Il Fatto

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La farsa di Adro. Il prefetto ordina al sindaco di aprire le porte del consiglio comunale. Ma tace sui simboli leghisti da togliere

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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Giovedì 30 settembre 2010 – Anno 2 – n° 256 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

FINI CUCINA IL CAIMANO Il premier ottiene una finta fiducia: adesso il governo è ostaggio dei finiani che si fanno il partito Bossi: “Numeri limitati, la strada è stretta”. Elezioni a marzo?

Lo sfiduciato di Antonio

Malgrado la campagna acquisti B. ottiene 342 voti che, senza Fli e Mpa, si riducono a 306, dieci in meno della maggioranza. Di Pietro infierisce: “Stupratore pag. 2 - 3 - 4 - 5 z della democrazia”

Padellaro

dc

sera, la vendetta di Gianfranco Fini viene servita, calda: senza i voti dei finiani il governo Berlusconi non ha più la maggioranza. Così dicono i numeri della finta fiducia. Così ha subito sentenziato Umberto Bossi che tra un insulto e una pernacchia già sente puzza di governo morto e torna a gridare elezioni. Così, dopo due mesi d’inferno nei quali nulla gli è stato risparmiato – né la cacciata dal partito che aveva co-fondato né la bastonatura quotidiana sua e della sua famiglia a cura dei giornali del premier-padrone – il presidente della Camera da incudine diventa martello. E con il primo colpo va giù duro: a giorni Futuro e libertà sarà un partito e addio Pdl. Adesso è lui a tenere Berlusconi appeso a un filo. Sarà, da quel che si capisce, una vendetta metodica. Su ogni provvedimento, in aula e in commissione, il premier sarà costretto a chiedere i voti dei finiani. Ma è sulla giustizia che il veleno della rivincita sarà distillato con cura. Berlusconi avrà lo scudo Alfano (se lo chiede per cortesia) punto e basta. E quindi niente processo breve retroattivo e niente bavagli sulle intercettazioni. Certo il Caimano è messo male. Si è rimesso in tasca le elezioni, come ha fatto notare Bersani perché i sondaggi vanno in discesa. La campagna acquisti, poi, è stata un mezzo flop avendo raccattato solo qualche sparso girovago (e anche un tantino umiliante visto, perfino, il rifiuto dei tre diniani che hanno sentito puzza di bruciato). Il Caimano boccheggia ma fino a che punto potrà ingoiare il fiele finiano? Quanto resisterà prima di buttare tutto all’aria? Ieri, mentre Antonio Di Pietro lo sbranava definendolo “stupratore della democrazia”, il presidente del Consiglio si è girato verso il nemico quasi implorandogli di far cessare quello scempio. Sullo scranno più alto di Montecitorio Fini qualcosa ha detto al focoso oratore che comunque ha sparato l’intero caricatore. La disfatta di B. è tutta in quella immagine.

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Udi Luca Telese IL RIBALTAMENTO DELL’IMMAGINE immagine che descrive meglio i nuovi rapporti di L’Di Pietro. forza nella destra: Berlusconi chiede aiuto contro A Fini. Incredibile ma vero.

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Udi Bruno Tinti LA DOPPIA MORALE SUL CASO MONTECARLO Silvio Berlusconi (in basso di spalle) chiede al presidente della Camera di intervenire durante l’intervento di Antonio Di Pietro (FOTO ANSA)

a certo che quelle società sono mie! Mi serviM vano per non pagare le tasse! Perché oltre il 35% di aliquota, evadere è legittima difesa.

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MONTECITORIO x La seduta vista dai banchi dell’opposizione

CRONACA DI UNA SVENDITA I deputati della Lega applaudono poco, lo fanno solo quando Bossi batte sul banco Furio Colombo pag. 2 - 3 z

CATTIVERIE Di Pietro: “Berlusconi stupratore della democrazia”. Gliel’avrà presentata Tarantini (www.quink.it)

L’INCHIESTA x Quelle telefonate di Cosentino

“LA ECO4 SONO IO” C’È NICK NELL’AFFARE RIFIUTI Nicola Cosentino (FOTO EMBLEMA)

Lillo pag. 7 z

Garimberti, in arte Ponzio Pilato il presidente Paolo GarimInutoeriberticon (indicato dal Pd) si è astegrave sprezzo del pericolo sulla “circolare Masi” che imbavaglia i programmi d’informazione e approfondimento del cosiddetto “servizio pubblico”, fissando regole ferree e ridicole e stabilendo quale faccia devono fare i conduttori, quale espressione deve assumere il pubblico in studio, quanti minuti devono parlare gli ospiti invitati e addirittura quelli intervistati. Ma soprattutto calzan-

do le mutande della “par condicio” (nata per garantire pari opportunità ai partiti in campagna elettorale) e di un non meglio precisato “contraddittorio” a qualunque essere vivente si affacci sulla televisione pubblica. Sappiamo bene cosa significa questo regolamento liberticida: è il degno corollario del blocco dei contratti di Travaglio e Vauro ad Annozero. Ora, se il giornalista e il vignettista che, assieme alla squadra di Santoro hanno garantito per 4 anni sontuo-

si indici di ascolto e introiti pubblicitari all’azienda che li boicotta, dovranno essere affiancati da un altro giornalista che dica e un altro vignettista che disegni il contrario. Il tutto a scapito del pubblico, della decenza, ma soprattutto dell’autonomia del giornalista, tutelata – se non è caduto in prescrizione anche quello – dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico. Se non andiamo errati, in una precedente vita, Garimberti era un giornalista. Lo è ancora?

AAA offronsi senatori prezzi modici di Marco Travaglio

ltimissime da Mediashopping. 1) Giovedì scorso, ad Annozero, il finiano Bocchino racconta che Valter Lavitola, il direttore dell’Avanti! che lui accusa per la patacca anti-Fini, “ci fu raccomandato da Berlusconi per una candidatura nel 2008 perché, insieme a Sica, l’aveva aiutato a far cadere il governo Prodi”. 2) Ernesto Sica è l’ex assessore campano del Pdl arrestato per lo scandalo P3: l’ex craxiano Arcangelo Martino, pure lui in carcere, parla di Sica ai pm romani sempre a proposito della compravendita di senatori del centrosinistra che nel 2008 propiziò la caduta di Prodi. Secondo Martino, Sica spinse un amico imprenditore a offrire denaro al diniano Giuseppe Scalera e ad altri senatori in bilico per passare con B.: poi avrebbe usato il proprio ruolo per ricattare B. in cambio della candidatura a governatore della Campania e, sfumata quella, per diventare assessore regionale della giunta Caldoro. “Sica – dice a verbale Martino – mi disse che conosceva bene Berlusconi e che aveva dormito a lungo a via del Plebiscito (Palazzo Grazioli, ndr) da cui era stato allontanato per gelosia da Bonaiuti e Ghedini. Disse che Berlusconi doveva a lui la caduta del governo Prodi, in quanto egli si era adoperato con l’aiuto di un imprenditore amico di Sica e ben conosciuto da Berlusconi a convincere previo esborso di ingenti somme di denaro, alcuni senatori del centrosinistra a votare contro Prodi. Mi fece i nomi di Andreotti e Scalera”. Martino avvertì Dell’Utri e Sica fu convocato da Verdini, che gli garantì una sistemazione: puntualmente Sica divenne assessore. Ma Verdini assicurò che il vero sponsor della nomina di Sica era B.. Strano. Visto che Martino racconta: “Berlusconi riteneva Sica un ricattatore. Più volte Sica mi annunciò una denuncia sulla corruzione dei senatori, ma non l’ha mai presentata”. 3) L’altroieri Repubblica ha scoperto che due ex parlamentari friulani, Marco Pottino e Albertino Gabana (nomen omen), hanno un contratto di lavoro “a progetto” con il gruppo Pdl alla Camera “fino al termine della XVI legislatura” per “120.516 euro annui lordi in 12 rate di 10.043”. Tanto quanto guadagna un parlamentare. E con soldi pubblici. Ma dei due preziosi “collaboratori”, a Montecitorio, non c’è traccia. Perché li pagano senza lavorare? Perché i due furono eletti l’uno deputato e l’altro senatore con la Lega, ma ben presto passarono al gruppo Misto e iniziarono a votare col centrosinistra. Finché, a fine 2007, B. avviò la compravendita di senatori per ribaltare Prodi: i due furono avvicinati dal forzista Elio Vito e passarono armi e bagagli al Pdl, votando contro il governo. Ma a patto – pretese Bossi – che non venissero rieletti. I due accettarono, ma a condizione di seguitare a guadagnare come se fossero parlamentari. Ora, queste tre vicende ricordano da vicino quelle che nel 2007 portarono la Procura di Napoli a indagare B. per istigazione alla corruzione di alcuni senatori, in base alle intercettazioni del “caso Saccà”. Il sistema era lo stesso ora descritto da Martino: un fedelissimo di B. contatta un imprenditore che offre denaro o altri vantaggi a un senatore dell’Unione. Così pareva aver fatto, tramite il commercialista Pilello, per agganciare il senatore Randazzo eletto in Oceania; e, tramite il produttore De Angelis e il commissario Agcom Innocenzi, per annettere Willer Bordon. Lo stesso copione usato, tramite Sica, per arpionare Scalera, che alla caduta di Prodi si astenne (al Senato equivale a voto contrario), mentre Dini votò contro. Poi un imprenditore amico di Sica donò 295 mila euro al partito diniano. La Procura di Roma, nel 2008, ha fatto archiviare l’inchiesta ereditata da Napoli perché mancava la prova delle promesse di “denaro o altre utilità” in cambio dei voltafaccia dei senatori. Ora però Martino e Repubblica portano elementi proprio sui soldi e Bocchino potrebbe forse portarne. Dunque la Procura di Roma, di fronte alle nuove notizie di reato, riaprirà l’inchiesta archiviata l’anno scorso su B. & C. O no?

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Da “Radio Padania” parte la rivolta: discorso schiacciato sul Sud

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CASINÒ PARLAMENTO

ollice verso del popolo leghista al discorso di Silvio Berlusconi. Gli ascoltatori di “Radio Padania”, che ha trasmesso in diretta l'intervento alla Camera del presidente del Consiglio, hanno espresso i loro malumori per un discorso “troppo sbilanciato verso le esigenze del Sud”, come ha fatto notare Fabrizio Carcano, il conduttore del “Filo diretto”,

andato in onda ieri pomeriggio. “Ne ho piene le scatole di sentire un premier che dice falsità sul federalismo”, ha esordito al telefono Nicola da Milano, “il federalismo deve fare il bene del Nord, non del Sud, come ha detto Berlusconi”. “Vorrei ha continuato - un premier che andasse in Parlamento e dicesse la verità sul federalismo, e cioè che deve servire per mettere fine al

ladrocinio”. Gli ha fatto eco un altro ascoltatore: “Da padano che lotta tutti i giorni, sono stanco di sentire tutte queste voci di incertezza: noi siamo padani e noi stiamo portando avanti la battaglia contro il potere centralista”. Sulla stessa linea Fernando da Busto Arsizio che rimprovera a Berlusconi di aver dedicato al Sud uno dei cinque punti programmatici.

SCHIAFFO AL PREMIER Berlusconi ottiene la fiducia, ma è “ostaggio” di finiani e Mpa. Per Maroni si vota a marzo di Wanda Marra

l Parlamento deve essere libero e forte. Tra Parlamento e governo non vi può essere contrapposizione”. Comincia a parlare subito dopo le 11 Silvio Berlusconi in un’aula gremita. Il “la” al suo intervento lo danno già le prime parole, con un inaspettato riferimento a Sturzo: atteggiamento da statista, toni concilianti, gestualità sobria. Intorno a lui, sui banchi del governo, ci sono tutti. Dietro Gianfranco Fini appare tesissimo, quasi un convitato di pietra. È il giorno del suo settantaquattresimo compleanno, è la seconda volta che si presenta in aula alla Camera (la prima fu in occasione della presentazione del governo) e il Cavaliere è deciso a “prendersi” la fiducia. È quasi irriconoscibile. Parla di fine della "guerra fredda" e di “coesione nazionale". Poi, un esplicito riconoscimento al Pd: “Con il voto del 2008 ci fu la prima grande riforma voluta e certificata dal popolo nel segno di un bipolarismo maturo”. E un ringraziamento all’opposizione per il sostegno alle missioni militari all’estero. L’Aula applaude compatta.

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Profilo basso e toni concilianti NEL SUO intervento, che dura appena meno di un’ora, Berlusconi mantiene un profilo persino troppo basso. Ci tiene a far capire agli italiani che non è lui che cerca la rissa (un discorso “da primo giorno di scuola”, lo definisce Casini). E dunque, riprende i punti programmatici. Comincia dal federalismo, un “pilastro”. Poi, ribadisce che l’obiettivo di “ridurre la pressione fiscale”. Cerca consensi e per farlo tocca temi cari ai centristi (il quoziente familiarie) e all'Mpa di

Lombardo (gli investimenti al Sud). Non rinuncia a denunciare l“uso politico” della giustizia (fischi, soprattutto dai banchi dall’Idv). Poi, dice, che è ora di riforme a partire da quella “costituzionale” del Csm e dalla separazione delle carriere giudici-pm. Si limita a menzionare la “ragionevole durata dei processi”. Nessun cenno alle intercettazioni. Fli è accontentata. Ricorda i “successi” registrati dal governo nella lotta alla alla mafia. Chiosando: “C'è una grande squadra che si chiama finalmente Stato”. Metà Aula entusiasta si alza in piedi, applaudendo, l’altra metà allibita fischia e ride. Stessa accoglienza all’annuncio: “Nel 2013 completeremo la Salerno-Reggio Calabria”. Si sprecano le risate dai banchi dell’opposizione, tanto più che appena due ore prima la Commissione Trasporti ha votato per tagliare i fondi all’autostrada. Ma Berlusconi continua a leggere il suo intervento, puntellato da applausi regolari, ai quali i finiani non partecipano quasi mai. Poi, le conclusioni. Nella maggioranza “il dibattito è legittimo”, dice. E sottolinea: “La mia indole personale è da sempre incline alla ricerca di soluzioni nel confronto”. Risate dai banchi dell’opposizione. È l’unico momento in cui perde la calma, guardando il Pd: “Sto tenendo a freno delle battu-

In serata il Caimano fa trapelare la sua delusione: per il governo sono (solo) 342 i voti favorevoli

te”. Poi, riprende: “Il Pdl è nato per unire, non per dividere”. Qualcuno nell’emiciclo urla: “È questa la battuta”. Infine, l’appello: “Abbiamo il dovere di “portare a termine la legislatura”. E l’ammissione di debolezza. “Ho letto stanotte il risultato di alcuni focus che dicevano come gli italiani in larga parte non si sarebbe decisa a votare ove fosse chiamata”.

Non ce la fa più e sbotta È UN DISCORSOmolto “democristiano”, addirittura doroteo, che si appella ai “moderati”e accontenta Futuro e Libertà. Molti ci vedono la mano di Ferrara, e quella più “ovvia” di Letta. Tra mezzogiorno e le 16 e 30, momento della replica, però, i finiani alzano il tiro: martedì faranno il nuovo partito. Un modo per ribadire che hanno vinto, che voteranno la fiducia, ma che il premier non può fare a meno di loro per andare avanti. Il Cavaliere non gradisce, si rovina il pranzo, con i suoi parla di “provocazione”. Il clima, allora, nella replica è decisamente più infuocato. Berlusconi legge un intervento che almeno nei toni sembra la fotocopia di quello della mattina. Ma poi, esce fuori il suo vero umore: “È inaccettabile l’accusa di compravendita, di calciomercato. Il presidente del Consiglio si è permesso di parlare solo con una deputata dell'Udc”. Ancora: “All'interno dell'Udc si e' determinata una scissione di alcuni parlamentari. Ma non avranno e non hanno chiesto nessun premio, nessun sottosegretariato". Poi l'appello: "Mi aspetto risposte alte da Pd e Udc". È il Berlusconi più noto che esce fuori: punta l’indice, ricorda che il leader è lui. Fini, che conduce l’Aula, lascia andare alle proteste. Ma riconoscendo il piglio del Capo, i suoi si sciolgono in un

IL BORSINO DELL’AULA

I MOMENTI CHIAVE DEL DISCORSO APPLAUSI CONDIVISI “Ho apprezzato lo spirito unitario con cui questo Parlamento ha dato sostegno ai militari impegnati all’estero che sono il fiore migliore della nostra Italia”. FISCHI E RISATE “Nel 2013 raggiungeremo risultati importanti, come il completamento della Salerno-Reggio Calabria” APPLAUSI E PROTESTE “Alla mafia sono stati inferti moltissimi colpi”. STANDING OVATION E FISCHI “Siamo una squadra che si chiama Stato” FISCHI E RISATE “La mia stessa indole personale è stata quella di ricerca di soluzioni”

LA REPLICA ALLE PROTESTE Berlusconi alza i fogli con il discorso al momento dei fischi dell’aula (FOTO ANSA)

FISCHI E SCHIAMAZZI “La giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato di diritto” e “l'uso politico della giustizia è stato e continua ad essere elemento di squilibrio tra ordini e poteri”. FISCHI “È assoluto interesse del nostro Paese non rischiare un periodo di instabilità”

applauso spontaneo. È un momento, ma i fogli volano per aria, lo sguardo cambia. Poi Berlusconi si ricompone e chiede la fiducia. Seguono le dichiarazioni di voto. Lui ascolta, palesemente annoiato, a tratti decisamente arrabbiato. Se la prende con Fini, quando non interrompe Di Pietro che lo insulta. Si gira due volte, prova a richiamarlo all’ordine. L’ostilità tra i due è palese. Si copre il viso quando Bersani lo invita ad andare con lui sui rifiuti di Napoli. Man-

da “pizzini” a Cicchitto per indirizzarne l’intervento. Se ne va prima della fiducia. Chi lo incontra lo descrive deluso per come sono andate le cose. Lo ha tradito anche l’Mpa. Ma mentre si prepara per la cena di compleanno a Palazzo Grazioli con le deputate preferite, le dichiarazioni più inquietanti della giornata arrivano dalla Lega. Bossi: “Se passa la mozione contro di me, vado io a casa. La strada è stretta”. E Maroni: “Meglio il voto a marzo”.

Vista da Montecitorio

LA SFIDUCIA a Bossi diventa un punto chiave ora tocca a Umberto Bossi. Da lui, dalle sue esterEpernazioni, può passare uno dei momenti decisivi la legislatura. La “chiave” è il voto di sfiducia promosso dal Partito democratico dopo le recenti dichiarazioni sull’“SPQR”, tramutato durante un incontro con i suoi elettori in “sono porci questi romani”. Oltre a democratici, Idv e Udc, si sono detti favorevoli anche i tre rappresentanti dei Liberaldemocratici: Daniela Melchiorre, Italo Tanoni e Maurizio Grassano. Tanto che, subito, il viceministro della Lega Nord, Roberto Castelli, ha dichiarato: “Se sfiduciano Bossi, non penso proprio che riuscirò a restare in un governo che vede in Parlamento una maggioranza che ha mandato a casa il mio segretario...”. Al quale, indirettamente, risponde lo stesso ministro alle Riforme: “Sì, i numeri sono effettivamente stretti, ma non cade il governo - risponde Bossi -. E comunque se vado via io, s'incazzerà il Nord, la gente”. E ancora: '”Nella vita è meglio prendere la strada maestra, la strada maestra è il voto. Berlusconi il voto non lo ha voluto e ora siamo a questo punto”.

IUNA GIORNATA SQUALLIDAA di Furio Colombo

applauso di metà dell’aula scroL’butarescia alla fine, tutti in piedi per triun trionfo. Oppure per dire addio, magari anche con gratitudine, perché coloro che applaudono in piedi, a lungo, hanno ricevuto molto e

Cupo, teso, ma non rabbioso come quando conduce il gioco ed è in piena vitalità distruttiva

sanno che quel momento è arrivato. Tutto in liquidazione. Il liquidatore, Silvio Berlusconi, ha fatto quel che fanno i liquidatori in questi casi. Ha elencato tutte le merci restate in magazzino, una lista lunghissima che va dal prestigio dell'Italia nel mondo al Ponte di Messina (non sto scherzando, ha proposto come ultima offerta il Ponte di Messina, per favore pubblicate i verbali). E nell'offerta figurano anche la Salerno-Reggio Calabria, nuovi treni per tutto il Sud e “abbiamo dato inizio alla nuova epoca nucleare”. Ma è bastato gridargli “ci dice dove? Verona o Treviso? Per farlo correre e inciampare sulle righe successive, mentre Bossi, l'infame, rideva. Tranquilli, sto parodiando De Amicis, e poi in politica è naturale includere battute goliardiche anche se un po' pesanti. Sì, Berlusconi leggeva girando le pagine del discorso lungo, verboso, contraddittorio come un

Mariano Rumor nei giorni peggiori, quando il fine congressuale era far perdere il filo e offrire un gomitolo grosso e inestricabile. Sì, Berlusconi era cupo, teso, ma non rabbioso come quando conduce il gioco ed è nel pieno possesso della sua vitalità distruttiva. La seduta mimava il Parlamento e la messa in scena era intitolata: ‘Il presidente del Consiglio riferisce al Parlamento sui primi due anni e mezzo di attività politica del governo’. Questo presidente del Consiglio non ha mai riferito nulla a nessuno. E certo non lo ha fatto questa volta. Mai, in nessun momento, durante i 54 minuti del discorso. Ha tentato la commozione “voi sapete quanto ho lavorato all'interim del ministero dello Sviluppo...”. Ma non ha fatto in tempo a dire di essersi occupato personalmente di 316 aziende, che è stato accolto da un boato. E poi ha cambiato

precipitosamente argomento perché è stato facile chiedergli a ripetizione “ci dica il nome del nuovo ministro... ci dica un nome, ci dia una notizia, in questa strana giornata”. La strana giornata infatti ci ha mostrato un drammatico, improvvisato congresso del partito di maggioranza che si spacca, camuffato da dibattito fra maggioranza di governo e opposizione parlamentare. Naturalmente non c'è stato alcun dibattito in Parlamento, nel senso alto e rispettoso della parola. Per esempio, la Lega. I deputati della Lega applaudono poco (salvo il momento finale che assomiglia troppo al passaggio di una bara) e lo fanno solo se Bossi, sistemato e appoggiato a Tremonti, batte con la mano sul banco. Altrimenti, potere della democrazia, restano fermi e impassibili. Quando tocca a loro parlare (tre volte) parlano ciascuno di un punto solo (immigrati, sicurezza intesa come caccia ai


Giovedì 30 settembre 2010

Gianfranco risponde al ‘Senatur’ ricordando la grandezza di Roma

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CASINÒ PARLAMENTO

ochi giorni dopo l'epiteto riservato da Umberto Bossi ai romani, Gianfranco Fini ha ricordato ieri la grandezza dell'antica Roma. "Si rivelò anche nella capacità di estendere i diritti e di riunire etnie diverse in una comune civiltà costituita da leggi, valori e culture”, ha sottolineato il presidente della Camera”. E

ancora: “Ritengo importante sottolineare che quella fondamentale pagina di storia segna la nascita dell'idea stessa dell'Italia come valore politico e civile”. “La conseguenza più significativa e storicamente decisiva della ‘guerra sociale’ fu l'estensione della cittadinanza romana alle genti che abitavano la Penisola", ha ricordato, “fu così che, per la

prima volta nella storia, i popoli italici si trovarono riuniti in un medesimo sistema giuridico, culturale e politico. Il ricordo di un evento tanto importante non può che trovare piena valorizzazione in questi mesi in cui ci apprestiamo a celebrare il centocinquantesimo anniversario dell'unità nazionale”.

C’È CHI RIDE E CHI DÀ “PUGNI” È uno dei passaggi più delicati del discorso: Berlusconi si definisce “uomo democratico”. E sul volto di Gianfranco Fini compare un riso ironico A destra il saluto tra il premier e Umberto Bossi (FOTO ANSA)

E Fini raddoppia: da martedì Fli è un partito BOCCHINO CHIAMA A RACCOLTA IL COMITATO MA DA OGGI LA BATTAGLIA PASSA PER LE COMMISSIONI di Luca Telese

iguardatela bene, la foto di prima pagina di questo giornale. L’immagine che resta e che racconta meglio di tutto le geometrie della giornata e i nuovi rapporti di forza nel centrodestra, è quella in cui Silvio Berlusconi chiede aiuto contro Antonio Di Pietro che gliene sta dicendo di tutti i colori (l’epiteto più leggero è “piduista”). Richiesta d’aiuto. Il Caimano, per una volta volta con i denti limati – in visibile difficoltà – si volta con la mano aperta in segno di preghiera verso Gianfranco Fini. Come per dire: intervieni tu. Riguardatela con attenzione, quella foto. Se c’è un ribaltamento nell’iconografia che può raccontare cosa sta accadendo in una sfida all’ultimo sangue è tutto racchiuso in quel fotogramma. Nel giorno del duello mortale all’Auditorium, in fondo (solo prima dell’estate) era accaduto l’esatto contrario: Fini sotto il palco, in piedi, con il dito levato a contestare e Berlusconi alla tribuna, con il viso stravolto

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dalla rabbia, ma pur sempre sovrano. Ma ora a ben vedere è peggio: ora è il premier che chiede protezione, con l’espressione corrucciata, a quello stesso presidente della Camera che solo pochi giorni fa voleva destituire ed è Fini che dietro la facciata di un impeccabile galateo parlamentare, si gode lo spettacolo della guerriglia d’aula anti-berlusconiana e dei suoi effetti sui nervi del premier. Fini richiama Di Pietro, certo. Ma non se ne accorge nessuno. Il re – ancora una volta – sembra nudo. Rapporti di forza. Risultato

Tremaglia e Granata i più “duri”tra i finiani: votano “no”; accordo con i cinque di Lombardo

A E INUTILE rom, federalismo). Parlano poco e aspettano. Facile interromperli con la domanda “quanti morti nei respingimenti in mare?”, “avete mai visitato il centro di Identificazione di Ponte Galeria?”. La consegna per loro è di non reagire, basso profilo. Temono che fra gli articoli in liquidazione ci sia anche il federalismo. All'improvviso, nel tumulto di un'aula confusa fra congresso di partito e dibattito parlamentare, c'è il momento in cui Berlusconi è cattivo, arrabbiato e intollerante come ai vecchi tempi. Salta in piedi ed esige che Fini faccia tacere Di Pietro che elenca notizie troppo dettagliate su vita e miracoli del primo ministro, dentro e fuori dal percorso politico. Naturalmente Fini non fa tacere nessuno e la scena appare nella formazione immutabile che blocca il Paese da mesi. Una sorta di rito voodoo. Sopra, nel suo posto del presidente della Camera, impossibile da rimuovere, c'è Fini, quello dell'ap-

partamento di Montecarlo, del mistero della cucina Scavolini, quello di cui sanno tutto, fin da febbraio (ma il caso è scoppiato in Italia in luglio) nell'isola di Santa Lucia. Anche Il Giornale titolava ieri “ora Fini si dimetta” e Libero “ne resterà uno solo”. Sotto, tentando di restare primo ministro, siede e si agita Berlusconi. Ecco, il senso della giornata è tutto qui, un penoso ballo in maschera in cui tutti i protagonisti girano fino allo sfinimento intorno alla lunga attesa della fine. Per questo Casini ha potuto fare lo spiritoso (“lei viene a dirci che l'Udc ha perso dei deputati. Credevo fossimo qui perché la sua maggioranza si è spaccata”). Per questo Mirko Tremaglia, con una voce esitante, ma senza ripensamenti ha annunciato a Berlusconi “ io a lei dico no”. Era facile interrompere Berlusconi e fargli perdere il filo delle pagine un po' squallide che stava leggendo in fretta, tradendo

Il sottosegretario Rocco Crimi e Silvio Berlusconi (FOTO ANSA)

un senso di solitudine un po' sorprendente per uno che ha tutto e compra tutto. All'infelice passaggio “il nostro federalismo unisce l'Italia” (Bossi batte forte il pugno sul banco, dando il segnale alla Lega) è facile chiedergli: “Come nella scuola di Adro?”. Al più infelice elogio del blocco dell'immigrazione nel Mediterraneo viene naturale gridare “l’importante è sparare su pescatori e immigrati”. Quando l'autoelogio riguarda “la nuova immagine

dell'Italia nel mondo” impossibile non far notare che “certo è nuova. Solo l'Italia si è legata a Putin e a Gheddafi. Nel mondo libero non si parla di altro”. A Bersani, nel suo intervento finale, tocca la frase giusta: “Qui dentro oggi stiamo vivendo una distanza paurosa fra le parole pronunciate e ciò che accade davvero in Italia”. Così si chiude una giornata squallida e inutile cui neppure la frase giusta detta al momento giusto può dare un senso.

conclusivo della giornata campale? Una disfatta per il Pdl, un trionfo – quasi inaspettato – per i finiani. Il governo si ferma a quota 342 (ancora ieri la maggioranza vagheggiava di ottenere 350 voti!), i finiani diventano determinanti. Di più: ottengono di poter aggiungere in calce alla loro mozione i 5 voti dell’Mpa di Lombardo. Ovvero: Berlusconi ha fatto fino all’ultimo di tutto per non riconoscere al capogruppo Italo Bocchino lo status di alleato e – di conseguenza – assegnare al movimento di Fini il ruolo di “terza gamba” che rivendica da mesi. Invece si è ritrovato con un micro-polo formato da due partiti alleati che sarà determinante in qualsiasi voto di fiducia e che da domani è padrone di Montecitorio in ogni commissione e in aula (dove se vota con l’opposizione può ribaltare la maggioranza). Ecco, il premier che chiede aiuto a Fini: forse non la leggeremmo in questo modo la geometria di quel fotogramma, se non fosse incontestabile il fatto che – come osservava Flavia Perina alla fine della giornata più lunga di Futuro e libertà – “Ieri Berlusconi le ha sbagliate proprio tutte”. Discorso “prudente”. Che il Cavaliere avesse deciso di giocare con prudenza (per i suoi standard) si era capito fin dalla prima mattina. Berlusconi decide di evitare ogni casus belli e nel suo discorso di apertura si tiene alla larga dai due temi che i finiani avevano dichiarato irricevibili. Ovvero: le intercettazioni e il processo breve. È un Berlusconi che non rischia, che si limita a qualche punzecchiatura sui temi della bioetica. All’ora di pranzo gli uomini di Futuro e libertà sono a metà fra l’euforia e la delusione: “Abbiamo imposto la nostra egemonia gramsciana al Cavaliere – sorride Fabio Granata appoggiato a un pomello nell’atrio di Montecitorio – anche la sua lingua è cambiata. Pacato, prudente... che il nostro dissenso gli abbia fatto bene?”. Ancora più ironici Italo Bocchino e Carmelo Briguglio, che si aggiungono al capannello: “Lo abbiamo costituzionalizzato”, sorridono. Anche il fotogramma dei discorso del

premier – persino nella diretta – contiene una chiave di lettura: Berlusconi parla in piedi, seduto al suo fianco c’è la faccia (a tratti pietrificata, a tratti ironica) di Giulio Tremonti, sul banco più indietro, quasi in ombra, c’è Roberto Calderoli: quasi una trinità, quasi la certificazione di un commissariamento. In realtà Berlusconi fino all’ultimo vuole fare di tutto per non dover riconoscere lo status di “partito di maggioranza” a Futuro e libertà. E questo è il suo principale errore, quello che si porta dietro tutti gli altri. Tra i 9 assenti di ieri, infatti, uno solo era del Pdl. Per di più, 38 dei 342 voti a favore sono quelli dei finiani e dei lombardiani. Futuro e libertà infatti fra l’altro conta su 35 voti ma Fini per prassi non vota e ben due deputati, Mirko Tremaglia e Fabio Granata (che viene subito convocato dal leader e dice: “Il mio è un no simbolico”) votano addirittura contro. Insomma, un’ecatombe. Briguglio non ricorre a diplomatismi: “Senza di noi il governo non esiste più”, dice, facendo infuriare gli azzurri. In un angolo del Transatlantico La7 intercetta una dichiarazione sconfortata di Maroni: “A marzo si vota”. Mozioni separate. Ma il secondo errore di Berlusconi è quello di consentire (sempre per non dare riconoscimenti a Fli) il proliferare delle mozioni. Ne vengono presentate quattro (una di opposizione, quella del Pdl, quella della Lega e quella dei filo-lombardiani). Ma consentire al Carroccio di smarcarsi, significa allargare i ranghi e facilitare lo sganciamento del partito del presidente della Camera. Commenta Adolfo Urso: “Nel momento del massimo attacco contro di noi, nel pieno della campagna contro Fini, siamo rimasti uniti e determinanti. Adesso marciamo spediti verso il nuovo partito. Siamo noi che dettiamo l’agenda”. Già, la costituzione del partito viene annunciata da Fini, non a caso, in questa giornata. “Appena lo avremo fatto – conclude la Perina – saremo ancora più forti. Dopo di stasera è chiara una cosa. Senza noi non si va da nessuna parte”.


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Giovedì 30 settembre 2010

L’Udc Gabriella Mondello, contattata non ha risposto al telefono

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CASINÒ PARLAMENTO

acconta Berlusconi in terza persona che “il presidente del Consiglio si è permesso di telefonare a una parlamentare che dalle file del Pdl è passata all’Udc: la parlamentare non ha risposto perché era in partenza per la Russia con la missione di altri parlamentari, il presidente del Consiglio non ha reiterato la

telefonata”. Sarebbe questo, secondo il premier l’unico tentativo di conquistare voti fuori dall’attuale maggioranza. Alle parole del premier, diversi deputati dell’Udc si sono alzati in piedi e si sono rivolti alla collega per stringerle la mano. Lei si chiama Gabriella Mondello, ha 66 anni ed è in Parlamento da tre legislature. Da luglio del 2009 ha cambiato

gruppo, passando al partito di Pier Ferdinando Casini. Conquistato invece l’udc Saverio Romano che respinge così le accuse: “Siccome Casini mi accusa di compravendita, voglio precisare che è stato lui a propormi di fare il ministro in un governo del ribaltone, assieme al Pd. Ho preferito il profumo della libertà all’olezzo del compromesso”.

LA MAGGIORANZA NON ESISTE PIÙ I NUMERI DEL GOVERNO APPESO A UN FILO La Russa ci prova: “A noi oggi bastano 309 voti” di Sara Nicoli

l’incubo che diventa realtà, è il fallimento di anni di ordinaria compravendita su tutto e tutti, è la sconfitta politica per mano del peggior nemico che ora gioisce. “La politica ha battuto lo shopping e il tentativo di cambio della maggioranza – esulta il finiano Carmelo Briguglio – Futuro e Libertà è determinante, Berlusconi ne deve tenere conto”. E la faccia con cui il Cavaliere ha lasciato ieri l’Aula di Montecitorio diceva tutto. “Io tento di governare – avrebbe detto il Cavaliere – gli altri cercano la rissa”. Ma ormai il tempo è scaduto. E l’ha detto chiaro poco dopo l’ennesima debacle del governo il ministro Maroni: “A marzo si vota”.

È

È COMINCIATA la lunga corsa verso le urne. Ed è cominciata nel momento in cui i voti a favore del governo sono risultati 342, con 3 astenuti (Calearo dell’Api, Brugger e Zeller dell’Svp) e 275 contrari su 620 presenti. Alla fine, poi, a favore di Berlusconi, nonostante i proclami, hanno votato anche il finiano Luca Barbareschi e quattro dei cinque dell’Mpa di Raffaele Lombardo, ovvero Roberto Commercio, Ferdinando Latteri e Carmelo Lo Monte. Assente Aurelio Misiti. Dei 342 sì, 32 sono uomini di Fini: nel gruppo

di Fli hanno votato no solo Mirko Tremaglia e Fabio Granata, mentre il presidente della Camera non vota. Insomma, la maggioranza politica che tanto premeva al Cavaliere non solo non c’è ma è molto lontana dalla famosa “quota 316” che avrebbe consentito al governo di andare avanti in autonomia rispetto ai finiani: siamo rimasti a 306. La legge dei numeri ha dimostrato che ormai Berlusconi è ostaggio di Fini e della sua maggioranza. Tra chi non ha partecipato al voto, poi, ci sono stati anche 4 deputati del Pd e uno di Noi Sud. Un assente anche nel Pdl, Giancarlo Pittelli, che però ha dichiarato il voto favorevole, ma Americo Porfidia, l’ex Idv con una storia alle spalle tutta da raccontare, alla fine ha votato a favore. E che dire, poi, dello scacco dei Liberaldemocratici (Tanoni, Melchiorre e Grassano) i “diniani”, indicati come i venduti per eccellenza, che alla fine hanno detto no, insieme con il liberale Guzzanti, il repubblicano La Malfa e Nicco dell’Union Valdotaine. Comunque, il governo che poteva contare sulla maggioranza più ampia della storia repubblicana oggi non c’è più. E ormai è chiaro anche cosa c’è dietro questo voto. C’è il baratto, tutto interno alla maggioranza, siglato solo per raggiungere gli obiettivi necessari ad affrontare le urne sia per i finiani che

Massimo Calearo l’ex Pd

“Mi astengo, ma solo per Veltroni” di Luca De Carolis

on potevo votare contro “N questo governo, perché non ci sono alternative”. Massimo Calearo, eletto alla Camera per il Pd, si è già iscritto al gruppo Misto. “Ero entrato nei Democratici perché credevo in Veltroni, ma lui è rimasto solo”. Onorevole, lei ha spiegato di astenersi “perché Berlusconi aveva già la maggioranza”. Io le dico che mi sono astenuto soprattutto per Veltroni. Ci siamo incontrati, come tutti sanno, e lui mi ha chiesto di non votare sì alla fiducia. Io gli ho ribadito la mia stima, ma con questa astensione ho chiuso il nostro rapporto politico.

Altrimenti avrebbe votato a favore. Comunque, non contro il governo. Non potevo fare altrimenti. Vista la fase economica, serve un esecutivo, indipendentemente da chi lo regga. E poi non ci sono alternative a questo governo. Un altro dispiacere per Veltroni che l’aveva candidata. Mi aveva convinto perché credevo in lui e nel suo sogno. Ma quel sogno è finito troppo presto. Ora Veltroni è rimasto solo, in un partito che guarda a Castro e non alle imprese. Un partito di bolscevichi, pieno di funzionari che non hanno mai lottato per prendere voti. Si scelgono tra loro. Neanche lei ha dovuto lottare

“L’opposizione mi ha deluso. Non c’è alternativa a questo governo. A sinistra mi piace solo Vendola”

VOTO DI FIDUCIA FAVOREVOLI Senza finiani Senza Mpa CONTRARI ASTENUTI ASSENTI

342

295

310 306

PDL 236 59 LEGA 35 FUTURO E LIBERTA’ 35 GRUPPO MISTO* 35 UDC PD 206 IDV 24

275 3 10 * 6 API, 5 MPA, 3 LIB-DEM, 6 NOI-SUD, 3 ALLEANZA DI CENTRO, 2 EX-API, 3 MINORANZE LINGUISTICHE, 5 EX-UDC, 2 EX-IDV

per Berlusconi, poi si troverà “un incidente di percorso, uno qualunque” per trovare la via delle urne per marzo. A FINI ora serve tempo per formare il proprio soggetto politico, a Berlusconi qualche settimana per incardinare il Lodo Alfano bis e il legittimo impedimento bis in modo da fermare il conto alla rovescia della Consulta sulla bocciatura del primo legittimo impedimento. A quel punto, ogni scusa sarà buona per le preferenze, perché è stato eletto con il voto di lista. Io sono entrato perché c’era un progetto, quello di Walter. Ma lui era troppo avanti rispetto ai tempi: almeno di 20 anni. Così ha lasciato il Pd. Cosa farà adesso? Resterò nel gruppo Misto, e lavorerò per rappresentare le imprese, che è la cosa che mi riesce meglio. E se si andasse al voto? Credo che tornerò a fare l’imprenditore. Nessun passaggio al Pdl, magari in cambio di incarichi? Ripeto, credo che tornerò a fare il mio lavoro. Il discorso di Berlusconi le è piaciuto? Alcuni passaggi mi hanno lasciato perplesso, ma nella parte su imprese e sviluppo ho notato delle positività. Cos’è che non l’ha convinta? La parte sul Sud. Ha parlato dei progetti come se si possano fare domani mattina... L’opposizione l’ha delusa? Non fanno mai proposte concrete. Non si può solo protestare: devi dare idee agli operai e ai giovani. E invece nulla. Non c’è proprio nessuno che le piace a sinistra? Mi piace Nichi Vendola. L’ho incontrato, e mi ha fatto un’ottima impressione. È un leader: soprattutto, la gente lo vuole. E questo è un grande punto a suo favore.

per sciogliere il Parlamento: ieri a Montecitorio si parlava di gennaio come momento “utile” ad una caduta “tattica” dell’esecutivo, ma si vedrà. Molto dipenderà da quanto accadrà nell’Fli e nei tempi che i finiani si daranno per dare corpo alla nuova formazione politica. Dal canto suo il Cavaliere, dopo questa debacle, non può far altro che puntare su quanto gli preme di più (gli scudi giudiziari), senza mandare avanti nessun altro provvedimento su

cui non ci sia l’accordo con i finiani. Che sono determinanti anche in cinque commissioni fondamentali di Montecitorio. Alla fine ha detto bene Bersani: “Il compleanno del Cavaliere è stato peggiore del mio”. Un incubo, appunto. EPPURE ci hanno provato fino all’ultimo a puntellare il Berlusconi quater. Fatto salvo il mercato delle vacche, quando ormai appariva già tutto perduto hanno persino tentando di

Calogero Mannino transfuga Udc

“Noi ex dc torniamo sempre utili” l nostro sì alla fiducia era na“I turale, questo governo deve durare per il bene del Paese. E poi Berlusconi in aula ha ammesso la fine del bipartitismo e parlato di Mezzogiorno”. Il deputato siciliano Calogero Mannino, ex democristiano di lungo corso, è appena passato dall’Udc al gruppo Misto assieme ad altri quattro “transfughi”. Rivendica il sostegno al governo, e attacca Casini “che insegue un’illusione”. Il discorso di Berlusconi le è piaciuto. Io non uso categorie estetiche. Dico che ho apprezzato il suo discorso sul piano del disegno politico. Berlusconi ha ammesso che il bipartitismo ha fallito, proprio co-

me l’idea di partito unico che è alla base del Pdl. Sono formule che non possono funzionare. Che partito serve, allora? Serve un partito diverso: una formazione di centrodestra che si avvalga della tradizione democristiana. Ossia di lei e degli altri quattro ex Udc. Vi unirete presto al Pdl? Innanzitutto, bisogna vedere se resteremo solo in cinque… Ci sono altri in arrivo? Io dico che siamo un isolotto di un possibile arcipelago, aperto a esponenti di altre tradizioni politiche. Berlusconi ha parlato molto anche del Sud. Soddisfatto? Sì, sul Mezzogiorno ha fatto un’apertu-

“Siamo un isolotto di un possibile arcipelago. Creda a me, che ho studiato politica da Moro e Rumor”

giocare con i numeri. Come ha fatto fin dalla prima mattina Ignazio La Russa. “Oggi la maggioranza reale sarà di 309 voti – aveva annunciato, sbagliando – ma per noi oggi avere 309 voti è avere la maggioranza, a prescindere dagli apporti esterni; oggi, quindi, noi avremo la maggioranza sia numerica che politica, e quindi siamo autosufficienti senza i finiani”. Quando si dice l’alchimia dei numeri e della realtà che non rende meno agghiacciante l’incubo.

ra importante. Del resto, molti punti programmatici li aveva già anticipati Tremonti. Nel centrodestra però il peso della Lega è enorme… Anche su questo Berlusconi è stato apprezzabile. Ha ‘razionalizzato’ la Lega, ribadendo l’anima nazionale del suo partito. Cos’altro le è piaciuto? Ha fatto molti riferimenti al diritto alla vita, alla famiglia e ai temi etici, fondamentali nella piattaforma programmatica dell’Udc. Uno del vostro gruppo, Saverio Romano, sostiene che Casini gli aveva offerto un posto da ministro in un governo assieme al Pd. L’Udc nega sdegnato. Romano lo racconta da settimane. Io non posso che credergli. Perché avete rotto così duramente con l’Udc? Casini insegue un’illusione: che il berlusconismo finisca con il lombardismo (da Raffaele Lombardo, presidente della Sicilia con una nuova giunta allargata al Pd e senza Pdl, ndr). Un grave errore, anche perché l’Udc poteva diventare la forza cardine del centrodestra. Creda a me, che ho imparato a fare politica da Moro e Rumor. Sia sincero: il governo durerà? Per ora resta in sella, ed è molto importante, perché è quello che chiedeva anche Napolitano. Poi vedremo. (l.d.c .)


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Sorpresa, in aula c’è Gaglione l’assenteista: “Sono venuto a votare no”

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CASINÒ PARLAMENTO

l suo indice di assenze è il più alto di tutta la Camera. Antonio Gaglione non c’è il 91,05 per cento delle volte. Fa il cardiologo, non ha tempo da perdere in aula e lo rivendica con orgoglio. Ma ieri ha stupito tutti. Si è presentato a Montecitorio ed è stato immediatamente circondato dai cronisti. “Lo so che di me si scrive sempre male. La realtà è un

po' più complicata, ma comunque eccoci qua”. Sottosegretario alla Salute nel governo Prodi, è stato rieletto nelle liste del Pd a maggio del 2008, per lasciare poi il partito a ottobre dell'anno dopo, quando si scoprì la sua abitudine alla latitanza in occasione del voto sullo scudo fiscale, che i democratici persero proprio per le troppe assenze. Ora è finito nella pattuglia di NoiSud. E,

sorpresa, è venuto a votare no alla fiducia a Berlusconi. “Lo so – aggiunge – che gli altri cinque voteranno sì alla fiducia. Io invece sono venuto qui per votare no”. Orientamento che i suoi compagni di gruppo mettevano già in conto ieri, dopo l'incontro con Berlusconi a Palazzo Grazioli, ricordando che “Gaglione è stato eletto nel Pd e si determina di volta in volta”.

Paolo Guzzanti Sono contro, governo illiberale

Daniela Melchiorre Dico no al libro dei sogni

Giorgio La Malfa Un passato già visto, non ci sto

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nel gruppo di NoiSud (che ha votato sì alla fiducia). Ma parla a nome del Partito Liberale e dunque vota no: “Il governo Berlusconi è illiberale” anche perché il premier si è permesso di dare del liberale anche al “satrapo russo con cui ama fare bisboccia, che ha definito, Dio lo perdoni, un dono di Dio”.

nsieme agli altri due Liberaldemocratici, Italo Tanoni e Maurizio Grassano ha votato no, nonostante i corteggiamenti: “Il discorso del presidente del Consiglio è a metà tra il libro dei sogni e il programma elettorale. La crisi è ancora una volta rimasta fuori, e non ci sono state le risposte che ci aspettavamo”.

i sembra di tornare indietro nel tempo, quando si promettevano strade provinciali per accontentare quel parlamentare o quell'altro”. Così, Giorgio La Malfa, deputato del Pri spiega il suo no alla fiducia, in controtendenza con il suo collega Francesco Nucara, che da settimane era a caccia di voti per il governo.

Il leader Idv Antonio Di Pietro (FOTO ANSA) Sotto, il segretario Pd Pier Luigi Bersani ( FOTO LAPRESSE)

“STUPRO DELLA DEMOCRAZIA” L’intervento di Antonio Di Pietro scatena la bagarre Ma B. prova a sedurre Donadi: “Guardate che sono buono” di Caterina Perniconi

o capito, non la convinco, ma mi consenta almeno di dire che sto passando un compleanno di merda!”. Nel tentativo di accaparrarsi qualche voto in più, Silvio Berlusconi c’ha provato anche con l’Italia dei Valori. Il primo intervento in Aula, dopo quello del presidente del Consiglio, è toccato a Massimo Donadi. “Ci aveva abituati al monologo – ha detto il presidente dei deputati Idv riferendosi al discorso appena pronunciato – adesso siamo arrivati alle barzellette”. Non sapendo che Berlusconi una battuta gliel’avrebbe fatta davvero. Non appena Donadi è sceso dallo scranno per raggiungere il Transatlantico, il premier l’ha seguito e apostrofato: “Perché ce l’ha tanto con me?”. “Non ce l’ho con lei, ce l’ho con quello che fa, con gli atti del governo” ha replicato Donadi. Ma il Cavaliere non l’ha mollato: “Guardate che io sono buono, me lo diceva mia mamma che ero troppo buono. E anche Cossiga mi disse nel ‘94 che non avrei mai potuto fare politica proprio perché sono troppo buono”. A quel punto Donadi ha usato l’ironia: “Avrebbe dovuto dargli ascolto...” gli ha risposto allontanandosi.

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Il discorso incriminato È L’AULA delle grandi occasioni, pronta ad ascoltare il secondo intervento di Berlusconi in due anni e mezzo. Nonostante le richieste dell’opposizione, il premier non si era mai più presentato a Montecitorio per riferire al Parlamento. Soffre, costretto ad ascoltare quattro ore di dibattito, e va oltre i limiti durante l’intervento di Antonio Di Pietro. Si alza, chiede al presidente della Camera di farlo smettere, fa il gesto della follia sventolando la mano davanti al-

la fronte finché Giulio Tremonti non gli blocca il braccio e lo ferma. “Lei è uno spregiudicato illusionista, anzi un ‘pregiudicato’ illusionista –dice Di Pietro all’inizio del suo discorso – che ha raccontato un sacco di frottole agli italiani, descrivendo un’Italia che non c’è e proponendo azioni del governo del tutto inesistenti e lontane dalla realtà”. I deputati del Pdl rumoreggiano e cominciano ad avventarsi verbalmente contro il leader dell’Idv alla frase successiva:

“Lei, signor Berlusconi non è un presidente del Consiglio ma uno ‘stupratore della democrazia’ che, dopo lo stupro, si è fatto una legge, anzi una ventina di leggi ad personam per non rispondere di stupro. Lei non è, come alcuni l’hanno definito, uno dei tanti tentacoli della piovra. Lei è la testa della piovra politica che in questi ultimi vent’anni si è appropriata delle istituzioni in modo antidemocratico e criminale per piegarle agli interessi personali suoi e dei suoi complici della setta

“Lei non è, come l’hanno definita, uno dei tentacoli della piovra Lei è la testa e controlla tutto”

massonica deviata di cui fa parte”.

Il premier perde la pazienza A QUESTO punto l’aula diventa una bolgia, il Pdl è in piedi ad urlare contro Di Pietro ma anche contro Gianfranco Fini che chiede al leader Idv di “assumersi la responsabilità delle proprie parole”. C’è chi lascia l’emiciclo e chi continua a urlare mentre Berlusconi si alza e cerca lo sguardo di Fini affinché fermi l’intervento di Di Pietro. Ma siamo in democrazia e tutti possono parlare: “Lei ci ha detto della volontà del governo di implementare la lotta alla corruzione, all’evasione fiscale e alla criminalità economica del-

le cricche – ha continuato l’ex magistrato – e che fa, si arresta da solo? O ha deciso di prendersi a schiaffi tutte le mattine appena si alza e si guarda allo specchio? Lei controlla il sistema bancario e finanziario del Paese, le nomine degli organi di controllo che dovrebbero controllare il suo operato, si è impossessato dell’informazione pubblica e privata e la manipola in modo scientifico e criminale”. Poi incalza: “La magistratura che lei ha corrotto le piace. Non le piace quella che vuole giudicarla per i suoi misfatti, tanto che al primo punto del suo ‘vero programma’, quello di cui oggi non ha parlato, c’è la reiterazione del Lodo Alfano, cioè di quella legge che deve assicurarle l’impunità per un reato gravissimo che lei ha com-

Il capogruppo Idv Donadi (FOTO LAPRESSE)

messo: la corruzione di giudici e testimoni”. Alla fine dell’intervento dal Pdl continuano le urla di chi è rimasto in aula. A sentire certe parole non sono ancora abituati.

LE REAZIONI

BERSANI: “VENGA A NAPOLI CON ME”. CASINI ATTACCA, MA È LA PREDA erché non cita più Na“P poli? Io domani ci vado. E lei? Perché non andiamo insieme a vedere com’è la situazione dei rifiuti? E perché non viene a L’Aquila a vedere a che punto è il programma di ricostruzione?”. Il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, parte subito all’attacco di Berlusconi nel suo intervento in aula. È stata una settimana travagliata per l’opposizione, fra il caso Calearo (che dopo essere passato all’Api voleva votare la fiducia a Berlusconi e dice di essersi astenuto solo “per amore di Veltroni”) e i “transfughi” dell’Udc (Mannino, Romano, Ruvolo, Drago e Pisacane) che ieri hanno anche pranzato da soli a piazza delle Coppelle, ormai in rotta totale col partito. Berlusconi l’ha fatto notare a Pier Ferdinando Casini durante la sua replica, e il leader Udc non ha esitato a rispondere: “Lei parla di scissione nel mio

partito ma io pensavo fossimo qui perché c’era stata nel Pdl una scissione di 35 deputati e 10 senatori. Sono proprio uno sprovveduto”. CASINI ha passato la giornata a dare la linea ai suoi. Riunioni e conciliaboli sia in Aula, a margine dei discorsi di

Berlusconi, che nel cortile di Montecitorio. C’è stato anche un bacio con Nichi Vendola, arrivato a Montecitorio per ascoltare il discorso del premier, e prendere le misure col suo possibile prossimo avversario. Per resistere Berlusconi ha bisogno di voti. E adesso sarà il leader Udc una delle prede più ambite dal L P ) premier per sostituire i finiani all’interno di una maggioranza non più autosufficiente, e c’è chi ipotizza di un cambio al vertice della presidenza della Camera proprio tra Fini e Casini. Ma il leader dell’Udc smentisce e va avanti per la sua strada: “Dopo due anni di governo Berlusconi si prepara a tirare a campare, esattamente come tutti gli altri prima – ha detto Casini nel

Pierluigi Bersani (FOTO

A RESSE

suo intervento – noi abbiamo assunto un impegno d’onore con gli elettori che ci porta a confermare i 36 voti già espressi in precedenza e a dire no all’ennesima fiducia. Continuiamo sulla nostra strada che è quella dell’opposizione repubblicana che nulla ha a che fare con le strade del trasformismo che a nostro parere sono il cancro della vita democratica”. Per Casini, quindi, la soluzione è un governo di transizione, per cambiare la legge elettorale, e poi il voto. Lo stesso pensiero che esprime Rosy Bindi durante il suo intervento. POI TOCCA a Bersani, che dopo l’affondo iniziale, incalza: “È la seconda volta che la vediamo qui. La prima fu per l’insediamento del governo. Lei alla fine di quel discorso disse ‘W il Parlamento’ ma poi non l’abbiamo più sentita: ci ha fatto avere 36 voti di fiducia e 54 decreti. In quell’inter-

vento disse anche venti volte la parola ‘crescita’ e invece abbiamo avuto il calo più grande della storia del dopoguerra. E non si permetta di parlare di conti con noi, è offensivo”. Partono gli applausi nel lato sinistro dell’emiciclo. Che suonano ancora più forti quando Bersani chiede “in che cosa è migliorata l’Italia? Date sempre la colpa agli altri, ma avete governato per 7 anni negli ultimi dieci. Quanti anni ci volete stare per assumervi la colpa?”. Ma quando arriva al capitolo Montecarlo, e definisce Fini il presidente della Camera “un malcapitato che finisce alla gogna”, Bersani strappa un applauso anche dalle mani di Italo Bocchino. “Se fosse successo a lei, presidente – ha concluso Bersani rivolgendosi a Berlusconi – sarebbe già stato perdonato diecimila volte. La pagina che ha scritto oggi è una pagina vecchia, quella nuova la scriveremo noi”. (C .Pe.)


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Giovedì 30 settembre 2010

Il nodo dell’Alta Corte e la data “a rischio” del 14 dicembre

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AD PERSONAM

a Corte costituzionale si dovrà pronunciare il 14 dicembre sul “legittimo impedimento”, la legge che sospende per 18 mesi (fino a ottobre 2011) i tre processi a carico del premier Berlusconi (Mills, Mediatrade e Mediaset). La cosiddetta “legge ponte”, invenzione del neo-presidente del Csm Michele Vietti all’epoca esponente dell’Udc alla

Camera, serviva a “scudare” il presidente del Consiglio e i ministri in attesa dell’approvazione di un “Lodo Alfano” modificato. Nell’ottobre 2009, si ricorderà, l’Alta Corte bocciò il primo “lodo Alfano”. Adesso la strategia punta ad approvare in prima lettura in uno o due rami del Parlamento la nuova legge “costituzionale” così da poter chiedere alla Corte costituzionale di

rinviare l’udienza del 14 dicembre. Se così fosse si ragiona in ambienti della Consulta - sarà il presidente della Corte a decidere, sentito il relatore della causa (in questo caso Sabino Cassese) e i giudici costituzionali più anziani. A sciogliere il dilemma del rinvio o non rinvio non sarà comunque in ogni caso Amirante, il cui mandato novennale scade il prossimo 7 dicembre.

C’È GIÀ IL NUOVO LODO

È uno scudo per il premier e il capo dello Stato ma non per i ministri. E può essere reiterato di Antonella

Mascali

el giorno della richiesta di fiducia al suo governo, come se fosse al primo giorno e non al secondo anno di vita, Berlusconi non può dire, come ha fatto nelle settimane scorse, che la priorità del Paese è il processo breve, ribattezzato ammazza processi. Anche se non ci rinuncia. Come non rinuncia ad accusare la magistratura, per l’ennesima volta, di fare un uso politico della giustizia. Ribadisce, inoltre, di voler varare riforme mal viste dalle toghe: due Csm e separazione delle carriere. Ma per cercare quel favore di cui ha bisogno, Berlusconi questa volta punta al “minimo”, per stare alla larga dai suoi procedimenti: il lodo Alfano costituzionale, visto di buon occhio da Futuro e libertà e Udc. E che gli consente di mantenere sospesi i processi milanesi, Mills, Mediaset e Mediatrade. Non a caso proprio ieri, il presidente della Commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini, ha presentato modifiche che vogliono andare incontro ai centristi, anche se ci dice: “Non abbiamo fatto né trattative né patti con alcun partito”. Ma intanto spariscono dai “privilegiati”, i mi-

N

nistri. Lo scudo è previsto solo per il capo dello Stato e per il presidente del Consiglio. È possibile non servirsene e non è più automatico. Le Camere di appartenenza (o riunite, per il presidente della Repubblica) “deliberano sulla sospensione del processo” entro 90 giorni con “maggioranza semplice, a scrutinio segreto”, spiega Vizzini. UNA EVOCAZIONE della vecchia immunità parlamentare, che ha prodotto ricatti e favori – trasversali – fra poli-

tici. In più lo scudo è reiterabile. Quindi i processi per chi passa da un’alta carica all’altra, o mantiene la stessa più volte, potrebbero essere sospesi all’infinito. Berlusconi nel suo discorso dedica un passaggio al lodo con tanto di sviolinata alla Consulta: “La stessa Corte costituzionale ha riconosciuto che il sereno svolgimento delle funzioni delle alte cariche dello Stato costituisce un interesse apprezzabile”. Quella stessa Corte costituzionale accusata dal premier di essere

composta da “giudici comunisti”, la sera della bocciatura del lodo Alfano, il 7 ottobre scorso. Un’offesa che – ci dicono fonti della Consulta – ha lasciato i suoi componenti “sconcertati. Soprattutto alcuni di loro, che alla parola comunista hanno l’orticaria”.

Nel giorno della fiducia riprende l’iter a Palazzo Madama con alcune “limature” La corsa contro il tempo serve a far slittare la pronuncia della Consulta sul legittimo impedimento Nell’illustrazione di Emanuele Fucecchi il premier Silvio Berlusconi con il suo nuovo scudo

La Corte l’anno scorso ha bocciato la norma perché viola l’articolo 3 sull’uguaglianza dei cittadini e l’articolo 138 che regola le leggi costituzionali. E PENSARE che è stata la prima legge del governo in carica. Approvata in soli 26 giorni, il 22 luglio del 2008, come se fosse un’emergenza per il Paese. Diventata carta straccia, come il lodo Schifani del 2004, i processi di Milano sono ripresi. Un fatto inaccettabile per Berlusconi che attraverso i suoi fidi avvocati-parlamentari, Nicolò Ghedini e Piero Longo, si è munito di un altro scudo. Il legittimo impedimento “ad premier e ministri”, già approdato alla Corte costituzionale. Vi si sono rivolti i giudici dei processi Mediaset, Mills e Mediatrade. L’udienza è fissata per il 14 dicembre. Ma Berlusconi e molti esponenti della maggioranza sono convinti che basti l’accelerata in commissione sul lodo Alfano, per spingere la Corte a rinviare la sentenza. E ambienti vicini alla Consulta, osservano che questo non è possibile, perché si tratta di normative diverse. Altra cosa sarebbe, invece, se alla Camera per dicembre fosse in fase avanzata la discussione su una modifica del legittimo impedimento ad hoc. Prassi istituzionale vuole che la Corte si fermi, in attesa della decisione del Parlamento. E se la Consulta dovesse bocciare questo scudo a tempo (è valido fino a ottobre

2011), il premier rischia di non avere più un salva condotto processuale, se il lodo Costituzionale non sarà approvato per quella data. Quindi i suoi processi potrebbero riprendere il prossimo gennaio. Ecco spiegato il tono insolitamente rispettoso di Berlusconi verso gli alti giudici e le modifiche di facciata al ddl. INDISCREZIONI provenienti dalla maggioranza politica, dicono che sono cominciate “manovre soft” perché la Corte a dicembre si fermi comunque. Anche solo di fronte alla discussione in Senato sul lodo costituzionale. Non a caso – come riportato martedì dal Fatto – un giudice della Consulta ha parlato di “Fortino assediato”. D’altronde anche ieri, Berlusconi a Montecitorio è tornato ad attaccare i magistrati: “L’uso politico della giustizia è un elemento di squilibrio tra ordini e poteri dello Stato ed è dovere della politica ristabilire il primato che viene non da privilegi di casta ma dalla volontà popolare”. E ancora: “La durata dei processi, che per la loro lentezza rappresentano una delle piaghe della giustizia italiana sofferta da tanti cittadini (ci sono 9 milioni di processi pendenti e l'Italia è il Paese più condannato) sono un macigno che dovremmo tutti voler rimuovere”. Non lo nomina, ma pensa al processo breve, la sua massima aspirazione per ottenere la cancellazione dei suoi processi. Assieme ad altri centomila.

Di Pietro scrive a Pd e finiani per portare in Parlamento le proposte anti-corruzione del “Fatto” di Beatrice Borromeo

un lungo silenzio sulDzioneopo la legge contro la corruche si era impantanata per quasi otto mesi a Palazzo Madama, qualcosa comincia a muoversi. Due le buone notizie che arrivano dal Parlamento: la prima è che ieri il Senato si è dichiarato concorde all’unanimità sul fatto che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ratifichi la parte civile della Convenzione europea sulla lotta alla corruzione che dal 1999 attende di essere recepita dall’Ordinamento italiano; la seconda è che la proposta di legge anti-corruzione avanzata l’11 settembre scorso dal Fatto Quotidiano dovrebbe sbarcare presto alla Camera. FALSO IN BILANCIO. Ecco cosa significa in concreto: la parte civile della Convenzione europea, quella

che ripristina il reato di falso in bilancio, abrogato di fatto dal secondo governo Berlusconi, e ne aggrava le pene (proposta sostenuta anche dal Fatto), dopo aver incassato il via libera di Palazzo Madama arriverà entro una settimana a Montecitorio, dove verrà esaminata. Ed entro pochi giorni si aspettano anche le risposte del segretario del Pd Pier Luigi Bersani e del deputato finiano Fabio Granata, cui il leader dell’Italia dei Valori Antonio di Pietro ha inviato la proposta di legge. Questa proposta, che sostanzialmente accoglie i dieci punti per combattere la corruzione elaborati dal Fatto con l’aiuto di magistrati e giuristi, ha già incassato un’approvazione preliminare sia del Partito democratico che di Futuro e libertà. “Caro Pier Luigi – scrive Di Pietro – ti prego di indicarmi entro questa settimana cosa vuoi aggiungere, mo-

dificare o eliminare dalla bozza”. Ma non dovrebbero esserci sorprese: Bersani, Granata e il capogruppo dell’Idv in commissione Giustizia al Senato, Luigi Li Gotti, si sono incontrati pochi giorni fa per trovare una mediazione. Ora manca solo l’ufficializzazione, dopodiché la bozza di legge arriverà alla Camera. I DIECI PUNTI. Per arginare il fenomeno delle tangenti, che secondo la Corte dei Conti costa all’Italia tra i 50 e i 60 miliardi di euro l’anno, il Fatto ha proposto (tra le altre cose) di introdurre i reati di auto-riciclaggio (cioè ripulire in investimenti legali soldi provenienti dai propri traffici illeciti) e lo scambio di favori senza passaggio di denaro noto come “traffico d’inf luenze”, d’incoraggiare il “pentitismo” con sconti di pena per chi confessa o agevola le indagini, di punire in sede civile e penale chi fal-

sifica le carte col fisco e trucca i bilanci allo scopo di pagare le mazzette. E poi interrompere il decorso della prescrizione nel momento in cui inizia l’azione penale o si rinvia a giudizio e interdire perennemente dai pubblici uffici chi viene condannato per certe fattispecie di reato. Si tratta di una riforma a costo zero che adeguerebbe le norme all’evoluzione del malaffare, cioè di quel sistema “ge-

Ieri il Senato ha votato all’unanimità la ratifica del Trattato Ue ignorato per dieci anni

latinoso” che solo nell’ultimo anno si è reso evidente negli scandali P3, Cricca, Protezione civile&appalti. “C’è la possibilità concreta che alcune delle proposte del Fatto possano diventare legge”, dice il senatore Li Gotti, che spiega: “Tra qualche settimana il disegno di legge dell’Idv approvato ieri per ratificare la Convenzione, il ddl Alfano e quello del Fatto Quotidiano s’incontreranno alla Camera. Lì verranno discussi tutti insieme e, considerando che l’iniziativa del Fatto è sostenuta da tre dei maggiori partiti di maggioranza e opposizione, una o più parti potrebbero diventare legge dello Stato”. DDL ALFANO. È ancora in discussione alla commissione Giustizia del Senato il disegno di legge anti-corruzio-

ne stilato dal Guardasigilli Angelino Alfano annunciato lo scorso marzo e con esso anche gli emendamenti proposti dall’Italia dei Valori tra i quali spicca la necessità di equiparare i reati di corruzione e concussione, in modo che non esistano più attenuanti o pene più lievi se si dichiara di essere stati costretti a pagare una tangente. “Purtroppo il ddl Alfano non tiene conto della Convenzione del Consiglio d’Europa – dice Li Gotti – si limita a interventi minimi che avrebbero un impatto ridicolo sulla corruzione. Dubito quindi che i nostri emendamenti passeranno. La possibilità sarà molto più concreta quando tutte le proposte alternative s’incroceranno alla Camera e verranno discusse insieme”.


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“Amici miei” Le 46 telefonate del coordinatore

S

L’INCHIESTA

ono 46 le telefonate dell’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino che la Procura di Napoli aveva chiesto di utilizzare nell’ambito dell’inchiesta che lo vede accusato di contiguità ad ambienti di camorra. Il 22 settembre scorso la Camera ha deciso che i magistrati campani non possono utilizzare le conversazioni

dell’esponente del Pdl. Il Fatto Quotidiano ha deciso di pubblicarle. Testimoniano dei rapporti del coordinatore del Pdl campano con alcuni degli imprenditori dei rifiuti di gomorra: Gaetano Vassallo, che poi si pentirà sollevando il velo sul grumo oscuro di potere e sui traffici che stanno dietro lo smaltimento dei rifiuti (soprattutto quelli “speciali”), interrati in

Campania. Ma anche i fratelli Orsi, Michele e Sergio, il primo ammazzato a Casal di Principe da un killer dei casalesi aderente al gruppo di Giuseppe Setola, una volta che aveva pensato di vuotare il sacco con la magistratura. E, ancora, Giuseppe Valente, il presidente del Consorzio di Bacino Caserta 4, condannato in due processi per concorso esterno in associazione mafiosa.

LA CASTA DELLA SPAZZATURA Il filo diretto di Cosentino con gli uomini di Gomorra

Nella foto in alto, il coordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino durante la campagna elettorale per la regione Campania. In basso i funerali di Michele Orsi, assassinato a Casal di Principe (FOTO ANSA)

Le raccomandazioni dell’onorevole nel consorzio sciolto per camorra

di Marco

Lillo e Antonio Massari elle telefonate insabbiate dalla Camera che ha negato il loro utilizzo ai magistrati e che Il Fatto ha cominciato a pubblicare ieri, c’è la storia della cupola societaria che per i pm - ha consegnato la raccolta dei rifiuti alla camorra. I magistrati di Napoli vogliono arrestare Nicola Cosentino (e i deputati lo hanno impedito) proprio perché lo considerano il vero regista del consorzio Ce4 e della Eco4 Spa dei fratelli Orsi poi arrestati perché Eco4, per l’accusa, è il paradigma dell’impresa camorristica. Gaetano Vassallo, l’imprenditore in affari con gli Orsi e che è stato poi arrestato e condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, quando ha deciso di collaborare con i pm ha raccontato: “Cosentino, con riferimento proprio alla ECO4, mi disse che quella società era ’una sua creatura’. Disse testualmente: ‘la ECO4 song’ io’. Affermazioni negate da Cosentino. Anche per questo sedici

N

delle 46 telefonate che i pm di Napoli Giuseppe Narducci e Alessandro Milita hanno chiesto (inutilmente) alla Camera di usare per sostenere l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica contro Cosentino, riguardano il suo ruolo di coordinamento su Eco 4 e Ce4.

Michele Orsi un buon amico IL 20 APRILE 2004 alle ore 13 e 31, Cosentino parla con Michele Orsi, l’imprenditore che insieme al fratello pagava 25 mila euro al mese al clan Bi-

dognetti e assumeva gli amici dei camorristi. Prima di essere ucciso dai sicari con tre semiautomatiche Beretta e una 357 magnum in un bar di Casal di Principe, Orsi era in ottimi rapporti con il politico. A Cosentino riferiva i problemi della Eco 4 e da lui attendeva appoggio e direttive. Orsi: Ciao, scusami Nicola, senti, ti volevo solo chiedere una cosa al volo, mi sono incontrato stamattina con Carlo, per quanto riguarda Santa Maria la Fossa (sede di discarica Ndr) Cosentino: Eh Orsi: Vado avanti secondo quelle... Cosentino: Eh, se no perde le elezioni a Santa Maria, eh... il sindaco

Orsi: Eh, hanno fatto un contratto un poco anomalo, hai capito. Nicola? E allora per non creare un precedente Cosentino: Ah Orsi: Se no il consorzio si potrebbe, diciamo così Cosentino: E no, comunque va chiarita questa cosa del consorzio Orsi: Eh, eh, ora ... perché dice che fa brutta figura con ..., io ho detto: non ti preoccupare, noi facciamo subito il servizio. Però questo contratto cerchiamo di aggiustarlo in modo.. . Cosentino: Va bene Orsi: Quindi vado avanti così? Cosentino: Sì , vai avanti. eh , grazie Orsi: Va bene, dai. Prima di essere ucciso, Michele Orsi aveva parlato con i pm dello scambio che reggeva il rapporto tra l’impresa vi-

Bar e aree di servizio, gli incontri pericolosi dell’ex ministro di Casal di Principe incontri a bar “Dom Perignon” di GriGsullalicignano, alla stazione di servizio Api, superstrada per Caserta o nella segreteria del partito: le 19 telefonate intercettate, tra l’ex sottosegretario del Pdl Nicola Cosentino e i fratelli Michele e Sergio Orsi – a capo del consorzio Eco4, che s’occupava di gestire i rifiuti nel casertano - riguardano soprattutto appuntamenti da fissare. Sergio è stato condannato per associazione di stampo mafioso, Michele fu ammazzato dal clan Bidognetti il primo giugno 2008: qual era il loro rapporto con Cosentino? Fu Michele Orsi a dichiarare agli inquirenti: “Le tangenti da pagare alla camorra erano, ai miei occhi, inevitabili. Mentre il nostro impegno con i politici poteva essere largamente garantito attraverso le assunzioni nelle società”. E nelle intercettazioni che la procura intendeva utilizzare, ottenendo il rifiuto della Camera, secondo gli inquirenti si “rilevano conversazioni aventi ad oggetto la Eco4 e le assunzioni di favore, richieste dalle varie componenti politiche, in particolare da Cosentino”. “Uhé, onorevole”, dice Sergio Orsi, al telefono, il 7 maggio 2004. “Uhé bello, che si dice?”, risponde Cosentino. “Se senti Luciano - continua Orsi - cercavo... un ap-

partamentino ad Aversa … e volevo che lui mi desse un consiglio per l’ufficio che dobbiamo aprire...”. In un altro documento - l’ordinanza con cui, invano, è stato chiesto l’arresto di Cosentino - si scopre che nello stesso giorno i fratelli Sergio e Michele Orsi vengono intercettati nuovamente, mentre parlano tra loro. Discutono “del buon esito di un affare concluso da Michele con Cosentino e Sergio chiede: ‘Gli ha fatto piacere a Nicola? Sono sempre voti che ha, no?’”. Se mai vi fosse un nesso, tra le due intercettazioni, non potremo saperlo: la telefonata con l’ex sottosegretario non sarà utilizzata nel processo. “Nicola è il padrone nostro”, dice Sergio, in un’intercettazione annotata nell’ordinanza d’arresto. Secondo l’accusa si riferisce alla società Eco4 che invece, sotto l’aspetto mafioso, era nelle mani dei casalesi per via di un “socio criminale occulto”, Gaetano Vassallo, uomo del clan. Scrive la procura nell’ordinanza: “Cosentino era al corrente dei rapporti di Vassallo con Francesco Bidognetti e del suo ruolo di socio criminale occulto”. Un altro uomo del clan, Luigi Diana, nel 2005 dichiarava: “I due Orsi sono imprenditori del clan (…). Durante il periodo in cui Mario Iovine è stato latitante,

ha utilizzato l’abitazione di Sergio Orsi per nascondersi”. È lo stesso Sergio che il 22 maggio 2004, in una delle intercettazioni che la procura ha chiesto d’utilizzare, chiama Cosentino: “Uhé, onorevole, sono Sergio... sto tornando da Gricignano...”. “Se sei a Gricignano fermati un poco”, risponde Cosentino, “Dove ci vediamo?” “... al bar Dom Perignon”. Il 5 luglio è Michele Orsi a chiamare: “Domani mattina ti posso incontrare? Ci sono delle cose importanti...”. Il giorno dopo fissano l’incontro a una stazione di carburanti, il 7 luglio un nuovo appuntamento, l’8 decidono di vedersi ancora nella segreteria casertana del partito. Il 13 luglio si sentono ancora: “Mi ha chiamato l’onorevole Capuano”, dice Michele Orsi, spiegando che gli ha chiesto un “appuntamento”. “No”, ribatte Nicola Cosentino, “questo è un imbroglione”. Orsi precisa: “Ho detto … il nostro riferimento è Nicola, parlate con lui...”. Di che si tratta? Secondo la procura, Orsi informa Cosentino “d’essere stato contattato da Capuano per una richiesta d’assunzione”. Poi passano a un altro discorso: il termo-valorizzatore di Cellole. Dice Cosentino: “… ho seguito questo progetto che riguarda Cellole … e che sarebbe andato quasi in porto ...”. Marco Lillo e Antonio Massari

cina alla camorra e i politici che la sponsorizzavano per gli appalti: “Circa il 70 per cento delle assunzioni che vennero poi operate per la Eco4” raccontava Michele Orsi, “erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politico-elettorali, richieste da Valente, Cosentino e Landolfi”. Anche in questo caso ci vogliono i riscontri.

Il caro Peppino Valente del Ce4 PER QUESTO i pm volevano usare le telefonate nelle quali Cosentino si interessa di assunzioni. L’otto luglio 2002 alle 18 e 23, per esempio, Michele Orsi chiama Valente e il presidente del Ce4 gli passa Cosentino. Valente: Carissimo Onorevole. Cosentino: uhè Peppino, senti, ma quella questione che parlasti con Pietropaolo Ferraiuolo… Valente : Si, si. . . Cosentino: Dice quello si è presentato ma dice che lo ha cacciato fuori il direttore, ma è possibile? Valente: ma ho detto che doveva venire a parlare con me, che è andato a fare dal direttore? Cosentino: Eh…(...) Valente: Fai dare a questa persona, a chiunque viene, il mio numero di telefono e fammi telefonare. Cosentino: Va bene, ti faccio chiamare, dai. Valente: Ma non ti preoccupare, ma deve parlare con me che c’entra questo direttore? Cosentino: Va beh, okay. Valente: Non ti preoccupare. Tra le telefonate bloccate dalla Camera ce ne sono altre con Sergio Orsi nelle quali si parla “dell’assunzione sponsorizzata da Cosentino su richiesta di un consigliere comunale di Villa Literno, tale Musto”. Fondamentale nella strategia di Cosentino sul fronte dell’affare rifiuti - secondo i magistrati - era il superconsorzio Impregeco che raccoglieva quelli esistenti a Napoli e vicini alla sinistra, con il solito Ce4, diretto da Valente, uomo di Cosentino. Il 29 novembre del 2002, alle 14 e 56 Cosentino chiama Giuseppe Valente. I due discutono della revoca della convenzione alla Impregeco e si arrovellano sulle sue motivazioni e sulle contromisure da adottare.

Cosentino: Pronto Peppino! Valente: Uè... onorè buon giorno. .. dimmi caro Cosentino: Ma che è sta cosa nsomma che hanno revocata... Valente: Le solite vigliaccate della sinistra... io domani mattina sarei venuto a casa tua a parlartene, gniente e . . ..hanno revocato la convenzione che tenevamo con la Regione ma è un atto improprio illegittimo perché nu’ tenimmo un'ordinanza na cosa vergognosa (...) io praticamente mi sono incontrato con . . . con gli amici della sinistra aggio ito kisti so con Giarlini (forse Giacomo Gerlini, amministratore Impregeco ed ex Ds) e l’altro agg ‘itt kist so gli amici tuoi ma loro stanno vedendo per quale motivazione ma io credo che dia tutta una battaglia interna alla sinistra però intanto la convenzione l'hanno revocata Cosentino: E quindi? Valente: E quin... noi come società esistiamo sempre. Ci mancherebbe. Però significa che adesso la regione a noi non ci riconosce più i costi, tutto quello che gestivamo ...dice che dal primo di dicembre non lo gestiremo più Cosentino: E quindi ma che succede n'somma ... se immaginiamo che viene revocata sta convenzione co a’ Regione Valente: Vabbè.. . la .. .la lmpregeco ci sta sempre come società di . .. di consorzi vuoi dire che ci troveremo un ruolo, ci troveremo qualcosa da fare ma ci inventeremo qualche cosa. (....) Valente: “Secondo me il capitolo non è ancora chiuso perchè là bisognerà pure andare a vedere chi.. chi dovrà, come stanno le cose sienti se e... se tu credi che io non ti dia... non ti importuno domani mattina io me.. . posso fare una passeggiata”. Cosentino: vabbene t'aspetto jà, alle nove e mezza”.

Precisazione Nell’articolo di ieri “Pronto è Nicola Cosentino?...” dopo avere correttamente riportato i nomi degli interlocutori dell’intercettazione telefonica del 4 luglio 2002 (“Giuseppe Valente, presidente del consorzio Ce4 chiama Nicola Cosentino...”) per un errore materiale, poche righe dopo, nel riportare il dialogo diretto tra Valente e Cosentino, le parole di Valente sono attribuite a Vassallo, che non parla con Cosentino nelle conversazioni citate. Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori.


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Giovedì 30 settembre 2010

CRONACHE

ADRO, IL SINDACO COSTRETTO AD APRIRE LE PORTE DEL CONSIGLIO Tardivo intervento del Prefetto. Il Pd a Maroni: va trasferito di Elisabetta

Reguitti Adro (Brescia)

lla fine la prefettura si è mossa. Dopo giorni di latitanza ieri il prefetto Livia Narcisa Brassesco Pace è intervenuta con una lettera inviata al sindaco di Adro Oscar Danilo Lancini in cui era messo nero su bianco che il consiglio comunale doveva essere aperto a non a porte chiuse come anticipato dallo stesso primo cittadino. “Se fate i bravi vi faccio rimanere” sono state le parole di Lancini, rivolte ai mezzi di comunicazione, proferite in apertura di seduta convocata per approvare di un contratto preliminare di vendita con corrispettivo mediante cessione dei beni: operazioni urbanistiche legate alla costruzione del nuovo polo e che, secondo la minoranza, prevedono anche la sottoscrizione di un mutuo da 1,36 milioni di euro per riacquistare il 20 per cento delle aree della scuole vecchie che, tra l’altro, comporterebbe l’uscita dai parametri del patto di stabilità.

A

INTANTO però le mamme di Adro, promotrici della raccolta firme contro i simboli leghisti nella scuola, ieri erano le più soddisfatte della lettera inviata dal segretario generale del Quirinale Donato Marra in cui il presidente “rassicura di seguire con interesse e attenzione la vicenda di Adro”. Una presa di posizione pubblica - quella di Giorgio Napolitano - che qui viene letta come un incoraggiamento ad andare avanti a non rassegnarsi davanti alle prepotenze del sindaco leghista. Perché, come si legge nel testo del Colle, dalla scuola di Adro vanno rimosse “quelle esibizioni” di simboli di partito che sanno di “provocazione e di sfida” pretendendo di sostituire i simboli della nazione

Mazzetta leghista, arrestato assessore

e dello Stato. Napolitano, ieri a Parigi, ha tuttavia precisato che non c’è stato nessun suo intervento diretto su Adro. Per il capo dello Stato, infatti, un intervento “sarebbe stato tardivo, ieri o l'altro ieri”. Parole che servono a sottolineare il reale ruolo del Colle sulla vicenda di Adro. Come aveva raccontato il Fatto Quotidiano, nei giorni scorsi, fonti interne al Quirinale ci avevano riferito che il presidente della Repubblica “pur non avendo alcun potere al riguardo, segue con attenzione” i fatti che stanno accadendo nella località bresciana. Non solo: il capo dello Stato aveva incoraggiato il ministro Gelmini nella sua richiesta di rimozione dei loghi leghisti. Ma a Parigi, Giorgio Napolitano affronta altri temi a lui cari e che toccano da vicino la politica leghista. Il capo dello Stato non nomina mai il Carroccio, ma basta leggere le sue parole per coglierne il significato. Boccia senza

di Ivana

Venezia

i è fatto lasciare i soldi nella sua macchina parcheggiata Scontrollava sotto il municipio, mentre lui dalle finestre dell'ufficio che tutto andasse bene e poi, dall'alto ha

Il sole della Alpi nella scuola di Adro (FOTO ANSA)

Il primo cittadino Lancini ha bisogno di un mutuo di 1,36 milioni di euro per la scuola appello le “rumorose grida di secessione” e “le prospettive separatiste” e nota: “Siamo in presenza di tensioni politiche e manovre di parte, di debolezze e confusioni culturali di umori ostili che ruotano attorno alla questione dell’unità nazionale”. Ad Adro, comunque, la tensione è forte: una nonna, tra le firmatarie

Gherbaz

del documento inviato a Napolitano ieri mattina è stata aggredita, davanti all’ingresso della scuola, da un’altra donna. Il fatto ha innescato una serie di reazioni a catena e le stesse forze dell’ordine temono che di questo passo si possano creare tensioni. Nel frattempo il deputato bresciano del Pd (già sindaco di Brescia e nativo di Adro) Paolo Corsini ha rivolto un’interrogazione al ministro Maroni affinché provveda al trasferimento del prefetto di Brescia Livia Narcisa Brassesco Pace. NELLA NOTA spiega Corsini: “Questa è una misura ormai inevitabile. Dopo la vicenda, ormai nota della scuola di Adro dove il sindaco ha dato un oscuro esempio del tipo di regime leghista-padano che si intende instaurare nella scuola pubbli-

Le mamme soddisfatte per la lettera del presidente Napolitano: “Contente perché ci segue” ca”. Conclude poi: “Il prefetto di Brescia non ha preso alcuna posizione in questa delicata vicenda, assumendo un atteggiamento pilatesco, facendo finta di non vedere, evitando di dire ciò che era più logico, cioè richiamare pubblicamente il sindaco al rispetto delle norme connesse all’utilizzazione di bandiere”.

azionato il telecomando e chiuso l'automobile per mettere al sicuro la busta con dentro i 15 mila euro. Ma qualcosa è andato storto. Quando David Codognotto, 31 anni, assessore targato Lega Nord del Comune di San Michele al Tagliamento in provincia di Venezia, è sceso per prendersi il malloppo ad aspettarlo c'era la Guardia di Finanza di Venezia. Il giovane assessore allo sport, bilancio e turismo è stato arrestato in flagrante con l'accusa di concussione per aver estorto una mazzetta di 15 mila euro al presidente del Portogruaro calcio che da poco milita in Serie B. Tutto è iniziato quando Francesco Mio, erede del gruppo Dino Mio-Faram azienda storica che da più di mezzo secolo si occupa di arredi per ufficio con oltre 100 milioni di fatturato all'anno, si è rivolto a Codognotto per avere il nulla osta per ottenere la sponsorizzazione per la sua squadra di calcio da poco promossa in serie B. Ed è in quel momento che è scattato il ricatto e la pretesa da parte di David Codognotto di avere in cambio 15 mila euro da intascarsi comodamente per far ottenere alla squadra del Portogruaro la sponsorizzazione. LA GIUNTA sta per cadere, avrebbe detto Codognotto, e tu hai bisogno di me per ottenere quel nulla osta, se mi dai i soldi te lo faccio avere subito. Ma il presidente del Portogruaro calcio non si è fatto intimidire, e senza pensarci su due volte di fronte ad una richiesta di questo tipo si è rivolto al suo avvocato. Ed è scattata la denuncia. La guardia di finanza ha seguito tutte le operazioni per la consegna del denaro. I soldi sono stati prima fotocopiati davanti agli ufficiali giudiziari e poi riposti nella busta come accordato. Così ieri mattina Francesco Mio seguito dai finanzieri, ha lasciato sul cruscotto della macchina di Codognotto, parcheggiata aperta davanti al municipio, la busta con i 15mila euro, mentre l'assessore si godeva la scena dall'ufficio, ma la vicenda si è conclusa pochi minuti dopo con l'arresto in flagranza. David Codognotto è stato eletto nelle file della Lega Nord Liga veneta Padania nel 2008, in una giunta che da sempre ha scricchiolato. Commissariata due volte nel 2009, retta da Giorgio Vizzon del Pdl, ora la giunta rischia di cadere dopo l'arresto per concussione del leghista Codognotto. Altro che questione morale, se per il ministro Umberto Bossi sono proprio porci questi romani, la Lega nord nel ricco Veneto deve ora fare i conti con i suoi. La Guardia di finanza e la Procura della repubblica di Venezia stanno indagando anche per altri favori che David Codognotto sembra abbia chiesto in cambio per rilasciare altri nulla osta.

Rai, il “codice Masi” diventa legge APPROVATA DAL CDA LA CIRCOLARE BAVAGLIO CHE IMPONE IL CONTRADDITTORIO

Il direttore generale della Rai, Mauro Masi (FOTO ANSA) di Carlo

Tecce Roma

ha cucito l'ennesiLConamoRaila pezzo di bavaglio. disperazione di un dirigente sconfitto, Mauro Masi ha chiesto il voto del Consiglio sulla circolare del 20 settembre scorso. Limiti, picchetti e divieti sparsi qua e là: e il Consiglio ha risposto con entusiasmo, compatta la mag-

gioranza (5 sì), meno compatta l'opposizione (3 no) e l'astensione del presidente Paolo Garimberti, strano alleato del direttore generale. Da oggi la censura preventiva di Masi è legge per viale Mazzini. Il bavaglio stringe sul contraddittorio: “I talk-show devono garantirlo sempre e nella stessa trasmissione”. Tradotto: se un opinionista dice bianco, un secondo opi-

nionista dirà nero. Non importa l'argomento né la discussione. Così vuole Masi. Come vuole, anzi pretende che il “pubblico in studio, selezionato da strutture aziendali, sia parte non attiva”. Niente applausi. E poi, un po' fuori stagione (o forse preveggente), il direttore generale introduce la par condicio, i cronometri che fanno impazzire i conduttori in campagna elettorale: “Le interviste ai partecipanti devono essere realizzate in sequenza di contraddittorio assicurando tendenzialmente a ciascun ospite lo stesso tempo di parola”. Masi cerca di scrivere le scalette, intervenire sui contenuti delle trasmissioni e, per citare la metafora di Santoro, ordina ai giornalisti di fare un bicchiere-programma come l'azienda comanda. E chi sgarra? Verrà multato.

Oppure sanzionato: ogni volta Masi guarderà la Rai con la circolare in mano, ogni volta cercherà di sospendere i “reprobi”. Siccome le mosse del direttore generale servono per ostacolare Annozero, il primo giornalista “contestato” sarà Michele Santoro. Perché Masi ha aperto un cineforum in Consiglio e proiettato l'introduzione di Santoro: “Ascoltate. L'ha detto in diretta su Raidue”. E oggi ritorna Annozero con Vauro e Travaglio ancora senza contratto e con il Pdl che prepara un esposto all’Agcom per la scorsa puntata. ORA aspettando la procedura disciplinare di Masi, le accuse e le difese delle parti e l'eventuale sospensione (giorni, settimane?), il bavaglio si chiama circolare. Ma per Garimberti è una delibera sul pluralismo, può an-

dar bene, anche perché Masi ha promesso che il bavaglio sarà esteso ai telegiornali. La posizione neutra del presidente – astenuto e non contro la circolare – fa irritare una parte dell'azienda e così, pur senza proferire parola, “ambienti vicini” fanno scivolare una nota da azzeccagarbugli: sì, no, forse, però. Ma senza perifrasi, il consigliere Rizzo Nervo suona la sveglia:

Proiettata in assemblea la puntata di Annozero: il dg vuole sospendere Santoro

“La circolare del dg è in molte delle sue parti sbagliata e rischia di imbavagliare i programmi di approfondimento informativo. L'aspetto più grave è che rende ordinario il regime di par condicio, che la stessa legge invece considera eccezionale e lo limita, infatti, al solo periodo di campagna elettorale. Proprio perché ultra legem - sottolinea il consigliere - la considero inapplicabile essendo prevalenti i principi di libertà e autonomia garantiti agli operatori del servizio pubblico da una consolidata giurisprudenza costituzionale”. Per il sindacato Usigrai la legge di Masi vale zero: “Il pluralismo non si garantisce con il bavaglio. Inviteremo a disapplicarla se in contrasto con norme molto chiare. Siamo anche pronti a coinvolgere nella questione l'Ordine del giornalisti”.


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SPROFONDO SUD

LA GUERRA DELLE DISCARICHE DI CAMORRA “La Peste” racconta il fallimento del sistema-emergenza di Bertolaso Non solo rifiuti in Campania. I veleni e gli appalti, la P2 e la P3: la foto di gruppo di un sistema corrosivo fatto di sprechi e scandali. Tutto questo è “La Peste”, un libro-testimonianza scritto da Tommaso Sodano (consigliere provinciale a Napoli) e dal giornalista Nello Trocchia. Ne pubblichiamo un estratto che tratta della discarica di Terzigno. di Tommaso

Sodano e Nello Trocchia er capire come si gestivano le discariche, basta recuperare qualche intercettazione. Nello specifico, alcune riguardanti la discarica di Terzigno. Siamo nel 2007. Nel testo arrivato al Senato era indicata semplicemente l’area da adibire a discarica. Mi oppongo subito: non è possibile per legge, oltre che per buonsenso, fare una discarica in un Parco nazionale. L’unica cosa da fare era una ricomposizione morfologica di quelle cave esaurite... La mia idea era di evitare che, in terra di camorra, i buchi potessero diventare sversatoi di rifiuti tossici all’interno dei traffici delle ecomafie. Per cui ritenevo che si potesse portare solo la Fos, Frazione organica stabilizzata, in pratica un “terriccio”... Gli uomini dell’ufficio legale della Protezione civile, che troveremo in molte altre “emergenze”, mi dicono tuttavia che così non va e che, se modifichiamo il testo del decreto, “Guido” potrebbe dimettersi, perché allo stato attuale non è possibile avere della Fos stabilizzata. Ma è una presa

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per i fondelli perché, come è emerso negli anni, quelli sono rifiuti “tal quale”, ossia non trattati, perciò inquinanti. La cricca del sacchetto voleva trovare un sostegno al ministero perché il sito aprisse e si potesse buttare dentro il rifiuto non trattato. Marta Di Gennaro (numero due della Protezione civile, ndr) è ben consapevole degli impianti campani che dovrebbero trattare i rifiuti, ma non lo fanno e non sono a norma. Ne parla con Michele Greco, funzionario del Commissariato, il 30 maggio 2007. Di Gennaro: Senti, il compost fuori specifica è quello che viene dal Cdr degli altri Paesi, non dal nostro... Greco: No, no... il nostro è monnezza, punto e basta [...]. Qui non ha proprio senso fare il trattamento dei rifiuti... Di Gennaro: Sì, ma rimane fra noi... Non ce lo possiamo dire... Ora noi dobbiamo parlare il linguaggio che parlano tutti, che è il linguaggio della vaghezza.

Al macero i soldi dei campani NON BISOGNA dirlo che gli impianti non servono a nulla, che i soldi dei campani sono andati al macero, che i rifiuti non trattati finiscono in discarica, alla faccia delle norme. Tuttavia, in sede di discussione parlamentare della legge che autorizza le discariche e stabilisce cosa ci dovesse finire, c’è qualcuno che si è messo di traverso. Quel qualcuno sono ovviamente io. E infatti vengo tirato in ballo in un’altra conversazione, avvenuta più di un mese prima di quel-

la appena citata. Sono chiaramente un fardello per i loro progetti, ma ci ridono sopra. Marta Di Gennaro parla con Mascazzini (direttore del ministero dell’Ambiente, ndr); quest’ultimo pare avere la soluzione per truccare il rifiuto: usare una polvere bianca. È l’8 giugno 2007. Mascazzini: “Ho messo insieme un po’ di cose... per far decollare l’operazione Terzigno”. Di Gennaro: “Dimmi”. Mascazzini: “Perciò, se tu... Ho visto tutti gli emendamenti. Sono pericolosi, gli emendamenti”. Di Gennaro: “Cosa ne pensi”? Mascazzini: “Eh, dunque allora: in sede di conversione di decreto legge”... Di Gennaro: “Ah, quelli di proposta di Sodano? Ah! Ah! Ah”!

Si fa come Gomorra comanda E PIÙ AVANTI la soluzione ai problemi. Mascazzini: “Il tentativo è di trattare con una polverina magica, tipo calce che mi-

La Peste TOMMASO SODANO E NELLO TROCCHIA, RIZZOLI, PAGG. 358, EURO 18,50

Rifiuti nelle strade di Napoli (FOTO MILESTONE)

In basso, un momento del corteo funebre, per protestare contro i tagli a musei, teatro e iniziative culturali decisi dalla Regione (FOTO ANSA)

schiata la roba da spostare la rende non puzzolente... La partita di Terzigno la spuntiamo noi”. Nel decreto viene scritto a chiare lettere che in quel sito deve andare solo Fos vera, per ristabilire la morfologia del posto. La conseguenza è che non potranno aprire Terzigno e Super Guido stavolta si dimette davvero. Tutto questo, tutte queste affermazioni così gravi intercettate, annotate e quanto meno divulgate, sono servite a bloccare il flusso di rifiuti non trattati diretti in quell’area? No. Oggi, la nostra battaglia su Terzigno è stata affondata. Il governo e Guido Bertolaso hanno aperto la discarica (oggetto di esposti in procura da parte delle associazioni ambientaliste) e deciso di dare il via a un altro sito nel Parco nazionale del Vesuvio… Lo Stato che aveva chiuso le discariche della camorra nel Parco nazionale, oggi le riapre.

San Guido vuole aprire un altro sito nel Parco nazionale del Vesuvio

“Trinacria” di famiglia per assumere FRATELLI E AMICI ALLA GUIDA DELLA ONLUS CHE DOVRÀ STABILIZZARE I PRECARI IN SICILIA di Giuseppe Lo Bianco Palermo

l presidente della società, Ibardo, nominato da Raffaele Lomè il capo del sindacato Cisal, uno dei membri del consiglio di amministrazione è Vincenzo Garraffa, fratello del senatore del Pd Costantino, vice-presidente della commissione Industria del Senato, un altro si chiama Dell’Utri, ma è solo un caso di omonimia: dopo la “temibile” prova dei test d’ingresso per i precari da stabilizzare (“fare una fotocopia, ove possibile fronte e retro”) dal cilindro della fantasia siciliana in materia di lavoro salta fuori la Social Trinacria onlus, un altro carrozzone costituito qualche giorno fa per assorbire

3200 lavoratori ex Pip alimentando i serbatoi del voto clientelare. Sarà infatti la onlus ad assumere i precari, a pagargli lo stipendio con i soldi messi a disposizione della Regione mentre l’assistenza tecnica e contabile sarà delegata ai funzionari di Sviluppo Italia Sicilia. LOMBARDO, nonostante dagli schermi de L’infedele di Lerner abbia giurato “basta con la fabbrica delle illusioni”, il suo quarto governo a braccetto con il Pd parte con il piede sbagliato, almeno sui temi del lavoro. L’onlus è infatti un parto della direzione delle politiche sociali guidata da uno dei suoi potenziali assessori tecnici, Maria Letizia Di Liberti, poi sostituita per un’incom-

patibilità. All’assemblea regionale l’opposizione insorge chiedendo una commissione d’inchiesta: “Ci troviamo di fronte ad una situazione gravissima che rischia di creare altro precariato – dice Salvino Caputo, Pdl – sono contento che i Pip di Palermo ottengano un riconoscimento e che finalmente possano essere inseriti nel circuito lavorativo. Ma tutto ciò deve avvenire senza intermediazioni”. Da qualche giorno, invece, su Facebook, il burattinaio palermitano dei precari, Mimmo Russo, ex An passato all’Mpa in campagna elettorale sollecita tutti i lavoratori ad andare alla sua segreteria di via Scinà 66, al Borgo Vecchio, per compilare il modulo di adesione alla onlus promettendo “contratti a tem-

po indeterminato”. Anche se i fondi (100 milioni di euro) bastano solo per tre anni. E TRA gli stessi lavoratori, che l’altro ieri hanno picchiato un dipendente regionale negli uffici dell’assessorato al Lavoro e sono consapevoli di essere utilizzati come carne da voto, la tensione è alta. Il Pd tace, con la sola eccezione di Pino Apprendi: “C’è il rischio di un nuovo caporalato”. Il riferimento è a un possibile allargamento degli elenchi con la creazione di nuovo precariato. Un trucco che Mimmo Russo si affretta a smentire: “Sto facendo stampare 3200 cd con la lista dei nomi degli ex Pip. Neanche una persona entrerà nell’associazione, oltre il bacino degli ex Pip”.

Disastro Napoli

Protesta dei disoccupati tra i rifiuti di Vincenzo Iurillo Napoli

Il sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, ieri in Atra llegria. serata ha annunciato che il premier Silvio Berlusconi “verrà sei giorni e ha assicurato che la seconda discarica qui non si aprirà”. La giornata era passata tra crisi spazzatura e proteste anti-discarica, con i comuni dell’area Vesuviana risvegliati tappezzati di manifesti mortuari: “Dopo una lenta e lunga agonia è morto avvelenato dai rifiuti tossici della discarica il Parco del Vesuvio”. Firmato ‘le mamme vulcaniche per la salute’, che da giorni stanno occupando le scuole, e i cittadini ‘morituri’. Antipasto della giornata di lutto proclamata per oggi dai sindaci per dire no all’apertura di un secondo invaso nel Parco. Negozi chiusi, luci spente, uffici pubblici aperti solo per le pratiche indifferibili, scioperi e astensioni. Sarà paralisi. Tutti in strada per partecipare a quello che sarà un vero corteo funebre stamane da piazza Vargas a piazza Pace a Boscoreale. I manifesti a lutto sono stati affissi dopo l’ennesima notte di tafferugli tra polizia e dimostranti. In mattinata strade e stradine vicino a Cava Sari a Terzigno erano disseminate di cilindretti di alluminio lunghi circa 3 centimetri e mezzo. Tracce concrete di uno scontro il cui livello si sta alzando. Il bilancio: un autocompattatore in fiamme, 4 agenti del Reparto mobile feriti in modo non grave, un dimostrante in ospedale con una tibia rotta. Colpito – affermano i comitati anti-discarica – da uno dei cilindretti, forse residui dei fumogeni lanciati per disperdere i facinorosi che cercavano di spegnere il faro che illumina la piazza della Rotonda su via Panoramica, punto quasi obbligato del passaggio dei mezzi. È IL CAOS tra Napoli e le città della provincia. Emergenza rifiuti, e non soltanto quella. Urlano i disoccupati, che hanno messo a ferro e fuoco il capoluogo campano. Assaltato il Palazzo Reale (un gruppo si è arrampicato fino al fortino dell’orologio e per far scendere uno di loro è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco), occupata piazza Municipio da una cinquantina di manifestanti del progetto Bros, erede del vecchio progetto Isola che forniva sussidi a migliaia di senza lavoro. Altri hanno occupato le sedi del Partito Democratico in via Toledo e dell’Udeur-Popolari per il Sud in via Melisurgo. Ormai nemmeno si contano le minacce ricevute in questi mesi dall’assessore regionale al Lavoro, il mastelliano Severino Nappi, nel mirino per aver annunciato di voler smantellare il progetto. Diversi disoccupati sono andati ad Acerra e hanno risolto a modo loro la crisi spazzatura: sversandola sui binari della stazione ferroviaria. In tilt la circolazione dei treni tra Napoli e Caserta. Sul versante politico dell’emergenza rifiuti, è prevista per oggi alle 18 l’apertura del tavolo tecnico convocato dalla Provincia di Napoli con lo scopo di individuare un’alternativa all’apertura di Cava Vitiello. Il sindaco di Boscoreale Gennaro Langella ha pure cessato lo sciopero della fame. Ma non ha cancellato il calendario di iniziative anti-discarica. Ieri sera ha ospitato in piazza Pace, sede del Municipio occupato da giorni dai comitati civici, una veglia alla quale ha partecipato il vescovo di Nola. Poi un corteo è partito verso via Panoramica. Dove ogni notte contestatori e polizia si sfiorano e i disordini sono sempre in agguato.


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Giovedì 30 settembre 2010

CRONACHE

CINQUE TERRE, INCHIESTA SUI LAVORI AL RUSTICO DI BRUNETTA Aperto un fascicolo: violazioni urbanistiche e falso di Ferruccio Sansa Cinque Terre (La Spezia)

appartamento sul Colosseo. Poi l’immobile a Montecarlo. Il filone politico-immobiliare si arricchisce di una nuova vicenda: il rustico alle Cinque Terre di Renato Brunetta. È già stato aperto un fascicolo per falso e violazioni urbanistiche (il ministro non è indagato), questione non da poco in un Parco Naturale. Con un paradosso. Scajola si dimise sostenendo che “la cricca” gli aveva pagato la casa a sua insaputa. Pochi gli credettero. Brunetta avrebbe potuto trovarsi nella stessa situazione. Ma stavolta, sembrano convinti gli investigatori di La Spezia, davvero il ministro potrebbe essere stato all’oscuro che la “cricca al pesto” voleva pagargli il restauro del rustico con finanziamenti pubblici.

L’

Un comodo trenino NON BASTA: il Comune, come accusa l’associazione “Per Riomaggiore”, intende costruire un trenino da oltre 600 mila euro che partendo dal paese arriva al Santuario di Montenero, a due passi dalla casa del ministro. Un progetto approvato proprio 5 mesi dopo l’acquisto del rustico. Ma qui bisogna ricostruire tutte le tappe che hanno portato Brunetta a Riomaggiore. Racconta un parente strettissimo di Stefano Pecunia, il venditore del rustico: “Stefano è stato avvicinato da Alexio Azzaro”. È il geometra che lavora per il Comune di Riomaggiore, arrestato con il

I lavori al rustico del ministro Renato Brunetta alle Cinque Terre, in Liguria

sindaco, Gianluca Pasini, e il presidente del Parco, Franco Bonanini di cui era fedelissimo. Prosegue il parente di Pecunia: “Chiesero a Stefano se voleva vendere il suo terreno a Brunetta”. Ma in che stato era il rustico? “Macché rustico, erano quattro pietre, appena la base dei muri. A noi, gente comune, chissà se avrebbero consentito di fare quei lavori di ristrutturazione”. Fatto sta che il geometra Azzaro e Bonanini trovano il rustico a Brunetta e curano i passi successivi per ottenere le autorizzazioni. Del resto, raccontano a Riomaggiore, “il ministro era spesso ospite del presidente negli appartamenti di proprietà del Parco”. Brunetta e Pecunia arrivano così a un compromesso. È qui il nodo della questione: “La domanda per il restauro

– raccontano persone vicine a Pecunia – sarebbe stata presentata dal venditore, ma dopo che aveva siglato il compromesso”. Par di capire: la scomoda domanda per i lavori (oggetto dell’inchiesta per falso e violazioni urbanistiche) porta la firma del venditore, ma poi il restauro viene pagato da Brunetta: “Il ministro mi ha versato circa 50 mila euro con due assegni e due bonifici”, assicura il costruttore Daniele Carpanese. Circostanza confermata dal ministro: “Ho già versato 50 mila euro per i lavori, due terzi del totale”. Ecco le domande che avremmo voluto porre al ministro (ma Brunetta ha scelto di non rispondere): il preliminare di acquisto è stato precedente ai lavori effettuati dal venditore? Perché i lavori – oggetto di accertamenti da

Bergamo e la sala parto dove si rischia la vita di Marco Birolini Bergamo

er una lite tra medici un parto cesareo viene Pbimba effettuato in ritardo provocando danni sulla e sulla madre che non potrà più avere figli a causa di una lesione all'utero. Il caso di malasanità, fotocopia di quanto accaduto a Messina e Roma, questa volta si è registrato al Nord. Agli ospedali Riuniti di Bergamo, nella Lombardia patria di quella “eccellenza sanitaria” sbandierata dal governatore Formigoni come modello. I responsabili dell'ospedale negano che ci sia stata una discussione tra i dottori. La procura ha aperto un'inchiesta con l'ipotesi di lesioni colpose gravi contro ignoti in seguito alla denuncia presentata da Samir Zekaj, il padre della bambina. Nello stesso reparto si sono già verificate negli ultimi due mesi tre morti sospette, due neonati e una mamma, sempre in seguito a parto cesareo. LA VICENDA DENUNCIATA da Zekaj risale al 30 gennaio. Albana, questo il nome della donna trentunenne albanese, viene ricoverata per partorire e subito inizia ad accusare dolori fortissimi. Le dicono di attendere i tempi del parto naturale, ma la dilatazione non è sufficiente, nonostante tre iniezioni di prostaglandine, farmaco che induce il parto. A quel punto due ostetriche avrebbero litigato sulla necessità o meno di effettuare il cesareo. Stando a quanto raccontato dai genitori a un giornale locale. “Mia moglie è stata lasciata in sala travaglio per più di due giorni – accusa il padre – i medici si limitavano a dirle di spingere. A un certo punto abbiamo assistito a una discussione molto accesa tra due dottoresse, una invitava a fare il cesareo, l’altra no”. Prevale quella che preferisce il parto naturale, l'altra se ne va dicendo alla collega “se la pensi così allora fai tu”. “Così mia

moglie ha atteso ancora – prosegue il padre – fino a che è cambiato il turno e i nuovi medici hanno optato per il cesareo. Ma ormai era tardi: Albana aveva l’utero lacerato e la bambina è nata con gravissimi problemi”. Completamente cieca e disabile, è nutrita con un sondino. Gli Ospedali Riuniti hanno intanto aperto un’istruttoria interna sull’episodio e la direzione aziendale ha nominato una commissione, di cui farà parte anche un rappresentante della Direzione Sanitaria regionale. L’ospedale smentisce però il litigio e in una nota, ammettendo che mamma e bimba erano arrivate in buone condizioni, spiega che “il monitoraggio, eseguito in continuo, alle 20 ha evidenziato sofferenza fetale e il medico di guardia ha deciso per un cesareo in emergenza. Solo una volta ottenuto il consenso della donna, che in un primo momento si era opposta, i medici possono procedere e alle 21 la bambina nasce gravemente asfittica”. Se il litigio viene smentito, non si può fare altrettanto con l'inquietante episodio che aveva preceduto di nemmeno 24 ore il parto di Albana. Nella notte tra il 29 gennaio e il 30 gennaio nello stesso reparto si era verificato il decesso di un bambino nato dopo un cesareo. Un caso che non portò a denunce, perché la madre, straniera, sapeva di avere problemi di salute e aveva già perso un bambino. Ma la tragedia aveva caricato di tensione il reparto, anche perché un'altra morte simile si era verificata poco più di un mese prima quando il 14 dicembre 2009 una giovane bergamasca si era recata ai Riuniti per partorire. A due ore dal cesareo il bimbo era morto. La denuncia è stata archiviata. Resta invece indagato uno dei medici che visitarono la 39enne morta il 7 novembre scorso per aneurisma, a due settimane dal cesareo. La donna era stata dimessa e poi aveva accusato fortissimi dolori addominali. Ricoverata d'urgenza è deceduta senza che i medici riuscissero a salvarla.

parte della magistratura – sono stati eseguiti a nome del venditore, ma pagati dal ministro? Una cosa è certa: all’atto della vendita nello studio del notaio era presente Bonanini, quasi un agente immobiliare del ministro.

Un affarone, adesso vale 200 mila euro C’È POI la questione della congruità del prezzo pagato da Brunetta: 40 mila euro per un terreno con ruderi. Dopo i lavori (75 mila euro) diventerà un rustico di due piani. In tutto 115 mila per 40 metri quadrati con terreno. Un esperto interpellato dal Fatto attribuisce all’immobile un valore di 200 mila euro. Il ministro ha fatto un ottimo affare. C’è poi un “regalo” che la “cricca”, secondo i pm, voleva fare a Brunetta. I magistrati nell’ordinanza sottolineano che il ministro forse non ne sapeva davvero nulla, che si tratta di una strategia per conquistare la sua gratitudine. Una storia che emerge dalle intercettazioni. Il 13 maggio 2010 negli uffici del Parco è il panico. Sono stati sequestrati i registri. Annotano i pm: “Nel dialogo con Azzaro dopo

aver parlato della casa di Stefano Pecunia – notoriamente acquistata dal ministro – e della versione che Pecunia dovrà dare in merito alla ricezione di 5 mila euro, si commenta l’interrogatorio della polizia giudiziaria all’impresario Daniele Carpanese”. Bonanini ostenta tranquillità: “Non credo che facciano più niente, io oggi a Brunetta gliel’ho mandato a dire”. Più avanti si parla del finanziamento pubblico richiesto dagli indagati per realizzare lavori nella zona del Canneto. Il sospetto che emerge dall’ordinanza è che la somma fosse poi destinata a lavori realizzati da Pecunia, forse proprio nel rustico di Brunetta. Graziano Tarabugi, direttore dell’ufficio tecnico del Comune, dice: “Giochi con i soldi di Brunetta e hai ragione. Chi glieli dà adesso?”. Risponde un’impiegata del Comune: “Se va in porto quella fattura di Canneto…omissis”. Gli inquirenti annotano: “Sempre nel corso delle indagini venivano intercettate anche ulteriori conversazioni attinenti il rustico di Stefano Pecunia ed afferenti in particolare a una strana contrattazione che gli interlocutori manifestavano di voler tenere segreta… Una possibile spiegazione di tante disponibilità verso Stefano Pecunia potrebbe essere riconducibile all’acquisto del suo rustico da parte di Brunetta”. Intanto sono cominciati gli interrogatori. Bonanini dovrà rispondere anche di centinaia di falsi che sarebbero stati compiuti nei suoi uffici. Il Faraone – così viene chiamato a Riomaggiore – non avrebbe agito per arricchirsi. Altri della “cricca al pesto”, secondo le accuse, si sarebbero gonfiati le tasche. E negli interrogatori si parlerà molto della casa di Brunetta. Di chi ha effettivamente commissionato quei restauri oggetto di indagine per abusi edilizi.

Soldi pubblici (a sua insaputa) per pagare il restauro della casa del ministro (non indagato) in Liguria

CARCERI Peggio di noi solo la Bulgaria e carceri italiane sono (quasi) le più sovraffollate LIn Bulgaria d'Europa: in 100 posti sono ammassate 152 persone. si raggiunge il rapporto 100/155 e la media europea è di 107 detenuti ogni 100 posti, secondo i dati elaborati dal King's College di Londra e resi noti ieri. Sempre ieri il capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria (Dap) Franco Ionta è stato ascoltato dalla Commissione d'inchiesta del Senato sul servizio sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino. Ionta ha affermato che circa 8mila detenuti potrebbero “passare” ai domiciliari con l’approvazione del ddl che riguarda chi ha una pena residua inferiore a un anno, che verranno costruite 11 nuove strutture e che alla Penitenziaria mancano 6mila agenti. Marino è però rimasto “disorientato”: “Sono stati sollevati problemi di budget e burocrazia”, ma non sono state affrontate le criticità sanitarie specie degli istituti psichiatrici italiani. “Il Dap deve rispondere delle condizioni igieniche e strutturali, dell’assistenza medica, del raccordo con i Dipartimenti di salute mentale che produce il fenomeno della proroga degli internamenti”. Che durano anche 25 anni, diventando “ergastoli bianchi”.

N ABUSO AUTO BLU

Ballaman indagato

L’

ex presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Edouard Ballaman, è indagato dalla Procura di Trieste per il presunto abuso nell’utilizzo delle “auto blu”. Il fascicolo è stato aperto in seguito alla mossa della Corte dei Conti regionale, che ha disposto l’acquisizione di tutti i registri dei movimenti delle vetture di servizio.

SCONTRI A MILANO

Centri sociali contro carabinieri

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anno protestato contro quelli che hanno definito con sarcasmo, “giochi di guerra a scuola”. Protagonisti a Milano del sit-in un gruppo di studenti e militanti del centro sociale “Cantiere” e del “Coordinamento dei collettivi studenteschi”. I giovani si sono dati appuntamento davanti agli uffici dell’Unuci (Ufficio nazionale ufficiali in congedo d’Italia) per protestare contro il protocollo siglato dalla direzione scolastica della Lombardia e dal comandante regionale dell’Esercito - che prevede lo svolgimento di lezioni da parte di ex soldati nelle scuole superiori. Tensione con le forze dell’ordine. Secondo il “Cantiere”, il bilancio dei fatti di oggi è “un naso rotto, da operare, con un pugno ad un ragazzo immobilizzato da due carabinieri; diverse contusioni, alcune delle quali procurate dal tentativo delle forze dell’ordine di sequestrare i megafoni; e una macchina fotografica quasi distrutta”. I carabinieri negano.

CORTE DI CASSAZIONE

Niente insulti ai dipendenti

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n datore di lavoro non può usare epiteti e parolacce come “stronzo”, rivolgendosi ad un dipendente senza pagarne le conseguenze. Lo ribadisce la Cassazione che richiama i capi ad una continenza verbale nel trattare i propri lavoratori al di là del tono scherzoso o colloquiale con il quale il datore generalmente tratta i suoi collaboratori. Se si usano parole del genere, infatti, si rischia una condanna per ingiuria. I giudici della Corte si sono espressi su un caso di Avezzano: un datore di lavoro insultò una dipendente.



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Giovedì 30 settembre 2010

ECONOMIA

METALMECCANICI, PRIME DEROGHE AL CONTRATTO La Fiat ottiene le modifiche richieste in cambio degli investimenti di Salvatore Cannavò

e deroghe al contratto nazionale dei metalmeccanici si faranno. Federmeccanica, Film e Uilm hanno raggiunto ieri un accordo che segna una svolta nelle relazioni sindacali in Italia (anche se la possibilità di definire deroghe al contratto nazionale era già prevista dal contratto firmato separatamente da Fim e Uilm nel 2009). Le deroghe, che il segretario della Fim, Beppe Farina preferisce chiamare “modifiche al contratto” sono vincolate a piani di “sviluppo economico e occupazionale” o a progetti per “contenere gli effetti economici occupazionali derivanti da situazioni di crisi aziendale”. Insomma, servono, nelle intenzioni dei contraenti, a salvare posti di lavoro o a crearne di nuovi qualora le aziende adottino significativi piani di investimento. Un po’ come nel caso di Pomigliano d'Arco, dove la Fiat ha preventivato un investimento di 700 milioni in cambio del quale Cisl e Uil hanno definito un accordo specifico sulla riorganizzazione del lavoro per assicurare maggiore produttività. L'intesa non indica nel dettaglio quali siano le deroghe possibili. In pratica tutto è derogabile con due limitazioni: non si potranno fare accordi diversi da quello nazionale in materia di salario e in materia di “diritti individuali derivanti da norme

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inderogabili per legge”. Insomma, lo sciopero, le ferie, le malattie non sono diritti disponibili alla contrattazione aziendale e territoriale cui viene concesso il diritto di derogare. Ma l'intesa prevede anche che, una volta stabiliti gli accordi decentrati, questi dovranno passare al vaglio di una Commissione nazionale per una convalida. “Abbiamo fatto meglio dei chimici” dice al Fatto il segretario della Fim-Cisl, Giuseppe Farina [nei chimici si sono fatte deroghe con la firma della Cgil, ndr] perché abbiamo allargato il campo delle norme non derogabili, come i minimi tabellari”. Farina si dice molto soddisfatto dell'intesa per la quale la Fim ha riunito, ieri mattina, diversi giuslavoristi per un consulto legale. “Il loro parere ci ha confortati nel fatto che stiamo facendo un buon lavoro rafforzando il contratto aziendale senza sacrificare diritti indisponibili”, spiega Farina.

Operai di Pomigliano nei giorni del referendum che ha approvato le richieste di Fiat (contraria la Fiom) (FOTO ANSA)

A essere soddisfatta è ovviamente Federmeccanica che però non ottiene il risultato dell'accordo in deroga per il comparto dell'auto. Fim e Uilm non lo hanno concesso sostenendo che esigenze come quella di Fabbrica Italia della Fiat trovano piena soddisfazione nell'intesa firmata ieri. Federmeccanica non mollerà facilmente: “Abbiamo norme specifiche per siderurgia e installazioni – ha detto il direttore generale Roberto Santarelli – ne abbiamo bisogno anche per l'auto. Fim e Uilm

Federmeccanica firma l’accordo senza la Cgil, forse è già finita la tregua tra industriali e sindacato

non ci hanno dato disponibilità di date, noi aspettiamo pazientemente”. Dietro la richiesta c'è la pressione della Fiat che chiede esplicitamente un contratto separato per l'auto così come fa la Fismic che proprio per questo ha definito quella di ieri “la montagna che ha partorito il topolino”. Il problema è capire fino a quando l'insieme dell'organizzazione degli industriali della meccanica può adattarsi alle esigenze di un'azienda sola, per quanto importante come la

Fiat. Federmeccanica, tra l'altro, con l'intesa di ieri contraddice quel clima nuovo che si è instaurato sabato scorso a Genova nell'incontro che ha visto la riapertura di un dialogo tra Emma Marcegaglia (Confindustria) e Guglielmo Epifani (Cgil). Gli industriali devono registrare un commento molto negativo da parte del segretario della Cgil che ha definito l'intesa “una scelta sbagliata per Confindustria e Federmeccanica” perché porterà “inevitabilmente a una cancellazione di un

contratto nazionale di settore degno di questo nome”. Un linguaggio in sintonia con la Fiom secondo la quale ieri si è consumato un “tentativo esplicito di stracciare il contratto”. Forse scontando anche questo risultato, il presidente degli industriali meccanici, Pierluigi Ceccardi, ha nuovamente fatto appello alla Fiom perché ritorni al tavolo con le altri parti. Anche la Fiat ha riconvocato i sindacati per una discussione sul progetto Fabbrica Italia, il prossimo 5 ottobre. E la Fiom ci sarà.

MELFI. Il giudice boccia il ricorso della Fiom: gli operai reintegrati continuano a non lavorare po’ se l’aspettavano. Ma lascia Udicenl’amaro in bocca la decisione del giudel lavoro di Melfi Emilio Minio, che ieri si è dichiarato “incompetente” sull'istanza della Fiom-Cgil che chiedeva le modalità di applicazione della decisione di reintegro dei tre operai della Fiat di Melfi licenziati lo scorso luglio e reintegrati dal giudice il 9 agosto. I tre operai erano stati licenziato con l’accusa di aver boicottato l’azienda durante uno sciopero. Dal ricorso alla magistratura era scaturito un provvedimento di reintegro da parte del Tribunale cui la Fiat aveva risposto con il reintegro della retribuzione ma non delle effettive mansioni, consentendo ai lavoratori di rientrare in fabbrica solo in una saletta adibita ad attività sindacale. Per questo la Fiom aveva chie-

sto al giudice Minio di chiarire il provvedimento. Ieri il giudice si è detto incompetente, lasciando inalterata la situazione. La Fiom però insiste e annuncia che chiederà un “atto di precetto” nei confronti della Sata di Melfi. “Il giudice di Melfi non è entrato nel merito – dice la Fiom – perché tale competenza non spetta a un giudice per il lavoro, ma al giudice dell’esecuzione”. Da qui l'atto di precetto “per avviare l'esecuzione forzata dell'ordine di reintegro nei confronti della Sata di Melfi”. I lavoratori si mostrano tranquilli. “Non cambia nulla” hanno detto Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte, due dei tre operai licenziati a luglio. “Siamo di fronte a un tentativo della Fiat di prendere tempo attraverso cavilli legali. Per noi si trat-

ta soltanto di ripresentare l'istanza al giudice dell'esecuzione e di attendere la sua decisione sulle modalità di reintegro”. Per i legali del Lingotto, invece, con la sentenza di ieri “il Tribunale di Melfi ha confermato che quella della Fiom è una richiesta estranea all'ordinamento processuale e si caratterizza per essere un'iniziativa creativa e di politica legislativa, inibita all'ordine giudiziario”. Schermaglie legali in attesa dell’appuntamento più importante, quello previsto per il 6 ottobre quando il Tribunale è chiamato a discutere il ricorso presentato da Fiat contro l'intero provvedimento di reintegro. Se lo perde la Fiat gli operai tornano al lavoro, se il ricorso viene accolto si ricomincia da capo. Sal. Can.

L’armadio di Unicredit e gli scheletri di Merrill Lynch SULLA NOMINA DEL NUOVO AMMINISTRATORE DELEGATO L’OMBRA DEGLI AFFARI SBAGLIATI DI PROFUMO: IL CASO KINABALU di Vittorio

Malagutti Milano

l Kinabalu è la montagna più alta Iavventurosi, del Borneo. Un posto da alpinisti alla ricerca di emozioni forti nella terra di Sandokan. Le guide turistiche della Malesia lo citano per esaltarne le bellezze naturali. Lo stesso nome, però, ricorre anche nel bilancio di Unicredit. Nessun trekking, niente scalate. Si chiama proprio così, Kinabalu, una piccola finanziaria controllata dalla banca italiana. Anzi, a ben guardare, le società sono due, entrambe con sede a Londra: la Kinabalu financial products e la Kinabalu financial solutions. COSE PICCOLE, molto lontane, almeno in apparenza, dalle manovre d’alta finanza che in queste ore decideranno il futuro della più grande istituzione finanziaria italiana. Con il consiglio di amministrazione riunito oggi a Varsavia per decidere il nuovo capoazienda dopo il traumatico addio di Alessandro Profumo. Salvo sorprese la scelta dovrebbe cadere su uno dei vice del numero uno uscente. Per la poltrona di amministratore delegato il favorito è Roberto Nicastro, poi Federico Ghizzoni (possibile direttore generale) e Paolo Fiorentino. Og-

gi sapremo. Ma intanto il caso Kinabalu (le società non la montagna) aiuta a capire, in concreto, su quali temi si confronteranno nei prossimi mesi le varie cordate interne che si contendono il potere nella banca che fu di Profumo. Già, perché Kinabalu è il marchio esotico di un affare fallimentare. Un’operazione finanziaria, a suo tempo molto discussa all’interno della banca, che ha prodotto la bellezza di 26 milioni di perdite in meno di tre mesi.

Unicredit sono stati costretti a svalutare di 26 milioni la Kinabalu financial products, una delle società acquisite appena tre mesi prima. Va detto che Kinabalu si occupa di affari ad alto rischio. E cioè strumenti derivati, come collateralised debt obligations (cdo) e asset backed securities (abs). Insomma l’armamentario classico della turbo finanza che ha innescato il grande crollo del 2008. Sono cose da specialisti. E infatti la società londinese poteva contare su un team di professionisti molto apprezzati sul mercato, una mezza dozzina di manager che vengono ingaggiati in blocco da Unicredit. Fatto sta che nel 2008 Unicredit fa appena in tempo ad annunciare l’acquisizione che le Borse mondia-

È ANDATA COSÌ. A ottobre del 2009 Unicredit chiude un’acquisizione annunciata addirittura quindici mesi prima, nel luglio del 2008. La banca allora guidata da Profumo compra due fiRoberto Nicastro di Unicreti ( nanziarie londinesi del gruppo Newsmith, che subito cambiano nome in Kinabalu. Prezzo: circa 60 milioni di euro. È il prezzo giusto? Chissà. Certo è che alla fine del 2009, come emerge dal bilancio, gli amministratori di

FOTO ANSA)

li collassano. Risultato: l’affare Newsmith-Kinabalu rimane sospeso a mezz’aria. La firma finale tarda ad arrivare. Anche perché, nel frattempo, dentro Unicredit molti cominciano a farsi delle domande sull’operazione londinese. Si scopre così che la squadra di manager che ha fondato e dirige Newsmith proviene per intero da Merril Lynch. E cioè la banca d’affari americana dove hanno a lungo militato due stretti collaboratori di Profumo come il vicedirettore generale Sergio Ermotti ed Edoardo Spezzoti, all’epoca numero uno della divisione investment banking. Vengono da Merril Lynch anche i manager che hanno venduto le azioni di Newsmith incassando decine di milioni di euro. L’acquisizione londinese viene quindi interpretata come una conferma dei legami strettissimi tra Merrill Lynch e i vertici della banca italiana. Legami ancora ben saldi anche ai giorni nostri, se è vero che uno dei candidati alla successione di Profumo era proprio Andrea Orcel, uno dei gran capi di Merrill

Una piccola società inglese specializzata in derivati si è rivelata un pessimo investimento

Lynch nel frattempo salvata dal crac grazie alla fusione con Bank of America. CIRCONDATA da pettegolezzi di ogni tipo, l’acquisizione delle due società targate Newsmith rimane però bloccata per gran parte del 2009. “I termini finanziari dell’operazione sono in corso di revisione”, è la risposta standard dei portavoce della banca. E in effetti, dopo il grande uragano della finanza, i valori delle società che si occupano di derivati e simili sono crollati. Naturale, quindi, che il prezzo fissato da principio venga rivisto al ribasso. Anzi, tra gli addetti ai lavori c’è anche chi pronostica che alla fine tutto l’affare verrà cancellato. E invece no. Nell’autunno del 2009, con quindici mesi di ritardo sulla tabella di marcia, il contratto viene finalmente firmato. La ciambella però viene sfornata con un buco di 26 milioni. E in tempi di grande agitazione come questi molti sono tornati ad indicare l’affare Newsmith come uno degli scheletri nascosti nell’armadio di Unicredit. Vedremo. Tra gli spettatori interessati alla vicenda c’è anche Thiam Joo Lim, manager di punta del vecchio team di Newsmith passato in Unicredit. Lim è di origine malese. Proprio come la montagna Kinabalu.


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ECONOMIA

L’ORA DELL’AUSTERITÀ

La Commissione europea propone pesantissime nuove regole sul debito . I sindacati protestano SCIOPERO GENERALE

tratta di una riforma che “non serve nè a generare fiducia, né ad aumentare i consumi, né a favorire la produzione e la creazione di posti di lavoro”. Solo su un punto la legge è chiara: d’ora in poi, per le aziende, sarà più facile licenziare, oltretutto con costi nettamente più bassi (appena venti giorni di indennizzo per anno lavorato) con la semplice giustificazione di “perdite attuali o previste” o per la “diminuzione persistente del livello di entrate”. Inoltre, si autorizza l’interruzione del rapporto di lavoro per motivi di assenteismo.

RIVOLTA CONTRO IL RISANAMENTO SPAGNOL0 IMPOST0 DA ZAPATERO di Alessandro Oppes Madrid

ado a lavorare”, dice José Luis Rodríguez “V Zapatero, con una battuta poco felice, mentre varca il portone d’ingresso delle CorIl nuovo Patto di Stabilità visto da Doriano di Stefano Feltri

a nuova austerità europea è iniziata ieri a Bruxelles, condensando in una giornata il clima che ci attende nei prossimi anni. Da un lato la Commissione Ue che presenta le sue proposte per ridurre debito e deficit degli Stati troppo indebitati. Dall’altro i sindacati di tutta Europa che si sono dati appuntamento nelle strade della capitale belga per una protesta all’insegna dello slogan “non vogliamo pagare il conto della crisi”. Mentre l’Italia, un po’ in sordina, rivede di nuovo al ribasso le stime di crescita per il prossimo anno.

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Le sanzioni per chi sfora LA COMMISSIONE non ha l’ultima parola sulle nuove punizioni per chi sfora i parametri del debito del Trattato di Maastricht. Chi decide davvero è il Consiglio europeo, che raccoglie i capi di Stato e di governo, e lì sarà complicato trovare una sintesi, visto che lunedì sera il vertice dei ministri economici e finanziari si è chiuso senza che si arrivasse a un accordo. Ma la linea della Commissione è comunque indicativa del clima e di quello di cui si discute. In sintesi, le proposte della Commissione per riportare sotto controllo i conti pubblici e metterli al riparo dagli attacchi dei mercati finanziari sono queste. L’obiettivo è arrivare al pareggio di bilancio nel medio termine; per raggiungerlo gli Stati in deficit (cioè che spendono più di quanto incassano), devono ridurlo dello 0,5 per cento ogni anno. Se questo non succede e si continua a scialare, la Commissione alzerà un cartellino giallo, dando un avvertimento. Poi passerà alle vie di fatto, pretendono un deposito infruttifero (cioè una cauzione) pari allo 0,2 per cento del Pil che, se le cose non cambiano, diventerà una multa. Per l’Italia lo 0,2 per cento vale circa 320 milioni di euro. La Commissione propone anche che i Paesi con un debito elevato, superiore al 60 per cento del Pil (il nostro è al 118), lo riducano dello 0,05 ogni anno della quota che eccede il 60 per cento. Per l’Italia significherebbe la stratosferica cifra di 52 miliardi in un anno. Un risanamento insostenibile. “Un debito pubblico enorme è un

qualcosa di deleterio e di antisociale, perché vuol dire che non si possono fare spese nei settori in cui c’è bisogno, d'ora in poi deficit e debiti pubblici eccessivi dovranno essere trattati alla stessa stregua”, ha spiegato il presidente della Commissione José Barroso. Nonostante quello che ha ribadito ieri alla Camera Silvio Berlusconi, la richiesta italiana di considerare anche l’indebitamento privato (cosa che ci fa sembrare un po’più virtuosi) non sembra essere stata accolta. Il commissario agli Affari economici Olli Rehn ha però voluto dare un contentino al governo italiano e ha promesso che “terremo conto del debito privato nel caso in cui abbia un impatto significativo nel servire il debito pubblico”. Tradotto: per i Paesi che hanno basso indebitamento privato come l’Italia ci sono margini di trattativa.

Cosa rischiamo in Italia C’È DA PREOCCUPARSI? Le sanzioni del Patto di Stabilità prima maniera non hanno mai davvero funzionato. Ma la ragione era che anche i Paesi virtuosi come la Germania erano in deficit. E quindi nessuno aveva davvero interesse ad applicare il rigore. I tempi, però, sono cambiati. Ora i tedeschi hanno messo addirittura nella Costituzione l’obbligo di avere il bilancio in pareggio (assieme a un tetto alla pressione fiscale) e l’attenzione dei mercati finanziari sull’andamento del debito è tale che Portogallo e Irlanda stanno pagando a caro prezzo come interessi supplementari sul debito pubblico di nuova emissione. A luglio l’Italia ha fatto una manovra da 25 miliardi che non riduce lo stock del debito, ma si limita a contenere l’aumento della spesa congelando stipendi dei dipendenti pubblici e riducendo i trasferimenti dallo Stato agli enti locali. E, per ora, sembra mantenersi fuori dal mirino degli investitori. Ieri il governo ha diffuso la Decisione di Finanza Pubblica 2011-2013 (nuova versione dell Dpef) che aggiorna le previsioni sull’andamento dell’economia. Stando al documento, la manovra dovrebbe aver messo in sicurezza i conti

almeno per un po’, con il deficit che dovrebbe scendere dal 5 per cento del Pil nel 2010 al 3,9 nel 2011 e, nel 2012 assestarsi sotto la soglia del 3 per cento (2,7). La crescita nel 2010 sarà un po’ più bassa del previsto (1,2 invece di 1 per cento) e un po’ più bassa nel 2011, cioè 1,3 invece di 1,5. Per capire se il risanamento regge, però, bisogna aspettare di verificare se i tagli agli enti locali saranno efficaci. Cioè se la spesa sarà ridotta di conseguenza o le entrate aumenteranno per coprire i mancati trasferimenti.

La rivolta dei sindacati “I LAVORATORI sono in piazza per mandare un messaggio ai leader europei”, spiegava ieri John Monks, segretario generale della Confederazione sindacale europea, promotrice ieri della protesta per le strade di Bruxelles. E il messaggio è questo: non bisogna rassegnarsi all’austerità perché questo significa far pagare ai cittadini il conto di una crisi maturata in gran parte nel settore della finanza, “non c’è urgenza, non c’è panico”. I mercati finanziari, però, la pensano diversamente. E, almeno in questa fase, sanno essere più persuasivi dei sindacati.

tes nella giornata del primo sciopero generale in sei anni e mezzo di governo socialista. Sicuro di sé come sempre, almeno in apparenza, ma non è da escludere che con il passare delle ore il premier spagnolo sia andato perdendo in parte la sua tradizionale pacatezza. Non solo perché il livello sufficientemente alto di adesioni alla protesta ha permesso ai sindacati di parlare di un “successo indiscutibile”. Ma anche per le voci insistenti (che hanno subito provocato un calo dell’indice di Borsa) di un’imminente riduzione del rating del debito spagnolo da parte dell’agenzia Moody’s: dopo 9 anni, Madrid perderebbe il livello d’eccellenza, la cosiddetta “tripla A”, un sintomo inequivocabile della sfiducia dei mercati sulla possibilità della Spagna di riprendersi in pochi anni dal tracollo provocato dall’esplosione della “bolla” immobiliare. LA RIFORMA. Che Zapatero sia preoccupato, lo dimostra in modo chiaro il suo tentativo realizzato in extremis – proprio alla vigilia dello sciopero – di tendere una mano ai sindacati, con la proposta di aprire un tavolo negoziale sui regolamenti applicativi della riforma del mercato del lavoro, varata nei giorni scorsi dal Parlamento. Un’apertura così timida che i leader delle due principali organizzazioni dei lavoratori, Ugt e Comisiones Obreras, l’hanno subito rispedita al mittente. Per loro, è l’intera legge a dover essere rimessa in discussione: oltreché inadeguata, la ritengono lesiva dei diritti dei lavoratori. In fondo, per una volta, concordano con la destra parlamentare del Partito Popolare, secondo cui si Un momento delle proteste a Barcellona contro le misure di austerità del governo (FOTO ANSA)

Con questi parametri l’Italia rischierebbe manovre da 50 miliardi all’anno CRISI SUI MERCATI

LE PENSIONI. Nel frattempo, Zapatero insiste sulla necessità di portare a 67 anni l’età pensionabile (un’altra riforma sulla quale i sindacati si dicono intenzionati a dare battaglia) e, appena pochi giorni fa, ha presentato in Consiglio dei ministri il progetto di bilancio per il 2011, per il quale si è assicurato il decisivo appoggio parlamentare del Partito nazionalista basco, in cambio di nuove concessioni a favore della già vastissima autonomia regionale. Manco a dirlo, una nuova legge “lacrime e sangue”, dove neppure l’annuncio di una stangata fiscale per i più ricchi (aumento dell’Irpef dal 43 al 44 per cento per i redditi superiori ai 120mila euro e al 45 per cento per chi raggiunge i 175mila) gli è servito a raccogliere consensi tra i compromessa. A peggiorare le cose c’è gruppi di sinistra. Anche perché la crisi della Anglo Irish Bank. Il piano l’esigenza di riportare il deficit endi salvataggio potrebbe costare al tro i limiti del 3 per cento nel 2013 ha costretto il governo a confermagoverno di Dublino fino a 30 miliardi re uno ad uno tutti i tagli di spesa di euro, una cifra che non può previsti. permettersi in questo momento. E’ per questo che, mentre i sondagOggi si capirà meglio quanto gli gi continuano a sancire – ormai da investitori si fidano dell’Italia. La mesi – un vantaggio netto dei potensione politica, nei giorni scorsi e polari sui socialisti, un protagonifino a ieri mattina, aveva fatto sta storico della politica spagnola, aumentare i differenziali di il vecchio leader comunista Santiago Carrillo, paragona la solitudine rendimento tra Bot e bund tedeschi, di Zapatero a quella che soffrì il prisegno che i mercati temevano mo presidente della democrazia, l’apertura di una lunga fase di Adolfo Suárez, nei mesi tragici che instabilità. precedettero il golpe del 23 febbraio 1981.

LA REAZIONE DEL PORTOGALLO l Portogallo prova a convincere i mercati finanziari che i suoi titoli di Stato sono ancora degni di fiducia. Ieri le ultime operazioni di risanamento: un taglio agli stipendi degli statali del 5 per cento per contenere la spesa pubblica a partire dal 2011. Oltre a questo è intervenuto dal lato delle entrate, con un aumento dell’Iva dal 21 al 23 per cento. Ma gli spread (cioè i rendimenti pretesi dai mercati) dei titoli di Stato restano a livelli record. Così come quelli dell’Irlanda, la cui situazione appare sempre più

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LA PROTESTA. Con la scelta di portare al centro dell’attenzione, in questa giornata di sciopero generale, il tema della reforma laboral, i sindacati hanno cercato di allontanare il sospetto di una protesta “inutile e tardiva”, come è stata definita da alcuni settori della destra politica e mediatica, che sono arrivati a ipotizzare una sorta di gioco delle parti concordato con il governo per non perdere la faccia dopo anni di assoluta pace sociale. E in effetti, lo sciopero arriva solo quattro mesi dopo l’annuncio del durissimo pacchetto di misure d’austerità varato dall’esecutivo in seguito alle pressioni determinanti esercitate dall’Unione europea nei giorni più drammatici della crisi finanziaria. Fu quello il momento in cui la società spagnola si rese conto all’improvviso – con il taglio degli stipendi dei funzionari pubblici, il blocco delle pensioni e la drastica riduzione degli investimenti in infrastrutture – che Zapatero si stava rimangiando d’un colpo sei anni di politica tutta basata sul mantenimento dello stato sociale e sul rispetto delle garanzie fondamentali per i lavoratori. Ma i sindacati hanno consentito al premier di superare indenne un’estate in cui, solo grazie al tradizionale andamento favorevole dell’occupazione stagionale, per un paio di mesi si è diffusa l’impressione che le cose potessero cominciare a migliorare. Alla ripresa autunnale, tutto come prima: l’ultimo dato statistico parla di un nuovo incremento dei senza lavoro, 60 mila mila in più ad agosto. In totale sono sempre circa quattro milioni, quasi il 20 per cento, ovvero il doppio della media europea.


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DAL MONDO

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ROSA È IL COLORE DELLA RIVOLUZIONE

FRANCIA

Sui Rom la Ue non molla

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a Commissione europea ritiene che il dossier relativo all’espulsione dei Rom in Francia non sia “ancora chiuso” e chiede alle autorità di Parigi di inviare al più presto a Bruxelles le “prove materiali” che dimostrino come le espulsioni dei Rom siano avvenute nel rispetto della legge. Lo ha detto il vicepresidente della Commissione europea e commissario Ue per Giustizia, Libertà e sicurezza, Viviane Reding.

Carcere, torture e calunnie contro la rete delle attiviste iraniane di Peter

Beaumont e Saeed Kamali Dehghan hahrzad Kariman è riuscita finalmente a vedere sua figlia Shiva Nazar Ahari per pochi minuti nel Tribunale di Teheran dove la 26enne attivista dei diritti umani era stata condotta per essere processata. “L’abbiamo appena vista”, ha detto Kariman. “Solo il tempo di abbracciarla. Ma non abbiamo nemmeno potuto chiederle come era andato il processo”. I capi d’imputazione sono gravissimi per l’Iran: muharebeh (guerra contro Dio). In teoria un reato punibile con la pena capitale, mai contestato prima ai dissidenti politici. Ma l’accusa forse più grave – negata sia dalla sua famiglia che dalla sua organizzazione – è quella di collusione con il gruppo Mujaheddin-e Khalq ritenuto dal regime un’organizzazione terroristica. Secondo la sua famiglia Shiva Nazar Ahari condanna questo gruppo e il terrorismo. Arrestata due volte dopo le elezioni del giugno 2009 e detenuta nella famigerata prigione di Evin, Nazar Ahari, dal dicembre scorso non ha potuto comunicare con l’esterno.

S

I loro volti visti da mezzo mondo ASSIEME A LEI è stata arrestata Mahboubeh Abbasgholizadeh, attivista e cineasta che successivamente è riuscita a lasciare il Paese ed è stata condannata in contumacia a due anni e mezzo di reclusione. Nei 15 mesi trascorsi dalle elezioni-truffa, i volti di queste e di altre donne sono stati visti in tutto il mondo. Accanto ai loro ci sono i volti delle donne morte, come Neda Agha-Soltan, assassinata il 20 giugno 2009 durante una manifestazione di protesta. Oltre alle attiviste, altre donne iraniane sono diventate tristemente famose per-

ché minacciate di essere giustiziate. Emblematico il caso di Sakineh Ashtiani, la 43enne madre di due figli condannata alla lapidazione per adulterio. È semplice la ragione per cui c’è uno stretto legame tra le donne che si battono per i diritti e Sakineh Ashtiani. Le loro storie riflettono aspetti diversi della tragedia iraniana: il ruolo delle donne e la reazione del regime pronto ad accusarle dei reati più inverosimili e a processarle senza garanzie. Una cosa è certa: il Movimento Verde nato sull’onda delle elezioni del 2009 ha messo al centro della sua protesta i diritti delle donne. La dottoressa Ziba Mir-Hosseini, un’attivista che vive e insegna a Cambridge, sostiene che, considerata la storia dei diritti delle donne in Iran, era inevitabile che le donne fossero in prima linea nella lotta tra “dispotismo e democrazia. È una tensione esacerbata dal contraddittorio atteggiamento della Rivoluzione islamica del 1979 nei confronti dei diritti politici delle donne. Le leggi sulla parità di diritti in seno alla famiglia e in materia di divorzio introdotte dallo scià, furono abrogate dopo la sua caduta. La Rivoluzione islamica permise alle donne di continuare a votare, ma gradualmente tolse loro diritti con il pretesto di difendere il loro onore’”. “Mohammad Khatami durante gli 8 anni di presidenza e di governo riformista istituì un ‘Centro per la partecipazione femminile’ grazie al quale il numero delle Ong femminili passò in Iran da 45 a oltre 500”, aggiunge Ziba Mir-Hoseini. “E si andò affermando nelle giovani generazioni il femminismo, parola che nei primi anni ’80 non poteva essere nemmeno bisbigliata. Nel 2006, un anno dopo l’elezione di Ahmadinejad, sebbene la campagna tutta al femminile “Un milione di firme” fosse riuscita a bloccare temporaneamente la riforma del diritto di famiglia voluta dal nuovo presidente che avrebbe reso la poligamia più facile per gli uomini e il divorzio più dif-

ficile per le donne, il ruolo sempre più attivo delle donne nelle manifestazioni di protesta finì per mettere le attiviste in rotta di collisione con i falchi del governo. “Le donne erano in prima fila ed è anche per questo che tra i principali obiettivi del governo c’è l’attacco ai diritti delle donne”, dice Maryam Namazie dell’organizzazione ‘Solidarietà con l’Iran’. Ma, con l’eccezione del premio Nobel Shirin Ebadi, l’attivismo delle donne in Iran era praticamente ignorato dagli organi di informazione internazionali prima del 2009. Poi c’è stato il cosiddetto “effetto Neda”e il mondo ha cominciato a occuparsi delle donne che in Iran si battono per la democrazia. Un ultimo elemento è la condanna a morte per lapidazione

il Movimento Verde nato dopo il voto del 2009 ha messo al centro della protesta i diritti delle donne di Sakineh. La vicenda ha dimostrato al mondo quanto le attiviste iraniane andavano dicendo da tempo, vale a dire che era in atto il tentativo di azzerare completamente i diritti delle donne. Arrestata a luglio 2009 mentre stava andando all’Università di Teheran, Shadi Sadr, avvocato, è stata rinchiusa nel carcere di Evin in isolamento e interrogata sulle attività dei movimenti femminili e sulle elezioni per poi essere incriminata di attentato alla sicurezza nazionale. Due giorni dopo l’inizio del processo Shadi Sadr è fuggita in Turchia. Parlando dei suoi tentativi di difendere Nazar Ahari,

“Teheran abolirà la lapidazione, ma Sakineh non c’entra” iene dall’Italia l’ultima noviVspiega tà legata al caso Sakineh che forse in parte la modifica della pena alla quale è stata condannata la donna adultera (e omicida) iraniana la quale, dopo aver rischiato di essere giustiziata tramite lapidazione per il tradimento del marito, è ora in attesa (entro le prossime due settimane, secondo il figlio) di essere impiccata per l’uccisione del consorte. Salvo colpi di coda degli ambienti religiosi più tradizionalisti, il Parlamento di Teheran darà a breve il via libera al nuovo codice penale islamico, che

non contempla più la lapidazione come supplizio da infliggere agli adulteri. Abolendo di fatto la pena. “C’è una maggioranza favorevole in Parlamento e siamo a buon punto per l’approvazione definitiva della legge”, ha spiegato in un colloquio con l’Ansa l’ambasciatore iraniano a Roma Seyed Mohammad Ali Hossaini. La riforma del codice penale ha già ottenuto il disco verde della Commissione giustizia del Parlamento iraniano e attende ora di essere votata in plenaria. Per entrare in vigore dovrà passare poi al vaglio del Consiglio dei

Guardiani, la Corte costituzionale iraniana, cui comunque è già stata inviata per un parere preventivo. “In Iran c'è un aggiornamento continuo delle leggi penali e questo nuovo codice che stiamo varando - ha sostenuto l’ambasciatore - è il più progredito e avanzato di tutta la regione”. Nessuna relazione però, secondo il diplomatico, con il caso Sakineh: perchè la Repubblica islamica “non si lascia influenzare” dalle “pressioni mediatiche e politiche” di alcuni Paesi occidentali che hanno “strumentalizzato a fini politici”.

Il Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi (FOTO ANSA)

TEHERAN

VENT’ANNI AL BLOGGER

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ossein Derakhshan, il blogger iraniano processato dal regime e che rischiava la pena di morte, è stato condannato a 19 anni di carcere. Il 35enne irano-canadese è stato messo sotto accusa e incarcerato nel 2008 per le sue cronache mediorientali e per il successo che il suo diario on line ha avuto nel paese: Hoder (questo il nome d’arte del blogger) è stato accusato di aver collaborato con paesi nemici e avviato una campagna contro l’islam.

Shadi Sadr dice: “Non mi è mai stato permesso di vedere Shiva. Poi sono stata arrestata e, per ironia del destino, sono finita nella stessa cella dove era stata rinchiusa. Sul muro della cella c’erano ancora i messaggi scritti di suo pugno. Un avvocato e la sua cliente nella stessa cella. Una cosa impensabile. Non mi era stato permesso di ascoltare cosa aveva da dire, ma l’ho letto sul muro della cella. L’arresto di Shiva e in particolare l’accusa di muharebeh, sono un messaggio chiaro alle attiviste: smettetela se non volete essere uccise”. Le vicende di Shadi Sadr, Shiva Nazar Ahari e Mahboubeh Ab-

basgholizadeh sono quanto mai istruttive. I loro casi sono stati utilizzati come pretesto per smantellare il movimento dei diritti delle donne e per ridurre al silenzio le donne agitando la questione della sicurezza nazionale. Il regime ha parlato di legami con il “terrorismo” o di collaborazione con Paesi stranieri allo scopo. Lo scopo, dice Parisa Kakaee, veterana del movimento dei diritti delle donne, è quello d’offrire alle attiviste 3 alternative: “Stare zitte, andare in prigione o lasciare il Paese”.

Sempre meno, e meno libere IL MESE SCORSO è stata la volta di Nasrin Sotoudeh, 45 anni, avvocata e collega di Shirin Ebadi che nella sua carriera ha difeso molte attiviste. Nasrin è stata avvicinata da agenti dei servizi e minacciata di essere arrestata se avesse continuato a patrocinare la premio Nobel che è riuscita a lasciare il Paese un giorno prima delle elezioni. Qualche giorno dopo Nasrin Sotoudeh è stata arrestata. Commentando il suo arresto, Shirin Ebadi dice: “La sola ragione per cui è stata arrestata è perché difende senza paura le attiviste incriminate per la loro azione politica. Dopo le elezioni si è intensificata l’azione di intimidazione nei confronti degli avvocati, in particolare delle donne. Molte sono state costrette a lasciare l’Iran e alcune sono in prigione. Nasrin era tra le poche avvocate e attiviste ancora a piede libero”. Shirin Ebadi è sicura delle ragioni per cui il regime ha paura delle donne: “Ricordate bene le mie parole: saranno le donne a portare la democrazia in Iran”. Copyright The Guardian - Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

FRANCIA-ITALIA

“Uniti nella diversità”

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talia e Francia, membri fondatori dell’Unione europea, sono animati dalla stessa ambizione di promuovere la coesione nel rispetto della diversità”: è il punto centrale del comunicato congiunto dopo la colazione tra i presidenti Sarkozy e Napolitano a Parigi.

GRAN BRETAGNA

David non sarà l’“ombra” di Ed

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avid Miliband ha deciso di non entrare nel “governo ombra” dei laburisti britannici: il fratello maggiore dell’appena eletto segretario dei Labour ha affermato che “Voglio lasciare spazio a Ed”. L’ex ministro degli Esteri ha spiegato che: “È la decisione giusta per Ed, per il partito e per me e per la famiglia” e che resterà deputato per il collegio di South Shields: “Penso che il Labour riuscirà a ripartire meglio sotto il suo nuovo leader se rimarrò semplice deputato”.

Promesse da marinai

Le settimane di Mr B. lunghe come il naso di Pinocchio IN ITALIA, UNA SETTIMANA può durar più di 7 giorni, anche più di un mese, o di una stagione: può allungarsi come il naso di Pinocchio, che cresceva a ogni bugia. Figuriamoci quanto può durare un lustro: tanto, chi va mai a ricordarsi 5 anni dopo impegni presi? Lo constata il WSJ, in una rubrica, The Source, dedicata alla promessa del governo Berlusconi di rilanciare il nucleare in Italia entro il 2013. Ecco un esempio di come le settimane possono dilatarsi: “Il 23 luglio – ricorda il WSJ – Berlusconi disse che il nuovo ministro dello Sviluppo economico sarebbe stato nominato entro la settimana successiva”. Sono passati due mesi e una settimana e qualcuno l’ha visto

il nuovo ministro? Per il nucleare, il giornale, come la Bloomberg, un cui dispaccio ha buona eco sui siti Usa, prende spunto da una sortita dell’Enel, che mette le mani avanti: “Se le cose non si sbloccano, non potremo rispettare l’obiettivo di costruire nuove centrali entro il 2013”. Può non dispiacere che i tempi italiani siano dilatati, ma, attenzione!: da oggi, le settimane dureranno 7 giorni e i lustri massimo 5 anni, una volta archiviato il ‘teatrino della politica’ con il voto di fiducia (annunciato da molti media esteri). O forse no: “Domani, è un altro giorno”, suona americano: “Del doman non v’è certezza”, fa tanto italiano. Giampiero Gramaglia


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MONDI PARALLELI

DIMMI DOVE WEB SEI Pronto ad esplodere il fenomeno Foursquare il social network che riesce a trovarti ovunque sei

di Federico Mello

l prossimo botto, “The next big thing”. Nella Silicon Valley invasa da nerd, creativi, ingegneri e smanettoni, gli analisti finanziari cercano risposta a un unico interrogativo: quale sarà la prossima creatura digitale che riuscirà a sfondare, la prossima Next Big Thing? In questi mesi il candidato principe al botto è “Foursquare”. Il social network progettato ai tempi della “geolocalizzazione” e dell’Internet ovunque è nato New York, città che ormai sfida apertamente la California sul terreno dell’innovazione. Foursquare è una piattaforma integrata per Web e smartphone (per ora disponibile su iPhone e Android) sulla quale, come ogni social network che si rispetti, ogni utente ha il suo account, i suoi “amici”, dice “cosa gli piace” e cosa no. Ma il cuore di questo nuova rete sociale sono i “luoghi”: “Abbiamo voluto creare qualcosa che rendesse migliori le nostre città” ha dichiarato Nadeen Selvadurai, il co-fondatore della start-up in un recente incontro a Roma (vedi articolo sotto).

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reputazione: se si fa check-in per primi in un certo luogo, e si ripete l’operazione per alcuni giorni, c’è la possibilità di guadagnarsi la qualifica di “sindaco”; se si “scoprono” nuovi luoghi, invece, ecco che si sale di livello. Il geo-network per ora è soltanto in inglese, quindi sono ancora pochi i luoghi mappati e commentati nel nostro Paese. Ma se gli utenti italiani sono appena quarantamila, nel mondo gli iscritti sono tre milioni e mezzo: la start-up, fondata un anno fa con due soli dipendenti, adesso conta su uno staff di 40

persone e su un venti milioni di dollari appena arrivati da un fondo di “venture capital”.

Problemi di privacy e altre inquietudini È ANCHE VERO che nessuna rosa è senza spine: le implicazioni per la nostra privacy sono notevoli. È vero: solo chi abbiamo accettato come “amico” può vedere le nostre attività, ma è altrettanto vero che su Foursquare non indichiamo solo dove abbiamo fatto “check-in”, ma viene conservata anche una “history” di tutti i nostri movimenti. “Non obblighiamo nessuno a pubblicare informazioni riservate” ha spiegato sempre Selva-

Tre milioni di utenti che volontariamente rivelano la loro posizione nelle città e le mappano con commenti e recensioni

durai durante l’incontro romano. Ma il sito “Please rob me” mostra plasticamente, con una provocazione, tutti i rischi della geolocalizzazione social. Su “per favore derubami”, infatti, sono pubblicati in automatico i dati –pubblici –lasciati dagli utenti su Foursquare incrociati con i rispettivi messaggi Twitter: un twitt come “Non tornerò a Dallas prima di domenica”, accompagnato da un “check-in” effettuato a 1000 kilometri di distanza, suona come un invito esplicito ai topi di appartamento. Questi rischi non fermeranno la voglia di condividere ogni cosa ovunque: “Una buona diffusione di Foursquare certo favorirebbe l’incremento del traffico dati sul cellulare – ci dice Aldo Torchio, che per Vodafone è direttore del marketing sui social network – ma si porta dietro altre opportunità”. Nel film Minority Report il protagonista Tom Cruise è tempestato da messaggi pubblicitari personalizzati mentre cam-

La città ai tempi di Foursquare vista da Emanuele Fucecchi; sotto la pagina del social network sul Colosseo.

Per usarlo serve lo Smartphone TUTTO PARTEda un semplice dato di fatto: gli smartphone sono oggi in grado di indicare in ogni momento la nostra posizione geografica e di pubblicarla su Internet. Con il nuovo social network, perciò, possiamo dire dove siamo e gli amici possono fare la stessa cosa – magari scoprendo che siamo a pochi isolati di distanza. Non solo, ci sono i luoghi, appunto. Appoggiandosi su Google Maps, Foursquare permette di lasciare i propri commenti (“tip”) sui posti che frequentiamo: com’è il caffè in quel bar?; sono gentili i commessi di quel negozio? “Ho appena preso una ‘coppa Portofino’: il miglior pranzo che si possa fare in questa zona, tanta frutta e ottimo gelato”recita un “Tip” su un bar in Piazza Cola di Rienzo, vicino alla redazione del Fatto Quotidiano, a Roma: è lo stesso Foursquare ad indicarcelo sull’iPhone appena siamo nello stesso isolato. Una piccola rivoluzione. Prendete questo meccanismo, moltiplicatelo per tutti i luoghi della vostra città e quindi per tutte le città del mondo: ecco una gigantesca “mappatura sociale” dei luoghi generata dagli utenti. Va chiarito che la localizzazione non è automatica ma sempre volontaria. Foursquare si basa sul meccanismo del “check-in”. Per indicare se siamo in luogo specifico, dobbiamo fare “check-in” con l’applicazione del telefonino: lo smarphone ci geolocalizza e, una volta verificata la nostra posizione, la pubblica online (volendo anche su Facebook e Twitter). Un meccanismo interno, inoltre, prevede un articolato sistema di

mina per strada – i sensori dei negozi lo riconoscono dalla retina. Così con Foursquare, attraversando il corso della nostra città, potremmo sapere che in un certo negozio c’è un’offerta ‘per chi fa il check-in’. “Questo meccanismo non può diventare invasivo però, deve essere un servizio” aggiunge Torchio. Anche Luca Conti, esperto di Internet sociale, ritiene che il connubio divertimento-utilità risulterà vincente: “Foursquare è destinato a crescere esponenzialmente – ci dice –. Anche Facebook ha lanciato un servizio simile: Places, ma Foursquare è più avanti perché ha interpretato meglio quell’elemento ludico che stimola l’utente a partecipare sempre”.

Gli sviluppi futuri nelle mani di chi lo usa RIMANE DA CAPIRE come il geo-social-network potrà generare introiti. “Non è ancora particolarmente chiaro –aggiunge Conti – Ma adesso stanno pensando soprattutto a sviluppare la piattaforma: hanno già annunciato che per i prossimi due anni non puntano ad incassare. Ciò che crea valore per il futuro è il numero di utenti: già adesso Foursquare viene valutato 95 milioni di dollari”. Saranno però gli utenti, come sempre, ad avere l’ultima parola: “Com’è successo per tutte le altre piattaforme che in questi anni si sono affermate in Rete – conclude il blogger – sono poi gli utenti a reinventare, adattandolo alle loro esigente, l’evoluzione dello strumento: Twitter ora è completamente diverso dalla sua prima versione. Gli sviluppatori sono stati dietro ai bisogni degli utenti: a Foursquare sembrano in grado di seguire la stessa strada”. Dove ci porterà la geo-localizzazione sociale? Verso un nuovo grande fratello? In Italia, per esempio, verso una mappatura dell’evasione fiscale? Lo capiremo nei prossimi mesi. Appena saremo sicuri che è proprio Foursquare la “next big thing”.

NUOVE FRONTIERE

LA RETE NELLA RAGNATELA DELLE “APPLICAZIONI” di Tommaso Rodano

uale direzione sta prendendo la Rete? È Qapplicazioni, vero che “Il Web è morto e le Apps (le ndr) sono destinate a rimpiazzarlo” come ha solennemente (e provocatoriamente) sancito Chris Anderson dalle colonne di Wired Usa? Se ne è parlato la scorsa settimana all’Opificio Telecom di Roma nella manifestazione “World Wide Apps”, incontro del ciclo “Capitale Digitale”, partendo proprio da queste domande ambiziose. E cercando di trovare le risposte grazie al contributo di due ospiti di

Da Facebook in poi: come la “libera circolazione” su Internet rischia di trasformarsi in un circuito “esclusivo”

eccezione: Naveen Selvadurai, co-fondatore di Foursquare e Dina Kaplan, co-fondatrice della media company Blip.tv. Sul palco anche Luca Conti, esperto di Social Media, Luca De Biase di Nova24, e il nostro Luca Telese. La provocazione del direttore di Wired Usa è stata il punto di partenza per provare a fare il punto sull’evoluzione in atto nella Rete. L’aumento esponenziale nella fruizione delle applicazioni, secondo Anderson, ha capovolto lo spirito del Web, sostituendo la sua apertura orizzontale, “neutrale” e priva di gerarchie con la diffusione di “giardini chiusi”, sviluppati e controllati dall’alto. Dina Kaplan per prima ha tentato di difendere la democraticità di Internet da quest’analisi spietata, raccontando con orgoglio la funzione della sua creatura Blip.tv, portale che diffonde contenuti video pensati per la Rete: “Grazie anche al nostro sito, chi ha un’idea per uno show televisivo può realizzarla senza

avere bisogno di una casa di produzione, riuscendo anche a guadagnare bene”. ANCHE SELVADURAI ha respinto, sorridendo, l’accusa di essere uno degli “assassini” del Web. Il suo Foursquare è l’applicazione pioniera della “geolocalizzazione”: un mix tra gioco e Social network. Secondo Naveen, come anche per Luca Conti, la separazione tra Web e applicazioni è arbitraria: “La Rete è l’intero sistema di condivisione di contenuti, qualsiasi forma abbiano, che siano Apps oppure no”. Il più sensibile alla riflessione lanciata su Wired è stato Luca Telese: “Da luogo della democrazia e della libertà, Internet si è trasformato in un club esclusivo, le Apps hanno reintrodotto le barriere di classe. Certo che se il Web sta morendo – ha concluso Luca completando la battuta di Anderson – è una morte bellissima”. Infine è arrivato un accenno anche alle dolenti note italiane, grazie a una domanda giunta dal pubblico (rigorosamente via tweet): è possibile, prima o poi, che siano dei ragazzi di casa nostra a ideare e sviluppare un business milionario come Foursquare o Blip.tv? Luca De Biase ha portato un po’ di ottimismo: “La Rete è sovranazionale: qualsiasi barriera territoriale può essere abbattuta”.

Sì-profit dc

Autodelazione ludica di Luca Telese

evo raccontarvi un Dpalcoaneddoto. Ero a Roma sul a fianco di Nadeen Selvadurai, il giorno in cui è venuto a raccontare il suo Foursquare a Roma, e non me lo scorderò mai. Per darvi un’idea: ammiratrici in visibilio e webmaniaci incravattati che chiedevano autografi con le lacrime agli occhi, pareva di essere con i Beatles nel 1970. Già il pubblico era impressionante: “Vedrai”, mi aveva detto con un sorriso Salvo Mizzi, il dirigente Telecom che aveva organizzato l’evento con il genietto. Bè, stavo vedendo. Due terzi del pubblico – compreso uno dei relatori al mio fianco, Luca Conti, smanettava continuamente su Twitter e Facebook commentando tutto in diretta. Bene. Solo che si arriva al paradosso che si finisce per prestare più attenzione a ciò che si scrive sul Social network che a quel che si sente con le proprie orecchie. Mentre Selvadurai parlava, teste chine a smanettare. Ma, come è noto, appena si entra nella Rete, scatta il gioco delle ombre per cui sul Web tutti si sentono giganti. Twitt-post memorabile: “Questo Selvadurai non ha capito il Foursquare”. Mentre cercavo con lo sguardo nel pubblico il furbissimo autore, Selvadurai (leggete cosa dice il piccolo genio nell’articolo di Tommaso Rodano) mostrava, in realtà, di avere capito benissimo (e più di tutti). Rispondendo a una domanda sulle implicazioni economiche del suo giochino spiegava: “Non obbligo nessuno a parteciparvi”. Già. Ovvero. Foursquare “vende” i suoi dati, perché li acquisisce su base volontaria. Il segreto è tutto qui: “Geolocalizzare” sembra un termine scientifico, ma diventerà una paroletta magica di chi vuol far soldi nel nostro tempo. “Geolocalizzare” significa per un venditore sapere dove trovare il suo cliente e a quali condizioni. Leggo su Foursquare che cento persone hanno fatto “il check-in” a un convegno di Forza Italia? Corro lì e gli vendo una statuetta di Berlusconi. Scopro che ci sono mille convegnisti musulmani a cento metri dalla mia libreria? È il momento di tirar fuori il Corano. Ha ragione Selvadurai. L’adesione è volontaria. Ma la molla che ci porta a farlo è il fattore ludico che sempre di più lubrifica la commercializzazione della Rete. Mi diverte un mondo diventare “il sindaco” che ha scoperto per tutti – per dire – l’ottimo ristorante Caprera, a Roma. E allora autodenuncio la mia presenza. Siamo tutti pionieri, ma siamo tutti monitorati per auto-delazione. È vero che se vado a una festa mangio un pasticcino più volentieri: ma in realtà non dovrei prenderlo perché sono a dieta. L’auto-delazione ludica è volontaria, ma è anche una tentazione proibita. Ci battiamo come leoni per la privacy, ma poi, per restare nel branco consegnamo i nostri segreti ai Selvadurai del Terzo millennio. Nulla di male, basta saperlo.


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Giovedì 30 settembre 2010

SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

VERSO L’ACADEMY

VINCE VIRZÌ E MEDUSA VA AGLI OSCAR di Malcom Pagani

E

mbargo totale, telefoni muti, nebbie e misteri preceduti da una raccomandazione sentita: “Non parlate con i giornalisti”. Quindici giurati deputati (a vario titolo) a decidere la migliore opera italiana dell’anno, una scelta “effettuata senza particolari discussioni” come rivela a patto dell’anonimato uno dei votanti e come conferma laconicamente mettendo sul tavolo l’identità il produttore e fondatore della Sacher Angelo Barbagallo: “Un voto sereno, senza tensioni. Il risultato è questo, buonasera”. Un titolo La prima cosa bella di Paolo Virzì, candidato dall’Italia a rappresentare all’Oscar (categoria ‘miglior film straniero’) le memorie di Antonioni.

Crespi vota e non perde la lingua COSÌ tra un messaggio in segreteria e un “no, grazie”, per trovare solidarietà e ascolto reale, si deve parlare con un altro ‘eletto’e grande elettore, Alberto Crespi de L’Unità. Prima prudente: “Non so se posso”, poi dialogante: “Per usare una metafora calcistica, non c’è stata partita”. Crespi scende nei particolari: “Due anni fa, tra La sconosciuta e Mio fratello è figlio unico fu lotta serrata, aspra, non amichevole all’ultimo voto”. Quest’anno, con una qualità di fondo superba e tre o quattro titoli tra Diritti, Luchetti e Guadagnino che avrebbero potuto aspirare senza scandalo alla nomina, non si è verificata nessuna guerriglia”. Se domandi a Crespi se si sia divertito, ti spiazza: “Non è il termine esatto. Si procede asetticamente, senza trasporto o discussione reale ed è un peccato”. Secondo Crespi, Virzì ha buone chance: “Almeno spero. Era essenziale tenere a mente il metaforico promemoria in arrivo

da Los Angeles. Negli ultimi sei anni infatti, nella cinquina finale, l’unica opera ammessa è stata La bestia nel cuore di Cristina Comencini. E qualcosa (una diffidenza, una ripulsa, un rigetto) il dato esprime”. Ora, in attesa che il 25 gennaio si sappia se il viaggio sentimentale (ilare e al tempo stesso malinconico) di Virzì entrerà nella cinquina utile a conquistare la statuetta (il 27 febbraio), si riflette sull’opportunità della scelta. La voce del vincitore (trillante, legittimamente felice, commossa a tratti) è quella di un livornese sorpreso. “Come abbia fatto un mostro come me, una bestia di provincia a commuovere fino ai lucciconi è un vera stranezza”.

L’ironia di Paolo il caldo, a caldo L’IRONIA non gli difetta, lo humour neanche. “Altre volte, l’ultima nel 2008, nonostante Tutta la vita davanti avesse la possibilità di affermarsi, mi ero presentato alla selezione con fare dimesso”. Rinunciatario: “In quell’occasione, interpretai uno spot straniante a favore del Divo di Sorrentino, tra i volti terrei dei miei distributori”. Ieri è andata diversamente: “Sono entrato a testa alta e ho espresso la convinzione che il mio film, potesse convincere anche Oltreoceano. Ho scritto anche una mail a un amico per sapere come fossero i membri dell’Academy”. E comincia a declamare la risposta, divagando picaro tra vecchie signore di religione

L’escluso Guadagnino: “Berlusconi sarà contento, un bel regalo per il suo compleanno” Il regista livornese: “Non credo che possa aver detto una scemenza simile”

Teatro Benni e Piersanti, con Nerone stasera a Roma

Crocitti Addio a Vincenzo, caratterista e attore: aveva 61 anni

Guadagnino: “Un regista che stimo” e poi, stretto dai pianti della prole, i doveri paterni. A poter trionfare davvero, erano solo tre nomi. Virzì, Diritti e Guadagnino. Dopo la preselezione (da dieci a 5 film, 9 voti su 15 per Virzì), seconda ondata di schede. Eliminati Luchetti e Ozpetek, rimangono in tre. Una sola preferenza per Diritti, 4 per Guadagnino e 10 voti per Virzì. Nelle considerazioni del regista palermitano, leggerezza: “Auguro a Paolo Virzì le migliori fortune. Me lo aspettavo. Non posso fare a meno di notare che per il secondo anno consecutivo Medusa prova a portare un suo film all’attenzione dell’Academy. L’anno passato fu Baarìa e forse l’avrebbe meritato ‘Vincere’ di Bellocchio. Sperò per loro che l’opera di Virzì non abbia lo stesso destino di quella di Tornatore”. In America, La prima cosa bella non ha ancora un distributore. La Sony è in trattative (“Non è l’unica opzione, ne esistono altre due” sottolinea Virzì) ma il percorso Usa della pellicola, dopo i successi italiani (tre David di Donatello, 10 nastri d’argento) e nonostante gli applausi all’Open Road di New York è tutto da costruire. Nella macrovicenda dell’Oscar, si muovono i rimpianti.

Il talento giovane di Guadagnino ebraica, entusiasmo: “Assomigliano più al pubblico dei festival che alle giurie, sono piuttosto indifferenti alla critica (...)”. Poi lascia la conversazione: “Ci sentiamo dopo”, mentre intorno, le segretarie smistano un traffico telefonico da ministero. Allora spazio alla gioia di Valerio Mastandrea, un protagonista: “Me viè da ride”, confessa. Poi si fa serio: “Non amo l’aereo, l’ultima volta che ho fatto una trasvolata così lunga fu per raggiungere l’Argentina, ma stavolta, se succede davvero, prendo pure la nave”. Una parola per

L’ENTUSIASMO della platea Usa per Io sono l’amore, i cinque milioni di dollari di incasso, le critiche adoranti da Variety al New Yorker, il paragone con i risultati economici dell’ultimo lavoro italiano capace di imporsi a Hollywood: La vita è bella di Benigni. Era il 1998, Vittorio Cecchi Gori (le cui distrazioni nei bonifici, costarono a Virzì un minaccioso sequestro di persona in un albergo canadese ai tempi di My Name is Tanino) era ancora rubizzo, satollo, eccessivo. Una vita fa. Guadagnino è salace. “Sarà contento Berlusconi. Nel giorno del suo 74esimo genetliaco, riceve due regali in un solo colpo”. Se cerchi razionalità, può essere utile fare un passo indietro. All’audizione di ieri mattina, in cui ognuno dei candidati ha portato al cospetto dei giurati una mini delegazione. Per Guadagnino, una ragazza scozzese che l’Oscar l’ha vinto, Tilda Swinton. Per Paolo Virzì, oltre a un rappresentante di Indiana, la società di pubblicità fondata da Gabriele Muccino, coproduttrice, Giampaolo Letta, amministratoIl regista livornese Paolo Virzì, candidato all’Oscar dall’Italia, visto da Emanuele Fucecchi. Sopra Arhur Penn

W la privacy Il giornalista Colombo da Chiambretti: alla Juve un giocatore gay

Lele Mora Fa marcia indietro: con Corona un amore platonico

LUTTI

ADDIO AD ARTHUR PENN, PICCOLO GRANDE UOMO

I

l regista americano Arthur Penn è morto nella notte tra martedì e mercoledì a New York, un giorno dopo avere compiuto 88 anni. Con Metodo, a fine ’50 si fece largo a Broadway, ma la fama gli venne dal grande schermo: esordisce con un western borderline, Furia selvaggia (‘58), in cui gioca a rimpiattino con un immaginifico Billy the Kid, fa professione di fede eterodossa con Mickey One e La caccia, e poi trova la storia giusta per l’immortalità: Gangster Story (‘67) porta Oltreoceano Godard e fa di Beatty e Faye Dunaway Bonnie e Clyde da scandalosa antologia e tira la volata al New American Cinema di Scorsese e Coppola. Dopo Alice's Restaurant (‘69), replica a soggetto: Piccolo grande uomo (‘70) riabilita gli indiani e debilita i visi pallidi ma sanguinari. Penn era un outsider, al posto sbagliato nel momento giusto: a mano (Federico Pontiggia) armata.

re delegato di Medusa. Ruolo, obblighi societari e conflitto d’interessi a parte, ha stupito che i film distribuiti dalla società di Berlusconi fossero tre (La doppia ora, Baciami ancora La prima cosa Bella) ma il figlio di Gianni abbia deciso di spendersi a fondo (ma altri minimizzano) solo per Virzì.

Swinton, il sospetto di Dagospia A METÀ pomeriggio Dagospia aggiunge un elemento, suggerendo che a inclinare la barra abbia concorso la presenza di Swinton. Urticante, altera, a tratti sprezzante. “Una fantasia”a detta di Andrea Occhipinti. Dopo le 16 Virzì torna disponibile. Si fa ripetere la battuta di Guadagnino: “Davvero ha detto questo? Ma, no, non ci credo, non può aver pronunciato una scemenza simile ”. Poi affronta la polemica. Un ragionamento che parte dal Caimano e inevitabilmente annacqua le considerazioni nel calembour. “Berlusconi ha problemi più seri e in questa storia non c’entra niente. In ogni caso, è più accidentato il suo cammino in Parlamento che la nostra strada verso gli Oscar”. Ride, ricomincia: “Non vediamo l’ora di liberarci della sua presenza politica e di un esecutivo miope che strozza il cinema. Però la nostra arte, in Italia, dimostra di essere vitale. Un serpente cui tentano ossessivamente di schiacciare la testa, senza mai trovarla”. Se chiedi a Virzì se il binomio con Medusa non im-

barazzi un anarchico trinaricuto come lui, spingendolo ai niet morettiani “Mai nulla con Berlusconi”, la risposta è secca, non distante da quella di alcuni autori Mondadori ed Einaudi: “Potremmo ritirarci tutti nelle caverne, ma preferiamo esistere a cielo aperto, anche quando nei film, a iniziare da La prima cosa bella, raccontiamo l’impossibilità di essere felici”. Una responsabilità adesso: “Magnifica”, che per Virzì prelude a un lungo viaggio americano. L’obiettivo oltre a duellare con i film già selezionati da Francia, Messico e Spagna (Beauvois, Iñárritu , Bollain) è quello di agguantare una gloria che ai tempi di De Sica, Petri e Fellini era routine. Una vera impresa. Solo le isole di Salvatores e le favole di Benigni (cui Virzì, in un certo modo somiglia e non solo geograficamente) hanno baciato l’Italia nell’ultimo ventennio. L’anno scorso vinse uno strano giallo argentino (Il segreto dei suoi occhi) bruciando Il nastro bianco di Haneke e Il profeta di Audiard, entrambi più visionari e meritevoli. Non conta solo il valore ma la capacità di impressionare una giuria più tradizionale degli avanguardisti che avevano amato e sostenuto (da Scott ad Anderson) l’interno di famiglia di Guadagnino. Così, Virzì punterà la propria strategia su una poetica che guarda senza timori ai modelli della commedia all’italiana, mai solo leggera, mai fino in fondo consolante. E forse riuscirà a trovare uno spazio là dove Io sono l’amore aveva arato un piccolo latifondo.


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SECONDO TEMPO

WEEKEND manuale di sopravvivenza

di Biondi, Collo, Colasanti, Pasetti, Pontiggia

LEGHISTI, SUD E PECORE NERE prende. E a salvare troppo buonismo arrivano, per fortuna, le risate. Ma con un cast così, sarebbe stata un’impresa non riuscirci. (AM Pasetti) èèè Drammatico / Ita

La pecora nera Di Ascanio Celestini. Con Maya Sansa, Giorgio Tirabassi Claudio Bisio (FOTO LAPRESSE)

¸Cinema Da vedere èè Commedia / Ita

Benvenuti al Sud di Luca Miniero Con Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini

"Porca trota". Ma vi giuro che è un omaggio a Tonino Guerra, non un insulto al senatur jr. Tiene a precisare il protagonista Claudio Bisio, anche se sotto sotto se lo gode l’equivoco. Già, perché Benvenuti al Sud è l’antitesi del film politico, insistono la distribuzione Medusa, la produzione Cattleya, il regista Luca Miniero seguito dal coro cast & crew. Il remake nostrano e al contrario del blockbuster fran-

cese Giù al nord è una commedia fantasy, perché il mondo reale italiano non esiste, né al Nord né al Sud, e neppure in autostrada visto che la poliziotta (sorridente, e quando mai?) lascia passare incontrollato il nostro "polentone" Bisio forzato migrante verso la "terronia": "Se va giù ha tutta la mia comprensione: ho un parente in Kosovo". Arrivato nel ridente Castellabate, tirato a lucido che manco Lugano, il dirigente postale trasferito a sud perché punito per essersi finto disabile, trova l´amicizia (Siani e co), i tramonti sul mare e il modo di mentire ancora, rimanendo il "pirla" che era. Questa volta alla moglie (Finocchiaro), a cui racconta un meridione violento, sporco e invivibile. Il finale, naturalmente, non sor-

Approdando alla finzione cinematografica, Ascanio Celestini non viene meno all’affabulazione, ma mette la denuncia in fuoricampo: a scatenarsi è l’ironia surreale, perché matti oggi lo siamo un po’ tutti, parola di psicofarmaci. Senza (s)cadere nella cronaca ideologica, fa del suo Nicola, 35 anni di “manicomio elettrico” in testa, una sorta di stralunato Virgilio nella sporcizia che nascondiamo sotto quel tappeto chiamato società. È lui a portarci nel “condominio di santi” dove “il dottore è il più santo di tutti, è il capo dei santi, è Gesucristo”. Santi tutti, e santi subito (sì, Wojtyla c’è) , ma la Via Crucis non ha stazioni, piuttosto 99 cancelli e l’ultimo invalicabile: la contenzione psichica tocca anche a noi e, al netto della Basaglia e dei matti da slegare, conviene riprendere in mano e negli occhi Pasolini, che questa Pecora nera

a pascolare tra i montarozzi ce l’avrebbe portata. Già teatro e libro, girato al Padiglione 18 del Santa Maria della Pietà, il manicomio di Roma, e nato dalla presa diretta con ex pazienti, è interpretato dallo stesso Celestini, il compagno di follia Giorgio Tirabassi e l’amore traslucido Maya Sansa. Splendida fotografia digitale di Daniele Ciprì, si viaggia tra ’75 e 2005, prendendo di mira le istituzioni e lo stigma sociale, senza barricate: chi ama perdersi in una narrazione avvolgente, fiabesca e reiterata godrà, qualcuno mal digerirà enfasi, tiritera, “c’era una volta e c’è ancora” di un cantastorie. Ma, dovrà riconoscere, Celestini non racconta balle: fa e disfa. Soprattutto, fa: cinema. (Fed. Pont.) èèè Horror / Fra

The Horde Di Yannick Dahan e Benjamin Rocher

Alexandre Aja ha fatto primavera: l’horror francese è vivo e vegeto, anche se zombi. Yannick Dahan e Benjamin Rocher

AGENDA

LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA SECONDO ORIO VERGANI Libri

èèè Eloy Tizón

Velocità dei giardini

questo risultato, che un libro diventa indimenticabile”. Da non perdere.

a cura di P. Tomasinelli, Mavida

Nato a Madrid nel 1964, Eloy Tizón è considerato – a ragione – uno dei più originali e rappresentativi scrittori spagnoli della sua generazione. E le edizioni Mavida di Reggio Emilia ci propongono ora – con la solita raffinatezza editoriale che la contraddistingue, accompagnata dalle belle incisioni dello svizzero André Beuchat – una decina di racconti egregiamente tradotti dai corsisti del Master di Traduzione editoriale organizzato dall’Agenzia formativa TuttoEuropa di Torino e guidati da Paola Tomasinelli. Questo libro è stato giudicato dai critici di “El País” come uno dei cento libri più interessanti degli ultimi venticinque anni ed è stato scelto dalla rivista “Quimera” come una delle migliori raccolte di racconti della letteratura spagnola dell’intero Novecento. Sono storie che “parlano di noi, - ha scritto Miguel Ángel Muñoz – “ed è proprio quando si riesce a ottenere

èè Orio Vergani

Giornate di Barcellona. Luglio 1936

prosa pacata, quasi romanzesca, di un autore che, come ebbe a scrivere Oreste del Buono: “poteva passare da un argomento all’altro, riuscendo a suggerirne la visione, i colori, i suoni, i sapori, l’emozione, ma anche un briciolo di malinconia”… è Carmelo Abbate

Babilonia

a cura di S. Gerbi, Aragno.

Piemme

Sandro Gerbi, saggista (sua una biografia di Montanelli) e giornalista della “Stampa”, del “Corriere” e del “Sole 24 Ore”, ripropone in questo volume la cronaca dei giorni passati da Orio Vergani (1898-1960) – uno dei più importanti inviati del “Corriere della Sera” – in Spagna a partire dal 18 luglio del 1936. Una cronaca “diversa”, scritta da un fascista simpatizzante per Franco, ma non esageratamente faziosa e sicuramente di interessante lettura. Quando scoppia la Guerra Civile, Vergani viene arrestato nel suo albergo, il Falcón, a Barcellona, con gli altri inquilini, perché sospettato - a quanto pare ingiustamente – di aver sparato dalle finestre e di aver ucciso una persona. Ma il console italiano della capitale catalana riuscirà a farlo liberare e rimpatriarlo via mare. Una

L’autore è caposervizio nella sezione attualità di “Panorama”, ma è soprattutto noto per le sue inchieste sotto falsa identità: si è infatti finto marocchino e curdo per raccontare la tragedia del lavoro nero nel Sud d’Italia, così come si è finto medico per documentare il fenomeno della malasanità negli ospedali italiani. Questa volta si è spinto nel mondo dell’eros nazionale, per raccontare i tanti vizi di un mondo che cammina sul confine dell’illecito. Un mondo inaspettato che coinvolge uomini e donne di tutte le classi sociali e di tutte le regioni. Amori di gruppo, trans, sadomaso, scambisti, esibizionisti, “cam girl”, guardoni, feticisti… e altro ancora che frequentano i quattrocento club privé sparsi per lo Stivale, che s’iscrivono alla Federsex (l’associazione nazionale dei privé) o al sito internet Morenasex per scambi (P. C.) di coppie.

CARMELO ABBATE FA UN VIAGGIO NELL’ITALIA DEL SESSO, TRA SCAMBISTI, FETICISTI E MOLTO ALTRO

buttano un occhio a Carpenter (Distretto 13 come i piani di questo palazzone) e l’altro a Romero (quello d’annata, mica il deprimente Survival of the Dead), senza dimenticare chi sono: la banlieue è sovrana e Kassovitz ringrazierà - l’odio continua a regnare. Professionisti ma non bari, i due registi mischiano le carte. Per vendicare un collega, quattro poliziotti corrotti organizzano un'azione notturna contro la gang del totemico Adewale (Eriq Ebouaney, il nero di Bianco e nero di Cristina Comencini): scontro sia - Jimenez è ferito a morte, Tony a una gamba e con Ouessem e Aurore finisce segregato nell'appartamento dei delinquenti - e fin qui tutto bene (sempre Kassovitz), ma la notte di ordinaria revanche verrà imprevedibilmente pervertita. Nel fatiscente casermone della periferia parigina, gangster e sbirri si trovano a far fronte comune contro un’orda di zombi. Promettere e mantenere, nascondendo gli ori: vale sempre, ancor più nell’horror. Gli zombi come piaga che spazza via la guerra dei poveri, e quella coloniale: “Musi gialli” sono i morti viventi, e Sarkozy stolidamente plaudirà. Perché The Horde ha una particolarità di genere: ferisce di nuovo con armi vecchie, popola la suburra di spurghi, metaforizza il vulnus che mangia tutti. E vomita nonsense: vivo, morto, X. Incognita politica, orda barbarica: dimenticate Baricco, qui c’è urgenza. Bassa, sporca, morale. Horror. (Fed.Pont.) Mimmo Paladino, “Porta di Lampedusa - Porta d’Europa”, 2008

ARTE

di Claudia

Colasanti

LA PORTA D’EUROPA DI MIMMO PALADINO n un’isola lontana come Lampedusa, luogo magniIparziale fico quanto contraddittorio, crocevia di dolore e pacificazione, è necessario recuperare la validità etica del monumento commemorativo. Nella sua imponente e immobile chiarezza, questo è il ruolo che spetta alla “Porta di Lampedusa- Porta d'Europa” di Mimmo Paladino (celebre artista della Transavanguardia), eretta nel giugno del 2008, dedicata alla memoria dei migranti che hanno perso la vita in mare. A Punta Maluk, Paladino non intendeva celebrare ma ‘raccontare’, attraverso i simboli di una possibile vita quotidiana (singole formelle che descrivono piatti, scarpe, cibo e volti) qualcosa che avesse a che fare con un esodo forzato, “qualcosa di comprensibile a tutti i popoli". Cinque metri di altezza e di tre di larghezza, realizzata in ceramica refrattaria, la porta è situata a pochi metri dal depuratore ma il più vicino possibile all'acqua (e quindi all'Africa). Voluta dall’assessore Arnaldo Mosca Mondadori (che in seguito si dimise) e condivisa dall’intera giunta comunale l’opera fu invece derisa dalla senatrice leghista Angela Maraventano, che vi depositò accanto una finestra in alluminio per suggerire a chi sarebbe entrato di uscire subito dopo. Sono passati due anni e l’opera, seppur corrosa nei lati dalla salsedine (e simbolicamente sigillata dalla politica del respingimento) è ancora lì, meta di un ammirato e costante pellegrinaggio. Mimmo Paladino. Porta di Lampedusa- Porta d'Europa. Contrada Cavallo Bianco. Lampedusa. (Opera permanente)

è HOMEWORK 1997 – Virgin Daft Punk A unire le radici della musica elettronica dei Kraftwerk con la discomusic nata allo Studio 54 di New York ci hanno pensato due amici francesi, Thomas Bangalter e Guy Homem-Christo. Il loro singolo “Da Funk”, pubblicato dalla Soma records nel 1995, aveva centrato l’obiettivo: era come se l’acid music fosse stata rallentata e condensata in una scatola di sardine. Homework, il loro album d’esordio, è ormai un oggetto di design: una moderna bibbia per molti dei loro futuri discepoli (2 Many Djs, Cassius, Justice solo per citare i più famosi). Nulla è trascurato: ogni dettaglio, dal live alla grafica e, soprattutto, ai videoclip. Hanno lavorato per loro registi eccezionali, da Michel Gondry a Spike Jonze, al maestro Leiji Matsumoto per “Interstella5555” (ed è in arrivo la colonna sonora di “Tron Legacy”). L’idea di non esporsi con i propri volti al pubblico è stata indubbiamente una suggestiva azione planetaria di marketing (epigoni a iosa come Deadmau5 e Bloody Beetroots). Eppure nasce da un’esigenza di scindere arte e vita privata, ben narrata nel cortometraggio “Electroma”. “Around The world”, “Alive”, “Burnin” e “Da Funk” sono, per i clubber, immediatamente riconoscibili. Nel booklet del disco ci sono alcuni degli ingredienti del successo di questo disco: uno, sottovalutato, è la grande spiritualità dei due francesi, da sempre creatori di spiragli di luce nelle tenebre dei club mondiali.

CD in uscita

³

è LE NOISE Neil Young (Reprise) Onore all’ultimo “hobo” del rock’n’roll: le otto nuove tracce sono un capolavoro disarmante. Rabbia e speranza centellinate nei testi, sparate da una chitarra elettrica diluita nelle alchimie sonore della produzione di Daniel Lanois (proprio come in Oh Mercy di Bob Dylan). Forse Young ha ascoltato gli album di Arcade Fire e Editors, artisti ispirati dal vecchio saggio e dalla sua fiamma che continua a brillare indomita. è L’AMORE È QUI Nesli (Jle) È il fratello di Fabri Fibra eppure il suo stile è decisamente diverso: canzoni forse ingenue ma all’insegna della positività, ritmi pulsanti come sottofondo al coraggio di vivere. La title-track è un inno alla gioia, “Non dimenticare” una dichiarazione d’intenti in pilllole. (Guido Biondi)


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PERCORSI

¡TIME

SMART

a cura di Eugenia

Romanelli

smartime@ilfattoquotidiano.it

SALTANDO TRA I TETTI

I MONKEY MOVE AL NO B. DAY 2

Sabato il ballo acrobatico invaderà le strade di Roma l traceur che firma le perfor- questa la filosofia: affrontando vimento molto preciso, si coor- lo. È una semplice tecnica anti stato” contro Berlusconi, ma è tropoli”. Il parkour non è soltanmance urbane italiane più ostacoli fisici si acquista fiducia dinano gambe e braccia su una scivolo chiamata tic-tac. Nel par- una scelta personale. La disci- to sport, è anche applicazione al creative di parkour sarà a nelle proprie capacità per af- ringhiera e si cammina in equi- kour basta sapere come mettere plina non è di per sé connotata sociale: “Il FIABA, il Fondo ItaRoma, sabato, con il suo frontare tutte le cose”. È una di- librio come felini”. Scimmie, i piedi”. Come? “La precisione si politicamente, anche se deriva liano Abbattimento delle Barriegruppo, i Monkey Move: “Af- sciplina pericolosa? “Senza le gatti: quanto c'entra lo studio ottiene con il mezzo piede inve- dall'allenamento dei combat- re Architettoniche, lo usa per infianchiamo i Systemania e altre tecniche base per cadere sì. Bi- del movimento animale? “Tan- ce che a pianta completa”. Lei tenti e viene praticata nelle zo- segnare ai giovanissimi il rispetband emergenti in concerto a sogna conoscere almeno il rol- tissimo. Noi traceur ci scambia- insegna? “Nell'unica palestra ne più periferiche, under- to per l'ambiente”. David Belle è piazza San Giovanni”, spiega ling, atterraggio a capriola o il mo i documentari per imparare aperta ad accogliere una disci- ground e spesso ribelli delle me- stato consacrato nel film BaDavide Marrone. Che tipo di esi- monkey, che usa la spinta di gam- dagli animali. Recuperiamo mo- plina ancora non riconosciuta bizione farete? “Il nostro è un be e braccia per proiettarsi in un vimenti istintuali perduti e equi- in Italia, l'Associazione Italiana parkour ibridato con il movi- tuffo”. E il cat balance? “È un mo- libri ancestrali per sfruttare le le- Ginnastica, una istituzione dal è PERIFERIE mento coreografico che ho imve che non sap- 1968”. Cosa c'entra il parkour Viva il Teatro dell’Oppresso parato nei miei studi allo Ials e in piamo di avere”. col “No B. Day”? “Aderiamo al20 anni con le compagnie di Camminate sui l'iniziativa insieme ai tanti artisti Bologna. Il nome suonerà forse bizzarro, ma quella danza. È una nuova declinaziomuri? “Anche, ma che saranno sul palco per il con- del Teatro dell'Oppresso è una realtà consolidata. ne italiana del parkour”. Che in non è un miraco- certo “Libera musica in libero Una tradizione che risale agli anni '60, quando il regista brasiliano Augusto Boal mise a punto alcune effetti è una sorta di ballo acrotecniche teatrali come strumenti di cambiamento batico per le vie della città, giupersonale, sociale e politico per gli oppressi. Da sto? “Per la definizione tecnica lunedì potrete sperimentare questo metodo di dovremmo chiedere al suo inazione teatrale presso il Centro Sociale Tpo in un ventore, lo stuntman francese laboratorio della durata di due mesi condotto da ENERGIA ATTRAVERSO LE GENERAZIONI David Belle. Di fatto è l'art du déattori, formatori, ricercatori e pedagogisti. Il Teatro placement, l’arte dello spostadell'Oppresso è un'opportunità di incontro non Ovunque. “(+150) Visione: mento in un circuito urbano. Gli convenzionale con sé e con gli altri. Una pratica, Origine e Potere. Energia anglofoni la chiamano free rundalla forte valenza formativa e sociale, che si attraverso le Generazioni” è il ning, seguendo Sébastien Foupropone di analizzare attraverso la comunicazione, il tema del Premio Terna 03 d'arte VIVA MARCO FALAGUASTA can, concentrato sulla spettacomovimento, i ruoli e il gioco, quei conflitti contemporanea per celebrare la larizzazione piuttosto che sulsocio-culturali che influenzano i comportamenti forza visionaria, intuitiva, creativa Roma. Fino al 10 ottobre è di scena l'efficienza”. Ci faccia un esemindividuali e i rapporti di gruppo. E di affrontarli e costruttiva e la capacità di proiettarsi nel futuro “30… senza lode”, scritto e diretto pio di percorso: “Transenne, ausenza appigli ideologici, né risposte definitive, ma attraverso le persone e la storia con un'energia che si da Marco Falaguasta, che apre la to, muri, scalinate, impalcature, soprattutto scandendo i contorni delle domande. evolve, si trasforma, si realizza. (+150) si riferisce alla stagione del Teatro de’ Servi. Sulle etc, vengono usati come ostacogenerazione del 1861 che ha dato energia all'Unità musiche originali di Tony Esposito, i li da superare in una sequenza, d'Italia, celebrata nel 2011 (anno della mostra finale del Info: 3471146202 (teatrodelloppresso.it) bravi Irma Carolina Di appunto la tracPremio). Avete ancora 24 ore per partecipare con Valentina Ascione ascione@bazarweb.info In cima, Davide Marrone e Fabio. Monte e Marco Fiorini cia dei traceur”. pittura, fotografia e videoarte nelle categorie Sopra, gli attori di SCENE e, sotto, con ironia raccontano, Superate anche Megawatt, Gigawatt, Terawatt e Connectivity Shanghai un’opera di Moira Ricci nella cornice di una voi stessi? “È (in connessione con l'Expo cinese). Online sarà visibile vicenda sentimentale, il il DNA di ogni opera, l'onda sinusoidale della sua conflitto (che è dentro la stragrande energia che si evolverà in base a diffusione su Internet e maggioranza di noi) fra quello che è VISIONI visualizzazioni degli utenti. Premi in denaro e non solo! facciamo e quello che avremmo Lucca Film Festival FESTIVAL INTERNAZIONALE PER BAMBINI voluto fare. La storia (realmente + Elia Suleiman accaduta) è incentrata su come, premioterna.com Ferrara. Quando il diritto all'informazione lo si vuole nell'era dei bamboccioni - una Riccarda Patelli Linari “conquistare” e tener stretto fin da piccoli (non si sa mai Sarà Abel Ferrara, regista giovinezza che non riesce a patellilinari@bazarweb.info quel che può succedere da grandi...) e si ha una gran americano indipendente, diventare maturità - e di un voglia di imparare, ascoltare ed agire, oltre che di maledetto, casinista e intenso borghesismo soffocante, a volte le giocare, non si può mancare uno degli appuntamenti più come pochi, ad aprire la VI emozioni si trasformano in un straordinari - per grandi e piccini - al Festival di edizione del Lucca Film Festival turbamento dirompente che non sempre si riesce a Internazionale di Ferrara, giunto alla sua IV edizione. (4/9 ottobre). La manifestazione gestire. Marco Falaguasta, con questo spettacolo, nel Nell'ambito di una delle manifestazioni che più smuove le dedicata al cinema di ricerca 2004 ha vinto il premio come miglior commediografo coscienze e raccoglie pubblico e relatori da tutto il quest'anno ha un programma dell’anno. mondo, Teresa Sdralevich - originalissima illustratrice felicissimo: oltre all'omaggio al della rivista Internazionale e della talento italoamericano, casa editrice Fusi Orari - ha contempla una retrospettiva è AVANGUARDIE teatroser vi.it organizzato 3 laboratori per i sull'ungherese Pálfi, autore dello La Deutsche Bank Collection Italy per i giovani artisti contemporanei Lorenza Somogyi somogyi@bazarweb.info piccoli dai 6 ai 12 anni: splendido “Taxidermia”, un focus “Antiscoop”, ovvero come nasce sui registi irlandesi emergenti, un Milano. Sabato vale la pena un salto all’Open Day di Deutsche Bank Collection ricco concorso di cortometraggi Italy, organizzato in occasione della 9^ edizione di “Invito a Palazzo”, manifestazione un giornale illustrato; “Dire, Fare, e un evento abbastanza unico: la proiezione di annuale promossa dall’ABI. Dalle 10 alle 19 sarà possibile scoprire oltre 400 opere di Protestare - Come nasce un “Cinématon”, opera sperimentale di Gérard artisti contemporanei raccolte dall’istituto tedesco secondo la filosofia “Art works” manifesto”; “Made in qui - Stampa di magliette”. Una finestra sul Courant, 150 ore di montato realizzate nel corso che promuove i giovani artisti. Novità di questa IV edizione è l’apertura al pubblico mondo - se pur “piccolo” - sulla di 15 anni, un'impresa titanica che può fregiarsi del del terzo piano dell’edificio alla Bicocca progettato da Gino Valle, dove per la prima conoscenza, sulla libertà. titolo di film più lungo della storia del cinema. Ha volta sarà visibile un nucleo di opere legate al tema dell’architettura, arrivate per un tocco tragico e surreale invece “Il tempo che ci l’occasione dalla collezione centrale di Francoforte. Guide d’eccezione saranno gli rimane”, bellissimo film autobiografico di E. artisti della collezione Gianni Caravaggio, Marcello Maloberti, Adrian Paci e Moira internazionale.it. Biblioteca Ariostea, Suleiman, ora anche in dvd. Evoca più che mostrare Ricci, gli architetti Davide Angeli, Duilio Forte, Lorenzo Palmeri e Matteo Ragni, gli da euro 12 a 15. Prenotazioni a: direttamente gli orrori tra Israele e Palestina ma la scrittori Andrea Bajani, Franco Bolelli, Gabriella Kuruvilla e Giacomo Revelli e alcuni festival@internazionale .it sua ironia documenta con forza anche maggiore dipendenti della banca. Per chi non lo sapesse la Deutsche Bank Collection possiede Chiara Organtini l'assurdità della condizione palestinese. oltre 56 mila opere dei maggiori artisti internazionali, mentre la più giovane organtini@bazarweb.info Deutsche Bank Collection Italy vanta la posizione di quinto polo dopo Francoforte, Londra, New York e Tokyo ad avere una propria esposizione permanente. vistanova.it; “Il tempo che ci rimane” di E. Suleiman, 01 DHV http://tqftp.com/DEUTSCHE_B ANK/INVITO_2010.pdf Roberto Pisoni pisoni@bazarweb.infofo Amanda Freiburg freiburg@bazarweb.info

I

Possibilità

Scene

Piccoli


Giovedì 30 settembre 2010

PERCORSI

Da non perdere

pensieri di cuore Y

C

C

Smartime/Separazioni

ari lettori, prendendo spunto dal post pubblicato sulla bacheca del gruppo “Smartime” di Facebook da Elena Evangelisti, che invita a leggere il suo “Carenze di base. Difficoltà logistiche” (La Riflessione), ci soffermeremo sul tema della separazione. Chi di voi, come confida l’autrice del libro nell’ultima pagina, con la fine delle cose non ci sa fare e detesta le separazioni sappia che è in buona compagnia: Proust abbandonò con Albertine ogni fierezza, Barthes parlava di vera e propria angoscia, Dikinson ragionava che “Per colmare un vuoto devi inserire ciò che l'ha causato. Se lo riempi con altro ancor di più spalancherà le fauci. Non si chiude un abisso con l'aria”, Allevi cerca rimedi ricordando che “siamo soffici, liquidi ed elastici. L'abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perchè sempre ossessionati dal controllo a tutti i costi dei particolari” (La musica in testa) e Krüger, ne “La violoncellista”, racconta di coloro che non riescono a separarsi da nulla. Insomma, è una vera e propria sindrome, quella dell’abbandono (“angoscia primaria” per Fromm) e quindi, se la disperazione per un distacco, una partenza o qualsiasi altra esperienza che sembri interrompere uno stato di grazia si impossessa di voi irrimediabilmente, abbandonatevi pure ai baratri di De Chirico e del suo “L’angoscia

della partenza” (1913), agli addii del VIII capitolo de “I promessi Sposi”, a Foscolo e al suo Jacopo Ortis o consegnatevi definitivamente, al Demian di Hesse: “Per la prima volta assaggiai la morte che ha un sapore amaro perché è nascita, angoscia e paura di un tremendo rinnovamento”. Oppure, cercate altri rimedi: per esempio pensando la parola “fine” come il fiume toscano che bagna le province di Pisa e Livorno o la canzone della rock band statunitense Aerosmith. Di sicuro evitate di ascoltare “Se Mi Lasci Non Vale” (Iglesias) e “Passerotto non andare via” (Baglioni), di vedere “Il paziente inglese” e di leggere “Bambini nel tempo” (Ian McEwan). Puntate invece tutto su “L’Odisse” perché l’eroe, alla fine, torna! Ed ora a voi e alle vostre segnalazioni: # Vera Mancini ci invita, sabato e domenica a Roma, al convegno “Semiramide. Storia di un mito”, con psicanalisti e studiosi; # Eugenia Nieddu segnala, domani, “Telling Art, la fusione delle arti attraverso il racconto” alla sala Nagasawa del Parco dell’Appia Antica; # Laura Paragona ricorda la presentazione di “Beirut I love you” alla Libreria Tuba di Roma, domani alle 19.30; # Max Casaccius fa focus su Screamadelica che presenta “Spiritual Front” al Circolo Degli Artisti, domani alle 21; # Tullio Lucci esordisce con “Canto!”, da lunedi a Torino, per imparare a gestire la propria voce.

IL PIACERE DEL DISTACCO

nlieue 13, prodotto da Luc Besson e Foucan nel “Confession Tour” di Madonna: “Il rischio è restare confinati in una moda commerciale”. Lo scorso anno la disciplina era presente al 21° Festival del Fitness di Roma: si tratta di sport, arte o spettacolo? “Un mix, direi. Ma c'è anche molto del semplice stile di vita che condivide risorse”. Cioè?

Fumetti BUON COMPLEANNO PEANUTS!

“Non ci sono gare, non c'è competizione: c'è solidarietà. Se uno resta indietro, tutto il gruppo torna sui suoi passi. E poi chiunque può inventarsi un trick, un salto, un nuovo movimento. Non ci sono maestri e allievi perché ognuno può imparare dagli atri, tutti possono ingrandire il bagaglio di conoscenze collettive”.

Suoni

è ANCONA Danza aerea Da domani a domenica stage livello base di tessuto aereo al Teatro del Panettone (visionaria.org) è NAPOLI Arte urbana Lo Studio Trisorio inaugura la stagione espositiva con l’installazione site specific di Felice Varini: andate in via Riviera di Chiaia, mercoledi (studiotristorio.com) è ROMA Emergenti Fino a domenica, al Teatro San Genesio, proseguono le finali della VI Edizione di Musica ControCorrente, il concorso nazionale della canzone d’autore che muove i passi dalla storia dei grandi artisti italiani, storicamente considerati scomodi e innovativi (musicacontrocorrente.it)

ADRIA, MODERNI NAUFRAGHI IN CERCA DI APPRODI Non c’è mare più meticcio dell'Adriatico: innumerevoli i

popoli che vi si affacciano, ciascuno con la sua cultura, le sue tradizioni, le sue Madonne, le sue contraddizioni. Eppure gli Adria riescono a fare di questo mare il il trait-d'union tra culture lontane fino a fonderle in un'unica sensibilità musicale alla quale approdare Accanto, il Cd degli Adria. come dopo un lungo viaggio. Un sound Sotto, un’immagine della ora dolce ora quasi schizofrenico guida la manifestazione My-Sex voce calda di Maria Mazzotta che danza sulle note di un violoncello, un sax, un organetto e sul ritmo incalzante delle percussioni creando un impasto che lievita. Il lavoro si presenta organico e composito sia dal punto di vista dei testi sia dei suoni. Il talento emerge senza esitazione in ogni brano, in cui è difficile distinguere le influenze jazz da quelle folk, le sonorità balcaniche da quelle più squisitamente nostrane. La sponda occidentale finisce per accarezzare quella orientale attraverso un linguaggio fatto di storie, favole, cantilene e musiche popolari che sembrano salpare dalle loro terre d'origine per seguire le onde del confronto e della conoscenza.

Domani l'altro le “noccioline” più tradotte nel mondo, i Peanuts, compiono 60 anni. Quale modo migliore di celebrarle - oltre a scorrere qualcuna delle 18 mila strisce prodotte nell'arco di mezzo secolo - che leggere il primo saggio italiano che ne ricostruisce le gesta? Documentatissimo e analitico, è peraltro scritto da un'autrice di fumetti. E a mo' di esempio delle analisi che si vanno compiendo troviamo riprodotte alcune delle vignette più famose scaturite dalla matita di Charles Schulz. I Peanuts sono talmente noti nel mondo che potremmo suddividere le persone in categorie, a seconda del personaggio che prediligono tra Charlie Brown, Snoopy, Linus e Lucy. Così come ognuno di noi conserva dentro di sé delle “situazioni tormentone” Adria, Penelope. Violipiano Records reiterate in un'infinità di variazioni. è OCCHIO! (violipiano.it/penelope/index.html) La nostra per esempio è Charlie Vera Risi risi@bazarweb.info Le ri(E)voluzioni di Monica di Sisto e Alberto Zoratti Brown che, fiducioso, si accinge a prendere la rincorsa per calciare il Esce domani in edicola, in libreria e nelle botteghe del pallone che, come sempre, Lucy gli commercio equo e solidale come allegato al mensile sottrarrà all'ultimo momento “Altreconomia” di ottobre (4 euro) e poi resterà scaricabile causandone la caduta rovinosa. gratuitamente nel formato e-book su altreconomia.it: “Ri(E)voluzione, dal fallimento fossile alla giustizia climatica e sociale” è un dossier da non perdere per tutti coloro che “Piccola storia dei peanuts”, Simona vogliono partecipare della vita del mondo che ci ospita: un Bassano di Tufillo. Donzelli Editore, viaggio tra le migliaia di esperienze di economia dal basso, 19,50 euro solidale ed ecologica, che hanno sostituito la cooperazione alla Ciro Bertini competizione, il territorio ai mercati globalizzati, la bertini@bazarweb.info salvaguardia del capitale naturale alla speculazione del capitale finanziario, la trasparenza e l'affidabilità all'immagine ed alla fidelizzazione. In collaborazione con Legambiente, la giornalista e il biologo, attivi dal G8 di Genova nel “cantiere” altermondialista e fondatori della cooperativa equosolidale Fair, romanzano la storia della Terra Di Tutti Film Festival Prendersi cura di sé con il più grande crisi ecologica e Nordic Walking sociale che il pianeta ricordi. Bologna. Giunge alla quarta edizione il “Terra di Tutti Film Proponendo soluzioni. Festival”, dal 7 al 10 ottobre al Cinema Lumière, con oltre Riviera del Conero. Li duecento documentari e cortometraggi provenienti da abbiamo visti in spiaggia: Africa, America Latina, Europa, Medioriente e Asia. Il allucinazione? Li vediamo in altraeconomia.it Festival è ormai una delle più importanti rassegne di cinema città: dispersi? Di certo li Eve Stallen dal sud del mondo nel nostro paese ed è organizzata da incontreremo in montagna. stallen@bazarweb.info Gvc (Gruppo di Volontariato Civile) e Cospe Sono i camminatori con i (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti). Le bastoncini, ovvero praticanti di una disciplina moderatamente opere trattano i temi della lotta alla povertà, dell'acqua, nuova che sta dilagando: il Nordic Walking. La tecnica, nata della sovranità alimentare, della tutela delle risorse negli anni '30 come allenamento estivo per i fondisti finlandesi, ambientali, delle migrazioni e dell'agricoltura sostenibile e è evoluta negli anni fino a diventare una vera e propria solidale. Quaranta saranno i video scelti per il concorso e, disciplina lanciata nel 2000 dagli stessi ideatori: l'associazione durante il festival, ci saranno anche incontri con gli autori, "Suomen Latu", il Finnish Sports Institute “Vierumäki” e concerti e feste fino alla serata conclusiva in cui la giuria di l'azienda costruttrice di bastoni “Exel plc”. La NW si basa sulla qualità assegnerà due premi alle migliori produzioni camminata biomeccanicamente corretta e sulla sua evoluzione europee e internazionali. mediante l'uso di specifici bastoncini, grazie ai quali si riduce il carico sulle articolazioni (anche, ginocchia, caviglie) e si acquista più equilibrio migliorando anche la postura. Per chi terradituttifilmfestival.org, ingresso gratuito volesse provare o è già praticante: da domani a domenica Fabio Piccolino piccolino@bazarweb.info andate al raduno Nordic Walking!

Etno

è ROMA Bar à Book Sabato alle 18.30, nel delizioso locale anni 50 di via dei Piceni 23, presentazione del romanzo "Non con un lamento. Peppino Impastato, vertigini di memorie" di Giorgio Di Vita

Healing

scuolanordicwalkingmarche.it (anwi.it) Stefania Secondini secondini@bazarweb.info

è QUEER 3D, azzardo e toy per il 33° Mi-sex Assago. Molte le novità, le sorprese

e le attrazioni della trentatreesima edizione di Mi-sex, kermess dell'hard in corso da domani a domenica, con 320 pornostar, 150 volti nuovi, 9600 ore di spettacoli non stop. L'appuntamento, diventato ormai fenomeno di costume, è il punto di riferimento per tutti gli appassionati italiani di erotismo. A catalizzare l'attenzione del pubblico e della stampa, l'arrivo del 3D nel settore hard. Sulla scia del successo dell'ultima edizione, viene inoltre riproposto il connubio fra sesso e gioco, in chiave più ampia e incisiva. La passione del gioco stempera l'ansia dell'azzardo nel casinò online Las Vegas gestito da Game Lover, con croupier poco vestite e sempre disposte a donare sorrisi a chi vince e carezze a chi perde. Particolare attenzione anche al piacere artificiale che apre le porte a un mondo tutto nuovo di macchine per i più disparati giochi erotici, rigorosamente Made in Italy. Centro Congressi Milano Fiori. Info: 338.5316441 (misex.net) Francesco Paolo Del Re delre@bazarweb.info

è MILANO Live!iXem Stasera nuovo appuntamento per il Festival internazionale di musica, mixed media ed arte elettronica sperimentale, giunto alla sua VII edizione (ixem.it) è ROVIGO La fiera delle parole Da domani al 10 torna il Festival letterario (IV edizione) che porta in città i più noti ed autorevoli nomi della letteratura, del giornalismo, dell'informazione, della scienza, del cinema e del teatro, dell'arte e della musica (lafieradelleparole.it) è FABBRICA DI GAMBETTOLE Ortofabbrica: primo contest di creatività sostenibile Da domani a domenica artisti, designer, creativi, innovatori, aziende, associazioni, università e istituzioni si incontrano e si confrontano su creatività, design sostenibile e innovazione (romagnacreativedistrict.com) è ROMA Festival della letteratura di viaggio Da oggi a domenica Villa Celimontana e Palazzo delle Esposizioni ospitano il Festival organizzato dalla Società Geografica Italiana e da Federculture tra scrittori, geografi, storici, filosofi, archeologi, cineasti, giornalisti, fotografi, architetti, attori, musicisti, illustratori (festivaletteraturadiviaggio.it) è RAVENNA E FORLÌ Festival dei vampiri Da domani al 12 i vampiri saranno i protagonisti dell’VIII edizione di “GialloLuna NeroNotte”, festival multidisciplinare dedicato al giallo e al noir (gialloluna.it) è ROMA Brancaleone Stasera Abbufunk Nite feat.Funkallisto big band + Supermarket dj set + (h. 21) “Taxi drivers”. Dessert: Soul Kitchen dj set (brancaleone.eu)


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Giovedì 30 settembre 2010

SECONDO TEMPO

+

TELE COMANDO TG PAPI

Un mesto Minzo di Paolo

Ojetti

g1 T Un altro caso di malasanità, in sala Sonia Sarno: i tagli con raffinato bisturi di ogni contestazione al discorso di Berlusconi. Non si è sentito un buuu e nemmeno i “vai a casa”, che pure ci sono stati, e neanche le risate durante i passaggi più fantasiosi del genere autostrada Salerno-Reggio Calabria, Ponte di Messina e appelli al buon cuore del Parlamento. Il tanto “atteso” intervento non ha spostato di una virgola la situazione preesistente: la “scontata” fiducia dei finiani consegna a Futuro e libertà le chiavi della legislatura. Se – come ha dichiarato Franceschini – Fini taglia i fili, tutto il teatrino cade a terra. Anche il tentativo di Andrea Montanari di far dire a Napolitano “tutto bene” non è riuscito: il Presidente non è mica nato ieri e ha risposto con

tanti “vedremo”, “valuteremo”. Persino Bossi, l’interprete degli acronimi, ha bofonchiato: dura minga. E, tirate le somme, anche il Tg1 di Minzolini era mestissimo. Dura minga. g2 La seconda rete meritava attenzione non tanto per il Tg (che ha segato il Di Pietro migliore e quattro quinti di Bersani), quanto per la diretta sulle dichiarazioni di voto, senza veli. Pionati, in delirio, pensava di essere Aldo Moro. Uno sconosciuto di Noi per il Sud sembrava Pappagone impazzito. Di Pietro, fuori dalla grazia di dio e tarantolato, rimbalzava dalle ossessioni massoniche di Berlusconi fino a Mills e Dell’Utri, stallieri ed escort. Bocchino ha concesso una fiducia con la faccia schifata. Casini ha ammantato la sua dichiarazione d’odio con democristianissime parole

T

d’amore. Reguzzoni tifava per Sarkozy e la “pedemontana lombarda”. Bersani ha presentato il conto di dieci anni di bugie, promesse e fallimenti: “Teatrino della politica? Ma lei, presidente, è l’impresario!”. Cicchitto, che il popolo non sa nemmeno dove abita, ne esaltava la “sovranità”. “Siamo in diretta, gli italiani ci guardano”, ammoniva sornione Gianfranco Fini. Italiani guardoni. g3 T Tagliato fuori dalle dirette, il Tg3 ha potuto con tranquillità tirare le somme della giornata: alcuni la volevano trionfale e altrettanti aspettavano di vedere Berlusconi in partenza verso le isole Vergini con il solo bagaglio a mano. Chiamato a commentare, Paolo Mieli ha sentenziato: “Adesso c’è la novità del nuovo partito di Fini e ha ragione Bossi: il governo non dura. Il risveglio di Bersani e l’agitazione di Di Pietro fanno prevedere elezioni a primavera”. Il servizio di Mariella Venditti si può sintetizzare così: i due volti di Berlusconi, buono la mattina, torvo nel pomeriggio. Il Tg3 riesce a dare il voto: 342 sì e 265 no. Senza i finiani Berlusconi non arriva a 316, ma a 307. È minoranza. Rosolabile a fuoco lento.

di Nanni Delbecchi

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

La Dandini come il Pd

on ci sono più i censori di una volta. Passi Santoro, l’uomo nero, il babau della par Ncondicio, ma anche l’unico che con “Annozero” riesce regolarmente a raccontare la politica in prima serata facendo grandi ascolti. Come argomenterebbe Sandro Bondi, ecco perché il dg della Rai Masi lo perseguita: è tutta invidia, e quello che non gli si perdona è il successo. Via, come si fa a prendersela con Paragone, che non si sa nemmeno dove sta? Ma non si può vivere di solo Santoro, e allora il censore annaspa, le sue mani di forbice falciano inutilmente l’aria, i suoi kalashnikov tirano ai passerotti. C’è da dire che non è nemmeno colpa loro. Che cosa resta da censurare, nei palinsesti sahariani del servizio pubblico? Dividere il pensiero unico è una questione che riguarda la fisica quantistica, non il minculpop. Qualcosa bisognerà pur fare, altrimenti il censore stesso rischia di essere censurato. Ma perché prendersela con Bertolino, dicesi Enrico Bertolino, il più executive e il più bocconiano dei comici? E perché prendersela con Serena Dandini e il suo “Parla con me”? Un programma che da anni torna riveduto e corretto Serena Dandini ma sempre uguale a con Dario Vergassola se stesso, e quindi conduce “Parla con me” ogni anno ricorda sempre più il Partito Democratico, con la veltroniana, accogliente Dandini e il caustico, dalemiano Dario Vergassola a darsi il cambio. Un programma che c’è perché ci deve essere. La prima puntata di

stagione, andata in onda alla vigilia del discorso di Berlusconi alla Camera, ha portato sul divano rosso fuoco un assennato Massimo Cacciari che argomentava come B. avrebbe di certo incassato la fiducia; e come probabilmente si sarebbe andati a votare nella prossima primavera. Tutto ciò ci ricordava qualcosa, ma non capivamo cosa; finché abbiamo capito. Ci ricordava Massimo Cacciari seduto sul divano rosso che rispondeva alle amabili domande della Dandini e si divertiva alle brillanti stoccate di Vergassola. Quante volte avevamo già assistito alla scena? Una? Due? O forse sei? (tante sono le edizioni di “Parla con me”). La sensazione di deja-vu si è dileguata solo quando la Dandini ha ironizzato sul boicottaggio della Rai nei confronti del programma, di come la messa in onda sia rimasta incerta fino all’ultimo, e ha mostrato lo spot che era stato bloccato dall’azienda. Ma qui un’altra delusione, nel senso della censura; nello spot c’era un Minzolini quasi migliore dell’originale. A parte la lotta dei censori per la loro stessa sopravvivenza, è davvero difficile capire il perché di tanto accanimento nei confronti di “Parla con me”. Parliamo di un programma spiritoso ma minoritario per vocazione e forse per scelta. Un varietà con uso di satira, 50-55 metri quadri ubicati oltretutto a Saxa Rubra, mica a Montecarlo, e dunque anche nella cubatura sempre più simile al Partito democratico; un po’ perché certa sinistra si va ridimensionando da sola, e un po’ perché non ha mai amato aggiungere posti a tavola (tantomeno sul divano). La principale differenza tra questo questo modellino del Pd e il Pd vero e proprio sta, appunto, nell’attenzione dei censori. A differenza di Veltroni e di D’Alema, la Dandini e Vergassola riescono almeno a farsi filare da qualcuno. Mica poco, di questi tempi.


Giovedì 30 settembre 2010

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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

IL GRUPPO FB: SABATO BANCHETTI

“Una denuncia per Bossi” S ono anni che il leader della Lega Nord Umberto Bossi si cimenta in gesti dell’ombrello, offese ad amici e nemici, invettive: anche il “dito medio” è ormai un simbolo del Senatur (il Trota l’ha persino trasformato in una maglietta). L’ultima offesa, a freddo, è stata “Sono porci questi romani”; la vecchia freddura da scuola elementare sull’acronimo latino S.P.Q.R. “Era solo una battuta” hanno cercato di buttare acqua sul fuoco dalla maggioranza. Ma intanto è partita una mozione di sfiducia in Parlamento (ne diamo notizia a pagina 2). E anche semplici cittadini che si sono sentiti offesi dall’ironia padana, hanno scelto Internet per organizzare una risposta. Il gruppo Facebook “Adesso basta! Roma querela Bossi” conta cinquemila iscritti che continuano a crescere a ritmo battente. “Dopo che il leader della Lega nonché ministro della Repubblica Umberto Bossi – scrivono gli organizzatori – ha per l’ennesima volta offeso i cittadini di Roma, è

arrivato il momento di dire basta. Adesso Roma querela Bossi. Invitiamo tutti i cittadini a dare la loro disponibilità per preparare la querela”. In una mail che il fondatore del gruppo, Andrea Santoro, ha inviato agli iscritti, viene chiarito come si stanno organizzando: “Giovedì, – spiega – insieme ad amministratori della pagina e parlamentari del Pd di Roma che si sono resi disponibili a sostenere i costi, presenteremo una denuncia per ingiurie a Umberto Bossi aperta a tutti i cittadini che vorranno sottoscriverla”. Ci tengono a chiarire che l’invito è rivolto a tutti “senza distinzioni politiche”. Da sabato, poi, si potrà sottoscrivere la denuncia in dei banchetti che si stanno organizzando in tutta Roma. All’appello, dicono, oltre ai romani hanno risposto anche cittadini del Nord che chiedono di preparare dei banchetti nelle loro città. E c’è da stare sicuri che anche i cittadini del Sud non staranno a guardare. f.mello@ilfattoquotidiano.it

è INTEGRAZIONE FACEBOOK+SKYPE? PER CONDIVIDERE CONTATTI, CHAT E MESSAGGI

Potrebbe essere l’accordo dell’anno nel mondo digitale: secondo alcune indiscrezioni Facebook e il servizio di telefonate via Internet Skype, sarebbero vicini ad annunciare una partnership che porterebbe a integrare i due strumenti: le liste dei contatti, le chat audiovisive e i di Federico Mello messaggi. Questo almeno quanto risulta al sito All Things Digital, che cita fonti vicine all’operazione. Stando ai “rumors”, l’integrazione potrebbe essere realizzata nella prossima versione di Skype: la 5.0, che dovrebbe essere lanciata nelle è GOOGLE FA GLI AUGURI A B. prossime settimane. L’accordo metterebbe MA È LO SCHERZO DI UN BLOGGER insieme gli oltre 500 milioni di membri di Il tam-tam sulla Rete è stato totale: “Ma a Facebook con i 124 milioni di persone che Google sono impazziti? Perché fanno gli ogni mese usano Skype. auguri a Berlusconi?” si chiedevano ieri molti utenti. È stato infatti un vero e proprio “viral” il doodle, l’immagine sulla testata di Google spesso modificata per occasioni particolari, con gli auguri al premier (che ieri compiva 74 anni). In realtà non si trattava del vero Google: un blogger Gabriele Farina, aveva realizzato la finta home page con l’immagine modificata: “Era un fake, un giochino ideato dal sottoscritto” ha ammesso in serata. La Rete ha gradito molto lo scherzo.

feedbac$ k Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it: “Berlusconi punta a vivacchiare Di Pietro: ‘Corruttore massone’” di Davide Vecchi è HO SEGUITO l’intervento di Bersani. Finalmente un po’ di grinta. Bravissimo. Francesco è NON HO MAI votato Di Pietro ma oggi mi è veramente piaciuto. Ha detto quello che milioni di italiano avrebbero voluto dire al Caimano! Xagena è ESECUTIVO tecnico ? Si potrebbe affidare ad un domatore di leoni! Circenses è WELLÀ e bravo Bersy! E visto che mi sei piaciuto ti auguro anche buon compleanno và! Wiola è DI PIETRO, Grillo, Fini, Bersani, Veltroni, Vendola ma insomma questo leader lo avete trovato???? Claudio è CHICCHITTO che chiede a FLI di smettere con la guerriglia mediatica ..AH AH AH AH AH AH questa fa proprio ridere! Deamaia

Il gruppo Fb; la maglietta di Renzo Bossi “la Trota”; lo scherzo di Google; un logo di Twitter

è HO RIDACCHIATO anch’io, il discorso di Cicchitto mi è arrivato di maniera. Scialbo e recriminatorio.

!!!!

DAGOSPIA

LA RUSSA: È LA STAMPA BELLEZZA

“Metti una sera a cena allo chicchettoso Baretto, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, attovagliato con Feltri, Santanchè, Sallusti e company, si alza improvvisamente dal tavolo e anticipa l'uscita di due belle signore. Aspetta sul marciapiede circondato da un manipolo di guardie del corpo e da auto blu con sirene lampeggianti (per l'esattezza quattro). Le signore al saluto del ministro davanti a tanto spiegamento di forze quasi quasi si mettono sull'attenti e poco ci manca che, patriotticamente, si mettano a cantare Fratelli d'Italia. In fin dei conti è pur sempre il capo dell'Esercito e delle Forze Armate. La Russa con fare da marpione/gentiluomo attacca bottone ( e che bottone, non le mollava più) e invita le signore al superprivè del Castello Sforzesco allietati dalle note di Smaila per la festa del Pdl, il prosimo 2 ottobre. Alla richiesta del numero di telefono occorre memorizzare sul cellulare ministeriale i nomi delle signore. A questo punto sono necessarie le presentazioni, il ministro non ne ha bisogno, prego la parola passa alle signore. Caterina Ruggeri del Tg5 dice la prima, guardandolo fisso negli occhi. Patrizia Paliaga di Verissimo, si presenta la seconda e fa fatica a nascondere un è “PROMOTED TWEETS” risolino. Il FOLLOWER SPONSORIZZATI SU TWITTER ministro trasecola e Twitter, il servizio di microblogging nato la butta sul ridere. circa quattro anni fa è diventato il terzo Che figurina barbina. social network in assoluto dopo è INTERVIENE LA GELMINI Oops, è la stampa Facebook e YouTube, superando DOPO LA POLEMICA NATA IN RETE bellezza! (Januaria MySpace che in un anno ha perso il 17% Il ministro Gelmini ha disposto Piromallo su di utenti. Sull’onda del successo la un’ispezione ministeriale presso il bellaedannata.com) Obvious Corporation di San Francisco, Conservatorio di Milano a seguito società proprietaria di Twitter continua a della polemica per le dichiarazioni di sperimentare servizi e strumenti per gli un docente, Joanne Maria Pini. Su inserzionisti volti ad aumentare ricavi e Facebook il professore si era detto a favore della Rupe guadagni per l’azienda. Dopo i Promoted Tarpea – la parete rocciosa dove nell’antica Roma venivano Tweets (un programma di messaggini gettati i condannati a morte – commentando la proposta di promozionali che consentono alle Giuseppe Pellegrino, assessore all’Istruzione di Chieri (To), aziende di commercializzare prodotti e che intendeva “separare gli alunni disabili dagli altri servizi sul social network) arriveranno compagni”. La Gelmini intende verificare “se siano state anche i Promoted Accounts, con cui gli pronunciate frasi o messi in atto comportamenti inserzionisti potranno pagare per far sì discriminatori nei confronti di ragazzi disabili all’interno che, tra i contatti da seguire, agli utenti della struttura. Se i fatti saranno confermati risulterebbero vengano suggerite aziende specifiche. Un di estrema gravità e getterebbero un’ombra pesante sulla sistema reso possibile da un algoritmo in capacità educativa dell'insegnante”. (Eleonora Bianchini) grado di analizzare i movimenti sul Web e su Twitter e in grado di consigliare aziende e inserzioni che rispondono a determinati interessi. (Pasquale Rinaldis)

è GRANDE Di Pietro ma devo dire che non mi è dispiaciuto neanche Bersani anche se mi aspettavo qualche parola in più sulla riforma della giustizia. Grossa delusione per il discorso di Fli anche se penso che nel governo non ci rimarrà per molto. Licia è PEGGIO di Silvio non si può fare, stiamo andando a rotoli e nessuno se ne rende conto a parte i lettori del fatto. Ma finalmente Bersani si è svegliato, cosa gli hanno dato? Zahre10 è QUALSIASI cosa ha preso, dovrebbe farsi fare la ricetta. É questo il Bersani molto vorrebbero. Albe è FINO a pochi giorni fa correvate dietro a Fini, ora a Di Pietro è un grandissimo, la prossima volta sarà il turno dell’uomo ragno. Claudio è AMMETTO che quello di Bersani è stato un discorso niente male. Ora aspetto di vedere come passerà dalle parole ai fatti. Marino Boagno è È UNA grande offesa ai miei timpani ascoltare il piccolino cicchino! Per questo non posso ascoltarlo!!!! Rosa è DI PIETRO: l’unico politico Italiano che può fregiarsi dell’appellativo spagnolo “Hombre Vertical”. Vale a dire con la schiena dritta. Prepariamoci alla guerra in primavera. In galera


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Giovedì 30 settembre 2010

SECONDO TEMPO

PIAZZA GRANDE Il caso Fini e la doppia morale di Bruno Tinti

a certo che quelle società sono mie! Mi servivano per non pagare le tasse! Perché, lo sapete, oltre il 35% di aliquota, evadere le imposte è legittima difesa”. Così disse B. ai tempi del balletto sulle 64 società off-shore (processo All Iberian): sono mie, non sono mie; e alla fine la proterva verità. Di cui peraltro nessuno aveva dubitato. “Sì, B. ha commesso falso in bilancio (processo Lentini-Milan). Ma va assolto perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. Così ha detto il Tribunale di Milano dopo che B. si era fatto la legge che depenalizzava di fatto il falso in bilancio. “Sì, non ci sono prove che dimostrino che B. non ha commesso falso in bilancio (processo All Iberian 2). Ma è passato troppo tempo, i reati sono prescritti.” Così ha detto il Gip di Milano dopo che B. si era fatto la legge che dimezzava i tempi di prescrizione.

“M

Alleanza nazionale era un partito; cioè un’associazione privata. I soldi di An sono soldi privati; sicché, se qualcuno se ne è presi un po’, li ha (illecitamente) sottratti a un soggetto privato. L’evasione fiscale è un reato contro l’economia pubblica. La corruzione è un reato contro la Pubblica amministrazione. La falsa testimonianza è un reato contro l’amministrazione della Giustizia. Il falso in bilancio è un reato contro il mercato e la generalità dei cittadini. Quando B. ha commesso tutti questi reati, ha sottratto soldi e procurato danni a tutta la collettività. Già messa così, si può concludere che B. non potrebbe essere assunto nemmeno come portantino in un ospedale pubblico; ma Fini (che non è indagato e non ha precedenti) sì. Insomma, B. è ufficialmente persona che ha violato la legge (sarebbe bello poter dire che è un pregiudicato ma tecnicamente non è così e quindi bisogna trovare queste formule precisine); Fini è ufficialmente una persona onesta. Per meglio

I “guai giudiziari” del premier “SÌ, NON CI SONO prove che dimostrino che B. non ha corrotto i giudici (Lodo Mondadori). Ma è passato troppo tempo, i reati sono prescritti”. Così ha detto la Corte d’Appello di Milano. “Sì, non ci sono prove che dimostrino che B. non ha corrotto i giudici (Toghe sporche-SME). Ma è passato troppo tempo, i reati sono prescritti”. Così ha detto il Tribunale di Milano. “Sì, non ci sono prove che dimostrino che B. non ha dato 21 miliardi a Craxi. Ma è passato troppo tempo, i reati sono prescritti”. Così hanno detto la Corte d’Appello di Milano e poi la Cassazione. “Sì, B. ha commesso falso in bilancio (processo terreni di Macherio). Ma c’è l’amnistia”. Così ha detto la Corte d’Appello di Milano. “Sì, B. ha commesso falsa testimonianza (processo P2). Ma c’è l’amnistia”. Così ha detto la Corte d’Appello di Venezia. “Sì, Alleanza nazionale ha venduto a una società off-shore un appartamento che aveva ricevuto in eredità; ha preso 300.000 euro e li ha iscritti a bilancio. Adesso in quell’appartamento c’è il fratello della compagna di Fini. Fini deve dare le dimissioni da presidente della Camera”. Così hanno detto i giornali e le televisioni controllati o posseduti da B. Stropicciamoci gli occhi. B ha evaso le imposte, ha commesso falsi in bilancio e corruzioni, finanziamento illecito dei partiti e falsa testimonianza. Però da 17 anni (con qualche fortunata interruzione) è presidente del Consiglio dei ministri. E tutti i C di B. spiegano in coro che ha il diritto-dovere di governare. E Fini? che ha fatto Fini? Perché B&C spiegano in coro che si deve dimettere da presidente della Camera? In effetti, cosa ha fatto Fini ancora non si sa: forse non ha fatto niente, forse è stato uno stupido, forse ha favorito il fratello della sua compagna. In quest’ultimo caso, solo in questo, potrebbe aver commesso un reato. Vediamo.

Gianfranco Fini (FOTO ANSA)

dire, lo è fino a quando non sarà stato accertato il contrario. Ma, se fosse accertato il contrario, quali reati avrebbe commesso? Corruzione di minorenne, frode fiscale, corruzione? No, niente di tutto questo: una truffa. Reato procedibile a querela di parte, tanto per capirne la gravità. Vendere un appartamento non è reato, naturalmente; e nemmeno è reato venderlo a una società off-shore. Se poi l’operazione viene correttamente descritta in bilancio, dovresti dormire tra due guanciali: An prima aveva un appartamento e poi ha avuto i soldi: normale gestione patrimoniale. Certo, il prezzo deve essere congruo; ma qui le cose si fanno complicate. Io ho una vecchia Giulietta spider del

1960: valore? Secondo me 50.000 euro; ma se poi me ne offrono 40.000 o 35.000, non ho altri compratori in vista e sono in difficoltà a pagare le spese del garage, magari la vendo lo stesso. Insomma, un appartamento non è una copia del nostro giornale che si sa che costa 1 euro e 20; ha un valore di mercato, entro certi limiti indeterminato. Più delicata è la questione se la decisione di vendere è stata presa per favorire Tulliani fratello che aveva tanta voglia di vivere a Montecarlo. Se il prezzo era congruo, niente di penalmente rilevante. Però, certo Fini non ci fa una bella figura. Capisco che, anche in questo caso, a fronte

B. ha evaso le tasse, ha commesso falsi in bilancio e corruzioni, finanziamento illecito dei partiti e falsa testimonianza Perché il presidente della Camera dovrebbe dimettersi?

LA STECCA di INDRO

Pardi

l successo della Woodstock di Rimini è indiscutibile. Tra i vari popoli delusi dalla politica i grillini si pongono come la porzione volontariamente più esposta nel rifiuto dei partiti. Questo atteggiamento nella situazione attuale tende a trovare sempre nuove motivazioni. E potrebbe attrarre perfino una parte degli elettori del Pd esterrefatti nel constatare l’incapacità del proprio partito a esprimere il massimo dell’unità nel momento in cui il dominio indiscusso di Berlusconi nel Pdl è stato incrinato.

I

La casa di Montecarlo E SE L’HA SAPUTO dopo? Metti che Tulliani fratello abbia fatto tutto da solo, sapendo per via dei suoi rapporti con Fini che An voleva vendere questo alloggio. E che Fini abbia saputo come stavano le cose solo dopo il dossieraggio dei giornali di B. Reati, nessuno, ancora una volta; però, a non dire subito come stavano le cose non è stata una cosa furba. Naturalmente, se l’appartamento valeva 1 milione di euro e Fini lo ha venduto per 300.000 a una società che sapeva far capo al fratello della sua donna, ha commesso una truffa; nei confronti di privati ma sempre una truffa. Insomma, se le cose sono andate così, Fini non ne esce molto bene; sempre molto meglio del suo ex amico, ma si tratta a questo punto di una differenza quantitativa, non più qualitativa. E in effetti, in questo caso, farebbe proprio bene a dimettersi. Invece B. non ci ha mai nemmeno pensato a dimettersi; ma lo si capisce, lui e i suoi C sono esperti in doveri altrui.

l

La sinistra, per me, è sempre stata il nemico. Eppure i suoi governi, in questi ultimi anni, non hanno fatto male. Trovo la classe politica di sinistra migliore di quella di destra e più discreta. Ciò che mi è insopportabile è l’intellighenzia di sinistra, queste persone che si arrogano il monopolio del verbo e le posizioni del potere culturale da cinquant ’anni, con un’arroganza che nulla corrode.

Per i grillini non solo è importante ma è costitutiva della loro arte comunicativa la parola d’ordine “non siamo né di destra né di sinistra”. E potrebbero, se volessero, esibire l’approvazione di illustri protagonisti della politica come Cacciari.

La funzione del web L’AGILITÀ dei grillini nello spaziare in lungo e in largo nel Web può suggerire loro sensazioni di potenza estrema. Il concetto espresso sempre più spesso da Grillo (gli altri sono tutti morti viventi e saranno sommersi dalla marea

É

di Gianni

Barbacetto

MIGLIO AL SOLE I

l Sole delle Alpi sarà tolto (speriamo presto) dalla scuola di Adro, e va bene. Su questo è intervenuto perfino il capo dello Stato. Ma un’altra ferita resta aperta: è mai possibile che una scuola pubblica della Repubblica italiana sia intestata a Gianfranco Miglio? Non solo per il fatto che Miglio la Repubblica la voleva distruggere, dividendola in tre “cantoni”, Nord, Centro e Sud. Ma anche e soprattutto per “come” voleva distruggerla. Aveva un lucido piano, che per qualche tempo ha camminato sulle gambe della Lega. E che ha esplicitato in un’intervista rilasciata al Giornale nel 1999. “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ’Ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”. Ecco il progetto di Miglio: “Costituzionalizzare” la mafia, affidandole in gestione il Sud (il Centro era da abbandonare alla “vecchia politica romana”), in modo da avere le mani libere sul Nord. Farneticazioni di un vecchio professore bizzoso? No, garantiscono i magistrati di una vecchia inchiesta palermitana, chiamata “Sistemi criminali”. C’era, nei primi anni Novanta, un progetto per ridisegnare gli assetti del potere in Italia, dopo la deflagrazione della Prima Repubblica. Erano all’opera diversi soggetti: una parte del vecchio mondo politico, esponenti del mondo economico, pezzi degli apparati dello Stato, settori della massoneria... Ma anche Cosa Nostra e la ’Ndrangheta si erano messi in pista. Erano alla ricerca di nuovi referenti politici, dopo aver rotto con la Dc di Giulio Andreotti, accusato di non aver mantenuto gli impegni presi con i boss. Avevano così promosso, insieme con una composita compagnia di massoni e fascisti, faccendieri e affaristi, la costituzione di Leghe del Sud: contrapposte ma complici della Lega Nord. Il risultato sperato: far diventare la Sicilia “la Singapore del Mediterraneo”, in mano a Cosa Nostra. Naturalmente il Nord sarebbe stato lasciato a Umberto Bossi. Un piano da fantascienza? Per giudicare, bisogna ripensare a quei mesi febbrili del 1992-93 in cui i vecchi partiti crollavano sotto i colpi di Mani Pulite, le stragi insanguinavano l’Italia e tutto pareva possibile. Dentro la Lega, in quei mesi, si dava da fare un ambiguo faccendiere, strettamente legato al professor Miglio: Gianmario Ferramonti, amministratore della Pontidafin, la finanziaria del Carroccio, in contatto con la massoneria italiana e internazionale e con ambienti dei servizi di sicurezza nazionali e stranieri. Racconta il collaboratore di giustizia Leonardo Messina: “Dopo la Lega del Nord sarebbe nata una Lega del Sud, in maniera tale da non apparire espressione di Cosa Nostra, ma in effetti al servizio di Cosa Nostra; e in questo modo noi saremmo divenuti Stato”. Aggiungono i magistrati: “Uno dei protagonisti dell’operazione sarebbe stato Gianfranco Miglio”. È lo stesso Miglio a cui in Padania si intitolano scuole? Gianfranco Miglio: a lui è intitolata la scuola di Adro

Intervista a Le monde, 8 maggio 2001

Grillini, che c’è oltre i proclami? di Pancho

dei suoi ex colleghi di partito, ne esce fulgido come Santa Maria Goretti; ma, per le persone normali, non è proprio una cosa ben fatta.

NORDISTI

Continuano a dire di non essere né di destra né di sinistra Ma al momento del voto dovranno stringere un patto con gli elettori di centrosinistra, i cittadini con cui condividono molte aspirazioni montante nel Web) ha la funzione di irrobustire l’entusiasmo per un futuro luminoso. Ma è difficile che i grillini possano davvero credere alla suggestione di una crescita illimitata fino a diventare maggioranza. Sfiorati dal dubbio realistico che ciò sia possibile i grillini potrebbero cominciare a

Beppe Grillo (FOTO DLM)

chiedersi assieme a quali altri cittadini operare e progredire. La via per scegliere è partire dal proprio programma e controllare in giro le possibili affinità, le inevitabili contrapposizioni.

Un programma popolare ORA, è abbastanza evidente che il loro programma fortemente ancorato a criteri ecologici, dalla salvaguardia dei beni comuni alla sobrietà nei consumi, ha sicure affinità col sentimento diffuso nel popolo (nei popoli) di centrosinistra. Ed è parecchio distante sia dalla fascinazione della ric-

(FOTO XXX)

chezza esibita nel Pdl sia dalla retorica secessionista della Lega. I partiti saranno anche tutti uguali. Non è per niente vero ma facciamo finta di crederlo per un momento. Ma le aspirazioni dei cittadini non sono tutte uguali. Respingere le affinità è rifiuto autolesionistico. Quando si andrà votare i grillini di certo porteranno al voto persone che vi avevano già rinunciato. Recuperare l’astensionismo è cosa ottima. Ma poi bisogna chiedersi che fine faranno i molti voti recuperati. Con questa legge elettorale rischiano quasi tutti di finire al macero e i pochi eletti sopravvissuti alla mattanza non potranno che fare testimonianza. I grillini continuino pure a dire che i partiti sono tutti uguali, ma al momento del voto trovino il modo di stringere un patto con gli elettori di centrosinistra, i cittadini con cui condividono molte delle loro aspirazioni.


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SECONDO TEMPO

MAIL Il miglior discorso di Antonio Di Pietro Ho appena assistito al discorso del leader dell’Italia dei Valori Antonio di Pietro alla Camera dei deputati. È stato indubbiamente il momento più efficace e convincente della vita politica dell’onorevole. E ammetto che nell’ipocrisia di quell’aula ascoltare parole così violentemente dirette e prive di ogni compromesso è stato liberatorio per me e per tutti i cittadini come me ormai disabituati a sentire la verità raccontata in Parlamento. Lo ringrazio per non aver fatto discorsi fasulli come hanno invece fatto i finiani, o mezze verità come quelle del Partito democratico. Finalmente! Gianfranco

Gli applausi gaberiani al Cavaliere Gli applausi scroscianti che esplodevano ogni dieci parole proclamate dal capo del governo durante il suo intervento alla Camera di oggi mercoledi 29 settembre, intervento costruito su argomenti scontati da comizio elettorale, mi fanno ricordare le parole di una canzone di Gaber: “Non sanno se ridere o piangere... batton le mani”. Strepitosi saluti al Fatto. Giorgio

Chiediamo i danni alla Casta che ci ridicolizza Fa benissimo il ministro Brambilla a chiedere i danni di immagine a chi ha scritto il software “what country” che pare descriva un’Italia stereotipata, per nulla corrispondente alla realtà del Paese. Un’azione del genere potrebbe dare spunto a tutti gli italiani, invitandoli a percorrere la stessa strada e chiedere i danni a tutti i politici che infangano la reputazione di tutti noi, tempo fa qualcuno ebbe a dire che il Paese è molto meglio di chi lo governa. Ogni volta un premier apre bocca genera imbarazzi all’estero e copre di ridicolo tutti quanti, senza contare le corna mostrate da Berlusconi o i suoi approcci nei confronti della presidentessa finlandese Tarja Halonen. Se poi si vuole esagerare tutti potrebbero chiedere i danni per come i politici di ogni colore e di ogni epoca hanno usato questo Paese esclusivamente per coltivare i propri interessi.

L’allarme di Enrico Letta secondo cui “siamo a un passo dal disastro” ha un che di naif. Mi piacerebbe sapere dove hanno studiato comunicazione i dirigenti del Pd. Se dichiari che sei ad un passo dal baratro alcuni scapperanno (Pd meno 6 per cento), altri ti daranno una spinta. Meglio sarebbe stato riconoscere che la creazione è molto più facile della resurrezione. Infatti ogni giorno nascono nuove vite e con esse nuove speranze. La resurrezione è avvenuta solo due volte in più di due mila anni,

A DOMANDA RISPONDO BOSSI IL BARBARO

Furio Colombo

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aro Furio Colombo, adesso Bossi ha toccato il fondo quanto a volgarità, insulti e limiti mentali. L’uomo non sta bene oppure conta deliberatamente sul successo locale del suo povero spirito? Valentina

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TUTTI POSSIAMO

constatare che Bossi sta bene, si è rimesso bene e anche se non è un peso da poco portarsi dietro il figlio cercando di impedire che si sganci e agisce per conto suo, sembra cavarsela benissimo. Il fatto è che con la frase su Roma, Bossi non ha affatto toccato il fondo. L’aveva già toccato quando ha calcolato in pubblico il costo delle pallottole, quando ha annunciato che erano pronti i fucili nelle valli. L’ha toccato quando ha fatto (e ripetuto) il famoso, volgarissimo gesto del dito medio. Ma soprattutto l’ha toccato quando ha ammonito a Venezia, la signora Lucia Maserotti che aveva appeso alla finestra il vessillo nazionale: “Signora, il tricolore lo metta nel cesso. Serve per pulirsi il culo”. La frase è una citazione accurata ed è molto più grave dell’insulto ai romani non perché sia stata insultata la bandiera nazionale (gesto stupido e infantile oltre che volgare) ma perché la frase è stata detta dal leader di uno dei due partiti di maggioranza e di governo, poi ministro-chiave delle Riforme e, di fatto,

vicepresidente del Consiglio e stretto partner del primo ministro. E perché ha iniziato, con quella frase, la laboriosa strategia di secessione che si realizza così: i rappresentanti di un partito rigorosamente regionale e impegnati nello sganciamento delle regioni che la votano, governano da Roma in posizioni come il ministro dell’Interno, con lo scopo, perseguitato con alacrità, di spaccare la Repubblica. Nelle mani della Lega l’Italia è diventata irriconoscibile in pochi anni. Ruba le scuole statali, lascia digiuni i bambini immigrati, dà la caccia ai Rom come ai tempi di Hitler, ha legato l’Italia alla Libia per fermare e far scomparire gli immigrati in mare, ha creato in Italia campi di concentramento (i centri di identificazione) in cui ogni diritto umano e civile viene violato e la Costituzione abbandonata, dopo aver dato ai cittadini italiani una legge elettorale che impedisce di scegliere i candidati. Bossi è il leader delle classi separate stile apartheid, delle impronte digitali ai bambini zingari, delle ronde che sono fallite solo per il buon senso dei cittadini italiani. Volgare e odiosa com’è, la frase di Bossi su Roma è, a confronto con ciò che la Lega ha dato all’Italia, solo una piccola cosa stupida. Forse persino il figlio è imbarazzato. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

IL FATTO di ieri30 settembre 1902 Questa è la storia di un memorabile viaggio politico condotto, nel settembre 1902, tra le terre dolenti del Sud Italia, da un grande presidente del Consiglio, settentrionale doc, eppure così sensibile ai temi della “questione meridionale”. È la storia del mitico viaggio in Lucania di Giuseppe Zanardelli, grande politico di fede democratica, in cammino, per cinque giorni, tra casolari e terre assetate, tra le urgenze dei fratelli deboli di una regione assediata dalla fame, dalla malaria e dall’analfabetismo, condannata al degrado dalle “irragionevolezze dei sentimenti regionalisti del Nord che stavano minando l’unità d’Italia”. Lontano da demagogia o scopi elettorali, Zanardelli, leader carismatico della Sinistra storica, attraverserà, su carri agricoli trainati da buoi, le lande della Basilicata isolate dall’assenza di strade, ferrovie, fognature devastate da torrenti straripanti, seminata da tuguri minacciati dalle frane. Un vero passaggio all’inferno, al quale Zanardelli, di ritorno a Roma, risponderà con una “legge speciale sulla Lucania”. Legge pilota per la “resurrezione del Sud”, ritoccata poi da Giolitti, che il Presidente Galantuomo, morto pochi mesi dopo, non riuscirà a vedere approvata. Giovanna Gabrielli

Carmela Carpendu

Il baratro del Partito democratico

BOX

ed alcuni mettono addirittura in dubbio la prima. La seconda resurrezione è avvenuta per merito, o per colpa, di Berlusconi, che ha riportato in vita il peggio del peggio dei vecchi partiti. Forse è giunto il momento di abbandonare l’idea della resurrezione e far nascere una nuova vita. Cordiali saluti Benedetto Altieri

Sakineh e la pena capitale in Iran e Usa Caro direttore, si può dire “ha ragione Ahmadinejead” quando dice che anche gli Stati Uniti, la

più grande democrazia del mondo, hanno la loro Sakineh, Teresa Lewis, senza passare per retrogrado, oscurantista, islamista o (peggio ancora!) relativista (oltretutto Sakineh è ancora viva mentre, purtroppo Teresa è stata uccisa)? L’occidente “democratico” è sempre pronto a dare lezione ai “barbari” islamici, sui diritti delle donne, sui diritti delle minoranze, su quanto è bello andare a votare (anche tra bombe e massacri, come in Afghanistan). Siamo talmente convinti della nostra superiorità morale rispetto al mondo islamico da scatenare una guerra

con G. W. Bush a capo dell’armata, con Blair, Aznar, Berlusconi al seguito contro l’Iraq e contro l’Afghanistan, per convertirli alla nostra democrazia e ai nostri valori nel 2003, e poi con Obama che apre, paternalisticamente, la mano a chi vuole la pace. Salvo che poi la guerra in Afghanistan, con i bombardamenti e le stragi di civili continuano ancora adesso e chissà fino a quando, e minacciare continuamente l’Iran di “pesanti conseguenze” se non desiste dal suo progetto di nucleare (civile) quando Israele ha testate nucleari “offensive” da anni e nessuno dice niente; ma d'altronde nessuno dice e fa niente, a parte le associazioni pacifiste, anche israeliane, del continuo massacro del popolo palestinese da parte del democratico Israele. Ma spostiamoci anche dalle nostre parti, in Francia, patria della rivoluzione e dei diritti dell’uomo, che minaccia, condanna il regime iraniano per la condanna di Sakineh, mentre espelle dal suo suolo migliaia di cittadini rom, deportandoli in Romania, pagando loro il viaggio in aereo: una deportazione “civile”. Per non parlare del nostro bel paese, dove, per iniziativa del governo, hanno attaccato gigantografie della povera Sakineh anche davanti ai ministeri e al campidoglio da quel cuore tenero del sindaco Alemanno che della “caccia” ai rom e agli immigrati se ne fanno vanto; ricordate Maroni che, ghignando tra la barba, dichiarava che lui farà ancora peggio? A quando i treni piom-

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L’abbonato del giorno EMANUELE D’ELIA Il nostro abbonato del giorno, oggi, ci scrive da Avellino: “Ogni volta che si discute di politica, grazie a voi finalmente abbiamo a disposizione fatti autentici e inappellabili. Questo ha cambiato completamente il nostro modo di informarci e di conoscere e valutare la realtà che ci circonda. Non smettete mai di far crescere le nostre coscienze! Tutto il Paese, soprattutto in questo periodo, ne ha bisogno”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

bati? In Italia poi non possiamo proprio fare la morale a nessuno visto che abbiamo stretto accordi con uno dei peggiori dittatori, Gheddafi, avendogli dato soldi e mezzi per impedire gli sbarchi degli immigrati, con quali mezzi poi (violenze, lager in mezzo al deserto) non ci interessa. Con questo non voglio dire che in Iran ci sia libertà, che i diritti delle donne siano sempre

rispettati ma solo porre all'attenzione la visione neo-coloniale e vagamente razzista con cui spesso giudichiamo i sistemi, gli stili di vita, le religioni altrui, anche nei confronti di chi viene nel nostro paese – vedi la polemica sulle moschee – spesso strumentali alla ricerca di facili consensi elettorali, (la lega). Qualcuno diceva “guardi la pagliuzza negli occhi altrui e non vedi la trave che c'è nel tuo”. Cordiali saluti. Massimo Teti

Diritto di Replica Egregio Direttore, a proposito dell’articolo di Stefano Feltri intitolato “Manager sempre più intoccabili”, pubblicato ieri dal suo giornale, vorremmo precisare che Fastweb non è mai stata sottoposta a commissariamento e che l’offerta pubblica di acquisto lanciata dal nostro principale azionista, Swisscom, rientra nella sua strategia di sviluppo di Fastweb e di ulteriore crescita nel mercato italiano. Attraverso tale offerta pubblica di acquisto, Swisscom mira ad acquistare la totalità delle azioni Fastweb per assicurarsi, con questa operazione, maggiore flessibilità sul piano sia strategico sia operativo. Certi che vorrà pubblicare questa precisazione, Le porgiamo i più cordiali saluti. Maria Laura Sisti, responsabile Ufficio Stampa Fastweb

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