Montagne360 | Marzo 2021

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temperature minime sono scese a livelli impressionanti. Mingma Gyalje ha dichiarato che nelle primissime ore del 16 gennaio, al campo III (7400 m), il termometro segnava -60°C. Secondo. Il K2, collocato a 8° di latitudine più a nord dell’Everest (grosso modo alla stessa latitudine dell’isola di Malta, per intenderci), è il più settentrionale degli Ottomila, è colpito direttamente dalle tempeste che arrivano dalla regione siberiana e, sulle sue pendici più elevate, la pressione atmosferica può risultare molto bassa, soprattutto in inverno. Inferiore anche a quella dell’Everest. (Va ricordato che più ci si allontana dalla linea dell’equatore, più la pressione parziale dell’ossigeno presente nell’aria – cioè la pressione con cui l’ossigeno entra nei polmoni – diminuisce. Nel caso del K2, la posizione geografica e l’altitudine riducono sensibilmente la pressione parziale dell’ossigeno presente nell’aria. E questo spiega perché, sulla montagna, l’organismo umano riceve un apporto

OLTRE L’IMPRESA ALPINISTICA

di Luca Calzolari

All'antropologa Hildegard Diemberger abbiamo chiesto di spiegarci quali sono i riflessi socio-culturali di questa prima invernale sulla comunità sherpa Hildegard Diemberger insegna antropologia sociale all’Università di Cambridge ed è una grande conoscitrice delle culture e delle popolazioni delle regioni himalayane. Ha anche molta dimestichezza con la storia dell’alpinismo sia per averla respirata a fondo sin da bambina – suo padre è il grande alpinista Kurt – sia per interesse personale. Per allargare lo sguardo e capire pienamente le possibili ripercussioni che questa prima invernale al K2 avrà sulla comunità sherpa (e non solo), le abbiamo posto alcune domande. Secondo te Hildegard, questa prima invernale avrà ripercussioni sulla posizione degli sherpa nella gestione del business dell’alpinismo e del trekking? «Avrà certamente un impatto. Ma sarà un impatto di tipo incrementale, perché gli sherpa hanno già una posizione di privilegio in quel settore. L’invernale sul K2 accentua un processo già in corso sia nel business dell’alpinismo sia del trekking». È possibile che questa accentuazione invogli nuove frange di giovani sherpa a orientarsi verso l’alpinismo? «La carriera di alpinista, di guida o di staff a supporto delle spedizioni è già vista come attraente dai giovani, anche in zone non alpinistiche. Però, grazie a un aumento della connettività nelle zone rurali, la presenza mediatica sui social media rappresenta una novità, e ciò fa sì che ci sia una partecipazione più intensa a narrazioni che in passato sarebbero state solo narrazioni urbane o di chi legge i giornali. In questo caso, la presenza mediatica potrebbe produrre qualche effetto nei giovani nepalesi. E non mi riferisco solo agli sherpa». Dalle pendici del K2, l’ascensione del 16 gennaio è stata raccontata in un modo magistrale. È stata una narrazione da “piano editoriale” gestita con una competenza che nulla ha da invidiare a quella degli alpinisti occidentali professionisti… «È vero. Il racconto dell’impresa è stato costruito all’interno di una narrativa basata sui parametri occidentali e formulata su parametri figli del

mondo europeo. Si tratta di un’impresa mediatica nuova, unica, tutta sherpa, certamente importante, ma teniamo presente che la narrativa della storia dell’alpinismo arriva da occidente, e questi alpinisti hanno dimostrato di conoscerla e utilizzarla bene. Come dicevo prima, i social network e la comunicazione digitale, che comincia a funzionare anche nelle zone remote del Nepal, hanno creato un ambiente mediatico nuovo, aprendo un nuovo palcoscenico per vicende come quella del K2». A pochi metri dalla cima i dieci alpinisti si sono raggruppati e insieme hanno raggiunto la vetta del K2 cantando l’inno nazionale nepalese (cantare in salita, a quella quota, è un’impresa nell’impresa). Un gesto dal forte valore simbolico. Da antropologa, che lettura ne dai? «È stato un gesto di rivendicazione dell’identità nazionale. Gli sherpa, come molti popoli di cultura tibetana, occupano un posto intermedio nella gerarchia delle caste. Ma oggi, sulla spinta di alpinismo e turismo, hanno acquisito una posizione politica di grande profilo: fanno parte delle nuove élite, sono diventate figure di grande profilo nazionale, eroi del Paese. La costruzione della narrativa nazionale nepalese ha iniziato a celebrare gli sherpa mettendoli al di sopra della loro posizione di casta, in un sistema meno rigido rispetto al passato ma che continua a impattare sulla società odierna. Per capire meglio l’operazione legata all’identità nazionale, bisogna tenere presente la storia recente del Nepal, la guerra civile e la nuova Costituzione che ha dato più spazio alle minoranze etniche rispetto alla monarchia. Oggi le gerarchie di casta sono più fluide. È in atto un processo simbolico di costruzione di una cultura nazionale che include anche i popoli delle montagne. Si va verso una maggior integrazione dei diversi gruppi etnici all’interno di un progetto di cultura multietnica nazionale, e questo sottolinea il ruolo degli sherpa nell’alpinismo. Ma anche, in questo caso, la presenza, nel gruppo di vetta, di un alpinista Magar, cioè Nirmal Purja. Una situazione molto interessante». marzo 2021 / Montagne360 / 15


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