Giancarlo Franco Tramontin - Una sensuale consuetudine etica ed estetica nella scultura

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gian car lo Fran co Tramontin una sensual e consuet udine Etica ed estetica nel la scultura



gian car lo Fran co Tramontin una sensuale consuetudine Etica ed estetica nel la scultura a cura di Saverio Simi de Burgis ed Eva Viani


stampato in occasione della mostra Giancarlo Franco Tramontin una sensuale consuetudine Etica ed estetica nella scultura Bugno Art Gallery Venezia dal 6 dicembre 2017 al 6 gennaio 2018

Testi Saverio Simi de Burgis Eva Viani S. Marco 1996/D, 30124 Venezia tel. 041 5231305 fax 041 5230360 info@bugnoartgallery.com www.bugnoartgallery.com

Progetto Grafico AndrĂŠs David Carrara Foto Matteo De Fina

ISBN 978-88-942108-1-1


Per un’etica ed estetica del fare creativo a Ester



L’assenza C’è, scavata nell’aria, la tua dolce forma di donna; un vuoto che palpita di te, come l’immoto silenzio dopo una perduta voce.

Diego Valeri (Diego Valeri, Poesie, Mondandori, 1967)

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Per un’etica ed estetica del fare creativo Saverio Simi de Burgis 8 novembre 2017

In rari casi l’opera d’arte può sublimarsi all’interno della produzione di un artista. Nell’opera di Giancarlo Franco Tramontin ciò avviene naturalmente, senza forzature. Si avverte sia nella sublimazione della materia accuratamente raggiunta nella realizzazione delle sue sculture, sia nella piena coincidenza tra il fare artistico e un’intensa biografia personale. Si può tranquillamente sostenere che da quando si decide di dedicarsi all’arte e di intraprendere tale strada, dalla prima formazione agli studi successivi, riuscire a equilibrare ricerche estetiche a ragioni umane che coinvolgono a 360°, non è questione da poco. Se poi non si avvertono vanitose ostentazioni e banali atteggiamenti un po’ di routine da artista romantico o maudit, una tale consapevolezza non può che condurre a far parlare direttamente l’opera. Così è stato.

Nel caso di Giancarlo Franco Tramontin le splendide sculture che continua a realizzare parlano tale comprensibilissimo linguaggio. Un linguaggio per di più classico, nell’accezione del raggiungimento di una

Simone Viani, Alberto Viani e Tramontin

oggettiva bellezza che, se non è sempre perenne, – vedi anche il caso di Canova, – è destinata a perdurare, pur in termini altalenanti, a lungo nel tempo per assume-

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Tramontin, Umbro Apollonio e Grica - 1962

re valori eterni. Per di più ciò si registra nel momento in cui le etichettature storico-artistiche che hanno contraddistinto soprattutto gli ultimi due secoli, e in particolare il ‘900 con le sue avanguardie via via maggiormente epigoniche nei ripetuti manierismi di se stesse, vengono meno e prende piede una inedita e necessaria rielaborazione critica. Si parlava prima degli esordi artistici di

Getullio Alviani, Ester Perata e Tramontin - 1962

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Tramontin, quando giovanissimo assorbiva le prime elementari conoscenze da un maestro come Arminio Enrichi, pedagogo e compositore, che riusciva a infondergli la passione, mai venuta meno, per la musica, quindi ancora adolescente ma già assai intraprendente nella sua vorace curiosità, entrò per qualche anno a frequentare lo studio del figurativo Pierluigi Sopelsa a Cannaregio, sestiere dove risiedevano entrambi. Sopelsa, pur rivelandosi nel tempo di orientamenti stilistici diversi dai suoi, gli rimase amico fino al giorno della dipartita. Quindi, grazie ai generosi consigli di Giacomo Caramel, già suo insegnante nonché amico di Gino Rossi e Arturo Martini ai tempi delle loro prime mostre alla Bevilacqua La Masa, seguì gli studi artistici. Da qui il passaggio in Accademia, indirizzo scultura, dove individuò in Alberto Viani il suo maestro, del quale – terminato l’iter accademico – diventò assistente per poi sostituirlo nella titolarità alla cattedra di Scultura, insegnamento tenuto da Tramontin per 40 anni, fino al 1998. Nel frattempo, già da quando era studente in Accademia conosceva Ester Perata, l’adorata compagna di una vita, chimica


di formazione ma con una grande passione comune per l’archeologia, con una predilezione per l’area primitiva e preistorica. Amorevolmente lo seguiva nei viaggi, soprattutto in barca a vela, a volte nelle trasferte di lavoro, sicuramente nelle sue scelte rimanendo per anni la discreta e appartata musa ispiratrice della sua ricerca e di tante opere, soprattutto per la conoscenza tecnica della resa dei materiali, per l’artista utile, all’inizio della sua attività, quando sperimentava più soluzioni nei primi diversi media utilizzati, anche quelli meno canonici e di derivazione industriale. La recente scomparsa della moglie ha sicuramente lasciato un vuoto incolmabile, tuttavia Tramontin, alla veneranda età raggiunta, ha ritrovato la voglia di ripartire con la sua ricerca e la sua produzione ar-

Egle Renata Trincanato e Tramontin

Bruno Saetti e Tramontin

tistica, così d’altronde come sarebbe piaciuto a Ester. Per tutte tali ragioni e forse anche grazie all’incontro con Giuseppe De Logu, suo docente di storia dell’arte ai tempi dell’Accademia, e con il quale discusse la tesi inerente gli antichi capitelli di Palazzo Ducale a Venezia, Tramontin ha avvertito il valore e l’essenza di una vera scuola, nel caso specifico della scuola di Scultura, rifacendosi soprattutto ai suoi immediati predecessori, Alberto Viani e Arturo Martini. Grazie ad Alberto Viani comprendeva il valore di una tale tradizione e della fondamentale utilità, anche nella formazione e nella didattica, di andare oltre le tecniche grazie all’ apporto culturale e infatti tramite sempre Viani aveva modo di frequentare e di confrontarsi con figure di spicco dell’intellighenzia attiva all’Università di Padova e a Venezia, soprattutto ruotante

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attorno alla personalità del cugino di Viani, Sergio Bettini. Qui colse l’occasione per stringere ulteriori durature amicizie come quella consolidatasi negli anni, con segni di stima reciproca, con Dino Formaggio. Ma di questi rapporti con il suo docente e poi amico di ricerche comuni ce ne parla più ampiamente Eva Viani, la devota figlia di Alberto e sorella dello storico dell’arte Simone, nel suo dovizioso contributo qui pubblicato, ripercorrendone le tappe con gli occhi della bambina di allora e quindi con lo sguardo maturo e colto dell’esperienza. Di Arturo Martini, invece, ha condiviso una certa libertà creativa e di giudizio, un’inusuale capacità di attraversare la storia dell’arte al di fuori di gabbie cronologiche o geografiche predefinite, libero anche da condizionamenti vari nell’individuare l’originale trasversalità di un artista o di un’opera, anche indipendentemente dalla fama e dal successo raggiunto nel corso dell’esistenza materiale. In tal senso per l’energia creativa profusa sempre e pure nell’insegnamento, Martini era un maestro eccelso pur se di formazione autodidatta. L’eclettico corpus della sua opera frutto di una prolifica attività, dai difficili inizi capesarini alle affermazioni

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Gianni de Marco

degli ultimi anni della sua esistenza, pone ulteriormente in risalto la sua notevole vocazione. Tramontin per temperamento così diverso dall’irruenza martiniana, ha compreso perfettamente e personalizzato tali intenti assumendo libertà e autonomia di ricerca nel rispetto della scuola e di una certa tradizione. Riuscire a essere dei maestri alla pari di cotante personalità che ti hanno immediatamente preceduto, non è cosa da poco e più che confrontarsi con loro, non resta, alla fine, che ingag-


giare una sfida con se stessi. Tramontin ha accolto la sfida e ne esce bene, consapevole dell’onestà e della lealtà della sua ricerca, con una visione serena e positiva che è diventata la sua cifra personale, dentro la scultura, al di fuori di un’effimera moda e per rimanere, in tale visione estetica, saggiamente sempre attuale e aggiornato. Questa intrinseca intima natura, forse per analoghe affinità elettive, l’aveva compresa, pur in ambiti di ricerca diversa, Diego Valeri, in un lontano intervento che recentemente, in occasione di una precedente esposizione dello scultore alla “Bugno Art Gallery”, abbiamo avuto modo di riprendere per una lettura profetica e lungimirante dell’opera di Tramontin a venire. D’altronde anche il poeta Valeri rimaneva altrettanto sensibile all’arte, pur in un’umile considerazione critica del tutto autonoma e fuori dai soliti cori, chiaramente esemplificata nell’intitolazione di una sua stessa raccolta di poesie “Verità di uno”. “Verità” di Tramontin che, alla fine, nelle sue esternazioni confidenziali mi dice di aver sempre apprezzato molto la figura e l’arte di Henri Matisse, anch’egli grande interprete fra tradizione e innovazione. Per il saggio rigore morale come anche per la ricerca di forme e linee libere e autonome nello spazio, Matisse, pur in accezioni diverse, è destinato a rimanere l’artista più vicino allo scultore veneziano, che torna

Elio Franzini, Tramontin e Mario Piantoni - Udine 1997

all’idea della leggerezza di quel felice fanciullo che attraverso un segno o più calibrati segni, plasma le forme come il direttore d’orchestra che con la sua bacchetta, disegnando l’aria, conduce e dà il giusto tempo e ritmo alla musica che ogni volta interpreta. Le sue sculture, come rilevavo in un mio contributo del 1991, scritto in occasione di una personale di quell’anno tenuta da Tramontin presso la veneziana Galleria Il Traghetto di Gianni De Marco, pur con movenze, scatti e forme sempre coerenti con l’idea originaria e allo stesso tempo così diverse, continuano a danzare.

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Una lunga consuetudine Eva Viani

La Venezia in cui si forma e matura Giancarlo Franco Tramontin è quella degli anni ‘50: una stagione brillante e vitale per la città dopo i difficili tempi del fascismo e della guerra, durante i quali essa aveva comunque ospitato esperienze artistiche d’avanguardia, non rinunciando alla sua vocazione di rifugio o patria d’adozione di intellettuali e artisti, né ai contatti con la cultura europea. Inoltre, la contiguità con Padova le aveva garantito, anche nei momenti più bui, il contributo delle preziose risorse intellettuali dei suoi studiosi: e saranno i Branca, i Pallucchini, i Bettini, che diverranno nel dopoguerra i protagonisti della vita culturale della città e delle sue istituzioni, seguiti poi dai loro allievi che segneranno il futuro di Venezia fino alla fine del secolo. Sono gli anni in cui nascono o rinascono,

accanto a istituzioni storiche come la Querini Stampalia o la Bevilacqua la Masa, altri centri promossi dall’iniziativa privata come la fondazione Cini e la Guggenheim, gallerie e collezioni d’arte – come “il Caval-

Alberto Viani. Tramontin, Luciano Vistosi e Vladimiro Dorigo 1970

lino” di Cardazzo le cui iniziative avevano animato il panorama veneziano del decennio precedente-, librerie, riviste e giornali, case editrici e premi. Nei luoghi a ciò tra-

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dizionalmente destinati e nelle nuove sedi, si susseguono le esposizioni, esito spesso del lavoro silenzioso e ininterrotto degli studiosi, scavo e apertura ad un nuovo che sembra irrinunciabile. Il rinnovamento si impone anche negli spazi fisici: si restaurano palazzi, si riorganizzano i musei o se ne modifica l’allestimento, molti affidati alla cura di Carlo Scarpa, protagonista di quel mutamento della concezione stessa del museo che si andava affermando: non più contenitore monumentale, ‘involucro’, ma luogo in cui le opere d’arte stesse creano l’architettura, a partire dai memorabili allestimenti e interventi alla Biennale. Ed è la Biennale, che calamita il mondo: occasione d’incontri non solo con artisti e critici italiani ed europei, ma nel dopoguerra anche con le fragorose voci dell’America, e con esse collezionisti, mercanti, la stampa e la mondanità. L’Europa e l’America, la novità e la tradizione, la libertà espressiva in tutte le sue forme: temperamenti, culture e sensibilità diverse, tutte da percorrere nell’aria nuova della ricostruzione postbellica. In questo contesto s’intessono rapporti, relazioni, incontri e scontri, si sviluppano esperienze. Quella degli anni ’50 è dunque la Venezia

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Ettore Gian Ferrari

proiettata nel mondo grazie alle occasioni delle grandi mostre, dei premi e dei convegni di richiamo internazionale. Ma è anche la piccola città, in cui è facile vedersi, e i luoghi d’incontro sono sempre gli stessi: le librerie, le gallerie, i caffè della piazza, le case o gli studi degli amici: la Venezia di Carlo Scarpa, Deluigi, Santomaso, Leone Minassian, Marchiori, Virgilio Guidi e del vecchio Pound; all’Accademia, diretta da Giuseppe De Logu, Saetti, Cesetti, Cadorin, Pizzinato e Alberto Viani. Di Viani, nel 1957, Gianfranco Tramontin,


diviene assistente, dopo esserne stato allievo; inizia così una consuetudine destinata a durare più di vent’anni: l’ordinata vita di Viani, si svolge tra Venezia dove insegna e lavora, e Mestre dove abita, geloso della vita familiare che tiene ben distinta dal lavoro, ma non da Tramontin che ben presto diviene, e resterà per sempre, carissimo amico dell’intera famiglia (dei figli, delle nipoti e dei Bettini, cugini di Viani). Le mattine di Tramontin e Viani si svolgono con poche variazioni: innanzitutto all’Accademia, nell’aula di scultura con gli allievi e nello studio, poi le tappe d’obbligo: la libreria di Alfieri, prima con il padre Vittorio e poi con Bruno, a San Marco alla “San Giorgio” e al “Fondaco” da Cosentino; all’archivio della Biennale, da Wladimiro Dorigo e Umbro Apollonio, un saluto

Giuseppe Mazzariol e Giuseppe Marchiori

Franco Bernabei e Simone Viani

a Giuseppe Mazzariol alla Querini. A caffè con Virgilio Guidi. Tramite Viani, Tramontin entra così in contatto con quegli intellettuali, artisti e amici del maestro (da Valeri ad Argan, da Marchiori a Ragghianti) di cui il giovane scultore riscuote subito l’apprezzamento, testimoniato dai contributi critici dedicati al suo lavoro. Talvolta la meta è Padova, in visita a Sergio Bettini, con i suoi allievi e assistenti, da cui provengono spunti di letture e riflessioni che si trasformano in stimoli per ulteriori approfondimenti e, per Tramontin, anche in durature amicizie come quelle con Franco Bernabei o Giuseppe Mazzariol. Occasioni particolari sono le esposizioni, e il giovane Tramontin accompagna Viani a seguirne gli allestimenti; indimenticabili, per le sorprendenti soluzioni e per

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Giuseppe Davanzo, Piercarlo Santini e Tramontin a Prato

l’incontro con l’eccentrica personalità di Carlo Scarpa, quelli per la sala di Viani della Biennale del 1958 o per il “Nudo al sole” nel negozio Olivetti in Piazza San Marco. Ma è l’Accademia il luogo privilegiato di un lungo dialogo, spesso silenzioso, tra i due artisti: colloquio che si avvia quando l’uno è al pieno della maturità anche creativa, l’altro giovane e agli inizi del suo percorso di scultore. Viani lavora in silenzio alle sue

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opere nello studio, a cui hanno accesso l’assistente, gli allievi con discrezione, raramente colleghi, critici e amici (Leone Minassian in particolare, Giuseppe Mazzariol, Neri Pozza con Lea Quaretti). L’aula di scultura è invece il luogo in cui Viani, porta il suo mondo e le sue letture, in un dialogo con gli allievi, fondamentale strumento della sua didattica, mediato da immagini, suggestioni, citazioni estrapolate per la loro efficacia, spesso provocatoria, all’insegna di un’apertura di orizzonte, proposta, mai imposta, agli studenti. “Scompare anche la vecchia aula […] Le pareti vengono dissolte e risolte in una trama di immagini e scritture [i tabelloni] … sorta di manifesti-poster che Viani allestiva per i suoi allievi. Fogli di carta e di cartone dove venivano incollate illustrazioni di arte contemporanea, ritagliate da riviste e giornali, etc.; e corredate da didascalie e pensieri scritti direttamente sul supporto o su foglietti ad esso affissi. […] Erano testi aperti nel tempo: non dati una volta per tutte, ma di volta in volta re-inventati, secondo le esigenze, i temi e i problemi delle situazioni a venire, le quali sono il ‘mutamento’ stesso del tabellone. Suggerivano stimoli ed idee


per il colloquio, la discussione, la formazione di tutti insieme: docente e studenti. […] I tabelloni sono ‘un’opera aperta’ per una ‘didattica aperta’.” (Elia Bordignon Favero, 2006). Come Tramontin partecipi attivamente a questa didattica, inusuale in anni ben precedenti al ’68, sono testimonianza le parole dello stesso Viani che nel 1970, proponendo al Direttore dell’Accademia il proprio assistente per l’insegnamento delle tecnologie dei materiali, scrive che la candidatura ”è giustificata dalla nostra collaborazione di quindici anni di un insegnamento aperto e di vasta e libera articolazione, organizzato fuori da ogni schema e da ogni dogmatismo. Si è sempre cercato di chiarire ai giovani che l’arte non opera

Luca Massimo Barbero e Tramontin

Gillo Dorfles e Tramontin ad una sua personale

in un’area isolata, ma è collegata anche alla scienza, alla conoscenza dei materiali e dei procedimenti di lavorazione, quindi a vere e proprie tecnologie, ma è processo che appartiene al campo estetico non alla scienza. E abbiamo anche cercato di evitare il pericolo della contaminazione metodologica fra l’operatore tecnologico e la problematica umanistica, che potrebbe snaturare completamente la nostra scuola, il nostro insegnamento, a livello di “creazione personale”, perché l’oggetto della ricerca è il reale e l’arte come azione umana, è un modo di relazione con la realtà. Il prof. Tramontin è uno studioso di ricerche sperimentali e la sua competenza e la sua collaborazione [sono] così indispensabili al mio insegnamento”. Quando Tramontin succederà a Viani alla cattedra dell’Acca-

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demia, ne riprenderà l’insegnamento, mantenendo e aggiornando quella didattica della scultura lungamente condivisa che Giusi Sartoris così descrive: “Nasce dal fare arte quella passione per l’insegnamento e per quella diretta comunicazione con l’allievo che caratterizza tutta la sua attività didattica. E nella scuola si insegna la scultura, ma si insegna prima la cultura accompagnata dalla tecnica: in tutti i suoi programmi traspare così quella grande attenzione al fare tecnico, ma anche all’estetica, all’analisi delle forme e alla loro percezione.” (In Giancarlo Franco Tramontin, 1997) E’ forse opportuno citare ancora le parole di Viani dedicate a Tramontin che, come giustamente osserva Giusi Sartoris, sanciscono una sorta di passaggio di testimone,

Giuseppina dal Canton e Tramontin

a conferma di una sorta di “comune sentire” tra i due scultori, non limitato all’ambito dell’insegnamento ma esteso anche al rapporto con le scuole, i predecessori e i contemporanei, individuabile in una vocazione ad una “ricerca riflessiva e solitaria”: “… Gianfranco Tramontin, presente da oltre trent’anni nel panorama della scultura italiana, autore di una ricerca riflessiva, mai paga dei risultati raggiunti, solitaria ed estranea alle scuole e alle mode, eppure sensibile alla cultura e alla sensibilità contemporanee, tanto che è possibile leggervi in trasparenza la sperimentazione e il travaglio di più di una generazione di artisti. […] ha mirato sempre ad una forma che esprimesse nella sua essenzialità un senso o un’idea, restando fedele, Italo Zannier, Saverio Simi de Burgis, Renata Codello e Giovanni Bianchi in occasione pur nelle diverse fasi del suo della mostra Sculture, forme come linguaggio”, Palazzo Ducale, Loggia Foscara, Venezia 2012

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lavoro, nei vari materiali e tecniche impiegate, agli elementi profondi, ai tempi costanti e inelusibili del nostro orizzonte culturale ed esistenziale.” Tramontin rimane, infatti, dai lontani anni ’50, attento e partecipe osservatore, sensibile a tutte le espressioni di una cultura che trova a Venezia talvolta un laboratorio, spesso una cornice, comunque la scena perfetta per ogni manifestazione. Sempre a confronto con le nuove o nuovissime generazioni durante la lunga carriera all’Accademia, tra i colleghi e amici che saranno poi Vedova, Zotti, Finzi, Toniato; da protagonista dell’ambiente artistico, segue e partecipa al cambiamento generazionale, fonte di nuovi incontri e nuove avventure intellettuali e artistiche. All’antica consuetudine con Alberto si affiancherà poi la fraterna amicizia con il figlio, Simone Viani, e con la cerchia dei suoi colleghi dell’Università di Udine e dell’Uia di Venezia: Mario Piantoni, Elio Franzini, Elia Bordignon Favero, sino alla frequentazione e spesso la viva amicizia con la nuova generazione di critici veneziani, come Giuseppina dal Canton, Nico Stringa, Saverio Simi de Burgis, Luca Massimo Barbero e Giovanni Bianchi. Se i paesaggi della memoria, da cui prende avvio questo rapido sguardo sulla biografia di Tramontin, restano sempre vivi nello scultore, essi non gli impediscono

Toni Toniato e Tramontin

negli anni di elaborare, nelle sue creazioni, personalissime risposte alle prospettive sempre più frastagliate, incerte e mutevoli del presente; fedele a se stesso e ad una vocazione ininterrotta, che trova nell’opera la sua realizzazione e il suo inseparabile senso, per Tramontin l’esercizio della scultura è il modo di percepire e interpretare il proprio universo interiore e il mondo, e insieme di arricchirlo attraverso l’opera, il “prodotto” inedito della sua mano: “Le geste qui crée exerce une action continue sur la vie intérieure. La main […] apprend à l’homme à posséder l’étendue, le poids, la densité, le nombre. Créant un univers inédit, elle y laisse partout son empreinte. Elle se mesure avec la matière qu’elle métamorphose, avec la forme qu’elle transfigure. Éducatrice de l’homme, elle le multiplie dans l’espace et dans le temps”. Henri Focillon, 1934.

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opere


figura distesa - Marmo statuario di Carrara - cm 72x77x4 - 2017

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nudo trasparente - Marmo statuario di Carrara - cm 80x50x4 - 2017

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forma rannicchiata - Marmo statuario di Carrara - cm 82x47x5 - 2017

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torso femminile - Marmo statuario di Carrara - cm 82x36x4 - 2017

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figura libera - Marmo statuario di Carrara - cm 52x83x4 - 2017

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POMONA 2 - Marmo nero del Belgio - cm 83x62x9 - 2012

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PICCOLA FORMA- Legno jeluton laccato bianco - cm 60x40x6 - 2017

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incanto - Marmo statuario di Carrara - cm 79x37x7 - 2007

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FORMA - Marmo statuario di Carrara - cm 52x35x4 - 2017

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visione nera - Marmo nero del Belgio - cm 78x46x7 - 2006

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Nudo nello spazio - Legno jeluton laccato bianco - cm 85x45x3 - 2017

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B IO G RAFIA Giancarlo Franco Tramontin è nato a Venezia

Statuaria d’Arte; Museo di Santa Caterina, Tre-

nel 1931.

viso 2012; Het Depot, “Hommage Ann Italie”,

Ha compiuto gli studi di scultura all’Accademia

Wageningen, Olanda 2012; “Giancarlo Franco

di Belle Arti di Venezia dove è stato allievo e poi

Tramontin – Sculture, forme come linguaggio”,

assistente di Alberto Viani. Successivamente è

Palazzo Ducale, Loggia Foscara, Venezia 2012;

diventato titolare della cattedra di scultura nel-

“Giancarlo Franco Tramontin – Un classico mo-

la medesima Accademia.

derno”, Bugno Art Gallery, Venezia 2013; “Se-

Dai primi anni ’50 ha esposto in numerose mo-

miotica della bellezza”, Open One – Modern

stre personali ed è stato invitato a partecipa-

and Contemporary Art – Pietrasanta (Lucca)

re, ottenendo premi e riconoscimenti, alle più

2015; “Idee per la scultura”, Bugno Art Gallery,

importanti rassegne nazionali e internazionali,

Venezia 2016; “Una sensuale consuetudine –

tra le quali citiamo: Fondazione Bevilacqua La

Etica ed estetica nella scultura”, Bugno Art Gal-

Masa di Venezia dal 1957 al 1965; VI Mostra

lery, Venezia 2017.

Internazionale d’Arte Figurativa, Gorizia 1958;

Sue opere si trovano in musei e collezioni in

Concorso Internazionale del Bronzetto di Pa-

Italia e all’estero. Documentazione dettagliata

dova dal 1959 al 1975; 3° premio Concorso

presso l’Archivio Storico della Biennale di Vene-

Internazionale di Scultura, Biennale di Carrara

zia e presso la Biblioteca della Fondazione C. L.

1962; Biennale Nazionale d’Arte, Verona 1961-

Ragghianti di Lucca.

63; Fondazione Querini Stampalia, sala Luzzato, Venezia 1964, 1970, 1982; Teatro La Fenice,

Si sono occupati della sua produzione artistica:

sale Apollinee, Venezia 1968; XXXV Biennale

U. Apolionio, G. C. Argan, L. M. Barbero,

Internazionale d’arte di Venezia, 1970; Imma-

F. Battolini, G. Belli, G. Bianchi, E. Bordignon

gini e Strutture nel Ferro e nell’Acciaio, Rasse-

Bavero, L. Bortolatto, S. Branzi, L. Caramel,

gna Internazionale di Scultura Contemporanea,

D. Carlesi, G. Cecchini, D. Collovini, E. Crispolti,

Repubblica di San Marino, 1979; XLII Biennale

F. De Santi, E. Di Martino, G. Dal Canton,

Internazionale d’Arte di Venezia, 1986; Aspetti

G. Dorfles, W. Dorigo, D. Formaggio,

della Scultura Contemporanea 1900-1989, For-

E. Franzini, C. Giumelli, D. Marangon,

ni Scultura, Bologna 1989; Il Tempo del Marmo

G. Marchiori, G. Mazzariol, N. Miceli,

e quello del Bronzo, Berlino-Neuchâtel-Carr-

L. Panzeri, S. Perin, G. Perocco, M. Piantoni,

ara, 1998; Renconte Européenne de Sculpture,

G. M. Pilo, E. Pouchard, C. L. Ragghianti,

Montauban, 2001; ‘900 all’Accademia, Opere

A. Restucci, M. Riccionì, M. Rizzante, P. Rizzi,

per il Nuovo Museo, Gallerie dell’Accademia,

H. P. Rohde, F. Rolla, P. C. Santini, G. Sartoris,

Venezia 2001 e Villa Manin, Passariano, Udine

L. Scardino, G. Segato, L. Serravalli, S. Simi de

2002; Het Depot, “Nieuwen Asnkopen”, Wa-

Burgis, I. Tomassoni, T. Toniato, D. Valeri,

geningen, Olanda 2008; XIII Biennale Interna-

M. Valsecchi, S. Viani, E. Viani, F. Vincitorio,

zionale, Carrara Laboratori di Scultura 2008,

P. Zampetti, I. Zannier, J. Zibransen.

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stampato in occasione della mostra Giancarlo Franco Tramontin una sensuale consuetudine Etica ed estetica nella scultura Bugno Art Gallery Venezia dal 6 dicembre 2017 al 6 gennaio 2018



ISBN 9 78 - 8 8 - 9 4 2 1 0 8 -1 -1


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