Contro la violenza di Genere, partiamo dalla Calabria
Contro la violenza di Genere partiamo dalla
Calabria Franca Fortunato A Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, sette brutti ceffi fra cui un minorenne, per due anni hanno violentato una ragazzina di tredici anni. Per due anni si sono divertiti con angherie e violenze. Imposto il silenzio minacciando di diffondere immagini intime registrate. Come è potuto accadere? Prima il principe azzurro, l’amore… Un grande amore che la presterà agli altri amici. Altri sette personaggi. Per due anni la bambina è stata costretta a soddisfare le voglie dei sette ragazzi, anche contemporaneamente. Tutto filmato e fotografato. Oltre Giovanni Iamonte figlio del boss del paese e capo del gruppo, tra gli arrestati anche il figlio di un maresciallo e il fratello di un poliziotto. Un ventaglio di opzioni. E questa la dice lunga sulla violenza di genere. Giovanni Iamonte (30 anni), Daniele Benedetto (21), Pasquale Principato (22), Michele Nucera (22), Davide Schimizzi (22), Lorenzo Tripodi (21), Antonio Verduci (22), Domenico Mario Pitasi (24), G. G. al momento dei fatti minorenne, sono questi i nomi degli uomini che a Melito Porto Salvo, provincia di Reggio Calabria, per due anni hanno stuprato una ragazzina di tredici anni. Una vicenda che ripropone quella di Anna Maria Scarfò, la ragazza di San Martino di Taurianova che ha avuto il coraggio di denunciare i suoi violentatori e mandarli in galera. Tutto ha inizio, come per
Anna Maria, con un ragazzo di cui lei si fidava e che considerava il suo fidanzato. È lui – come per Anna Maria – che porta prima uno e poi gli altri suoi amici del
branco, che a turno e insieme la violenteranno dalla fine del 2013 agli inizi del 2015. L’andavano a prendere all’uscita da scuola e la Casablanca 34
portavano al cimitero vecchio, oppure al belvedere o sotto il ponte della Fiumarella. Più spesso in una casa sulla montagna a Pentidattilo, dove la stupravano, tenendola ferma per i polsi e poi – come ha raccontato alla psicologa – la obbligavano a rifare il letto: «C’era una coperta rosa»; «E non avevo più stima di me stessa. Certe volte li lasciavo fare. Se mi opponevo, dicevano che ero incapace. Mi veniva da piangere». A casa non mangiava più. Spesso mancava da scuola. Mentre frequentava un istituto di Reggio Calabria ha scritto un tema sui suoi genitori. La brutta copia l’ha lasciata a casa e la madre l’ha letta. È stata la ragazzina a spiegare alla psicologa