Caccia Passione luglio agosto 2015

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ANNO IV nr.07/08 - Luglio - Agosto 2015

CACCIA PASSIONE Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

“Il Dito nell’occhio” di Bruno Modugno: • Emergenza cinghiali..

Estero:

• Viaggio in Crimea.. Abbondanza di beccacce e bellezza..

Cani da caccia:

• Poitevin.. Segugio francese forte e raffinato nella seguita..

Il capanno di Giordano..




ANNO IV nr.07/08 - Luglio - Agosto 2015

CACCIA PASSIONE

in copertina

Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

Il Capanno

di Giordano..

“Il Dito nell’occhio” di Bruno Modugno: • Emergenza cinghiali..

Estero:

• Viaggio in Crimea.. Abbondanza di beccacce e bellezza..

Cani da caccia:

• Poitevin.. Segugio francese forte e raffinato nella seguita..

Un giorno di passo sul Monte Argentario può riservare molte sorprese..

Il capanno

di Giordano..

SOMMARIO Anno IV Nr. 07/08

14 Migratoria:

Il capanno di Giordano

www.cacciapassione.com

Pg 8 “Il Dito nell’occhio”.. Emergenza cinghiali..

20 Ungulati:

Cinghiali sotto le stelle

Bruno Modugno

Pg 14 M igratoria: Il capanno di Giordano..

Vincenzo Frascino

Pg 20 U ngulati: Cinghiali sotto le stelle..

26 Attualità:

Tanto tuonò che piovve!

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Pina Apicella

Pg 26 Attualità: Tanto tuonò che piovve!

Goffredo Grassani

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Sommario Pg 60 Veterinaria: Testardo? Il cane o il padrone..

Kalaris

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“Il Dito nell’occhio”.. Bruno Modugno: Emergenza cinghiali

29 Tiro a volo: 8° Campionato

italiano di tiro a volo paralimpico di Racconigi

Pg 29 Tiro a volo: 8° Campionato italiano di tiro a volo paralimpico di Racconigi.. Luca Minelli

Emanuela Carlini Massimiliano Naldoni

Pg 34 Caccia all’estero: Viaggio in Crimea.. Abbondanza di beccacce e bellezza.. Claudia Zedda Pg 40 Cani da caccia: Poitevin.. Segugio francese forte e raffinato nella seguita.. Kalaris

Pg 46 Fucili canna liscia: Franchi Affinity Synt 20/76. Il semiauto leggero e tuttofare.. Emanuele Tabasso Pg 54 Racconti venatori: Giusto in tempo..

Vincenzo Frascino

34 caccia all’estero: Viaggio in Crimea.. Abbondanza di beccacce e bellezza

46 Fucili canna liscia: Franchi

Affinity Synt 20/76. Semiauto leggero e tuttofare

60 Veterinaria: Testardo? Il cane o il padrone

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Editoriale IL LEONE CECIL E LA CACCIA DA TROFEO.. La storia ormai è arcinota: è stato ucciso il leone simbolo del parco nazionale Hwange nello Zimbabwe. I fatti secondo le ricostruzioni fornite dai giornali, al netto di quelle veramente fantasiose, dovrebbero essere andati cosi: il dentista americano Walter James Palmer ha acquistato un regolare safari nello Zimbabwe da una accreditata compagnia di caccia grossa pagando il prezzo di circa 55.000 dollari. La tariffa comprende tutti i servizi offerti durante il safari incluse le tasse di abbattimento. Sono state piazzate delle esche, in una vasta area con distanze anche di diversi chilometri, tutte ovviamente al di fuori del parco nazionale. Purtroppo il famoso Cecil ha deciso di fare una sortita fuori i confini del parco ed uno spuntino in una delle esche. Il resto lo conosciamo. Sono stati commessi degli errori da parte dei cacciatori? Sicuramente si! Sono stati commessi dei reati? Questo al momento non lo sappiano ma ci auguriamo che se si è agito fuori dalla legge vengano comminate le giuste e severe pene. Avendo sgomberato il campo relativamente alla nostra posizione riguardo l’uccisione di questo specifico leone che ha suscitato un moto di rivolta internazionale ora si rischia però, anche a causa della mala fede e dell’ignoranza, di trasformare questa iniqua morte in una tragedia ancora maggiore a danno degli animali selvatici africani. “La caccia se gestita in modo consapevole, può giocare un ruolo essenziale nella conservazione dell’ecosistema africano, così come affermato da un crescente numero di biologi dell’Università dello Zimbabwe”; “Recenti studi hanno dimostrato che, nei 23 stati Africani dove la caccia è permessa, circa 18.500 turisti pagano oltre 200 milioni di dollari all’anno per cacciare leoni, leopardi, elefanti, etc. e ottenere i relativi trofei. Ciò genera una serie di incentivi, di natura economica e finanziaria, finalizzati alla salvaguardia della natura: National Geographic 2009”. La stessa prestigiosa rivista in un lungo articolo ha spiegato come il futuro degli animali selvatici a livello mondiale sia sostanzialmente nelle mani dei cacciatori che con il loro amore per la natura e la loro passione creano un interesse ed innescano tutta una economia che contribuisce fortemente a tutelare gli ambienti selvatici e le specie che in essi vivono. Questi, cari amici, sono dati inconfutabili. Siamo noi cacciatori che paghiamo affinché nello Zimbabwe possa e debba esistere il parco nazionale Hwange. Siamo noi che paghiamo le guardie, le attrezzature, gli strumenti necessari alla conservazione di ambienti ed ecosistemi selvatici. Siamo sempre noi che paghiamo gli studi per la conservazione delle specie e sosteniamo le economie dei parchi dove gli animali possano vivere liberi e selvaggi...

...Continua la lettura sul portale internet Caccia Passione.

Federico Cusimano


Il dito nell’occhio.. Emergenza cinghiali di Bruno Modugno

Q

uesta volta il dito voglio infilarlo nell’occhio di tutti quelli che, di fronte all’emergenza cinghiali, sanno indicare un solo responsabile: il cattivo cacciatore, che negli anni’50 importò dai Balcani e immise nei nostri boschi, a scopo venatorio e di ripopolamento, alcuni esemplari di cinghiali danubiani, grossi di taglia, molto più prolifici dei nostri. Quindi ce l’ho con i colleghi giornalisti e conduttori televisivi poco informati e seguaci del pensiero unico, dei veterinari che pur di apparire in TV sono disposti a vestire di scienza le più clamorose cazzate. Lo abbiamo appena visto a Uno Mattina dove il nostro Direttore era stato invitato per esporre al pubblico cosa significhi e quanto sia utile all’ambiente e alla fauna selvatica la presenza di 18 mila cacciatori l’anno. Il veterinario che aveva il compito di spiegare i comportamenti deviati dei nostri amici cani e dei maiali rinselvaticiti nei parchi siciliani ha interrotto l’intervento di Cusimano e si è lanciato in una filippica contro i cattivi cacciatori e in difesa del leone asiatico che nessuno caccia! Ma, quel che è peggio, Il conduttore complice, pagato da tutti noi, l’ha lasciato fare. Ce l’ho Caccia Passione 8

con ambientalisti e animalisti che continuano a dar la colpa di tutto ai cacciatori, anche del caldo, degli incendi e dell’inquinamento da piombo, tranne quei pochi illuminati come Wilderness, Federparchi oltre a qualche frangia umanistica di Legambiente, che riconoscono alla buona caccia una funzione riequilibratrice della dinamica delle specie. Ma torniamo all’emergenza cinghiali. È vero, dopo la guerra c’era il deserto. I cinghiali, in quelle poche zone tirreniche e in Calabria dove c’erano sempre stati, erano stati decimati dalla fame della gente, non dai cacciatori. Ecco il perché dei ripopolamenti degli anni ‘50. Ma poi l’ambiente, come si sa, plasma le specie: nelle nostre fitte macchie avevano più facile gioco i grugni affusolati dei sopravvisuti cinghiali nostrani, sicché dopo 50 anni non è rimasta traccia dei giganteschi balcanici. Sì, è vero, il nostro cinghiale oggi è un po’ più grosso e fa più figli. Ma non è quella la causa delle disavventure nelle quali sono incorse alcune persone aggredite e ferite dai cinghiali e degli incidenti stradali mortali provocati dai branchi che scorrazzano di notte lungo le strade statali.


Il dito nell’occhio..

Una causa? Una delle tante, ma forse la più inedita: Il periodo di pasciona causato dall’innalzamento della temperatura che ha aumentato le capacità alimentari (ghiande, castagne e altri frutti del bosco) e quindi raddoppiato i parti nell’anno. L’abbandono delle colture e l’aumento delle zone boscate dove sono apparsi altri ospiti vecchi e nuovi come cervi, caprioli, daini e mufloni che, se non controllati da una caccia attenta e selettiva, possono provocare danno non solo al lavoro dell’uomo e pregiudizio alla sicurezza stradale, ma limitare lo sviluppo dei boschi. E più di tutti, i cervi. Che sono stati immessi in tutta Italia dai Forestali di Tarvisio. Anni fa, un intero branco che scorrazzava

per i vigneti del Brunello, è stato sterminato per i disastri che combinava. Lì non si trattava di vile granturco, ma di un vino da 40 euro (prezzo base) a bottiglia! Mi stupisco che quella volta non se la siano presa con i cacciatori. Forse perché l’episodio è stato tenuto segreto perché avrebbe creato qualche problema a giornalisti felloni, veterinari Caccia Passione 9


vanitosi, animalisti pietosi. Un’altra causa? I volta ho sentito al telegiornale una parola parchi, detti anche “la madre del cinghiale”. di buonsenso. Il responsabile delle politiche ambientali chiede la collaborazione dei Lì vivono indisturbati (tranne in quelle aree cacciatori per risolvere l’emergenza cinprotette dove è prevista la caccia di selezio- ghiali Ma lo sai che ti dico? Ora, dopo tanne). Lì si riproducono e si rifugiano dopo ti anni di accuse e persecuzioni, farei uno le notturne incursioni nelle colture agricole. sciopero di un paio di anni. Arrangiatevi! Ecco perché vanno in giro a branchi sulle strade nazionali provocando incidenti spesBruno Modugno so mortali. E chi vive dentro un parco? Se li ritrova in casa come aggressivi coabitanti. Io abito a Roma al confine tra il Parco di Veio e il Parco dell’Insugherata. I cinghiali escono nel giardino condominiale e pascolano nei prati dell’Acqua Traversa. Mica di notte, addiritura in pieno giorno bloccando il traffico per via della gente che si ferma all’improvviso per far fotografie col telefonino I cacciatori? Che c’entrano? Vi giuro che ce la mettono tutta per risolvere il problema, anche a caccia chiusa, nei parchi e laddove le provincie autorizzano gli abbattimenti selettivi soprattutto a spese delle femmine e delle classi giovani. Ora per la prima

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News venatorie Arcicaccia: ” Wilma la cacciatrice con un passato da anticaccia”. Caccia & ambiente: La storia di una donna che dall’ostilità preconcetta ora dirige un circolo dell’Arci Caccia.

E

pensare che ero stata sempre contro la caccia…”. Confessa il suo “peccato originale”, che l’ha accompagnata per oltre quarant’anni, Wilma Vettorel, trevigiana, dal 2010 cacciatrice e da quest’anno presidente del circolo Arci Caccia di Mareno che conta 104 cacciatori, tutti uomini. Simbolicamente e convintamente, a ridosso dell’8 marzo, nell’assemblea congressuale, all’unanimità dei presenti, l’hanno voluta a capo dell’Associazione. “Una scelta difficile – ci dice Wilma – perché si trattava di prendere il posto di Ferruccio Carnielli, indimenticabile dirigente dell’associazione che ha segnato positivamente, per più lustri, con le battaglie dell’Arci Caccia che lo hanno visto in prima fila, la storia della caccia come piace a me: responsabile, legata alla gestione e alla conservazione della fauna”. “Di Carnielli – continua a raccontare Wilma a tavola con Pier Luigi Pittarello, Paolo Sponchiado e Giuliano Ezzelini Storti – ricordo il primo incontro dopo che mi associai al circolo Arci Caccia di Mareno e mi iscrissi all’Atc n.4. Avvertii subito la sua passione e la sua ostinazione nel promuovere la caccia popolare e sostenibile.

Ferruccio sono andata a caccia per due anni. Imparo da lui la caccia col cane a lepri e a fagiani, a rispettare le regole e le distanze, a conoscere le zone, a considerare il lavoro degli agricoltori, a capire sempre di più cos’è la caccia, chi sono i cacciatori e perché occorre combattere i bracconieri e la cultura della rapina e della distruzione che portano con sé”. “E poi ..”.- si ferma un attimo Wilma. Con lo sguardo rivolto all’orizzonte sembra rivivere quei momenti e il suo volto si illumina. “Ho partecipato alle catture delle lepri nelle zone ripopolamento e ho scoperto la gioia e l’amarezza degli uomini a seconda dei risultati conseguiti perché quelle catture rappresentano la palese testimonianza del buon lavoro di gestione fatto e di quanto sia utili i cacciatori nella tutela della biodiversità. In quelle circostanze capisco cos’è la caccia: tradizione, rispetto per l’ambiente, impegno sociale, sano divertimento, amicizia vera e genuina ma anche sana rivalità e competizione. Durante le operazioni di cattura guardi gli occhi e la fatica di quelle persone, che sacrificano tempo e denaro alla loro famiglia, e avverti la devozione per la natura da parte dei cacciatori. Molto di più di certe persone che amano definirsi ambientalisti ma che poi dalle piccole cose quotidiane dimostrano, purtroppo, il contrario”. “Torna a chiamarlo fin che te eo trova…” rispose Ferruccio in dialetto stretto.aro magica ma sento, e so di dargli un dispiacere, che non è nelle mie corde, non mi entusiasma.

Nel frattempo faccio allenamento al tiro al piattello per prepararmi, ma… con le anatre non ci so proprio fare. Roberto ha anche passione per la caccia agli ungulati e mi coinvolge in questa nuova esperienza. Per un’intera stagione lo seguo zitta e attenta in altana, alla cerca nei boschi al tempo del bramito dei cervi e nelle grandi battute ai cinghiali. Sono affascinata, anche se la sveglia è alle 3 del mattino e fa un freddo cane. Ora si, mi piace tutto. Dopo aver ottenuto la licenza ungherese e una carabina mi cimento nella caccia ai cinghiali. La gente capirà. D’altronde è già Mi colpì. E’ stato un grande presidente e un grande successo a me!” uomo pur con i difetti, ad iniziare dal suo partico- Fox Red lare carattere, che hanno tutti gli esseri umani. Con Caccia Passione 9


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Il capanno

di Giordano Caccia Passione 15


Il capanno

di Giordano Testo e foto di Vincenzo Frascino

Un giorno di passo sul Monte Argentario può riservare molte sorprese.

I

giorni di passo sul Monte Argentario sono quasi leggendari per la gente del posto. A metà ottobre l’invito dell’amico Fabrizio per una giornata di caccia ai tordi arriva come un regalo inaspettato che m’ingolosisce non poco: sono anni che sogno di vivere quest’esperienza. “Purtroppo stamane non si sente nemmeno uno zirlo, Caccia Passione 16

Vince’!” mi accoglie mesto Fabrizio quando arrivo a buio a Porto Ercole, e le sue parole, miste all’espressione un po’ perplessa, sono come una doccia fredda. Facciamo una veloce colazione al bar cercando, con aneddoti ed elucubrazioni varie, di tirarci su il morale e la speranza. Il mio mantra “infetta” anche Fabrizio: “Mai dire mai!” e con tutta


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la speranza che quest’alba ottobrina ispira ci incamminiamo. La strada s’inerpica lungo la costa, a picco sul mare. Saliamo tra i tornanti e a ogni metro guadagnato in altezza la generosa fetta di mare che il Creatore ha servito ai Portercolesi si ingrossa, fino a far perdere lo sguardo in un orizzonte senza fine. Scesi dalla macchina cambio lo strozzatore alla canna del fucile, indosso la mia cartucciera e, dopo poche centinaia di metri di cammino, giungiamo sul posto dello spollo. È ancora buio quando, col fucile in spalla, comincio a studiare l’ambiente e le possibili traiettorie dei tordi. Dopo pochi minuti di attesa, un primo tordo traccia una

po mi sbaglio: a giorno fatto il mio carniere ospita solo tre tordi, e quello di Fabrizio idem. Mentre siamo intenti a cercare tra l’erba un tordo caduto che era stato occultato dalle ombre dell’alba, tre figure in lontananza spuntano dalla macchia e, cariche come muli, procedono verso su fermandosi nei pressi di Fabrizio. Si tratta di Giordano, suo fratello Giorgio e il padre Cesare, diretti all’appostamento per una giornata di caccia a colombacci. Saluti e in bocca al lupo. Passa un’ora, forse più, i fucili ormai sono in spalla, non serve star pronti: da quando è sorto il sole, non è passato nemmeno un tordo. L’idea iniziale di passare la giornata qui ci pia-

freccia nera sullo sfondo indaco del cielo appena illuminato. Con un tiro di stoccata fulmino il suo volo, mentre le piume leggere, ondeggiando nell’aria, testimoniano il buon esito del tiro. “Vuoi vedere che questa giornata, a dispetto delle funeree attese, comincia a girare bene?!” mi dico fra me e me, dopo questo primo incontro. Purtrop-

ce sempre meno. Piuttosto attirano la nostra attenzione gli spari che ogni tanto sentiamo giungere dalle parti del capanno di Giordano. Mentre siamo con le orecchie tese (e un po’ invidiose) verso il capanno, Fabrizio riceve una telefonata. È proprio Giordano… “Se lì di tordi non ne passano, perché non venite qui da noi?! Si vedono in lontananza Caccia Passione 17


diversi branchi di colombacci, e oggi sem- lombi al suolo. Ci giriamo verso Giordano, brano anche credere alla tesa!”. Prima di fi- stupiti nel vederlo senza fucile: è tanto estanire di riferirmi la telefonata, Fabrizio ha già siato dalla perfetta riuscita della manovra scaricato e messo nel fodero il fucile. In men che ha preferito non spezzare l’incantesimo, che non si dica siamo al capanno. Giordano continuando con i suoi movimenti sapienti sta armeggiando con stantuffi e racchette, e a manovrare la tesa. E così continua a fare i suoi movimenti ampi e sapienti ricordano per ore, fino a quasi mezzogiorno, dando a quelli di un direttore d’orchestra. E i suoi me e Fabrizio la possibilità di incarnierare “musicisti” sembrano davvero diligenti: un numero insperato di colombacci. Chi stormi di colombacci arrivano come richia- l’avrebbe mai detto? Una giornata nata con mati da un misterioso magnetismo. Fru- forti aspettative per la caccia ai tordi, ci aveva ghiamo nelle tasche e ... Un grosso stormo di co- profondamente delusi negli zaini in cerca di quasi prima di inizialombi si dirige da terra vercartucce con piomre. L’incontro fortubo un po’ più grosso, so il mare, Giordano lancia nato con Giordano, la ma ne racimoliamo sua abilità e un pizziin volo i volantini e inizia co di fortuna ci hanno ben poche. Io e Fabrizio ci posizioniamo a muovere sempre più ala- fatto invece vivere una uno a destra e uno a cremente gli stantuffi ... magnifica giornata di caccia. Sicuramente il sinistra di Giordano, cercando di lasciargli più margine possibile miglior attore non protagonista di oggi è lo di movimento. Lo stormo sembra crederci, splendido panorama che si gode dalla cima e da lontano compie una virata verso il ca- del Monte Argentario: cielo e mare sconfipanno, chiudendo un’ampia circonferenza nati, ornati da verdi isole e dalla costa aspra tra cielo e mare. Appena arriva a tiro io e e rigogliosa di macchia mediterranea, riemFabrizio usciamo allo scoperto con sincro- piono gli occhi di bellezza e il cuore di granismo perfetto e ai cinque colpi sparati dai titudine. nostri fucili fanno eco quattro tonfi di co-

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Ungulati

Cinghiali

sotto le stelle..

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Cinghiali

sotto le stelle..

Testo e foto di Pina Apicella

Una notte d’estate, la pace dei campi addormentati, illuminati solo dal chiarore delle stelle, in attesa di incontrare la bestia nera.

N

el corso di una settimana di ferie estive in maremma è giunto inaspettato ma molto gradito l’invito ad un’uscita di contenimento al cinghiale con la modalità dell’aspetto. Al piacere per la compagnia e per l’opportunità di andare a caccia di cinghiali in

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una stagione che solitamente è occasione solo di malinconici ricordi invernali, si è presto associato un grande entusiasmo per l’esperienza della caccia in notturna. Gli appostamenti temporanei, infatti, vengono allestiti nel tardo pomeriggio e l’aspetto si protrae fino a notte


Ungulati inoltrata. In Toscana come in quasi ogni posto, alla caccia si associa quasi sempre l’aspetto conviviale, e sono rare le squadre che non organizzano un lauto pranzo (o cena) al temine delle battute. In questo caso, pur non essendo una vera e propria squadra, i selecontrollori coinvolti nell’uscita, in barba all’orario bizzarro del tardo pomeriggio, non si fanno certo mancare una sostanziosa merenda. Per l’occasione siamo stati ospiti della famiglia Suardi, proprietari dell’azienda in cui si è organizzato il contenimento. Nel giardino della splendida fattoria, circondato da casali e campi, gli amici di San Martino sul Fiora hanno allestito in un battibaleno una “interessante merenda” a base di formaggi e bistecche di chianina, con cui ci siamo rifocillati in allegra compagnia prima di completare le formalità della registrazione e la disposizione delle poste. Al fresco delle querce secolari, con un panorama mozzafiato negli occhi, a molti di noi viene quasi voglia di fermarsi lì a contemplare le distese di grano pun-

seminando cacciatori a 4-500 metri l’uno dall’altro. Io, a causa delle stampelle che devo usare per camminare dopo un piccolo incidente, mi muovo con difficoltà nell’erba, e gentilmente Maurizio, responsabile della disposizione dei cacciatori, mi assegna un comodo appostamento che raggiungo facilmente appena scesa dalla jeep. Oggi mi accompagna l’amico Fabrizio, col quale ho diviso tante esperienze di caccia al cinghiale in battuta e, per la prima volta questa all’aspetto. Sono contenta di non esser sola, per me è un’esperienza nuova, non saprei certamente come gestire tanti aspetti, tra cui in particolare la scelta della posizione in base al vento e poi, soprattutto, il buio. La caccia di selezione non mi è nuova, anche se fin ora l’ho praticata esclusivamente al capriolo, ma al crepuscolo solitamente si lascia l’appostamento. Qui invece è completamente diverso: è proprio col buio che comincia il bello! “Giugno è veramente un mese formidabile per la caccia”, riflettiamo con Fa-

teggiate da papaveri…ma il “dovere” ci chiama, e ancora con un tozzetto in bocca, e col sole alto nel cielo, ci accingiamo ad allacciare gli scarponi e a preparare le carabine. Non siamo in molti, e la zona da controllare è abbastanza ampia. I fuoristrada solcano i campi

brizio, mentre sistemiamo gli sgabelli nell’erba, alta il giusto, a coprirci fino alle spalle “Sono le sette di sera e c’è ancora tanta luce! In una giornata così si possono fare mille cose!”. In effetti, mentre si cenava temevo in cuor mio che stessimo tardando un po’, ma ora che siaCaccia Passione 23


vedo l’animale nerissimo stagliato in mezzo alle margherite, col grifo alto a sondare l’aria. Da un momento all’altro una folata di vento rivelerà la nostra presenza. Il cinghiale comincia a camminare a muso basso, mi da il tempo di girare la testa, il corpo, il treppiedi e infine lo sgabello. Si ferma per qualche istante. “Sono 130 metri. Spara appena te la senti” mi incita Fabrizio. Il reticolo è fermo, il cinghiale abbastanza (“certo che i cinghiali non sono come i caprioli” penso mentre il mio bersaglio non è mai perfettamente una statua di marmo), miro poco dietro la spalla anteriore e “BAM!”. La deflagrazione del colpo mi sorprende e fa fischiare le orecchie. Fabrizio ha visto l’animale piegarsi sulle zampe posteriori mentre la palla in uscita ha sollevato una striscia di terra. Osserviamo l’animale fuggire con una disperata corsa sostenuta solo dall’avantreno verso il fitto di un roveto che è davanti a lui e alla nostra sinistra. L’abbondante sangue sull’anchuss e lo strattonare del cinghiale agonizzante nei rovi ci danno la certezza che lo ritroveremo lì. La luce inizia a obliquarsi sul nostro campo, i milioni di margherite gialle che punteggiano la collina sembrano diventare fosforescenti, il cielo terso dalla tramontana assume toni sempre più incandescenti, l’occhio si abitua alla luce sempre più arrendevole…“Un branco!” sussurra attonito Fabrizio col binocolo schiacciato sugli occhi. “Ne conto otto! Due scrofe e il resto porcastri” confermo io, cercando di far bella figura col mio “prof ”, “Sono lontanissimi, il binotelemetro segna 290 metri!....Io da qui non gli tiro” chiarisco, emozionata e felicissima per tanta opulenza. “Aspettiamo che si avvicinino, ora siamo a vento buono, non dovrebbero avventarci e, speriamo, nemmeno vederci, se arrivano a una distanza fattibile puoi sparare”. Il branco si muove compatto, talvolta qualche porcastro tenta un guizzo di autonomia e si allontana, una scrofa grugnisce e lo richiama all’ordine. Il vento da nord ci porta qualche suono gutturale, sempre più distinto man mano che i cinghiali si avvicinano. Caccia Passione 24

mo appostati mi rendo conto che c’è ancora tanto tempo prima che gli animali escano in pastura nei campi. Mentre sbinocolo qua e là, seminascosta dall’erba, vedo Fabrizio rientrare da lontano [era andato a recuperare il treppiedi che aveva lasciato nel fuoristrada di Maurizio, ndr] e con le mani fa gesti come a dire “tanta roba!!”. Appena si siede, mi sussurra “Non hai idea! Mentre passavo nel campo che ci separa dalle poste alla nostra sinistra, ho attraversato un trottoio trafficatissimo, e intorno c’è tutta terra smossa…secondo me ci sarà da divertirsi stasera!”. L’entusiasmo di Fabrizio mi rincuora, e son contenta di averlo come compagno di posta, da lui ho molto da imparare: udito formidabile, occhio da falco, grande conoscenza del cinghiale e ottimo “tiratore”, sicuramente l’amico di Porto Ercole può definirsi un professore in materia per un’inesperta come me! Stiamo in silenzio e fermi come mummie. È una situazione molto particolare per me: giacchetti arancio, poste tutt’intorno, fanno pensare a una battuta di caccia al cinghiale, ma l’atmosfera contemplativa e l’orario evocano la caccia di selezione… un’esperienza decisamente interessante! Ad aprire le danze è l’amico Franco che a giorno pieno abbatte un verro in mezzo al grano. Col sole ancora caldo e alto un grugnito dai toni bassi serpeggia esattamente davanti a noi. Non abbiamo un reale punto cieco eccetto pochi metri che separano il bordo-macchia dalla pendenza del poggetto su cui siamo appostati. Eppure il suono sembra provenire proprio da lì. Sono attentissima a ogni ulteriore indizio acustico, ma non posso cambiare la mia posizione ora, farei troppo rumore, quindi resto seduta sullo sgabello con la carabina poggiata sul treppiedi sperando che non si riveli troppo alta. Sia io che Fabrizio, rivolgiamo la nostra attenzione alla nostra destra, certi che l’ultimo grugnito sia giunto da lì. “Gira solo gli occhi a sinistra, Pina, stai immobile, c’è un cinghiale che ci sta fissando” sussurra Fabrizio. Mi percorre un brivido, mi giro lentissimamente e


Ungulati

Da terra con uno zaino sull’altro sono abbastanza stabile, ma la distanza è ancora troppa. Aspetterò. Ma ad un certo punto un’unica mente sembra guidare il branchetto verso la macchia che fa da cornice (in questo caso, ahimè, da sipario) al nostro campo. Si muovono e sono lontani “No, no…io non tiro, e poi ho già tirato poco prima. Fallo tu!” passo la

carabina a Fabrizio che senza troppi complimenti la poggia sul treppiedi aperto difronte a lui, mette l’occhio nell’ottica, gira di pochissimo la manopola degli ingrandimenti ed esplode un colpo che mi fa sobbalzare, benché lo aspettassi. Dal binocolo vedo un cinghiale rotolare nell’erba, quello a lui più vicino prendere una rincorsa fulminea e gli altri animali formare un trenino nero che va a ripararsi nel fitto della macchia. “Bravo Fabrizio! …grazie! Io non me la sentivo!” “E’ normalissimo, stai tranquilla – mi rassicura – con così poca luce, gli animali mai perfettamente immobili, ci vuole un po’ d’esperienza!”. Il manto nero della notte avanza e soffoca ogni bagliore dietro le montagne in lontananza. Piccoli LED luminosi s’infittiscono e prendono vigore fino a illuminare una notte senza luna. “Non pensavo che le stelle facessero tanta luce” osservo tra me e me e ancora una volta ringrazio la mia buona stella per avermi fatto vivere un’altra bella avventura di caccia.

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Tanto tuonò che piovve!

di Goffredo Grassani

Finalmente , i nostri eroi (Franco Perco e Uncza, in testa) sono riusciti nell’intento di dare un’ulteriore legnata alla già sin troppo bistrattata caccia in Friuli Venezia Giulia / Zona Alpina..

E

’ stato infatti approvato – con un ritardo di 23 anni ! – il Piano Faunistico Regionale del FVG ,( (che ha comportato, tra l’altro, un consumo di oltre 4 risme di carta da parte degli interessati per conoscerne le bozze), senza attendere qualche giorno ancora per l’esito del ricorso al TAR, presentato da Federcaccia. L’argomento che qui ci interessa, non è tanto la logorroica disamina preliminare, sostanziale e “strategica” dell’elaborato, ma la previsione di un blocco della caccia al Capriolo, al Camoscio ed al Cervo nel periodo degli amori, quando il Distretto venatorio non raggiunga la “Consistenza Obiettivo” (NO) della specie o una certa percentuale “magica” del piano di prelievo! Attenzione: NO e piani di prelievo riferiti al Piano venatorio distrettuale, non ai singoli enti (le Riserve) di gestione! E un tanto sarebbe indifferente se i Distretti avessero rispettato il dettato della legge istitutiva , ossia essere costituiti su territori uniformi e omogenei per presenza di fauna e tradizioni venatorie : sin dalla nascita alcuni distretti, come il Tarvisiano, sono stati inquinati dalla politica, per cui Tarvisio, forte delle sue millenarie tradizioni asburgiche, si trova a convivere forzatamente con le Caccia Passione 26

mummie di Venzone, le farfalle di Bordano, i combattenti di Taipana e alcuni dissidenti della Carnia! Un meraviglioso pout-pourri dalle conseguenze sinora – fortunatamente - solo sanguinose (in quindici anni di convivenza), ma con previsioni non certo rosee. Le premesse storiche di un simile exploit? L’organizzazione (auspice, purtroppo l’Uncza o meglio il suo Presidente pro-tempore), di una Conferenza internazionale -“Cervus 2007”- a Fiera di Primiero –TN- (della quale il sottoscritto, allora Vice Presidente Nazionale Uncza, con delega alla “comunicazione”, ha avuto notizia per puro caso!). E in quella sede è scoppiata la bomba! Tralasciamo per il momento le strane vicissitudini personali del Presidente Uncza pro tempore. Soffermiamoci sull’esordio del Dr. Francesco Riga, ricercatore INFS: < sarebbe opportuno (non scientificamente provato) sospendere la caccia al cervo nel periodo del bramito, per la delicatezza del periodo riproduttivo. Ma il periodo ancor più delicato – sempre secondo il suddetto – sarebbe quello antecedente al periodo degli amori! Né andrebbe sottovalutato il periodo susseguente all’attività amorosa, atteso il dispendio di energie dei maschi!>


Attualità Quanta delicatezza! Che animo gentile! Ma per ottenere questo risultato, bisognerebbe – coerentemente – sospendere per mesi ogni lavoro in bosco; vietare escursionismo con qualsiasi mezzo effettuato; vietare raccolta di funghi e altri prodotti del sottobosco; vietare ( le spesso inutili e ripetitive) ricerche faunistiche sul territorio; al limite, non si potrebbero effettuare nemmeno i censimenti al bramito; e chi più ne ha più ne metta. D’altronde , a det-

ta degli stessi sostenitori della “sospensione amorosa”, “non è stato possibile determinare l’impatto del disturbo”. In materia, Ungheria docet! O dovrebbe insegnare! L’unica motivazione : l’opportunità! Quale? Forse quella di lenire i pruriti dei protezionisti ad oltranza o di accondiscendere a fisime di ricercatori, sensibili ad avere campo libero nell’attuazione di progetti finanziati, ma incuranti di esigenze gestionali? Il sottoscritto ha intuito subito

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la pericolosità dell’evento; ne ha reso edotto il Direttore della Riserva di caccia di Tarvisio ed è intervenuto presso la IV Commissione regionale per tentare di scongiurare che una previsione di sospensione venisse inserita – come richiesto dal Dr. Franco Perco ed il consenso degli Yes Men - nel PFR, rendendo poi difficile qualsiasi modifica. Perché tanta protervia? Si possono fare, ovviamente, solo ipotesi. Con questo sistema, ossia la “sospensione amorosa”, la caccia al cervo verrebbe privata del periodo migliore per la “ s c e l t a “del capo da prelevare, secondo il piano di assegnazione. Conseguenza, la necessità di “ s c o v a r e “ ( quindi, non più “scegliere” gli animali) con l’aiuto obbligato di cani da seguita! Né l’Infs, né l’Uncza, né l’Urca hanno avvertito questo pericolo. Colleghiamo questa prospettiva alla contemporanea dichiarazione dell’allora Presidente di Bolzano, Luis Durnwalder, circa l’introduzione nella nuova legge provinciale altoatesina dell’uso di cani – sia pure “ idonei ”- per battute nella caccia agli ungulati! Che ne dite? Noi, Cacciatori tarvisiani, siamo stati sempre leali collaboratori con le istituzioni nella gestione della fauna selvatica, in particolare del Cervo. Basti ricordare che sin dal 1969 i censimenti vengono eseguiti assieme al CFS, al CFR, ai rappresentanti delle istituzioni e a quanti vi vogliono partecipare. Tutti autodidatti, tutti volontari, tutti leali appassionati. E il Cervo , in Valcanale, è esploso. Da 10 capi censiti nel 1950 a 1.100 capi del 2000; da un solo capo abbattuto nel 1969 a 113 capi nel 1999. Complessivamente, nel periodo sono stati abbattuti 1244 cervi : 733 tra femmine e vitelli, 511 maschi. Femmine 43,7%, vitelli 22,5%, maschi 33,8%, con ottima distribuzione nelle varie classi di età! Questi dati – ufficiali ! – sono il risultato di una gestione autonoma tra Cacciatori e Foresta di Tarvisio, senza l’ausilio di tecnici faunistici (!?!) aggiunti. Aggiungiamo i rinvenimenti per morte a vario titolo (una media di 20/25 x anno, con un picco di 118 nel Caccia Passione 28

1981). Manca il dato ufficiale delle catture per il ripopolamento di quasi tutto l’Appennino e qualcosa d’altro ( 20-50 capi anno?): naturalmente capi sani, forti, in una parola i migliori. Che più da questa forma di gestione? A chi teme che “durante il periodo del bramito sia possibile prelevare maschi di qualsiasi classe, nonché i calvi”, va suggerito di non dire sciocchezze: nessun “cacciatore di montagna” sparerebbe ad una femmina o ad un vitello nella zona di Brunftplatz! In conclusione, va riferito quanto dichiarato dal Direttore dell’INFS (ora Ispra) , Dr. Silvano Toso :” “poche carabine in una area vasta, con una scelta oculata dei maschi da prelevare, determinano un impatto minimo, tendenzialmente accettabile anche durante il periodo riproduttivo”.Quindi? Capo assegnato e distribuzione razionale sul territorio sono garanzie assolute. E sufficienti. In ultima analisi, noi accettiamo, anzi chiediamo l’intervento scientifico. Ma in questo caso non è così: lo stesso Dr.Perco, alla richiesta di cosa pensi la scienza sull’argomento, ha risposto : “ La scienza non sa bene, ancora. O meglio, non ci sono studi approfonditi sulla questione:abbattimenti di maschi di cervo durante gli amori non hanno conseguenze negative. Dimostrate.” Di questo passo, grazie ai continui attacchi , abbiamo perso, in montagna, il Francolino di Monte ed il Gallo Cedrone, allargando lo spazio al bracconaggio ( a caccia chiusa, i topi ballano! Diceva mio nonno) ; abbiamo perso la caccia al canto in primavera al Gallo Forcello; Coturnici, Pernici bianche e Lepri variabili si godono solo con il binocolo; lo Stambecco ( immesso) ha sconvolto la vita del Camoscio; questa specie, poi, ha sofferto le pene dell’inferno perché la natura facesse il suo corso e lasciasse libero sfogo alla rogna sarcoptica . Che più? Lasciamo altri spazi ai pruriti para-tecnici? Weidmannsheil!


Tiro a volo

CRISTALLO E ACCIAIO

8° Campionato italiano di tiro a volo paralimpico di Racconigi.. Ci sono cose che il tempo e le avversità non possono scalfire. Possono piegarsi, perfino cadere, ma poi, a dispetto delle leggi della fisica, si rialzano e tornano ad affermare la loro voglia di vivere ed esistere. Testo di Luca Minelli, foto di Emanuela Carlini e Massimiliano Naldoni

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er vedere alcune di queste meraviglie all’opera bastava trovarsi al TAV Racconigi (CN), dal 19 al 21 giugno, in occasione del campionato italiano di tiro a volo paralimpico. Stessi piattelli, stesse pedane, stessi fucili, ma difficoltà centuplicate, a causa di quegli handicap che costringono alcuni tiratori a imbracciare e sparare utilizzando un solo arto, o assicurare con fasce di sicurezza le carrozzine sulle quali, da seduti, completano le loro serie di prova. A Racconigi è sceso in pedana in questi giorni il cuore forte del tiro a volo, quell’acciaio che manca a molti tiratori normodotati, contrapposto alla fragilità, quasi come cristallo, dei loro corpi. Ventotto atleti iscritti al campionato, suddivisi in tre classifiche funzionali (una seduti e due in piedi), ognuno con una storia da raccontare e con tanto ancora da dare e da dimostrare. Ad accoglierci a Racconigi troviamo il padrone di casa, Pier Franco Allasia, 69 anni, di cui 50 trascorsi sui campi di tiro. Da 21 anni Presidente del TAV Racconigi, partito agli inizi con un solo campo immerso tra la piantagioni di granturco nelle Langhe, ci presenta oggi un impianto quadricampo che, proprio a Marzo Caccia Passione 29


2015, ha ultimato un terrapieno lungo 240 mt., alto 7,5 mt. con un basamento largo 22 mt., in altre parole, 1700 camion di terra, una collina dalla quale proiettarsi verso il futuro del tiro a volo. Proprio qui a Racconigi, 8 anni fa, prendeva vita il primo campionato sperimentale per tiratori con disabilità motorie, un evento che alla data odierna non ha ancora trovato pari in termini di standard organizzativi e livelli di partecipazione... Al suo fianco, oltre al suo staff, rigorosamente a gestione familiare, troviamo un altro cuore forte del tiro a volo, Vincenzo Cito, già delegato Regionale FITAV e oggi componente C.A.N. FITAV. Lui c’era a Racconigi nel 2007, in occasione del primo campionato sperimentale di tiro a volo per atleti con disabilità motoria, ed è ancora qui oggi, sempre pronto ad aiutare la crescita di questo movimento. Ma soffermiamoci ancora un pò sui protagonisti di questo splendido evento, ad esempio Aniello di Mauro, 62 anni, originario Caccia Passione 30

di Vietri Sul Mare e Piemontese acquisito, una vita sulla sedia rotelle per la polio contratta all’età di 9 mesi. Aniello è stato uno dei primi disabili in Italia ad ottenere il porto d’armi per uso caccia. Emilio Poli ha 47 anni, nel 2013 un incidente in moto lo ha privato dell’uso della parte sinistra del corpo, interrompendo la sua carriera in aeronautica militare. Il tiro a volo e il nuoto hanno contribuito alla sua crescita emotiva. Massimo Lanza (43 anni) è di Rometta Marea (Messina), anche lui ha dovuto riprogrammare la sua vita da quel maledetto giorno nel 2007 in cui ha subito l’amputazione della gamba destra al di sotto del ginocchio. Massimo è uno dei cuori d’acciaio di cui parlavamo, impegnato in vari sport, tra cui il nuoto, il ciclismo, e, dal 2014, anche il tiro a volo, se poi ancora ciò non bastasse, va aggiunto che Massimo ha guidato la sua auto da Messina a Racconigi (1.500 km per 16 ore di viaggio) per partecipare a questo 8° campionato Italiano di


Tiro a volo tiro a volo Paralimpico... Oreste Lai è di Sestu (Cagliari), ha 43 anni ed è uno di quelli che mettono tutto se stessi in ogni cosa che fanno. Anche lui dal 2007 è costretto su sedia a rotelle a seguito di un incidente in moto, ma affronta ogni giorno ed ogni impegno con serenità e determinazione, cullando il sogno di poter vestire un giorno i colori azzurri ai Giochi Paralimpici, per usare le sue stesse parole “la cosa più bella che ti possa regalare la vita”. Nella giornata di sabato 20 giugno Silvia Bruno, Presidente del Comitato Paralimpico Piemonte, è intervenuta al TAV Racconigi per portare il saluto del CIP a tutti gli atleti partecipanti. Ad accoglierla, oltre a tutti gli atleti iscritti al campionato, c’era Emanuela Croce Bonomi, responsabile del progetto paralimpico FITAV. La stessa Silvia Bruno ha dato l’appuntamento a tutti a Torino, il 13 settembre, per un evento polisportivo promozionale in piazza nel contesto della celebrazione per Torino, capitale Europea dello Sport 2015. Tornando al cam-

pionato paralimpico di Racconigi, il campione italiano 2015 di tiro a volo paralimpico nella categoria sitting è il campano Paolo Cirillo (103/125+12) impostosi in finale per 12 a 7 sul sardo Oreste Lai (109/125+12), terzo classificato Diego Bertolo (95/125+12+11). Nella categoria Standing 1 ha vinto il marchigiano Giorgio Marrozzini (119/125+14), aggiudicandosi per 14 a 12 il duello per l’oro sul romano Raffaele Talamo (109/125+13). Il bronzo è andato a Santo Falanga (107/125+11+12). Il campione Italiano per la categoria Standing 2 è il friulano Paolo Bortolin (112/125+13), già campione 2014, che ha superato 13 a 10 in finale Christian Ciocchi (84/125+10), alle loro spalle Elio Spadoni (99/125+7+8). Alla cerimonia di premiazione sono intervenuti la Sig. ra Tiziana Nasi, Presidente FISIP, Gianfranco Porqueddu, Presidente CONI Piemonte, Emanuela Croce Bonomi, Responsabile Progetto Paralimpico FITAV e il Maresciallo Enrico Bosio, comandante carabinieri Racconigi. La

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BERETTA Armi, su interessamento diretto del Presidente Pietro Gusalli Beretta, vicino al tiro a volo ed al progetto paralimpico FITAV, ha offerto agli atleti vincitori dei podi un montepremi in articoli disponibili sul Beretta Estore. In rappresentanza della Beretta Armi Christian Ciocchi, coadiuvato da Mario Contin, ha premiato i “colleghi” saliti sul podio. Ognuno dei 28 iscritti al campionato di Racconigi ha una storia da raccontare ed un sogno del cassetto. Ognuno di loro è fonte di ispirazione per chiunque li conosca, ed ognuno di loro pretende (giustamente) da chi li circonda lo stesso impegno che loro mettono nelle sfide quotidiane che affrontano. La Federazione italiana Tiro a Volo, a partire dal Presidente Luciano Caccia Passione 32

Rossi e da Emanuela Croce Bonomi, cuore e anima del progetto paralimpico, ha compreso nel tempo la vera ampiezza e l’importanza di questo progetto. Oggi è tutto pronto per trasmettere al Comitato Internazionale Paralimpico la proposta ufficiale di modifica ai regolamenti tecnici ed alle classificazioni funzionali, poi, a partire dal 2016, tutto il mondo avrà la documentazione ed i regolamenti ufficiali che disciplinano il tiro a volo paralimpico. Nello stesso momento in cui gli Olimpionici partiranno per i Giochi di Rio, il progetto paralimpico del tiro a volo si starà diffondendo e rafforzando a livello mondiale, e già il prossimo anno l’Italia sarà pronta a dare il benvenuto ad atleti paralimpici da nuovi paesi.


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Viaggio in Crimea abbondanza di beccacce e bellezza

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Viaggio in Crimea abbondanza di beccacce e bellezza di Claudia Zedda

I boschi di faggete in ottobre si tingono di rosso, il profumo di foresta ti stordisce, l’emozione ti scorre nelle vene e tu sai bene che dietro quei rami, oltre le foglie c’è la regina del bosco che ti osserva fiera e diffidente. Fa da sfondo il placido Mar Nero che mitiga il clima e riscalda il cuore. Benvenuto in Crimea.

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a Montefeltro Tour Operator rivolge ancora la sua attenzione alla Crimea e ti propone un viaggio che ha il sapore della tradizione e dell’abbondanza. Abbiamo seguito da vicino le vicende che hanno investito la Crimea nel 2014: oggi che la regione Caccia Passione 36

ha trovato un nuovo equilibrio siamo in grado di offrire ai nostri viaggiatori sicurezza a 360 gradi e tutti gli agi dovuti che si traducono in un’abbondanza di voli da e verso Mosca con la compagnia Aeroflot, possibilità di portar con sé i propri cani, belle riserve ge-


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stite da privati, case di caccia a cinque stelle e ospitalità delle più calorose. Raggiunta la riserva di caccia si comprende subito che il territorio ha una naturale vocazione venatoria: l’occhio del cacciatore riconosce immediatamente l’habitat amato dalla beccaccia, scorre lungo i folti boschi di faggete e roveri, individua presto il sottobosco pulito e le montagne che sono belle ma anche semplici da risalire. Si ha la sensazione di far rientro a casa, di ritrovare nei lenti e lunghi boschi di Crimea quell’Italia di trent’anni fa, ancora lontana dalla cementificazione e dall’inquinamento. Bella come l’Italia e con un abbondanza di selvaggina che non smette di stupire noi, che viaggi venatori li organizziamo dal 1993 e tutti i cacciatori. La Crimea d’altron-

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de è il primo punto d’arrivo per la beccaccia che si lascia Russia e Siberia alle spalle. Qui il selvatico arriva in gran numero ancora poco diffidente ma elegante e furtivo come al solito si è abituati a conoscerlo, in grado di dar del filo da torcere anche al più esperto dei cacciatori. Il viaggio che Montefeltro tour operator ha organizzato per te si traduce in 6 giornate dedicate alla caccia, intervallate da piacevoli trasferimenti in jeep con autista e assistenza di un guardiacaccia. In Crimea troverai abbondanza di selvaggina, paesaggi intensi ed emozioni da portare a casa. Quello che Montefeltro Tour Operator ti propone è un viaggio sicuro, per tutti, poco faticoso, ricco di selvaggina, mai avaro di passione. Montefeltro ti aspetta nel paradiso della Regina!


Caccia all’Estero

CRIMEA 2015 Caccia: beccacce Riserve: Ai Petri, Orlynaia, Sebastopoli (Pietra Rossa) e Sebastopoli (McKenzie) Periodo: da metà ottobre a metà dicembre Programma: 8 giorni, di cui 6 di caccia (n° 7 notti) Viaggio: voli di linea per Sinferopoli con Aeroflot via Mosca (possibilità di trasporto cani in aereo) PROGRAMMA 1° Giorno Partenza dall’Italia con volo di linea Aeroflot via Mosca. Arrivo a Sinferopoli, disbrigo delle formalità aeroportuali ed incontro con assistente Montefeltro e trasferimento con mezzo privato in hotel o casa di caccia. Sistemazione in camera doppia con 2 letti e trattamento di pensione completa (pranzo al sacco durante i giorni di caccia). Dal 2° al 7° giorno 6 giornate dedicate alla caccia con trasferimenti in jeep con autista ed assistenza di un guardiacaccia. 8° giorno Trasferimento in aeroporto con mezzo privato ed assistenza Montefeltro, in tempo utile per il volo di rientro. Organizzazione tecnica: Agenzia Viaggi Montetour di Montefeltro Sport Srl Info e prenotazioni: Montefeltro Sport Srl., via della Stazione, 50, 61029 Urbino (PU). www.montefeltro.com - Info@montefeltro.it - Tel.+39. 0722.307.229

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Cani da caccia

Poitevin..

Segugio francese forte e raffinato nella seguita.. Caccia Passione 41


Poitevin..

Segugio francese forte e raffinato nella seguita..

di Kalaris

Bella unione di forza e leggerezza, il Poitevin è cane che non passa certo inosservato. Nato per dar la caccia ai lupi, il Poitevin è letteralmente instancabile e dotato di un fiuto eccezionale.

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rancese fino all’ultimo pelo, il Poitevin è un eccezionale segugio la cui razza ufficialmente è nata nel 1692. Gli sforzi furono di un certo Marchese Fracois de Larrye che incrociando il Foxhound con diverse tipologie di segugio si trovò fra Caccia Passione 42

le mani questa eccezionale creatura. Dopo il concreto rischio di scomparsa corso dalla razza durante la Rivoluzione Francese in passato il segugio ha brillato come compagno più che affidabile durante la caccia al lupo. Si racconta che fosse in grado, duran-


Cani da caccia te le battute alla ricerca di lupi, di cercare la sua preda per centinaia di chilometri non dimostrando apparentemente nessuna stanchezza. Oggi i cacciatori francesi lo considerano un grandioso cane da seguita, costante e instancabile. E’ specialmente la sua grande adattabilità a qualsiasi terreno, la sua energia e la sua grinta a renderlo un segugio da selvaggina sorprendente. Non è solo la forza a renderlo un cane degno di nota, ma anche il suo fiuto particolarmente fine, che gli consente di trovare la traccia anche parecchie ore dopo il passaggio del selvatico. Poitevin: A vederlo si riconosce subito la sua eleganza: è indiscutibilmente distinto e muscolarmente forte, leggero e dotato di colori tenui e gradevoli. Normalmente l’addestramento del Poitevin richiede parecchio tempo e pazienza, ma i risultati ot-

tenuti sono alla fine piuttosto soddisfacenti. Abituato a vivere in muta, il cane riesce con semplicità ad instaurare legami d’amicizia con i compagni. E’ inoltre da tenere in considerazione che si tratta di una razza particolarmente energica che dunque necessita per la vita di tutti i giorni, di spazi piuttosto ampi. Il consiglio è quello di organizzare lunghe passeggiate in compagnia del proprio Poitevin quando non è possibile andare a caccia: il cane ha realmente bisogno di attività e movimento quotidiano. Testa allungata, cranio bombato, tartufo evidente e ossa sporgenti sono solo alcuni dei requisiti di questo bellissimo esemplare da caccia. E’ inoltre dotato di coda fine e di media lunghezza, e di un mantello tricolore con belle varianti di nero, bianco e arancio. Alto generalmente dai 62 ai 72 cm il peso

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non supera di norma i 30 kg. Da ricordare inoltre che il Poitevin necessita di mezzo chilo di alimento al giorno, da suddividere in due pasti, ma quando il cane è impegnato in periodi di caccia le dosi vanno aumentate. La vita di questo tipologia di cani non è troppo lunga: raggiungono al massimo gli 8 anni e generalmente, pur essendo forti e resistenti, sono soggetti a diverse malattie. Per questo il consiglio è quello di portare regolarmente il proprio Poitevin dal veterinario.

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Cani da caccia

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Fucili canna liscia

FRANCHI AFFINITY SYNT 20/76 Il semiauto leggero e tuttofare..

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FRANCHI AFFINITY SYNT 20/76 Il semiauto leggero e tuttofare..

Il modello mantiene il nome e il calibro che hanno segnato l’avvio della nuova produzione del marchio Franchi: nell’ambito di questi semiautomatici le proposte sono differenziate per soddisfare un ambito sempre maggiore di clienti

E

ccoci nuovamente a trattare di un fucile Franchi con tutti gli agganci mentali al passato e parimenti con l’apprezzamento di quanto il marchio sta proponendo attualmente per un diverso e moderno intendimento della caccia, dei modi, della selvaggina e, in capo a tutto, del fucile da impiegare in un simile panorama. Cogliere nuove

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di Emanuele Tabasso

opportunità è sempre più difficile perché individuarle presuppone una conoscenza della realtà molto puntuale, un saper dirimere le ubbie mentali dalla vera necessità, quella che in definitiva consente di mantenere produzioni con i numeri adeguati a un apparato industriale. Il semiautomatico continua a rivelarsi una scelta ripetuta, forte di una pluralità di ri-


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sposte fornite puntualmente al cacciatore grazie alla sua versatilità, all’impostazione meccanica solida e sempre migliorata nel tempo, al costo contenuto che, in definitiva, si rivela un argomento premiante. Il Modello Affinity Synt in calibro 20/76 racchiude quanto serve di classico e quanto occorre di innovativo: dell’uno abbiamo la concezione tecnica e dell’altro la calciatura e la scelta del calibro. La meccanica Osserviamo il castello chiuso in lega leggera lavorato di fresa con calotta convessa dotata di incavo rigato antiriflesso quale invito alla linea di mira data dalla bindella antiriflesso, raccordo personalizzato nell’innesto con il calcio, finestra di espulsione con bordo posteriore inclinato, anello anteriore per l’inserimento della canna e, sotto, il tubo caricatore. Nell’ampia apertura inferiore si fissa con un aggancio e una spina elastica il gruppo di scat-

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to comprensivo di guardia e ponticello, grilletto e bottone trasversale della sicura. Davanti si trova la cucchiaia elevatrice in acciaio lucidato e profondamente nervata per ottenere solidità e scorrimento delle cartucce senza intoppi. Il meccanismo di ripetizione si affida al sistema inerziale di cui si conoscono a fondo le caratteristiche di pulizia e rapidità di intervento. Il carrello otturatore in due pezzi prevede la testina rotante a due alette con profilo arrotondato, dotata del foro per il percussore e della robusta unghia estrattrice con molla di registro incorporata, che realizza la chiusura stabile inserendosi nelle mortise praticate nella culatta della canna. Sotto sparo tutto il fucile arretra, in particolare proprio l’insieme canna e testina, mentre rimane ferma la massa del carrello. Fra i due elementi una molla tozza e resistente a una pressione di circa 125 kg va a pacco accumulando l’energia che resti-


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tuirà, non appena cessa la spinta del rinculo, mandando indietro finalmente il carrello stesso dove una pista inclinata gioca con un piolo sporgente dalla testina obbligandola a ruotare. Si libera così il vincolo con la canna e tutto il complesso compie il ciclo di riarmo espellendo il bossolo vuoto, armando il cane, prelevando la cartuccia passata dal serbatoio alla cucchiaia e camerandola, pronti a un nuovo sparo. Tutto questo grazie alla molla di recupero posta anteriormente, attorno al serbatoio, su cui agisce un anello saldato alle due aste parallele, collegate al carrello. La canna fissa viene inserita nel castello tramite la sua lunga estensione di culatta e l’anello mediano, saldato inferiormente, si dispone sul tubo del serbatoio:

su tale appoggio si chiuderà il tappo a vite che blocca le diverse componenti del fucile. Nell’esemplare in prova abbiamo una lunghezza di canna pari a 66 cm (26”) e tre strozzatori intercambiabili di cui uno per pallini di acciaio. La calciatura in sintetico nero è decisamente funzionale e appare come la soluzione migliore per non temere rigature o altri guai dovuti all’acqua. Le forme classiche con linee diritte e pistola accentuata consentono una comoda imbracciatura mentre quattro piastrine, fornite con l’arma, permettono di variare piega e inclinazione raggiungendo le misure ottimali. Con la scelta del sistema inerziale si ha un’astina sottile e affusolata, elegante di linea e di presa più che buona. Caccia CacciaPassione Passione5149


La prova a fuoco La scelta del calibro 20 è già un fattore di raffinatezza e di sportività: impiegando le cartucce dotate del bossolo da 70 mm e carica demimagnum con 32 g di pallini è ben difficile trovarsi, come si suol dire, sotto armati e a nostro parere troviamo la carica da 28 g già esuberante per la caccia con il cane e per il divertimento in pedana. Se necessitano tiri lunghi come al passo, sia a tordi come a colombacci allora le specifiche cariche magnum con bossolo da 76 mm rivelano tutta la potenzialità di questo binomio fucile e cartuccia. Lo scatto è buono con una costanza degna di nota (2178 – 2210 – 2210 – 2220 g), magaCaccia Passione 52

ri da smussare un poco in una certa asperità iniziale che servirà anche a portare il peso di sgancio intorno ai 1800/1900 g più confacenti a chi ha sensibilità. Notiamo che nel ciclo a vuoto la cucchiaia elevatrice subisce un’inclinazione molto marcata venendo intercettata dal bordo della testina: forse una diversa regolazione sarebbe opportuna. Parimenti troviamo poco funzionale il tappo di fermo in cui forma, materiale e posizione incassata concorrono a rendere meno agevole del dovuto il serraggio, specie con mani umide. Lo stile è gradito se non inficia la funzione. Ciò detto passiamo al caricamento: risulta un po’ duro


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superare il dentino di ritegno delle cartucce nel serbatoio, ma crediamo che qualche seduta al tiro ponga tutto nella situazione ottimale. La messa in punteria è istintiva e il rinculo è ben assorbito dal sistema a trazione anteriore, così definito per la posizione della molla di recupero, con poco rilevamento e quindi rapida riacquisizione del bersaglio, anche con le cartucce magnum. Le rosate sui piattelli ci

sono piaciute molto così come il ciclo di riarmo e il mantenimento dell’assetto dopo lo sparo. Funzionalità, rustica resistenza alle ingiurie degli agenti esterni, bilanciatura statica e dinamica ben curata, aspetto gradevole nell’ambito delle calciature in sintetico: l’Affinity Synt in 20/76 è lì che vi aspetta, oltretutto con i suoi 7 anni di garanzia sulle parti meccaniche non sarà certo una scelta azzardata. Caccia Passione 53


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Racconti di caccia

Giusto in tempo! Caccia Passione 55


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Racconti di caccia

Giusto in tempo! Testo e foto di Vincenzo Frascino

Qualche ora rubata agli impegni di lavoro può regalare emozioni inaspettate, e a volte pochi istanti possono fare la differenza. Cronaca di un’uscita invernale a caprioli. Come spesso accade per un dispettoso gioco china che quasi sta albeggiando. “Ecco – mi della sorte, gli incontri di femmine e piccoli dico – il tempo di arrivare all’appostamento e nel mese di agosto, quando il calendario vena- sarà già troppo chiaro: mi sarò auto-boicottato torio prevede l’abbattimento dei maschi, sono quest’uscita!”. Con passo deciso ma con un po’ all’ordine del giorno. Viceversa non si contano di scetticismo mi dirigo verso il campo del mio gli avvistamenti di maschi durante l’inverno, appostamento: con un colpo d’occhio catturo quando i capi assegnati sono, appunto, piccoli diversi caprioli. Attraverso le lenti binocolo e femmine. E così, ai primi di marzo, la mia fa- cerco di decifrare la genealogia del branco: tra loro mi sembra di scetta destinata a un ... “Ecco – mi dico – il temidentificare, comclasse 0 è ancora lì che po di arrivare all’appostapatibilmente con la attende nello zaino. Dopo un sabato a mento e sarà già troppo distanza, una femmina col piccolo. Da caccia che mi ha rechiaro: mi sarò auto-boiqui non è possibile galato solo un po’ di relax ma zero caprio- cottato quest’uscita!” ... prendere decisioni né li, la domenica in tarda mattinata mi aspetterà un aereo a Fiumicino per un viaggio di lavoro. Faccio due conti, la valigia può aspettare, già che sono in Toscana non posso non approfittarne e sfidando la fortuna decido di trattenermi e tentare una rapida uscita mattutina. Così la sera preparo tutto l’occorrente e punto la sveglia a un’ora strategica, ma per una serie d’inconvenienti, al mattino mi ritrovo con un fastidioso ritardo sulla mia già strettissima tabella di marcia. Arrivo al posto mac-

tantomeno sparare, sarebbe auspicabile avvicinarsi ma l’assenza di “barriere” tra me e loro rischierebbe di allarmarli e farli scappare al mio minimo movimento. Ironia della sorte i caprioli sono davanti al mio appostamento, nel posto in cui li ho desiderati per giorni e giorni, mentre io… non riesco ad arrivarci! Son bloccato qui e ne approfitto per controllare come evolve la situazione. Due caprioli rientrano nel bosco da una parte, mentre la femmina e il piccolo, brucando e camminando, imboccaCaccia Passione 57


no la stessa direzione con passo tranquillo e intervallato da numerose soste sul prato. Nel proseguire verso il bosco i due caprioli hanno voltato le spalle all’appostamento e mi danno un’occasione per tentare di raggiungerlo. Controllo il vento lanciando in aria frammenti di fili d’erba e pianifico un tragitto semicircolare in cui sarò quasi sempre a vento buono. Da qui i caprioli sono a circa 500 metri; nel lungo percorso che mi separa dall’appostamento, c’è solo campo aperto, nessuna barriera dietro cui acquattarmi. C’è solo una quercia che campeggia a metà del percorso ed io, illudendomi ingenuamente che l’unico tronco possa nasconCaccia Passione 58

dere la mia sagoma, mi muovo circospetto e a scatti, immobilizzandomi ogni qual volta i caprioli alzano il capo. A passo di leopardo arrivo in prossimità dell’unico albero. Telemetro: sono 222 metri. “Oltre non posso andare – mi dico - un altro passo e potrebbe andare tutto all’aria!”. Ora o mai più. Sistemo lo zaino a terra, mi sdraio e appoggio la carabina. Metto quasi al massimo gli ingrandimenti dell’ottica, il reticolo si ferma sul classe zero. La sorte a volte è diabolica: il piccolo si ferma di punta, la femmina adulta è perfettamente a cartolina, e lentamente, tra un brucare e l’altro, si avvicinano inesorabilmente al limite del bosco. An-


Racconti di caccia

cora pochi metri e lì avrò persi dal mio campo visivo. Pazientemente (si fa per dire!) aspetto e spero che la piccola femminuccia ruoti su se stessa di qualche grado mostrandomi il fianco. Quando tutte le aspettative sembrano ormai sfumare ecco che il piccolo è nella posizione perfetta. Armo la carabina, controllo il respiro e avvicino delicatamente l’indice al grilletto. Al rumore dello sparo la femmina adulta schizza velocemente nel bosco ed io riesco a intravedere le zampe della piccola femmina che spuntano tra i fili d’erba ormai alti. Non ci speravo più. In verità avevo smesso di sperare quando, ancora in macchina, i primi bagliori

del mattino facevano rosseggiare le colline. E poi ancora quando l’appostamento era lontano e mi esponeva alla vista dei caprioli. “Giusto in tempo – penso – ancora pochi secondi e l’avrei perso di vista!”. Mi avvicino e rendo gli onori al capo che il bosco e la tenacia mi hanno regalato. Poche ore dopo arrivo trafelato in aereoporto e incontro le facce atterrite dei colleghi ormai certi che avrei perso l’aereo. “Giusto in tempo!” esclamano quasi in coro sollevati. “Già, giusto in tempo!” ma nessuno di loro può immaginare a cosa mi riferisco!

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Veterinaria

Testardo: il cane o il padrone? Caccia Passione 61


Testardo: il cane o il padrone? di Kalaris

Si sente così di frequente sentir parlare di cani testardi che lentamente ci si sta convincendo che quell’esserino a quattro zampe, un tempo il migliore amico dell’uomo, stia cambiando così tanto da non poter più essere definito animale sociale, disposto a tutto per l’uomo. Le cose stanno davvero così? O sono i padroni ad essere diventati testardi?

N

on è che non esistano i cani testardi, ma di questi tempi se ne sente parlare troppo di frequente. Che sta succedendo? Succede che il termine “testardo” venga affibbiato al cane senza troppi pensieri e spesso in maniera inopportuna. Mettiamoci d’accordo. Il più delle volte un cane definito testardo è un cane che non ha Caccia Passione 62

compreso a pieno il comando ricevuto. Lo so che per l’uomo vieni, seduto, porta sono comandi ovvi e in alcuni casi ritenuti essenziali, ma la stessa cosa non è per il cane. Se il comando è dato male è facile che il cane fraintenda il nostro ordine e per questo si mostri disobbediente. Spesso la disobbedienza viene letta come testardaggine. Nei


Veterinaria casi peggiori capita che i comandi vengano dati senza averli mai realmente insegnati. E’ logico che il cane non li comprenda ed è altrettanto logico che non ubbidisca. Quello dell’insegnamento è un passaggio essenziale, che spesso viene completamente dimenticato. L’addestramento d’altronde non richiede fatica eccessiva. Prendiamo ad esempio il comando “vieni”; lo si può facilmente insegnare con l’aiuto di una gratificazione qualsiasi, alimentare, ma anche vocale. Ripetendo per alcune volte questo comando il cane presto assocerà il suono all’azione e l’azione alla gratificazione: il gioco sarà bello che fatto. E’ però importante tenere in considerazione che i comandi, anche se insegnati, possono essere dimenticati. E’ cosa che capita con frequenza agli uomini, figuriamoci ai cani. Se una determinata azione non si ripete frequentemente, finisce che ci si dimentica come compierla nella maniera migliore e più efficace. La stessa cosa accade al cane, che ricorda il richiamo ma non sa precisamente come agire. Non per questo il cane

deve essere definito testardo. L’ideale, per non incorrere in questo problema è quello di rinfrescare periodicamente la memoria del cane con richiami random e a sorpresa: il cane imparerà ad eseguirli in maniera rapida e precisa. Detto questo è bene considerare che i comandi, per quanto assimilati alla perfezione, devono essere dati in maniera chiara e precisa. Solo in questo modo il cane potrà scegliere se eseguire o meno l’ordine impartito. E se il comando è noto al cane ed è stato impartito in maniera corretta, ma comunque non lo esegue? Il cane disubbidiente In quel caso non possiamo parlare di cane testardo, piuttosto di cane disubbidiente. Come ci dobbiamo comportare? Ecco 4 cose da non fare assolutamente: • perdere la calma. E’ una reazione del tutto inutile. Se anche un comando è stato insegnato a dovere, con fatica e dedizione, non sempre il cane è in grado di eseguirlo. Tanto per cominciare bisogna capire perché il cane abbia disobbedito all’ordine. La risposta spesso va cercata nell’ambiente ester-

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no: quando le distrazioni sono troppo forti per il cane, questo delle volte si dimostra di difficile gestione. Se ad esempio durante la caccia il nostro amico a quattro zampe non è obbediente come si era dimostrato in giardino non bisogna sbraitare, urlare, imprecare. Bisogna piuttosto riproporre l’insegnamento rinforzando la volontà del cane. Per farlo è bene che gli esercizi vengano eseguiti prima in contesti tranquilli e man mano in location più cariche di distrazioni; • ripetere confusamente il comando. Ripetere in maniera ostinata il comando, pur quando è palese che il cane non obbedirà è inutile e contro producente. Si stimola nel cane la convinzione che possa disobbedire o obbedire anche dopo molti richiami. Se il cane non risponde come ci aspettiamo è importante non perdere la calma, non continuare con lo stesso comando (con o senza modifiche) ma chiedersi perché lo faccia e agire di conseguenza; • dimostrarsi nervosi. L’emotività del conduttore può diventare un bel problema. Non è raro che sfoci in nervosismo, che come emozione negativa è in grado di suscitare medesime emozioni nel cane. Il mio consiglio? Molto meglio la calma e l’indifferenza: addestramento e fegato ringrazieranno. • no all’incoerenza. Comando e reazioni al comando devono essere sempre le stesse, diversamente si rischia di creare confusio-

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ne nel cane. Se un atteggiamento ci fa sorridere un giorno e adirare quello seguente, il cane presto non saprà come comportarsi. I cani testardi esistono? Senza ombra di dubbio sì, i cani possono essere piuttosto testardi. In gran parte questo aspetto del carattere canino è determinato dalla razza e dal tipo di intelligenza per la quale comunemente vengono contraddistinti. Prendi ad esempio il beagle: si tratta di uno dei cani più testardi con i quali si possa aver a che fare, ma naturalmente questo tratto caratteriale, da negativo diventa immediatamente positivo quando vediamo il beagle in azione. Dotato di una spiccatissima intelligenza istintiva, il beagle è dotato di una grande dose di autonomia e intraprendenza che lo rende testardo ma anche capace di portare a termine seguite a cinque stelle. Conclusioni I cani testardi esistono, ma esistono anche padroni che pretendono dal cane comportamenti mai insegnati o mal rafforzati. Per cui è bene investire del tempo nell’addestramento, nel rafforzamento, nell’impiego di comandi chiari e precisi: in quel caso saranno pochi i cani realmente testardi e disobbedienti. Se ne hai uno in casa ricorda: un addestramento standard probabilmente sarà inutile. Impara a conoscere il tuo cane e trova il modo per stimolare la sua intelligenza e motivarlo. I risultati arriveranno di certo.


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