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Blackout: un rischio reale pericolosamente ignorato

Gli esperti avvertono con forza: un blackout nei prossimi 5 anni è molto probabile e, se dovesse verificarsi in Svizzera, non finirebbe bene. Eppure il rischio viene sottovalutato. Così come era stata ignorata la probabilità di una pandemia. Finché non è arrivato il coronavirus. La Svizzera dovrebbe pertanto trarre i giusti insegnamenti da questa esperienza e dovrebbe farlo ora!

Herbert Saurugg è un esperto molto richiesto e quotato a livello mondiale sul tema blackout. Major a. D. e Master of Science in Business Development con specializzazione nella ricerca della sicurezza, nell’infrastruttura critica e nella gestione sistemica di rischio e crisi, è il Presidente della Società austriaca per la prevenzione delle crisi (GfKV), lettore in varie università specialistiche e gestore del sito web www.saurugg.net. Proprio qui avvisa: «Il verificarsi di un guasto elettrico e infrastrutturale (blackout) è una probabilità molto realistica nei prossimi cinque anni!»

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Proprio accanto si trova il link al film «Svizzera al buio», pubblicizzato dall’Ufficio federale della protezione della popolazione (UFPP) in seguito all’Esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza (ERSS) del 2014. Il filmato mostra cosa potrebbe succedere in caso di blackout: l’assistenza della popolazione verrebbe meno insieme alla comunicazione. Scoppierebbe il panico, seguirebbero saccheggi, rivolte ed eccessi di violenza. Infatti, la storia mostra che: nella crisi esistenziale, l’uomo attinge alla legge del più forte e lo Stato perde il controllo e il monopolio del potere.

Secondo Saurugg, il pericolo maggiore non è tuttavia la possibilità di un blackout ma la speranza diffusa e completamente ultraterrena che ciò non accadrà mai.

Il coronavirus insegna che le scene di rischio sono possibili!

Attualmente sperimentiamo quanto sia irrazionale questo assunto, l’ignoranza del rischio garantito che ai politici piace vivere: viviamo nel mezzo di una pandemia. Nessuno avrebbe creduto che potesse accadere, né un anno né sei anni fa, quando una «pandemia influenzale» costituì lo scenario centrale dell’Esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza (ERSS) del 2014; ad affiancarlo è lo scenario 2, un «guasto elettrico con successiva e prolungata difficoltà di alimentazione in mancanza di elettricità», ossia un blackout. Ora la crisi dovuta al coronavirus ci mostra con che rapidità un pensiero puramente teorico possa diventare un’amara realtà, ma anche che molte delle conclusioni dell’ERSS 14 non sono andate abbastanza lontano e la realtà è spesso ben diversa dalla teoria delle esercitazioni. La confusione strutturale e relativa all’azione in materia di coronavirus aumenta da mesi; molte delle nostre azioni sembrano goffe, a volte completamente senza senso. Di conseguenza: la fiducia della popolazione nelle abilità della loro guida e nella sensatezza delle misure diminuisce visibilmente.

Il coronavirus è pesante, il blackout pericoloso

In confronto alla crisi del coronavirus, un blackout ha naturalmente una maggiore forza esplosiva. Il coronavirus nuoce all’economia, la Confederazione perde miliardi e tante persone cadono in disoccupazione. La popolazione, abituata al benessere, deve sopravvivere a lungo convivendo con determinate restrizioni. Eppure ad oggi il coronavirus non ha leso all’assistenza di base. Neanche in una certa misura. Eppure in primavera si è scatenato rapidamente il panico. Già la sola paura di restare senza carta igienica ha portato alcuni a mostrare i pugni, sebbene non vi fosse alcuna necessità reale.

Immaginiamoci cosa potrebbe accadere in caso di blackout. Se le persone avessero freddo, fame, sete e puzzassero. Se scoppiassero epidemie perché lo smaltimento dei rifiuti, i servizi igienici e gli impianti di depurazione non funzionano più. Se nessuno potesse fuggire a causa della mancanza di carburante, autobus, treni e aerei. Se le autorità restassero immobili e le persone non sapessero cosa sta accadendo e che pericoli esistono perché la tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC) è morta e tutti i canali sono inutilizzabili.

Ci sarebbe prima il panico totale, poi il caos e infine la violenza, prima nelle città, dove la dipendenza delle persone dalle infrastrutture è maggiore, poi anche in campagna. Le forze del girofaro blu (BORS) sarebbero sovraccaricate e dovrebbero fare affidamento sul funzionamento della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC).

Chi non comunica muore ...

Ma anche la loro capacità di comunicazione sarebbe fortemente danneggiata. La relazione finale dell’ERSS 2014 ha stabilito con chiarezza che: «in caso di un guasto elettrico di più di 4 ore, i consueti allarmi via telefono e internet da parte di BORS non potrebbero più essere garantiti». Inoltre,

l’ERSS 14 ha mostrato che «dalle TIC analizzate, solo quelle progettate per un’interruzione di corrente soddisfacevano i requisiti: Bernradio, FIS FT, sistema radio d’emergenza DFAE, Polycom e rete fissa (analogica) per la telefonia». Nel frattempo quest’ultima è stata naturalmente disattivata, con il beneplacito del Consiglio federale e dell’UFPP!

Tesi di laurea sul «Blackout in Svizzera»

Un’osservazione approfondita dell’«allarme e della comunicazione di emergenza da parte delle autorità e di BORS in Svizzera in caso di guasto elettrico a livello europeo» si ritrova nella tesi di laurea «Blackout in Svizzera». Ad elaborarla è stato Lucien Nicolas Schibli di Muttenz 2019 con l’assistenza di Herbert Saurugg presso la Donau-Universität di Krems (PDF consultabile su www.saurugg.net alla sezione «Studi»). Egli giunge alle seguenti conclusioni: «In merito alla comunicazione di emergenza, i punti di contatto centrali a livello comunale (punti di incontro di emergenza) per la popolazione sono molto promettenti. Tuttavia, devono essere prima ideati e poi implementati. La comunicazione di emergenza interna e inter-organizzativa si basa molto sul sistema Polycom. Tuttavia, poiché questo è indurito a diversi livelli, avrebbe senso controllare/espandere l’indurimento fino a quando non saranno in uso nuovi sistemi». Il lavoro di tesi conferma quanto riportato nella relazione finale dell’ERSS 14: in caso di blackout sono possibili ampi deficit nelle aree di comunicazione, scambio di informazioni e allarme della popolazione. Questo è fatale, in quanto la relazione finale sull’ERSS 14 constata anche che «dei collegamenti stabili e sicuri sarebbero indispensabili per guidare e gestire la crisi, per cui i sistemi TIC analizzati non sarebbero in gran parte sufficienti a soddisfare le esigenze della situazione». Di conseguenza, la Raccomandazione 11 dell’ERSS 14 recitava: «Bisogna creare una rete integrata di dati sicura; essa deve comprendere i servizi della Confederazione, dei Cantoni e terzi che svolgono un ruolo fondamentale per la sicurezza e l’approvvigionamento del Paese».

Molti cantoni esitano troppo a lungo

L’implementazione di questa raccomandazione è stata più che lenta. Solo il cantone di Basilea Campagna ha agito in modo esemplare. Già nel 2016 ha attrezzato le 6 stazioni di pompieri con un sistema di paging indipendente della Swissphone Wireless AG (vedi edizione 1/2018 del girofaro blu). Questa rete radio autosufficiente sfrutta la medesima frequenza radio del sistema di chiamata radio TELEPAGE e serve come livello di riserva autonomo e permanentemente disponibile. Il sistema di chiamata radio TELEPAGE si è

dimostrato affidabile grazie a più ridondanze e al costante monitoraggio, copre il 99% delle aree abitate della Svizzera e, al contrario dei sistemi di allarme basati su IP, non è soggetto ad attacchi informatici. Inoltre, è scalabile a piacere, in quanto il numero di pager radio indirizzati è illimitato.

Nel frattempo, altre istituzioni e altri Comuni, come il Canton Svitto, puntano al paging indipendente di Swissphone, combinato con i punti di raccolta di emergenza per la popolazione (vedi edizione 2/2020 del girofaro blu). Nel complesso, però, sono ancora troppo pochi. Questo, nonostante tutti sappiano che, senza una comunicazione (di emergenza) funzionante tra BORS e la popolazione e tra i BORS, non si ha scampo dalla crisi.

La consapevolezza cresce lentamente

La seguente comunicazione lascia comunque qualche speranza: alla fine di giugno 2020, i rappresentanti delle organizzazioni del girofaro blu da 11 cantoni e la Confederazione hanno partecipato ad un workshop di Swissphone al paging indipendente, nonostante i severi concetti legati al coronavirus. Questo dimostra che cresce la consapevolezza che i sistemi TIC resistenti al blackout sono importanti e, con

Commento | È necessaria un’azione tempestiva! La prevenzione di un blackout è un’emergenza nazionale

La crisi del coronavirus ci sfida e mostra che l’ignoranza del danno garantito è un errore. Occorrono azioni attive e preventive. Puntuali ed efficienti!

Quello che all’ERSS 14 era solo «teorico», una pandemia influenzale, si è presto rivelato realtà. Allo stesso modo potrebbe verificarsi un blackout, magari prima di quanto possiamo immaginare. Infatti, a seguito della digitalizzazione, della crescente complessità della rete europea, dei sempre più frequenti eventi estremi meteorologici e del crescente pericolo di attacchi terroristici e informatici, il rischio è sempre più elevato.

Il blackout va pertanto riconosciuto per quello che è: un «Credible Worst-Case-Szenario» (CWC) centrale del nostro tempo. Due sono i punti essenziali, in particolare in vista del sovraccarico parziale e innegabile nella crisi del coronavirus a livello federale e delle parziali incompetenze a livello di cantoni, comuni, esperti, associazioni e politica partitica: la prevenzione dagli scenari CWC va gestita prima dai capi e poi in modo uniforme a livello nazionale. Soluzioni rapide, efficienti ed efficaci, che richiedono che gli attori responsabili si riuniscano e concordino una soluzione attuabile a livello nazionale. In termini di rapidità necessaria, bisogna preferire quello che già esiste ed è comprovato: una soluzione radio indipendente, dalla Svizzera per la Svizzera, disponibile, finanziabile e scalabile a livello nazionale. Serve solo procurarsela e installarla.

Dr. Jörg Rothweiler

essa, la disponibilità ad informarsi sulla tecnologia necessaria a procurarseli e ad installarli.

Il workshop ha tuttavia mostrato delle difficoltà da eliminare. Oltre alle sfide relative alle strutture politiche, alle competenze e all’incarico di legge, anche altri requisiti portano insicurezza in merito all’organizzazione di base di una TIC in caso di crisi. In merito ci sarebbe da dire che, dato che un blackout è sempre sovraregionale, i sistemi TIC di BORS devono essere compatibili tra comuni, regioni e cantoni. Le emittenti indipendenti di Swissphone soddisfano questi requisiti e in futuro devono rendere possibile l’integrazione di un pulsante di emergenza alla stazione di invio di un punto di raccolta di emergenza. Questa ottimizzazione all’interfaccia della popolazione/del centro di controllo viene attualmente elaborata dagli sviluppatori di Swissphone Wireless AG come reazione diretta agli input dei gruppi di clienti e dal workshop nel giugno del 2020.

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