questo capitolo sono state realizzate quattro illustrazioni. In questo caso la storia si apre nel momento in cui Alice comincia ad allungarsi a causa di un pasticcino trovato sotto il tavolo, dopo che il contenuto della bottiglietta l’aveva rimpicciolita. La prima illustrazione raffigura proprio questo momento e Tenniel realizza una Alice con il corpo allungato, ma non in modo proporzionato su tutto la corporatura, ma semplicemente accentuando di molto la lunghezza del suo collo. Ed è in questa tavola illustrata che il disegnatore gioca molto con lo stile grottesco di cui si parlava in precedenza. Oltre alla bambina il disegno non raffigura nient’altro. La seconda illustrazione riguarda il momento in cui, mentre Alice si dispera a causa della sua altezza, il Coniglio Bianco, vedendola in quel momento, scappa via impaurito. La scena è molto più elaborata della precedente visto che in questo caso viene disegnato il lungo corridoio dell’atrio, ma senza far notare la fine. Alice è posizionata in primo piano con la testa che sfiora il soffitto, con il coniglio realizzato di spalle, mentre fugge via da lei. In basso a sinistra, si notano e non si notano, i guanti e il ventaglio appartenenti a quest’ultimo. Il ventaglio servirà alla bambina per rimpicciolirsi e colta dalla disperazione inizierà a piangere senza sosta inondando l’intero vestibolo con le sue lacrime. La terza scena raffigura Alice che, riprese le sue sembianze, comincia a nuotare nelle sue stesse lacrime. Anche in questo caso il disegno non è molto elaborato e Tenniel realizza soltanto una parte del laghetto di lacrime con Alice che si trova improvvisamente immersa al suo interno. La quarta e ultima illustrazione riguarda il momento in cui la bambina si trova a nuotare a fianco ad un topo che passa proprio in quel momento lì accanto. 91



SCHEDA TECNICA Tavola 2

La tavola presenta i colori del vestito finale scelto come icona portante dell’aspetto della protagonista. La tavola, confrontandola con la parte sottostante che raffigura una porzione dell’illustrazione originale, rimase invariata. Per rappresentare i colori di quest’opera, come accade in the Nursery, gli illustratori hanno piena libertà di espressione. I colori non hanno niente a che vedere con le precedenti edizioni. Un esempio è la giacca del Coniglio che varia dal rosso scuro all’azzurro intenso. COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Giacca del Coniglio. 4

2. Sfondo.

6

3

3. Incarnato. 4. Guance della bambina e interno delle orecchie del Coniglio,

5

2 1

5. Capelli di Alice. 6. Vestito di Alice.

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CAPITOLO TRE

Una corsa elettorale e una lunga storia

Per questo capitolo Tenniel realizza solamente due illustrazioni. Durante l’avanzare della storia oltre al topo il laghetto si popola di altri animali tra cui un Dodo. Appena tutti si fermano sulla riva cominciarono ad asciugarsi correndo in tondo senza una meta ben precisa. Alla fine della corsa Alice distribuisce i premi a tutti gli animali. Tenniel realizza proprio questo momento, non si vede la bambina che distribuisce i premi, ma viene raffigurata al centro della scena mentre parla con il Dodo. Gli altri animali sono posizionati a semicerchio dietro di loro. Una cosa inusuale che si vede nella morfologia del Dodo è il fatto che da sotto le piume delle ali spuntano due mani umane, una regge il bastone e l’altra è tesa verso la bambina. Anche questo particolare rispecchia qualcosa di bizzarro e grottesco nel suo complesso. La seconda illustrazione riguarda il momento in cui il Topo comincia a raccontare una storia molto triste ai suoi compagni. Nel disegno si vede rappresentato quest’ultimo al centro circondato dagli altri animali e da Alice mentre lo ascoltano attentamente. 95



SCHEDA TECNICA Tavola 3

L’ illustrazione appartiene nuovamente all’edizione The Nursery Alice e in questo caso l’abbigliamento di Alice appare con il vestito giallo e non più blu. Il disegno di Tenniel, in questo caso, non viene rispettato dall’illustratore, che fa assumere un nuovo aspetto all’ abbigliamento della bambina. Come si può notare nella tavola le pieghe del vestito in bianco e nero non coincidono con quello della figura a colori. Il nastro che porta sopra la gonna e sotto il grembiule non è mai apparso in nessuna illustrazione originale, così come il fiocco tra i capelli. Solitamente l’illustrazione è chiamata a rispondere alle direttive impartite dallo scrittore per quanto riguarda le varie descrizioni in un romanzo. Siccome quello scritto da Carroll ne era privo questo cambiamento nell’immagine non provocò nulla.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Sfondo. 4

2. Incarnato

5. Vestito di Alice.

6

3

3. Manto del Dodo. 4. Zona in ombra.

5

2 1

6. Zampe e becco della papera e del Dodo

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CAPITOLO QUATTRO

Il coniglio presenta un conticino

Per la storia raccontata in questo capitolo Tenniel realizzò quattro tavole illustrate. Il Coniglio Bianco vedendo Alice la scambia per la sua governante e le ordina di andare a prendere i guanti e il ventaglio in casa sua. Alice ubbidisce ma appena si trova dentro la casa mangia un altro pasticcino. La prima illustrazione riguarda per l’appunto l’effetto del pasticcino che ha su Alice. Viene disegnato l’interno della casa completamente occupato dal corpo della bambina che è cresciuta a vista d’occhio. Alcuni particolari attraggono il nostro occhio, come la finestra che ci indica l’interno della casa, posta in secondo piano e il volto di Alice che prende quasi tutta l’inquadratura. Soltanto dei piccoli dettagli posti in basso a destra ci fanno distinguere il ventaglio e i guanti del Coniglio. Nella seconda illustrazione Tenniel realizza il momento in cui il Coniglio Bianco tenta di entrare in casa sua, ma viene gettato fuori da Alice. Nell’immagine una grossa mano lascia cadere il povero animale, con un’espressione sorpresa, all’esterno della sua abitazione. Questa volta l’illustrazione è molto più particolareggiata per quanto riguarda l’ambientazione retrostante. La storia va avanti e siccome il povero Coniglio non riesce ad entrare dentro casa chiede aiuto a Pat e a Bill la lucertola di scacciare il mostro che infesta la sua abitazione. La terza tavola illustrata mostra proprio il momento in cui Bill fuoriesce dalla canna fumaria, pensando che fosse una buona idea calandosi all’interno per cacciare Alice. L’immagine in questo caso si sviluppa solo in senso verticale per dare maggior slancio alla scena. Alice riesce comunque a scappare rimpicciolendosi di nuovo e a nascondersi tra le piante del bosco lì vicino. Mentre cammina in cerca di qualcosa per tornare della dimensione giusta si imbatte in un cucciolo di cane. La quarta e ultima tavola illustrata, raffigura appunto il momento in cui la bambina giocando con il cagnolino afferra un rametto e lo porge all’animale, mentre rimane un po’ nascosta dietro un grande cardo. Benché nella storia il cucciolo dovrebbe fare i salti di gioia vedendo quel rametto in mano alla bambina, nel disegno di Tenniel appare triste e impaurito. 99



SCHEDA TECNICA Tavola 4

Non è l’illustrazione maggiormente ricordata o conosciuta all’interno della storia, ma Tenniel realizza la chiara descrizione dell’avvenimento secondo la narrazione del racconto. Per quanto riguarda la tavola a colori è un’immagine appartenente sempre all’edizione “The Nursery Alice” e l’unica cosa innaturale nella cromia utilizzata è l’aspetto del cane. Il pelo assume un colorito irreale che si avvicina di molto con quelli del terreno, facendo risaltare all’occhio l’acceso rosso che predomina sul muso dell’animale. COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Pelo del cane e suolo. 4

2. Calze, bordo del grembiule e fiocco tra i capelli. 3. Incarnato. 4. Foglie.

5

6

3 2 1

5. Vestito di Alice. 6. Muso del cane.

101



CAPITOLO CINQUE

I consigli di un Bruco

Per questo capitolo sono state realizzate ben cinque tavole illustrate. La prima raffigura l’incontro di Alice con il bruco, intento a fumare il suo narghilè, seduto sopra ad un enorme fungo mentre la bambina a malapena riesce ad inquadrarlo bene per via della sua bassa statura, mettendosi perfino in punta di piedi. Di tutto il capitolo sul bruco, questa è l’unica illustrazione che Tenniel realizza dell’intero racconto, visto che le altre quattro tavole vi sono state rappresentate le scene di una poesia che il Bruco chiede ad Alice di recitare. La poesia si intitola: Sei vecchio babbo William; la poesia narra di un giovane che non fa che sottolineare a suo padre quanto fosse vecchio e ancora arzillo per saper fare certe cose pur non avendone più l’età. Infatti Tenniel realizza nella seconda illustrazione il babbo William mentre cammina a testa in giù sotto lo sguardo di suo figlio, nella terza invece, mentre l’uomo fa una capriola in aria, nella quarta si abbuffa di cibo con il figlio che lo rimprovera della sua ingordigia e nella quinta e ultima, mentre tiene sul suo naso un’anguilla in equilibrio. Le tavole nel complesso sono tutte ben sviluppate nei minimi particolari sia per quanto riguarda i personaggi che l’ambientazione retrostante. 103



SCHEDA TECNICA Tavola 5

È una delle scene più famose del romanzo. Il rapporto tra il successo di ogni ornamento è ottenuto grazie a una ripetizione di pochi semplici elementi che caratterizza non solo questa tavola, ma anche le rispettive. L’accento, naturalmente, si pone sulla linea per quanto riguarda il disegno originale e sull’utilizzo dei colori molto simili per i personaggi. La forza delle piante dona una struttura pittorica e simbolica alla scena.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1.Ombre. 4

2. Bruco. 3. Incarnato e colore del fungo. 4. Manica del Bruco e vestito di Alice.

5

3 2 1

5.Colore dell’erba.

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CAPITOLO SEI

Porco e Pepe

In questo capitolo, come in quello precedente, sono state realizzate cinque illustrazioni. La prima illustrazione riguarda la consegna dell’invito del valletto pesce delle Regina al valletto rana della Duchessa, il disegno raffigura due animali vestiti da valletti con in mano un’enorme busta da lettere. Sullo sfondo l’ingresso di una casa attorniata dagli alberi del bosco. Dell’ingresso si nota solamente una colonna sormontata da due gradini. Nella seconda illustrazione Alice entra dentro la casa e si ritrova al cospetto di personaggi alquanto bizzarri. La Duchessa è rappresentata al centro dell’intera scena seduta su di una sedia, l’intera figura risulta grottesca e completamente sproporzionata con un enorme testa e un copricapo davvero singolare, mentre tiene in braccio un neonato; a sinistra una strana cuoca prepara qualcosa da mangiare mentre tiene stretto in una mano un grosso macinino per il pepe; in basso ai suoi piedi un gatto sorride vedendo l’intera scena. Dopo varie vicissitudini che accadono all’interno di quella casa, Alice corre fuori tenendo stretto tra le braccia il neonato che scoprirà in seguito essere solamente un maialino. Nella terza illustrazione viene raffigurata la bambina con in braccio un porcellino con in testa una cuffietta per neonati. Nella quarta illustrazione invece si sviluppa la scena più famosa al mondo, quella della conversazione tra Alice e il Gatto del Cheshire. L’immagine si sviluppa su di una L rovesciata con il gatto appollaiato su un ramo di un albero e la bambina sotto di esso intenta a parlargli con le braccia incrociate dietro la schiena. Nell’ultima illustrazione del capitolo Tenniel cerca di illustrare il momento in cui il corpo del Gatto svanisce sotto lo sguardo della protagonista, tralasciando ben visibilmente quel suo sorriso inquietante caratteristico del personaggio. 107



SCHEDA TECNICA Tavola 6

Nelle opere di Tenniel la natura e gli animali sono per lui elementi importanti. Il racconto di Carroll, infatti, è pregno di protagonisti dall’aspetto animale e sentieri situati all’interno di fitti boschi. Per questo motivo le opere realizzate, sia nella loro forma originale sia nella loro forma a colori, conferiscono una tendenza dominante verso un disegno che si ispira alla dinamicità profonda della natura.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Erba. 4

2. Colore dei fiori. 3. Calze e bordo del grembiule. 4. Incarnato.

5

3 2 1

5. Vestito di Alice.

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CAPITOLO SETTE

Un tè di matti

Dopo aver parlato con il Gatto che le indica di andare o nella direzione della Lepre Marzolina o in quella del Cappellaio, Alice prende il sentiero della Lepre ritrovandosi alla fine a prendere il tè, seduta ad un immenso tavolo imbandito con tazze e teiere. Per questo capitolo sono state realizzate tre tavole illustrate. La prima illustrazione raffigura la bambina seduta su una comoda poltrona a prendere il tè assieme alla Lepre, al Cappellaio e al Ghiro. Questa volta l’intera scena è stata rappresentata in orizzontale, con una cura dei particolari sugli abiti del Cappellaio e della Lepre, il Ghiro invece rimane semi nascosto tra i due. Sullo sfondo si può notare una finestra con una casa, ma i particolari non sono ben delineati. La seconda illustrazione è completamente incentrata sulla figura del Cappellaio, nel momento in cui discute con la protagonista, con gli occhi chiusi e la bocca spalancata. In questa illustrazione si nota come Tenniel abbia realizzato la testa del Cappellaio molto più grande rispetto al corpo, forse per dargli un’aria più comica, accentuata di più dall’enorme cappello che indossa. A sinistra riappare la figura del Ghiro immerso dalla penombra, visto che non è il soggetto principale nella scena. Nella terza e ultima illustrazione vengono raffigurati il Cappellaio e la Lepre, intenti a infilare il povero Ghiro all’interno di una teiera decisamente troppo piccola per l’enorme corpo dell’animale. 111



SCHEDA TECNICA Tavola 7

Per la fisionomia del Cappellaio John Tenniel si ispira a un rappresentante politico che aveva già usato in precedenza nelle sue vignette satiriche, Benjamin Disraeli. Per quanto riguarda la versione originale, l’illustrazione è stata realizzata con la stessa tecnica delle altre, invece per la versione a colori, l’immagine è presente all’edizione “The Nursery Alice”.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Incarnato. 4

2. Pelo della Lepre

5. Giacca del Cappellaio.

6

7

3

3. Tronco albero 4. Giacca della Lepre.

5

2 1

6. Sfondo 7. Pois e papillon.

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CAPITOLO OTTO

Il croquet della regina

Per questo capitolo sono state realizzate quattro illustrazioni. Dopo che Alice ha lasciato la casa della Lepre Marzolina si ritrova di nuovo nel vestibolo da dove era partita la storia e finalmente riesce ad aprire la porta ed a entrare dall’altra parte. La prima illustrazione raffigura tre carte da gioco francesi, intente a dipingere un roseto. Le carte raffiguravano il sette, il cinque e il due di picche, con in mano un pennello ciascuno e un secchiello da dove prendere la vernice. Benché sono carte da gioco Tenniel le raffigura con sembianze umane. La seconda illustrazione raffigura l’entrata in scena della Regina con tutto il suo seguito, i soldati, il Re, il Fante di cuori e il Coniglio Bianco. Si ferma proprio davanti ad Alice con uno sguardo di rimprovero, la scena alle spalle è ben dettagliata fin nei minimi particolari, stesso concetto viene adoperato anche per gli abiti dei personaggi. La regina alla fine invita Alice in una partita di croquet e quest’ultima accetta non aspettandosi di giocare con fenicotteri e porcospini. La terza illustrazione mostra Alice che tiene tra le braccia un fenicottero mentre poggia il piede sulla palla che trova a terra con le sembianze di un piccolo porcospino chiuso a riccio, mentre un altro tenta di scappare impaurito. Lo scenario dietro alla bambina è inesistente in modo da concentrarsi unicamente sul personaggio. L’ultima illustrazione vede raffigurata la scena in cui il muso del Gatto compare durante la partita di croquet. L’enorme felino è posizionato in alto alla scena, mentre in basso si sta disputando una discussione tra il Re, la Regina e il Boia. Secondo la storia il Re è infastidito dalla presenza dello stregato e chiede alla Regina che gli venga tagliata la testa, cosa impossibile per un animale che è già privo del corpo.

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SCHEDA TECNICA Tavola 8

L’elemento simbolico, dato dal gioco che ne trae l’immagine, segue il riferimento della storia. Le rose tramutate dal bianco al rosso traggono un annullamento naturale a favore della fantasia. Il raffinato rapporto cromatico tra soggetto e sfondo è dato maggiormente nella tavola a colori rispetto a quella in bianco e nero, anche se non gioca più a favore del valore grafico del negativo – positivo.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Copricapo, scarpe e colore delle rose.

4

2. Incarnato. 3. Calze dei personaggi. 4. Zona ombre e simbolo dei picche.

5

3 2 1

5.Fogliame dell’albero.

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CAPITOLO NOVE

La storia della Finta Tartaruga

Per questo capitolo sono state realizzate tre illustrazioni. La regina manda a chiamare la padrona del Gatto e in scena rientra la Duchessa che vedendo Alice si sofferma a parlare con lei. La prima illustrazione raffigura la bambina assieme alla Duchessa che parlano amabilmente tra di loro e rispetto all’illustrazione del capitolo sei, il volto della donna è meno rigido e inquietante. I vestiti e il copricapo che ha sulla testa è comunque bizzarro e di gran lunga sproporzionato assieme alla sua enorme testa rispetto al corpo. Durante il dialogo con la Duchessa, Alice viene richiamata dalla Regina chiedendole se conosce la Finta Tartaruga. Alice risponde di no e la Regina la conduce dal Grifone che la scorterà dalla Tartaruga per farsi raccontare la sua storia. La seconda illustrazione rappresenta solamente la figura del Grifone accovacciato su se stesso che dorme profondamente. Ha la parte posteriore che ricorda la fisionomia di un leone, mentre la parte anteriore ricorda quella di una gigantesca aquila., con le ali collegate alle sue zampe La terza e ultima scena raffigura la Finta Tartaruga mentre racconta la sua storia ad Alice e al Grifone, la scena si sposta dall’interno del giardino della Regina alla spiaggia del mare. 119



SCHEDA TECNICA Tavola 9

Nei disegni di Tenniel ogni elemento caratterizza la rappresentazione delle linee date dalla stampa delle lastre da lui incise. L’utilizzo esclusivo dell’incisione da origine anche a delle texture e retinature che ne segnano la profondità. Questo gioco viene completamene annullato dal colore in cui anche la linea di contorno usata per determinare le figure viene annullata del tutto.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Manto dello struzzo. 4

2. Capelli di Alice.

5. Mantello della Duchessa.

6

3

3. Veste della Duchessa. 4. Parti del copricapo.

5

2 1

6. Vestito di Alice.

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CAPITOLO DIECI

La quadriglia delle aragoste

Le illustrazioni questa volta sono solamente due disegni che rappresentano questo capitolo. La prima illustrazione raffigura il ballo della quadriglia delle aragoste, il Grifone e la Finta Tartaruga girano intorno ad Alice, mentre la bambina li guarda con occhi smarriti. Lo scenario dietro raffigura ancora la spiaggia e il mare. L’ultima illustrazione invece riguarda una parte della canzone che la Tartaruga canta durante il balletto. La tavola infatti raffigura un’aragosta davanti ad uno specchio intenta a tenere in mano una spazzola, mentre si prepara per andare al ballo.

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SCHEDA TECNICA Tavola 10

Illustrazione poco conosciuta all’interno del romanzo, così anche per gli animali che vi sono rappresentati. I colori utilizzati appartengono all’edizione “The Nursery Alice”, riconoscibile dall’abito indossato dalla bambina, che fu realizzato giallo solo per quella particolare pubblicazione e per l’utilizzo acceso che se ne fa del colore sulla scena. Il manto del Grifone appare del tutto innaturale dove l’attenzione dell’occhio ricade facilmente sul rosso della testa e delle zampe.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Incarnato della tartaruga. 4

2. Guscio della tartaruga 3. Incarnato e zampe del Grifone. 4. Piume del Grifone.

3

5

6

7 8

2 1

5. Vestito di Alice. 6. Calze di Alice. 7. Mare. 8. Incarnato di Alice.

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CAPITOLO UNDICI

Chi ha rubato le paste?

In questo capitolo Tenniel realizza tre tavole illustrate. La prima illustrazione raffigura il Coniglio Bianco in veste di araldo con la tromba in una mano e un papiro nell’altra. L’illustrazione riporta solamente la figura del Coniglio mentre alle sue spalle non viene raffigurato nient’altro. Nel racconto qualcuno ha rubato i pasticcini preparati dalla regina e a causa di questo è stato incolpato il Fante di cuori. In quel momento viene chiamato a testimoniare il Cappellaio. La seconda illustrazione rappresenta il Cappellaio, che si sfila le scarpe, tenendo stretta in una mano un pezzo di pane, e nell’altra una tazzina da tè. La stessa scena si presenta anche nell’ultima illustrazione, ma nella vignetta il Cappellaio se ne va via indignato. Il cappello disegnato per queste due illustrazioni copre totalmente il volto del personaggio lasciando scoperta solo la parte sottostante del naso e la bocca, rispetto alle illustrazioni del capitolo sette. 127



SCHEDA TECNICA Tavola 11

La tavola è completamente incentrata sul Cappellaio, priva di qualunque impostazione di sfondo. Tenniel concepisce appieno il ruolo del disegno come parte integrante del progetto grafico del libro. Come per le altre illustrazioni il criterio utilizzato è sempre lo stesso e i colori non variano molto dalle tavole precedenti. I toni del rosso, del giallo e del blu sono stati utilizzati nuovamente per inchiostrare la tavola anche se la variazione cromatica è molto più accesa rispetto alle altre.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Incarnato. 4

2. Cappello.

5. Scacchi della veste.

6

3

3. Scacchi della veste. 4. Papillon e bordo tazzina.

5

2 1

6. Giacca.

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CAPITOLO DODICI

La deposizione di Alice

Le illustrazioni realizzate da Tenniel sono tre come nel capitolo precedente. In questo caso a deporre contro il Fante è Alice che, mentre si avvicina al Re giudice, comincia di nuovo a crescere velocemente all’interno della sala. La prima illustrazione riguarda proprio questa scena descritta. Alice man mano che cresce fa cadere a terra tutti i giurati senza rendersene conto, mentre qualche animale tenta di aggrapparsi alla sua postazione cercando di non stramazzare sui compagni. Nella seconda illustrazione, invece, riceve una lettera che dovrebbe essere la prova schiacciante per inchiodare il colpevole e Tenniel lo realizza con un volto sorridente seduto sul suo trono con i giurati posti sotto di lui e il piatto delle paste posizionato su di un tavolo. L’intera immagine si sviluppa in una forma a L. Nella storia viene narrato che la lettera che il Re ha in mano non ha niente a che vedere con il furto dei pasticcini della Regina ed Alice esasperata da tutto ciò inveisce contro tutti i personaggi. In risposta le carte volano in picchiata su di lei. L’ultima illustrazione di tutto il libro riguarda proprio questo avvenimento. Alice viene raffigurata con una mano alzata, in segno di protezione, mentre le carte minacciose cadono sopra di lei, gli animali ai suoi piedi scappano impauriti dalla scena. Con questa ultima tavola John Tenniel conclude tutto il lavoro che gli era stato commissionato da Lewis Carroll seguendo anche i consigli di quest’ultimo nella realizzazione di alcune rappresentazioni. 131



SCHEDA TECNICA Tavola 12

Anche questa scena è tratta dall’edizione The Nursery Alice. La figura della protagonista si staglia in modo netto sullo sfondo. La dinamicità della scena che ricopre un ruolo importante con tutta la composizione, portando in evidenza tutta l’influenza provocata dalla figurazione continua, che accentua quello stile lineare presente nelle tavole originali.

COLORI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA TAVOLA

1. Ombre 2. Incarnato.

4

5. Vestito di Alice e capelli.

6

3

3. Manto di alcuni animali. 4. Manto di alcuni animali.

5

2 1

6. Nastro del vestito e fiocco tra i capelli.

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IL LINGUAGGIO GRAFICO


La versione del personaggio di Alice realizzata da Arthur Rackham.

PAROLA

&

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IMMAGINE


I

l difficile rapporto tra parola e immagine è sempre stato oggetto di discussioni critiche che riguardano, molto spesso, la letteratura per ragazzi e non solo. Questo è stato anche uno dei motivi per cui il romanzo di Carroll e le illustrazioni di Tenniel sono stati visti come punti di studio dove sia il testo che i disegni, si fondono tra di loro. Per farsì che questo rapporto fosse visto anche al di fuori dell’Inghilterra, Carroll voleva personalmente supervisionare le versioni del romanzo in modo che nessun traduttore interpretasse il testo in maniera diversa da come lui lo aveva progettato inizialmente. La parola e l’immagine ha avuto un impatto ancora più incisivo quando il lettore doveva per forza avere bisogno delle illustrazioni per poter comprendere meglio il testo, in quanto il romanzo ero privo di descrizioni sui personaggi e sulle ambientazioni, lasciando così molto spazio ai dialoghi tra la protagonista e i vari personaggi. Si potrebbe dire che vi è una relazione tra interazione verbale e interazione visiva dell’opera. L’immagine di Alice creata da John Tenniel è stata accantonata quando la Disney fece uscire il lungometraggio sul Paese delle Meraviglie nel 1951 e nell’immaginario globale, la figura disneyana della protagonista prese il posto di quella del romanzo. Un’altra figura che rimase impressa e divenne famosa al pari di quella dell’illustratore vittoriano Tenniel, fu l’Alice realizzata da Arthur Rackham nel 1907. Il romanzo di Lewis Carroll visto all’inizio come un semplice libro per bambini si è rivelato in seguito un’autentica guida pratica destinata a mostrare agli uomini, i grandi principi che regolano la vita e la nostra evoluzione. Alice indica con precisione il modo in cui ci si deve dar da fare per volere, ottenere e gestire il cambiamento improvviso che si ha nella nostra vita, specie se il più delle volte ci imbattiamo in qualcosa che non comprendiamo o che va al di fuori delle regole che conosciamo. Le parole che l’autore mise su carta servivano a racchiudere significati nascosti sotto molti altri aspetti. Per alcune forme si rifanno alle tradizioni vittoriane che vengono poi insegnate di

Particolare dell’illustrazione su Alice nel Paese delle Meraviglie, creata da Arthur Rackham nel 1907.

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Illustrazione creata da Lewis Carroll per il manoscritto Alice’s adventures Under Ground, donato a Alice Liddell.

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generazione in generazione ai propri figli; tramite dialoghi che stimolano sia il divertimento che l’intelligenza, risvegliando in questo modo la coscienza dell’uomo sotto un aspetto puro e incontaminato. Come accade per la protagonista il romanzo ci indica consapevolmente che dovremmo vedere le cose, durante il nostro percorso, da svariate angolazioni, che ci presagiscono quali sono i nostri bisogni, le nostre richieste, le nostre domande oppure i mezzi che useremo per arrivare fin dove vogliamo. Trovare il posto che ci spetta nel mondo ed evolvere in piani sempre superiori. Ovviamente tutto ciò Carroll lo maschera molto bene, si potrebbe dire che utilizza una specie di nebbia realizzata come un mondo fantastico popolato da creature strambe e folli, che capovolgono completamente il reale con l’irreale. Il mondo del Paese delle Meraviglie altro non è che la nostra personalità suddivisa in tanti personaggi. Forse è questa una delle cause per cui Carroll non descrive nulla nel suo romanzo, visto che ognuno di noi esteriormente è diverso dall’altro, ma interiormente ci somigliamo sempre un po’ tutti sia caratterialmente che emotivamente.


Quell’inseguimento del Coniglio Bianco fa scattare inevitabilmente la curiosità e l’incoscienza che è sempre la causa che ci fa agire senza pensare alle conseguenze a cui andiamo incontro. La mente in questo caso è libera e indipendente, che affronta l’ignoto senza curarsi ne dei rischi ne dei pregiudizi. Se dopo la caduta nella tana del Coniglio Alice si trova imprigionata in un vestibolo senza via d’uscita, la colpa potrebbe ricadere solo su di lei visto che è stata una sua scelta a portarla lì. Da una porticina intravede un giardino, dentro al quale sogna di entrarci, ma per raggiungerlo deve adattarsi alla nuova realtà; un susseguirsi di punti di vista diversi dati dall’altezza troppo alta o troppo bassa, causata da dolcetti o bevande, ma mai delle dimensioni giuste allo scopo. Nel romanzo ci sono una serie di pericoli che potrebbero condurre alla morte, ma sono ben celati dall’ironia e dal soprannaturale che ricorre continuamente, dalla caduta nella tana, al momento in cui rimane incastrata nella casa del Coniglio Bianco, il quale cerca di scacciarla anche dando fuoco all’abitazione, oppure alla condanna a morte della Regina, volendole tagliare la testa. 139


Illustrazione originale di John Tenniel, realizzata per il capitolo: Porco e Pepe.

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Tutti questi episodi grotteschi non hanno niente di spaventoso in quanto li descrive in modo imparziale, come se fossero cose normali e di cui non aver paura. Alice capovolge tutti i valori del suo mondo di origine a causa di quello che ella sente all’interno dell’altro mondo che, inconsciamente, difende strenuamente contro gli attacchi degli abitanti del Paese delle Meraviglie, tramite dialoghi o giochi di parole che poi gli altri useranno contro di lei con aggressività e mal celata cattiveria. Se non ci fosse il personaggio di Alice (la ragione) tutti gli episodi di pazzia non sarebbero mai avvenuti e i due mondi talmente differenti non si sarebbero mai scontrati. I poli opposti non sono mai perfettamente allineati, ma si spostano di continuo accanto ad elementi aggressivi e predatori del carattere dei personaggi. Un istinto di sopravvivenza verbale dove spesso si è animati da un preciso senso di potere. Basti pensare all’episodio di Alice con il Grifone e la Tartaruga. Alice sentendo la Tartaruga raccontare la sua storia chiede delle spiegazioni a riguardo, ma il Grifone la tratta malamente senza alcun motivo valido, dando ordini e zittendola di continuo, mentre la bambina si lamenta dicendo a se stessa di non aver mai ricevuto tanti ordini in vita sua come li stava ricevendo in quel momento. Il rapporto di Alice con gli animali cambia di capitolo in capitolo, nel mare di lacrime si ritrovano varie specie di animali, ma in questo caso Carroll mette la bambina su di un podio più alto rispetto agli altri. Lei in quanto essere umano è diversa e viene vista come identità umana e non animale. Lei deve consegnare i premi a tutti gli animali e sempre lei riceve un premio diverso da tutti gli altri.


L’incontro con il Bruco segna un passaggio fondamentale: Alice impara a controllare la propria statura mangiando uno dei pezzi del fungo. Anche se la discussione con il Bruco sull’altezza, è un ammonimento ad accettare se stessi e i cambiamenti che avvengo nella vita, però rimangono i modi rudi e arroganti e da quell’episodio in poi anche gli altri personaggi la tratteranno nello stesso modo. Per esempio anche il dialogo con il piccione sul fatto che lei sia un serpente che mangia le uova o ascoltando la ninnananna cantata dalla Duchessa che maltratta il suo bambino lanciandolo in aria, oppure l’incontro con il Cappellaio e la Lepre Marzolina dove, anche in quel caso, Alice viene all’inizio snobbata e poi maltrattata su qualsiasi cosa dicesse. Elementi palesi di questi rapporti sociali. Ma l’integrità della protagonista e le regole che le sono state impartite sin dalla nascita sembrano come una specie di scudo per la bambina, a cui non risponde mai in modo volgare alle provocazioni e sembra sempre padrona delle sue emozioni non stupendosi mai di niente e di nessuno. Carroll però aggiunge una figura opposta alla rudezza della Duchessa: il Gatto del Cheshire. All’interno di quella casa piena di scenari caotici, il felino è l’unico che incarna la pacatezza e il controllo dell’emozioni. Ma il gatto viene preso in causa da Carroll per far capire una cosa sostanziale ad Alice. Benché lei si trova circondata da un mondo di pazzi, lei stessa è pazza, in quanto si trova in quel mondo come tutti gli altri. Fin qui anche il lettore leggendo una cosa del genere rimane interdetto per quelle parole che pronunciate in modo corretto non possono essere replicate. Alice si trova fra i matti, ma solo i simili stanno con i propri simili

Illustrazione inchiostrata per l’edizione The Nursery Alice.

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Versione Disneyana della figura del gatto del Cheshire, chiamato nel film d’animazione Stregatto.

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e qui accade una perdita di controllo e di disagio che sembra non avere una via d’uscita. La protagonista infatti non controbatte l’affermazione del gatto in quanto la trova una ragione molto valida e alla quale dà ragione. Nel capitolo sette invece si manifesta la contraddizione del tempo come una figura concreta con cui puoi parlare, fargli fare ciò che vuoi oppure offenderlo o ammazzarlo; esempio fornito dal Cappellaio quando dice ad Alice che lui stesso ha ammazzato il tempo ed è stato accusato dalla Regina di cuori. Ciò conduce ad un crollo temporale sui concetti di spazio e di identità. L’ episodio di questo capitolo è stato sempre visto come uno dei più divertenti e uno dei più sconvolgenti proprio perché gli estremi si dividono in: serenità e padronanza della propria identità e del proprio tempo, oppure in sfacelo e disintegrazione della soggettività. La questione che riguarda l’incontro con il Cappellaio però verrà approfondita in seguito. Ma un cedimento definitivo per la protagonista si ha nel giardino della Regina di cuori, dove le sue certezze vengono messe di nuovo a dura prova. Doveva essere un luogo sereno e pacifico, il posto che desiderava raggiungere sin dall’inizio della storia, e che per farlo ha dovuto superare molte altre prove; ma non è così! E qui ci si potrebbe domandare se ciò a cui aspiriamo ardentemente alla fine si rivela come un qualcosa di orribile, che forse era meglio non desiderare. Per quanto riguarda la bambina deve essere così visto che quel giardino si rivela una delusione e tutte le certezze del mondo normale vanno definitivamente distruggendosi. L’ ordine delle cose non hanno più regole e il caos regna sovrano. L’ inanimato e l’ animato si scambiano i ruoli ed ecco qui che un mazzo di carte da gioco si muovono come fossero persone reali e i fenicotteri e i porcospini vengono visti come oggetti inanimati. Sembra che da un mondo del genere non vi sia più via d’uscita che si rimarrà imprigionati, assieme a tutti quei personaggi, animali e non per sempre, e diventando come loro. In quel momento nessuno avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe bastata una semplice parola, una semplice constatazione per farsi che ogni cosa tornasse al proprio posto.


Il grido di Alice: “Non siete altro che un mazzo di carte!” Contro la dispotica Regina, fa capire che la protagonista non è assolutamente disposta ad accettare quel mondo, ma che rimane ferma sulla decisione di difendere le regole della sua razionalità e soprattutto di aver scelto di rimanere se stessa nonostante tutto quello che ha subìto. Un racconto che sfugge a tutte le regole comuni della narrazione dove gli episodi narrati, invece di essere immediatamente comprensivi, lasciano il lettore interdetto e confuso su quello che all’inizio sembrava giusto, ma che alla fine viene rivisto come sbagliato. Il linguaggio adottato dallo scrittore vede un irrefrenabile utilizzo della libertà e della fantasia che assume tutti i colori e tutto il brio di cui Carroll è dotato. Ciò è ben visibile non solo nei dialoghi, ma anche nella poesia che arriva all’interno delle fasi estrema e si dissolve in emissioni vocali puramente sonori e ritmici. Il ritmo e il suono danno la sensazione che nelle parole non sia cambiato nulla finché non vi è una constatazione del contrario. Carroll nel testo originale decide di fornire una lunga spiegazione dei suoi versi che rimangono per certi aspetti, misteriosi anche nelle varie traduzioni italiane. Persino le parole che la protagonista afferma di conoscere bene, sembrano avere tutt’altro significato, un significato completamente differente. I testi sembrano reagire per conto proprio, come se non volessero sottostare alle regole linguistiche impartite dalla razionalità, vi è come una scissione tra il significato che si vuole esprimere e il significato che vuole apparire. Non vi è più un senso comune appartenente al nostro mondo reale. Il linguaggio accetta il gioco infinito delle illusioni, degli scherzi verbali e rifiuta ogni prassi comportamentale a cui l’autore si diverte a scombinare le regole del gioco. Appare evidente come Carroll abbia utilizzato un codice linguistico e delle leggi da rispettare, dove l’instabilità è completamente in balia di chi li esprime o li applica; in questo caso Carroll li addebita a tutti gli abitanti del Paese delle Meraviglie, che tendono ad inculcare nella mente della bambina il loro modo di vivere e non il suo. Si arriva così a sottolineare il nonsenso; dove tutto è possibile e

Versione Disneyana della figura del Bruco, chiamato nel film d’animazione Brucaliffo.

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Illustrazione di John Tenniel riguardante il secondo capitolo, inchiostrata per l’edizione The Nursery Alice.

tutto ha una logica, lasciando emergere in questo contesto una dignità reale, seppure assurda, per chi arriva al di fuori. Tutto dipende anche da chi comanda. Per il lettore che si immedesima nella protagonista, trova un certo fastidio la mancanza di comunicazione e il continuo fallimento del riconoscimento delle modalità linguistiche, che sotterrano l’atto comunicativo di cui avrebbe bisogno. Chi forse non risente affatto di questo disagio interiore è l’autore, coinvolto totalmente nel suo immaginario folle e infantile, dove il nonsense impregna ogni pagina del romanzo e ogni singolo dialogo. La parola così rimane libera, ma incomprensibile per una bambina come Alice che si sforza in tutti i modi di adattarsi e di entrare in contatto con quell’universo folle al quale vorrebbe essere accettata come pari, ma ciò complica solo le cose sdoppiando la personalità della bambina, ciascuna destinata al suo mondo e al suo tempo. L’ Alice che rimane per sempre collegata alla follia di quei personaggi e dai quali in fondo non vorrebbe distaccarsi, rincorrendo a vita un coniglio bianco e affrontando tutte le avventure che le si parano davanti, mentre l’altra Alice si sveglia, cresce si accorge che era solamente una fantasia irreale uscendo per sempre quell’universo puro e semplice. Alice è il punto di vista della funzione e come tale, noi registriamo tutto ciò che riguarda il personaggio per ottenere un quadro estremamente interessante. Questo concetto può essere studiato in modo autonomo attraverso tutto il materiale della storia, nonostante si tratti di elementi variabili ma ripetitivi usati dall’autore per sottolineare con evidenza il canone che determina il senso del racconto. Questo canone è facilmente riscontrabile durante il viaggio di Alice dal primo capitolo e fino all’ultimo. L’esempio è il continuo cambiamento del corpo della bambina e la sua grande capacità a non ascoltare il suo buon senso. Ben tre volte lei si trova davanti ad oggetti che la istigano a fare qualcosa che non dovrebbe fare, senza curarsi delle conseguenze e cui e potrebbe andare incontro, ma questo non la frena dal riprovarci (basti pensare alla bottiglia con su scritto bevimi e ai due pasticcini con su scritto mangiami). La caratteristica degli animali nella storia contengono, invece, 144


Illustrazione realizzata da Arthur Rackham, per scena descritta da Carroll riguardante la storia della Finta Tartaruga.

elementi fantastici che talvolta sono pronunciati in modo evidente e, d’altra parte, nel romanzo il contenuto fantastico svolge un ruolo importante tramite comportamenti identici a quelli degli esseri umani. Il fatto che il romanzo sia privo di descrizioni rende quasi impossibile identificare con precisione i luoghi in cui si svolge l’azione. Si hanno anche dei dubbi sul fatto che possa esistere oppure no una fisicità spaziale. Il dubbio si insinua in quanto siamo ben lontani dalla rappresentazione di un mondo reale dove la natura assume aspetti e caratteristiche che non sono ben definite, simile alla realizzazione della bozza di un disegno i cui contorni sono appena accennati.

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Illustrazioni realizzate da Rebecca Dautremer.

Ci lasciano spaesati anche i vari cambiamenti di scenario assurdi, dove si passa da un vestibolo, ad un laghetto e da un laghetto ad un bosco e così via, senza capire per bene come sia potuto accadere. Il romanzo si pone così allo stesso livello di un teatro, dove appena si chiude il sipario lo scenario viene cambiato radicalmente senza seguirne bene i tratti del percorso. Un altro fatto abbastanza assurdo sono i rumori, Carroll non trascrive nessun movimento all’interno degli avvenimenti che sia o il vento fra gli alberi o l’infrangersi delle acque del laghetto oppure la caduta di Alice all’interno della tana del Coniglio. Se ne ricava un irreale mondo dove le sensazioni sono piatte, come se i personaggi fossero posti all’interno di un universo unidimensionale, immobile simile ad un disegno schizzato velocemente giusto per dare l’idea che si vuole avere del prodotto finale, solo che alla fine del prodotto sembra non arrivarvisi mai. Certamente il colore come per i suoni o la descrizione dei paesaggi non sembrano essere una delle tante priorità di Carroll. Quando ha cominciato a stilare le pagine del suo libro, si hanno sì e no alcuni sprazzi di colore per sottolineare avvenimenti per lui fondamentali, come gli occhi rosa del Coniglio, il blu del Bruco e naturalmente il rosso dei barattoli della vernice che i giardinieri utilizzano per ridipingere le rose, e cremisi il cuscino su cui è poggiata la corona del Re. Tutta qui la tavolozza dei colori di cui dispone il romanzo, spruzzando colore su pochi oggetti o animali. Comunque il livello descrittivo rimane lo stesso in secondo piano, per l’autore i dialoghi sono importanti, la velocità con cui vengono formulate domande e risposte, i giochi del nonsense usando azioni veloci e stupefacenti incantando il lettore sui quei punti presenti nel romanzo, invece che sui colori e sulle rappresentazioni dei luoghi utilizzati. Alice si fa portavoce di tutti i bambini, che, come lei, a quell’età cercano delle risposte alle mille domande che sottopone agli altri quando la sua mente sente o vede qualcosa di strano che non riesce a riconoscere. Tenniel segue le indicazioni dell’autore per realizzare i suoi disegni e impreziosendoli anche con il suo senso artistico. Un 146


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sogno illustrato dove sia Carroll che Tenniel decisero di stampare in bianco e nero. Eppure l’Alice che conosciamo noi è bionda, con indosso un vestito azzurro e un grembiule bianco. Ma si è proprio sicuri che era così che l’autore immagina la figura della piccola protagonista e prevedeva già colori del genere quando aveva scritto la storia e preparato la pubblicazione? Durante la prima parte del diciannovesimo secolo, i processi adoperati per il romanzo dovevano rendere più convenienti le immagini di Tenniel e il fatto di dover colorare i disegni e farli uscire e produrre in larga scala implicava anche un restyling delle illustrazioni precedentemente impostate. Ma la decisione di utilizzare il vestito azzurro per il personaggio, non furono le prime idee che vennero in mente per la stampa. Le illustrazioni colorate la prima volta non furono neanche usate al posto delle rappresentazioni originali del romanzo. Le prime illustrazioni a colori comparvero nel 1872 in Inghilterra quando si decise di utilizzare, per i prodotti connessi alla storia di Alice nel Paese delle Meraviglie, le stampe secondo il processo della cromo-litografia. Un esempio di questo esperimento si ha nelle copertine musicali per il Paese delle Meraviglie delle quadriglie, le musiche furono composte con una base musicale suonata al pianoforte realizzate da C.H.R. Marriott. Prima di arrivare al vestito iconico, ricordato da tutti come quello principale, vennero realizzati altri colori di prova: il rosso per cover musicale e il libro The Little Folks’ Edition, il giallo per il The Nursery Alice e il blu per entrambi i libri sulle avventure di Alice. Il colore che forse aveva sempre avuto intenzione di adottare Carroll per la piccola protagonista è possibile che sia stato il giallo usato in The Nursery e non il blu, in quanto l’autore teneva molto alla pubblicazione di quell’opera e di certo non avrebbe usato un colore qualsiasi scelto a caso per l’uscita di quel libro. Analizzando invece i personaggi principali e il modo in cui sono stati rappresentati dall’illustratore possiamo già capire la scena che prende all’interno della storia e le relazioni che hanno con la protagonista. Il Coniglio Bianco, arrivando agli ultimi capitoli, si scopre essere l’ambasciatore della Regina di Cuori ed è proprio lui ad aprire il corteo e a dare inizio al processo contro il Fante di cuori.

Fase esecutiva della lavorazione delle illustrazioni di Tenniel, dalla lastra incisa, alla stampa in positivo e negativo, fino alla resa a colori.

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Particolare della scena realizzata per il capitolo undicesimo: Chi ha rubato le paste. Illustrazione di John Tenniel.

Nelle illustrazioni porta un paio di occhiali sul naso che potrebbero sottolineare l’anzianità dell’animale. Sia nei testi che nei disegni di Tenniel non si nota mai Alice assieme a lui come accade per gli altri personaggi. Il Coniglio, infatti, non si relaziona con Alice neanche per scambiare brevi frasi o discorsi complicati, si limita semplicemente a rincorrerlo, se l’animale si accorge o meno di Alice è qualcosa che rimane parecchio nel dubbio. La sua figura è diventata famosa per la frase “È tardi, è tardi!” che ripete spesso mentre corre via. Della figura del Dodo si può dire che è uno tra gli animali più confusionari che Alice incontra sul suo cammino. Si nota benissimo come l’animale sia a capo degli altri comportandosi proprio come un leader. Questo aspetto potrebbe essere dipeso dal fatto che nella realtà il Dodo è un animale raro in via di estinzione. È il primo che si relaziona con Alice non facendosi meraviglia di incontrare una bambina in mezzo agli altri animali. Si ha solamente un’unica illustrazione riguardante il Bruco e per di più è posizionato di spalle seduto sul suo enorme fungo. È possibile che non sia un caso che Tenniel decise di rappresentare il personaggio in questo modo. Carroll, nelle conversazioni che gli attribuisce verso Alice, lo descrive come un essere schivo e suscettibile, che cerca in tutti i modi di levarsi di dosso la bambina rispondendo alle sue domande anche con monosillabi, andandosene e lasciandola da sola con mille dubbi. Nell’illustrazione riguardante la Duchessa Tenniel inserisce in una sola immagine tutti i personaggi presenti nel capitolo: la Cuoca, il Gatto, la Duchessa, il bambino e Alice. Dell’aspetto fisico delle donna Carroll fa riferimento solamente al suo mento, mentre Tenniel da uno sfogo creativo molto grottesco rappresentandola di una bruttezza fuori dal comune. Si avranno però due caratteristiche del suo carattere in quanto è stizzosa e dura nel primo incontro con la bambina e smielata e disposta a parlare, nel secondo incontro. Questo suo cambiamento di umore è dipeso dal semplice motivo che la donna, vedendo Alice la seconda volta, aveva semplicemente voglia di sparlare con lei della Regina. Un accenno ironico, si potrebbe dire, che Carroll voleva sottolineare 150


Particolare dell’illustrazione creata da Tenniel per il romanzo di Alice nel Paese delle Meraviglie.

incarnando gli aspetti delle donne che, nel momento di voler sfoderare la lingua, sono pronte a rivelarsi anche buone amiche. Il Gatto del Cheshire a quanto si è capito nella storia del romanzo appartiene alla Duchessa ed è odiato dal Re in quanto non rispetta la sua sovranità. È rimasto impresso negli anni per la sua particolare dentatura e la sua capacità nel rendere invisibile il resto del suo corpo. Nelle illustrazioni di Tenniel si vede chiaramente come l’animale è posto sempre in alto all’inquadratura della scena, come a voler far capire che il felino è al di sopra di tutti. Si dimostra affabile nel voler aiutare Alice, ma la sua vera natura rimane un po’ ambigua. Il personaggio della Lepre Marzolina è una figura fittizia creata da Carroll basandosi su un detto dell’epoca vittoriana “Matto come una Lepre Marzolina”. Nel romanzo l’autore non specifica se sia maschio o femmina, ma vedendo le illustrazioni di Tenniel quest’ultima viene vestita con abiti maschili, forse per accoppiare al meglio il trio composto da lei, dal Cappellaio e dal Ghiro. Il Ghiro compare nel romanzo nella casa della Lepre, usato come cuscino dal Cappellaio e dalla Lepre per appoggiarci i gomiti, mentre dorme profondamente. Durante il suo incontro con la bambina si mette a raccontarle una storia, ma quando quest’ultima si incammina per andarsene i suoi amici tentano di infilarlo in una teiera. Nelle illustrazioni di Tenniel compare solamente nel capitolo sette. Per quanto riguarda la personalità del Cappellaio e la sua relazione con la protagonista verrà spiegata ed analizzata in seguito. Dando un’occhiata all’immagine che rappresenta la Finta Tartaruga o Falsa Tartaruga (dipende dalla traduzione italiana che abbiamo sotto mano) si nota come questo triste animale abbia qualcosa che non va nella sua fisionomia, partendo anche da una strana coda che le spunta da sotto il guscio. Il suo nome deriva da una pietanza vittoriana popolare nell’Inghilterra di quell’epoca. Siccome l’ingrediente principale della zuppa era la carne di vitello, Tenniel ha giocato su quest’aspetto realizzando la testa, i piedi, e la coda di vitello. Per quanto riguarda il Re e la Regina di cuori sono l’uno l’opposto dell’altra. Lei autoritaria e irosa, viene vista anche come una specie 151


Il dipinto risale al 1513, intitolato “A Grotesque Old Woman, e raffigura la donna più brutta della storia.

Particolare dell’illustrazione riguardante il personaggio della Duchessa presente nel romanzo di Carroll, realizzata da John Tenniel.

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di antagonista all’interno del racconto, diversamente dal marito che è un uomo bonario e calmo. Tutti nel Paese delle Meraviglie la rispettano come sovrana, ma mai nessuno rispetta i suoi ordini che non vengono mai esauditi. Con Alice si comporta in modo amichevole anche se la bambina farà tutto ciò che le viene detto solo per non incappare nella sua furia. Secondo alcune ricerche i personaggi disegnati da John Tenniel riprendono la fisionomia di personaggi realmente esistiti, ma molti di questi appartengono di più al secondo romanzo che al primo. Delle avventure nel Paese delle Meraviglie solamente tre personaggi sono stati realizzati seguendo l’esempio reale da cui prendere spunto. In tutto questo viene esclusa, come già spiegato in precedenza, la figura di Alice benché non si è proprio sicuri che l’illustratore si sia ispirato alla foto di una bambina che Carroll gli dette. I tre personaggi sono: il Cappellaio, la Duchessa e il Dodo. Del primo personaggio spiegheremo le fattezze a cui somiglia nel prossimo capitolo dove verranno approfonditi altri aspetti importanti, della Duchessa invece si sa che fu un personaggio inserito in seguito nel romanzo e che nella prima stesura non se ne fa alcun accenno. Carroll lo include nell’edizione del 1865 e nel momento in cui spetta a John Tenniel illustrare al meglio la


Il dipinto del Dodo risale al 1651 a cura di Jan Saveri.

Il Dodo, particolare dell’illustrazione creata da John Tenniel.

figura di questa donna, senza alcuna descrizione dettagliata da parte dello scrittore, egli si rifà ad un quadro dipinto da un pittore fiammingo del Rinascimento, Quentin Massys. Il dipinto risale al 1513 e si intitola A Grotesque Old Woman e raffigura la donna più brutta della storia. Il ritratto dovrebbe raffigurare una Duchessa del Tirolo, vissuta nel Trecento. In verità non si può essere completamente sicuri della sua autenticità poiché quel dipinto il pittore lo realizzò duecento anni dopo la morte della donna. Fatto sta che Tenniel si è ispirato proprio a questo quadro per realizzare la sua Duchessa aggiungendo anche lo strano copricapo che si nota anche nel dipinto originale. Anche per il Dodo è stato usato lo stesso espediente. Nel museo di Oxford vi è un quadro raffigurante un Dodo che somiglia molto a quello realizzato da Tenniel per Carroll, il dipinto risale al 1651 a cura di Jan Savery ed è possibile che l’ispirazione sia partita da qui. Secondo altre ricerche è possibile che il Dodo sia la caricatura del reverendo Dodgson e che il nome sia nato proprio dalla sua balbuzie nel ripetere il suo cognome (Do-do-Dodgson).

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TRA REALTÀ E FANTASIA


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QUENTIN MASSYS

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Ritratto di Erasmo da Rotterdam realizzato nel 1517, olio su tavola. Galleria Borghese.

uentin Massys, un pittore fiammingo appartenente al periodo Rinascimentale, Nacque in Belgio nella città di Lovanio, dove imparò il mestiere di fabbro. Il suo nome venne registrato non solo come Quentin, ma anche come Quinten oppure Kwinten. Anche il cognome ebbe una variazione, da Massys a Matsys (questo cognome viene ripreso in futuro da suo nipote, anche lui un pittore alla corte …) Metsys oppure Matsijs. Diciamo che la vita del pittore, arrivata fino ai giorni nostri, viene raccontata e vista più da un punto di vista leggendario. Quindi secondo la leggenda Quentin fu indirizzato dal padre a coltivare la sua vena artistica spronandolo verso gli studi di pittura, dato che il padre, un noto architetto, preferì suo fratello come successore nel suo campo rispetto a lui. Secondo altre fonti, Massys si è dedicato alla pittura dopo essersi invaghito della figlia di un artista. Fu uno dei migliori artisti che studiarono nella scuola di Anversa e il tutto inizia nel 1491 dove si reca appunto ad Anversa, dove viene ammesso alla associazione dei pittori. Lo stile del pittore è fortemente influenzato da un sentimento strettamente religioso, con una tendenza al realismo che contraddistingue le sue opere da altri autori, facendone affiorare anche il senso grottesco dei suoi soggetti raffigurati, fin quasi a sfiorarne la caricatura. Dietro le sue opere però c’era mola ricerca. L’autore non si soffermava solo all’aspetto fisico reale, ma andava oltre cercando si smascherare l’animo umano che non sempre si sposa con il proprio aspetto. Ad esempio quella sua tendenza satirica si rispecchia nell’avarizia e nell’avidità dei banchieri. Nel 1507 e nel 1509 Quentin Massys realizza due sue celebri opere, due pale d’altare, un trittico di grandi dimensioni, una raffigurante Sant’Anna, la madre della Vergine Maria, commissionata per la Chiesa di SaintPieter di Leuven e un’altra raffigurante La deposizione di Cristo un’opera di rande impatto emotivo e religioso, dove la cura per i dettagli non lascia spazio al caso. La sua pittura però non si basa solamente su soggetti religiosi e alcuni suoi dipinti riguardano anche ritratti di persone comuni, come ad esempio quello realizzato per il suo amico Erasmo. Anche se rispetto alle influenze che ha avuto dal lavoro di due pittori come Albrecht Durer e Hans Holbein la sua ritrattistica appare molto più soggettiva. 157


Sepoltura di Cristo realizzata nel 1511, Anversa, Musées des beaux-arts

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L’artista fiammingo continua però l’arte dei grandi maestri nella tradizione dei Paesi Bassi del XV secolo, con un occhio particolare rivolto all’arte italiana, specialmente allo stile e al disegno di Leonardo da Vinci. Infatti nelle opere di Massys si può riscontrare alcune similitudini con l’arte di Leonardo, come ad esempio nella “Vergine e il Bambino” le figure sono copiate dalla “Vergine delle Rocce” di Da Vinci. Altre influenze le ha ricevute anche dai dipinti di Jan Van Eyck come molti storici hanno notato nella sua opera intitolata “Madonna con Bambino e Angeli” risalente al 1505, due anni prima che lavorasse alle pale d’altare, anche se gli angeli hanno una corrente prettamente Rinascimentale. Uno dei particolari che ama dipingere più di tutti, sono le lacrime, le realizza come se fossero delle grandi perle sugli occhi oppure sulle guance rosse delle sue donne sante, come ad esempio la sua opera sulla Maddalena oppure la Pietà. Realizza anche quadri con scene di vita quotidiana, rappresentando in modo quasi satirico banchieri, esattori delle tasse ed avari mercanti, soggetti che ricordano gli scritti del grande umanista Erasmo. I due si conosco nel 1517 e Massys realizza per lui molti ritratti non soffermandosi solo ad Erasmo, ma rappresenta un paio di ritratti anche per l’amico Petrus Aegidius.


In futuro il pittore avrà due figli che seguiranno le sue stesse orme nel campo della pittura e dell’arte. Jan Massys, nato nel 1509 e morto nel 1575, diventerà nel 1531 un maestro nella gilda di Anversa, dove però sarà bandito dodici anni dopo per le sue opinioni eretiche. Le sue prime opere mostrano molto chiaramente lo stesso stile pittorico e rappresentativo del padre, quasi ad essere delle chiare imitazioni di quei dipinti. Il secondo figlio, Cornelius Massys, nato quattro anni dopo il primo genito e morto nel 1579, diventa anch’egli un maestro nella pittura, raffigurando all’interno dei suoi dipinti paesaggi inerenti a quelli del padre e utilizzando nell’incisione il suo stesso stile. Quentin Massys morirà nel 1530 ad Anversa e il suo operato negli anni della sua carriera saranno fondamentali per lo sviluppo del primo manierismo fiammingo, avendo poi una grande influenza in Spagna e Portogallo, paesi in cui l’artista ricevette numerose commissioni.

Pala d’altare di sant’Anna realizzata nel 1507 e 1509. Bruxelles, Musées royaux des beaux-arts

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A GROTESQUE OLD WOMAN

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razie al romanzo di Lewis Carroll e alle illustrazioni di John Tenniel, il quadro realizzato da Quentin Massys intitolato La Duchessa brutta conservato alla National Gallery di Londra divenne famoso in tutto il mondo. L’opera non altro che una parte di un dittico a cui stava lavorando l’autore nel 1513. La duchessa per l’appunto è stata esposta a Londra, mentre l’altro quadro è stato sostato al museo Jacquemart-Andrè di Parigi. Secondo alcune fonti, il dipinto sarebbe il ritratto di Margaretha Maultasch, una duchessa della Carinzia e Tirolo del XIV secolo, tristemente ricordata come una delle donne più brutte della storia. Sembra che il suo stesso nome Maultasch tradotto significa Bocca a tasca, un soprannome orribile datole a causa della forma della sua bocca. Secondo gli studi di un professore di chirurgia all’University College di Londra, Michael Baum, sembrerebbe che in realtà la donna soffrisse della malattia di Paget, forma molto rara che deforma le ossa allargandole, estendendo così il labbro superiore e spingendo il naso verso l’alto. Questa malattia non colpisce solo il viso, ma anche le mani, la fronte e il collo. Tuttavia, siccome il ritratto è stato dipinto 200 anni dopo la morte della donna, non si può affermare con certezza che Massys abbaia davvero ritratto la vera duchessa.

A Grotesque Old Woman, olio su tavola, 1513 . National Gallery Collection, Londra,

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JAN SAVERY

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Il dipinto del Dodo1651, olio su tela. the Oxford Museum of Natural History Two Horses and Cattle Hilly Landscape, opera realizzata nel xvii secolo, olio su tavola. Particolare.

an Savery o Hans Savery, ha lo stesso nome di suo nonno, anch’egli un noto pittore, ed è per questo motivo che a fianco al suo nome viene messo l’appellativo di giovane. Molti suoi quadri vennero firmati con il nome Hans, invece che con Jan, ma in realtà entrambe le variazioni derivano dal nome Johannes. Jan nacque nel 1589 a Haarlem in Olanda e il periodo in cui svolse il suo operato come pittore fu per lui uno degli anni d’oro olandesi. Savery era figlio di Jacob Savery, nipote di Hans Savery e Roelant Savery, tutti e tre famosi pittori nati nel Kortrijk nei Paesi Bassi della Spagna, la sua famiglia in seguito si trasferì però al nord nella città di Haarlem tra il 1584 e il 1586. È stato probabilmente un allievo di suo zio Roelant e sicuramente lo ha anche accompagnato presso la corte reale di Praga e poi a Utrecht, nel 1619 continuò i suoi studi all’interno di una bottega. Di Savery non si hanno molte informazioni sulla sua vita, ma il suo nome divenne famoso grazie alla realizzazione del Quadro raffigurante il Dodo, che realizzò nel 1651 ed è conservato al Museo dell’Università di Oxford di Storia Naturale. L’opinione più diffusa fino ai giorni d’oggi è che Lewis Carroll notando il quadro realizzato da Jan è stato ispirato dalla rappresentazione del Dodo includendo come personaggio del Paese delle Meraviglie . Tenniel, come Dodgson alias Lewis Carroll, si rifece alla collezione presente a Oxford per l’ispirazione dell’animale, ciò significa che il Dodo di Alice non è solo un Dodo, ma è questo Dodo. All’inizio il quadro apparteneva alla collezione di Ashmolean di Oxford, un museo universitario più antico del mondo, e fu poi passato alla struttura odierna. 163



A OGNI COLORE IL SUO SIGNIFICATO


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l colore del pelo del Coniglio è assolutamente normale, il bianco rientra perfettamente nella norma ed esso sta anche a significare il passaggio, un passaggio da un universo normale ad un universo irrazionale. Il bianco simboleggia anche la purezza e l’ingenuità, in quanto è un colore incontaminato dagli altri e che rispecchia perfettamente la personalità della protagonista che non si lascia assuefare dalle stranezze che le capitano attorno mantenendo sempre un carattere ingenuo e puro, incapace di capire le difficoltà a cui va incontro. Nella cultura occidentale questo colore è strettamente legato alla vita, ma in molte culture orientali il suo significato è collegato alla morte, alla malvagità oppure alla paura. Ed ecco come un colore candido può suscitare varie interpretazioni contrastanti.

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BLU

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l blu del Bruco è irreale. Non si è mai visto nelle realtà un bruco di colore blu poggiato su di un fungo e intento a fumare un narghilè. Il carattere del bruco è distaccato e rigido proprio come il comportamento che assume nei confronti di Alice, il blu per l’appunto è un colore scuro e freddo che di certo non dona né gioia né allegria. Si potrebbe dire, che in questo caso Carroll abbia voluto unire le due cose per far arrivare al lettore questa chiave di lettura del personaggio, altrimenti non ci sarebbe stato alcun motivo di sottolineare questa caratteristica. Il blu presenta anche una componente di mistero e ambiguità. È il colore della fantasticheria, della tristezza e della malinconia, ma a seconda delle sue gradazioni, o più scure o più chiare, può indicare il successo, la lealtà e la felicità.

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ROSSO

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l rosso che hanno le rose della Regina non è un colore che è stato donato dalla natura stessa, ma bensì da un pennello e da un secchiello di colore. La regina odia il bianco ed è per questo che le carte tentano di camuffarlo con della vernice, anche se lo scopo alla fine risulta inutile. Molto spesso il rosso è legato alla regalità, quindi leggendo della Regina era possibile che la nostra mente l’avrebbe immaginata già con un bel abito pomposo di color rosso. Persino l’egocentrismo della sovrana si sposa bene con questo colore. Il rosso è un colore brillante che esalta sempre rispetto agli altri colori. È un colore che attira gli sguardi di chiunque e Carroll lo ha attribuito proprio alla Regina che ama essere al centro dell’attenzione, dettare le regole, avere gli altri sotto il suo controllo e decidere della vita e della morte dei personaggi. In un episodio, però, il Grifone si fa beffe della Regina spiegando ad Alice che, anche se lei continua a comandare a suo piacimento e a ordinare decapitazioni una dietro l’altra, nessuno ascolta i suoi capricci o le sue crisi isteriche. Così ci si ricollega al colore falso. Il rosso per quanto bello non è reale e la Regina, pur essendo una sovrana, non ha alcun controllo su nessuno.

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A OGNI VESTITO IL SUO COLORE


UN VESTITO ROSSO

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ecisero di chiedere prima di tutto il consenso ai due autori, John Tenniel e Lewis Carroll, e quando i due dettero la loro approvazione Alice appare per la prima volta con i capelli biondi e un vestito rosso con il grembiule bianco nella copertina del CD musicale di C.H.R. Marriott. Si potrebbe presupporre che Carroll abbia voluto di sua volontà utilizzare il rosso perchÊ forse si ricollegava alla prima edizione pubblicata in Inghilterra, dove aveva espressamente chiesto di utilizzare una copertina in tela rossa con incisioni in oro, invece che utilizzare il solito verde che la casa editrice Macmillan utilizzava spesso per i suoi libri, ma benchÊ questo colore fosse il colore preferito da Carroll non è stato il colore che ha reso celebre la figura della bambina.

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UN VESTITO GIALLO

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l colore del vestito cambia quando Carroll fa uscire dopo i due romanzi riguardanti il Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio, il libro intitolato The Nursery Alice. Per la pubblicazione di quel libro nel 1889, sempre approvata da Carroll prima di uscire, la stampa fu affidata ad Edmund Evans, in quanto era lo stampatore principale dell’epoca vittoriana per la realizzazione delle illustrazioni a colori. Per questa occasione l’Alice di quell’opera fu realizzata con un abito giallo, un grembiule bianco, calze dello stesso colore dell’abito e un nastro blu posizionato dietro al vestito e un fiocco tra i capelli dello stesso colore.

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UN VESTITO BLU

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l colore blu apparve per la prima volta nell’edizione The Little Folks pubblicata dalla casa editrice Macmillan nel 1903 sia per Alice nel Paese delle Meraviglie e sia per Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi Trovò. La protagonista indossa un abito blu con una fascia tra i capelli dello stesso colore, un grembiule bianco con rifiniture sul grembiule gialle e le calze invece di essere a tinta unita sono state realizzate anch’esse a strisce gialle.

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DI NUOVO IL ROSSO

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ell’edizione The Little Folks’ Edition del 1907, quattro anni dopo l’edizione di Alice con il vestito giallo, fu di nuovo adottato il vestito rosso che era apparso per la prima volta sulle cover dei musicali. Questa volta tutte le illustrazioni furono colorate e inserite internamente al libro. L’abito risulta di colore rosso ma con alcune variazioni negli accessori. Le calze sono realizzate di colore giallo e il grembiule è bianco con piccole bordature di colore blu Non c’è più traccia del nastro azzurro tra i capelli.

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DI NUOVO IL BLU

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’edizione del 1911 svilupperà la versione di Alice che rimarrà impressa nella storia. Infatti in quell’anno, dopo la morte di Carroll, Harry G. Theaker è stato contattato per poter inchiostrare le illustrazioni di Tenniel per una nuova pubblicazione del romanzo. Il vestito fu interamente colorato di azzurro, con un grembiule bianco senza bordature e calze a strisce bianche e azzurre. Da quel momento in poi la casa editrice lo userà anche per altre edizioni future e lo stesso colore fu adottato dalla Disney per la realizzazione del lungometraggio nel 1951.

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UN BLU PER I 150 ANNI DI ALICE.

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uella edizione fu la base di tutte le altre versioni a colori, da quel momento in poi il vestito non fu più cambiato, ma piccole modifiche apparvero nel restyling del suo abbigliamento, più precisamente nel 1927 per mano della casa editrice Macmillan per le edizioni per bambini. Il vestito rimase del suo solito colore blu, forse la tonalità venne accentuata un po’, ma le calze a righe scomparvero lasciando posto ad un classico colore bianco e per il grembiule vennero aggiunti degli assetti rossi. Per celebrare i 150 anni dell’anniversario dalla prima pubblicazione del romanzo di Alice nel Paese delle Meraviglie, la Macmillan decise di onorare questo avvenimento non inserendo le illustrazioni originali in bianco e nero create da John Tenniel, ma quest’ultime ristampate per il Macmillan Classics Edition.

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“NON NE HO DI MIEI... FACCIO IL CAPPELLAIO!”


Il Cappellaio di Alice 188


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l Cappellaio fu il primo a rompere il silenzio. – Quanti ne abbiamo oggi? – Disse rivolto ad Alice. Aveva estratto dalla tasca l’orologio e lo guardava scontento, scuotendolo ogni tanto e portandoselo all’orecchio. Alice rifletté un poco e quindi disse: - Quattro. -Due giorni di differenza! – Sospirò il Cappellaio. – Te l’avevo detto che il burro non andava bene! – Aggiunse, guardando la Lepre Marzolina con irritazione. - Era un burro ottimo! – rispose mite la Lepre Marzolina. - Si ma ci sono andate delle briciole – brontolò il Cappellaio. - Non dovevi spalmarlo col coltello del pane. Le citazioni presenti in questo capitolo derivano dal romanzo pubblicato in Italia dalla DeaGostini nel 1985, ma la figura del Cappellaio apparve per la prima volta nel settimo capitolo del romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie del 1865 ed è rimasto impresso negli anni tra i personaggi più amati.

La sua caratteristica però deve aver affascinato anche l’autore che decise di reinserirlo anche nel romanzo Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi Trovò, affiancato sempre dalla Lepre Marzolina. La denominazione Cappellaio Matto, che è quella più conosciuta e usata per specificare questo personaggio singolare, non è mai stata usata nelle opere originali di Carroll, riferendosi al personaggio semplicemente chiamandolo Hatter (Cappellaio) nel primo romanzo e sotto la forma contratta Hatta nel secondo. La parola Hatta nella versione tradotta in italiano viene lasciata così com’ è, senza modifiche. Si fa accenno alla follia del personaggio, quando il Gatto del Cheshire indica le due strade da prendere ad Alice, dicendole che una porta dalla Lepre Marzolina e l’altra dal Cappellaio, ma che in verità la cosa non ha molta importanza visto che sono matti entrambi. Come per gli altri personaggi inseriti nella storia, ad esempio la Lepre Marzolina, il Gatto del Cheshire e la Finta Tartaruga, la figura del Cappellaio ha origine da un detto popolare in uso nel periodo vittoriano in Inghilterra. L’espressione “to be mad as a hatter” (essere matti come un cappellaio) ha ispirato Carroll nell’inserirlo all’interno della sua storia, ma il motivo per cui il detto veniva usato dalla popolazione era per via degli strani comportamenti dei cappellai. A causa dell’influenza del mercurio, che utilizzavano nella lavorazione dei cappelli, subivano gravi danni al cervello. Quella sostanza utilizzata dal 1750 circa fino al 1850, adoperata nella concia dei tessuti e del feltro, aveva degli effetti deleteri sul sistema nervoso degli artigiani che la impiegavano tranquillamente, perché utile nella manipolazione dei vari tessuti. I vapori del metallo, che si sprigionavano durante la lavorazione, impregnava non solo le stoffe, ma anche l’aria che respiravano, inalandolo in questo modo per anni e anni. I problemi che il mercurio procurava nella personalità di chi lo assimilava per troppo tempo, erano: caduta dei capelli, per chi facesse il cappellaio, disturbi nel funzionamento della personalità; infatti molte persone li definivano bizzarri pur non sapendo la vera causa di ciò, e la comparsa sulla pelle di strane macchie arancioni. Alcune trasposizioni, teatrali o cinematografiche, 189


per rappresentare al meglio questo personaggio, sono state influenzate da questa scoperta sul mercurio e hanno deciso di realizzare il personaggio accentuando queste caratteristiche usando per esempio, con l’aiuto del trucco, le macchie arancioni sulla pelle (come fece Tim Burton per il film Alice in Wonderland) oppure la calvizie causata dall’uso del cappello. Carroll infatti lo descrive, proprio sottolineando gli aspetti di questa malattia e sul modo di approcciarsi con la bambina. L’iconografia del personaggio rimase impressa nella memoria grazie alla figura disegnata da John Tenniel, ma sulla fisionomia del Cappellaio ci sono svariate ipotesi su chi potesse essere stato il modello usato dall’illustratore per poterlo disegnare.

Processo della Regina di Cuori, il Cappellaio viene interrogato mentre termina di mangiare il suo pane imburrato e bere il suo tè.

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Secondo una leggenda Carroll avrebbe dato delle indicazioni a Tenniel sul come doveva realizzare l’aspetto del personaggio prendendo spunto da un tale Theophilius Carter, uno strano inventore di orologi che usava portare sempre un cappello a cilindro sopra la testa, conosciuto nella zona di Oxford proprio per il soprannome di Cappellaio Matto. Secondo altre ricerche si presume che John Tenniel si sia ispirato ad un’altra figura da cui prendere spunto per realizzare il Cappellaio, visto che aveva già utilizzato questa fisionomia nelle sue vignette. La scelta ricade sul politico Benjamin Disraeli. Fu il primo ministro inglese tra il 1874 e il 1880, ed ebbe un ruolo importante all’interno della società in quanto riuscì nell’acquisizione del mandato imperiale in India a nome della Regina Vittoria, ma per quanto riguarda l’ispirazione che dette a John Tenniel, purtroppo non si hanno delle vere prove concrete di quest’affermazione anche se la somiglianza è incredibile. Mettendo affiancate un immagine Disraeli con quella del Cappellaio si nota moltissimo la similarità tra i due che è quasi impressionante e di certo è molto strano che ciò sia legato solamente ad una semplice coincidenza. Nelle illustrazioni di Tenniel è impossibile non notare anche l’enorme etichetta posta sul cappello a cilindro, con sopra scritto “In This Style 10/6”. Quei due numeri stanno ad indicare semplicemente il prezzo del cappello che indossa, 10 scellini e 6 pence, anche se altre versioni indicano che la targhetta sta a precisare la misura cilindrica dell’accessorio. Questo mito si potrebbe benissimo sfatare in quanto, non nel settimo capitolo, ma nell’undicesimo, è proprio il Cappellaio che sottolinea questa cosa. - Togliti il Cappello! – Disse il Re. - No! – Rispose il Cappellaio. - Rubato! – Esclamò il Re voltandosi alla giuria, che subito prese nota della cosa. - Li tengo per venderli. – Aggiunse il Cappellaio a mo’ di spiegazione. – Non ne ho di miei. Faccio il Cappellaio. A questo punto la Regina inforcò a sua volta gli occhiali e si mise a fissare il Cappellaio che impallidì e si agitò nervosamente.


Processo della Regina di Cuori, il Cappellaio se ne va via dalla corte. Illustrazione presente nel dodicesimo capitolo.

Quindi sulla targhetta posta sul cappello potrebbe benissimo esserci scritto il prezzo e non la misura. La sua vita però è abbastanza monotona. Suddito della Regina di Cuori, è un personaggio che a quanto pare dedica tutto il suo tempo a festeggiare, con la scusa che il tempo si sia fermato alle sei, ora del tè, e che tutte le sue giornate sono dedite solamente a cambiare posto a tavola e a bere tè in continuazione. Quelle perenni ore naturalmente le passa divertendosi ai festini della Lepre Marzolina, facendo discorsi ingarbugliati e insensati che il più delle volte non riesce a portare a termine senza interruzioni. La fissazione del Cappellaio per gli orologi può essere dipesa dal personaggio a cui Carroll si è ispirato nel momento in cui lo ha creato.

A quanto si sa, Theophilius Carter era un inventore di orologi e, guarda caso, il Cappellaio ne ha una vera e propria fissazione. Peccato che quello del Cappellaio segna i giorni e non le ore, un’altra stranezza che prese di sorpresa Alice, la quale non si aspettava minimamente una cosa del genere. Una cosa che invece sorprese lo scrittore furono le migliaia di richieste che arrivarono dopo la pubblicazione del romanzo. Nel capitolo sette il Cappellaio rivolge ad Alice un indovinello: “Che differenza c’è tra un corvo e una scrivania?”, Naturalmente le versioni tradotte in italiano cambiano in continuazione la formulazione della domanda che possiamo, per esempio, trovare 191


anche scritta sotto forma di: “Cosa c’è in comune tra un corvo e uno scrittoio?” oppure “Perché un corvo è come uno scrittoio” e anche “Perché un corvo è come una scrivania?” che somiglia di più alla prima che è stata citata. Nella versione originale la domanda è stata formulata in questo modo: “Why is a raven like a writing desk?” Purtroppo Alice prova in tutti i modi a dare una risposta corretta alla domanda, ma alla fine si arrende e chiede quale sia la differenza tra i due, purtroppo neanche il Cappellaio sa la risposta e la faccenda finisce lì. Naturalmente i lettori non sono soddisfatti della cosa e chiedono direttamente a Carroll una spiegazione della domanda. Ironicamente però neanche lo scrittore si aspettava una cosa del genere, ma per soddisfare quella moltitudine di richieste provò lui stesso a creare una risposta adeguata che potesse soddisfare tali curiosità, anche se la sua intenzione originaria fu quello di lasciarlo senza soluzione. La spiegazione creata aveva bisogno di persone pratiche di questo campo e lo scrittore decise di farsi aiutare da alcuni esperti di indovinelli, tra i quali ci fu anche un certo Sam Loyd e nell’introduzione dell’edizione del 1896 Carroll pubblicò la risposta. Anche qui però c’è un aspetto importante da constatare nelle pubblicazioni tradotte in tutte le lingue del mondo. Nella lingua originale Carroll scherzò molto con i giochi di parole che servivano da soluzione per l’indovinello, ma nelle traduzione questi espedienti era difficili da riprodurli con facilità, pechè non sempre coincidevano con quelli originali. Di certo anche le versioni italiane hanno riscontrato questi intoppi. Versione inglese «Enquiries have been so often addressed to me, as to whether any answer to the Hatter’s Riddle can be imagined, that. I may as well put on record here what seems to me to be a fairly appropriate answer, “Because it can produce a few notes, though they are very flat; and it is nevar put with the wrong end in front!”. This, however, is merely an afterthought; the Riddle as originally invented, had no answer at all”. 192

Versione italiana «Mi sono state poste molto spesso domande a riguardo se si potesse immaginare una risposta all’indovinello del Cappellaio, che anch’io potrei scrivere qui, quella che mi pare una risposta abbastanza appropriata: “Perché entrambi producono alcune Note, anche se sempre Piatte; e non sono mai disposti al contrario!”. A ogni modo, questo è semplicemente un ripensamento; l’indovinello, così come era stato inizialmente concepito, non aveva affatto una soluzione.» Secondo quanto scritto da Carroll la soluzione si divide in due parti: La prima: “Perché entrambi producono alcune Note, anche se sempre Piatte” secondo alcune ricerche fatte questo sta ad indicare i doppi significati che hanno queste parole. La parola Notes (che non varia più di tanto sia in inglese che in italiano) può stare ad indicare o le note musicali oppure le note appuntate su di un foglio. La seconda parola Flat sta ad indicare o il bemolle delle note musicali o il piatto. Invece la seconda parte della frase: “E non sono mai disposti al contrario!” vuol spiegare che una scrivania non è mai disposta con la parte con cui si scrive verso il muro. Diciamo che più che sul significato tradotto per trovare la soluzione Carroll abbia voluto giocare sulle parole inserite nella soluzione. Se facciamo caso alla seconda parte scritta in lingua originale, al posto della parola mai (never) lo scrittore l’ha sostituita con la parola nevar che letta da destra a sinistra si legge Raven cioè Corvo in inglese. In seguito altre proposte seguirono quella dello scrittore e tra le tante che vennero anche pubblicate una riguardava una poesia di Edgar Allan Poe intitolata proprio Il Corvo, specificando che la poesia del corvo era stata scritta su di una scrivania. Un’altra soluzione invece parlava di penne, le penne che compongono il piumaggio dell’uccello e le penne d’oca usate per scrivere.

Scena tratta dal film d’animazione Disney, Alice in Wonderland. L’immagine raffigura la scena in cui il Cappellaio rivolge ad Alice l’indovinello sul corvo.


E se volessimo modificare l’indovinello e al posto di: Qual è la differenza fra un corvo e una scrivania? Mettessimo: Perché i tramonti sono pupazzi da levare? In questo caso non è il famoso scrittore ad aver inventato questo indovinello, ma bensì l’Italia stessa. È molto probabile che non tutti abbiano letto il romanzo “Alice nel Paese delle Meraviglie”, ma che alcuni si siano soffermati solamente sul film d’animazione creato dalla Disney e di certo non possono conoscere la versione originale dell’indovinello, ma quello falso. Un vero e proprio falso che è presente solamente nel doppiaggio italiano, quindi la colpa non va alla Walt Disney e nemmeno sui suoi disegnatori, sceneggiatori o doppiatori, che si attennero alla dicitura originale, ma ai traduttori italiani i quali, non gradendo a quanto pare la versione data da Carroll hanno deciso di cambiarla a modo loro. La frase però non fu buttata lì, tanto per modificarla rispetto a quella originale, ma fu studiata a tavolino

analizzando per bene un gioco di parole da inserire nella conversazione di Alice con il Cappellaio Matto (nella trasposizione disneyana venne aggiunto anche quell’aggettivo) e la Lepre Marzolina. Cappellaio Matto: Perché i tramonti sono pupazzi da levare? Alice: Un indovinello? Vediamo un po’ … Perché i tramonti son pupazzi da levare? Cappellaio Matto: Ti dispiace ripetere? Alice: Perché i tramonti son pupazzi da levare? Cappellaio Matto: Son cosa? Alice: … Pupazzi da levare! Lepre Marzolina: Attento! È lei pu-pazza da legare! Il gioco di parole funzionò alla perfezione e la scena trae anche un che di comico. Ma quale sarà stata la risposta? Come abbiamo spiegato prima, lo scrittore creò intenzionalmente un indovinello senza risposta per il suo romanzo, ma a causa delle molte richieste

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fu “costretto” a dare una soluzione adeguata, ma a questo punto c’è un’altra incognita che riguarda invece quest’altro indovinello. Siccome i traduttori italiani hanno deciso all’unanimità di voler cambiare completamente la frase di Carroll, avevano anche loro in mente di creare una soluzione al loro indovinello? E se così fosse qual’ era? Purtroppo nessuno si è mai domandato ciò quando usci il lungometraggio in Italia e sicuramente, se ci fosse stata una risposta, adesso come adesso, sarà difficile indovinarla. Durante il dialogo tra i due riguardo all’indovinello del corvo e della scrivania si scardinano altre parole chiave che rappresentano il modello di capovolgimento e di rovesciamento del senso delle frasi poste da Alice e ribadite secondo un’altra logica dal Cappellaio e dai suoi compagni.

In questo caso si gioca ad un evoluzione della lingua parlata che non abbiamo mai visto sotto questo aspetto e sembra quasi assurdo se non comico che a farci notare tale differenza passi per la bocca di un personaggio svitato che il più delle volte non riesce a completare una frase senza interrompersi di continuo o formulare frasi senza senso. Nelle frasi può nascondersi quindi anche una costante ambiguità nelle parole a seconda di come vengono formulate suddividendosi tra la differenza di significato di ciò che si vuole dire, oppure al significato di ciò che in realtà viene detto. È per questo che davanti a tale intuizione Alice o, come nel nostro caso, il lettore si trovano in una fase di stallo, convinti da ciò che volevano dire a ciò che in realtà viene compreso. In fondo non sempre quello che diciamo viene ascoltato o, nel caso della protagonista, interpretato nel modo corretto e giusto. Capitolo sette: Un tè di matti, realizzata dall’illustratore Arthur Rackham .

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Il tema trattato in questo modo suscita in chi lo legge anche una sorta di curiosità e una risposta sensata da parte della protagonista riguardante la schiacciante logicità delle frasi, ma come avviene spesso nel capitolo, il Cappellaio inizia a fare domande che poi lascia in sospeso cambiando di punto in bianco argomento. - Certo! – Si affrettò a rispondere Alice; - almeno … almeno, voglio dire quello che dico … bè, è la stessa cosa! - Neanche per sogno! – Disse il Cappellaio. – Allora potresti dire che quando dici “Vedo quello che mangio” dici la stessa cosa che se dicessi “Mangio quello che vedo!” - Oppure potresti dire – aggiunse la Lepre Marzolina, - che dire “Mi piace quello che ottengo” è lo stesso che dire “Ottengo quel che mi piace!”. - Oppure potresti dire – aggiunse il Ghiro che sembrava parlasse nel sonno, - che “Respiro quando dormo” è lo stesso che dire “Dormo quando respiro!” - “Si, per te è tutto uguale” – disse il Cappellaio e qui la conversazione cadde. Le frasi che utilizza il personaggio non sono altro che quelle formulate da Alice, gli bastò una semplice osservazione da parte della bambina per cambiare il suo punto di vista e farla sentire spaesata. Nella realtà è molto difficile che le persone passino da un discorso ad un altro senza seguire un determinato filo logico, ma naturalmente queste regole, che paiono a noi del tutto normali, nel Paese delle Meraviglie non hanno alcun senso. Il Cappellaio è anche un persona in grado di essere folle e caotica alla stesso tempo, cambiare discorso come se nulla fosse e passare a vari stati emotivi velocemente. Tra tutti i personaggi che Alice incontra lungo il suo cammino, il lettore può subito distinguere se questi siano di carattere affabile oppure no, invece, il Cappellaio è una figura abbastanza mutevole. Mutevole persino quando si trova davanti ad Alice. Prima la ignora non facendola sedere al suo tavolo, poi fa delle osservazioni sull’aspetto della bambina, si mette a chiacchierare con lei, fa strane allusioni sul tempo e il suo umore di colpo si rattrista di punto in bianco e infine si riprende e comincia a trattarla male.

In altre trasposizioni tratte dal romanzo oppure che si ispirano al libro di Carroll utilizzano la figura del Cappellaio in modo ancora più accentuato rendendolo una figura indispensabile per il proseguimento della storia. Per esempio, in una trasposizione televisiva recente che tratta di tutte le fiabe a noi conosciute dell’infanzia, invece che utilizzare il personaggio di Alice, venne usato dal regista e dallo sceneggiatore, solamente il personaggio del Cappellaio e la versione di Alice venne introdotta tramite la presenza di quest’ultimo nella storia. Anzi forse questa versione creata era meno folle di quella di Carroll, ma ha avuto lo stesso successo del personaggio originale visto che i commenti subentrati dopo non hanno minimamente risentito della mancanza della protagonista. Si potrebbe dire che il Cappellaio, con la sua sola presenza ha un fascino ipnotico sulle persone e i suoi discorsi sono in grado di affascinare e incantare chiunque, divertendo i bambini e facendo riflette gli adulti più di qualunque altro personaggio presente nel libro. Analizzandolo all’interno della storia è bastato notare come lo scrittore si sia divertito a scomporlo davanti ai nostri occhi in una moltitudine di dettagli e di singolari tratti caratteristici rimescolando il tutto e ricomponendolo secondo una sua determinata logica. In tutto questo anche le illustrazioni create da John Tenniel per il Cappellaio hanno un che di ironico e qualcosa anche di vagamente grottesco. Già precedentemente sono state spiegate le tavole che raffigurano il personaggio e in quale punto della storia sono state collocate, ma non sono stati descritti alcuni dettagli importanti. In tutto le tavole illustrate da Tenniel sono cinque; tre che fanno parte del Capitolo sette: Un tè di matti; e due che sono collocate nel Capitolo undici: Chi ha rubato le paste. Solitamente l’illustrazione più significativa è sempre stata la prima in cui appare per la prima volta il Cappellaio; l’enorme tavolo apparecchiato e con raffigurati solamente i posti occupati da Alice, il Ghiro, la Lepre e ovviamente il Cappellaio, ed è anche l’unica illustrazione delle cinque in cui l’illustratore raffigura minuziosamente la scena nel 195


suo insieme, le altre rappresentano solamente il personaggio senza alcun dettaglio che lo circonda. Prima si parlava anche di figure grottesche. Non è una novità che John Tenniel se ne servisse nelle sue opere, ma in una illustrazione riguardante questo personaggio l’ha nascosta per bene sotto l’enorme cappello ed è quasi impossibile da notare (in questo caso parliamo delle illustrazioni originali in bianco e nero). La terza illustrazione, che riguarda il momento della storia in cui Alice decide di lasciare quella casa mentre la Lepre assieme al Cappellaio tentano di infilare il Ghiro nella teiera. Già l’illustrazione è alquanto raccapricciante di per sé, in quanto si nota il Ghiro infilato a testa in giù in una teiera, che è più piccola del suo corpo, e che a malapena contiene la testa, mentre gli altri due personaggi tentano di farlo entrare in tutti i modi. Il volto della Lepre rimane impassibile e a una prima occhiata sembra che quello del Cappellaio sia nascosto sotto il suo cappello, invece guardando con maggior attenzione si nota in penombra il suo viso da cui esce un sorriso macabro e inquietante, quasi si divertisse a torturarlo. Ma inspiegabilmente le illustrazioni del settimo capitolo e dell’undicesimo non coincidono tra di loro. Se si mettono a confronto quelle immagini, si noterebbe che nelle prime tre il personaggio viene disegnato con il volto scoperto che lascia intravedere anche un vistoso naso gigante, mentre le ultime due lo raffigurano con il volto completamente coperto dal cappello e il naso, dove ne spunta sì e no una parte, risulta più piccolo di quello disegnato in precedenza. Anche il cappello, precedentemente disegnato, sembra essere di dimensioni leggermente più piccole rispetto all’altro le cui grandezze sembrano occupare quasi tutto il centro della tavola costringendo il disegnatore a realizzare il corpo di dimensioni più piccole. Fatto sta che l’aspetto che ha nel penultimo capitolo è molto più comico e del tutto inaspettato rispetto a quello dedicato al capitolo precedente. Lo scrittore nel racconto non cita minimamente un cambio del genere nel personaggio ed è possibile che Tenniel si sia semplicemente divertito a disegnarne due varianti, una più seriosa e l’altra più ridicola. 196

Particolare dell’immagine che rappresenta il Cappellaio, inserito nel settimo capitolo del romanzo.


Nelle funzioni del personaggio sono stati forniti tre punti importanti disposti secondo l’ordine richiesto nella storia. Il primo punto riguarda una breve sintesi della sua natura con frasi e i discorsi che rappresentano in modo chiaro il suo squilibro delle personalità. Il secondo punto riguarda una definizione sintetica racchiusa in una sola parola: matto. Questo tratto della storia però non si trova nel capitolo sette, ma in quello precedente dove è il gatto a definirlo così. Il terzo ed ultimo punto riguarda il modo di rappresentarlo al meglio utilizzando solamente la parola e l’immagine. I suoi testi dovevano combaciare con le illustrazioni realizzate da Tenniel ecco perché Carroll supervisionava tutti gli schizzi e le tavole realizzate. Tutte queste funzioni entrano a far parte di un unico racconto consecutivo, che indicano la base morfologica della narrazione che riguarda la figura del Cappellaio. Ma perché il Cappellaio è affiancato dalla Lepre Marzolina e dal Ghiro? I punti che abbiamo elencato prima sono elementi fondamentali della storia con i quali viene costruito lo svolgimento dell’azione. Accanto a ciò esistono anche altri componenti che, pur non determinando lo sviluppo, rivestono tuttavia una grande importanza. In questo caso la Lepre e il Ghiro sono personaggi che supportano le considerazioni del loro compagno verso i riguardi di Alice, e non sempre le funzioni che svolgono si susseguono immediatamente l’una dall’altra, ma il personaggio secondario deve sapere tutto il dialogo svoltosi dall’inizio per stare al passo, un po’ come se stessero recitando una scena teatrale. La regola fondamentale riguarda per l’appunto le informazioni fornite che devono ricollegarsi le une con le altre durante lo svolgimento delle azioni. Il Cappellaio passa da un argomento all’altro senza un filo logico e la Lepre lo segue tranquillamente senza incappare in un grande caos nel dialogo che si sta svolgendo. Stessa cosa vale per la figura del Ghiro che interrompe i due e comincia parlare di argomenti estranei ai precedenti per esempio il racconto sulle tre sorelle che mangiavano e parlavano solo di melassa.

Particolare del processo della Regina di Cuori, il Cappellaio viene interrogato mentre termina di mangiare il suo pane imburrato e bere il suo tè.

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Forme di razionalità e umorismo sono inserite assieme alle situazioni precedenti in quanto vengono spiegate e analizzate rapportandosi allo studio degli aneddoti dalle quali derivano, il Cappellaio fa delle constatazioni razionali dandovi un senso del tutto umoristico, seguito però da un buona quantità di follia. Il fenomeno della follia è sempre presente in tutto il romanzo e sembra che tutti i personaggi ne siano affetti inspiegabilmente, anche la figura del Cappellaio potrebbe essere l’unico che sia stato affetto a causa dei cappelli che fabbrica. Carroll lo mette in evidenza nella agevolazione generale del racconto, spiegando anche qualcosa che riguarda l’uso e i costumi dell’epoca a cui lui stesso appartiene. Per esempio l’ora del tè è una di queste usanze. Cambiando per un attimo argomento vediamo come la storia del tè e la sua fama appartiene completamente all’Inghilterra e cosa c’entra questo fenomeno con il personaggio del Cappellaio. Si è sempre detto che il tè è una bevanda tipicamente

inglese e che le origini a cui è legata questa cultura appartengo ad un epoca lontana. Fu la Duchessa Anna di Bedford nel XIX ad introdurre nelle sale dell’alta aristocrazia inglese l’abitudine di bere una tazza di tè servita con spuntini sia dolci che salati, con l’aggiunta di latte nel tè (in Italia ad esempio il latte non viene quasi mai usato in quanto si predilige il limone) che serviva più che altro a stemperare il calore bollente della bevanda che a causa di quella temperatura poteva creare delle crepe nelle tazze di porcellana utilizzate. Questa loro usanza viene conosciuta anche come Afternoon tea, ma in molti la definiscono semplicemente Il tè delle cinque. Purtroppo esiste anche chi è costretto a bere il tè ventiquattro su ventiquattro non avendo neanche il tempo di pulire le tazzine a causa di un gran concerto e di una canzone un po’ troppo lunga. - Bè, avevo appena finito la prima strofa – disse il Cappellaio – che la Regina si mise a strillare: “Sta assassinando il tempo! Mozzategli il capo!” - Che orrore! – Esclamò Alice. - E da allora, - continuò il Cappellaio in modo doloroso, - non vuole fare più quello che gli chiedo! Ora sono sempre le sei. Alice ebbe un idea brillante. - È per questo che avete pronti tanti servizi da tè? - Si – disse il Cappellaio con un sospiro – è sempre l’ora del tè e non abbiamo il tempo di lavare le tazzine negli intervalli. A quanto pare la questione è seria. Il Cappellaio ha litigato con il tempo e quest’ultimo non fa più quel che gli si dice, addirittura nel romanzo il personaggio spiega che il fenomeno della pazzia che hanno contratto sia dovuto proprio al tempo e che tutto questo è iniziato dopo il loro presunto litigio. Continuando nella lettura si scopre anche che il personaggio conosce personalmente il tempo e che rimane molto infastidito dal modo in cui la bambina ne parla con molta confidenza.

Immagine che raffigura il Cappellaio per il

Manifesto cinematografico per il nuovo film

film d’animazione Alice in Wonderland nella

Disney “Alice in Wonderland”.

versione disneyana.

Il film uscì nelle sale nel 2010.

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Addirittura il Cappellaio in questa scena spiega ad Alice che se lei si mettesse a parlare con il tempo lui le risponderebbe acconsentendo a ogni sua richiesta, cercando naturalmente, di non farlo indispettire superandolo in velocità, ma la Lepre lo contraddice esclamando semplicemente: Magari fosse vero! A quanto pare, però, in questa scena del tè, che è diventata molto famosa nel tempo, non vi è nulla riguardo ad una canzoncina che Alice sente cantare una volta giunta davanti alla casa della Lepre Marzolina. La famosa canzone Un Buon non Compleanno è un elemento che non è mai esistito nei libri di Lewis Carroll e mai quest’ultimo sembrava interessato ad inserire questa scena neanche nella stesura del suo primo libro. L’invenzione di ciò è dovuta ancora una volta alla Disney che rappresentando la scena del Tea

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Party decise di inserire anche quella canzone nell’entrata in scena del Cappellaio e della Lepre che inaspettatamente divenne famosa quasi più della rappresentazione del film d’ animazione.

Illustrazione del capitolo “Un tè di matti” realizzata dall’illustratore Dominic Murphy.

Il Cappellaio e la Lepre Marzolina intenti a infilare il Ghiro nella teiera.


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DAL MAZZO DI CARTE...


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Idea progettuale di Chiara Protani riguardante il settimo capitolo del romanzo.

L’ipotesi elaborata per questo progetto parte dall’idea della storia che si sviluppa negli ultimi due capitoli e dall’affermazione che fa all’ultimo Alice sui personaggi presenti nel tribunale: “Non siete altro che un mazzo di carte!” Per questo motivo le pagine presenti in questo capitolo sono state ideate per un eventuale progetto editoriale e presentate sotto una forma che rimanda alle caratteristiche carte da gioco francesi. Il progetto si presenta su due piani, quello testuale e quello illustrativo. La carta da gioco comprende tutta l’area della pagina, ogni capitolo è caratterizzato dai classici simboli delle carte (quadri, picche, fiori e cuori) e al posto dei numeri vengono riprodotti sino alla fine della storia il numero corrispondente al capitolo. I colori delle carte non avranno il classico rosso e nero, ma si andranno ad utilizzare colori che si intonano con quelli scelti nelle illustrazioni e varieranno da capitolo a capitolo e non da pagina a pagina. Frontalmente la pagina, o carta da gioco, presenta, i numeri del capitolo, il simbolo a cui fa riferimento, un icona posta in alto che predomina nella storia e naturalmente il racconto del libro. Posteriormente invece presenta il classico retro composto da rombi posizionati a scacchiera e in alto sempre l’icona che predomina nella storia. In alcune situazioni, seguendo come riferimento i disegni realizzati da Tenniel, il progetto presenterà all’interno delle illustrazioni, ma invece che utilizzare quelle originali sono state reinterpretate e rielaborate. Naturalmente il capitolo che verrà affrontato in questa sezione sarà quello riguardante il Cappellaio. Le pagine presenti sono a forma di carta, il simbolo scelto sono stati i fiori sormontati dal numero sette che rappresenta il numero del capitolo, l’icona disegnata riguarda appunto il cilindro del Cappellaio e al centro, una parte della storia che si svilupperà su dieci carte da gioco. Dietro la carta, oltre ai classici rombi a scacchiera è stata posizionata un’illustrazione che rimanda al racconto. Su questo particolare è possibile che l’illustrazione sia posta invece su una pagina unica e venga inserita nello spazio dedicato alla narrazione e il retro venga completamente lasciato con il pattern della scacchiera. Nelle pagine seguenti potrete trovare l’esempio grafico sul capitolo sette: Un tè di matti.

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Alice Il personaggio creato richiama molto lo stile del fumetto orientale. L’utilizzo degli occhi grandi è stata una scelta definitiva, in quanto è molto più diretto poter esprimere le varie emozioni della protagonista attraverso questo espediente. In questo modo lo sguardo del lettore cade proprio sugli occhi, spostandosi poi sull’intera figura. L’abito è stato completamente stravolto. L’ampia gonna gioca su vari strati di balze, ornate e decorate finemente. Il drappeggio, che arriva fino a al retro del vestito, è stato ripreso e rielaborato dalla versione del vestito giallo di Alice, così come il nastro che porta tra i capelli e accentuando il tutto con enormi fiocchi.


Cappellaio Si basa su un connubio tra il realismo e il fumetto, la figura slanciata e giovanile non ha nulla a che vedere con le illustrazioni originali dell’opera. L’unica cosa che accomuna le due cose è il volto coperto dall’enorme cappello, che, come accade negli ultimi disegni realizzati da Tenniel, non lascia intravedere gli occhi del personaggio. La lunga veste è caratterizzata da alcuni piccoli particolari e da un intreccio di rombi che richiamano il gioco della scacchiera sia sul cappello che sulle maniche e il bordo della lunga veste.


Lepre Marzolina Nelle trasposizioni, sia cinematografiche che editoriali, le illustrazioni realizzavano il personaggio sempre sotto forma di animale, con un aspetto comportamentale molto legato a quello umano. In questo caso ho unito le due cose dal punto di vista figurativo e ne è uscita fuori una figura antropomorfa, con l’aspetto e il fisico umano, ma con alcune parti appartenenti all’animale; ad esempio: orecchie, baffi e naso. Anche in questo caso l’abbigliamento è molto ricercato e particolareggiato in alcuni punti, con una enorme sciarpa che contorna il collo e ricadendo sulle sue spalle.


Ghiro

Così come per la Lepre, anche per il Ghiro, è stato utilizzato lo stesso criterio di voler giocare sulla metamorfosi umano/animale, anche se in questo caso l’aspetto del ghiro somiglia molto di più a quello di un ragazzino. Viene messo in evidenza la parte delle orecchie e della coda, ma per il resto la figura è abbastanza umanizzata. Indossa un cappello che a malapena si regge sulla sua testa e che copre completamente le sue orecchie. Quell’accessorio rende la sua figura molto più trasandata. La giacca enorme che lo copre è stata realizzata sull’idea di una grande vestaglia, che rimane larga per il suo fisico magrolino. Anche in questo caso il gioco del pattern a scacchiera è stato utilizzato sull’intero indumento.


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PRIMO PROGETTO

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Un Tè di Matti

C

’era un tavolo apparecchiato sotto un albero davanti alla casa, e la Lepre Marzolina e il Cappellaio vi prendevano il tè: fra loro c’era un Ghiro profondamente addormentato, e se ne servivano come da cuscino, appoggiandoci i gomiti e parlando sopra il suo capo. «Molto scomodo per il Ghiro», pensò Alice; «però, visto che tanto dorme, forse non gli dà fastidio.» Il tavolo era grande, ma i tre stavano pigiati in un angolo. «Non c’è posto! Non c’è posto!» si misero a gridare quando videro Alice farsi avanti. «Ce n’è moltissimo, invece!» disse Alice indignata, e si sedette a capotavola. «Prendi un po’ di vino?» disse la Lepre Marzolina in tono incoraggiante. Alice si guardò intorno dappertutto, ma non vide altro che tè. «Di vino non ne vedo» osservò. «Non ce n’è.» disse la Lepre Marzolina. «Allora non sei stata molto gentile a offrirlo» disse Alice offesa. «E nemmeno tu a sederti senza essere stata invitata.» disse la Lepre Marzolina indignata. «Non sapevo che il tavolo fosse vostro» disse Alice; «è apparecchiato per molto più di tre persone.»





«Dovresti farti tagliare i capelli», disse il Cappellaio. Era un po’ che guardava Alice con grande curiosità, e questa fu la prima volta che aprì bocca. «E tu dovresti imparare a non fare osservazioni» disse Alice un po’ severamente, «è molto maleducato.» A queste parole il Cappellaio spalancò tanto d’occhi; ma non disse altro che «Che differenza c’è fra un corvo e una scrivania?» «Bene, ora ci divertiamo!» pensò Alice. «Sono contenta che si siano messi a giocare agli indovinelli…Credo di saper rispondere» aggiunse forte. «Cioè vuoi dire che credi di poter trovare la risposta giusta?» disse la Lepre Marzolina. «Precisamente» disse Alice. «Allora dovresti spiegare cosa vuoi dire», proseguì la Lepre Marzolina. «Certo» si affrettò a rispondere Alice; «almeno…almeno, voglio dire quello che dico bè, è la stessa cosa.» «Neanche per sogno!» disse il Cappellaio. «Allora potresti dire che quando dici “Vedo quello che mangio” dici la stessa cosa che se dicessi “Mangio quello che vedo!” «Oppure potresti dire» aggiunse la Lepre Marzolina, «che dire “Mi piace quello che ottengo è lo stesso che dire “Ottengo quel che mi piace!”» «Oppure potresti dire», aggiunse il Ghiro, che sembrava parlasse nel sonno, «che “Respiro quando dormo” è lo stesso che dire “Dormo quando respiro!”» «Si per te è tutto uguale» disse il Cappellaio e qui la conversazione cadde, e il gruppetto restò in silenzio per un minuto, mentre Alice passava in rassegna tutto quello che riusciva a ricordare a proposito di corvi e scrivanie (non molto, veramente). Il Cappellaio fu il primo a rompere il silenzio. «Quanti ne abbiamo oggi?» disse rivolto ad Alice.





Aveva estratto di tasca l’orologio e lo guardava scontento, scuotendolo ogni tanto e portandoselo all’orecchio. Alice rifletté un poco e quindi disse: «Quattro.» «Due giorni di differenza!» sospirò il Cappellaio. «Te l’avevo detto che il burro non andava bene!» aggiunse, guardando la Lepre Marzolina con irritazione. «Era un burro ottimo», rispose mite la Lepre Marzolina. «Si, ma ci sono andate anche delle briciole», brontolò il Cappellaio. «Non dovevi spalmarlo col coltello del pane.» La Lepre Marzolina prese l’orologio e lo guardò mogia: poi lo tuffò nella sua tazza di tè e lo guardò di nuovo: ma non seppe fare di meglio che ripetere la frase di prima: «Era un burro ottimo.» Alice era stata a guardare con la coda dell’occhio, al quanto incuriosita. «Che buffo orologio!» osservò. «Dice il giorno del mese e non dice l’ora?» «E perché dovrebbe?» mormorò il Cappellaio. «Il tuo orologio lo dice che anno è?» «No, certo», rispose pronta Alice, «ma l’anno ci mette tanto prima di cambiare.» «Ed è esattamente il caso del mio» disse il Cappellaio. Alice era in difficoltà. L’osservazione del Cappellaio le pareva del tutto insensata, pure era stata pronunciata in un buon inglese. «Non capisco bene», disse più educatamente che poté. «Il Ghiro si è riaddormentato», disse il Cappellaio e gli versò un po’ di tè bollente sul naso. Il Ghiro scosse il capo con impazienza e disse, senza aprire gli occhi: «Certo, certo: stavo per dirlo anch’io.» «Bè, hai risolto l’indovinello?» disse il Cappellaio, rivolto nuovamente ad Alice. «No, mi arrendo», rispose Alice. «Qual è la soluzione?» «Nemmeno io», disse la Lepre Marzolina. Alice sospirò, stanca «Secondo me potreste impiegare meglio il vostro tempo», disse «invece di sprecarlo con indovinelli senza risposta.» «Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io» disse il Cappellaio «non ne parleresti con tanta confidenza.» «Non so che vuoi dire» disse Alice.





«Certo che non lo sai!» disse il Cappellaio, agitando sprezzante il capo. «Scommetto che non ci hai nemmeno mai parlato, col Tempo!» «Forse no» rispose prudente Alice «ma so che devo batterlo quando ho lezione di musica.» «Ah! Questo spiega tutto» disse il Cappellaio. «Non gli va di essere battuto. Se invece ti fossi mantenuta in buoni rapporti con lui, lui farebbe fare al tuo orologio tutto quello che vuoi tu. Per esempio, metti che siano le nove di mattina, l’ora di cominciare le lezioni: basta che gli sussurri un parolina, al Tempo, ed ecco che le ore volano via in un battibaleno! L’una e mezzo, ora di pranzo!» «Magari fosse vero» si disse sottovoce la Lepre Marzolina. «Certo, sarebbe magnifico» disse Alice soprappensiero; «però…mi sa che non avrei ancora fame.» «Dapprincipio no, forse» disse il Cappellaio «ma puoi tenerlo fermo all’una e mezzo finché vuoi.» «E tu fai così?» chiese Alice. Il Cappellaio scosse il capo dolorosamente. «No!» rispose. «Abbiamo litigato lo scorso Marzo…proprio prima che quello lì impazzisse, sai…» (indicando con il cucchiaio la Lepre Marzolina). Il Cappellaio continuò «Fu al grande concerto dato dalla Regina di Cuori, dove io dovevo cantare: “Brilla, brilla, pipistrello! Mi domando cosa covi!” «Forse la saprai questa canzone?» «Ne ho sentita una simile» disse Alice. «Questa continua così» prosegui il Cappellaio: “Lassù sul mondo te ne voli. Come un vassoio in mezzo al cielo. Brilla, brilla…” A questo punto il Ghiro si riscosse e si mise a cantare nel sonno «Brilla, brilla, brilla…» Non la finiva più, e dovettero dargli un pizzicotto per farlo smettere.





«Bè, avevo appena finito la prima strofa» disse il Cappellaio «che la Regina si mise a strillare: “Sta assassinando il Tempo! Mozzategli il capo!” «Che orrore!» esclamò Alice. «E da allora» continuò il Cappellaio in tono doloroso, «non vuol fare più nulla di quello che gli chiedo! Ora sono sempre le sei.» Alice ebbe un’idea brillante. «È per questo che avete pronti tanti servizi da tè?» «Si» disse il Cappellaio con un sospiro «è sempre l’ora del tè, e non abbiamo il tempo di lavare la roba negli intervalli.» «E così continua a cambiare posto, vero?» disse Alice. «Precisamente» disse il Cappellaio «via via che si adopera la roba.» «Ma che succede quando tornate al punto di partenza?» si arrischiò a chiedere Alice. «Se cambiamo discorso?» interruppe la Lepre Marzolina con uno sbadiglio. «Questo mi sta venendo a noia. Propongo che la signorina ci racconti una storia.» «Temo di non saperne» disse Alice, alquanto preoccupata della proposta. «Allora tocca al Ghiro!» gridarono gli altri due. «Sveglia Ghiro!» e lo pizzicarono insieme, uno di qua, l’altro di là. Il Ghiro aprì lentamente gli occhi. «Non dormivo» disse con voce debole, strozzata «ho sentito tutto quello che avete detto, parola per parola.» «Raccontaci una storia!» disse la Lepre Marzolina. «Si, ti prego!» implorò Alice. «E sbrigati», aggiunse il Cappellaio, «o ti addormenterai di nuovo prima della fine.» «C’erano una volta tre sorelline», cominciò il Ghiro in gran fretta, «che si chiamavano Elsie, Lacie e Tillie; abitavano in fondo a un pozzo…» «E che mangiavano?» disse Alice, che mostrava sempre un grande interesse per quanto riguardava cibi e bevande.





«Si nutrivano di melassa» disse il Ghiro, dopo aver riflettuto un minuto o due. «Ma è impossibile, sai» osservò gentilmente Alice. «Gli avrebbe fatto male.» «Infatti» disse il Ghiro «stavano malissimo.» Per un po’ Alice cercò di immaginarsi un’esistenza simile, ma non ci riusciva, e continuò: «Ma perché vivevano in fondo a un pozzo?» «Prendi dell’altro tè» disse sera ad Alice la Lepre Marzolina. «Ancora non ne ho bevuto affatto» rispose Alice in tono offeso; «raion per cui non posso prenderne dell’altro.» «Vuoi dire che non puoi prenderne di meno» disse il Cappellaio; «se non si è avuto niente non si può che prendere qualcosa.» «Nessuno ha chiesto la tua opinione» disse Alice. «E adesso chi è che fa osservazioni?» domandò il Cappellaio in tono trionfante. Il Ghiro impiegò di nuovo un paio di minuti a riflettere, e quindi disse: «Era un pozzo di melassa.» «Non esistono!» Alice stava cominciando molto irritata, ma il Cappellaio e la Lepre Marzolina si misero a fare «Ss! Ss!» e il Ghiro osservò imbronciato: «Se non riesci a comportarti con un po’ di educazione è meglio che la storia te la finisca te.» «No, continua, ti prego!» disse Alice molto umilmente. «Non ti interrompo più. Vuol dire che ce ne sarà uno.» «Uno solo, eh!» disse il Ghiro indignato. Tuttavia acconsentì a continuare. «Insomma, queste tre sorelline…stavano imparando a disegnare…» «E che disegnavano?» disse Alice, del tutto dimenticata della promessa. «Melassa» disse il Ghiro: la Lepre Marzolina passò nel posto del Ghiro e Alice prese il posto delle Lepre. Il Cappellaio fu l’unico a ottenere un vantaggio dal cambiamento; e Alice si trovò peggio di prima, perché la Lepre Marzolina si era rovesciata tutto il latte nel piattino.





Alice non voleva offendere di nuovo il Ghiro, perciò cominciò molto cauta: «Ma non capisco. Da dove estraevano la melassa?» «Come si estrae l’acqua dal pozzo» disse il Cappellaio, «si potrà estrarre la melassa da un pozzo di melassa, credo…eh, stupida?» «Ma loro erano già dentro il pozzo» disse Alice al Ghiro, decidendo di ignorare l’ultima osservazione. «Certo» disse il Ghiro «ben dentro.» Questa risposta confuse talmente la povera Alice, che per qualche tempo lasciò proseguire il Ghiro senza interromperlo. «Imparavano a disegnare» proseguì il Ghiro, sbadigliando e sfregandosi gli occhi, perché si sentiva sempre più assonnato; «e disegnavano ogni genere di cose…tutto quello che cominciava con la lettera M…» «Perché con la lettera M?» disse Alice. «Perché no?» disse la Lepre Marzolina. Alice tacque. A questo punto il Ghiro aveva chiuso gli occhi e si stava appisolando; ma, pizzicato dal Cappellaio, si svegliò con uno strilletto, e proseguì: «…che comincia con la M, come trappole per topi, e la luna, e la memoria, e la moltitudine…sai che si dice che qualcosa è “molto di una moltitudine” … avete mai visto il disegno di una moltitudine?» «Davvero, ora che me lo chiedi» disse Alice, molto confusa, «non mi pare…» «Allora stai zitta» disse il Cappellaio. Quest’ultima sgarberia fu più di quanto Alice potesse tollerare: si alzò sdegnata e si avviò per andarsene; il Ghiro piombò nel sonno all’istante, e nessuno degli altri due parve prestare minima attenzione al fatto che lei se ne andava, benché Alice si voltasse una volta o due, come sperando che la richiamassero; l’ultima volta che li vide, stavano cercando di mettere il Ghiro nella teiera. «Comunque laggiù non ci torno più!» disse Alice inoltrandosi nel bosco. «Non sono mai stata a un tè più idiota in vita mia!»





Proprio mentre diceva queste parole, notò che uno degli alberi aveva una porticina per entrarci dentro. «Curioso!» pensò. «Ma tutto è curioso oggi. Secondo me tanto conviene entrarci subito.» ed entrò. Ancora una volta si trovò nel lungo vestibolo accanto al tavolinetto di vetro. «Ma questa volta voglio fare le cose con più giudizio», si disse, e per prima cosa prese la chiave d’oro e aprì la porta che dava sul giardino. Poi si mise a mangiare il fungo (ne aveva conservato un pezzetto nella tasca) finché non fu alta circa mezzo metro: a questo punto si avviò lungo il piccolo corridoio; e quindi…si trovò finalmente nel bel giardino, fra le aiuole fiorite a colori vivaci e le fontane d’acqua fresca.





...AL QUADRANTE DI UN OROLOGIO


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Idea progettuale di Chiara Protani riguardante il settimo capitolo del romanzo.

L’ipotesi elaborata per questo secondo progetto parte dall’idea di utilizzare la forma dell’orologio da taschino. Le pagine presenti in questo capitolo sono state ideate per un eventuale progetto editoriale e presentate sotto una forma che rimanda alle caratteristiche stilizzate del quadrante dell’orologio e degli ingranaggi. Il progetto si presenta su due piani, quello testuale e quello illustrativo. L’orologio comprende tutta l’area della pagina, ogni capitolo è caratterizzato dalle lancette dell’orologio che segnano il capitolo corrispondente. Si andranno ad utilizzare colori che si intonano con quelli scelti nelle illustrazioni e varieranno da capitolo a capitolo e non da pagina a pagina. Frontalmente la pagina riporta la sagoma dell’orologio e del suo quadrante, con gli appositi ingranaggi e il testo del racconto. Non vi sono icone che richiamano la storia scelta, come accade nel primo progetto. Posteriormente invece presenta tutta la struttura del quadrante, con le relative ore, minuti e secondi. Le lancette si soffermano sulle sette, numero corrispondete al capitolo scelto, ma man mano che si va avanti nella lettura, la lancetta dei minuti si sposta dal numero precedente al successivo. I colori a cui fanno riferimento gli abiti dei personaggi, riguardano il libro The Nursery Alice: l’abito di Alice riprende i toni gialli e azzurri della veste originale, il Cappellaio invece le tonalità del verde della giacca e la Lepre quelle rosse e blu. Solo al Ghiro sono stati utilizzati dei nuovi colori, in quanto nelle illustrazioni del libro l’animale è rappresentato soltanto con la pelliccia. In alcune situazioni, seguendo come riferimento i disegni realizzati da Tenniel, il progetto presenterà all’interno delle illustrazioni, ma invece che utilizzare quelle originali sono state reinterpretate e rielaborate. Naturalmente il capitolo che verrà affrontato in questa sezione sarà quello riguardante il Cappellaio. La storia si sviluppa su otto pagine e i testi sono inseriti all’interno del quadrante, a ogni parte del racconto corrisponde un illustrazione che descrive un frammento del racconto, in questo modo anche i disegni realizzati saranno in tutto otto. Nelle pagine seguenti potrete trovare l’esempio grafico sul capitolo sette: Un tè di matti.

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Alice Il personaggio creato richiama molto lo stile del fumetto orientale. L’utilizzo degli occhi grandi è stata una scelta definitiva, in quanto è molto più diretto poter esprimere le varie emozioni della protagonista attraverso questo espediente. In questo modo lo sguardo del lettore cade proprio sugli occhi, spostandosi poi sull’intera figura. L’abito è stato completamente stravolto. L’ampia gonna gioca su vari strati di balze, ornate e decorate finemente. Il drappeggio, che arriva fino a al retro del vestito, è stato ripreso e rielaborato dalla versione del vestito giallo di Alice, così come il nastro che porta tra i capelli e accentuando il tutto con enormi fiocchi.


Cappellaio Si basa su un connubio tra il realismo e il fumetto, la figura slanciata e giovanile non ha nulla a che vedere con le illustrazioni originali dell’opera. L’unica cosa che accomuna le due cose è il volto coperto dall’enorme cappello, che, come accade negli ultimi disegni realizzati da Tenniel, non lascia intravedere gli occhi del personaggio. La lunga veste è caratterizzata da alcuni piccoli particolari e da un intreccio di rombi che richiamano il gioco della scacchiera sia sul cappello che sulle maniche e il bordo della lunga veste.


Lepre Marzolina Nelle trasposizioni, sia cinematografiche che editoriali, le illustrazioni realizzavano il personaggio sempre sotto forma di animale, con un aspetto comportamentale molto legato a quello umano. In questo caso ho unito le due cose dal punto di vista figurativo e ne è uscita fuori una figura antropomorfa, con l’aspetto e il fisico umano, ma con alcune parti appartenenti all’animale; ad esempio: orecchie, baffi e naso. Anche in questo caso l’abbigliamento è molto ricercato e particolareggiato in alcuni punti, con una enorme sciarpa che contorna il collo e ricadendo sulle sue spalle.


Ghiro

Così come per la Lepre, anche per il Ghiro, è stato utilizzato lo stesso criterio di voler giocare sulla metamorfosi umano/animale, anche se in questo caso l’aspetto del ghiro somiglia molto di più a quello di un ragazzino. Viene messo in evidenza la parte delle orecchie e della coda, ma per il resto la figura è abbastanza umanizzata. Indossa un cappello che a malapena si regge sulla sua testa e che copre completamente le sue orecchie. Quell’accessorio rende la sua figura molto più trasandata. La giacca enorme che lo copre è stata realizzata sull’idea di una grande vestaglia, che rimane larga per il suo fisico magrolino. Anche in questo caso il gioco del pattern a scacchiera è stato utilizzato sull’intero indumento.


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SECONDO PROGETTO

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Un Tè di Matti

C

’era un tavolo apparecchiato sotto un albero davanti alla casa, e la Lepre Marzolina e il Cappellaio vi prendevano il tè: fra loro c’era un Ghiro profondamente addormentato, e se ne servivano come da cuscino, appoggiandoci i gomiti e parlando sopra il suo capo. «Molto scomodo per il Ghiro», pensò Alice; «però, visto che tanto dorme, forse non gli dà fastidio.» Il tavolo era grande, ma i tre stavano pigiati in un angolo. «Non c’è posto! Non c’è posto!» si misero a gridare quando videro Alice farsi avanti. «Ce n’è moltissimo, invece!» disse Alice indignata, e si sedette a capotavola. «Prendi un po’ di vino?» disse la Lepre Marzolina in tono incoraggiante. Alice si guardò intorno dappertutto, ma non vide altro che tè. «Di vino non ne vedo» osservò. «Non ce n’è.» disse la Lepre Marzolina. «Allora non sei stata molto gentile a offrirlo» disse Alice offesa. «E nemmeno tu a sederti senza essere stata invitata.» disse la Lepre Marzolina. «Non sapevo che il tavolo fosse vostro» disse Alice; «è apparecchiato per molto più di tre persone.»





«Dovresti farti tagliare i capelli», disse il Cappellaio. Era un po’ che guardava Alice con grande curiosità, e questa fu la prima volta che aprì bocca. «E tu dovresti imparare a non fare osservazioni» disse Alice un po’ severamente, «è molto maleducato.» A queste parole il Cappellaio spalancò tanto d’occhi; ma non disse altro che «Che differenza c’è fra un corvo e una scrivania?» «Bene, ora ci divertiamo!» pensò Alice. «Sono contenta che si siano messi a giocare agli indovinelli…Credo di saper rispondere» aggiunse forte. «Cioè vuoi dire che credi di poter trovare la risposta giusta?» disse la Lepre Marzolina. «Precisamente» disse Alice. «Allora dovresti spiegare cosa vuoi dire», proseguì la Lepre Marzolina. «Certo» si affrettò a rispondere Alice; «almeno…almeno, voglio dire quello che dico bè, è la stessa cosa.» «Neanche per sogno!» disse il Cappellaio. «Allora potresti dire che quando dici “Vedo quello che mangio” dici la stessa cosa che se dicessi “Mangio quello che vedo!” «Oppure potresti dire» aggiunse la Lepre Marzolina, «che dire “Mi piace quello che ottengo è lo stesso che dire “Ottengo quel che mi piace!”» «Oppure potresti dire», aggiunse il Ghiro, che sembrava parlasse nel sonno, «che “Respiro quando dormo” è lo stesso che dire “Dormo quando respiro!”» «Si per te è tutto uguale» disse il Cappellaio e qui la conversazione cadde, e il gruppetto restò in silenzio per un minuto, mentre Alice passava in rassegna tutto quello che riusciva a ricordare a proposito di corvi e scrivanie (non molto, veramente). Il Cappellaio fu il primo a rompere il silenzio. «Quanti ne abbiamo oggi?» disse rivolto ad Alice.





Aveva estratto di tasca l’orologio e lo guardava scontento, scuotendolo ogni tanto e portandoselo all’orecchio. Alice rifletté un poco e quindi disse: «Quattro.» «Due giorni di differenza!» sospirò il Cappellaio. «Te l’avevo detto che il burro non andava bene!» aggiunse, guardando la Lepre Marzolina con irritazione. «Era un burro ottimo», rispose mite la Lepre Marzolina. «Si, ma ci sono andate anche delle briciole», brontolò il Cappellaio. «Non dovevi spalmarlo col coltello del pane.» La Lepre Marzolina prese l’orologio e lo guardò mogia: poi lo tuffò nella sua tazza di tè e lo guardò di nuovo: ma non seppe fare di meglio che ripetere la frase di prima: «Era un burro ottimo.» Alice era stata a guardare con la coda dell’occhio, al quanto incuriosita. «Che buffo orologio!» osservò. «Dice il giorno del mese e non dice l’ora?» «E perché dovrebbe?» mormorò il Cappellaio. «Il tuo orologio lo dice che anno è?» «No, certo», rispose pronta Alice, «ma l’anno ci mette tanto prima di cambiare.» «Ed è esattamente il caso del mio» disse il Cappellaio. Alice era in difficoltà. L’osservazione del Cappellaio le pareva del tutto insensata, pure era stata pronunciata in un buon inglese. «Non capisco bene», disse più educatamente che poté. «Il Ghiro si è riaddormentato», disse il Cappellaio e gli versò un po’ di tè bollente sul naso. Il Ghiro scosse il capo con impazienza e disse, senza aprire gli occhi: «Certo, certo: stavo per dirlo anch’io.» «Bè, hai risolto l’indovinello?» disse il Cappellaio, rivolto nuovamente ad Alice. «No, mi arrendo», rispose Alice. «Qual è la soluzione?» «Nemmeno io», disse la Lepre Marzolina. Alice sospirò, stanca «Secondo me potreste impiegare meglio il vostro tempo», disse «invece di sprecarlo con indovinelli senza risposta.» «Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io» disse il Cappellaio «non ne parleresti con tanta confidenza.» «Non so che vuoi dire» disse Alice.





«Certo che non lo sai!» disse il Cappellaio, agitando sprezzante il capo. «Scommetto che non ci hai nemmeno mai parlato, col Tempo!» «Forse no» rispose prudente Alice «ma so che devo batterlo quando ho lezione di musica.» «Ah! Questo spiega tutto» disse il Cappellaio. «Non gli va di essere battuto. Se invece ti fossi mantenuta in buoni rapporti con lui, lui farebbe fare al tuo orologio tutto quello che vuoi tu. Per esempio, metti che siano le nove di mattina, l’ora di cominciare le lezioni: basta che gli sussurri un parolina, al Tempo, ed ecco che le ore volano via in un battibaleno! L’una e mezzo, ora di pranzo!» «Magari fosse vero» si disse sottovoce la Lepre Marzolina. «Certo, sarebbe magnifico» disse Alice soprappensiero; «però…mi sa che non avrei ancora fame.» «Dapprincipio no, forse» disse il Cappellaio «ma puoi tenerlo fermo all’una e mezzo finché vuoi.» «E tu fai così?» chiese Alice. Il Cappellaio scosse il capo dolorosamente. «No!» rispose. «Abbiamo litigato lo scorso Marzo…proprio prima che quello lì impazzisse, sai…» (indicando con il cucchiaio la Lepre Marzolina), «…fu al gran concerto dato dalla Regina di Cuori, dove io dovevo cantare: “Brilla, brilla, pipistrello! Mi domando cosa covi!” «Forse la saprai questa canzone?» «Ne ho sentita una simile» disse Alice. «Questa continua così» prosegui il Cappellaio: “Lassù sul mondo te ne voli. Come un vassoio in mezzo al cielo. Brilla, brilla…” A questo punto il Ghiro si riscosse e si mise a cantare nel sonno «Brilla, brilla, brilla…» Non la finiva più, e dovettero dargli un pizzicotto per farlo smettere.





«Bè, avevo appena finito la prima strofa» disse il Cappellaio «che la Regina si mise a strillare: “Sta assassinando il Tempo! Mozzategli il capo!” «Che orrore!» esclamò Alice. «E da allora» continuò il Cappellaio in tono doloroso, «non vuol fare più nulla di quello che gli chiedo! Ora sono sempre le sei.» Alice ebbe un’idea brillante. «È per questo che avete pronti tanti servizi da tè?» «Si» disse il Cappellaio con un sospiro «è sempre l’ora del tè, e non abbiamo il tempo di lavare la roba negli intervalli.» «E così continua a cambiare posto, vero?» disse Alice. «Precisamente» disse il Cappellaio «via via che si adopera la roba.» «Ma che succede quando tornate al punto di partenza?» si arrischiò a chiedere Alice. «Se cambiamo discorso?» interruppe la Lepre Marzolina con uno sbadiglio. «Questo mi sta venendo a noia. Propongo che la signorina ci racconti una storia.» «Temo di non saperne» disse Alice, alquanto preoccupata della proposta. «Allora tocca al Ghiro!» gridarono gli altri due. «Sveglia Ghiro!» e lo pizzicarono insieme, uno di qua, l’altro di là. Il Ghiro aprì lentamente gli occhi. «Non dormivo» disse con voce debole, strozzata «ho sentito tutto quello che avete detto, parola per parola.» «Raccontaci una storia!» disse la Lepre Marzolina. «Si, ti prego!» implorò Alice. «E sbrigati», aggiunse il Cappellaio, «o ti addormenterai di nuovo prima della fine.» «C’erano una volta tre sorelline», cominciò il Ghiro in gran fretta, «che si chiamavano Elsie, Lacie e Tillie; abitavano in fondo a un pozzo…» «E che mangiavano?» disse Alice, che mostrava sempre un grande interesse per quanto riguardava cibi e bevande.





«Si nutrivano di melassa» disse il Ghiro, dopo aver riflettuto un minuto o due. «Ma è impossibile, sai» osservò gentilmente Alice. «Gli avrebbe fatto male.» «Infatti» disse il Ghiro «stavano malissimo.» Per un po’ Alice cercò di immaginarsi un’esistenza simile, ma non ci riusciva, e continuò: «Ma perché vivevano in fondo a un pozzo?» «Prendi dell’altro tè» disse sera ad Alice la Lepre Marzolina. «Ancora non ne ho bevuto affatto» rispose Alice in tono offeso; «raion per cui non posso prenderne dell’altro.» «Vuoi dire che non puoi prenderne di meno» disse il Cappellaio; «se non si è avuto niente non si può che prendere qualcosa.» «Nessuno ha chiesto la tua opinione» disse Alice. «E adesso chi è che fa osservazioni?» domandò il Cappellaio in tono trionfante. Il Ghiro impiegò di nuovo un paio di minuti a riflettere, e quindi disse: «Era un pozzo di melassa.» «Non esistono!» Alice stava cominciando molto irritata, ma il Cappellaio e la Lepre Marzolina si misero a fare «Ss! Ss!» e il Ghiro osservò imbronciato: «Se non riesci a comportarti con un po’ di educazione è meglio che la storia te la finisca te.» «No, continua, ti prego!» disse Alice molto umilmente. «Non ti interrompo più. Vuol dire che ce ne sarà uno.» «Uno solo, eh!» disse il Ghiro indignato. Tuttavia acconsentì a continuare. «Insomma, queste tre sorelline…stavano imparando a disegnare…» «E che disegnavano?» disse Alice, del tutto dimenticata della promessa. «Melassa» disse il Ghiro: la Lepre Marzolina passò nel posto del Ghiro e Alice prese il posto delle Lepre. Il Cappellaio fu l’unico a ottenere un vantaggio dal cambiamento; e Alice si trovò peggio di prima, perché la Lepre Marzolina si era rovesciata tutto il latte nel piattino.





Alice non voleva offendere di nuovo il Ghiro, perciò cominciò molto cauta: «Ma non capisco. Da dove estraevano la melassa?» «Come si estrae l’acqua dal pozzo» disse il Cappellaio, «si potrà estrarre la melassa da un pozzo di melassa, credo…eh, stupida?» «Ma loro erano già dentro il pozzo» disse Alice al Ghiro, decidendo di ignorare l’ultima osservazione. «Certo» disse il Ghiro «ben dentro.» Questa risposta confuse talmente la povera Alice, che per qualche tempo lasciò proseguire il Ghiro senza interromperlo. «Imparavano a disegnare» proseguì il Ghiro, sbadigliando e sfregandosi gli occhi, perché si sentiva sempre più assonnato; «e disegnavano ogni genere di cose…tutto quello che cominciava con la lettera M…» «Perché con la lettera M?» disse Alice. «Perché no?» disse la Lepre Marzolina. Alice tacque. A questo punto il Ghiro aveva chiuso gli occhi e si stava appisolando; ma, pizzicato dal Cappellaio, si svegliò con uno strilletto, e proseguì: «…che comincia con la M, come trappole per topi, e la luna, e la memoria, e la moltitudine…sai che si dice che qualcosa è “molto di una moltitudine” … avete mai visto il disegno di una moltitudine?» «Davvero, ora che me lo chiedi» disse Alice, molto confusa, «non mi pare…» «Allora stai zitta» disse il Cappellaio. Quest’ultima sgarberia fu più di quanto Alice potesse tollerare: si alzò sdegnata e si avviò per andarsene; il Ghiro piombò nel sonno all’istante, e nessuno degli altri due parve prestare minima attenzione al fatto che lei se ne andava, benché Alice si voltasse una volta o due, come sperando che la richiamassero; l’ultima volta che li vide, stavano cercando di mettere il Ghiro nella teiera.





«Comunque laggiù non ci torno più!» disse Alice inoltrandosi nel bosco. «Non sono mai stata a un tè più idiota in vita mia!» Proprio mentre diceva queste parole, notò che uno degli alberi aveva una porticina per entrarci dentro. «Curioso!» pensò. «Ma tutto è curioso oggi. Secondo me tanto conviene entrarci subito.» ed entrò. Ancora una volta si trovò nel lungo vestibolo accanto al tavolinetto di vetro. «Ma questa volta voglio fare le cose con più giudizio», si disse, e per prima cosa prese la chiave d’oro e aprì la porta che dava sul giardino. Poi si mise a mangiare il fungo (ne aveva conservato un pezzetto nella tasca) finché non fu alta circa mezzo metro: a questo punto si avviò lungo il piccolo corridoio; e quindi…si trovò finalmente nel bel giardino, fra le aiuole fiorite a colori vivaci e le fontane d’acqua fresca.





LA STORIA DELL’EDITORIA


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CONCLUSIONE

P

Volume dell’Encyclopedie stampa e pubblicato in Francia nel 1751.

artendo dalla metà del XVIII secolo, nella società europea si imposero con fermezza due parole che entrarono a far parte del linguaggio comune, democrazia e industria, che incisero di molto, grazie al loro significato originario, l’avvio di nuovi e violenti sviluppi. La parola democrazia deriva dall’origine greca e indicava una forma di governo che si basava sulla decisione collettiva delle città. Divenne così un’espressione legata ad una società che aspirava a una più equa distribuzione del potere decisionale, che grazie a un maggior numero poteva diventare una fondamentale garanzia di libertà e di progresso. La parola industria deriva dall’origine latina e stava a indicare l’operato industriale, ma con l’intensificarsi delle scoperte scientifiche e delle innovazioni tecniche finì con l’essere collegata all’insieme delle attività produttive sulle quali sarebbero sorti nuove strutture sociali ed economiche. Come accadde in molti altri settori culturali, anche la grafica moderna trovò in quella trasformazione storica le sue origini. L’evento che segnò questo sviluppo fu nel 1751, quando in Francia uscì per la prima volta il primo volume dell’Encyclopedie, una vasta enciclopedia del sapere realizzata sotto la direzione di Denis Diderot con la collaborazione di Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, la cui pubblicazione però si sarebbe conclusa più di vent’anni dopo. Il significato che voleva imprimere era chiaro: veniva proposto all’attenzione di tutti in un’iniziativa editoriale che metteva la cultura davanti a una diffusione ampia e adatta a tutti. All’interno del volume la descrizione verbale veniva accompagnata in maniere minuziosa da illustrazioni che ne descrivevano visivamente la natura. Questo resa la comunicazione visiva un nuovo punto di vista da cui partire e il progetto culturale vedeva nell’Encyclopedie la sua piena espressione grafica. Infatti il testo del secondo tomo dell’opera fu realizzato e stampato con il carattere “Cicero” di Pierre-Simon Fournier. Anche per l’edizione italiana stampata a Lucca fu deciso di 289


Edizione stampata in Italia da Gian Battista Bodoni con sede a Parma nel 1771. Ideatore del font Bodoni.

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utilizzare un carattere specifico. Ai testi corrispondevano illustrazioni che fornivano immagini descrittive altrettanto minuziose e regolari, in modo da garantire una rigorosa informazione accessibile a tutti. Naturalmente la stampa di questo volume non fu una novità in quanto già altre enciclopedie vennero stampate in Europa, soprattutto in Inghilterra e già allora l’editoria europea vantava l’avvio della tipografia a caratteri mobili inaugurata da Gutenberg alla metà del XV secolo e le edizioni di Aldo Manuzio erano rimaste a lungo insuperate. I successivi sviluppi nell’arte tipografica furono garantite da un mercato editoriale in continuo sviluppo. L’Inghilterra rinunciò definitivamente ai caratteri gotici e assieme a William Caslon avviò una nuova ricerca sui caratteri latini perfezionati in seguito da John Baskerville. Baskerville affidò i suoi volumi alla tipografia, in un’epoca però che andava ancora apprezzando sia i fregi che le illustrazioni all’interno delle opere scritte, ben presto i caratteri realizzati da Baskerville vennero usati verso la fine del XVIII su tutte le opere di Voltaire ottenendo così un grande successo. Nello stesso periodo in Italia Gianbattista Bodoni fondò a Parma una stamperia da cui uscirono edizioni classiche europee divenute famose anche grazie alla qualità tipografica. In particolare il nuovo carattere realizzato dal Bodoni rispecchia il perfetto equilibrio ispirato ai canoni del neoclassicismo che rimasero in uso senza apprezzabili variazioni nella struttura. Il commercio librario conobbe la sua prima ampia diffusione in Inghilterra. All’inizio gli editori inglesi, come tutti quelli europei, erano influenzati dal giudizio dell’aristocrazia che costituiva, oltretutto, la loro esclusiva clientela nel corso del XVIII secolo, ma con la progressione ascesa della borghesia e una libertà di stampa sempre maggiore, oltre alla borghesia cominciò a formarsi un nuovo pubblico di lettori. Romanzi come Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe, o i Gulliver’s Travels (1726), di Jonathan Swift, sono stati semplificati nella scorrevolezza del linguaggio in modo


Frontespizio dei Promessi Sposi. Romanzo scritto da Alessandro Manzoni.

da diventare un genere assai popolare. Anche il caso di Samuel Richardson, un ricco stampatore inglese, editore di volumi di storia e periodici come lo “Spectator” che ottenne un gran successo con il romanzo epistolare Pamela, or Virtue Rewarded (1741). Questa crescente produzione incrementò il mercato librario facendo leva su un pubblico del tutto nuovo: non più l’aristocratico attento alla qualità formale, e dunque anche grafica, dei volumi, ma un lettore medio che richiedeva opere di vario interesse e di basso prezzo. Quello che era sempre stato per secoli un piccolo commercio esercitato soltanto da piccoli librai e da botteghe di stampa artigianali si trasformò progressivamente in un mercato editoriale retto grazie a delle regole ferree. I nuovi sviluppi tecnici in questo campo consentirono una massiccia produzione che diede il via a una vera e propria industria editoriale, anche se a imporsi fu subito una letteratura di consumo che cercò anche di correggere la scarsa qualità grafica aggrappandosi all’inserimento all’interno dei volumi le immagini. L’arte dell’illustrazione, però, vantava traguardi che già tra il XVII e il XVIII secolo si erano consolidate non solo nel settore dell’editoria letteraria, ma anche nel campo sempre più vasto delle pubblicazioni scientifiche. A causa della crescita sostanziale della pubblicazione dei libri comportò un tendenziale scadimento della qualità delle incisioni: accanto ad edizioni d’arte come quelle dei grandi classici illustrati da Gustave Dorè o a edizioni particolari come Alice nel Paese delle Meraviglie (1865) di Lewis Carroll che ne affidò le immagini a John Tenniel la produzione corrente fu per lo più contraddistinta da immagini di scarso valore. Ciò nonostante ciò non sminuì il fatto di voler utilizzare sempre maggiori illustrazioni all’interno delle opere, infittendo l’impaginazione con disegni distribuiti spesso senza più curare minimamente né l’ordine né la sequenza dei periodi o della sintassi. In Italia lo stesso Alessandro Manzoni volle scegliere da sé il disegnatore che doveva illustrare le sue opere, curando 291


La rivista “Gentleman’s Magazine” fu primo periodo inglese a contener testi e immagini all’interno.

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personalmente le edizioni dei Promessi Sposi, utilizzando anche lui l’attrattiva delle vignette. Un ulteriore incrementazione sulla diffusione dei libri si ebbe con l’introduzione delle copertine illustrate a colori, questi espedienti della stampa a tre o a quattro colori si ebbero grazie ai tentativi compiuti da Jacob Le Bon nel 1740 e da Jacques Gauthier d’Agoty nel 1749. Questi sviluppi del mercato provocarono profondi mutamenti nella struttura dell’editoria, dove alla figura del vecchio stampatore si sostituì quella dell’editore e la natura artigianale dell’impostazione grafica dei volumi cedette il posto al progettista grafico di formazione artistica. Vennero investiti anche enormi capitali su un’impresa che ormai aveva ormai definiti caratteri industriali ben avviati. Tuttavia durante l’intero corso del XVIII secolo e parte del XIX, i fogli utilizzati riprodussero l’impaginazione tipica dei libri disposti su due colonne dove il testo la fa da padrone e anche nei casi di pubblicazioni a carattere informativo e culturale, non si andava oltre il modello di impaginazione tradizionale. Solamente la rivista inglese “Gentleman’s Magazine” del 1731 portò alcune innovazioni grafiche e fu il primo periodico a contenere oltre ai testi anche una serie di illustrazioni al suo interno. Per buona parte del XVIII secolo gli antichi banditori si fecero carico della proclamazione delle notizie, degli editti e dei proclami, ma i fermenti rivoluzionari, le guerre e la restaurazione imposero nuovi sistemi di comunicazione per far arrivare le notizie al popolo. I muri delle città europee si riempirono così di avvisi, per lo più scritti, che furono usati non solo l’unico legame tra il potere e il popolo, ma assunsero anche l’utilizzo di essere portavoci di idee rivoluzionarie e patriottiche. Ciò che portò allo sviluppo del manifesto moderno furono le nuove esigenze di mercato che puntava ad un economia industriale di consumo di massa, per la quale divenne sin da subito indispensabile l’utilizzo della pubblicità. La crescita di attenzione agli aspetti grafici che ha trasformato il vecchio avviso in un manifesto vero e proprio, si deve alla


Foto del primo personal computer sviluppato negli anni Ottanta chiamato IBM.

natura del messaggio pubblicitario che si organizzò infatti su due livelli: quello verbale e quello visivo. Questi particolari sviluppi furono garantiti dal continuo progresso tecnico, come nel caso della litografia, e soprattutto delle figure professionali che trasformarono la vecchia attività, quasi anonima, degli artigiani d’un tempo, in un’arte indispensabile alla cultura ben delineata dell’epoca. Con il trionfo della rivoluzione industriale e la nascita di una società più avanzata, con tutte le sue contraddizioni, segna l’inizio di una svolta nella metà del XIX secolo, dove il progetto grafica finalmente occupa un posto non secondario nei successivi sviluppi delle comunicazione visiva appartenente a una corrente più moderna. Negli anni ottanta, quando fu lanciato dall’IBM, il primo personal computer, fu segnato l’avvento dei sistemi operati di facile utilizzo, come ad esempio l’immissione sul mercato del computer Macintosh da parte della Apple, nel 1984, che simulavano l’intero ambiente di lavoro nel campo della grafica, basato sul linguaggio iconico. In breve tempo vennero messi a disposizione anche dei software adatti per l’attività di grafico e si formarono le prime imprese per il trasferimento di numerosi caratteri in ambiente digitale come ITC, Adobe System, Bitstream ed Emigre. Con le macchine periferiche a basso costo come: gli scanner o le stampanti post script il grafico designer ha potuto cominciare ad operare in modo autonomo sui propri progetti fino alle soglie dei processi più avanzati di stampa. Come ha scritto Lewis Blackwell, “per la prima volta è diventato possibile riunire tutti i materiali creativi e produttivi all’interno di un unico processo, al cui centro sta il supporto digitale”. La facilità di elaborazione e di reinterpretazione di molti alfabeti già esistenti ha permesso la produzione e la progettazione di nuove famiglie di caratteri¸ questo avviene come conseguenza della realizzazione del logotipo, di un’immagine coordinata, di una serie di manifesti. Sul finire del XX secolo la rivoluzione digitale ha esteso sul suo piano tecnologico qualsiasi operatore grafico sia giovane che meno giovane, in modo da realizzare al 293


Edizione speciale della rivista Emigre, nata da un gruppo di designer negli anni Ottanta.

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computer ogni tipo di artefatto comunicativo. Per gli orientamenti formali e le tendenze stilistiche, si possono fare considerazioni intorno all’utilizzo della tipografia, della fotografia e del disegno. Indubbiamente, nell’uso innovativo del carattere tipografico esiste una continuità nell’elaborazione di quanto è già stato fatto dagli anni Ottanta in poi grazie anche a quei designer che si sono imposti nei vari settori come Neville Brody, David Carson e il famoso gruppo Emigre. Questi designer hanno portato molte caratteristiche complesse nelle loro composizioni conducendo la leggibilità all’estremo della percezione e della comprensione e arrivando anche alla decostruzione della pagina, con qualche inevitabile rimando all’esperienze delle avanguardie storiche, soprattutto del Futurismo italiano. Se ci riferiamo all’uso dell’immagine si può notare che il disegno e l’illustrazione più tradizionale risultano di scarso utilizzo nella grafica degli ultimi anni del secolo, a differenza di quanto era avvenuto negli anni Settanta e in quelli successivi dell’espansione postmoderna. L’immagine nella grafica divenne recentemente più fotografica, utilizzando anche il metodo iconografico molto diffuso rispetto al passato. I mezzi come il cinema e la televisione hanno fortemente influenzato la superficie bidimensionale della pagina stampata e persino nel campo della fotografia ha modificato la ricerca dell’immagine fissa. Spesso si tratta di un “fermo-immagine” estrapolato da una sequenza filmica, oppure di numerosi scatti ravvicinati. Nelle composizioni grafiche delle pagine di un libro o maggiormente di una rivista, così come nei manifesti, i testi e le immagini si compenetrano in un’unica forma in cui tutto si trasforma in immagine, questo metodo si può ricollegare alla definizione di mixing-message, dal titolo di una pubblicazione statunitense del 1996. Questo metodo adotta la sensazione del movimento sulla pagina senza dover ricorrere alle leggi della


Marchio originale del Font Shop.

Gestalt, con ricerche, in modo sporadico, più vicine al rigore geometrico e all’uso di strumenti matematici applicabili ai metodi grafici. Ormai, arrivati a questo punto, la disciplina del design grafico, che nell’arco di mezzo secolo era rimasta una attività d’élite che riguardava di più l’aristocrazia, è passata ben presto a diventare una professione di massa raggiungendo anche grandi scuole di ogni parte del mondo: Londra, Amsterdam, New York, California, Germania, Italia, Spagna, Tokyo, Seul, Mosca, Messico e Sudafrica. Numerosi furono i maestri che hanno diffuso i loro principi, il loro bagaglio culturale e le loro tecniche, formando nuove classi di progettisti grafici, in un clima di maggior avvicinamento internazionale. Per quanto riguarda il campo del type design non vi è dubbio che nella seconda metà del XX secolo il progetto dei caratteri sia stato protagonista di rapide trasformazioni, che hanno però finito con il ribadire alcune costanti formali e funzionali. Con la rivoluzione digitale, i maggiori produttori di carattere si sono ovviamente preoccupati di riversare le loro biblioteche su supporto digitali, trasformandole in fonts, per una nuova commercializzazione, a cui si aggiungono di continuo nuovi disegni. Una società sviluppatasi rapidamente nel periodo della trasformazione digitale, fondata dal londinese Neville Brody e dal berlinese Erik Spiekermann, è la FontShop creata nel 1990 e nell’arco di un decennio il suo catalogo si è arricchito fino a contenere un migliaio di caratteri, realizzati da ottanta disegnatori diversi. Per completare l’intero quadro che riguarda il type design, va aggiunto che intorno al 1997 Adobe e Microsoft hanno promosso una serie di fonts tramite i loro siti internet in modo da migliorare il design tipografico in rete, da qui ebbe un enorme successo il Myriad di Adobe e in breve tempo il carattere tipografico si trasformò da corpo fisico (piombo, pellicola) a elemento incorporeo e fondamentalmente digitale. 295



BIBLIOGRAFIA -Alice Nel Paese Delle Meraviglie, LEWIS CARROLL, Istituto Geografico DeAgostini, 1985. -Alice Nel Paese Delle Meraviglie - Al Di Là Dello Specchio, LEWIS CARROLL, Einaudi (collana Einaudi tascabili. Scrittori), 2006. -Alice Nel Paese Delle Meraviglie-Attraverso Lo Specchio. Ediz. Integrale, LEWIS CARROLL, Newton Compton (collana Grandi tascabili economici), 2010. -Alice Nel Paese Delle Meraviglie-Attraverso Lo Specchio, LEWIS CARROLL, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Burextra), 2010. -Alice Nel Paese Delle Meraviglie-Attraverso Lo Specchio, LEWIS CARROLL, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Classici BUR Deluxe), 2015. -Alice. 150 Anni Di Meraviglie, articolo a cura di ROBERTO BERTINELLI, giornale il Messaggero, 22 Dicembre 2014. -Alicia En El Pais De Las Maravillas, LEWIS CARROLL, FCE, 2012. -Balthus, Catalogo della mostra alle Scuderie del Quirinale, Electra, 2015. -Estetica & Funzione. Graphic Design. Tecnica E Progettazione, ALFRED HOHENEGGER, Romana Libri Alfabeto, VII ristampa, 1983. -Lewis Carroll. Scrittore E Fotografo, DIEGO MORMORIO, Postcart (collana Scrittori e fotografia), 2015. -L’arte Del Colore - Guida pratica all’uso dei colori. BETTY EDWARDS, Longanesi, 2006. -Morfologia Della Fiaba. Le Radici Storiche Dei Racconti Di Magia, VLADIMIR JAKOVLEVIC PROPP, Grandi Tascabili Economici Newton, 2003. -Nuova Enciclopedia Universale, Gruppo Editoriale FABBRI, BOMPIANI, SONZOGNO, ETAS S.p.A, Fabbri Editore, 1995. -Storia Del Design Grafico, DANIELE BARONI E MAURIZIO VITTA, Longanesi, 2012. -Storia Dell’arte 5, MARCO BONA CASTELLOTTI, Electra Scuola, 2008.

SITOGRAFIA www.alice-in-wonderland.net www.arte.rai.it/articoli/alice-nel-paese-dellarte/13973/default.aspx www.andersen.it/gli-illustratori-di-alice/ www.aliceinwonderland150.com www.atlasobscura.com/articles/alice-oxford-and-the-dodo www.biografieonline.it/biografia.htm?BioID=886&biografia=Salvador+Dal%EC www.carrollpedia.it www.comirap.it/component/content/article/382.html www.clammmag.com/favole-e-sogni-vittoriani-nel-mondo-di-arthur-rackham/ www.dustypagesinwonderland.blogspot.it www.edytassi.it www.lewiscarrollsociety.org.uk/pages/aboutcharlesdodgson/works/alice.html www.landeincantate.it www.mellontatautablog.wordpress.com/2014/02/28/dali-nel-paese-delle-meraviglie/ www.pinterest.com www.settemuse.it/arte_bio_M/massys_quentin.htm www.webdiocesi.chiesacattolica.it/pls/cci_dioc_new/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_ pagina=20789 297



Elenco delle opere riprodotte p.9

p.24

p.37

Il reverendo Charles Ludwing

Marchio creato dalla casa editrice

Il Ciciarampa, animale mistico

Dodgson alias Lewis Carroll ritratto

Macmillan per l’edizione del romanzo

rappresentato da Tenniel per il

nel 1875..

sui 150 anni dalla prima edizione.

romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”

p.10

p.25

Alice Liddel, foto scattata da

Logotipo della Casa Editrice

p.38

Charles Dodgson. Christ Church,

Macmillan and Co. realizzato nel 1923.

Illustrazione creata da John Tenniel

Oxford, estate del 1858.

per il romanzo “Attraverso lo p.26

specchio e quel che Alice vi trovò”

p.11

Copertina della prima edizione

Particolare di una foto scattata

del romanzo pubblicata dalla

p.39

da Dodgson, ritrae Alice, Edith e

Macmillan.

Balthus, Thérèse rêvant, 1938,

Lorina Liddell, estate del 1860.

The Metropolitan Museum of Art, p.27

Jacques and Natasha.

p.12

Copertina del romanzo con il

Alexandra “Xie” Rodha Kitchin,

primo titolo scelto da Carroll per

p.39

foto scattata da Dodgson nel 1873.

il manoscritto regalato ad Alice

Balthus, “Les beaux jours”. I bie

Liddel.

giorni 1944-1946.

Illustrazione creata da Carroll per

p.28

p.40

l’edizione Alice’s Adventures in

Frontespizio del manoscritto

Balthus, Alice ( Alice nello

Under Ground.

Alice’s Adventures in Under Ground

specchio) 1933, Olio su tela.

realizzato da Carroll e regalato ad

Centre Georges Pompidou - Parigi

p.14

p.15

Alice Liddel.

Alice e il Brucaliffo per l’edizione

p.44

Alice’s Adventures in Under

p.30

Autoritratto dell’illustratore John

Ground.

Copertina dell’edizione italiana di

Tenniel. Incisione e stampa in

Alice nel Paese delle Meraviglie

bianco e nero.

p.16

pubblicata dalla Mondadori.

Scena del manoscritto Under Ground realizza da Carroll.

p.46 p.33

Frontespizio della prima edizione

Copertina dell’edizione italiana

del libro illustrato, con tutte le

p.17

Alice nel Paese delle Meraviglie

opere realizzate da John Tenniel,

Particolare della Regina e del Re di

pubblicata dalla Bur grandi classici,

per il romanzo Alice’s Adventures

cuori, realizzata da Lewis Carroll,

con il testo originale a fronte.

in Wonderland.

p.36

p.49

p.18

La Patience, opera realizzata nel

Illustrazione creata da Tenniel,

Particolare dell’illustrazione che

1943 e situata nel l’Istituto d’arte

intitolata “Droppin the pilot” e

riguarda la partita di crochet a cui

di Chicago.

tradotta in “Far cadere il pilota”,

per il manoscritto Under Ground.

partecipa Alice.


p.50-51

p.62

p.70

Illustrazione riguardante il secondo

Arthur Rackham, particolare della scena

Illustrazione per il capitolo “I

romanzo sulle avventure di

che rappresentata l’entrata in scena del

consigli di un Bruco”.

Alice, scritto sempre da Carroll e

Fante e della Regina di cuori.

Illustrazione raffigurante il Fante e

intitolato “Attraverso lo Specchio”.

la Regina di cuori. p.63

p.52-53

Arthur Rackham, illustrazione

p.71

Il Cavallo, personaggio degli scacchi

riguardante il capitolo Porco e Pepe.

Quarta di Copertina, del romanzo

presente nel secondo romanzo di Carroll.

Alice in Wonderland, raffigurante la p-64

figura di Alice che salta la corda.

Foto di Salvador Dalì p.56

p.74

Autoritratto di Arthur Rackham

p.65

Particolare dell’illustrazione

realizzato nel 1934.

Leda Atomica, realizzata nel 1949 ,

presente nel libro di Cyrano.

olio su tela. Museo e Teatro di Dalì a p.57

Figueres.

Arthur Rackham, illustrazione per il libro The Ring of the Niblung - The Valkyrie

p.75 Illustrazione per il romanzo el valle de

p.65

los molinos.

Madonna di Port Lligat del 1949 p.58-59

esposta negli Stati Uniti al Museo

p.75

Arthur Rackham, illustrazione

Haggerty of Art.

Copertina del libro del romanzo

raffigurante l’incontro tra Oberon e Titania.

illustrato di Cyrano. p.66-67 Il particolare del dipinto è intitolato

p.75

p.60

persistenza della memoria”,

Copertina del libro realizzata per il

Arthur Rackham, illustrazione di Alice

realizzato 1931 Conservato nel

romanzo Le Principesse.

nell’ultima scena del romanzo

Museum of Modern Art di New York. p.77

p.61

p.68

Copertina del libro realizzata per il

Arthur Rackham, illustrazione

Illustrazione per il Laghetto di Lacrime,

romanzo Le Principesse.

raffigurante il Bianconiglio, il Re e la

presente nel secondo capitolo.

Regina di cuori.

p.77 p.69

Rebecca Dautremer, illustrazione

p.61

Illustrazione presente nel Primo

raffigurante uno dei giardinieri della

Arthur Rackham, schizzo per

Capitolo del romanzo di Alice’s

regina di cuori.

l’illustrazione del Gatto del

Adeventures in Wonderland.

Cheshire o “Stregatto”.

p.78-79 p.69

Rebecca Dautremer, particolare

Illustrazione per il capitolo

dell’illustrazione sulla partita di

p.62

undicesimo riguardante il processo

croquet.

Arthur Rackham, schizzo per lo

del Fante di Cuori.

studio del personaggio di Alice.


p.79

p.140

p.149

Rebecca Dautremer, Alice nel

Illustrazione di John Tenniel riguardante

Il dipinto del Dodo risale al 1651 a

momento del risveglio.

il secondo capitolo, inchiostrata per

cura di Jan Saveri.

l’edizione The Nursery Alice. p.79

p.149

Rebecca Dautremer , illustrazione

p.141

Il Dodo, particolare dell’illustrazione

del capitolo “Un mare di lacrime”.

Illustrazione realizzata da Arthur

creata da John Tenniel.

Rackham, per scena descritta da p.132-133

Carroll riguardante la storia della

p.152

La versione illustrata del personaggio

Finta Tartaruga.

Ritratto di Erasmo da Rotterdam

di Alice realizzato da Rackham.

realizzato nel 1517, olio su tavola. p.142

p.133

Illustrazioni realizzate da Rebecca

Particolare dell’illustrazione su

Dautremer.

Alice nel Paese delle Meraviglie, creata da Arthur Rackham nel 1907.

Galleria Borghese. p.154 Sepoltura di Cristo realizzata nel 1511,

p.144

Anversa, Musées des beaux-arts

Fase esecutiva della lavorazione p.134-135 Illustrazione

creata

da

Lewis

Carroll per il manoscritto Alice’s

delle illustrazioni di Tenniel, dalla

p.155

lastra incisa, alla stampa in positivo

Pala d’altare di sant’Anna realizzata

e negativo, fino alla resa a colori.

nel 1507 e 1509. Bruxelles, Musées royaux des beaux-arts

adventures Under Ground, donato p.146

a Alice Liddell.

Particolare della scena realizzata

p.156

per il capitolo undicesimo: Chi ha

A Grotesque Old Woman, olio

rubato le paste.

su tavola, 1513 . National Gallery

Illustrazione di John Tenniel.

Collection, Londra,

p.147

p.158

p.137

Particolare dell’illustrazione creata

Il dipinto del Dodo1651, olio su tela.

Illustrazione inchiostrata per

da Tenniel per il romanzo di Alice

the Oxford Museum of Natural

l’edizione The Nursery Alice.

nel Paese delle Meraviglie.

History

p.138

p.148

p.159

Versione Disneyana della figura del

Il dipinto risale al 1513, intitolato “A

Two Horses and Cattle Hilly

gatto del Cheshire, chiamato nel

Grotesque Old Woman, e raffigura

Landscape, opera realizzata nel xvii

film d’animazione Stregatto.

la donna più brutta della storia.

secolo, olio su tavola. Particolare.

p.139

p.148

Versione Disneyana della figura

Particolare dell’illustrazione

p.184-185

del Bruco, chiamato nel film

riguardante il personaggio della

Illustrazione del settimo capitolo

d’animazione Brucaliffo.

Duchessa presente nel romanzo di

del romanzo The Nurcery Alice.

p.136 Illustrazione

originale

di

John

Tenniel, realizzata per il capitolo: Porco e Pepe.

Carroll, realizzata da John Tenniel.


p.186

p.196

Processo della Regina di Cuori,

Illustrazione del capitolo “Un tè di

il Cappellaio viene interrogato

matti” realizzata dall’illustratore

mentre termina di mangiare il suo

Dominic Murphy.

pane imburrato e bere il suo tè p.197 p.187

Il Cappellaio e la Lepre Marzolina

Processo della Regina di Cuori, il

intenti a infilare il Ghiro nella teiera.

Cappellaio se ne va via dalla corte. p.284 p.189

Volume dell’Encyclopedie stampa e

Scena tratta dal film d’animazione

pubblicato in Francia nel 1751.

Disney,

Alice

in

Wonderland.

L’immagine raffigura la scena in

p.286

cui il Cappellaio rivolge ad Alice

Edizione stampata in Italia da Gian

l’indovinello.

Battista Bodoni con sede a Parma nel 1771. Ideatore del font Bodoni.

p.190 Capitolo sette: Un tè di matti, realizzata

p.287

dall’illustratore Arthur Rackham .

Frontespizio dei Promessi Sposi. Romanzo scritto da Alessandro

p.192

Manzoni.

Particolare dell’immagine che rappresenta il Cappellaio, inserito

p.288

nel settimo capitolo del romanzo.

La rivista “Gentleman’s Magazine” fu primo periodo inglese a

p.193

contener testi e immagini

Particolare del processo della

all’interno.

Regina di Cuori, il Cappellaio viene interrogato mentre termina di

p.289

mangiare il suo pane imburrato e

Foto del primo personal computer

bere il suo tè.

sviluppato

negli

anni

Ottanta

chiamato IBM. p.194 Immagine che raffigura il

p.290

Cappellaio per il film d’animazione

Edizione

Alice in Wonderland nella versione

Emigre, nata da un gruppo di

disneyana.

designer negli anni Ottanta.

p.195

p.291

Manifesto cinematografico per il

Marchio originale del Font Shop.

nuovo film Disney Alice in Wonderland. Il film uscì nel 2010.

speciale

della

rivista


303




La figura del Cappellaio apparve per la prima volta nel settimo capitolo del romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie del 1865 ed è rimasto impresso negli anni tra i personaggi più amati. La sua caratteristica però deve aver affascinato anche l’autore che decise di reinserirlo anche nel romanzo Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi Trovò.

306


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