La Rivista della Sezione Ligure del CAI. Nr. 02/2012

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Alpinismo e amicizia

In sciü de lì

Camillo Acquilino

SCUOLE, CORSI E AVVENTURE

L

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’altra mattina a Voltri ho incrociato due cacciatori che guardavano verso i monti, rapiti dalla magia del cielo reso terso dalla tramontana e ho sentito che dicevano: “Besoriè èse in sciü de lì”. Li ho solo salutati, poi quella frase mi ha fatto pensare a quando ero bambino: ‘In sciü de lì’ era la frontiera che dalla mia porta di casa andava estendendosi verso i monti, erano parole che rievocavano il senso e il fascino della zona della scoperta, dove lottano la voglia di emancipazione e i timori imposti dagli ambienti sconosciuti. La collina sopra la mia casa di allora era la “Michea”: la chiamavamo così, anche se nel 1878 il topografo Gatti dell’IGM l’aveva ribattezzata Bric Michele, 217 metri. Raggiungendo la sua cima dal versante meridionale ancor oggi si svela d’improvviso un bel paesaggio caratterizzato dall’elegante e ardito profilo della Punta Martìn: curioso sapere che gli antichi indigeni dell’alta Val Leira non chiamavano certo quel monte Punta Màrtin o Punta Martén, come a volte

Punta Martin vista dalla “Michea”

si sente dire, ma semplicemente il “Martìn”, come se anch’esso fosse uno di casa. Da piccolissimo mi portarono in gita sulla “Michea” nei pressi di una roccia affiorante di serpentino che in seguito sarebbe diventata il primo obiettivo delle mie scalate: a ricordare l’evento una vecchia foto. Al centro dell’immagine si vede la ‘mia via per la conquista dell’ignoto’: i Colletti, le Trincee, la Pietralunga e finalmente a “Baiarda” e u “Martìn”. Le scorribande fra ragazzini alle quali partecipavo diventarono via via più impegnative e si arricchirono, a volte, di qualche seria motivazione, come ad esempio la raccolta delle schegge di piombo sparse nella pietraia del tiro a segno di Rio Baiardetta. Ma il vero motivo del mio andare allora era semplicemente l’andare e quest’attività ha influenzato la mia attitudine al movimento su terreni scoscesi. Da giovane ho percorso quei luoghi un’infinità di volte: nei giorni di festa mi è capitato di raggiungerli la mattina, rientrare a casa per pranzo e tornarci al pomeriggio.


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