Brek Magazine n.6

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massimodecarlo.net

O steria G agliardi Largo Gagliardi, 18 / Avigliano Pz / +39 O971 7OO 743 / Chiuso il lunedĂŹ

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IN COPERTINA: Luca Puglisi “Buon Viaggio” in collaborazione con Amnesiac Arts www.amnesiacarts.com

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BREK.ZOOM 04. Il fascino “discreto” della polizia 04. Una bimba... troppo disordinata 05. Questione di zeri 05. Il Luna Parking 06. Mater semper certa est 06. Smile!!! PROSPETTIVE METROPOLITANE.SOCIETÁ 08. Attendere o Viaggiare? Basta non pensare PROSPETTIVE METROPOLITANE.POLITICA 12. I viaggi della speranza... di rimanere in sella! PROSPETTIVE METROPOLITANE.COSTUME 14. Il Marco Polo moderno INCONTRI.AMNESIAC ARTS 17. Due esempi di viaggi alchemici INCONTRI.PERSONAGGI 20. Don Peppino - Quando l’abito fa il monaco INCONTRI.APT 22. http://www.basilicata.travel

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ATMOSFERE.CINEMA 26. La storia di Straight ATMOSFERE.MUSICA 28. Naturalmente, Pollino Music Festival 2009 ATMOSFERE.MODA 30. Destinazione: Paradiso ATMOSFERE.LIBRI 32. Il ritorno come scoperta dell’estraneità ATMOSFERE.VINO 33. Syrah: la storia racchiusa in un grappolo FUORICAMPO.VISIONI 40. C’è tutto un mondo dentro 41. In viaggio FUORICAMPO.RE­-VISIONI ­­­ 44. Andate e ritorni 45. Un tuffo nel passato FUORICAMPO.TECNOLOGIA 46. Viaggiare con il web EDITORE Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 85100 Potenza DIRETTORE RESPONSABILE ????? HANNO COLLABORATO Mimmo Claps Anna D'Andrea Davide Galasso Marika Iannuzziello Massimo Lovisco Nicola Pace

44 Andreina Serena Romano Leonarda Sabino Andrea Samela Simona Simone Gabriel Tripaldi WineR.

PUBBLICITÁ O.S. Italia Soc. Cop. Sociale a r.l. tel. 0971 36703 fax 0971 25938

PROGETTO GRAFICO O.S. Italia Soc. Cop. Sociale a r.l.

BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive.

IMPAGINAZIONE Michele Nella GRAFICA PUBBLICITARIA Riccardo Telesca

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STAMPA Grafiche Gercap / Foggia

Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08


Le poliziotte scendono in piazza in Belgio per protestare. Non hanno molto gradito le nuove divise che sono state consegnate loro in vista dell’estate calda: le maglie sono troppo strette e mettono in risalto il seno. Ma cos’hanno queste divise che non va? Le poliziotte belga sono state dotate di una polo bianca a maniche corte. Sulla maglia due targhette: una fissata sul seno sinistro, con i gradi, l’altra sul seno

destro con il nome. Quasi delle frecce per indicare il decoltè delle donne. La parlamentare liberale Maggie De Block ha chiesto al ministro dell’interno almeno di spostare le targhette sulle spalle, dove, tra l’altro, si trovano per i colleghi maschi. Intanto, per ovviare al disagio le agenti indossano, sopra la polo, giacche oppure giubbotti fluorescenti.

A vederla Bethany Jordan sembra una bambina come le altre: ha 6 anni e vive nel West Midlands. Ma i media inglesi l’hanno già chiamata “bambina mosaico“. Perchè? Perchè tutti i suoi organi interni sono mischiati e non sono “normali”. Bethany Jordan, quando è nata, ha meravigliato i medici, che avevano avvisato i genitori che non sarebbe sopravvissuta a lungo. Eppure lei è arrivata fino a 6 anni senza problemi troppo gravi visibili. Ma cos’ha di davvero particolare il suo corpo? Bethany Jordan ha 5 milze, un buco al cuore, che si può sentire battere sulla schiena, i due polmoni tutti a sinistra, il fegato messo

al contrario e lo stomaco posizionato sul lato sbagliato del corpo. Almeno sua madre non se la prenderà se la figlia è molto... disordinata!

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10 milioni di dollari neozelandesi sul conto: il sogno di ogni persona che non arriva alla fine del mese. Se poi questi soldi vengono accreditati per sbaglio da una banca, allora meglio prendere il bottino e scappare. È quello che ha fatto una coppia di fidanzati in Nuova Zelanda. Leo Gao e Cara Young gestivano una stazione di servizio. Come molte coppie di giovani fidanzati si sono rivolti alla banca per chiedere un mutuo di 10 mila dollari: ma qualcosa non ha funzionato. La banca invece di accreditare loro quella somma, che corrisponde a circa 4.600 euro, infatti, ha dato loro 10 milioni di dollari, pari a 4,6 milioni di euro. Così i due hanno preso i loro soldi e sono scappati: è da inizio maggio che non si hanno più loro notizie, mentre la polizia e l’Interpol li cerca dappertutto. Eppure quei soldi mica li hanno rubati!

Se non sapete dove appartarvi con la vostra fidanzata e l’auto è l’unica risposta, ma volete un luogo sicuro, ecco il Luna Parking, il garage dell’amore, dove per 5 euro potrete fare l’amore in uno dei 38 box auto realizzati. L’idea è venuta qualche tempo fa a Marco Donarini, un uomo di 45 anni, separato con tre figli. Prima aveva una ditta di calcestruzzi, poi la decisione di vendere tutto e realizzare una serie di

box auto, senza soffitto, per ammirare le stelle, dove le persone avrebbero pagato un ingresso per fare l’amore in macchina, in un luogo sicuro. Sempre meglio che appartarsi in qualche luogo che potrebbe diventare anche pericoloso. “I motel costano troppo, devi dare i documenti. Da me, meno problemi. E meno rischi. Con tutti gli stupri in giro…

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I genitori mi ringraziano”. Un carabiniere mi ha detto: “Bravo. Con mia figlia da te, io dormo più tranquillo“. Tutti contenti dunque, genitori, figli e proprietario dei locali. Il prete, il sindaco e altri cittadini, invece, non sono affatto contenti di questo garage dell’amore. Ma nonostante questo lui va avanti. Anche perché pare che la sua iniziativa stia avendo un notevole successo.


Mia Washington qualche tempo fa ha dato alla luce due splendidi gemelli, ma questi due bambini condividono tutto, tranne il papà: pare impossibile, ma è così. Il fatto può accadere, come ci spiega la scienza. E come sa

bene ora questa donna, che ha ammesso di aver tradito il proprio compagno, James, in un momento in cui erano in crisi. Mia Washington non capiva perché i suoi gemelli fossero così diversi tra loro e così ha deciso di sottoporli ad un test del Dna, che ha svelato che i due piccoli sono nati con papà diversi. I medici di Dallas si dicono esterrefatti: hanno dichiarato, infatti, di “non aver

Ecco a voi Smile Scan, l’ultima invenzione che ci arriva dal Giappone. Il suo nome ci spiega già tutto di lui: si tratta di un vero e proprio sorrisometro, in grado di dare un giudizio al vostro sorriso. Questo aggeggio è in grado di valutare se il vostro sorriso è vero o solo finzione. Smile Scan non è un giocattolo: in Giappone viene utilizzato per tutte quelle professioni che devono stare a stretto contatto con i clienti. Viene utilizzato per valutare il grado di sincerità del sorriso di ognuno. Ma come funziona? Smile Scan ha una webcam che

fotografa i sorrisi di chi gli sta di fronte. Poi un software valuta i movimenti degli angoli della bocca, del taglio degli occhi e alla fine dà un suo punteggio. In questo modo si può capire se il proprio sorriso è adeguato al lavoro che si sta svolgendo oppure no: in Giappone pare sia molto importante sorridere quando si lavora a contatto con il pubblico. Se lo diciamo al ministro Renato Brunetta, che di smile se ne intende, ne compra uno per ogni ufficio pubblico del nostro paese!

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mai visto prima un caso di superfecondazione eteropaternale“, un caso davvero molto raro! Tra l’altro adesso Mia Washington è nuovamente in dolce attesa: è in arrivo un terzo fratellino... sperando che non corrisponda anche ad un terzo papà, sennò la confusione sarebbe davvero troppa.


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«Estragone: Puah. È zun luogo incantevole. Panorami ridenti. Andiamocene. Vladimiro: Non si può. Estragone: Perché? Vladimiro: Aspettiamo Godot. Estragone: Già è vero. Sei sicuro che sia qui? Vladimiro: Cosa? Estragone: Che lo dobbiamo aspettare. Vladimiro: Ha detto davanti all’albero. Ne vedi altri? Estragone: Che albero è? Vladimiro: Un salice direi». L’attesa ossessiva dei due protagonisti del celebre romanzo di Beckett, attesa che si protrae in un tempo senza tempo, appare come una potente metafora della modernità. L’avvento del XX secolo si colora, secondo le direttive dell’opera di Beckett, di una staticità desolata dell’esistenza in cui non è solo l’uomo a dissolversi ma anche il tempo che lo caratterizza. Vladimiro ed Estragone, protagonisti assoluti del romanzo, sono allo stesso tempo i protagonisti assoluti del mondo in cui la parola è totale silenzio.

Dopo un lungo viaggio i due protagonisti si mettono in attesa. Tempo, vita e sogno condensati in un attimo. Consegnati con naturale leggerezza alla staticità assoluta. Viene da pensare che nulla di tutto questo appartiene al nostro quotidiano. Viene da pensare che per fortuna noi non siamo come Vladimiro ed Estragone e che non abbiamo nessun Godot da aspettare. Siamo protagonisti di un palcoscenico diverso. Siamo gli eroi del post-moderno, artefici della globalizzazione. Attori di un mondo in cui la parola “attesa” è scomparsa da tempo. Ogni cosa è in viaggio. Corpi, denaro, informazioni, bit, idee, culture, morte. Non c’è nulla di statico e la realtà si colora incessantemente di arrivi e partenze. Di andate e ritorni. L’uomo globale è sempre in progress. L’uomo globale appartiene alla mobilità. Sembra quasi che il viaggio sia

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il paradigma interpretativo della vita moderna. Muoversi. Andare e ritornare. Spostarsi. Delocalizzare. Arrivare. Ripartire. Un continuo turbillion che coinvolge il corpo ed anche la mente condizionando molteplici modalità di pensiero. Non bisogna stare fermi un attimo. Bisogna essere sempre altrove. Nessuno più aspira all’attesa. Nessuno più vuole ritrovarsi ad aspettare Godot. L’attesa è impegnativa, muove la mente e stimola al pensiero ed io, invece, ho come l’impressione che ci stanno “educando” all’esatto contrario. Il viaggio, come distrazione, è un ottimo paleativo. É moralmente necessario chiederci dove stiamo andando. Se la direzione che ci hanno indicato è quella giusta o se invece serve solo alla sopravvivenza. Ma ho la netta sensazione che nessuno se lo chieda più. Anche noi, come i personaggi di Beckett, rassegnati. Loro all’attesa, noi all’eterno movimento.


Una via vera di fuga ci sarebbe, anzi c’è. Solo che la maggior parte di noi l’ha dimenticata. A volte offesa. Altre vituperata. Questa via maestra, presente in ognuno di noi, si chiama vita. Parola ormai marginalizzata e che trova la giusta dimensione lessicale solo tra coloro che vivono ai confini delle società globalizzati. Parola che alle orecchie superbe dell’uomo del terzo millennio suona vacua e poco concreta. Così il viaggio più bello, lungo, importante e misterioso che ognuno di noi percorre ha perso la sua importanza e il suo valore. Meglio viaggiare sul Web o comprando un biglietto andata/ritorno aspettando rigorosamente, però, i last-minute della stupidità. A tutti voi il seguente invito: «La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo d’arrestare, di fissare in forme stabili e determinate, dentro e fuori di noi, perché noi già siamo forme fissate […] Le forme, in cui, cerchiamo d’ arrestare, di fissare in noi questo flusso continuo sono i concetti, sono gli ideali […] (sono) tutte le finzioni che ci creiamo […] Ma dentro di noi stessi, in ciò che noi chiamiamo anima, e che è la vita in noi, il flusso continua, indistinto, oltre i limiti che noi imponiamo, componendoci una coscienza, costruendoci una personalità. […] investite dal flusso, tutte quelle nostre forme fittizie crollano miseramente. […] Vi sono anime irrequiete, quasi in uno stato di fusione continua […] ma anche per quelle più quiete […] la fusione è sempre possibile: il flusso della vita è in tutti». Nicola Pace

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Da sinistra a destra. Da destra a sinistra. Dal centro al centro. Dall’alto in basso. Dal basso in alto. Sono i viaggi (a parte quelli di Stato) più frequenti dei nostri politici/amministratori. Basta una notte insonne ed un comunicato stampa e ci si ritrova a propagandare idee che fino ad ieri si erano avversate. Ci si ritrova catapultati, in un solo secondo, in un modo di vivere e interpretare la realtà totalmente opposto a quello difeso il giorno prima. Eppure, con la camicia stirata e la cravatta di seta, si cerca di continuare ad essere credibili agli occhi della gente. Pettinati come boy-scout e con un po’ di cipria sul naso pronti a centrare l’obiettivo della televisione. Trasformismo, transumanza, passaggio naturale e tante altre parole vengono usate dagli addetti ai lavori per interpretare questo fenomeno tutto italiano. Quasi fosse una dinamica naturale, semplicemente da spiegare a cittadini stupidi (e stupiti) come noi. A dire il vero queste parole, invece, vengono usate per giustificare il fenomeno. Ogni parola deve veicolare un concetto. Ogni concetto deve creare un velo che nasconda la realtà delle cose. Obiettivo?

Non bisogna interrogarsi sull’etica, la morale, l’ideale. Non bisogna cercare le criticità di un comportamento squallido e scorretto dettato semplicemente da pulsioni individualistiche vocate al potere, al successo e al denaro. Non c’è nulla di buono e di serio in questi viaggi di appartenenza fittizia, così frequenti nella nostra Italia. Essere di una parte non significa più niente. Nulla da difendere, nulla da conquistare, nulla da amare. Basta cambiare tessera e il gioco è fatto. Come per magia si è già dall’altra parte. Ma niente paura, anche qui nulla di nulla. Solo una tessera, per forma, per sentirsi membri di qualcosa. Socio di un club ristretto con scadenza annuale. La cosa importante e fondamentale, ovviamente, è continuare ad essere seduti al posto giusto e ad avere i paggetti (o le veline) di corte. Da ogni parte politica si illustrano le strategie di uscita dalla crisi. Si mostrano piani miliardari di investimenti pubblici e privati.

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Si fanno promesse sul lavoro e sulla qualità dello stesso. Si illustrano le modalità per costruire quella strada, una nuova fabbrica o centrali di energia pulita. Tutte cose sacrosante (e spesso inattuate). Tutte cose fondamentali per un equilibrio socio-politico di una nazione. Tutte cose di grande impatto emotivo. Ponte sullo stretto, alta velocità, strade, case, alberghi, porti, gallerie, e chi più ne ha più ne metta. Una nuova Italia in costruzione. Di nuovo con le case di sabbia e senza ferro. E invece…… E invece bisognerebbe tornare a costruire coscienze, persone, uomini. Bisognerebbe investire tempo e denaro sulla formazione delle risorse umane. Bisognerebbe ridare la giusta centralità e il giusto peso POLITICO ad ogni cittadino. Bisognerebbe, appunto. N. P.


Per chi legge i quotidiani ogni giorno o almeno guarda i telegiornali, negli ultimi mesi non è stato facile sorridere. Gli eventi di cronaca e non, ci

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hanno privati, almeno in parte, delle belle notizie, mostrandoci piuttosto le immagini della profonda crisi internazionale tuttora in atto.


Ma è pur vero che in questi giorni il nostro approccio alle notizie nefaste è decisamente più rilassato, e forse il nostro animo guarda al futuro con maggiore ottimismo. Il motivo? Semplice: si sta avvicinando il periodo dell’anno più propizio al dolce far nulla: l’estate! La stagione delle vacanze, del relax, del mare, della tanto attesa tintarella, dei nuovi incontri, insomma, del divertimento. Ma, si sa, non c’è estate senza viaggio! Allora, ecco a voi un piccolo ma utilissimo consiglio: quando comprate una valigia, dovete considerare innanzitutto tre cose: qualità, facilità di trasporto e le norme per il bagaglio a mano. Certo, il Marco Polo de “Le città invisibili” di Italo Calvino non teneva in considerazione questi consigli: le città da lui narrate esistevano solo nella mente del viaggiatore veneziano! Marco Polo le descrive certo, ma guarda dove tutti gli altri non guardano. Che fantastico visionario! Città invisibili, dunque, città che vivono nella mente di un singolo soggetto, il quale le mette a disposizione degli altri non facendogliele visitare (questo, ovviamente, non sarebbe possibile), ma narrandogliele, descrivendogliele. A questo punto viene spontaneo chiedersi: “è indispensabile vedere un luogo, per conoscerlo?. E soprattutto, nell’epoca in cui viviamo, i cui internet ha aperto le porte dell’infinito e di tutto ciò che è possibile, è ancora necessario avere a disposizione una valigia per visitare il mondo?”. Sofisticati software permettono di visualizzare le strade in tempo reale della maggior parte delle città del mondo. Vedere quelle strade è un po’ come essere in quelle strade, magari senza sentirne gli odori e i rumori (il che in alcuni casi

potrebbe essere persino un vantaggio). Certo, non s’intende togliere valore all’esperienza del viaggio. Nulla si paragona alla bellezza di “vivere” una città sconosciuta o ammirarne le bellezze artistiche con i propri occhi, senza nessun disturbo di pixel o bassa risoluzione. Ma resta indubbio che per moltissime persone, viaggiare ha molti significati e valori. Viaggiare è anche leggere un buon libro (“Le città invisibili” di Italo Calvino non è stato citato a caso), magari in corsa sulla Metropolitana, o vedere un buon film da soli o in compagnia in un cinema... Il viaggio mentale è molto più comune di quanto non lo si creda. È un po’ come dire: «È difficile trovare la valigia giusta e spesso bisogna scendere a compromessi con i proprio sogni». Sogni… ecco una fondamentale caratteristica che accomuna tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Il concetto del viaggio non predispone necessariamente a uno spostamento nell’arco spaziotemporale. La nostra fantasia è alla portata quotidiana: con essa possiamo viaggiare senza aver bisogno dei bagagli, senza nessun dispendio, senza nessuna patente. Il tempo è un altro fattore che non può prescindere dal concetto di viaggio: le vacanze sono delimitate dal fattore tempo che a sua volta è definito dal fattore costo. Andare in vacanza, comporta ovviamente una spesa. Quanti di noi hanno in mente un viaggio, magari progettato da tempo immemore, in un luogo quasi immaginario che richiede cifre esorbitanti? È inevitabile, tutto ha un prezzo. Aprire la mente, no. Buona estate, viaggiatori! Leonarda Sabino

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Nel maggio del 2004 a qualcuno sarà capitato, proprio come capitò a me, di entrare nel Museo Provinciale di Via Ciccotti a Potenza e meravigliarsi trovando al suo interno una Fiat 126. La cosa, alquanto strana di per se era ancor più straniante se si pensa che la vettura, rossa fiammante con cofano e sportelli bianchi, non accoglieva il visitatore all’ingresso o in una sala spaziosa in stile parcheggio

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esclusivo, bensì era appesa alla parete, come se fosse un semplice quadro! Insomma alla faccia del readymade, qui si parla di una macchina in lamiere e bulloni appesa come opera d’arte, effetto davvero sbalordente... OT: divagazione onirica televisiva: mi immagino la scena come sarebbe in un flashback dei Griffin. Peter guarda quest’opera in un museo e a fianco c’è Jose-


ph Kosuth che chiude una sedia pieghevole e sbruffando se ne va con la sedia sottobraccio (Kosuth negli anni ‘60 espose in galleria una sedia vera accanto ad una fotografia della stessa e la stampa della sua definizione presa dal dizionario. La cosa destò non poco stupore e per vari motivi divenne una delle opere più importanti della storia dell’arte contemporanea, anche se per alcuni fu semplicemente una sedia esposta al museo) fine OT- . La presenza dell’auto lì non era un tentativo di nuovo surrealismo metropolitano, magari accentuato dal fatto che formalmente il Museo Provinciale è un museo archeologico dove il visitatore si aspetterebbe di trovare per lo più vasi e monili e una 126, per quanto vecchia, proprio archeologica non lo è. La piccola utilitaria era una delle

opere di una mostra d’arte contemporanea ospitata dal museo (per il sottoscritto la miglior mostra degli ultimi anni che si sia vista da noi in città): Sistemi Individuali. La rassegna potentina, a cura di Igor Zabel, era parte del grande progetto Sensi Contemporanei, ossia una serie di esposizioni d’arte contemporanea fatte nelle regioni del Sud Italia con le opere provenienti dalla 50^ Biennale d’Arte di Venezia. L’idea alla base è geniale (spesso chi progetta mostre riesce ad avere idee più “artistiche” degli artisti stessi): finisce una grande mostra e con le stesse opere, prima di restituirle ai legittimi proprietari, si fanno dieci nuovi eventi indipendenti di alto livello ognuno con una propria tematica ed un proprio curatore; e che curatori direi! Da Bonami a Gioni passando per Birnbaum...

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insomma, una fetta del meglio del mondo artistico contemporaneo, l’effetto Chiiii? almeno in questo caso è stato scongiurato! (effetto Chiii?: quando si fanno eventi giganteschi e impegnativi anche economicamente curati da un qualcuno che quando lo nomini nell’ambiente di riferimento la risposta è inesorabilmente Chiiii?). La 126 è un opera di Simon Starling, artista inglese classe 1967 dal titolo Flaga, un’installazione concettuale dal potere evocativo enorme. Nel 2002 Starling con questa macchina ha compiuto un insolito viaggio di oltre mille chilometri! Partito da Torino è arrivato in Polonia a Cieszyn. Qui ha sostituito il cofano e gli sportelli originali, rossi, con dei pezzi bianchi provenienti da un’autovettura Fiat fabbricata nella vicina città di Bielsku-Biala.


In pratica un viaggio da Fiat a Fiat. Con quest’operazione, oltre a descrivere simbolicamente meglio di qualsiasi trattato la situazione di una realtà automobilistica già diffusa al momento (cioè la delocalizzazione della produzione industriale in aree dove la manodopera è meno costosa), è riuscito a fare una sottile descrizione della Polonia post-comunista. Infatti partendo con un’autovettura rossa dall’Italia, è arrivato a costruirne una bianco-rossa, cioè con i colori della bandiera polacca (da qui il titolo), sottolineando come la Fiat sia stata predominante per “costruire” un certo sviluppo industriale nell’area (sarebbe interessante una riattualizzazione dell’operazione oggi: un artista che partendo con una Punto da Melfi arrivi in Germania per sostituire gli sportelli originali con dei pezzi di una Opel!). Ma c’è dell’altro nell’operazione di Starling: alla base di tutto c’è un’idea artistica di viaggio! Infatti l’autore ha reso il viaggio stesso in un momento artistico, anzi in un momento di creazione artistica, quel momento “magico” in cui un elemento della vita quotidiana viene risucchiato nel

vortice dell’estetico e si trasforma in un simbolo. Di solito il viaggio è una sorta di “sala d’aspetto”, un momento “morto” che collega due località. In quest’operazione invece è l’anima del progetto, è il viaggio che ha assunto un valore alchemico trasformando una macchina in opera d’arte. Operazione non da poco che mi ha fatto subito pensare ad un lavoro di molti anni prima del maestro della fotografia concettuale Franco Vaccari. Nel 1972 Vaccari compie in macchina un tragitto di 800 km per raggiungere il luogo di un’esposizione a cui era stato invitato. Ma durante il tragitto, piuttosto che annoiarsi o occupare il tempo in altre attività come di solito si fa affrontando i lunghi viaggi, ha creato: ha fotografato sistematicamente tutti i mezzi di trasporto merci che si muovevano nella sua stessa direzione. Ne è uscita una serie dal titolo 800 km di esposizione, in cui sono raggruppate fotografie di camion con le loro merci, una catalogazione curiosa che riesce a presentare anche questi mezzi, protagonisti abituali delle autostrade, da un altro punto di vista

(avreste mai pensato di poter far arte con un camion merci?) trasformando il quotidiano in narrazione, ma soprattutto anche qui, l’autore ha reso il viaggio da un semplice tragitto in un momento creativo, quasi “magico”. Diceva il teorico Jan Mukarovsky che ogni atteggiamento umano può avere tre gradi: il pratico, l’artistico e l’estetico. Il primo è legato agli atti in cui si assolvono i bisogni primari, come mangiare per sfamarsi; il secondo invece è diametralmente opposto, ossia è l’atto del fare fine a se stesso, finalizzato alla creazione di manufatti “nobili”; il terzo, l’estetico, è una via di mezzo tra i primi due in cui c’è un’artisticità dell’atto ma senza l’oggetto. É l’atteggiamento del coinvolgimento sensoriale, che fa della vita un momento d’arte a prescindere. É il caso di Starling e Vaccari. Teniamolo a mente quest’estate quando ci prepareremo a partire per le nostre vacanze. Se saremo bravi potremo fare del nostro noioso viaggio un’opera d’arte da presentare al rientro. Massimo Lovisco


Il lettore più attento potrebbe stupirsi del contenuto delle immagini presenti in queste due pagine. Mai, in passato, infatti, la rubrica di brek, dedicata ai personaggi più innovativi, dinamici e popolari tra le conoscenze di noi Lucani, era stata occupata da un uomo dalla invidiabile età di 88 anni! Eppure l’obiettivo di questo articolo è proprio quello di dimo-

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strare che la modernità, spesso, non risiede esclusivamente nelle nuove generazioni. Non verrà qui descritta la carriera ecclesiastica di un prete (di cui potremmo scrivere tomi interi e riempire biblioteche), ma piuttosto la coerenza e l’alto valore di un semplice uomo. Si chiama don Giuseppe Emanuele Stolfi, da tutti conosciuto come don Peppino, nato ad Avigliano il 19 marzo 1921, sacerdo-


te da oltre 50 anni. Lo si vede spesso camminare tra le strade di Avigliano, con quel suo tipico passo svelto, la postura eretta di un ventenne, libri in mano, dalle cui pagine fuoriescono fogli disordinati e stropicciati pieni di appunti. Il suo vestito è sempre una lunga tunica nera, ormai consumata dagli anni, i cui bottoni spesso si mantengono attaccati a malapena. Al di sotto della veste? I soliti scarponi neri. Qualcuno, forse, sarà rimasto stupito nel vederlo, a volte, con abiti diversi, un tantino più eleganti, magari in occasione di qualche onoreficenza ricevuta (e ne ha avute davvero tante). Per incontrarlo basta svegliarsi alle 5 del mattino, l’ora in cui don Peppino inizia la sua “attività”. Verso le 9, invece, lo si può finalmente ammirare alla guida di una lussureggiante fiat panda, che ha dovuto acquistare perchè la precedente auto (strano... una fiat panda anch’essa) deve sicuramente essersi arresa di fronte alla tirannia del tempo. Con il suddetto mezzo si reca a Potenza a celebrare la Messa di fronte a due o tre detenuti del carcere minorile (solo due o tre detenuti... perchè lo fa!?). E quando il prete parla con qual-

cuno della sua mattinata trascorsa a Betlemme (strano, no? “Betlemme” è il nome del rione che ospita il suddetto carcere), lo fa con la chiara espressione di chi si sente arricchito dentro. Don Peppino non è mai stato parroco di Avigliano. Sarà per questo motivo che svolge le sue cerimonie nella vicina frazione di San Cataldo o nella piccolissima cappella di Santa Lucia, luoghi, insomma, che, messi insieme, accolgono al massimo un centinaio di fedeli, ammesso che ci sia il pienone. Chi ha avuto la possibilità di ascoltare una Messa da lui celebrata, avrà avuto sicuramente qualche difficoltà a seguirla, soprattutto se abituato alla funzione canonica al 100%... ma di sicuro non avrà sentito per un’ora una serie di frasi celebri bibliche, spesso polivalenti, che anche un ateo conosce a memoria. Piuttosto, sarà rimasto felice di aver ricevuto consigli, senza fronzoli, che provengono da esperienze reali di vita vissuta. Ovviamente, tutto questo, nel rispetto della Bibbia. Il resto della Messa, poi, è dominato da una voce pacata e qualche frase dialettale (spesso motivata dalla tipologia dei fedeli presenti in Chiesa).

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Qualche volta si arrabbia, è vero. Si arrabbia quando ha l’impressione di non essere compreso. Lì i suoi toni si alterano, per pochi istanti, dopodichè lo si sente pronunciare frasi del tipo “No, non devo arrabbiarmi... come posso pretendere che voi capiate, se non ci sono riuscito io a 90 anni!?”. Don Peppino non vuole essere particolare e moderno. Lo è. Basti pensare a come svolge il sacramento della confessione: dispone i fedeli in fila, chiedendo loro di pensare alle loro colpe, dopodichè recita ad ognuno di loro una formula. Finito. Non è curioso di sapere colpe non sue. Eppure, chi lo conosce sa bene che don Peppino non ha mai negato un parola di conforto o un consiglio a nessuno, e neppure si è mai tirato indietro di fronte a un uomo in difficoltà. Non ha mai pensato a se stesso. Mai. La sua vita rasenta la povertà, non sono nemmeno sicuro che abbia un televisore in casa. Nonostante ciò, è stato proprio quest’uomo a far ristrutturare a sue spese due chiesette malconce, e a dare la possibilità di studiare a chi non viveva nell’oro. E se ha avuto altre spese ingenti nella sua vita, beh... sicuramente devono essere state per la pubblicazione di oltre una ventina di saggi da lui scritti... non ricordo di averne visto venduto nemmeno uno. Don Peppino ha sempre regalato i suoi libri. Destinatari di tali libri erano a volte i giovani, a volte le coppie, a volte la Chiesa stessa. Quella stessa Chiesa dalla quale, a mio modestissimo avviso, don Peppino non ha mai ottenuto un adeguato riconoscimento. Ma che volete che possa importare la carriera, ad un grande uomo come lui?


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1999: David Lynch rompe la deformità dell’incubo per regalarci un barlume di luce, abbaglia l’oscurità del profondo accendendo la candela della vita, interrompe l’intermittenza di un vecchio neon scoprendo la linearità di una strada perduta. Prende il deforme e ne ritaglia le irregolarità. Il deforme è l’anziano Alvin Straight, settantatreenne, dalle non proprie ottime condizioni di salute, che conduce ormai una statica e tranquilla esistenza nella cittadina di Laurens, nell’Iowa. Alvin ha un fratello, Lely, che vive a Mount Zion, nel Wisconsin, e con il quale non ha più nessun tipo di rapporto da diversi anni per via di rancori reciproci. Un giorno ad Alvin arriva la notizia che il fratello ha avuto un infarto. L’anziano decide di recarsi da Lely per poter riconciliarsi con lui ma, siccome non ha più la patente, decide di affrontare il viaggio alla guida di un tosaerba con il quale percorrerà 317 miglia di strada. Giunto dal fratello, i due siedono di fronte e senza parlare volgono lo sguardo verso il cielo e le stelle. Questa è la storia che racconta il

film di David Lynch, The Straight Story (traduzione italiana “Una storia vera”). Il lungometraggio ha come protagonista, nei panni di Alvin, lo straordinario settantanovenne Richard Farnsworth, famoso per essere stato uno dei più accreditati stuntman di Hollywood negli anni ’60, che diventa in questa storia l’espressione perfetta della vita che con decisone e lucidità supera l’immobilità dell’esistenza (la vecchiaia) ed esce dal grigiore dell’informe per rag-

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giungere se stessa. La regia di Lynch è, come da copione, fluida e dinamica, apparentemente lenta nelle scese “on the road” ma in realtà questa lentezza serve a trasmettere il senso di quello strano viaggio e di quella che diventa la più grande ma inconscia convinzione di Alvin: Alvin alla guida del tosaerba ha costantemente un volto sereno e paziente senza mostrare nessuna fretta perché è ormai profondamente convinto che lui e suo fratello si incontreranno e


davanti a questo anche la morte può attendere. Il regista ci regala così un atipico e allo stesso tempo commovente “road movie” su un tosaerba. A supporto di tutto ciò ci sono anche la fotografia di Freddie Francis, dai colori caldi e pieni di energia e forza, e le immancabili musiche composte da Angelo Badalamenti, che si mischiano alle immagini sottolineandone il senso in maniera a dir poco straordinaria e viscerale. Il film fu prodotto dalla Walt Disney, produzione strana perché si tratti di un film di David Lynch. Però non a caso il film, come si suol dire, è godibile da tutta la famiglia. Infatti “Una Storia Vera” sembra apparentemente distaccarsi dai temi e dal resto delle opere di Lynch. In realtà esso altro non è che il risvolto positivo della poetica lynchiana dell’incubo/inconscio e dell’esistenza/viaggio. Il film ci parla della vita come

viaggio e del viaggio come scelta. L’incubo e il buio dell’inconscio ci immobilizzano, solo il guardare dentro il magma del profondo può lasciarci un margine di salvezza. In questo magma ci si può sprofondare e farsi risucchiare, perdendosi nell’abisso, abbandonando sè stessi, ma se capiamo che nel profondo possiamo ritrovare il nostro sè, solo in quel modo si “sceglie” il viaggio della vita che è ritorno verso l’alto, viaggio di riscoperta e di riappropriazione di noi stessi. Alvin percorre centinaia di miglia per rivedere suo fratello, proiezione dell’io dello stesso protagonista, metaforica metà del suo viaggio interiore. Quando i due si ricongiungono, insieme guardano, in silenzio, le stelle nell’immensità del cielo: Alvin, ritrovatosi, riscopre la bellezza dell’infinito che risiede dentro di lui. Da notare, infine, il gioco di parole contenuto nel titolo origina-

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le del film, The Straight Story. Infatti tradotto letteralmente diventa La stroria di Straight (Straight è il cognome del protagonista del film) oppure “La storia dritta”. Questo secondo titolo vuole indicare la linearità del viaggio che compie Alvin per raggiungere il fratello ma soprattutto si pone in contrapposizione con il titolo del film realizzato dallo stesso Lynch prima di questo, Lost Highway (traduzione italiana “Strade perdute”). Come se David Lynch, con questi due film antitetici, ci avesse voluto dire che l’essere umano è in bilico su una corda con l’abisso sotto i piedi e le stelle sulla testa, l’unica sua ancora di salvezza è la “scelta”. Molto banalmente ma profondamente vero, se si abbandona la scelta, la strada si perde; se si sceglie per la vita si inizia il viaggio verso il proprio Lely. Davide Galasso


NATURALMENTE, POLLINO MUSIC FESTIVAL 2009 La quattordicesima edizione è: grande musica, sostenibilità ambientale e consumo etico Un viaggio nella natura della musica - luogo di contaminazione e sperimentazione - e nella musica della natura - fra i paesaggi sonori di un’area protetta del Sud. E’ il Pollino Music Fesival (PMF) che quest’anno torna puntuale sul versante lucano del più grande Parco Nazionale d’Italia, dal 7 al 9 agosto. Se volete un po’ di numeri per capire quant’è cresciuta negli anni la manifestazione, eccoli: 124 concerti in 14 edizioni, ai quali hanno partecipato circa 100.000 spettatori. Se volete qualche nome noto che confermi l’importanza della kermesse musicale lucana, c’è solo l’imbarazzo della scelta: dai Subsonica agli Avion Travel, dai Modena City Ramblers ai Baustelle, passando attraverso Daniele Silvestri, Edoardo Bennato, Caparezza, Roy Paci & Aretuska, per finire ai Gogol Bordello, che hanno chiuso l’ultima edizione. Ma se desiderate provare sulla vostra pelle -o meglio nei vostri timpani- l’esperienza del PMF,

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allora preparatevi a partire, armati solo di sacco a pelo e tenda, destinazione: San Severino Lucano. Neanche 2000 sono gli abitanti di questo comune potentino che, nei giorni del festival, diventano una minoranza rispetto alle migliaia di giovani che da tutta Italia si danno appuntamento nella verde Valle del Frido, per essere testimoni di quel melting pot musicale che avrà diversi protagonisti eccellenti. Accumulate un bel po’ di riposo prima di partire...e dimenticatevi di poter recuperare durante il giorno le energie perse fino a tarda notte a ballare, perché il fitto programma del PMF 2009 non vi concederà tregua: in tutte e tre le giornate, dalle 11 alle 14 e dalle 18 alle 21, l’appuntamento è al centro storico di San Severino per “Certo Senso: Aperitivo Musicale a chilometro 0”, dj set con degustazione di produzioni artigianali lucane; un’iniziativa promossa per coniugare udito e gusto, per un’esperienza multisensoriale che non mancherà di farvi riflettere.

Dopo aver recuperato un po’ di forze si può anche pensare di partecipare ad escursioni mattutine e di praticare sport estremi come il rafting. Cercate, però, di rientrare entro le 21, quando gli artisti, terminati i check-sound, si preparano a salire sul palco, allestito presso il campo sportivo. La partitura scritta quest’anno prevede un grande spettacolo di contaminazioni sonore che parte venerdì 7 agosto con la multietnica Orchestra di Piazza Vittorio -gruppo musicale capitolino in cui curiosamente il rapporto fra musicisti italiani e stranieri è a favore dei secondi- e con i Capone & Bungt Bangt, con i loro strumenti poco ortodossi ma sicuramente molto riciclati; prosegue sabato 8 con il dub anglopartenopeo degli Almamegretta e il reggae salentino dei Sud Sound System, per concludersi domenica 10 con le esibizioni di alcune delle più interessanti formazioni musicali lucane. Al moderno cantastorie popolare Andrea Rivera, noto a tutti per le sue performance di “citofoni-

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sta” nel programma Rai “Parla con me”, il compito di chiudere la tre giorni col suo spettacolo di teatro-canzone. Ultime informazioni per organizzare il viaggio: il comune di San Severino mette a disposizione un’area per il campeggio libero; per chi avesse problemi di spostamento, consultate la bacheca allestita sul sito www.pollinomusicfestival.it per il car-pooling. Infine, ma non meno importante, l’ingresso a tutti gli eventi è libero. Marika Iannuzziello


dere. Ma chi sono questi personal concierge? Sono aziende che si occupano di gestire e organizzare il tempo libero degli altri, gestire agende, appuntamenti, compleanni, incontri e spesso anche la vita privata e personale: viaggi con la famiglia, regali per i figli, fiori per le mogli. Realtà americana, in Italia è arrivata solo in questi anni e già c’è la ricerca al problem solver perfetto. E io l’ho incontrato. Si chiama Domenico Ventola ed è l’amministratore della Luxury & Co., azienda creata per offrire servizi a chi ama il lusso e vuole viverlo a 360 gradi. È stata creata per offrire un servizio a chi cerca ed ama il lusso ma non vuole impegnarsi nell’acquisto. L’azienda offre a tutti i propri clienti la possibilità di noleggiare auto di lusso, jet privati, yacht e affittare ville super esclusive in ogni parte del mondo. Un piccolo sogno che si realizza. Il mio viaggio nell’esclusività inizia da qui. Da Milano, nella sede centrale della Luxury. Con questo giovane imprendi-

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tore, che a soli 33 anni realizza i sogni di migliaia di persone. Magari alla fine di questa intervista, avrà realizzato anche il mio. Cos’è lusso oggi? Il lusso è, innanzitutto, uno stile di vita che è permesso a pochi eletti ma è anche un comportamento che privilegia l’acquisto o il consumo di prodotti, a volte superflui che, però, danno una forte immagine a chi ne usufruisce. Quali sono le ultime tendenze nel mondo del lusso? Sicuramente i personal concierge che organizzano il tuo stile di vita come hai sempre desiderato ma anche la ricerca, da parte di chi se lo può permettere, di cose Domenico Ventola amministratore Luxury & Co.

Per definizione il lusso è tutto quanto sia inutile per l’esistenza umana e destinato all’apparenza, tutto quello che solo pochi possono permettersi. Cos’è oggi il lusso? Non è solo il materiale. Per molte persone è un lusso avere del tempo libero, avere la possibilità di gestire i propri spazi. Oggi è lusso potersi permettere degli intervalli per le proprie vacanze. O meglio ancora, trovare il tempo per organizzare le proprie vacanze. Secondo uno studio degli ultimi anni, sono tante le persone che sarebbero pronte a spendere centinaia di euro pur di poter avere anche solo un’ora libera. Ed ecco che vengono in nostro aiuto figure esperte che gestiscono e organizzano in pieno il nostro tempo libero.È una moda degli ultimi anni, affidarsi ad esterni per l’organizzazione di qualsiasi cosa. Dal matrimonio alla semplice festa di compleanno, dallo shopping al training sportivo. Un servizio di personal concierge dedicato a chi non ha tempo e ha molti soldi da spen-


o situazioni sempre più uniche. Luxury & Co. Il lusso a tutto tondo. Quali sono i servizi che la Sua azienda offre ai clienti? Principalmente abbiamo un discreto parco auto (ferrari, lamborghini, bentley, aston martin) che noleggiamo con vari pacchetti (week end, settimana, day, ecc...), inoltre disponiamo di personal concierge e personal shopper specializzati 24 ore su 24. Infine forniamo servizi di noleggio di yacht, jet privati e lussuose ville nelle location più in, sia al mare che in montagna. In che modo si entra a far parte del mondo Luxury&Co.? Nel mondo della luxury&co. può entrare a far parte chiunque sia in grado di offrire voglia di lavorare, capacità di vendere il prodotto e perchè no, un buon parco clienti già definito. Qual è il vostro tipo di clientela? Grandi imprenditori, calciatori e chi, una volta ogni tanto, può concedersi il vizio di sentirsi “luxury”. Il mercato del lusso sembra sia l’unico che non risenta di questa crisi economica. Secondo lei perché? Un po’ ne risente anche questo mercato anche se non tantissimo perchè è un mercato indirizzato a coloro che, il lusso, possono sempre concederselo anche se è una fetta ridottissima del mer-

cato. La sua azienda offre tanti servizi. Dal noleggio di auto di lusso alla personal shopper. In pratica voi regalate un sogno, un’esperienza unica da vivere, senza il problema dell’acquisto e delle gestione delle cose. È questo che ci riserva il futuro? Le persone non acquisteranno più? Ti faccio solo un esempio: chi può permettersi di noleggiare un’auto di lusso lo fa perchè, in questo modo, l’unica cosa a cui deve pensare è ritirare l’auto e poi via verso la destinazione. All’assicurazione, alla manutenzione e al resto, pensiamo noi, così, anche x chi viaggia molto e ha bisogno di un’auto solo per brevi periodi. Il discorso è solo per brevi periodi, alla fine sono convinto che le persone continueranno ad acquistare perchè il senso del possesso rende più forte. Ormai sono già tanti anni che lavora in questo settore. Quali sono state le richieste più strane che le sono state fatte negli ultimi anni? Qui in Italia non ci sono richieste particolari, dagli Stati Uniti provengono le richieste più particolari: viaggi nello spazio, incontri ravvicinati con squali, giri del mondo in brevi periodi,etc etc... Secondo lei, perché le persone preferiscono rivolgersi a lei

e alla sua azienda, piuttosto che cercare di risolvere le cose personalmente? Perché sottrarre tempo alla gente per pratiche burocratiche, di gestione e così via permette loro di avere più tempo da sfruttare e innalza la qualità della vita. Parliamo di cose materiali. Quali sono le auto più noleggiate? Vanno forte le Ferrari e le Lamborghini. Anche le Bentley, se si vuole stare più comodi ed essere in più di due. Le mete più ambite? St.Tropez, Montecarlo, St. Barth, Portofino e Formentera nelle stagioni estive. Cortina, Sestriere, St. Moritz e Aspen d’inverno. Oltre ai servizi tipici, quali sono gli altri servizi che offrite? Personal shopper, eventi esclusivi, itinerari di lusso. Come definirebbe la sua attività? Sicuramente molto intensa ma anche molto varia. Ogni giorno hai la possibilità di conoscere persone interessanti oltre che luoghi e cose particolari. La Luxury attualmente ha sede a Milano. Nei prossimi anni si allargherà anche in altri paesi? Spero di sì anche se ci vogliono impegno e grossi budget. Per ora abbiamo piccoli affiliati nel sud Italia e a Montecarlo. Andreina Serena Romano

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Non condividere più i pensieri, i sogni, tanto meno le speranze, sentire il proprio accento, la propria lingua e i discorsi delle persone lasciate per scegliere la via dell’esilio come estranee, lontane, assolutamente non familiari, come se non fossero mai state parte della propria vita, perduta nell’oblio che la lontananza dai luoghi natii comporta, dimenticare anche i nomi, incrociare volti talmente cambiati dalle cicatrici del tempo da non essere riconoscibili, trovarsi a tavola con gente resa estranea da comportamenti e usanze disciolte nello spazio che ha separato l’esule dalla condivisione delle cose, e poi il tentativo, vano e disperato, di recuperare una storia d’amore mai iniziata, morta in un adolescenziale e acerbo abbraccio di lacrime. Significativo e sempre più attuale il paragone che M. Kundera srotola da una matassa di eventi

sospesa nel non tempo del ritorno, dopo vent’anni di lontananza dalla terra natia, l’attuale repubblica Ceca, dei protagonisti di uno dei suoi romanzi più riusciti, L’ignoranza, in cui i due personaggi principali, Irena e Josef, vengono a trovarsi nella situazione analoga a quella in cui si trovano Ulisse e Penelope, lontani da vent’anni. I due esuli che si ritrovano quasi per combinazione in un comune e momentaneo ritorno in patria, come i due personaggi dell’Odissea, quando si rivedono stentano a riconoscersi, uno dei due dimentica il nome dell’altro, i due cercano di riallacciare il filo del loro rapporto cercando di riportare al presente vicende avvenute in un passato fosco e opaco, proprio come fanno Penelope e Ulisse, che rincontrandosi cercano dei segni, scavano nei loro segreti comuni per avere conferma di essere davvero l’uno

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davanti all’altro, ma, secondo la visione di Kundera, riconoscono i cambiamenti, riconoscono la loro ormai inconciliabile estraneità: Ulisse davanti a Penelope e alla sua Itaca, altro non riesce a fare che contemplare la dea dell’Ignoranza, l’ignoranza di quello che si ha davanti, data dall’estraneità con cui l’azione del tempo ha rivestito le cose che si sono lasciate. Come Irena e Josef si separano nuovamente, così Ulisse riparte da quella che non è più la sua casa, qui l’attualità del tema: la lontananza porta allo sradicamento delle proprie origini, a non riconoscersi più in quello che si è stati e ad avere la sensazione di dispersione esistenziale di chi è sempre esule lontano da casa, e straniero nel proprio luogo d’origine: la sensazione di non avere un passato. Andrea Samela


Ciò che mi affascina in maniera straordinaria del Vino è quel portarsi dentro l’identità del luogo che lo ha visto nascere. Ecco perché un vino non può, a mio parere, ridursi all’acquisto d’una bottiglia ma deve necessariamente accompagnarsi con curiosità e rispetto alla conoscenza della sua storia. In questo caso sarà possibile acquistare il vino più adatto al proprio stato d’animo e riceverne la giusta ricompensa in termini di piacere. Il vino di cui vi parlerò in questo numero mi ha sempre incuriosito per il suo nome. La sua origine è misteriosa quanto affascinante, qualcuno sostiene che sia originario di un’antica città persiana della quale prende appunto il nome (Shiraz) e che fosse arrivata in Francia, più precisamente sulla magnifiche colline dell’Hermitage nella zona del Rodano, grazie ai Fenici. Ma le piantine di Syrah hanno fatto viaggi lunghi e fortunati, così oggi s’è guadagnato il rispetto di un vino dalla storia lunga e ricca, uno dei più grandi vini di Francia e uno dei più noti vini del Nuovo Mondo, ma anche vino che risale alle radici della civiltà. È un vino complesso e generoso, che va bevuto e goduto in tutte le sue sfumature, dai profumi di frutti fino a quelli delle più maliziose ed ammiccanti spezie. Sia che beviate Syrah dell’Hermitage francese o dello Shiraz

della selvaggia Australia piuttosto che uno Sud Africano, Californiano, Neo Zelandese o Italiano questo è un vino che va bevuto quando si ha spirito libero e voglia di seduzione, per cogliere appieno ciò che questo fantastico vino vorrà e potrà donarci. Con bluejeans o con l’abito da sera, negli happy hours e nelle cene in cui l’intensità di sguardi richiede il complice giusto, questo Vino caldo e misterioso come la Persia, elegante come la Francia, ruffiano come l’Italia saprà starvi al fianco. Sceglietene uno giovane con un sapore di frutto più spiccato per un aperitivo composto, ed uno più maturo per pensieri più intensi e più raffinati. Nelle serate avventurose da vero bucaniere vi consiglio dunque un vino altrettanto piratesco, un compagno di viaggio ideale per attraversare con coraggio e destrezza il tempo e lo spazio.Il suo colore rubino, i suoi profumi di frutti di bosco, di ciliegie, di note aromatiche e speziate, di pepe bianco e timo, il suo corpo morbido e vellutato come i suoi tannini, saranno gli ingredienti del vostro successo. Persuadete, Viaggiate, Sognate, Sussurrate… Syrah! Prosit e Serenità. Wine_R

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Le Cantine di Pasolini Concorso Letterario - Iª Edizione

scadenza

13 luglio

L’associazione culturale SISMA ed il Pier Paolo Pasolini - Centro Studi Casarsa Della Delizia, in occasione della IV edizione della rassegna artistico-culturale “Cantinando 2009”, in programma dal 13 al 15 Agosto ‘09 nel Parco Urbano delle Cantine a Barile, presentano la prima edizione del Premio Letterario “Le Cantine Di Pasolini”. info: associazionesisma@libero.it

Premio E’vento Rock ‘09 Concorso per band emergenti

scadenza

15 luglio

Il concorso intende promuovere le band emergenti, di genere rock e pop italiano ed internazionale. Ogni band partecipante deve inviare almeno un brano in formato mp3 (edito/inedito). Le Band che vorranno partecipare dovranno far pervenire tramite mail all’indirizzo di posta elettronica (dionisio76@libero.it o michele. carvutto@virgilio.it ) brano/i mp3. www.musicallstudio.com

ScarpatettiArte 2009 Concorso di arte visiva

scadenza

17 luglio

ll Comitato ScarpatettiArte, la Bottega della Scultura, il Circolo Arci “Nuovo portico” e il Comune di Sondrio organizzano il concorso artistico “ScarpatettiArte”, quest’anno dedicato al tema: “La terra: I terrazzamenti e il paesaggio modificato.” Sono ammesse le varie forme di arte visiva realizzate con qualsiasi tecnica. Regolamento e info sul sito www.scarpatettiarte.it

Corti Tra Le Nuvole Concorso nazionale di cortometraggi Il Festival del fumetto Vercelli tra le nuvole indice il Concorso nazionale di cortometraggi dal titolo “Corti tra le nuvole”. Il tema del concorso è “Corti tra le nuvole”. Le nuvole sono le nuvolette dei fumetti. Sono benvenute storie di fiction che parlano di fumetti o con protagonisti i personaggi dei fumetti. Info: www.creativecomics.it/concorso-cortometraggio.php

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scadenza

30 luglio


Voyage Voyage

Catanzaro

Mostra personale di Massimo Lovisco

fino al 30

giugno

Presso il Centro per l’Arte Contemporanea “Open Space” di Catanzaro, l’artista potentino espone lavori inediti e recenti che hanno come tema principe il viaggio, affrontato in maniera ironica ed “interattiva”, come per la performance “Greeting from” in collaborazione con l’artista Carmen Laurino che darà l’avvio alla serata inaugurale. A curadi Silvano Manganaro e da “Amnesiac Arts”.

Festival Dei Due Mondi 52ª Edizione

Spoleto fino al 12

luglio

Il Festival dei 2 Mondi, noto anche come Spoleto Festival. Dopo che nel 1958 Gian Carlo Menotti ne inaugura la prima edizione, lo Spoleto Festival diviene anno dopo anno centro di grande interesse per gli spettacoli di danza, prosa e lirica. Gli artisti che vi partecipano variano fra i più affermati professionisti del settore dello spettacolo. Info su www.festivaldispoleto.com

Bruce Springsteen & The E Street Band - Live concert

Udine 23 luglio

L’estate dei grandi concerti si arricchisce del nome da sempre più atteso nel nostro Paese: Bruce Springsteen & The E Street Band confermano ben tre appuntamenti in Italia nel mese di luglio. È l’anno di “Working on a dream”, 16° album in studio, e delle attesissime 3 date italiane. Questa è la terza ed ultima del tour europeo “Working On A Dream”. www.ticketone.it

Chagall, Kandinsky, Malevic Maestri dell’Avanguardia russa A Villa Olmo ottanta opere, tra oli, tempere e disegni, provenienti dai maggiori musei e collezioni private russe, ripercorreranno la grande stagione delle Avanguardie Storiche russe, dai primi del Novecento agli inizi degli anni Trenta, con capolavori di Vassily Kandinsky, Marc Chagall, Kazimir Malevic e Pavel Filonov. Sito web: www.grandimostrecomo.it

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Como

fino al 26

luglio


Pollino Music Festival XIV Edizione

San Severino Lucano

al 7 al 9 agosto

Pollino Music Festival è un progetto curato dall’associazione culturale Multietnica di Potenza, si svolge in pieno Parco Nazionale del Pollino a San Severino Lucano. Momento di sintesi tra promozione turistica e produzione culturale, ha registrato, dal 1996 ad oggi, circa 100mila presenze ed è stimato a livello nazionale come uno degli eventi più attesi e seguiti del Sud Italia. Info www.pollinomusicfestival.it

Meraviglie Di Sabbia festival di sculture di Sabbia Opere d’arte tanto imponenti quanto fragili, un’incantevole spiaggia della fascia ionica della Basilicata e i colori del Sud Italia. Da questo affascinante connubio nasce “Meraviglie di sabbia”, festival internazionale di sculture di sabbia, dedicato alla bellezza e alla fragilità, visitabile anche di notte, grazie ad appositi impianti di illuminazione. Info:

I Ritratti Di Leonardo Mostra di dipinti

Marina di Pisticci dal 6 al 10 agosto

Vaglio (Pz) fino al 31 agosto

Organizzata dal Museo Ideale Leonardo da Vinci e dal Comune di Vaglio Basilicata. La mostra comprende il “Ritratto di Leonardo” recentemente ritrovato ad Acerenza ed espone oltre 40 opere di pittura, scultura e incisione, oltre a 20 tra facsimili ed esami scientifici, rappresentanti l’iconologia e le tipologie del volto di Leonardo attraverso cinque secoli. Info www.basilicatanet.com

Rappresentazione scenica Fiabe e Leggende da Spiluzzicare

Stigliano fino al 31

agosto

Sulla incancellabile e seducente narrazione di una leggenda locale, l’Associazione “Stigliano Eventi” trae ispirazione per la ricostruzione e rappresentazione scenica della vicenda, sospesa tra storia e tradizione, tra leggenda e realtà. La rappresentazione, itinerante, si svolgerà nella zona più antica di Stigliano. Verranno riprodotte le antiche porte e gli originari mestieri e gusti tradizionali. www.stiglianoeventi.org

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Si può viaggiare anche rimanendo a casa. No, non è un consiglio a leggere un diario di viaggio, a guardare un film d’avventura, ad ascoltare world music, a navigare in rete o a fare qualsiasi altra cosa possa aiutarvi a migrare con la mente sulle ali della fantasia. É un invito a rimanere in ascolto di se stessi. Dentro di noi c’è tutto: i mari, i fiumi, le terre, le foreste, il cielo, la luna e le stelle. Ce lo insegna la filosofia orientale, secondo la quale il nostro corpo è una piccola rappresentazione del mondo e dell’intero universo. Per intraprendere il viaggio alla scoperta dei sentieri abbandonati del nostro esse-

re non ci sono treni o aerei da prendere, né biglietti da acquistare e alberghi da prenotare, ma solo una pratica da seguire quotidianamente: lo Yoga. Poca roba da mettere in valigia (indumenti di cotone morbidi e comodi e un tappetino rettangolare che dovrebbe contenere nel suo perimetro tutti i nostri movimenti), da preparare con cura, insieme allo spazio che le accoglierà: uno spazio pulito, ordinato, arieggiato e comodo. Sempre quello, da rinnovare ogni giorno, attraverso piccoli rituali che ci aiutano ad entrare in una dimensione diversa, “altra”, sperimentando il cambiamento di forma del nostro corpo. Quasi

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cinque milioni sono le posizioni che costituiscono il patrimonio di questa disciplina, per le quali gli antichi yogin si ispirarono alla natura e agli animali. Scivolare con il corpo nella forma e nella pelle di un serpente, assumere la fermezza e la monumentalità di una montagna, respirare come un pesce, alzare le nostre braccia-ali come un gabbiano, emergere a fior d’acqua come i petali di un fiore di loto, stiracchiarsi come il nostro fedele cane, allungare il collo come fossimo cobra incantati da un suonatore: tutte esperienze che ci rimettono in contatto con archetipi e con la fisicità della natura, da cui siamo sempre più


lontani. In confronto anche i safari più avventurosi e le escursioni più estreme diventano semplici gite fuori porta. Il nostro corpo diventa lo strumento per raggiungere un altrove, assumendo una prospettiva inusuale. Così luoghi che crediamo di conoscere bene, rivelano linee e geometrie nuove quando, abbandonando ogni timore, stacchiamo i nostri piedi dal pavimento per innalzarli verso l’alto, in quello che è considerato il “re delle posizioni Yoga”, Sirsasana. La posizione sulla testa non è un’acrobazia fine a se stessa, ma un’opportunità di guardare il mondo in maniera esattamente opposta a come lo guardiamo normalmente: sedere sul sedile di un aereo mentre si stacca dalla pista per il decollo e osservare dall’alto le imperfezioni della crosta terrestre è poca cosa rispetto allo Sirsasana, poiché è un’esperienza che il nostro corpo subisce, del quale non è padrone. Riconquistare il controllo del proprio corpo e dello spazio, ricongiungendo l’energia individuale e quella universale (Yoga significa letteralmente unione): è questa l’ambizione di chi ogni giorno, con puntualità e dedizione, mette in pratica questo antichissimo e complesso sistema di conoscenze, frutto prezioso della plurimillenaria cultura indiana. Certo molti degli yogin sparsi per tutto il mondo avranno desiderato almeno una volta di salire su un aereo per mettere piede sul subcontinente indiano, ma sanno che tutto ciò che la loro presenza fisica sarebbe capace di svelare, potranno scoprirla quotidianamente anche da quel piccolo angolo che si ritagliano in casa propria per praticare. Namaste. Marika Iannuzziello

16:25 Biglietto non obliterato, macchinista-pilota-controllore: “BENVENUTI A BORDO”. Caffettiera scassata, 20 km all’ora, il finestrino non si apre d’estate e non si chiude di inverno, sull’aereo non si apre e basta. Il mio vicino prende la mia parte di bracciolo, niente spazio per conversare, sul London Paper l’impronta del mio piede e Swine Flu Could Strike Millions. Fuori niente case, più mi allontano e più mi avvicino a te,

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babbomammacasasonnosogno, cerco la migliore posizione per dormire, di fronte un ragazzo dondola la testa, su ogni marciapiede odore di merda di cane e chewing gum. Texaco Sign, prenotano la fermata successiva, ogni fermata un nuovo compagno, un nuovo mestiere, vecchie conversazioni. Con l’IPod posso ascoltare Bob Dylan mentre faccio pipì. Il mio compagno di viaggio ha le mani sporche ma non se ne


vergogna, quando ero piccolo mio padre era un mestiere che mi faceva arrossire tra quelli dei genitori dei miei compagni. E Londra è sempre grigia, anche d’estate, forse lassù hanno dimenticato di dare una verniciata al cielo (“Pietroooooooooooo, mi è finito il blu” e Pietro... ”Siamo in bolletta... vorrà dire che avranno un’estate di merda”) “E Nuto si divertiva e Nuto aspettava il mio segnale per andare dall’altra parte del...”... ogni tanto una scossa, non riesco a leggere, chiudo gli occhi, il vicino cambia: quest’altro finge di russare e io controllo il portafoglio, quelli che scendono premono il pulsante della porta automatica per paura di rimanere prigionieri. Intrappolati nel niente, nell’atempo. E passa tutto così in fretta che quando chiedo “che ore sono?” la risposta è un’ora avanti. Quando ci sarà il teletrasporto, ci hai mai pensato? Non saremo mai piu lontani ma non mi mancherai più. Non ci saranno alberi appannati dal finestrino, appena sceso non inizierò a correre come faccio adesso. E la maggior parte delle volte non ho nemmeno fretta. E poi, ma quali alberi, ma quali paesi, ma quali pesi mi porto dentro in sei ore di treno. Teletrasporto e non ci saranno più colli che si allungano all’arrivo per cercare di individuarmi, niente più pensoso appoggiato allo schienale. Del resto fanno di tutto per renderlo invisibile, il tempo. Sul treno ho la tv con il film che non mi interessa e tutt’intorno un esercito di teste cuffiate dondolanti. E penso al mare con i miei, che mi annoiava e ora mi scoccia non andarci, il lavoro è il 75% della nostra vita, lo sto leggendo ora mentre cerco il biglietto e mi gratto il ginocchio (“Non è

il ginocchio...”) ed è strano che è tutto cosi veloce che non individuo un segnale stradale, afa, ato, irto... riesco a vedere solo le finali. E fra poco vedrò te anche se ci vediamo dappertutto, siamo solo più grassi con il teletrasporto, non ci muoviamo più, non ci emozioniamo più però possiamo andare anche nell’aldilà e poi nell’aldioltre e poi finalmente nell’addio. E ritornare sempre ma non sui nostri passi perche non ne facciamo più. Sul finestrino disegno un punto interrogativo per non farmi domande, ma perchè quando stiamo affogando, per salvarci la vita facciamo il morto? Penso a quelli che sono contro gli aforismi e ne creano uno per dimostrarlo e fra un po’ vedrò l’alba; ne ho viste pochissime ma in compenso non mi sono perso un tramonto e questo lo sanno bene il mio cervello e le mie ossa. La casa dei miei sogni è quella che...”Prego, passi pure”... ma che li mettono a fare i posacenere se non si può fumare? Mi arriva un messaggio, mi propongono un massaggio o forse era un missaggio ma io non canto più e neanche parlo. Osservo gli oggetti, le strade, osservo le persone e non vedo niente, non ricordo nemmeno il colore della mia stanza, se c’è un fiore o un’ombra, 15 ore a settimana con lo sguardo fuori dalla finestra e vedo soltanto un vetro. 9 milioni di abitanti e vedo solo la mia immagine nelle pozzanghere. Non ricordo le strade, i canali, non so che forma ha il mio portone e il colore delle chiavi. Non mi ricordo le voci e quello che facevo 5 mesi fa... e non so se l’indipendenza si riduce ad avere 200 euro in piu.

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Immagino le lettere sulle vecchie macchine da scrivere, quelle almeno si muovevano, viaggiavano, arrivavano sul foglio per dare un bacio veloce, a volte due, dipendeva dallo Stato. “Arrivo tra un’ora, non prende, non ti sento. Ah scusa, non devo gridare, tu mi senti”. Io non sento più niente, mi hanno masterizzato il cuore, manco m’avessero sparato in faccia come in Pulp Fiction, eravamo io e Antonio a casa mia, i miei al mare e io l’ho capito la seconda volta, il film. Non sento più niente e niente vedo, i tramonti neanche mi accecano più in questa solitudine che non è quella che volevo. Io voglio essere solo, per potere cercare meglio una compagnia. E voglio una compagnia per poter stare bene da solo. Gli arrivi sono uguali ovunque, cambia solo il sudore e il mal di schiena, nell’ultimo mese ho mandato curriculum per mail (benedetta posta elettronica, almeno evito di consumarmi le papille gustative a forza di leccare francobolli) a Milano, Cuneo, Como, Bari, Roma, Napoli, Potenza, Castrovillari, Catanzaro, Avelli... (Marghe si alza prima di me dal banco, ha finito il problema. Io ho quasi una crisi epilettica per il nervoso. Mia madre porta i soldi per la gita, i miei amici li portano da soli, io sono l’unico che ha bisogno di un tutor. E poi )... ed è strano che all’arrivo tutto rallenta mentre il tuo cuore accelera. In inghilterra per attraversare guardo a destra e mi investono da sinistra. Partiamo futuro, arriviamo che siamo passato. Vicino a me non c’è nessuno: All change, please. Gabriel Tripaldi


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85021 Avigliano (PZ) - Contrada Valle Bona s.n.c. / Tel. 097181714 / Tel. e Fax 0971700505

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Di un viaggio, solitamente, si ricordano e raccontano tutte le esperienze comprese tra l’arrivo e la partenza dalla meta o - cambiando la prospettiva - dalla partenza al ritorno a casa. Io vorrei, invece, che i lettori questo mese viaggino attraverso i “nonluoghi”. Marc Augé, antropologo e studioso delle civiltà antiche, definisce i nonluoghi come spazi incentrati solamente sul presente, altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario. Le persone transitano nei nonluoghi ma nessuno vi abita. Sono in definitiva tutti quei posti in cui l’individuo è di passaggio: le strade, le stazioni, le aree di sosta delle autostrade, gli aeroporti, ma anche i centri commerciali. Tutti quei luoghi, insomma, in cui viene riproposto uno schema comportamentale uguale a se

stesso, in cui per poter accedere basta che la persona rispetti alcune regole: ci si fa riconoscere come solvibili, si attende il proprio turno, si seguono le istruzioni, si fruisce del prodotto, si paga. L’’identificazione è resa possibile dal passaporto, dalla carta di credito, da un riconoscimento astrattamente sociale e non più da un rapporto di conoscenza reciproca. Ad oggi una simile omologazione è stata permessa in tutti i centri storici delle nostre città: a Londra, Parigi, Milano o a Roma si passeggia nello stesso modo, identici i negozi, i mimi, i venditori di cibaglie, le macchine per il cambio di valuta, il senso di solitudine. Per sentirci in un contesto sociale - nota Augè- non ci rimane che guardare lo spettacolo degli altri che camminano e, a loro volta, ci osservano. Nello stesso tempo, le nostre città “si trasformano in musei (monumenti intonacati, esposti, illuminati, settori riservati e isole pedonali) proprio mentre tan-

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genziali, autostrade, treni ad alta velocità e strade a scorrimento veloce le aggirano”. Dal viaggio come esperienza della conoscenza, la società contemporanea è arrivata al viaggio come concatenamento di immagini frammentarie e tipiche. Ma se il mondo è ridotto al tipico, non è difficile estrarre i caratteri essenziali e portarli direttamente a domicilio, di conseguenza il viaggio - concepito come spostamento da un luogo conosciuto verso un luogo da scoprire non ha più senso. Cosa fare dunque? Dove ritrovare il gusto della scoperta? Come è possibile invertire la rotta e fuggire dall’imperante tipicità verso le mete dell’irregolarità? Marc Augè non ha fornito risposta e io non ho le competenze per indicare una soluzione. Lascio che i lettori facciano buone vacanze e al ritorno sapranno dirci. Simona Simone


Ognuno di noi, nel suo piccolo, si accorge di quanto ci sia bisogno oggi di calore umano, di emozioni antiche: la modernità ci sta portando verso un baratro di cattiveria, egoismo e indifferenza, dovuto agli scarsi rapporti umani, al grande benessere che ci sta allontanando l’uno dall’altro, perché siamo tutti indipendenti, fieri, orgogliosi e… superbi. L’individuo, giorno dopo giorno, sembra assumere le sembianze di una macchina pronta a schiacciare chiunque ostacoli il suo cammino verso mete irraggiungibili, fatte di accumuli di trofei, di successi in campo lavorativo, privato e quant’altro e se ciò crea sofferenze, disagi e dolore, chi se ne importa? La società di oggi ci impone questo!!!!

La società? Ma chi è la società? Da chi è composta? Ma chi siamo diventati? Una volta il rispetto era alla base di ogni rapporto umano, una parola data era un impegno preciso, il genitore era un mito da rispettare ed emulare (certo, con le dovute eccezioni), ma oggi le eccezioni sono al contrario... Trovare dei sentimenti autentici è diventato come andare alla ricerca di un quadrifoglio: mission impossible. In compenso, però, oggi troviamo dei robot, dei soldatini in serie, che quando hanno il tasto premuto su ON, partono ad affrontare la loro quotidianità con frenesia ed indifferenza e a fine giornata, quando il tasto è su OFF, diventano dei vegetali senza sussulti ed emozioni con un unico sapore amaro in bocca,

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quello della solitudine. Che sia acceso o spento, certo è che quel soldatino di uguale ha una cosa sola: “esiste ma non vive”. Fernando Pessoa, a tal proposito, diceva: “E così sui binari intondo gira, a intrattenere la ragione, quel trenino a carica che si chiama cuore”... mi chiedo se per dare la carica a questo trenino non ci sia bisogno di fare un salto nel passato a ritrovare colori e sapori antichi, semplici e autentici… ma c’è un piccolo problema: le macchina del tempo non è ancora stata inventata! Oops… il guasto è stato riparato ed il tasto è tornato su ON: avanti, marche! Un due, un due, un due… Anna D’Andrea


Aria d’estate, aria di viaggi. Crisi o no, la nostra mente è già in partenza in ricerca di relax e svago. Anche in questo caso il web può diventare un vero compagno di viaggio se non addirittura la nostra agenzia di viaggi personalizzata ed è per questo che inizierò a presentarvi dei servizi davvero particolari che internet ci mette a disposizione. “Partiamo” con il primo, diretto a chi ha sempre sognato di visitare la Cina con la sua Città proibita ma non ha mai potuto concretizzare questo sogno, suo malgrado. Il 5 marzo di quest’anno IBM ha aperto le porte di questa meraviglia al mondo virtuale attraverso il progetto “The Forbidden City - Beyond Space and Time” (www.beyondspaceandtime. org) grazie al quale scaricando un piccolo software potremmo visitare, in una perfetta ricostruzione 3D, quello che fu il mitico palazzo imperiale dei Ming e dei

Qing. Per chi invece decidesse di partire per qualche meta oltre confine con il classico dilemma di come comunicare senza conoscere la lingua ecco a voi Forvo (http://forvo.com ). Grazie a questo sito, ovviamente free, potremo imparare la pronuncia esatta grazie a degli speakers (ben 5 milioni) di madrelingua, aggiungere parole, ascoltare ed imparare tantissime lingue. Una vera community linguistica! Per chi avesse deciso di visitare i paesi del nord Europa in particolare la Svezia vi consiglio di visitare il sito ufficiale del turismo svedese (http://www. visitsweden.com/svezia/) ed in particolare la sezione Community dove è praticamente possibile avere informazioni di qualsiasi genere per chi ha come meta questa bellissima nazione. Ultimo sito che mi permetto di consigliarvi è Viaggiatorinati (www.viaggiatorinati.com). Creato da me ed alcuni amici

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(oggi in versione beta), è una raccolta di foto, informazioni ma soprattutto link utilissimi se non fondamentali per il “viaggiatore fai da te”. I link infatti, divisi per categorie, permettono al viaggiatore di crearsi la propria vacanza in piena automia e lowcost utilizzando i migliori siti web che abbiamo raccolto nel corso dell’organizzazione delle nostre vacanze all’estero. Scopriremo così i migliori motori per scansionare tutti i voli lowcost e allo stesso tempo dove dormire, cosa visitare e come comunicare. Il sito permette inoltre agli utenti registrati di inserire le proprie foto, informazioni e racconti di viaggio per dare sempre più maggiore supporto ed informazioni a coloro che amano organizzare un viaggio in piena autonomia e senza spendere grandi cifre. Mimmo Claps


Qualche commento da profano: la consultazione del sito (www. brekmagazine.it) mi sembra molto veloce e molto intuitiva. Inoltre apprezzo e condivido la nuova scelta editoriale di focalizzarsi su un tema specifico. Complimenti. Antonello Ciao, ho conosciuto Brek grazie a Facebook, e incuriosita ho visitato il vostro sito. Ho apprezzato subito la vostra “immagine” (copertine e impaginazione mi sembrano davvero eccellenti)... non che i contenuti siano da meno :-) Complimenti! Giovanna Gentile redazione di Brek Magazine, vi scrivo per farvi i miei complimenti per il vostro progetto editoriale, che reputo davvero innovativo e giovanile. Forse un po’ troppo, però. Trovo davvero interessanti gli articoli che trattano temi a sfondo politico, mai eccessivamente faziosi e scontati, ma (ovviamente), non riesco ad appassionarmi alle rubriche più “leggere”. Sarà per via della mia veneranda età! Ad ogni modo vi faccio i miei migliori auguri per il futuro.

p.s. È sempre un problema reperire una copia di Brek... avete mai pensato di dare la possibilità di abbonarsi? Angelo Raffaele Salve a tutti! Mi chiamo Vito e sono un vostro lettore assiduo. Suono in una band del mio paese, e, per questo motivo, leggo sempre per primi i vostri articoli che parlano di musica. Da qui la mia proposta: perchè non parlate mai di gruppi locali? Per noi musicisti dimenticati sarebbe bello poter contare sul vostro appoggio per trovare un minimo di visibilità in una regione che ha sempre dato poco spazio alla musica emergente. Sareste dei grandi se questo mio desiderio diventasse realtà... W la musica!!! Vito Mi complimento con la redazione per il vostro divertente magazine: leggo con molto piacere soprattutto gli articoli della sezione “atmosfere”, perchè li trovo davvero interessanti e scritti da persone competenti. In particolare apprezzo tantissimo la rubrica di arte contemporanea perchè è scritta in maniera semplice e, soprattutto, al

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suo interno non leggo mai nomi troppo noti (il che denota una ricerca molto particolare ed arricchisce la cultura di lettori curiosi ma profani come il sottoscritto. Credo che le due pagine in questione valgano più di riviste intere e “di settore” che girano in città. Grazie. Mariagrazia Ho tra le mani Brek n°5. Quando, sfogliandolo, i miei occhi sono caduti sull’articolo intitolato “Nicola Genovese - L’indole dell’artista”, non ho potuto fare a meno di scrivervi. E questo non perchè ne sono un fan, ma solo perchè finalmente qualcuno si è accorto di lui e del suo talento anche dalle nostre parti. Siete davvero grandi!!! Alessio Grazie a tutti voi. Dopo un anno di sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni, non possiamo esimerci dal ringraziarvi tutti. Se Brek continua ad esistere lo dobbiamo a voi, e se magari trova nuovi consensi, uscita dopo uscita, è solo perchè voi ci date entusiasmo con critiche e complimenti. Grazie.


L’ACQUA del rubinetto: BENESSERE A PORTATA DI MANO TUTTI I GIORNI DELL’ANNO Commento del Dr. Giuseppe Morero sulla campagna di informazione “L’ETICHETTA DELL’ACQUA DEL TUO RUBINETTO” “L’acqua è indispensabile per tutti gli organismi”. La vita dipende dall’acqua: essa è ovunque, sopra, sotto ma soprattutto dentro di noi. Nessuno ne può farne a meno. Il nostro corpo è composto dal 50 al 77% di acqua a seconda dell’età. Il corpo di un neonato presenta la maggiore concentrazione di acqua. Il turgore che accompagna e caratterizza l’infanzia è dovuto all’abbondante contenuto idrico che si riduce progressivamente con l’età per arrivare al 50% della vecchiaia. L’acqua costituisce i ¾ dei nostri muscoli e del nostro cervello, partecipa da protagonista all’assimilazione del cibo, porta ossigeno e nutrimento alle cellule, rimuove i prodotti di scarto attraverso il sangue e il sistema linfatico, lubrifica ogni giuntura del nostro corpo e rappresenta il suo naturale impianto di aria condizionata attraverso la sudorazione. Il nostro corpo può contenerne fino a 47 litri e parafrasando un celebre motto possiamo dire che noi siamo quello che beviamo. Possiamo vivere più di un mese senza proteine, carboidrati e grassi ma solo cinque giorni senza un adeguato apporto di acqua in condizioni climatiche miti. Ogni persona adulta metabolizza circa 2,5 litri di acqua al giorno. Il nostro corpo può funzionare quindi solo con una adeguata quantità di acqua. Circa un litro di acqua gli esseri umani la assumono attraverso i cibi solidi il resto quindi almeno 1,2-1,5 litri deve essere assunto attraverso il “bere” vero e proprio. Questa quantità può essere anche maggiore, essa varia infatti in base al peso corporeo e all’attività (lavoro fisico, sport). L’acqua disseta veramente mentre le bevande alcoliche o contenenti caffeina fanno venire sempre più sete più ne beviamo.

L’acqua non contiene né calorie né zuccheri. È necessario quindi educare i bambini al concetto dell’acqua come bene e bene di tutti: quindi un bene comune in quanto è una risorsa riproducibile naturalmente ma con limiti nella quantità e nel tempo. L’ educazione ad un nuovo approccio all’acqua deve basarsi su un’opera di informazione-formazione partendo dalle piccole pratiche quotidiane: i bambini e i ragazzi devono essere i soggetti principali di questa pedagogia che deve tradursi nella promozione della “cultura dell’acqua”. Noi Italiani siamo nel mondo i primi consumatori di acque minerali con 194 litri pro capite in media nel 2007 (8 volte la media mondiale) e tra i primi produttori. Dobbiamo imparare a consumare l’acqua del rubinetto: essa è buona,sicura infatti è ben controllata, comoda (arriva in casa) e molto conveniente. Costa da 300 a 1000 volte in meno di una qualunque acqua minerale. Conviene anche da un punto di vista ecologico: la produzione e la distribuzione dell’acqua del rubinetto necessitano di quantità di energia relativamente bassa. Ciò per il fatto che l’acqua del rubinetto viene prelevata nel rispetto dell’ambiente, non deve essere trasportata su strada per lunghi tratti su camion, navi o treni e non comporta accumuli di tonnellate di plastica, scorre nella rete di tubazioni e dopo poche ore sgorga fresca nelle nostre case. Bisogna far sviluppare nelle nuove generazioni il valore e il buon uso dell’acqua potabile che arriva nelle nostre case anche attraverso i piccoli gesti quotidiani. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha considerato il 2005-2015 come il Decennio Internazionale dell’Acqua. L’acqua per la Vita proviamo anche noi a viverlo con i nostri bambini in modo più responsabile”. Dr. Giuseppe Morero Segretario Federazione Italiana Medici Pediatri della Provincia di Potenza

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