7. Insediamenti monastici e conventuali

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Itinerario

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IL MUGELLO, LA VAL DI SIEVE E LA ROMAGNA TOSCANA


Insediamenti monastici e conventuali

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La Badia del Buonsollazzo

e groppe selvose dell’Appennino da sempre sono state scelte come luoghi ove impiantare comunità cenobitiche: di qui la presenza di antichi monasteri benedettini in Mugello e nella val di Sieve: dall’abbazia di San Godenzo, a quella di Santa Reparata a Salto (come anticamente si chiamava la Badia del Borgo di Marradi); dalla Badia del Buonsollazzo, alla piccola abbazia di Santa Maria al Bovino, presso Vicchio. Dalla seconda metà dell’XI secolo le espressioni del monachesimo tradizionale rappresentate dalle istituzioni benedettine furono affiancate da quelle legate alle due nuove congregazioni di Camaldoli e di Vallombrosa, nate entrambe proprio in Toscana a riforma dell’antico ordine di San Benedetto. Nacquero così nuove comunità monastiche e anche molte delle abbazie esistenti aderirono ai movimenti vallombrosano e camaldolese. San Romualdo, poco dopo il Mille, dette vita alle sue prime fondazioni, che ebbero il loro centro a Camaldoli, nel Casentino, località da cui prenderà nome la nuova congregazione. San Giovanni Gualberto fondò nel 1036 a Vallombrosa, nella “Montagna fiorentina”, l’altro nuovo ordine, che subito s’impegnò attivamente nell’opera di riforma della Chiesa, lottando contro il clero corrotto e contro i vescovi simoniaci e concubinari. Entrambi gli ordini proposero un esempio di vita più povera e contemplativa, modellata sulla testimonianza del Cristo. Venne data quindi grande importanza alla preghiera e alla penitenza, ma soprattutto si privilegiarono il lavoro manuale e la ricerca di una “reale” povertà, aspetto quest’ultimo che si rifletterà anche nei caratteri architettonici delle chiese espresse dalle due congregazioni, che si distinsero per la sobrietà dei loro edifici. La Badia del Borgo a Marradi e la Badia di Susinana a Palazzuolo sul Senio aderirono al movimento di riforma promosso da San Giovanni Gualberto, che nel 1036 fondò l’abbazia di Moscheta a Firenzuola, ove si ritirò in più occasioni, e l’anno successivo costituì l’abbazia di San Paolo di Razzuolo presso Ronta; più tardi diverrà vallombrosana anche la badia di Vigesimo a Barberino.

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La corte interna della Badia di Moscheta

All’ordine camaldolese faranno capo già nell’XI secolo la Badia di San Pietro a Luco e la Badia di Acereta a Marradi, e monaci di Camaldoli si stabiliranno nel Trecento nella canonica di Tosina, non lontano da Pelago. La maggior parte delle chiese delle abbazie ricordate non si presenta più con la primitiva veste architettonica: il succedersi degli “ammodernamenti” il più

Un dettaglio della Badia di Moscheta (Firenzuola)

La chiesa dell’abbazia vallombrosana di Razzuolo

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Badia di San Pietro a Luco

La Badia di Susinana

delle volte ha modificato il loro aspetto. Seppur menomata solo la chiesa dell’abbazia di Razzuolo ha conservato i caratteri originari improntati allo spirito di austerità dell’ordine vallombrosano. L’impianto romanico si legge ancora, nonostante le trasformazioni, nella Badia di Acereta e soltanto la bella torre campanaria del XII secolo rimane della Badia del Borgo a Marradi, anch’essa rinnovata nel Settecento, secolo al quale per lo più risalgono i rifacimenti dei vari monasteri. Fanno eccezione la Badia di Luco, ammodernata nel Cinquecento, ma in seguito più volte rimaneggiata, e Sant’Andrea a Vigesimo, presso Barberino, che costituisce un bell’esempio di architettura del primo Rinascimento. Tra gli interventi di rinnovamento del XVIII secolo è da menzionare in particolare quello attuato alla Badia del Buonsollazzo, affidata dal granduca Cosimo III ai monaci Trappisti, dopo che dai benedettini era passata ai cistercensi. Il complesso monastico fu rinnovato a partire dal 1705 su disegno dell’architetto Giovan Battista Foggini, che ricostruì la chiesa a navata unica, con la facciata elegantemente decorata da modanature in pietra serena e culminante in un fastoso cartiglio in marmo. A partire dal Duecento agli insediamenti monastici si aggiunsero i conventi degli ordini mendicanti, espressione del rinnovamento della spiritualità che Il convento del “Bosco ai frati” ebbe luogo sotto la spin104

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SETTIMO ITINERARIO ta dei due grandi Santi di quel secolo: Francesco e Domenico. In Mugello nacquero due importanti conventi francescani: quello di San Bonaventura a Bosco ai Frati, nella campagna tra Scarperia e Barberino, e quello di San Francesco, appena fuori l’abitato di Borgo San Lorenzo. Il primo, sorto nel 1212, fu il mistico rifugio di San Bonaventura, che ivi ricevette le insegne cardinalizie. Nel Quattrocento fu fatto ricostruire, su disegno di Michelozzo, da Cosimo de’ Medici, che arricchì anche il Convento di opere d’arte, tra cui il bellissimo Crocifisso ligneo attribuito a Donatello. La chiesa del convento di San Francesco a Borgo San Lorenzo, invece, si presenta ancora con i caratteri delle costruzioni francescane del Duecento, con la sua grande navata coperta a capria- La chiesa del Convento di San Francesco te lignee, perfettamente rispondente a Borgo San Lorenzo alle esigenze cultuali dell’ordine, che richiedeva chiese ampie e ben illuminate ove accogliere la folla dei fedeli da ammaestrare con la parola e con le immagini degli affreschi che ne ricoprivano le pareti. Il Mugello assisterà anche alla nascita di un ordine mendicante, quello dei frati che scelsero di denominarsi “Servi di Maria”. Nel 1234 sette nobili fiorentini si ritirarono tra i boschi di abeti che ammantano il Monte Senario, tra la conca mugellana e la piana fiorentina, e lì daranno vita ad una nuova congregazione religiosa che conobbe una notevole fortuna nella società toscana e italiana del XIII secolo. Il primitivo loro cenobio, accresciutosi nel corso degli anni e completamente rifatto nel Cinquecento, nel 1717, per l’intervento del granduca Ferdinando I, fu ulteriormente modificato su disegno di Giovan Battista Foggini. Dalla terrazza panoramica che circonda il complesso della chiesa e del convento si gode di una magnifica vista su tutto il Mugello. R.S.

Dettaglio del Crocifisso ligneo del “Bosco ai frati” attribuito a Donatello

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