Aeroplanino di carta n. 59 - luglio 2011

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ANNO 20 — NUMERO 59 — LUGLIO 2011


OSCAR LUIGI SCALFARO — intervista esclusiva …….…………………… 2 Le 233 bandiere blu ……………………………………….………………………... 8 Francobolli ………………………………..………...………………….…………. 10 La caccia alle balene ………………..…………………………………………….. 11 MONDO fotocronaca ……………………………………...…………………… 12 Il calcio e la sua evoluzione ……………..…………………………..……………. 14 Le energie ……………………………..…………………….…………………… 16 Scioglilingua …………………..…………………………..……………………. 19 Animali bizzarri ………………………………………………………………… 20 Giochi da viaggio …………………………………………………………………. 22 Arcimboldo a Milano ………………………………………..……………………. 24 Sport estremi ……………………………………………………….…………… 26 Starlight …………………………………………………………………………… 28

AEROPLANINO di CARTA Anno 20 n. 59 - luglio 2011 Direzione e Redazione ISTITUTO SALESIANO S.AMBROGIO Via Copernico 9 20125 MILANO tel. 338.7440206 (segr. tel. 02.67627.28.3 - fax 02.67627.28.2) REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO n. 672 del 12/12/1992 Direttore Responsabile: Francesco Scolari Laboratorio dell' Aeroplanino Pubbliche Relazioni: Benedetta Gentile www.aeroplaninoweb.it www.aeroplanino.it redazione@aeroplanino.it

 Le fotografie della copertina (fronte e retro) sono di Caterina Mariani

 La farfalla è di Ottavia Maria Mamoli


MICHELA MURGIA …………..……………………………...……..…………… L’Iglesiente e il Pan di Zucchero ……...……………………………………….…. Porto Flavia …………………..……….…………………………………….…….. Tofet di Sant’Antioco …...……..….…….………………………….……….…….. FRA LEONARDO DA PERDI …...………...……………………………..……. Sardegna nascosta ……………..…………………………………………..…… PIERO MARRAS ……………..…………………………………………….…... Cagliari ………………….....……………………………………………..……. Trova la frase …………….………..……………………………………….……… Casa Deledda ………………………...…………………………………….…….... Orgosolo ………………….………...…………………………………….…...… GRAZIANO MESINA ………………………………………………….………... Il pranzo con i pastori ………...……………………………….……………….….. Su lionzu …………….………………..…………………………………….…...… Costantino Nivola ………………………...……………………………….………. PIETRO PAOLO VIRDIS …………...…………………………………….….… Nuraghi ……………………………………….…………………………….……. Ci pensa CANNAS ……………..…………..………………………………..….. SALVATORE NIFFOI ………...…………………………………………..…….. Pensieri ………………….………..………………………………………..……. I cavallini sardi …………….………..…..……………………………………..…. Anch’io ………………………………..….………………………………….…….

30 39 40 42 44 45 46 54 55 56 58 60 68 70 71 72 80 82 84 93 94 95

Giochi …………………………………………………………………………… 96 Scacchi che passione ……………………………………………………………... 97 Il Tornado Panavia ……………………………………………..…………………. 98 ACQUA PARADISO GABECA: Giulia Gabana, Mauro Gavotto, Simone Buti ... 100 Cinquant’anni fa: Yuri Gagarin ………………………………………………….. 107 Il gabbiano …………………………………………………..…………………… 108 Il papà di Topolino e Paperino ………………..…………………………………. 109 Indovinelli ……………………………..………………………………………… 110 Il tennis ……………………………..……………………………………………. 112 Soluzione dei giochi …………………………………..………………………… 114 Gli alieni — un mistero senza fine ………………………………………………. 115 Il chilo non pesa… un chilo ………………………………..……………………. 116 Ale & Franz — la comica finale ……………………………………………… 117 L’isola dei racconti — Credits……………….…………………………………… 120


INTERVISTA ESCLUSIVA

PRESIDENTE EMERITO

DELLA REPUBBLICA

150 anni dell’unità d’Italia: valori e attualità della nostra Costituzione

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Aeroplanino - Quando era giovane, com'era l'Italia secondo lei: meglio o peggio di oggi? Oscar Luigi Scalfaro - Sono nato il 9 settembre 1918 e in quel periodo le cose andavano abbastanza bene, anche se lo sfondo appariva del tutto negativo, essendo ancora in corso la Prima Guerra Mondiale. Al termine del conflitto, l'Italia dovette affrontare una situazione difficile, non solo per le conseguenze inevitabili e negative legate alla guerra, ma anche dal punto di vista politico perché, dopo alcuni anni di governi di vario genere, Mussolini (che era un socialista un po'... strano!) impose la dittatura, cioè un regime in cui i cittadini sono solo dei numeri, non avendo né diritto di voto (cioè di partecipazione alla vita della comunità di cui fanno parte), né libertà di iscriversi a partiti diversi (essendoci solo quello del dittatore), né sindacati di vario colore (perché ne esisteva solo uno, nazionale). Da questo punto di vista, insomma, alla mia nascita l‟Italia ebbe una vittoria però le guerre, anche quando si vincono, sono sempre una tragedia enorme, perché rappresentano l'assenza della civiltà. Aeroplanino - Ritiene giusto che Garibaldi abbia lottato per l'unificazione del nostro Paese? Oscar Luigi Scalfaro - Ha fatto senza dubbio bene, perché la sua spedizione dei Mille doveva servire ad agganciare il sud al nord dell'Italia. Si tratta di un tema che ritorna sempre in tempi di fatica economica, come è anche quello attuale: per un giovane che nasce nel sud, le prospettive sono di gran lunga minori rispetto a chi ha invece la fortuna di trovarsi in zone d'Italia più ricche e più idonee ad offrire studio e lavoro. Aeroplanino - La nostra Costituzione deve essere modificata, oppure va ancora bene così? Oscar Luigi Scalfaro - Può avere anche delle modiche. Ad esempio,

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tante volte negli scorsi anni molti hanno convenuto sulla necessità di ridurre il numero dei parlamentari visto che attualmente — fra deputati e senatori — sono circa mille; eppure, nonostante la convergenza di vedute, non si è mai riusciti a tirare le somme su alcuna cosa. Però, la nostra Costituzione è stata valutata dalla maggior parte dei giuristi di tutto il mondo come il meglio che si potesse dare ad uno stato, perché la partecipazione dei cittadini alla vita della comunità nella quale sono nati e vivono è un diritto sacrosanto, che la dittatura invece aveva tolto. L'Articolo primo della nostra Costituzione dice che «l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro». Democratica, cioè governata dal popolo, il che non vuol dire che il popolo governa in piazza, ma che sceglie con libere elezioni le persone che esso ritiene idonee a costituire il Parlamento, cioè la voce più importante della democrazia. Chi adesso vuole mettere mano alla Costituzione per trasformarla, non tiene conto del fatto che queste modifiche sono già state bocciate da un referendum di qualche anno fa, perché quella riforma capovolgeva totalmente la nostra Costituzione con delle ipotesi strane e inaccettabili, sostenendo per esempio che il presidente del Consiglio — cioè il capo del potere esecutivo — poteva mandare a casa l'intero potere legislativo. Questa è una follìa costituzionale, una scempiaggine che non fa onore a chi l‟ha proposta. Affermava che il presidente del Consiglio è l‟unico responsabile della cosa pubblica, salvo confermare subito dopo — contraddicendosi — che continua a spettare al Presidente della Repubblica il compito di sciogliere le Camere. Si proposero insomma delle cose… da far vergogna, che per fortuna vennero bocciate dal referendum del 2006 con oltre il 70 % di voti: una bocciatura solenne sancìta da milioni di cittadini. Sì, come tutte le cose, anche la nostra Costituzione può essere migliorata e dovrebbe esserlo senza dubbio, a patto però che le sue eventuali modifiche riguardino l‟intero popolo italiano e quindi non siano fatte solo per compiacere qualcuno, dandogli maggior potere.

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Aeroplanino - Quest‟anno si celebrano I 150 anni dell‟Unità d‟Italia: pensa sia stada data la giusta importanza a questa ricorrenza? Oscar Luigi Scalfaro - Tu hai ancora un nonno? E quanti anni ha? Settanta, dici? Bene, E quando compie gli anni, gli fai festa, vero? Dunque, se la nostra Italia compie 150 anni dal momento in cui è stata unita, è giusto fare gli auguri anche a lei! E‟ una questione di buona educazione, di voler cioè sottolineare con il ricordo tutte quelle persone che sono morte o che hanno sofferto per raggiungere questo obiettivo. Desiderare che un popolo viva pacificamente insieme è una tendenza naturale, perché l‟uomo nasce come essere sociale (anzi, si potrebbe meglio dire: come essere socievole), quindi la tendenza ad essere uniti è assolutamente normale e segue l‟istinto e i sentimenti di ciascuna persona. Essere contro un ricordo storico è un fatto di poca civiltà e di poca intelligenza, quindi io mi metto tra coloro che applaudono l‟Italia e che prendono esempio da chi si è sacrificato per il bene del suo popolo, non chiedendo nulla per sé, ma desiderando solo condividere tutto l‟insieme di quei valori che chiamiamo patria. Aeroplanino - E‟ giusto che anche l‟Italia diventi una repubblica federale? Oscar Luigi Scalfaro - Quando vediamo come certi stati federali (gli Stati Uniti, ad esempio) festeggiano in modo sentito le loro tradizioni, ci rendiamo conto di quanto noi siamo diversi (naturalmente, in peggio!), perché quasi ci vergognamo della nostra appartenenza… Ben venga dunque anche in Italia il federalismo, purché riesca a renderci più orgogliosi e consapevoli del nostro Paese.

Aeroplanino - In che cosa siamo diversi oggi noi ragazzi rispetto a quelli di quando lei aveva la nostra età?

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Oscar Luigi Scalfaro - I ragazzi sono sempre gli stessi… sono ragazzi! Pieni di voglia di giocare, di correre, di saltare, di avere il pallone, di essere bravi nella ginnastica e nello sport; a volte con… poca voglia di studiare! Eravamo così anche noi. Però, quando avevo la vostra età, come ho già detto in Italia non c‟era la libertà ma la dittatura, che trattava le persone come fossero delle cose, non degli esseri umani (anche il fascismo ha fatto certo delle cose buone, però era profondamente sbagliata la sua impostazione di fondo). Ecco la nostra differenza di quando eravamo ragazzi come voi... Consideratevi molto fortunati e state sempre attenti, con gli occhi bene aperti: la libertà non è qualcosa di acquisito una volta per tutte, ma può sempre essere messa in discussione in qualsiasi momento. Aeroplanino - Come giudica la politica di oggi? Oscar Luigi Scalfaro - Che cos‟è la politica? E‟ tutto quello che si fa nell‟interesse di una comunità. In democrazia, non solo si ha il diritto di partecipare alla vita politica del proprio Paese, ma si ha anche il dovere di interessarsene: come cittadino, ho l‟obbligo di condividere le cose buone della comunità alla quale appartengo, le sue sofferenze, i suoi momenti difficili, di prova. Devo sentirmi partecipe: questa è la politica. E‟ un sentimento oggi condiviso? Credo che solo i giovani potrebbero ribaltare questa tendenza, ciascuno preparandosi ad essere pronto per avvertire i propri doveri, in modo da potere poi esercitare anche i propri diritti. Aeroplanino - E‟ cambiato qualcosa in Italia dopo l‟inchiesta di tangentopoli? Oscar Luigi Scalfaro - Direi non molto… Ci sono state persone che hanno abusato dello Stato... ed anche oggi continuano a comportarsi nello stesso modo. Ciò, ovviamente, non va bene e determina delle reazioni conseguenti. Mi spiego. Per ottenere dei servizi efficienti, perché le comunicazioni

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funzionino a dovere, perché la posta arrivi non solo a destinazione, ma anche in tempo utile, ogni persona paga le tasse, anche più volte: al comune dove risiede, alla provincia, alla regione, allo stato centrale. Giorni fa, mi è stata recapitata una lettera da una località non molto distante da Roma esattamente un mese dopo essere stata spedita: è un cattivo servizio per chi paga le tasse! Già, le tasse… Qualche anno fa, vi fu addirittura un ministro che fece... l‟elogio delle tasse, reputando che il pagarle fosse quasi un onore, perché in tal modo si può partecipare alla vita, alle spese, alla dignità e ai servizi del proprio popolo; è una forma di educazione molto alta, difficile da comprendere e da acquisire, che però dovrebbe appartenere a ciascuno. Di solito, invece, tutti si lamentano e hanno anche ragione perché, di fronte ai disservizi, difficilmente si potrebbe dare loro torto. Hanno il diritto di protestare, perché auspicano che le cose possano andare meglio. Il rovescio della medaglia è rappresentato dai quei cittadini che — perché eletti (come ad esempio il sindaco, il presidente della regione, il deputato) — spendono i soldi della collettività per interessi personali o per favorire i loro amici. Si macchiano di uno dei reati peggiori: servirsi della povera gente, che al contrario rispetta le regole e che magari fa anche tanta fatica e sacrifici per rispettarle. Compiendo un danno enorme per la loro comunità, essi tradiscono il mandato ricevuto e devono certo essere puniti come meritano. Ma serve a poco lamentarsi, se poi anche noi (nessuno escluso) ci rifiutiamo di fare la nostra parte, contribuendo nei limiti del possible perché il mondo politico diventi più rispettoso delle regole. L’intervista al Presidente Emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro è stata realizzata — in collegamento telefonico con il Palazzo del Senato a Roma — mercoledì 16 marzo alle ore 12,15 e si è protratta per circa quaranta minuti

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La Bandiera blu è un riconoscimento internazionale, istituito nel 1987 Anno europeo dell’Ambiente, che viene assegnato ogni anno in 41 paesi, inizialmente solo europei, più recentemente anche extraeuropei, con il supporto e la partecipazione delle due agenzie dell'ONU: UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) e UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo). L’obiettivo principale di questo programma è di indirizzare la politica di gestione locale di numerose località rivierasche verso un processo di sostenibilità ambientale e di promuovere nei comuni rivieraschi una conduzione sostenibile del territorio, attraverso una serie di indicazioni che mettono alla base delle scelte attenzione e cura per l’ambiente. I criteri del programma vengono aggiornati periodicamente, in modo da spingere le amministrazioni locali partecipanti a impegnarsi per risolvere e migliorare nel tempo le problematiche relative alla gestione del territorio, per un’attenta salvaguardia dell’ambiente. Il programma Bandiera blu si compone di dodici sezioni: 1 — Notizie di carattere generale 2 — Certificazione Ambientale 3 — Qualità delle acque di balneazione 4 — Depurazione delle acque reflue 8

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5 — Gestione dei rifiuti 6 — Educazione Ambientale ed Informazione 7 — Iniziative Ambientali 8 — Turismo 9 — La Spiaggia 10 — Lo stabilimento balneare 11 — Pesca professionale 12 — Adempimenti In Italia, le spiagge di qualità sono 233, due in più rispetto allo scorso anno, in 125 comuni. Lo conferma la graduatoria delle Bandiere blu 2011, che controlla non solo le acque pulite ma anche i servizi e il rispetto dell'ambiente delle località marine e lacustri. La Liguria, con 17 località, si conferma al primo posto nella classifica regionale. A pari merito, con sedici località, seguono Marche e Toscana, l'Abruzzo ne ha quattordici, una in più dello scorso anno. La Sardegna, infine, ha ottenuto la bandiera per tutte e cinque le località candidate.

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Caterina Mariani

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I francobolli: gli unici i cui “errori” sono diventati pezzi celebri ed economicamente irraggiungibili. Nella maggior parte di questi casi, appunto, ci si accorge dopo aver emesso una decina di esemplari che vi è un errore nella stampa. Capita ad esempio che la scritta “dollaro”, che appare sui francobolli statunitensi, venga scritta con una “L” sola; oppure che un francobollo con disegnata una bandiera di uno stato venga stampato con i colori sbagliati: spesso sbiaditi, ma a volte anche troppo scuri e carichi di colore. Oggi questi esemplari sono esposti nei musei, o venduti ai privati nelle aste per cifre considerevoli. Famoso è il caso del Treskilling Yellow, che venne emesso nel 1855 dalla Svezia: subito ci si accorse che i colori non erano conformi col decreto di emissione e, anziché essere verde, appariva giallo; attualmente se ne conosce un solo esemplare, che risalta per il suo valore spaventoso: due milioni di euro, secondo l'asta più recente! Comunque ogni pezzo, prezioso o meno, è la miniatura di un capolavoro. I francobolli possono essere infatti intesi come piccoli quadri, spesso antichi ed emessi durante un particolare periodo storico: correvano sulle lettere attraverso intere nazioni, diffondevano idee e oggi sono delle importanti fonti storiche: tutti buoni motivi per aprire una piccola raccolta. Francesco Cimini 10

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La caccia alle balene è un tristissimo fenomeno, molto praticato fino al secolo scorso e che oggigiorno è presente solo in tre Paesi: Giappone, Islanda e Norvegia. Questa pratica bruttissima è da condannare principalmente per il fatto che le balene sono a rischio d‟estinzione e secondariamente perché i metodi sono molto crudeli e spietati. Spesso i balenieri utilizzano delle scuse, come dover uccidere gli animali per scopi scientifici o per eccessiva presenza di questi cetacei in un qualche mare, ma si sa che nel primo caso basterebbe prelevare un campione di grasso e uno di pelle per avere già molte informazioni sull‟esemplare; mentre, il secondo caso è una bugia bella e buona, dato il fatto che sono animali a rischio. La caccia alle balene è principalmente praticata perché dall‟animale si ricavano saponi e oli dal grasso e molta carne; un‟attività piuttosto redditizia — si direbbe — ma secondo me, per quanto grande possa essere il guadagno, non lo si potrà mai paragonare all‟importanza della vita di un animale innocente, per di più a rischio d‟estinzione, ucciso da uomini che non hanno la minima considerazione della sua vita. testo e disegno di Alice Marchi

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In questi ultimi mesi, in ogni parte del mondo sono successi tanti di quei fatti (non tutti belli, purtroppo!), che per renderne conto occorrerebbero le pagine di un intero Aeroplanino. E tutti ne hanno parlato così tanto che sarebbe inutile provare ad aggiungere qualcosa. Ci limitiamo quindi a ricordarne qualcuno tra i più importanti con una breve cronaca, accompagnata da un album fotografico

L’11 marzo, in Giappone la vita di milioni di persone cambia in pochi minuti, scossa dal terremoto di 8,9 gradi della scala Richter che fa tremare la parte nord-orientale dell’isola Honshu, con epicentro a circa 370 chilometri da Tokyo e subito dopo investita da uno tsunami con onde alte fino a dieci metri che si abbatte sulle coste affacciate sul Pacifico. I danni sono tremendi anche per la centrale nucleare di Fukushima, con conseguenze al momento ancora imprevedibili per l’intero pianeta.

Il 2 maggio viene ucciso in Pakistan Osama Bin Laden; freddato con un colpo alla testa, si nascondeva con la famiglia in un covo vicino a Islamabad. Il corpo del ricercato n.1 del mondo — a capo dell’organizzazione terroristica di Al Quaeda e ritenuto l’ispiratore della tragedia delle torri gemelle di New York, l’11 settembre di dieci anni fa — è stato poi sepolto in mare.

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Il 1 maggio, a Roma, è stato beatificato papa Giovanni Paolo II, a sei anni dalla sua scomparsa. La cerimonia, presieduta da papa Benedetto XVI, si è svolta a partire dalle 10 in una piazza San Pietro letteralmente invasa da fedeli accorsi da tutte le parti del mondo (circa un milione e mezzo, secondo le stime ufficiali). Presenti anche le più alte personalità istituzionali e politiche italiane (a partire dal presidente della Repubblica) e numerosi capi di stato esteri.

Il 2 marzo, Apple ha tenuto a San Francisco un evento unico, presentando — a 13 mesi di distanza dall’uscita del primo iPad — il nuovo modello del prestigioso post computer ideato da Steve Jobs. Per gli appassionati del marchio della mela, un autentico gioiello di tecnologia ed eleganza.

Il 16 maggio, è stato lanciato lo Shuttle Endeavour dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, in Florida. La navetta, a bordo della quale si trova anche l'astronauta italiano Roberto Vittori, è partita per l'ultimo volo della sua lunga carriera con la missione Sts 134. Porta sulla Stazione Spaziale Internazionale il grande strumento che la completa, il cacciatore di antimateria Ams (Alpha Magnetic Spectrometer). a cura di Antonio Sandri

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C‟è qualcosa di più Importante del calcio in Italia? Ovviamente, sì. La domanda è però ben lungi dall‟essere solo provocatoria. Basta scorrere i canali televisivi una sera di un giorno qualunque della settimana per imbattersi in un programma nel quale si parla di calcio: si vedono filmati, moviole, ma soprattutto tifosi che discutono, spesso, degli arbitri. Eppure, il calcio come noi oggi lo conosciamo non nasce in Italia, anche se trova le sue origini in uno sport praticato nella Firenze rinascimentale. Le sue regole e la moderna organizzazione del gioco si sviluppano invece in Inghilterra quando, il 26 ottobre 1863, i rappresentanti di undici club e associazioni sportive di Londra crearono la Football Association, allo scopo di stabilire in maniera organica il regolamento del nuovo gioco, come modifica del rugby (si stabilisce ad esempio che nessun giocatore possa correre con la palla tra le mani o caricare l'avversario). Poi gli Inglesi stessi diffusero il football nel mondo e anche, ovviamente, in Italia dove a Genova un gruppo di sudditi di Sua Maestà Inglese fondò,

Il Genoa Cricket and Athletic Club (1893)

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nel 1893, il Genoa Cricket and Athletic Club, il più antico tra i club ancora in attività, che nel 1898 vinse il primo campionato di calcio italiano.

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Da allora, grazie anche alla spinta propagandistica della Federazione Italiana del Football — antenata dell'attuale Federazione Italiana Gioco Calcio, meglio conosciuta come Figc — il campionato prende piede. Nascono nuove società che faranno la storia del calcio italiano: la Juventus (1897), il Milan (1899) e la Lazio (1900) che partecipano tutte a un torneo che cresce sempre più e che vede dominare il Genoa, vincitore di sei delle prime sette edizioni, con un unico intermezzo del Milan nel 1901. Il Football Club Internazionale Milano SpA, meglio conosciuto come Internazionale o, più semplicemente, Inter, nasce invece il 9 marzo 1908, costituito da 43 soci separatisi dal concittadino Milan. Il campionato di calcio segna dunque la storia italiana del „900, sospeso solo per i tragici eventi bellici delle due Guerre Mondiali. Il calcio si diffonde in tutta Italia anche grazie ai successi della nazionale nella Coppa del Mondo del 1934 e del 1938: ovunque vengono costituite squadre ed il campionato si organizza in più serie, dai livelli giovanili e scolastici a quelli dilettantistici e professionistici. Non vi è paese, scuola o oratorio che non abbia il proprio campo di calcio e l‟importanza del fenomeno ha anche prodotto la nascita di gruppi organizzati di tifosi, portando talvolta alla degenerazione violenta dei loro comportamenti. La diffusione televisiva delle partite ha infine aperto un fondamentale canale commerciale, facendo affluire sul calcio professionistico anche importanti risorse economiche. Si è recentemente discusso sull‟introduzione di modifiche delle regole, per rendere le partite più televisive ed emozionanti; si è parlato di espulsioni a tempo, di moviola in campo, di abolizione del fuorigioco. Eppure, anche se a questo punto è difficile crederlo, si tratta pur sempre solo di un gioco: alla portata di tutti e che continua ad appassionare tanto gli italiani. Guido Fumagalli

Uno scroccone: - Ho smesso di comprarle! Una cicca: - Perché tutti mi mettono i piedi in testa? Un ateo: - Giuro su Dio che smetto! I monopoli di Stato: - Gli uomini preferiscono le bionde! Un piromane: - Ho iniziato accendendole!

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E NERGIA

IDROELETTRICA

Sfrutta la trasformazione dell‟energia potenziale gravitazionale (posseduta da masse d‟acqua in quota) in energia cinetica nel supermercato di un dislivello; tale energia cinetica, grazie ad un alternatore accoppiato ad una turbina, viene trasformata in energia elettrica. L‟energia idroelettrica viene ricavata dal corso di fiumi e laghi grazie alla creazione di dighe e di condotte forzate. Esistono vari tipi di diga: nelle centrali a salto si sfruttano grandi altezze di caduta disponibili nelle regioni montane, mentre nelle centrali ad acqua fluente si utilizzano grandi masse d‟acqua fluviale che superano piccoli dislivelli; per far questo, però, il fiume deve avere una portata considerevole e un regime costante. L‟acqua di un lago o di un bacino artificiale viene convogliata a valle attraverso condutture forzate, trasformando così la sua energia potenziale in energia di pressione e cinetica grazie al distributore e alla turbina. L‟energia cinetica viene poi trasformata attraverso il generatore elettrico — grazie al fenomeno dell‟induzione elettromagnetica — in energia elettrica. Per permettere di immagazzinare energia e di averla a disposizione nel momento di maggiore richiesta, sono state messe a punto centrali idroelettriche di generazione e di pompaggio. Nelle centrali idroelettriche di pompaggio, l‟acqua viene pompata nei serbatoi a monte sfruttando l‟energia prodotta e non richiesta durante la notte, cosicché di giorno — quando la richiesta di energia elettrica è maggiore — si può disporre di ulteriori masse d‟acqua da cui produrre energia. Questi impianti permettono di immagazzinare energia nei momenti di disponibilità per utilizzarla poi in quelli di bisogno. 16

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L‟energia idroelettrica è un‟energia pulita e rinnovabile, tuttavia la costruzione di dighe e grandi bacini artificiali, con l‟allagamento di vasti terreni, può provocare lo sconvolgimento dell‟ecosistema della zona con enormi danni ambientali.

E NERGIA

EOLICA E‟ il prodotto della conversione dell‟energia cinetica del vento in altre forme di energia. Oggi viene per lo più convertita in energia elettrica tramite una cen-

trale eolica, mentre in passato l‟energia del vento veniva utilizzata immediatamente sul posto come energia motrice per applicazioni industriali e preindustriali (come i mulini a vento). Di fatto, è stata la prima forma di energia rinnovabile scoperta dall‟uomo dopo il fuoco.

E NERGIA S OL ARE Per “solare” s‟intende l‟energia — termica o elettrica — prodotta sfruttando direttamente l‟energia irraggiata dal sole (energia rinnovabile) verso la Terra. L‟energia solare può essere utilizzata per generare elettricità (fotovoltaico) o per generare calore (solare termico). Sono tre le tecnologie principali per trasformare in energia sfruttabile l‟energia del sole:

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- Il pannello solare termico, che sfrutta con speciali caratteristiche i raggi solari per scaldare un liquido contenuto nel suo interno, il quale — tramite uno scambiatore di calore — cede calore all‟acqua contenuta in un serbatoio di accumulo. - Il pannello solare a concentrazione, che sfrutta una serie di specchi parabolici a struttura lineare per concentrare i raggi solari su un tubo ricevitore in cui scorrono un fluido termovettore o una serie di specchi piani, i quali concentrano i raggi all‟estremità di una torre in cui è posta una caldaia riempita di sali che, per il calore, fondono. In entrambi i casi, l‟apparato ricevente si riscalda a temperature molto elevate (400 °C / 600 °C.) - Il pannello fotovoltaico, che sfrutta le proprietà di particolari elementi semiconduttori per produrre energia elettrica quando sollecitati dalla luce. Marco Pighi

Se Cristoforo Colombo non avesse scoperto l’America, quali conseguenze ci sarebbero state? Che il libro di geografia… sarebbe molto più sottile!

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testo e disegno di Caterina Mariani

Sul tagliere gli agli taglia non tagliare la tovaglia la tovaglia non è un aglio se la tagli è un grande sbaglio

Da che cosa si ricava il sale? … dall’acqua salata del mare! E lo zucchero? … dall’acqua dolce… del lago! «Paolo, mi sai dire qualche derivato del calcio?» «… I rigori, le punizioni e i calci d’angolo!» «Piccolino, sai contare fino a dieci?» «Sì, mi aiuto con le mani.» «E fino a dodici?» «Sì, mi aiuto anche con i piedi!»

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ANIMALI BIZZARRI Sul nostro pianeta esistono animali strani e poco conosciuti: eccone alcuni

L’AYE – AYE Si tratta di un animale notturno nativo del Madagascar, che vive nella foresta pluviale. Può arrivare ai 90 cm di lunghezza, compresa la coda e pesa dai 2 ai 4 kg. Il suo pelo, di colore marrone / nero e bianco sul collo, è folto e abbastanza lungo. E‟ onnivoro e mangia principalmente vermi e insetti. La femmina partorisce solo un cucciolo, che rimarrà con lei fino ai due anni di età. Gli Aye-aye hanno vita media di circa quindici anni.

IL FENNEC DEL DESERTO Abita nel deserto del Nord Africa ed è un canide lungo circa 40 cm e alto più o meno 30 cm al garrese. Le lunghe orecchie, che usa per disperdere il calore, possono arrivare a 15 cm. Chiamato anche volpe/ folletto del deserto, ha il pelo color sabbia, così riesce a mimetizzarsi tra le dune. Pesa 1 / 2 kg ed è carnivoro, anche se in caso di necessità può nutrirsi di foglie e bacche. Caccia durante la notte e di giorno si nasconde in gallerie da lui stesso scavate. La femmina partorisce dai 2 ai 5 piccoli. 20

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IL DRAGO DI KOMODO Detto anche varano, si può trovare nel centro del‟Indonesia. Misura fino a 3 m e può pesare anche 70 kg. La pelle, che può essere marrone, nera o beige, è ricoperta di squame. E‟ carnivoro e preferisce mangiare le carcasse di animali già morti. Le femmine partoriscono circa venti uova che si schiudono dopo 7 / 8 mesi. Vive di solito fino ai cinquant‟anni ed è il rettile più velenoso della terra.

IL DRAGONE FOGLIA E‟ un animale marino che di solito vive nelle acque vicino all‟Australia. E‟ lungo circa 35 cm e le sue scaglie hanno tonalità verdi, gialle, rossicce o marroni. Mangia piccoli animali, alghe e plancton. La femmina depone moltissime uova.

IL DIAVOLO DELLA TASMANIA E‟ un marsupiale che vive in Tasmania. Lungo fino a 80 cm, il peso nei maschi è di circa 9 kg, mentre nelle femmine è di 4 / 5kg. Ha un pelo marrone con una striscia di colore bianco sul collo. Carnivoro, mangia in prevalenza rettili, piccoli mammiferi e uccelli. Dà alla luce 30 / 40 cuccioli, dei quali solo pochissimi sopravvivono. Valentina Negro

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Che noia il viaggio delle vacanze!!! Niente paura, perché in queste pagine troverete dei giochi per non annoiarvi durante il tragitto! Il gioco delle targhe consiste nel cercare le targhe delle macchine con i numeri più grandi e che si ripetono più volte, dopo di che bisogna sommare le cifre ricorrenti. Per esempio:

8+8+8=24 24 punti

6+6=12 12 punti

Più semplice è il gioco del trenino delle parole: il primo giocatore dice una parola, il secondo deve trovare una parola che inizi con l‟ultima sillaba della parola che ha detto il primo giocatore e così via… Per esempio:

lombrico -cozza-zaino-nonna... 22

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Lo scopo del dizionario delle figure è quello di pensare a una parola e fare un disegno su un foglio cercando di farla capire al secondo giocatore che, quando indovina il vocabolo, prende il posto del primo e così via. Per esempio:

= felicità

È divertente anche la frase infinita, la cui regola principale è quella di aggiungere altre frasi alla frase iniziale. Per esempio: Frase iniziale: Ieri sono andato al parco 1 - Ieri sono andato al parco con il mio amico Luca 2 - Ieri sono andato al parco con il mio amico Luca e abbiamo giocato a calcio 3 - Ieri sono andato al parco con il mio amico Luca e abbiamo giocato a calcio e abbiamo preso un gelato E si continua aggiungendo altre frasi all‟infinito. Buon divertimento! Pietro Milanese

«Papà, papà! Perché la mamma è così bianca?» «Zitto e scava!» Un uomo entra in in negozio di antiquariato e chiede: «Novità?!» Due ladri: «Prendiamo qualcosa in quel bar?» «Meglio di no: è aperto!» L’unica cosa che ferma la caduta dei capelli è… il pavimento! Se la vita ti sorride è perché… ha una paresi!

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re ost m ndi a r g

Dal 13 febbraio al 22 maggio, si è tenuta al Palazzo Reale di Milano una bellissima esposizione dedicata all‟opera dell‟Arcimboldo, con riferimenti a quella di Leonardo da Vinci e di altri pittori dell‟epoca. Questa esposizione richiedeva una particolare attenzione a ogni dettaglio di ogni quadro. All‟inizio, essa catturava l‟attenzione con la storia e i quadri di Leonardo da Vinci che, con la matita, disegnò su carta dei volti buffi e ridicoli. Il suo scopo era quello di far divertire la gente, con simpatici figurini ai quali egli aveva anche attribuito dei nomi. Passando al protagonista della mostra, va ricordato che fu proprio Arcimboldo ad inventare quadri raffiguranti nature morte. Egli cominciò ad ispirarsi agli animali (come, ad esempio, cervi e cerbiatti); una volta disegnatili, prendeva la testa di un animale e la univa con quella di un altro. In questo modo, con un po‟ di fantasia, riusciva a ricavare volti astratti ma, nello stesso tempo, realistici: astratti, perché prevaleva la componente fantastica nel mettere insieme tante teste di animali diversi; realistici, perché il risultato erano dei veri volti. In seguito, Arcimboldo si ispirò anche alla frutta, alla verdura e alla flora ed anche in questo caso riuscì a ricavare dei volti. L‟aspetto particolare è che 24

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essi cambiano a seconda delle stagioni (fece appunto dei quadri intitolati Autunno, Inverno, Primavera ed Estate). Alla fine, unendo flora e fauna, magari con qualche altro oggetto, Arcimboldo ricavò i quadri dedicati all‟acqua, alla terra, al fuoco ed al vento. L‟acqua era formata con flora e fauna del mare, la terra con elementi di fiori, il fuoco con oggetti da combattimento di quell‟epoca (come cannoni, candele, lanterne, eccetera) e il vento con fauna dei cieli. Una mostra davvero incredibile, con l‟unico difetto che... è stata chiusa troppo presto! Matteo Bugini

Giuseppe Arcimboldo — discendente da un ramo cadetto di un’aristocratica famiglia milanese — visse tra il 1526 e il 1593. Con le sue opere, ottenne fama internazionale e lavorò a lungo a Vienna, presso la corte dell’imperatore

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BUNGEE JUMPING

Consiste nel buttarsi nel vuoto da altezze molto elevate con la sola sicurezza di un filo attaccato alle caviglie; ma se si strappasse ci sarebbe la corda di sicurezza a sostituirlo. Lo si può praticare anche lanciandosi da un elicottero o da una mongolfiera. Il punto più in alto in cui si può saltare è in Svizzera ed è molto conosciuto perché è dove è stata girata una scena del film Agente 007 - GoldenEye (in realtà, il punto più in alto del mondo si trova negli Stati Uniti, però da lì si sono lanciate solo due persone). In Italia, invece, il punto più in alto per lanciarsi è dal ponte Valgadena. ARRAMPICATA

Si può suddividere in arrampicata libera ed artificiale. L'arrampicata libera è quella in cui l'arrampicatore usa solo la forza del suo corpo (naturalmente con un’assicurazione, ad esempio un’imbragatura o una corda). Le arrampicate senza assicurazioni sono il sassismo e il free solo. L'arrampicata artificiale, invece, è praticata su roccia o ghiaccio e viene chiamata così perché si ricorre a strumenti che aiutano l'arrampicatore nella salita. FREESTYLE MOTOCROSS

Variazione del motocross e del supercross, questo sport viene praticato su una moto e consiste nel fare dei salti acrobatici con e sopra di essa in aria (24/25 metri di lunghezza e 8 metri di altezza). Generalmente, si usano moto con cilindrata non superiore a 250cc 2 tempi, con forcelle e monoammortizzatore posteriore modificati per l'atterraggio. 26

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SURF DA ONDA

È praticato al mare e consiste nel cavalcare le onde con una tavola da surf. Le tavole sono molto varie e cambiano a seconda dell'altezza e del peso del\la surfista, dello stile e dall'onda. Il\la surfista per praticare questo sport indossa la muta, una tuta speciale che può anch’essa cambiare a seconda di vari fattori. Questo sport è molto diverso da quello per le immersioni. PARAPENDIO

È il mezzo da volo libero più semplice e leggero esistente. Consiste in un paracadute, molto spesso a forma di ala, con il quale ci si lancia da una cima di una montagna. Durante il volo, il pilota cerca di catturare le correnti ascensionali che gli consentono non solo di rimanere a lungo in volo, ma addirittura di raggiungere un'altezza superiore rispetto al punto di lancio. Si tratta di uno sport molto pericoloso, proprio perché il pilota deve volare vicino ai fianchi della montagna, dove si sviluppano le correnti ascensionali più forti. Oltre a questi, vi sono tanti altri sport estremi come ad esempio: paracadutismo, rafting, hidrospeed, apnea, immersione, kitesurfing, tuffi, windsurf, skateboarding, ciclismo e molti altri ancora. Annachiara Maresta

«Pronto, internet service? Aiuto!! Ho problemi di connessione...» «Al momento siamo molto occupati: può mandarci per favore una e-mail?»

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Gli starlight o lightstick non sono altro che dei cilindri sottili, solitamente fatti in silicone che — se piegati a metà — generano luce fluorescente. I principali utilizzi di questi oggetti sono: - nel campo escursionistico e campeggistico - nelle immersioni subacquee notturne - per confinare piccoli perimetri - come braccialetti, molto di moda fra gli adolescenti. Gli starlight producono luce grazie a una reazione chimica che avviene quando si piega a metà il cilindro, di modo che acqua ossigenata, difenil ossalato e il pigmento fluorescente — contenuti nella fiala dentro di esso — si mescolino durante la rottura di quest‟ultima. La luce generata da questi oggetti ha una durata massima che può variare dall‟uno all‟altro; alcuni, ad esempio, fanno luce per circa 24 ore, mentre invece altri per più o meno metà del tempo, durante il quale si spengono gradualmente. Alice Marchi 28

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percorsi di avventura liberamente ispirati al ―VIAGGIO IN SARDEGNA‖ di Michela Murgia

ia ec p s di i o ch gn ar e s di ce M i Al

un grande inserto nelle prossime pagine

Michela Murgia / fra Leonardo da Perdi / Piero Marras / Graziano Mesina / pastori / Maria Corda cantori a tenore / Pietro Paolo Virdis / Ci pensa Cannas / Salvatore Niffoi / Costantino Nivola

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VIAGGIO in Sardegna

Nata a Cabras in provincia di Oristano il 3 giugno 1972, è attualmente una delle scrittrici italiane più popolari. Nel suo primo libro, Il mondo deve sapere, ha descritto satiricamente la realtà degli operatori di un call center, mettendo in luce le condizioni di sfruttamento economico e di manipolazione psicologica a cui essi sono sottoposti.

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Il libro, nato da una sua personale esperienza, è diventato un‟opera teatrale e ha ispirato la sceneggiatura cinematografica del film Tutta la vita davanti di Paolo Virzì. Ha seguito studi teologici ed è stata per diversi anni insegnante di religione presso varie scuole medie superiori, oltre che animatrice nell‟Azione Cattolica.

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Anno 20 - Numero 59 - luglio 2011 Ha ideato uno spettacolo teatrale rappresentato nella piana di Loreto al termine del pellegrinaggio nazionale dell‟Azione Cattolica del settembre 2004, a cui ha assistito anche il Beato Papa Giovanni Paolo II. Fra le sue esperienze lavorative, ha lavorato come venditrice di multiproprietà, operatore fiscale, dirigente amministrativo in una centrale termoelettrica e portiere di notte. Attualmente, collabora con diversi giornali e case editrici. Nel 2008 ha pubblicato per la Casa Editrice Einaudi Viaggio in Sardegna, un‟atipica guida ai luoghi meno esplorati dell‟isola, alla quale l‟Aeroplanino si è ispirato per progettare il suo viaggio. Nel 2009 ha pubblicato il romanzo Accabadora, con cui ha vinto il Premio Dessì e, nel 2010, il SuperMondello e il Campiello. GLI INVIATI DELL’AEROPLANINO HANNO INCONTRATO MICHELA MURGIA SUBITO DOPO IL LORO ARRIVO A CAGLIARI E HANNO LETTO ALL’AUTRICE ALCUNE FRASI TRATTE DAL SUO ―VIAGGIO IN SARDEGNA‖, CHIEDENDOLE DI PRECISARE I CARATTERI PRINCIPALI DI QUEST’ISOLA

1 — PAROLA E SILENZIO In una terra dove il silenzio è ancora il dialetto più parlato, le parole sono luoghi più dei luoghi stessi e generano mondi

Michela Murgia - Effettivamente, in Sardegna il silenzio è il dialetto più parlato: l’ha detto un nostro famoso antropologo, Bachisio Bandinu. Quella sarda è infatti una cultura orale e la scrittura, intesa come mezzo con cui le persone si racco n ta n o le storie, è abbastanza recente, perché esiste solo da poco più di cento anni, addirittura dopo l'istituzione della nostra scuola dell'obbligo. Ciò non vuol dire che prima le cose non si raccontavano: lo si faceva lo stesso, però a voce: storia, geografia, letteratura, poesia, tutto passava per l'oralità. Ovviamente, le persone possedevano una memoria molto più sviluppata di quella che abbiamo noi oggi, che neppure ricordiamo più il numero degli amici, perché tanto è nella rubrica del cellulare. Una volta invece, per facilitare il ricordo della storia, la si metteva in rima, in modo da recuperare poi l'intera frase. Questo tipo di cultura dava un'importanza enorme alla parola: adesso parliamo tutti e di qualsiasi cosa, mentre nel mondo ancestrale sardo la parola era usata con molta parsimonia, perché se ne aveva una percezione biblica: E Dio disse e la luce fu. Dio 31


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parla e le cose cominciano ad esistere. Per noi sardi, la parola è uno strumento creativo e genera mondi per cui, se dici una parola vera, quella parola genera un mondo vero, autentico; se la parola è invece falsa, genera comunque mondi, dove qualcuno deve andare ad abitare: chi dice cose false sta creando mondi brutti per gli altri e dire bugie è considerata una cosa gravissima. Insomma: le parole sono mondi più... dei mondi stessi, per via di questa percezione fisica della parola.

2 — ALTERITA’ La categoria dell’alterità è consapevolmente presente nei sardi come elemento, tanto che a parlarci risulta abbastanza comune che essi si descrivano come cosa diversa rispetto ai «continentali» e agli altri stranieri

Michela Murgia - I sard i hanno un senso molto fo rt e della propria appartenenza. Non identità, perché questa parola presuppone di essere tutti uguali mentre invece, anche se si è all'interno di un pro32

getto comune, ciascuno di noi conserva la sua unicità. Persone di Cagliari, Oristano, Sassari non sono in alcun modo identiche, però sentono di appartenersi, di essere l'una una cosa dell'altra. Il mare, poi, stabilisce un confine rispetto agli altri, per cui t u tt i coloro che vengono da oltre sono considerati diversi: certo, vengono accolti e ben trattati, non respinti, però sono un'altra cosa. In Barbagia c'è un rito molto particolare di accoglienza; quando arriva una persona da fuori, le si fa una grande festa alla quale partecipa tutto il vicinato, ma in realtà non si celebra altro che la sua diversità: ti tratto come cosa straordinaria, perché rispetto alla mia realtà tu sei altro. Il nostro rispetto dell'alterità è assoluto (tra le regioni italiane la Sardegna è considerata quella con il più alto tasso d'integrazione), ma ciascuno deve rimanere diverso.

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3 — PIETRA In Sardegna, il concetto di proprietà privata della terra era estraneo alla cultura dell’isola fino al 1820. Ogni villaggio aveva un proprio territorio, suddiviso in due parti, entrambe di proprietà della collettività

Michela Murgia - Non esistendo la proprietà privata, uno non poteva possedere qualcosa che fosse solo suo: la terra apparteneva alla collettività e tutti insieme decidevano, ad esempio, che cento acri un anno andavano a grano, mentre altri cento andavano invece a pascolo. Due anni dopo s'invertiva, così la terra non si impoveriva mai e tutti avevano cura di tutto. Purtroppo però un giorno questo sistema crolla e si cominciano a costruire i muretti a secco, coi quali nasce appunto la proprietà privata.

4 — ARTE di RACCONTARE Nessuna arte, sull’isola, è popolare e trasversale alle generazioni quanto quella di raccontare storie

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Michela Murgia - In alcune zone della Sardegna (come a Cabras, il mio paese) permane l'uso di raccontare storie a fine serata. Però, deve essere soddisfatta una condizione preliminare: il caminetto acceso, perché in sardo «racconta una storia» si dice «accendi un racconto», dato che questo atto si collega direttamente alla dimensione del focolare. Per salvaguardare questa tradizione, a Gavoi è stato creato addirittura un festival che si chiama appunto L'isola delle storie.

Un fine settimana ricco di appuntamenti che si susseguono dal mattino fino a sera, ospiti illustri di fama internazionale del mondo letterario, della musica e dello spettacolo e — caratteristica di questo festival — la partecipazione di un intero paese che sostiene l‟evento con grande entusasmo, i volontari di ogni età e un pubblico eterogeneo e appassionato. E‟ il Festival Letterario della Sardegna che si tiene ogni estate a Gavoi, piccolo centro della Barbagia

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5 — CONFINE Avere milleottocento chilometri di coste incantevoli, tutte diverse, può essere una fortuna molto meno invidiabile di quanto non sembri a prima vista alle migliaia di turisti incantati che vengono ogni anno in vacanza in Sardegna. Lungo i secoli i sardi sono diventati piuttosto consapevoli del fatto che il mare possa portare cose peggiori di turisti in bermuda e pesce fresco e i più anziani conservano spesso nei suoi riguardi una sana diffidenza

Michela Murgia - Dal mare, qui è arrivato di tutto — e di solito non era amichevole (abbiamo avuto ben dodici dominazioni diverse).

Però oggi il problema è il turismo, che segna il territorio perché incentiva le costruzioni, che spesso nascono solo per essere abitate in estate e rimangono vuote gli altri mesi dell'anno. Si può quindi dire che anche il turista determina una forma di occupazione, certo non paragonabile a quella di Cartaginesi o Spagnoli, comunque… non innocua.

6 — SUPERSTIZIONE Anche nell’era di internet i sardi continuano a rimanere un popolo indubbiamente superstizioso. La traccia di questo retaggio, al di là delle leggende sopravvissute, è specialmente nelle feste rituali diffuse dovunque

Michela Murgia - Si dice sempre che la Sardegna è una terra che conserva un legame molto forte con la superstizione ma... abbiamo idea di quanti maghi vi sono a Milano o a Torino, ai quali non si rivolgono solo persone semplici, ma anche chi non ci si aspetterebbe? La superstizione in Italia è quindi assolutamente trasversale e interessa tut34

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ti, da nord a sud, anche se in Sardegna continua certo ad essere molto radicata e qui restiamo legati ad antichi culti.

7 — MUSICA I sardi hanno un alto concetto del canto e in Sardegna c’è davvero musica ovunque

Michela Murgia - Per i sardi la musica è molto importante per lo stesso motivo ricordato a proposito delle storie che — nate non per essere recitate ma cantate — venivano diffuse di paese in paese da poeti itineranti (in altri luoghi, li chiamavano trovatori). Le musiche erano codificate (cioè: sempre le stesse) e al loro interno cambiava la costruzione delle parole. Questa è anche una caratteristica delle melodie orientali. Basta pensare ai Salmi della Bibbia che sono canzoni e che quindi non sono nati per essere letti, come invece si fa adesso in chiesa; ciò è tanto vero che, accanto a ciascuno di essi, viene indicata la melodia, evidentemente molto nota in Israele, anche se noi oggi non la conosciamo più.

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I n Sardegna le cose stanno nello stesso modo; i canti per il santo patrono, ad esempio, hanno ovunque la stessa melodia, ma versi differenti in ogni paese, perché il canto era uno strumento di riconoscimento reciproco. Nell'isola vi sono molte lingue: al sud il campidanese, al centro il logudorese, più a nord il tabarchino (una variante di genovese scomparsa persino dal capoluogo ligure), ad Alghero il catalano (come a Barcellona) e in alto il gallurese, simile al corso; infine, vi è il sassarese, usato da una piccola enclave che è una lingua tutta sua, senza familiarità con le altre. Ciò che tiene unito questo marasma di idiomi differenti è proprio la melodia, anche se in fondo tutti capiscono le lingue degli altri, sia pure a fatica. 8 — CIBO La lunga povertà ha lasciato nei sardi un atteggiamento rituale collegato al cibo, che obbedisce al comandamento inderogabile della condivisione. Tutto il cibo della casa va diviso, sempre e comunque, con chiunque capiti: nessun ospite esce mai da una visita a mani vuote 35


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Michela Murgia - Di solito, quando si è autosufficienti si diventa egoisti. In passato, l'economia sarda — come quella di altri paesi rurali dell'aera mediterranea — era di sussistenza, cioè solo per vivere. In quel contesto, se uno aveva una pianta di fichi che produceva più frutti di quanti ne riuscisse a mangiare, an c he il s uo vicinato mangiava fichi, in modo che nulla venisse buttato. Si dice in Sardegna che «ogni piatto con qualcosa dentro va restituito con qualcosa dentro»; quindi, se ne ho ricevuto uno pieno e non ho di che ricambiare, dovrò trattenerlo finché non mi sarà possible mettervi a mia volta qualcosa. Oggi, la condivisione del cibo ha caratteri diversi e ai turisti vengono proposti piatti legati a una tradizione oramai scomparsa, anche se in un contesto di ti36

po tradizionale. E' l’esempio del pranzo coi pastori: rappresentazione scenica che costituisce senza dubbio una bella esperienza — tra natura meravigliosa e con cibo di ottima qualità — ma che certo non è una situazione genuina... Come essere accolti alle Hawaii da ragazze coi gonnellini di paglia, che mai si metterebbero per andare in giro ogni giorno. Va però anche detto che chi interpreta questi pranzi è comunque gente di pecora, nel senso che commercia in pecore, anche se non necessariamente fa di professione il pastore, perché non troverebbe certo il tempo di lasciare il gregge per dedicarsi alla cucina. Insomma: tutto vero anche se... tutto finto!


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9 — ASPETTATIVE Quel che maggiormente determina il successo o l’insuccesso dell’impatto con la Sardegna, trattandosi di uno dei luoghi più presenti e delineati nell’immaginario comune, è la corrispondenza tra ciò che si vede e le aspettative di chi guarda

Michela Murgia - Se si viene in Sardegna convinti di trovare i pastori e i costumi sardi, incontrando me... coi jeans, si rimane male! Non importa se una cosa è vera o falsa, ma solo che mi si dia ciò che desidero vedere. Sembra difficile da capire, ma non lo è. Se vado a cercare gli indiani d'America, mi aspetto d'incontrarli con le piume (perché ciò corrisponde ad un mio immaginario) e non importa se non si tratta della realtà. Allo stesso modo, siccome sono disposto a pagare per vedere la Sardegna come me la immagino, chi vive lì inventa per te una cosa falsa pur... di farti contento! Questo genere di cose si chiama folclore (fatto per gli altri), che è cosa diversa dalla tradizione (praticata invece da un popolo per se stesso).

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10 — FEMMINILITA’ Sull’isola, da che c’è memoria c’è matriarcato, in una forma di organizzazione sociale tutta imperniata sul ruolo dominante della donna, che riveste funzioni chiave nella gestione dell’economia e della cultura

Michela Murgia - Sono le economie che determinano le culture. In un’epoca passata, nella cultura pastorale gli uomini stavano lontani dalla famiglia anche tre/quattro mesi perché le pecore seguivano l'erba e questa è una zona di massiccio roccioso. Poi, durante l'inverno, scendevano a valle per la transumanza. Mentre i pastori erano lontani da casa, tutto era svolto dalle donne, non solo la gestione della casa, ma anche le incombenze amministrative della comunità. Quando in Italia finalmente votarono anche le donne, il primo sindaco femmina fu eletto — guardacaso — in Barbagia, non perché lì fosse stata fatta una particolare lotta, ma perché era normale che le donne si occupassero anche della politica. Ciò non era frutto di una particolare 37


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consapevolezza, ma semplicemente di un processo storico. La Sardegna ha generato sempre delle straordinarie figure femminili, come Grazia Deledda che, in Canne al vento — scritto all'inizio del Novecento, cioè nell'ambito di una cultura che si fondava sul rispetto delle gerarchie familiari, oltre che sociali — c'è una figlia che si ribella a un padre e un servo che ammazza il padrone. Il suo, è dunque un romanzo fondato su di un mondo... al contrario, perché lei era una sovversiva, una rivoluzionaria, con uno sguardo del tutto diverso sulla realtà. Aeroplanino - Perché tanti sardi preferiscono lasciare la propria isola?

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Michela Murgia - Lo scrivo anche nell'epigrafe del libro dedicato alla mia terra: per tanti, andarsene è sempre stato l'unico modo serio di restare. Intendo dire che molti di quelli che sono rimasti per tutta la vita hanno continuato a pensare che cosa ci fosse oltre al mare; a quel punto, allora, tanto vale andarsene davvero, per vivere in pieno la propria esperienza. Io stessa, per due anni, ho vissuto a Milano, ma avrei potuto farlo solo... per amore, perché mio marito è di Bergamo. Però adesso sono tornata con lui nella mia terra, dove finalmente ho potuto comperare una casetta…


L’Iglesiente e il Pan di zucchero

Probabilmente, sono sempre affascinata dalla bellezza della natura anche perché vivo circondata da palazzi, industrie e traffico cittadino. Quando mi sono trovata di fronte all’immensità del mare di Sardegna e alla natura che ricopriva il promontorio, sono rimasta affascinata come poche volte. Passeggiando lungo una stradina ricavata nella roccia, ci si affacciava sull’insenatura di Masua, una piccola spiaggia sabbiosa mista a ghiaia, circondata da rocce calcaree e immerse in una rigogliosa macchia mediterranea. Proseguendo poi lungo il percorso, si ammirava il Pan di Zucchero, un’immensa roccia circondata dal mare, chiamata così per il suo caratteristico colore biancastro. Vedere il mare mi ha sempre dato un senso di libertà. Appena voltate le spalle, però, la magia finiva e si notava l’evidente mano dell’uomo (abitazioni e piccole costruzioni). Comunque, vedere una natura ancora presente in Sardegna mi ha fatto capire che qui la popolazione è riuscita a prendersene cura, lasciandoci ancora oggi la possibilità di ammirare i paesaggi che la caratterizzano. Michela Pierdiluca

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Si tratta di un porto minerario che si trova nel sudovest della Sardegna, a Masua (Iglesias) proprio davanti al Pan di zucchero, lo splendido faraglione calcareo che brilla al sole del Mar di Sardegna come fosse zucchero filato

Fu progettato dall‟ingegner Cesare Vecelli nel 1925 che lo chiamò Flavia come sua figlia primogenita. Si tratta di un porto assolutamente atipico poiché è scavato nella roccia a strapiombo sul mare ed è stato costruito per facilitare il trasporto del piombo. Questo minerale — estratto nelle vicinanze — prima veniva portato con carri e poi a spalla dai galanzè (operai di Carloforte) dentro ceste fino alla spiaggia, dove li attendevano dei vascelli. Per caricare queste pesanti ceste sui vascelli, i galanzè prendevano la rincorsa e, correndo su assi di legno alquanto instabili, imbarcavano il prezioso e pesante carico a bordo. L‟ingegner Vecelli ideò Porto Flavia proprio per risparmiare tempo e costi: il piombo arrivava trasportato da una specie di trenino su rotaia e qui scaricato e immagazzinato in attesa delle navi. Al loro arrivo, il piombo era messo su un nastro trasportatore estensibile che fuoriusciva da un costone della roccia e che arrivava direttamente sulla nave dove il piombo veniva deposto. Il sistema funzionò fino agli anni „40, quando si interruppe a causa della guerra, per poi riprendere al suo termine fino agli anni ‟60, in corrispondenza del periodo più florido dell‟attività. 40

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Dalla metà degli anni ‟80 la capacità estrattiva diminuì progressivamente, tanto da decidere di scavare ancora più in profondità. Purtroppo incominciarono le fuoriuscite d‟acqua e il costo delle pompe idrovore era così elevato che l‟attività estrattiva cessò definitivamente negli anni Novanta. Nonostante oggi il porto sia inattivo e non rivesta più alcun carattere minerario, rimane uno splendido esempio dell’ingegnosità umana: la grotta scavata nella roccia riposa sonnacchiosa specchiandosi nel suggestivo azzurro Mar di Sardegna. Claudia Germiniani

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La parola TOFET è un termine di origine biblica che indica una località nei pressi di Gerusalemme, nella quale venivano bruciati e sepolti i bambini e che oggi, convenzionalmente, indica le aree sacre di età fenicia e punica rinvenute in Sardegna, Sicilia e Tunisia, nelle quali sono state recuperate urne contenenti ossa bruciate di bambini e animali. Il TOFET di Sant'Antioco, utilizzato a partire dall'VIII sec. a.C. e sino al I sec. a.C., si presenta come un'area all'aperto, alla periferia settentrionale dell'abitato, che si appoggia ad una roccia trachitica denominata Sa Guardia de is Pingiadas (la guardia delle pentole) a causa della gran quantità di urne cinerarie, oltre 3000, rinvenute nel corso dei secoli e fino ad ora recuperate. Ai piedi di tale roccia, verso sud, un recinto quadrangolare di età punica ne include uno più piccolo, di età fenicia, che indica il punto in cui sono state

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ritrovate le urne più antiche. Un recinto molto più grande, rettangolare, delimita l'intero TOFET: si tratta di un fortilizio di età punica edificato a difesa dell'area quando, nel IV sec. a.C., furono erette le fortificazioni monumentali all'abitato. Le urne conservano ossa bruciate di bambini, talvolta di piccoli animali e qualche oggetto votivo. I resti ossei per lungo tempo sono stati attribuiti ad un rito sacrificale cruento, che prevedeva l'uccisione rituale dei primi nati, mentre oggi gli archeologi testimoniano che la maggior parte dei bambini cremati nel TOFET erano nati morti o deceduti per causa naturale in tenera età e quindi erano ritenuti impuri perché non erano ancora stati mostrati alla comunità, mentre i resti animali erano una componente del rito. Le urne, solitamente deposte tra le cavità naturali della roccia, sono spesso accompagnate da stele di pietra; oggi se ne contano circa 1.700, recanti immagini umane, simboliche e più raramente di animali connesse al rito che si svolgeva nell'area sacra. I tofet sono stati rinvenuti in Italia a Mozia e a Gibilmanna, in Sicilia e, in Sardegna, a Tharros, a Sulcis (oggi Sant'Antioco), sul Monte Sirai, a Nora e a Bithia. Caterina Mariani

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Sapete perché il presidente della repubblica non scrive con questa mano? Perché questa mano è mia e lui scrive con la sua! Chi è il santo protettore dei drogati? San Francesco d'Ascisci! Il santo protettore dei tassisti, invece, non esiste perché è Dio stesso che li protegge, tanto è vero che noi diciamo: Dio t'assista! 44

Convento dei Frati Cappuccini — Cagliari

Ho fatto l'educatore in quelli che una volta si chiamavano collegi di correzione, poi sono stato al carcere Buoncammino di Cagliari e ho seguito oltre cinquecento ragazzi scout.


di Caterina Mariani P

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Trovare nello schema le seguenti parole che riguardano il viaggio in Sardegna dell’Aeroplanino:

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CANNAS

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SARDEGNA

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NURAGHE

9.

NUORO

3.

PASTORI

10.

MURALES

4.

BACO DA SETA

11.

CAGLIARI

5.

DELEDDA

12.

MARE

6.

TOFET

13.

PORTO FLAVIA

7.

PAESAGGI

14.

AEROPLANINO

(la soluzione è a pag. 114)

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Sardegna/ M USI CA

Cantautore e interprete sardo, è nato a Nuoro nel 1949, ma le sue origini sono di Sassari e poi ha vissuto sempre a Cagliari. Inizia la carriera musicale come tastierista e cantante del Gruppo 2001, formazione rock con la quale pubblica tre 45 giri e un LP fino alla sua uscita dal gruppo, che avviene nel 1974, quando intraprende la carriera da solista.

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E‟ considerato l‟esponente più significativo dell‟esperienza musicale etnica sarda, anche se molti suoi testi (particolarmente apprezzati dal pubblico e dalla critica) sono in lingua italiana, soprattutto quelli dei primi anni di attività. Ama definirsi un cinghiale, capace di fiutare le radici della tradizione e della storia della sua terra.

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Anno 20 - Numero 59 - luglio 2011 Con Sa oghe „e Maria, Piero Marras si è esibito, in coppia con la cantante afroamericana Dionne Warwick, nella sala Nervi del Vaticano per il concerto di Natale di fine millennio, davanti a Giovanni Paolo II.

Aeroplanino - Che cos’è per lei la musica e perché canta in sardo? Piero Marras - La musica rappresenta la mia vita. Ho iniziato a strimpellare da piccolo, a soli sei/ sette anni, quando mai avrei pensato di poter firmare un contratto con la EMI, una delle case discografiche più importanti del mondo (per capirci: quella dei Beatles), per la quale ho dovuto allontanarmi dalla mia terra. Per noi che abitiamo in Sardegna si tratta di un evento, perché per muoverci dobbiamo sempre fare i conti con il mare che certo è bello, ma che può anche essere di grande ostacolo (non a caso, noi isolani diciamo andare in continente quando partiamo per l’Italia). Io ho raggiunto la terraferma nel 1978 e, per onorare il mio contratto, ho iniziato a produrre canzoni in ita-

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liano (credo lo facessi anche bene, visto i premi che mi diedero). Però, dopo quattro anni ho sentito il bisogno di interpretare la mia terra in modo più diretto; ci avevo già provato in lingua italiana (in un brano un po' ironico intitolato Caro Caronte i m ma g i na vo un pilota che, quasi una moderna reincarnazione della guida di Dante, trasportava con i traghetti della Tirrenia gli isolani verso la terraferma), ma mi sentivo pronto per un impegno più radicale, dedicandomi completamente alla mia lingua. Dico lingua e non dialetto, perché tale va considerato il sardo, che è tra le lingue neolatine (dette anche romanze), come l’italiano, lo spagnolo e il rumeno, tutte derivanti dallo stesso ceppo. Credo che una lingua non s er va solo a comunicare, ma anche a raccontare mondi che contengono dei misteri. Così, ho scelto di parlare della Sardegna tramite la sua lingua e, come un moderno Robinson Crusoe, ho deciso di non spostarmi mai più dalla mia isola, che è un posto meraviglioso con un clima stupendo. Avrò forse perso qualche opportunità professionale ma, in compenso... i miei o c c hi sono sempre carichi di sole! 47


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Aeroplanino - Che genere di musica fa? Piero Marras - Elettrica. Cerco di attualizzare la tradizione con una comunicazione più moderna. Aeroplanino - E' importante la musica per la sua isola? Piero Marras - In questo momento la Sardegna produce molta letteratura (era dai tempi di Grazia Deledda che non viveva un periodo di analoga notorietà), ottenendo discreti successi. Io penso però che tra gli elementi fondamentali di una terra vi sia la musica. Quando si arriva a Cuba, sembra che essa ci avvolga e così capita anche in Giamaica, in Irlanda e in tante altre parti del mondo, perché la musica esprime un territorio molto più delle parole. E' come per gli odori e i profumi: anche la musica testimonia la terra che si va a visitare. Per questo, metto nei miei brani tutto ciò che

posso raccontare della mia Sardegna e, anche se non si capiscono le parole, le emo zio ni arrivano ugualmente: non è così anche quando si ascolta un brano in inglese? Aeroplanino - Com'è nata la sua passione? Piero Marras - Mia madre aveva comprato a rate un pianoforte verticale perché mia sorella già suonava; io vedevo questo... mobile nero coi tasti bianchi: un oggetto per me misterioso, al quale poco a poco mi sono però appassionato. Ho studiato da autodidatta. La passione per la musica sarda è invece nata in me per un desiderio di riscatto, non comprendendo perché non la si potesse eseguire anche nelle radio e nelle televisioni nazionali: l'ho scelta per amore della mia terra, pensando che questa musica potesse essere più utile di tanti convegni e paroloni: la sardità può arrivare anche tramite una canzone... Aeroplanino - Che differenza c'è tra musica italiana e sarda? Piero Marras - Noi scimiottiamo troppo quella che viene dal-

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l'Inghilterra o dall'America, per cui la nostra musica corre il grosso ri-

con la Warwick, una grande star dalla notorietà internazionale ben

schio di diventare tutta uguale. La

più ampia della mia, però mi sentii

musica sarda, invece, racconta un piccolo mondo misterioso, tanto si-

addosso una tale sicurezza, che difficilmente potrò ritrovare...

mile a quei nuraghe che si vedono ancor oggi in ogni parte dell'isola. Aeroplanino - Lo scorso primo maggio a Roma è stato beatificato Giovanni Paolo II, davanti al quale lei ha cantato con Dionne Warwick in occasione del Giubileo del Duemila. Cosa ricorda di quei momenti? Piero Marras - Il Papa era già molto sofferente: arrivò appoggiandosi al bastone e parlò a braccio, con estrema semplicità, ringraziandoci per quel che avevamo fatto (il nostro intervento, trasmesso in Mondovisione e per il quale ciascuno di noi si era esibito gratuitamente, serviva a finanziare il Progetto delle cento chiese). Fu un momento di grande devozione e intimità. Quando mi esibii davanti al Papa, la mia voce andava da sola, non so se stessi cantando... io! Era un brano molto difficile, perché iniziavo senza orchestra e proseguivo cantando

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Aeroplanino - Come nacque la scelta del brano? Piero Marras - Costruii una canzone in sardo (Sa oghe 'e Maria, The voice of Maria, il cui tito lo , tradotto, è La voce di Maria) dedicata a Maria Carta, grande cantante sard a purtroppo scomparsa nel 1994. La fecero ascoltare ad un alto prelato che se ne innamorò, sia pure equivocando il titolo, perché pensò a Maria come alla madre di Cristo e non alla persona per la quale invece il pezzo era nato. Aeroplanino - Come riesce a trasferire le emozioni dalla musica sarda a tutti gli italiani? Piero Marras - E’ un falso problema non capire il testo: ciò che importa è la suggestione, per cui si può cantare in qualsiasi lingua. Un testo ha un suo significato, ma è importante anche il significante, cioè il suono delle parole. 49


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Aeroplanino - I suoi estimatori condivisero la scelta di cantare esclusivamente in sardo?

to ritmica, mentre il piano è più statico ma — suonato con due mani — più completo, per cui permette di creare cose armonicamente migliori. E, naturalmente, canto.

Piero Marras - Si creò una situazione un po’ strana anche perché, quando prima cantavo in italiano, mi ero fatto parecchio pubblico, Aeroplanino - Oggi la muche persi, guadagnandone però delsica è troppo legata alla tecnologia? l’altro. Non basta nascere qua per Piero Marras - Questo riessere considerati sardi, nel senso schio si corre... Il computer è certo che la sardità molto utile per è un valore, comporre, Uomo bianco venuto dal mare che significa scr i ver e e come tutte le novità onestà, schietsuonare ma... tezza, r i go r e. a insegnarci di nuovo a parlare è pur sempre vita, tutte cose a portarci la civiltà una macchina, che fanno parper cui conta non vorrei la prendessi un po’ male te d eg li inseil rapporto che ma rivoglio la mia identità gnamenti della con esso stabimia famiglia. liamo. La tecHo trovato insomma il consenso di nologia va usata e da lei non bitutti quelli che tengono a questa tersogna farsi adoperare, se no il rira, con un senso di appartenenza schio è che non si suoni più, ma che che per noi è fondamentale. faccia tutto il computer, che però Aeroplanino - I suoi strumenti preferiti? Piero Marras - Soprattutto il pianoforte (acustico ed elettronico) e la chitarra. Sono strumenti fondamentali per comporre, perché danno emozioni diverse: la chitarra è mol50

non ha cuore. Spesso, non ci si accorge di questo pericolo, perché la macchina è accattivante e permette di risolvere questioni per le quali prima occorreva molto tempo. Ma nella musica l'aspetto artigianale continua ad essere molto importante; il mio consiglio è dunqe di

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imparare uno strumento in maniera tradizionale, qualunque esso sia, così che lo si possa suonare in ogni momento, anche quando… mancasse la corrente elettrica! Suonare uno strumento significa non essere mai soli. Aeroplanino - Quindi, noi ragazzi dovremmo ascoltare di più la musica tradizionale, invece di quella elettronica? Piero Marras - Non ho detto questo, perché ognuno deve assecondare i propri gusti. Però spesso ci accontentiamo di quello che altri vogliono farci ascoltare, mentre esistono cose segrete che meritano di essere scoperte. E' così anche per tutto il resto, libri compresi: la pubblicità ci bombarda, per cui spesso scegliamo solo ciò che è imposto. Aeroplanino - Cosa pensa dell'arrivo di cantanti giovanissimi nel mondo della musica? Piero Marras - Sono favorevole, perché nei giovani è riposta la musica di domani. Non vedo invece in modo positivo le gare e certe trasmissioni televisive, che a volte bloccano la crescita artistica

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perché prevedono un solo vincitore mentre tutti gli altri vanno a casa e perché spesso esse pronunciano giudizi poco lusinghieri nei confronti di giovani talenti, finendo per mortificarli: la musica è grande libertà e ognuno deve esprimersi come meglio gli pare, senz'essere condizionato da alcun tipo di competizione. Aeroplanino - Vengono prima le parole o la musica? Piero Marras - Io parto dalla musica, perché credo che in essa siano già contenute le parole e che il nostro compito consista nel saperle tirare fuori. Se si è ben disposti, si riescono ad ascoltare le suggestioni che un brano è capace di dare. Ciò non vuol dire che tutto arriva dal cielo: bisogna studiare, applicarsi, dedicare molto tempo... Aeroplanino - La musica tradizionale andrebbe maggiormente valorizzata? Piero Marras - Le regioni, che sono la ricchezza del nostro paese, sono fatte di mondi, lingue e tradizioni diverse. Perché, ad esempio, studiare a scuola solo i grandi poeti nazionali (la cui conoscenza, 51


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ovviamente, è indispensabile) trascurado quelli locali (senza dare a questo termine un'accezione negativa, ma semplicemente diversa)? Lo stesso vale per la musica. Aeroplanino - Cosa pensa del canto a tenores? Piero Marras - Questo canto di solitudine fu uno dei primi tentativi di ricreare con la voce uno strumento: si dice che si volessero imitare le launeddas, con il loro particolare suono stridulo, di canna. Oggi, il canto a tenores è patrimonio dell'Unesco, rappresenta cioè una cosa da non perdere, perché unica. A proposito delle launeddas, ho fatto recentemente un esperimento con un giovane ingegnere che è riuscito a costruirle elettroniche, in modo che possano suonarle tutti. Questo strumento infatti purtroppo richiede una respirazione molto particolare: il suono non s'interrompe mai e l'esecutore respira un po' con il naso un po' con la bocca. Per imparare, ci sono ovviamente delle tecniche (usando per esempio una cannuccia, un bicchiere e un po' d'acqua) che richiedono mesi di applicazione. Io, che 52

ho un problema di setto nasale deviato per via della sinusite, avrei dovuto precludermi l'uso di questo strumento, però con questa invenzione riesco a suonarle e le sto inserendo nel mio nuovo disco. Il suono è simile a quello delle launeddas originali, con una differenza simile a quella che c'è tra la chitarra elettrica e quella tradizionale. Aeroplanino - Che rapporto ha con la natura? Piero Marras - Per me, è fondamentale. Ho la passione per i piccoli uccellini da canto, come ad esempio i canarini, tanto da avere imparato tutto di loro. Lo strano è che riesco a percepire i suoni che gli altri non sentono, anche se si trovano vicino a me. Sono tante le cose che perdiamo per mancanza di conoscenze e di attenzione... Aeroplanino - Ha qualche riferimento musicale? Piero Marras - Anche per me, i cantautori italiani sono stati molto importanti, primo fra tutti De André, che ho anche avuto il piacere di conoscere. Poi, c'era un artista che mi stimolava molto e gli

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hanno da poco dedicato un museo; si chiamava Andrea Parodi ed era una bella persona che interpretava come me l'esigenza di lasciare un segno di questa terra attraverso la musica. Aeroplanino - Non ha mai avuto la tentazione di dire basta, di fermarsi? Piero Marras - Un'infinità di volte, anche perché questo lavoro è precario e quelli della mia generazione sono stati educati al mito del posto di lavoro sicuro. Nella mia famiglia hanno tutti la laurea e solo io mi sono fermato alla soglia del traguardo. Però, ho avuto la fortuna di essere lasciato libero, così ho potuto spendermi per la mia gente, che non mi ha mai visto solo come un cantante (sono stato anche consigliere regionale, senza appartenere ad alcun partito e senza neppure immaginare chi fossero gli elettori che mi avevano dato la preferenza), ma che ha capito il mio desiderio di dare voce alla mia terra. Aeroplanino - E' vero che sta scrivendo un album con Salvatore Niffoi?

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Piero Marras - Sì, ha scritto le parole. E' la prima volta che lavoro con uno che non è autore di canzoni, ma un romanziere importante, com'è appunto Salvatore. Però viene dalle mie stesse zone (io sono nuorese e lui abita a due passi da lì) e abbiamo frequentato gli stessi istituti; insomma, i nostri codici sono comuni. Stranamente, però, si tratta di un lavoro in lingua italiana, per il quale Salvatore ha utilizzato molti neologismi che fanno parte del suo modo di scrivere. Ci sto lavorando da quasi quattro anni; musicando dei pensieri che non sono stati propriamente scritti per essere cantati, ho dovuto fare un lungo lavoro sui testi. Tra me e Salvatore c'è un rapporto di grande fiducia e penso che questo lavoro possa considerarsi ormai concluso.

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Non mi era mai capitato di trovarmi a visitare una città di mare il cui porto ha le acque che consentono la balneazione. Ho sempre associato i porti delle città a luoghi prevalentemente commerciali e di lavoro, dove non è presente la cura della pulizia delle acque e dove, addirittura, è vietato o quantomeno sconsigliabile fare un bagno. Al porto di Cagliari, invece, i moli per l‟ancoraggio delle imbarcazioni si alternano con le spiagge di sabbia bianca che evidenziano uno stupendo mare color smeraldo. Al solo guardare tale spettacolo viene voglia di tuffarsi e nuotare godendosi un simile splendore. La viabilità della città di Cagliari è costituita prevalentemente da piccole stradine che si intersecano tra loro. Lungo queste stradine si possono trovare molti ristoranti caratteristici e negozietti incantevoli. Attraversando queste stradine, sono rimasta colpita dalla tranquillità che si respirava. Infatti, nonostante i quartieri fossero molto popolati, durante le visite riscontravo un grande silenzio che risultava estremamente piacevole e rilassante.

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L‟ultimo giorno della mia permanenza a Cagliari ho visitato una piazza che, per altitudine, domina l‟intera città. La vista di Cagliari dall‟alto si è rivelata uno spettacolo mozzafiato. Lo scenario che si presenta al visitatore giustifica anche da solo la visita della città. La bellezza e la magia che emana la vista di Cagliari dall‟alto è sorprendente e impagabile. Si può capire molto da questa vista. E‟ osservando la città dall‟alto che ho compreso la vera bellezza del porto, dei tetti dei palazzi e delle poche fabbriche che si riescono ad intravedere. Bianca Francesca Berardi

TROVA LA FRASE

(di Claudia Germiniani)

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la soluzione è a pag. 114

A

Eliminando dallo schema le seguenti parole (che sono scritte in tutti i modi: dritte, al contrario, in diagonale, oblique), con le lettere avanzate si ricava una frase che ci riguarda: PASTORE — PECORA — CORO — ORGOSOLO — GRAZIANO CAGLIARI — ONU — SASSARI — STORIE — PANDIZUCCHERO


NUORO

La casa natale di Grazia Deledda si trova nel centro storico di Nuoro, nella zona più an ti c a d ell a c it tà. Questa casa, dove la scrittrice abita fino al giorno del suo matrimonio, risale alla seconda metà dell'Ottocento e si sviluppa su tre piani, con cortili interni al pianterreno. Dopo essersi stabilita a Roma, le visite della Deledda a Nuoro si diradano, per cui nel 1913 la casa viene venduta, ma non subisce radicali trasformazioni. Dichiarata monumento nazionale, viene acquistata nel 1968 dal Comune di Nuoro, che nel 1979 la cede all'Istituto Superiore Regionale Etnografico, per creare un museo dedicato alla scrittrice. Aperto nel 1983, il museo diventa tappa obbligata per studiosi e visitatori e, arricchitosi nel 2006 con nuovi e importanti documenti, propone un viaggio nel tempo, nella società e nei luoghi di colei che — tramite la sua scrittura — ha fatto conoscere in o g ni p arte del mondo lo spirito della B arb a gi a e dell'intera Sard e g na .

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Grazia Deledda nacque a Nuoro nel 1871 in una famiglia benestante, penultima di sei figli. Suo padre era un imprenditore agiato; sua madre, religiosissima, allevò i figli con grande rigore. Dopo le scuole elementari, venne seguita privatamente da un professore perché le abitudini della sua epoca non prevedevano per le ragazze un'istruzione completa. Esordì come scrittrice con alcuni racconti e poesie. Sposatasi nel 1900 con un funzionario del Ministero delle Finanze, si trasferì a Roma , dove la critica cominciò ad interessarsi di lei e ad apprezzare le sue opere. Iniziò allora la pubblicazione di una fortunata serie di romanzi e di opere teatrali, tra cui “L'edera”, “Canne al vento” e “Cenere”, da cui fu tratto un film interpretato da Eleonora Duse. Nel 1926 ricevette il premio Nobel per la Letteratura. Morì a Roma nel 1936.

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Un bel paese pieno di creativitĂ e arte, dove su molte case sono dipinti degli stupendi murales, che rappresentano uomini e donne vestiti con indumenti tipici del posto, oltre a scritte, paesaggi, animali e vicende realmente accadute: Orgosolo rappresenta una parte storica molto importante della Sardegna. Agata Sagnelli

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Il fenomeno dei murales di Orgosolo nasce nel 1975 quando il professor Francesco Del Casino, senese di nascita ma sposato e residente ad Orgosolo, inizia la sua opera di abbellimento delle pareti spoglie di alcune case, aiutato anche dai ragazzi della scuola media e poi da numerosi artisti. L’idea è quella di commemorare i trent’anni dalla liberazione dell’Italia al termine della Seconda guerra mondiale. Con uno stile pittorico particolare, i murales denunciano problemi molto sentiti dalle persone della Barbagia: le ingiuste reclusioni e la sofferenza dei detenuti in prigione. Alcuni murales sono diventati molto popolari, ad esempio il cosiddetto Indiano, immagine simbolo di Orgosolo, che accoglie tutti coloro che arrivano in paese.

Negli anni Ottanta, vengono aggiunti murales che rappresentano scene di vita quotidiana: uomini a cavallo, donne con in grembo i propri figli, pastori che tagliano la lana alle pecore e contadini con in mano la falce.

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Sardegna/ S OC I ETA’

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Lo chiamano ancora Grazianeddu anche

morte del fratello, è una delle figure più

se ha quasi settant'anni, la maggior parte

popolari della Sardegna, soprattutto per i

dei quali passati in prigione, spesso in

tanti modi con cui spesso è riuscito a

isolamento. Una vita dietro le sbarre in-

scappare dalla prigione (ad esempio,

tervallata da molte evasioni: la prima

lanciandosi da un treno in corsa durante

quando aveva solo diciott‟anni, l'ultima

un trasferimento, oppure rimanendo na-

per una fuga d'amore. Condannato all'er-

scosto per due giorni e due notti in un

gastolo nel ‟72 per aver vendicato la

tubo all'interno di un ospedale), sempre

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Anno 20 - Numero 59 - luglio 2011 però nel rispetto di sue personali regole

culmina con la condanna a sedici anni

d'onore.

di reclusione per tentato omicidio. Dopo

Quella di Mesina è stata la classica vita

l'uccisione di Giovanni Nicolò, il fratello

del balente, termine con il quale viene

prediletto, Mesina irrompe armato di mi-

indicata una qualità della persona

tra nel bar Supramonte di Orgosolo e

ritenuta molto importante in una zona

uccide la persona che ritiene responsa-

specifica e circoscritta della Sardegna,

bile della morte del fratello; viene

che letteralmente significa "che vale,

di nuovo arrestato e

valoroso" e che in genere serve ad

quindi condan-

indicare un uomo che risponde a

nato a

un'offesa o a un'ingiustizia a viso aperto,

ventisei anni

mettendo anche a rischio la propria vita,

per omicidio.

se necessario.

Seguono altre vicende rocambolesche e

Probabilmente, per via di un‟infanzia e di

tante evasioni finché, catturato il 16

un‟adolescenza molto difficili, la sua car-

marzo del 1977 vicino a Trento, finisce

riera di bandito comincia presto. Suo pa-

nel penitenziario di Porto Azzurro dove

dre è sempre fuori, in montagna, come

decide all‟improvviso di cambiare atteg-

tutti i pastori, mentre la madre provvede

giamento: nessun tentativo di fuga, né

da sola all'educazione degli otto figli, sei

gesti ribelli; diventa un detenuto modello

maschi e due femmine. Graziano è il più

perché vuole ottenere il riesame della

piccolo, riesce a frequentare le elemen-

sua vicenda processuale. Resiste fino al

tari e fa anche lui il pastore, come tutti

1985, quando non rientra in carcere

in famiglia. Quando gli muore il padre a

dopo una giornata di permesso e viene

solo dodici anni, si affeziona ai fratelli più

rintracciato in compagnia della fidanzata,

grandi, ma dimostra così tanta insoffe-

con cui voleva festeggiare il com-

renza ad ogni disciplina che ha quasi

pleanno. Termina così definitivamente

subito le prime noie con la giustizia.

la sua vita avventurosa, anche se negli

La famiglia cerca di aiutarlo e lo manda

anni successivi è di nuovo al centro di

sul continente, dove viene pero' arrestato

vicende poco chiare, tra cui quella del fa-

per detenzione di armi e rinchiuso nel

moso sequestro di Farouk Kassam,

carcere di Spoleto da cui riesce a fug-

il bambino rapito a soli sette anni nella

gire, iniziando una incredibile serie

villa dei genitori a Porto Cervo.

di evasioni.

Graziano Mesina è definitivamente libero

Tornato in Sardegna nel 1960, comincia

dal 25 novembre 2004, quando ha otte-

per lui un periodo triste e doloroso, carat-

nuto la grazia dal presidente della

terizzato da molti fatti di sangue, che

Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

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Aeroplanino - Chi è davvero Graziano Mesina? Graziano Mesina - Quasi quasi... non lo so manco io! Sono nato e cresciuto qua, però ho avuto una vita un po'... burrascosa visto che ho conosciuto la repressio n ne fin da piccolo, perché qui da noi — nei paesi della Barbagia — le istituzioni sono sempre state presenti senza però mai entrare nel merito della nostra cultura e dei nostri disagi. Quando capitava qualcosa, facevano arresti di massa (colpevoli e innocenti: tutti dentro), il che non rappresentava certo un bell'esempio specialmente per i giovani, che crescevano in una società nella quale prevalevano le ingiustizie e dove il male vinceva sempre sul be62

ne. Insomma, molto più che in qualsiasi altra parte d’Italia, qui sono capitati fat ti spiacevoli e ne accadevano sempre di più, mano a mano che si veniva... tartassati dalla giustizia. Ancor oggi, venendo a sapere che una persona è di Orgosolo, si entra in allarme, perché qui abbiamo la fama di essere gentili e ospitali, ma anche... delinquenti! Tornando alla domanda, per raccontare tutto quel che mi è capitato ci vorrebbero anni, quindi per conoscermi basta consultare la montagna di cose che parlano della mia persona e che circolano da più di quarant'anni: libri (tra i quali uno che ho scritto insieme a un avvocato e a un giornalista, di cui forse uscirà il

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seguito, dedicato al periodo successivo alla mia uscita definitiva dalla prigione), film, canzoni, articoli di giornali e anche fumetti. Nonostante il tempo passi e tutto sia cambiato da una volta, ancora adesso tanti mi cercano, dall'Italia e dall'estero, per conoscermi e per intervistarmi; a volte accetto, altre rifiuto, secondo quel che ritengo più opportuno. Ma non scherzavo anche da latitante (quando cioè ero messo al b and o dalla società): in un solo anno, ho ricevuto qui ad Orgosolo più di diecimila lettere! Aeroplanino - Come mai è scappato così spesso dalla prigione? Graziano Mesina - Perché, nonostante quel che si dice, alla galera... non ci si abitua mai! Sono stato in molte prigioni, in ogni parte

d'Italia e appena mi capitava l'occasione... me la davo a gambe. Mi chiamavano la primula rossa e devo riconoscere che, nonostante il mio

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continuo scappare, i carabinieri, la polizia e i magistrati non sono riusciti mai a volermi male, forse per il mio stile di comportamento: cercando non solo di rispettare le persone, ma spesso esortando anche gli altri perché lo facessero. Ora, quando arrivano i turisti, li accompagno io; vengono ambasciatori da ogni parte del mondo (Emirati Arabi, Egitto, Marocco, Giordania) e tante personalità (inglesi, americane, russe). Quest'anno ho già ricevuto più di duecento richieste (solo ieri, dodici) ma, naturalmente, non posso soddisfarle tutte. Aeroplanino - Siamo troppo giovani per averla potuta conoscere; pensa che questo sia un bene, oppure ritiene che occorrerebbe creare per noi una specie di memoria storica di tutte le vicende che l'hanno riguardata? Graziano Mesina - Credo che i buoni principi, tra i quali il rispetto, così come erano importanti una volta, ancor di più lo siano per il futuro. Per questo, anche la storia di Graziano Mesina — naturalmente, valorizzata nei suoi aspetti positivi — potrebbe aiutare a recuperare 63


e a conservare determinati valori. Purtroppo, però, spesso arrivano s e g na li molto negativi, specialmente da chi, al contrario, dovrebbe essere di esempio per gli altri. Siamo infatti a m mi nistrati male in ogni settore e la disonestà si diffonde proprio perché, osservando il comportamento scorretto di chi non ha motivo di agire male (ad esempio, rubando anche quando non ne avrebbe alcun bisogno), le persone più fragili (alle quali occorre davvero tutto, perché povere) sono spinte a fare nello stesso modo e diventano delinquenti. Siamo nell'assurdo più totale… Aeroplanino - E’ dura la vita del latitante? Graziano Mesina - Mi spostavo di continuo, anche per via del mio carattere irrequieto. Usavo tante 64

precauzioni, però entravo anche in paese, camuffato così bene che neppure i miei parenti er a no in grado di riconoscermi: passavo d av a nt i a mia madre o a mia sorella e... manco mi sa l ut a va no ! Curavo molto l'abbigliamento e la persona: ero sempre ben vestito e sbarbato, per cui nessuno avrebbe mai sospettato che fossi un ricercato. Solo ad Orgosolo c'erano sulle mie tracce seimila baschi blu. Sembrava di essere... nel Vietnam, con elicotteri a bassa quota, sopra un paese che — giorno e note — era letteralmente assediato. In quel periodo, oltre a me c'erano altri 120/130 ricercati, ma in realtà si voleva principalmente... la mia pelle, pensando che fossi colui che più coinvolgeva l'opinione pubblica: una specie di capobanda, capace di raccogliere intorno a sé molti altri.

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Per questo, in paese era venuto più volte anche il ministro dell'interno con altre persone, per tentare di convincere la gente (che, come logico, stava dalla mia parte) ad aiutarlo nella mia cattura; non chiedeva di tradirmi, ma di convincermi a costituirmi. Quel che più preoccupava i politici era però la convinzione che molti, anche dall'estero, con il mio aiuto stavano provando a fare in Italia la rivoluzione (sono stato imputato in diverse vicende, tra cui quelle relative a Feltrinelli). Avevo appena 23/24 anni, ma per loro ero diventato... un'autentica ossessione, tanto che in ogni locale pubblico era obbligatorio esporre la mia foto, che veniva subito rimpiazzata se qualcuno si permetteva di stracciarla. Aeroplanino - Nonostante le sue vicende, oggi lei è sempre apprezzato qui in paese? Graziano Mesina - Nonostante tutto, chi mi conosce davvero mi stima e nessuno mai mi ha contestato (spesso, anzi, si sono levate parole di protesta nei confronti della corte che in quel momento mi stava processando — e non si trattava

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solo di gente sarda). Insomma: nessuno mi ha mai voluto accusare, neppure coloro ai quali magari avevo dato un po' fastidio; mi venivano a trovare e sono rimasto loro amico. Amico di Mesina - In paese, Graziano è sempre stato considerato un personaggio; la gente aveva in mente bene la sua storia — senza però tutte le invenzioni giornalistiche messe in giro sul suo conto — per cui era normale che lo apprezzasse, perché conosceva i capi d'accusa meglio di chi lo stava giudicando. E, nel bene e nel male, nessuno riusciva a vederlo come un delinquente, ma come uno che aveva subìto dei grandi soprusi, ai quali aveva cercato di ribellarsi, per sé e per tutta la sua terra. Aeroplanino - Cosa provava quando è stato messo al bando? Graziano Mesina - Quando si perde la libertà, si rischia facilmente di smarrire anche l'autocontrollo e di lasciarsi andare, commettendo cose aberranti. Io, al contrario, ho agito in maniera opposta, tenendo sempre presente che era necessario continuare a rispettare le persone, anche se contestavo quelle 65


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o p p o r t u ni s te. Comunque, non ho consideravo nemico perché mi ave-

Graziano Mesina - Un po' sì, ma un po'... me l'hanno fatta buttare via. Però oggi mi trovo in

va fatto qualche torto; anzi, tentavo

una situazione privilegiata, perché

di assecondarne le esigenze, dan-

posso dichiarare pubblicamente e contestare molte delle ingiustizie

mai picchiato, né ma ltr at ta t o chi

dogli ciò di cui aveva bisogno. Ma non ho mai dimenticato le colpe commesse, a volte indescrivibili: alcuni hanno addirittura ammazzato persone a bastonate, senza mai pagare per le malefatte compiute. Aeroplanino - Quand'era chiuso in prigione dopo tanto tempo, ha mai pensato che non sarebbe più tornato libero? Graziano Mesina - Sempre, soprattutto in occasione del mio ultimo arresto dopo l'affare Farouk,

che certe persone hanno fatto e continuano ancora a fare. Manca anche oggi, infatti, un equilibrio sociale (non solo in Italia, ovviamente, ma in ogni parte del mondo) per cui spesso si condanna la gente senza alcun riscontro. Le galere sono piene di innocenti (sempre poveri, perché i ricchi non vanno mai in prigione e, se ci finiscono, escono quasi subito). E’ difficile ammetterlo, ma sembra che le cose non debbano mai cambiare.

quando mi diedi da fare per liberare quel bambino, perché venne insinuato che era stato pagato un riscatto. Era il 1992 ed io ero già fuori con la condizionale; mi furono fatti fare altri undici anni e cinque mesi, in totale: quarant'anni e otto mesi di galera... Aeroplanino - Pensa di avere buttato un po' via la sua vita? 66

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Aeroplanino - Ha pagato interamente il suo debito? Graziano Mesina - Non solo ho saldato, ma ho pagato in eccesso per gli effetti del cumulo; se infatti in una sentenza due giudici ti danno 24 anni, per gli effetti del cumulo arriva l'ergastolo; dicono che in Italia non c'è più ma non è vero, perché si può comunque restare in galera per tutta la vita con il ricatto e con l'abbrutimento, tramite i quali una persona debole è indotta a cedere, addirittura a firmare fogli nei quali accusa chi neppure conosce, o che sa non essere colpevole di alcuna cosa. Aeroplanino - Come ha fatto a restare sempre lucido di mente? Graziano Mesina - Partendo dal presupposto che mi si voleva distruggere, rendendomi una nullità e cancellando completamente la mia

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memoria, come si fa col gesso sulla lavagna: l’ho c ap i to e ho voluto sempre resistere, per uscirne poi integro, nella memoria e in tutto il resto. Già a dodici anni io andavo in montagna con il bestiame, rimanendo isolato anche per molto tempo. Una volta, addirittura per sei mesi, da solo, sotto più di tre metri di neve, perché non esistevano mezzi di soccorso e l'unica speranza era... che il tempo cambiasse! Per sopravvivere, ogni tanto ammazzavo un maialino (questi animali sanno andare sotto la neve alla ricerca di ghiande e così resistono, a differenza di tanti altri che invece muoiono di fame). Insomma: ce l'ho fatta per via di una grandissima forza di volontà, tanto che dico sempre alle persone che incontro — soprattutto ai più giovani — che, qualunque sia l'ostacolo incontrato sulla propria strada, bisogna sempre affrontarlo a viso aperto, in modo da poterlo risolvere nel migliore dei modi; confidandosi coi propri genitori, senza tenersi tutto dentro.

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Il pranzo con i pastori al Supramonte (il complesso montuoso che occupa la parte centroorientale dell’isola) è una delle più belle esperienze che si possono vivere in Sardegna, che va provata almeno una volta nella vita. Tutto per noi è iniziato quando, in partenza da Orgosolo, abbiamo notato che c’erano dei pastori in un furgoncino che ci stava precedendo; così, li abbiamo inseguiti. All’arrivo, ci siamo trovati in un posto bellissimo, in mezzo alla natura, con solo qualche capanna e uno spiazzo con poche auto. I pastori, gentilissimi, dopo averci fatti sedere su panchine di legno lunghe e abbastanza sottili, ci hanno dato un tagliere, sopra il quale avremmo poi

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mangiato e dei bellissimi bicchieri in terracotta; in quanto alle posate, non ce n’era bisogno, perché abbiamo mangiato con le mani. Una volta ricevuti questi strumenti, ci sono stati serviti dei deliziosi prodotti tipici: buonissima ricotta salata, salsiccia cruda, pecorino, il famoso pane carasau e maialino arrosto. Al termine, i pastori ci hanno intrattenuti con il loro canto a tenores: sono stati momenti veramente speciali. Alice Marchi

Il CANTO A TENORE è uno stile di canto molto Importante nel panorama delle tradizioni sarde, perché costituisce un’espressione artistica esclusiva della Sardegna che non ha mai subito influssi esterni e perché trasmette bene l‟idea del mondo agro-pastorale sardo. Le ipotesi sulla sua origine sono numerose, ma è probabile che sia nato ad imitazione delle voci della natura. Infatti, su BASSU (il basso) imita il muggito del bue, sa CONTRA (il baritono) il belato della pecora e sa MESU OCHE (il contralto) il sibilo del vento; mentre sa OCHE (la voce solista) rappresenta l'uomo stesso, che è riuscito a dominare la natura. Il solista, oltre a cantare la poesia, ha il compito di scandire il ritmo e la tonalità che il coro deve poi seguire armoniosamente. Di solito, il brano è una poesia ritmata, la cui melodia è arrangiata secondo le possibilità del gruppo, mentre il testo è tramandato di generazione in generazione. Diffuso soprattutto nei centri abitati dell‟interno della Sardegna, il canto a tenore è stato proclamato dall'UNESCO Patrimonio intangibile dell'Umanità, in quanto si tratta di un esempio unico su tutta la terra.

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Maria Corda alleva in casa il baco da seta e tesse a mano il ricavato della sua produzione domestica. Poi, servendosi della seta autoprodotta, confeziona su lionzu, il tipico copricapo femminile che fa parte dell'abbigliamento tradizionale di Orgosolo

L'allevamento dei bachi e la lavorazione della seta sono una tradizione di famiglia e ancor oggi seguo la procedura artigianale di un tempo. I bachi (di una razza specifica, diversa da tutte le altre e riconosciuta ufficialmente) nascono all’inizio di maggio e io li allevo in cassette basse di frutta, disposte una sopra l'altra. Nutro le larve con gelso per circa quaranta giorni, poi preparo "il bosco": prendo grosse frasche essicate, le sistemo in scatole di cartone e lì trasferisco i bruchi quando sono pronti a produrre la seta. Dopo circa quattro giorni formano il bozzo. Ne servono centinaia per realizzare i fili di seta, che poi costituiscono il filato che viene portato alla trama. La creazione di “su lionzu” va custodita, perché le donne di Orgosolo sono le uniche a conoscerla. Spesso gli abiti vengono messi in secondo piano, ma fanno parte anch’essi della cultura della nostra isola e — anche se la tradizione della lavorazione della seta riguarda solo Orgosolo — essa rappresenta degnamente tutta la Sardegna.

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Orani, 5 luglio 1911 – Long Island, 6 maggio 1988

Il padre era muratore e da lui apprese i primi rudimenti del mestiere. Grazie a una borsa di studio, nel 1936 si diplomò a Monza come grafico pubblicitario e l'anno dopo divenne direttore dell'ufficio grafico della Olivetti, per la quale realizzò le decorazioni del padiglione italiano presso l'Esposizione Universale di Parigi. Nel 1938 sposò la compagna di corso Ruth Guggenheim e fu costretto dalle persecuzioni antisemite ad abbandonare l'Italia, rifugiandosi prima a Parigi (dove lavorò come disegnatore) e poi a New York. Qui, superate molte difficoltà, trovò un ambiente culturale ricco e stimolante, stringendo amicizia con numerosi artisti, tra cui il grande architetto Le Corbusier. Nel suo studio in una casa acquistata a East Hampton, a Long Island, creò la tecnica della colata di cemento sulla sabbia modellata (sand casting) e conobbe Jackson Pollock. Negli anni successivi si dedicò anche all’insegnamento e ricevette prestigiosi riconoscimenti internazionali.

Inaugurato nel 1995, il Museo Nivola è situato a sud-est di Orani, sul declivio della collina denominata Su Cantaru (La Fontana). Il complesso offre suggestive vedute sul paese e sul paesaggio circostante e si articola in diversi ambienti: spazi esterni, l’antico lavatoio adeguato a spazio espositivo, gli uffici di servizio e un padiglione di nuova costruzione, aperto nel2004 e situato nell’area sottostante che dà accesso anche al Parco Nivola

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Sardegna/ SP ORT

Nato a Sassari nel 1957, a soli 17 anni fa il suo esordio in Serie A nel Cagliari e l'anno seguente disputa 23 partite segnando 6 gol nonostante la retrocessione largamente anticipata dei rossoblĂš, soprattutto per via del grave infortunio capitato a Gigi Riva, il giocatore piĂš rappresentativo dei sardi. Fra i cadetti esplode con 18 gol, tanto da essere comperato dalla Juventus, nella quale

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disputa tre campionati senza però trovare molto spazio. Tornato in Sardegna per un anno, passa poi nuovamente in bianconero e, dopo un'ottima stagione, nel 1982 viene ceduto all'Udinese per lasciare il posto a Paolo Rossi, rientrato dalla squalifica e reduce dal trionfo ai Mondiali di Spagna nel 1982. A Udine resta due anni, mettendo a segno 10 gol. Nel 1984 viene acquistato dal Milan, dove resta

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Anno 20 - Numero 59 - luglio 2011 fino al 1989 e dove si afferma come uno dei più forti attaccanti italiani. La stagione migliore è quella 1986 / 1987, che lo vede capocannoniere della Serie A con 17 gol. E‟ stato anche un eccellente rigorista (una sola rete sbagliata in tutta la sua carriera) e si è ritirato dal calcio nel 1991, dopo aver disputato gli ultimi due anni da professionista a Lecce. Non ha mai giocato in Nazionale maggiore, ma conta 8 presenze e un gol in Under 21 e 15 presenze e 9 gol nella Nazionale olimpica, con la quale ha disputato le Olimpiadi di Seul. Attualmente, lavora come commentatore televisivo e gestisce un negozio di specialità alimentari ed enologiche, ma aspetta la grande occasione per rientrare nel mondo del calcio, magari allenando una grande squadra.

Aeroplanino - Cosa pensava la sua famiglia del suo desiderio di diventare calciatore? Pietro Paolo Virdis - L'ha vista sempre come una cosa che gli faceva piacere. L'unico momento in cui mi ha ostacolato è quando mi sono dovuto allontanare da casa a sedici anni ma poi, vedendo che da parte mia c'era una tale determinazione nel voler portare avanti questa esperienza, non si è più opposta. Quando ero molto piccolo, nonostante le urla di mia madre che mi chiamava dal balcone, mi trattenevo a giocare con gli

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amici fino all'ultima azione... Per me, giocare era un autentico piacere e solo in seguito si è trasformato in una professione. Aeroplanino - Cosa significa essere un calciatore? Pietro Paolo Virdis - Da ragazzo, è il raggiungimento di qualcosa di cui si è appassionati, mentre da professionista è invece soprattutto impegno, ma anche stress. Le persone ti considerano una specie di idolo, che ogni tanto è anche bello buttare giù... Per questo, spesso il calciatore è in mezzo alla bufera, soprattutto in carriere come la mia che, essendo durata quasi diciotto anni, ha vissuto di tanti alti e bassi: momenti difficili in cui nulla mi riusciva bene nonostante il grande impegno ed altri durante i quali tutto funzionava, quasi senza fatica. Aeroplanino - Secondo lei, com’è cambiato il calcio nel tempo? Pietro Paolo Virdis - E' sempre quello: la bellezza di ventidue atleti che corrono intorno ad un campo. Possono cambiare gli uomini, magari anche le tattiche o gli intessi che gli ruotano attorno (basti pensare 73


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alla televisione che, negli ultimi anni, ha moltiplicato gli spettatori). L'importante è che tutto sia regolare e che si svolga sempre nell'ottica di un confronto corretto. Aeroplanino - Come considera gli stipendi attuali dei giocatori ? Pietro Paolo Virdis - Penso che guadagnino a seconda degli introiti delle società per le quali giocano. Alcune (come il Milan, l'Inter o la Juve) fatturano ogni anno 250/300 milioni di euro, per cui è logico che la maggior parte di queste cifre finisca a coloro che — essendo protagonisti — attirano con il loro gioco tanti spettatori e, quindi, incassi elevati. Lo stesso vale per certi attori americani, le cui interpretazioni fanno guadagnare i film in ogni parte del mondo. Aeroplanino - La partita migliore della sua vita? Pietro Paolo Virdis - Non è facile scegliere... Di solito, se ne ricorda qualcuna che è stata determinante per il risultato finale, ma non a livello personale. A Udine ad esempio tornai in campo dopo cinque mesi di stop per infortunio; non riusci74

vo a riprendermi, finché una domenica feci due gol contro la Fiorentina. Per me, quello è senz'altro un ricordo importante... Aeroplanino - Pensa che nel calcio ci si possa fare male in modo serio? Pietro Paolo Virdis - E' pur sempre uno sport di contatto... Oggi poi gli infortuni sono aumentati, perché il gioco è molto più veloce e le partite tante, per cui non ci si riesce ad allenare con regolarità. Aeroplanino - Com'è giocare a San Siro? Pietro Paolo Virdis - Per un professionista diventa un'abitudine, anche se all'inizio è una grande emozione. Io vi arrivai dall'Udinese e dalla Juventus, dove la pressione era molto forte, ma lo stadio di Milano, forse per una sua particolare configurazione, provoca delle emozioni uniche… Aeroplanino - Una volta in campo, prevalgono più la tensione o la voglia di giocare? Pietro Paolo Virdis - Giocare è l'interesse prevalente, anche se un

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professionista deve riuscir sempre a trasferire nel suo lavoro la grande voglia che ha fin da piccolo, quando per lui il gioco era soltanto passione. Aeroplanino - Che rapporto ha con la Sardegna? Pietro Paolo Virdis - Sono andato alla Juventus ancora molto giovane, per cui ero concentrato soprattutto su quello che dovevo fare, però il legame con la mia terra (dove restavano mia madre e le mie sorelle) non si affievolì. Negli ultimi anni, la nostalgia sta crescendo e spesso mi capita di pensare che vi tornerei volentieri... definitivamente... Non mi so spiegare il motivo, ma forse noi sardi ci sentiamo più attaccati alla nostra terra perché è un'isola. Aeroplanino - In che cosa si sente diverso rispetto alle persone di tutte le altre parti d'Italia? Pietro Paolo Virdis - La Sardegna è divisa in molte zone. Chi vive sulla costa è abituato ai rapporti esterni, avendo avuto numerosi contatti con gli altri; al contrario, le persone delle regioni interne sono più chiuse e spesso diffidenti anche se,

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una volta conosciutele, sono disposte all'amicizia e stabiliscono rapporti molto cordiali. Aeroplanino - Tornerà quindi a vivere definitivamente sulla sua isola? Pietro Paolo Virdis - Mia moglie è di Torino, mio figlio che ha ventiquattro anni studia e Benedetta, molto più piccola, è nata a Milano: diventa tutto complicato... Certo, nessuno conosce il proprio futuro, ma credo che non tornerò mai più in Sardegna per sempre. Aeroplanino - Il suo ė il caso di un sardo che, per motivi di lavoro, si è trasferito nel continente, mentre Gigi Riva è nato in Lombardia, ma continua a vivere anche oggi in Sardegna: come interpreta la sua scelta? Pietro Paolo Virdis - Come un grande gesto d'amore: arrivato sull’i-

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sull’sola a soli diciott'anni, qui ha trovato l'amore (del popolo sardo e di una famiglia) per cui non se l'è mai più sentita di abbandonare il Cagliari. Anch'io ci ho provato, ma non mi è stato possibile, perché ormai la squadra... andava a rotoli e la mia cessione era indispensabile per recu-

Pietro Paolo Virdis - La più bella! Si può anche ridere, però tanti, dopo aver girato il mondo in cerca di … esotismo, riconoscono che questa terra è davvero unica. Aeroplanino - Un luogo particolare che le manca tanto?

Lo stadio Sant’Elia di Cagliari

perare un po' di soldi. Quella di Gigi è stata una scelta unica perché, da grande campione, avrebbe potuto aspirare a qualsiasi club, guadagnando anche molti più soldi, ma non si è più voluto muovere dalla sua isola. Aeroplanino - Com'è la Sardegna rispetto alle altre regioni d'Italia? 76

Pietro Paolo Virdis - A sette anni, da Sindia — un paesello vicino a Bosa, in provincia di Nuoro — mi trasferii con la famiglia a Cagliari, dove vissi fino ai vent'anni. Sono quindi molto legato a questa città assai piacevole, che ha una parte bassa caratterizzata dal porto, da una spiaggia lunghissima e da una zona in alto, a ricordo delle lunghe do-

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minazioni dei Pisani e degli Aragonesi. Aeroplanino - Le piacerebbe tornare in campo? Pietro Paolo Virdis - Magari, rischiando... la vita, potrei resistere... dieci minuti... (ride) In una grande squadra, nascondendomi sotto la porta, qualche gol potrei ancora farlo... Come allenatore, invece, perché no?! Sono abilitato e mi metterei in gioco volentieri, però non nelle squadre giovanili, scelta che non ho mai preso in considerazione perché per i ragazzi bisogna essere portati e io non intendo... fare danni! Aeroplanino - Tornando alla Sardegna, quali pensa siano gli aspetti positivi e negativi della sua gente? Pietro Paolo Virdis - Le differenze valgono soprattutto a seconda delle zone. All'interno, le persone sono diffidenti e danno la loro amicizia con difficoltà; però poi, quando si aprono, ci si può assolutamente fidare. Ma questo atteggiamento è comune dovunque, soprattutto nei luoghi abbastanza piccoli. Aeroplanino - La frase che

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più la impressionò durante la sua avventura da calciatore? Pietro Paolo Virdis - Conclusa la mia esperienza al Milan, il 26 novembre 1989, giocando con il Lecce, tornai a San Siro per la partita. Vidi esposto in una curva questo striscione, che mi lasciò davvero emozionato: «Il tempo che passa distrugge, il mondo che resta dimentica, immortale resta un eroe: Pietro Paolo!». Quanto alla partita, inutile dire che… vinse il Milan! Aeroplanino - Si sente più juventino o più milanista? Pietro Paolo Virdis - Il mio cuore batte ovviamente per il Cagliari, poi scelgo il Milan, perché lì ho ottenuto molti risultati positivi, sentendomi più amato. Ma seguo anche tutte le altre squadre nelle quali ho giocato. Aeroplanino - Come valuta la violenza negli stadi? Pietro Paolo Virdis - È la stessa alla quale assistiamo tutti i giorni per la strada, anche se a volte sembra che dentro lo stadio ci sia una sorta d'impunità, come se tutto sia permesso e ciò in parte è vero, perché le punizioni sono troppo blande, 77


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limitandosi quasi sempre a proibire di assistere alle partite per un certo periodo. Per fortuna, la mia carriera si è svolta senza particolari problemi: ho giocato abbastanza bene e ho saputo affrontare e superare discretamente i vari ostacoli. Aeroplanino - La popolarità ha mai creato problemi alla sua famiglia? Pietro Paolo Virdis - Non ne ho mai avvertiti e, se ve ne sono stati, mia moglie... è stata brava a tenermeli nascosti. Sto con lei da quando ero molto giovane, quindi non posso escludere che l'ambiente del calcio le abbia fatto arrivare qualche tipo di pressione, ogni tanto; ma è una donna davvero in gamba e molto discreta... Aeroplanino - Il suo allenatore preferito? Pietro Paolo Virdis - Ce ne sono diversi... Ricordo quelli che mi hanno saputo capire nei momenti di maggior difficoltà, uno in particolare, Mario Tiddia, che allenò la squadra dopo il mio ritorno a Cagliari dalla Juventus: non riuscendo più ad esprimermi, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a livello psico78

logico, inserendomi nella squadra poco a poco per farmi ritrovare le sicurezze perdute. Ma ricordo anche con grande piacere Gigi Radice, che allenò il mitico Torino di Pulici, Graziani e Sala (nomi oggi... sconosciuti: smanettate un po' in internet, per recuperare le memorie del grande calcio italiano). Sapeva accendere la scintilla, dando la giusta carica per entrare in campo con convinzione: la cosa più importante della vita è essere sicuri di quello che si fa! Aeroplanino - L'hanno mai... torturata i giornalisti, come spesso capita oggi? Pietro Paolo Virdis - No, perché non c'era ancora un rapporto parossistico tra calcio, televisione e pubblicità. Io poi, per carattere, sono riservato, per cui neanche all'apice frequentavo ambienti di gossip. Aeroplanino - Come ha vissuto le mancate convocazioni in Nazionale, dopo aver vinto scudetti e coppe internazionali? Pietro Paolo Virdis - Ho smesso nel '91 e in varie occasioni si è parlato di un possibile mio ingres-

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Virdis nella sua enoteca di Milano dove, oltre ai vini, offre ai clienti anche delle squisite specialità sarde

so nella squadra italiana ma, se non mi hanno mai chiamato, si vede che... non me lo meritavo! Ho però giocato alle Olimpiadi di Seul, ottenendo discrete soddisfazioni. Aeroplanino - Cosa succede psicologicamente a un giocatore quando appende le scarpe al chiodo? Pietro Paolo Virdis - E' sempre difficile... Mancano l'attività fisica e l'agonismo, per cui si cerca di sopperire con una professione particolarmente intrigante, oppure legata ancora al mondo del calcio. Per questo, molti scelgono di fare gli allenatori, o i dirigenti. Credo che trasferire la propria esperienza ad altri sia la cosa più giusta per chi ha vissuto

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quindici / vent'anni in un determinato ambiente. Aeroplanino - Per concludere: si possono trovare degli amici veri anche nel proprio ambiente di lavoro, come ad esempio in quello del calcio? Pietro Paolo Virdis - Certo, anche se forse conviene non perdere mai i contatti con chi è vissuto sempre con te, che sa considerarti per chi sei davvero — e non per quello che sei diventato dopo.

L‟enoteca Il Gusto di Virdis si trova a Milano in via Piero Della Francesca 38


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Abbandonare la Sardegna senza aver visto almeno un nuraghe è inammissibile, tanto più che se ne trovano, ben distribuiti in tutta l'isola, settemila. Per noi, giovani visitatori, è il sito archeologico Su Nuraxi a Barumini la meta, a sud della Sardegna, in provincia di Cagliari. Arrivati, ci troviamo di fronte una gigantesca costruzione di macigni tra le uniche al mondo, databile al 1500 a.C. circa. Ci accompagna una guida. Sono edifici arrivati fino a noi per portarci il messaggio di una umanità lontanissima, un popolo remoto di cui i Sardi sono eredi e discendenti. I nuraghi, grazie ad una architettura semplice e geniale, sono stati tecnicamente capaci di reggere senza cementi alla forza del tempo, del vento e delle piogge. Hanno una struttura elementare, nulla di più di un tronco di cono simile ad un secchio rovesciato, eppure ci si domanda come sia stato possibile realizzarli, sovrapponendo pietre colossali l‟una all‟altra. All‟inizio il nuraghe ha una sola camera circolare, ricoperta da un soffitto a tholos. Poi la costruzione si fa più complessa: le camere si moltiplicano su due o più piani sovrapposti uniti da scale, infine è l'intero nuraghe che si unisce ad altri nuraghi attraverso una prima cinta di mura che protegge un minuscolo territorio interno: il complesso, così, diventa una fortezza e i nuraghi che lo hanno costituito ne divengono le torri angolari. Successivamente, a questa primitiva struttura si aggiungeranno — sempre all'interno delle mura — costruzioni a pianta circolare e poi a pianta quadrata o rettangolare. 80

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Un‟altra domanda, ancora irrisolta, riguarda la loro funzione. L‟ipotesi più verosimile sembra quella che il nuraghe nasca come fortilizio: un luogo dove trascorrere la notte al riparo dall‟aggressione degli uomini e degli animali. I signori di allora costruivano i nuraghi per abitarli, per proteggersi dalla minaccia dei nemici, per dare riparo e protezione a comunità isolate. I luoghi per edificare i nuraghi non erano scelti a caso, perché dovevano soddisfare sia le esigenze militari che quelle religiose. Dai nuraghi si poteva scrutare il territorio, vedere lontano, controllare le pianure circostanti e nello stesso tempo erano luoghi di vita e di culto organizzato. Solo tra il 1949 e il 1951, dopo violenti nubifragi, sono affiorati ruderi e reperti del complesso nuragico di Barumini. Gli archeologi, attraverso la prova del Carbonio14, hanno accertato che la torre risale al 1460 a.C., epoca nota come Bronzo medio. Entrando in sintonia con questo luogo misterioso, ho immaginato i Sardi della preistoria come uomini e donne capaci di muoversi all‟esterno, di rapportarsi con altre genti vicine, di cercare nel territorio il necessario per vivere. Una civiltà rurale. Sardi che, se non impegnati in battaglie contro gli invasori Cartaginesi e Romani, vivono attorno al fuoco delle loro capanne, lavorano alla fusione dei metalli per costruire oggetti, faticano su pesanti macine di pietra per produrre farina e pane. Giulia Gabrieli Costa

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Sardegna/ CUCINA

Nel corso di un viaggio in Sardegna, può capitare di trovarsi così bene in una piccola trattoria nei pressi del porto di Cagliari, che — avendone l‟occasione tramite le pagine dell‟Aeroplanino — si senta la necessità di fare un pubblico ringraziamento, sperando di rendere un buon servizio a questo locale anche dal punto di vista pubblicitario. Si chiama Ci pensa Cannas e il nome deriva da quello del suo stesso proprietario. Da Cannas, ovviamente si può gustare una cena tipica della terra sarda, ma il cuoco non si fa certo prendere alla sprovvista se, per esempio, un… milanese DOC come il sottoscritto volesse gustarsi una buona cotoletta anche mentre si trova sull‟isola. Si vede proprio che al signor Cannas piace il suo lavoro e di questi tempi di gente così ce ne vorrebbe molta! Basta un esempio: l‟ultima sera, la nostra collega Claudia — infortunatasi al braccio alla Giara di Gesturi — si trovava in grossa difficoltà volendo tagliare da sola la sua prelibatissima bistecca. Nessun problema! Ecco subito pronto Cannas, che si è precipitato per tagliare la carne al posto della povera infortunata, aiutandola così in un momento per lei un po'... critico (anche se, ovviamente, scherzoso). Una volta servitole il piatto alla perfezione, si è allontanato soddisfatto dal no82

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stro tavolo ripetendo con un grande sorriso il suo famoso slogan: «Ovviamente… ci pensa Cannas! ».

Il signor Cannas sa far passare delle piacevolissime serate di buon cibo e di riposo, dopo giorni intensi e faticosi su e giù per la Sardegna. C h i u n q u e abbia a vu t o la fortuna di frequentare questa trattoria si augura, se mai gli capitasse di tornare un giorno a Cagliari, di ritrovare Cannas sempre al suo posto, con sua moglie, i figli e tutto il resto della famiglia in cucina. E spera che non si dimentichi le visite calorose dei suoi affezionati clienti. Tommaso Motterlini

Ci pensa Cannas si trova nel centro storico di Cagliari (quartiere Marina) in via Sardegna 37 ed è un locale confortevole, climatizzato d'inverno e d'estate. La semplicità della sua cucina lo rende particolarmente piacevole in una città che ha sempre avuto grandi tradizioni gastronomiche di mare e di terra. Il locale è aperto a pranzo e a cena ed il riposo settimanale, ovviamente, è di domenica.

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Sardegna/

Nato nel 1950, è attualmente uno degli scrittori italiani più apprezzati. Fino al 2006, è stato insegnante di scuola media ad Orani, il piccolo centro della Barbagia in provincia di Nuoro nel quale vive. Si laurea in lettere a Roma nel 1976 con una tesi sulla poesia dialettale sarda, 84

Anno 20 - Numero 59 - luglio 2011 NARRATIVA

avendo come relatori Carlo Salinari e il linguista Tullio de Mauro. Il suo primo romanzo, Collodoro, del 1997, è edito dalla piccola casa editrice nuorese Solinas mentre i successivi, a partire dal 1999, sono stampati dalla casa editrice Il Maestrale, con la quale pubblica Il viag-

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gio degli inganni (1999), Il postino di Piracherfa (2000), tradotto anche in Francia, Cristolu (2001) e La sesta ora (2003). Con i romanzi La leggenda di Redenta Tiria, La vedova scalza e Ritorno a Baraule passa invece alla casa editrice Adelphi di Milano; proprio con La vedova scalza vince il Premio Campiello nel 2006.

Aeroplanino - Che cosa rappresentano per lei i ricordi? Salvatore Niffoi - Conservo molti oggetti sparpagliati per la casa, che rappresentano per me l'essenza della memoria. Penso infatti che fin da giovanissimi occorra imparare ad essere meno... edonistici, per iniziare a comprendere le ricchezze immateriali lasciateci da chi non c’è più, o non ci è vicino fisicamente. Certo, con ciò nessuno propone una vita... cistercense, però i ricordi vanno sempre conservati gelosamente, perché si basano sull'affetto, sulla fiducia, sull’amicizia, sulla stima e sul rispetto: parole sempre... meno quotate nella borsa dei valori umani, perché oggi pre-

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vale l'dea che chi non si vende è fuori dal mondo. E’ tanto vero che, se si dice di credere nella famiglia, nell'etica del lavoro e nella serietà professionale, si viene scambiati per dei marziani! Aeroplanino - Come ha iniziato ad amare la lettura? Salvatore Niffoi - Sono stato educato a questa passione da mia mamma e da mio nonno, che aveva una cassapanca di legno di cui possedeva gelosamente la chiave. Dopo le prime classi, una volta iniziata la scuola di avviamento professionale, mio padre per... gratificarmi mi spedì a fare l'assistente tagliapietre in una di quelle cave di trachite molto diffuse tra Nuoro ed Orgosolo. Avevo undici anni: sveglia alle cinque, poi sei chilometri a piedi per arrivare alla cava... Dunque, quando il nonno vide che ero arrivato all'età nella quale la cultura permette di acquisire una solida visione del mondo (oltre ad essere anche una forma di riscatto sociale per chi nasce nelle classi povere, quindi praticamente per quasi tutti noi, essendo figli di contadini, bovari e tagliapietre) aprì il cassetto dei suoi tesori, mettendomi tra le 85


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mani un testo di Emile Zola (considerato allora un po'… pruriginoso, anche se adesso lo si potrebbe ritenere quasi monacale) ed uno di Balzac, la storia terribile di un padre abbandonato dai suoi figli (capita spesso anche oggi: quando i vecchi cominciano a... puzzare un po', come fossero dei malati terminali, dei... relitti sociali, li si manda nelle case di risposo, avendo smarrito il senso della condivisione del dolore, perché si sono perse le proprie radici). Per me, i libri sono... commestibili in quanto alimentano il gusto del palato insieme a tutti gli altri sensi e permettono il viaggio più bello fin nella notte dei tempi. Aeroplanino - E a scrivere, invece, quando ha cominciato? Salvatore Niffoi - Per me, la scrittura è una piacevole malattia, nata anch'essa da piccolo e sempre per via di mio nonno. La prima volta che mi mostrò i suoi libri, me li fece solo toccare, guardandomi con un'occhiata come per dire: aspetta! Anche mia madre era una lettrice avida e coi pochi risparmi comprava sempre libri, ma anche giornali settimanali, che andavo a prendere dal 86

tabacchino, insieme al trinciato forte per il nonno (che spettacolo, per me, le illustrazioni di Beltrame e di Molino sulla Domenica del Corriere, capaci di aprirmi un'infinità di mondi nei quali facevo viaggi straordinari!). Se avanzavo spiccioli, compravo anche il Vittorioso — un giornale per ragazzi fatto benissimo — coi fumetti di Jacovitti, uno che nelle vignette ficcava salumi dappertutto; per me che, avendo sempre fame,

mangiavo persino... finocchietti selvatici, significava il paese di Bengodi! Su un altro celebre giornaletto, il Monello, leggevo le avventure di Pedrito il Drito e di altri mitici personaggi. Mi venne insomma la voglia di scrivere a mia volta qualcosa e iniziai a sette/otto anni con brevi racconti, che mandavo al Vittorioso con qualche barzelletta, per una ru-

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brica dei lettori che ricevevano in cambio dei cofanetti di caramelle Sperlari... da sballo! Poi, iniziai a frequentare le biblioteche, partendo da quella parrocchiale, dove c'era un prete meraviglioso, don Arnaldo Concas, che poi divenne anche il mio direttore spirituale; un tipo tosto che, alla veneranda età di settantasei anni, stava per prendere un'altra laurea in psicologia dell'età evolutiva. Ci scambiavamo i libri ed incontrai Chesterton (l'autore di Padre Brown, per intenderci), provando una voglia fortissima di entrare nel mondo della pagina scritta, che sembrava tanto lontano da me, ma che in realtà era così vicino (la letteratura infatti unisce i microcosmi facendoli diventare macrocosmi). Sembra strano, ma... imparavo più dai libri che dalle persone in carne ed ossa! Carlo Salinari, un mio docente universitario, ripeteva che spesso si apprende più da un buon romanzo che dai fatti concreti... Il mio lento passaggio dalla lettura alla scrittura avviene in questo modo, scoprendo il piacere che, partendo dalla lettura di una didascalia, di una vignetta con la nuvola sopra, arriva ai personaggi inventati per

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proprio conto, cioè come li si immagina. Anche in questo caso, Chesterton mi fu fondamentale, perché av e va me s so in bocca a Padre Brown questa massima diventata per me una specie di regola di vita: I dubbi sono degli uomini, le certezze... dei cretini! E' vero: conviene diffidare di chi ha solo certezze perché in realtà spaccia... droga pesante. L’uomo ha sempre qualche dubbio e non si avvicina mai alla verità, all'amore dicendo: io, io, io… Al contrario, il mondo che vediamo oggi filtrato dal tubo catodico è pieno di "io" e di niente: accendiamo la TV in qualsiasi ora del giorno e troviamo gente neppure più di plastica, ma semplicemente fasulla, finta, che non comprende più il senso della vita, della morte, dell'amore. E si crede pure immortale, salvo poi accorgersi, in fase di... disfacimento, che necessiterebbe di un chirurgo al giorno per tentare di rendersi presentabile, sapendo bene che la decenza non corrisponde all'immagine, bensì all'essere nella sua sostanza. Ovviamente, la passione per la scrittura mi è nata contro il desiderio di mia madre che — da povera — ave87


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va sì capito che ci si può riscattare solo attraverso studio e cultura, ma che avrebbe voluto lo stesso che diventassi dottore, o magari avvocato. Contemporaneamente, nacquero in me altre passioni: per la scultura e per la musica, tanto che a tredici/ quattordici anni impazzivo letteralmente quando mio nonno (che si era iscritto alla mitica Scuola Radio Elettra di Torino per assecondare la sua manìa di inventare cose) mi costruì una radio con il giradischi;

spendevo tutto per comprare i pezzi dei Kings, degli Animals e di tutti i progenitori dei Beatles e degli Stones (sembra qualcosa di... nuragico, ma sto solo parlando degli inizi degli anni Sessanta). Anche oggi, non riesco a fare alcuna cosa (scrivere, dormire, guidare la macchina) senza la musica... Aeroplanino - A che cosa si ispira per i suoi libri? 88

Salvatore Niffoi - Tolstoj diceva: Se vuoi parlare del mondo, parla del tuo paese. Io racconto la mia terra, con quella percentuale di… belluinità e con quel che di ancestrale che nell'uomo permane. Ho scritto apposta un libro su questo tema, Il pane di Abele, che è la storia di un'amicizia tradita: sembra quasi che l'odio e il sangue diventino dei fattori rigeneratori... Negli anni, ho girato un po' il mondo, ma mi sono accorto che la sostanza è sempre la stessa: in un paese come il mio di tremila anime, dove tutti conoscono tutto, come nella grande città. Cambia solo il contesto nel quale ciascuno di noi vive... la sua provvisoria commedia umana, come direbbe Balzac. Dunque, le mie storie nascono in questo mio paese e parlano della sua realtà, perché preferisco occuparmi di ciò che conosco piuttosto che di quello che mi è ignoto. Tanti mi chiedono perché non parlo di cose contemporanee ma a ben vedere, sottotraccia, la contemporaneità — quando si parla di sentimenti, vendette, amore, passioni, malattie, morte — c'è sempre e da lì non si scappa. Mi sono alfabetizzato con questo terreno, ne sono diventato una pro-

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tesi e per trentadue anni non sono uscito da questa provincia (anche se da giovane avevo studiato a Roma). Poi, dopo il mio primo libro, ho preso a girare il mondo, ma ho capito che non c'è bisogno di andarsene lontano, perché la sostanza delle cose la si può avere soltanto dentro di sé, non può essere comprata... al supermercato. Aeroplanino - Aveva obiettivi specifici e motivazioni particolari quando iniziò a scrivere?

Salvatore Niffoi - Bisogna sempre avere obiettivi. Come ho già detto, ho iniziato a scrivere per una personale esigenza e così continuo a fare anche oggi. Si deve diffidare di chi scrive per pubblicare, perché il mercato dei libri è drogato. Si scrive solo per il piacere di farlo e, soprattutto, se si ha qualcosa da dare. Io l’ho fatto per un atto d'amore… Non mi sono i n n a mo r at o di mia moglie p er c hé me l'ha consigliato qualcuno, ma perché era per me la persona giusta!

Salvatore Niffoi mostra agli inviati dell’Aeroplanino la sua Orani

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Aeroplanino - Come è uscito il suo primo libro? Salvatore Niffoi - Nel 1993 c’era chi voleva p o r t ar e una mega discarica a Monte Nigheddu, in territorio di Orani, per riversarvi dentro ogni genere di pestilenza: qua sotto, dove una volta pascolavano i caprari poveri, nel terreno dei miei antenati! Organizzai un comitato con amici: ci pestarono, ci denunciarono, mi fecero anche uno scherzo poco simpatico e fui arrestato. Nei quindici giorni trascorsi in carcere, presi una laurea importante in... umanità varia, imparando a conoscere e a non dimenticare la sofferenza di chi è costretto al di là del muro. Rimasto accanto al caminetto per due anni e mezzo prima di essere riassunto a scuola (grazie soprattutto all'aiuto di tanti genitori), mi venne la voglia di raccontare questa storia che buttai giù di getto in settantadue giorni e poi mi misi a cercare una tipografia. Una sera riferii a mia moglie mentre stava lavando i piatti che, per pubblicarne circa 1500 copie, occorreva la bella somma di 17 milioni di vecchie lire; lei per poco... non svenne! Ma, lo ripeto, bisogna sempre credere in ciò che si fa, per cui agii di conseguenza: mobilitai gli amici (uno che 90

produceva infissi, il dentista, chi vendeva automobili, altri) e chiesi loro quanto fossero disposti a darmi. In tre giorni, la cifra necessaria fu racimolata e così... ecco il mio primo libro! Aeroplanino - Che metodo usa per scrivere? Salvatore Niffoi - Inizio da un canovaccio e raccolgo tutte le informazioni necessarie (personaggi, luoghi, nomi, cognomi, soprannomi) poi... mi faccio gli auguri e parto per il viaggio, che di solito non termina mai come avevo previsto, anche perché nel frattempo possono essere subentrate delle emotività personali e degli episodi piacevoli o spiacevoli. Aeroplanino - Crede nei miracoli? Salvatore Niffoi - Come no! Ci ho persino scritto un libro, Il bastone dei miracoli, uscito l'anno scorso. Soprattutto in quelli che ci facciamo noi, con le nostre mani, in qualsiasi corno di mondo nasciamo. Faccio un esempio, riferito al mio incontro con Roberto Galasso, della casa editrice Adelphi. Dopo le mie prime opere, pubblicate da Il Mae-

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strale di Sassari, mentre stavo a Cagliari nella stupenda libreria che una volta c'era in piazza Jenner, mi chiamò al telefono dicendo che aveva letto a mia insaputa il manoscritto de La leggenda di Redenta Tiria. Una storia assai triste: in paese succedevano vicende dolorosissime, perché il v e n t o malefico dell'autoeliminazione si portava via parecchie persone. Pensando che, per salvare un luogo nel quale tr o p p i stava no r e st i tuendo la propria vita prima del tempo, fosse necessario un atto di coraggio, volli ribadire nel mio libro la sacralità della v it a, l'importanza dell'esistenza. Per me e per mia mo g lie , quello era un periodo difficile, con quattro figli, solo con l'assegno alimentare per la perdita del lavoro a seguito della galera... Sapevo bene chi era Galasso (tra i più grandi esperti di Kafka e di letteratura mit-

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teleuropea del mondo) e mi stupii che, senza tanti giri di parole, mi proponesse la pubblicazione di quel libro. Accettai dopo due giorni e mi arrivò a casa un contratto molto sostanzioso, che adesso è di sopra con l'albero di Natale. L’ho tenuto cinque anni nel presepe senza mai disfarlo ed ora è lassù; i miei figli sanno che andrà sempre la sci at o in q ue l p o s to p erc hé, evid e n t e me n t e , q ue ll o è… l ’alb er o dei miracoli! Aeroplanino - L'ha aiutata nello scrivere la sua esperienza di insegnante? Salvatore Niffoi - Certo... I miei ragazzi ora sono in giro per il mondo e di loro (che ho sempre considerato come la mia seconda famiglia) sono orgogliosissimo. La mia prima lezione non cominciava mai con la grammatica o con la sintassi, ma... a San Paolo, un nostro monticello dove, mostrando le varie pietre, 91


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spiegavo che non vanno considerate solo tali ma assai di più, perché testimoniano il nostro passato. Oggi noi conosciamo benissimo gli amici di Facebook e neppure sappiamo che nel nostro paese ci sono... trecentosettanta nuraghe, quattrocento menhir, seicento chiese del 1600! Se ignoriamo quel che ci circonda, viviamo tutta la vita in un pantano confuso... Per i miei ragazzi, facevo teatro, cinema... Sceglievo le classi più difficili e quando cominciai a lavorare ad Orani, una volta entrato nella classe che mi era stata affidata e dopo essere stato accolto da... zoccolate di scarponi sul muro e da urla di ogni genere, mi sentii felice, perché non c'è alcuna cosa che più gratifica un insegnante con gli attributi che avere a che fare con... le pecore nere!

al mondo è proprio la letteratura. Come posso dire a una persona di leggere un libro perché è bello? Chi l'ha detto? Il piacere della lettura è assolutamente soggettivo... Aeroplanino - Cos'è per lei la Barbagia? Salvatore NIFFOI - La Bargabia è... un'isola nell'isola. La bellezza della Sardegna sta anche in questo: non è un quadro monocromatico, perché ogni suo luogo fa storia a sé.

Aeroplanino - E’ importante poter scegliere liberamente le proprie letture? Salvatore Niffoi - Non credo alle imposizioni, perché corrispondono quasi sempre ai gusti di qualche altra persona. D’altra parte, la cosa più... anarchica che esiste 92

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Siate visitatori, non turisti! (Michela Murgia)

Porto Flavia rappresenta la capacità dell‟uomo di realizzare anche l‟impossibile. (Giancarlo Cadau)

Per conoscere la Sardegna bisogna conoscere i “sardi”, non quelle persone che si incontrano sulle spiagge. (Francesco Manca e Antonio Macis)

Orgosolo: paese dove i muri parlano di un popolo forte: persone ospitali e una storia infinita. (Maria Carla Muscau)

Mi sento una radice. (Augusta Bangoni)

La Sardegna è uno scrigno e ciò che custodisce è un bene prezioso come preziosa è la sua gente che ama, soffre ma non è mai vittima; un popolo fiero… libero come rondine a primavera. (Maria Bernarda Coni)

Chi ha conosciuto anche solo una briciola di Sardegna e la sua ospitalità, sappia farne tesoro. (Paolo Casarin)

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I cavallini tipici sardi assomigliano per grandezza a dei normali pony anche se sono nella ―fascia adulta‖. Vivono liberi in spazi verdeggianti dove i visitatori vengono ad ammirarli, perché sono una delle bellezze della Sardegna. Hanno la coda e la criniera folta, di colore quasi sempre nera, mentre il dorso può variare, assumendo tonalità marrone. Di sicuro, la descrizione che ho fatto non è molto particolareggiata e, per ammirare la loro bellezza, bisogna guardarli dal vero, con i nostri occhi. Sara De Martino

IS ACCHETTUS: I CAVALLINI DELLA GIARA I cavallini — che vivono liberi da tempo immemorabile — sono gli ultimi superstiti di una razza che popolava l'intera isola e, grazie all'isolamento naturale, hanno trovato nella Giara di Gesturi (un altopiano che si trova nel medio Campidano, nella parte centrale della Sardegna, ad ovest del golfo di Oristano) le condizioni ideali per conservare la loro particolare tipologia. Oggi, vengono catturati nel loro interesse, perché a fine agosto sulla Giara il cibo scarseggia e i nuovi nati devono essere marchiati con la ―G‖ che ne attesta la purezza e con i simboli dei

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di Costantino Nivola

Anch’io come te non ero nato per vedere il mare. Come te non sono cresciuto alto, per restare più vicino alla terra, ai solchi caldi delle vigne e degli orti.

Ho attraversato ponti trasparenti, periferie industriali potenti ho dormito nei grattacieli di vetro, disegnati da Mies van der Rohe, ondulati al vento gelido sul lago Michigan. Sono tornato a Orani, annunziato dalle tue comari «ricco e potente è» hanno detto, «meschino», hai risposto, «costretto a vivere in terre straniere».

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disegno di Michela Pierdiluca

Ho seguito il tuo comando, prima con la fantasia poi a cavallo del demone tecnologico, sulla Queen Mary sul Jumbo jet il Twentieth Century.

Mem da: Cost antin orie o Niv di Or ani, ( li Ilisso ola, b eram e pe 2003 r gen ente tile c conc once esso ssion ) e de Cost lla Fond antin a z o Niv ione ola Oran i


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ANAGRAMMI Trova gli anagrammi delle seguenti parole:

LA PAROLA NASCOSTA In ciascuna delle seguenti parole, trovane un’altra che vi è nascosta: 1. ENCICLOPEDIA 2. AGGIORNAMENTI 3. SAPERE 4. PENNARELLO 5. SGABELLO 6. NASCOSTA 7. PESCARA 8. NOVECENTO 9. CESTINO 10. DIZIONARIO 11. AEROPLANINO 12. TAVOLO 13. SCARPE 14. OGGETTI 15. CANOTTO

(Caterina Mariani) L’ANIMALE NASCOSTO Trova le lettere che compongono il suo nome nascoste nello schema: B

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(le soluzioni sono a pag. 114)

Roma – Stereo – Abili – Rapiti –Steli – Porta – Taschino Valige – Arco – Prese – Nave – Anta – Mento (Marco Pighi)


Il mio nome è Christian e vorrei raccontarvi la mia avventura nel mondo degli scacchi. Un bel giorno ho assistito ad una partita di scacchi, dove i giocatori erano mia nonna e mio papà. Così, ho chiesto a papà di insegnarmi a giocare. In seguito, ho partecipato al mio primo torneo e l’anno scorso ho vinto la mia prima coppa, classificandomi al terzo posto. Quando ho capito che il gioco degli scacchi poteva diventare la mia passione, sono andato a scuola di scacchi presso l’associazione La Mongolfiera di Vimercate (vicino a Milano), per imparare nuove tattiche di apertura e sviluppo dei pezzi. Nel febbraio di quest’anno, al torneo della scuola mi sono

classificato al primo posto e anche per la fase provinciale a squadre; la nostra squadra (Christian Pirrello, Giovanni Monachello, Umberto Ferrari, Lorenzo Cancellara, Simone Bricalli, Simone Vergani) ha poi vinto il torneo e si è qualificata per la fase regionale di aprile. Gli scacchi appartengono ai giochi di logica che mi piacciono molto, perché sviluppano la mente e sono interessanti perché sempre diversi. Christian Pirrello


GRANDI AEREI DA COMBATTIMENTO terza e ultima puntata

Il Tornado è un esempio di collaborazione europea coordinata tra aeronautiche militari e aziende aeronautiche. Il programma è stato avviato nel 1968 sulle richieste comuni degli stati maggiori di alcune aeronautiche militari della NATO: Regno Unito (RAF), Germania (Luftwaffe) e Italia (AMI). Queste si unirono per progettare l‟ M.R.C.A.75 (multi-role combat aircraft). La responsabilità della parte meccanica è affidata a PANAVIA che è un insieme di industrie aeronautiche che appartengono ai tre stati citati prima. Si tratta di un velivolo di avanzata concezione di superiorità aerea capace di velocità bisonica e con ali a geometria variabile. Il velivolo ha tre varianti, IDS, ADV e ECR che sono delle varianti differenziate tra loro da sistemi bellici differenti. Edoardo Pentini

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SCHEDA TECNICA

Anno: 1979 Nazione: Italia, Regno Unito, Germania Motore: 2 turbofan turbo union Rolls Royce rb199-34r-103 Apertura alare: da 8,6 a 13,91 m Lunghezza: 16,72 m Altezza: 5,95 m Peso max al decollo: 27,215kg VelocitĂ : mach 2,2 Quota max operativa: 15.000 m Autonomia: 1482 km Armamento: differenziato

a seconda degli scopi

Costo: top secret

Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini

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Oltre ai TORNADO ECR E IDS, questi sono gli altri mezzi aerei che l'Italia utilizza attualmente nell'ambito del dispositivo militare dispiegato in seguito alla risoluzione dell'Onu sulla crisi libica: EUROFIGHTER 2000 TYPHOON, AMX , F-16, RQ-1B-PREDATOR 99


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Giulia Gabana ha appena 28 anni ed è diplomata in lingue. Inizia a seguire la pallavolo fin da piccola, trascinata dall’incontenibile passione di suo padre Marcello, che poi lei sostituisce alla presidenza dell’Acqua Paradiso Gabeca di Monza quando nel novembre 2009 si inabissa con il suo elicottero — probabilmente per un guasto al motore — nelle acque del lago di Varese. E’ giovane, dinamica e ha lo stesso temperamento del padre; da due anni segue anche la parte commerciale della casa vinicola Tenute Grandi&Gabana, dopo aver sempre lavorato in azienda per brevi periodi, alternati con soggiorni all’estero. Conquistato il quarto posto all’inizio dello scorso aprile con la vittoria contro Casa Modena, il sogno di Giulia (una delle più giovani presidenti italiani di squadre sportive) si è finalmente avverato: veder tornare la sua squadra in Europa. È un risultato storico, che mancava dal 2000 con l’accesso in Coppa Cev, l’importante competizione continentale che ora ha assunto il nome di Challenge Cup.

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Aeroplanino - E' difficile seguire una squadra di pallavolo che gioca nella massima divisione? Giulia Gabana - Molto, soprattutto se la si vuole gestire bene e svolgendo contemporaneamente un altro lavoro, visto che seguo anche l'azienda di famiglia. Però, la grande passione che nutro nei suoi confronti mi ha aiutata molto, al punto che — anche se con grande fatica — ho voluto mantenere la squadra all'interno del nostro gruppo. Aeroplanino - Nella pallavolo, i maschi sono più dotati delle femmine o viceversa? Giulia Gabana - Per qualche anno, anch'io ho giocato, perché mio padre ci teneva molto e aveva già la squadra. Ma non conosco bene la serie A femminile, per cui mi è difficile rispondere alla domanda. Mauro Gavotto - Per me, la differenza principale è di carattere fisico perché, come in tutti gli sport, i maschi sono oggettivamente più forti; però, dal punto di vista tecnico e di bellezza del gioco, il gioco resta sempre lo stesso.

Mauro Gavotto

nato a Cuneo il 16 aprile 1979, gioca nel ruolo di schiacciatore laterale.

Inizia la carriera a Dronero, continuando poi con le giovanili della Piemonte Volley ed esordisce in prima squadra nella stagione 1998/99, aggiudicandosi la Coppa Italia e la Supercoppa italiana. Sceso di categoria, in Serie A2 veste le maglie della Pony Express Kappa Torino e della Copra Piacenza, vincendo due Coppe Italia e ottenendo l’anno dopo la promozione nella massima serie. Nel 2001 esordisce in Nazionale a Ferrara, nella gara persa 3-1 dagli azzurri contro il Resto del Mondo.

Aeroplanino - Come mai molti pallavolisti quando iniziano ad affermarsi considerano quello che fanno più un lavoro che un gioco? Mauro Gavotto - La mia opinione ha un certo valore, visto che ho 31 anni. Credo che questo problema r i g u a r d i ben po-

Viene ingaggiato dalla Carife Ferrara e, malgrado la retrocessione della squadra al termine della stagione, si laurea miglior realizzatore della Serie A1, confermandosi anche nel 2004/05, dopo il trasferimento all'Acqua Paradiso Gabeca Montichiari. Nel 2008 ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino, terminando al quarto posto. Nel 2009, dopo il trasferimento del suo club da Montichiari a Monza per problemi finanziari, decide di restare e diventa il giocatore simbolo della formazione arancio-blu.


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chi giocatori: durante l'anno, l'impegno è davvero tanto, per cui difficilmente si riuscirebbe ad affrontarlo senza passione, considerandolo cioè semplicemente un lavoro. Per me, tra l'altro, questo ragionamento vale anche nel calcio. pur tenendo conto degli stipendi molto elevati dei giocatori, perché, quando cessano gli stimoli, è davvero finita. Aeroplanino - Quali emozioni si provano vincendo delle gare importanti? Mauro Gavotto - Durante l'intera settimana, si lavora molto con l'unico obiettivo di vincere, per cui dopo una gara trionfale la soddisfazione è tanta. Purtroppo, però, il lunedì si ricomincia, perché bisogna prepararsi per un'altra partita... Giulia Gabana - Anche come presidente una vittoria lascia molto soddisfatti; già durante la gara, si osservano con trepidazione i propri giocatori, senza trascurare la situazione sugli altri campi. Aeroplanino - Qualcuno ha cercato di ostacolarvi nel raggiungimento dei vostri obiettivi? Mauro Gavotto - Come quella di qualsiasi persona, anche la vita dello sportivo non è tutta... rose e fiori! Certo, le difficoltà esistono e vanno affrontate sempre con energia e nel migliore dei modi. Aeroplanino - Ha incontrato grandi difficoltà nel relazionarsi con i suoi giocatori? Giulia Gabana - No, perché alcuni li conosco da tanti anni e sono quindi cresciuta con loro. Anche quando c'era mio padre, ho sempre vissuto la pallavolo da vicino, imparando quasi senza accorgermene questo mestiere. Inoltre, cerco di comportarmi sempre in modo poco invadente e senza mai sgridare alcuno (il che, tra l'altro, mi sarebbe oggettivamente difficile, visto che molti giocatori hanno addirittura un'età superiore alla mia). Aeroplanino - Capitano anche nel volley come nel calcio episodi di violenza? Giulia Gabana - Nella nostra società è capitato qualcosa di spiacevole l'anno scorso. Per oltre vent'anni, la nostra sede è stata a Montichiari, in pro102

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vincia di Brescia, ma quando di recente abbiamo dovuto trasferirci a Monza i nostri tifosi si solo ribellati e ci hanno attaccato. Fortunatamente, siamo riusciti a ristabilire la calma, per cui adesso va tutto bene. Simone Buti - La pallavolo non è come il calcio, quindi di solito con noi giocatori i tifosi non si comportano in modo violento, come invece può capitare allo stadio. Certo, quando si gioca un po' male ci può stare anche qualche fischio, ma capita raramente perché di solito i tifosi ci stanno vicino e capiscono quando le cose possono anche andare un po' storte. Aeroplanino - A quanti anni si può incominciare a allenarsi? Mauro Gavotto - Io ho iniziato ad otto anni; naturalmente, da piccolo gli allenamenti erano abbastanza leggeri: due o tre alla settimana, oltre che le partite. Poi, verso i quindici anni, ho cominciato a fare il professionista, allenandomi tutti i giorni e partecipando ai vari campionati. Simone Buti - Io, invece, ho iniziato a quindici anni, più che altro per necessità perché, essendo molto alto, tendevo a curvarmi sulle spalle, per cui mi fu consigliato di fare sport. Certo, all'inizio non pensavo che avrei fatto carriera, ma col tempo le cose cambiano... Aeroplanino - E' stato difficile per lei intraprendere così all'improvviso la strada di suo padre? Giulia Gabana - Quando si perde un genitore, non è mai facile fare qualsiasi cosa, soprattutto quando le responsabilità sono tante. La nostra azienda è molto grande ed io mi sono trovata da sola al suo vertice così all'improvviso... Piano piano, tempo ed esperienza aiutano a superare il dolore, grazie anche all'aiuto di validi collaboratori, senza dei quali la fatica sarebbe di certo superiore. Aeroplanino - Se non le fosse capitata la tragedia che l'ha colpita, avrebbe ereditato comunque il lavoro di suo padre, oppure pensa che si sarebbe potuta occupare di altro? Giulia Gabana - Già da sette mesi io operavo all'interno del gruppo, seguendo in particolare il settore vinicolo; naturalmente, condividevo con mio padre anche la passione per la pallavolo: andavamo sempre insieme alle partite e ogni mattina commentavamo i risultati sui giornali. Nell'azienda sarei co-

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Simone Buti

nato a Fucecchio il 19 settembre 1983, gioca come centrale. Comincia nella stagione 2003/04 nel Volley Livorno, poi passa al Volley Trieste e al Volley Mantova. Nel 2007 arriva al Volley Montichiari, dove ritorna nella stagione successiva ottenendo alla fine del campionato la

munque rimasta, anche se immaginavo che avrei avuto un po' più di tempo per ambientarmi... Aeroplanino - Se la squadra è poco unita, corre il rischio di compromettere anche i suoi risultati? Mauro Gavotto - Certo perché, dipendendo ognuno di noi dall'altro, se non ci sono stima e rispetto reciproco, si fa poca strada, magari anche vincendo qualche partita.

sua prima convocazione in Nazionale,

Simone Buti - Nella pallavolo, più che in altri sport, se una squadra è unita è difficile batterla e i risultati possono arrivare anche gareggiando con società maggiordove esordisce da titolare il 2 maggio 2010.

mente attrezzate. Aeroplanino - Le vostre famiglie hanno accettato facilmente la vostra scelta professionale? Mauro Gavotto - La mia era piuttosto divisa. Mio padre, la classica persona impegnata con il lavoro notte e giorno, non riusciva a concepire il fatto che potessi fare sport di mestiere, tanto più che all'inizio guadagnavo praticamente nulla; però, grazie all'aiuto di mia madre che credeva in me, specie dopo le prime affermazioni in nazionale, anche lui ha dovuto cambiare idea, tanto che adesso... è diventato il mio primo tifoso! Simone Buti - Per me, al contrario, è stato più facile avendo iniziato tardi, come ho detto prima e non ho dovuto superare le difficoltà di Mauro (a parte, naturalmente, la questione economica, sulla quale ci siamo tutti assieme interrogati). Aeroplanino - E' difficile conciliare gli amici con gli allenamenti? 104

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Simone Buti - In tutto, noi giochiamo otto/nove mesi all'anno, durante i quali dobbiamo essere molto concentrati. Dopo però, se tutto va bene, ci rimangono almeno tre mesi liberi. Aeroplanino - Al termine della carriera, cosa pensate di fare? Mauro Gavotto - Ci penso di continuo perché... ci sono più vicino! Mi piacerebbe molto restare nell'ambiente perché, da sognatore, avrei l'ambizione di cambiare qualcosa. Simone Buti - Anch'io vorrei continuare in questo sport, magari come dirigente. Ma ho anche qualche altro progetto: abitando in campagna, mi piacerebbe aprire un agriturismo. Aeroplanino - La squadra che avete fatto più fatica a battere? Mauro Gavotto - Il Trento che, da almeno quattro anni, vince tutto, sia a livello europeo che mondiale. E' la nostra bestia nera e quando la incontriamo, sapendo già che finiremo per perdere, giochiamo di conseguenza... Aeroplanino - Come avvengono gli acquisti dei nuovi giocatori nella pallavolo? Giulia Gabana - L'anno scorso, mi sono affidata molto alle persone che lavoravano con me. Di solito, comunque, si cerca di guardare un po' le altre squadre, in Italia e all'estero, in modo da scegliere qualche elemento che sembra mancare nella propria formazione. Per convincerlo ad essere comprato, gli si propone un progetto ritenuto interessante e logicamente anche un contratto vantaggioso dal punto di vista economico. Aeroplanino - I giocatori non mai stati contrari ad un loro trasferimento? Mauro Gavotto - Da noi non è come nel calcio, per cui si lavora con più calma e non si rischia di essere trasferiti all'improvviso, se non a causa di un infortunio grave. Io sono da sette anni in questa squadra e non ho mai avuto problemi nel rinnovare il contratto alla sua scadenza. Per quanto riguarda invece gli allenatori, c'è... un bel valzer, proprio come nel calcio! Aeroplanino - Questo può influire sul vostro rendimento?

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Mauro Gavotto - Credo di sì perché, essendo il nostro uno sport tattico, l'allenatore conta molto: dà la sua impronta all'intero gioco e sa rendere al meglio la sua squadra. Aeroplanino - Se non foste riusciti ad affermarvi nella pallavolo, cosa vi sarebbe piaciuto fare? Mauro Gavotto - Credo che avrei studiato ingegneria, per la gioia della mia famiglia... Simone Buti - A me invece, terminati gli studi, sarebbe piaciuto fare il commercialista, o qualche altra professione sempre in ambito economico. Aeroplanino - Pensate che la pallavolo possa raggiungere i livelli del calcio, in termini di popolarità e di ascolti? Mauro Gavotto - In un paese come l'Italia sicuramente no, non perché sia uno sport brutto, ma proprio per la mentalità della gente: siamo un popolo che vive di calcio e parla solo di questo sport tanto che, se guardate la Gazzetta, trovate... quaranta pagine sul calcio (magari dedicate anche alla Serie C o D, categorie che praticamente nessuno segue), mentre ad una partita di pallavolo che è stata seguita da migliaia di persone vengono dedicate solo poche righe. Ciò non accade altrove, come ad esempio in Polonia... Simone Buti - In effetti, siamo un paese... strano, che continua a privilegiare uno sport come il calcio contraddistinto da forme di violenza accentuate, mentre in altri sport (tra cui anche il nostro) la polizia è praticamente sconosciuta e le famiglie possono venire alle partite con assoluta tranquillità. Aeroplanino - Questa situazione può essere modificata? Mauro Gavotto - Il nostro problema è una Lega che non si sta impegnando nel promuoverci e che va cambiata completamente a livello organizzativo. Infatti è questione di marketing: pensiamo alla visibilità del rugby, uno sport che non può essere in alcun modo paragonato al nostro in termini di risultati, dato che abbiamo vinto ben quattro campionati mondiali. Però, non siamo capaci di vendere il nostro prodotto... Aeroplanino - Cosa rappresentano i tifosi per una squadra? Simone Buti - Sono una componente molto importante perché, sia 106

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quando sono a favore che contro, in uno sport come il nostro dove non c'è il contatto fisico sicuramente condizionano il rendimento degli atleti. Giocare quando tutti fischiano non è certo facile, mentre sapere di far felici delle persone con un risultato positivo rappresenta la cosa più bella. Aeroplanino – Ancora una domanda alla presidente: crede che in futuro le donne possano essere più numerose ai vertici delle società sportive? Giulia Gabana - Spero di sì! Io non ho avuto alcuna difficoltà nell'inserirmi. Oltre a me, nella serie A1 maschile c'è già un'altra presidente, Simona Sileoni, che guida la squadra di Macerata e spero che presto se ne possano aggiungere anche altre, perché certamente potremmo portare nuove idee, contribuendo ad arricchire il nostro sport. a cura di tutta la redazione

Cinquant’anni fa il volo di Yuri Gagarin: è in orbita l'astronave che lo ricorda Il 12 aprile 1961, l'Unione sovietica mandò il primo uomo nello spazio. Si trattava di Yuri Gagarin che diede inizio all'avventura nello spazio. Per ricordare questo evento, dal cosmodromo kazako di Baikonur, in Russia, è stata mandata in orbita la Soyuz Tma-21, una navicella spaziale russa con tre astronauti e intitolata proprio a Gagarin in omaggio al 50° anniversario del primo volo umano nello spazio. A bordo della Soyuz, i cosmonauti russi Aleksandr Samokutiaiev e Andrei Borisenko, insieme al collega americano della Nasa Ronald Garan;

si prevede che essi rimangano in orbita per almeno cinque mesi. All’inizio di aprile, l'equipaggio ha raggiunto la stazione spaziale internazionale (Iss), dove da dicembre si trovano gli astronauti Paolo Nespoli, Dmitri Kondratiev e Catherine Coleman. L'equipaggio ha anche visitato la cabina dove il cosmonauta sovietico trascorse la sua ultima notte prima del volo. Paola Adorni


disegno di Martina Naselli

Il gabbiano vola libero nessuno lo ferma la libertà è con lui. Quando atterra, sulla spiaggia, come un re trasmette il suo cuore selvaggio ed elegante alla gente. Ed eccomi qui ancora a navigare con la fantasia senza motivo, senza ragione‌ Annachiara Maresta

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Il papà di Topolino e Paperino Nato a Chicago il 5 dicembre del 1901, W a l t D i s n e y è stato il primo a credere nei disegni animati e a sviluppare i tentativi di accoppiare i disegni alla macchina da presa. I cartoni animati esistevano già da tempo e anche Disney tentò l‟avventura con un leprotto chiamato Oswald; era il 1927 e il pubblico quasi non se ne accorse. L’anno dopo, con l‟arrivo del cinema sonoro, lanciò il topo Mickey Mouse (Topolino) in un breve film in bianco e nero: fu un trionfo. Insieme ai suoi compagni animati, in forma umana (Minnei, Pippo, Orazio, Clarabella, Pluto e molti altri), Topolino affrontava le sue straordinarie avventure. Nel 1934 Disney applicò per la prima volta il colore ai propri disegni e nel 1937 arrivò il primo lungometraggio, Biancaneve e i sette nani, dalla fiaba dei fratelli Grimm, che ebbe un enorme successo in tutto il mondo. Nacquero poi gli studios della Disney che occupavano migliaia di persone, tra tecnici, disegnatori, animatori e impiegati. Nel 1966, anno della morte di Disney all’età di 65 anni, veniva proiettata sugli schermi di tutto il mondo la sua ultima creazione, Il libro della giungla. A lui si deve anche la realizzazione di Disneyland (la terra di Disney), nel 1965. Le fiabe Disney sono in parte macabre, per il semplice motivo che nelle sue invenzioni inserisce situazioni drammatiche che si concludono però con un lieto fine. Nonostante ciò, hanno sempre fatto innamorare tutti, grandi e piccini. Agata Sagnelli

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Indovinelli testi e disegni di Umberto Reita 1) Il rospo del Suriname da dove partorisce i suoi cuccioli? 2) Se le unisci si dividono. Cosa sono? 3) Chi la fa la vede, chi la compra non la usa, chi la usa non la vede. Cos’è? 4) In una stanza ci sono due padri e due figli. Quante persone ci sono nella stanza? 5) Sa volare ma non ha le ali, piange ma non ha gli occhi. Cos’è? 6) Quanti animali portò Mosè sull’Arca?

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(le soluzioni sono a pag. 114 )

7) Che ci fa una tv in mezzo al mare?

8) Se un treno elettrico viaggia a 254 km h verso sud-est e il vento soffia a 173 km h verso nord-ovest, a quale velocità e in quale direzione va il fumo? 9) Qual è quel posto dove i fiumi si attraversano a piedi asciutti, e in un batter d’occhio si va da una città all’altra? 10) Ha le ali ma non le piume, vola nell’aria ma non cinguetta. Cos’è?

f r e dd u r e Un topolino a passeggio con la sua mamma vedendo passare un pipistrello: «Mamma, mamma … guarda! Un angelo…!» Un uomo sta parlando ad un amico: «E così il dottore mi ha detto che mi avrebbe fatto camminare in due settimane!» «E c’è riuscito?» «Sì, ho dovuto vendere la macchina per pagare il conto!» Un tale telefona al dottore con una vocina debole: «Dottore… si ricorda quello sciroppo che mi ha ordinato per farmi tornare le forze?» «Sì, perchè?» «Non ce la faccio a svitare il tappo!!!» Antonio alla mamma: «Mamma, mamma, il limone ha il becco?» «Ooopss, allora ho spremuto un canarino!»

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«No, Perché?»

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Nel XIII secolo i cavalieri, di ritorno dalle crociate, portarono in Francia un gioco con la palla che assomigliava a quello nostro del tennis. A quel tempo era chiamato tennis reale o di corte perché era praticato al coperto, in un monastero o in un palazzo. Inizialmente la palla era colpita da una mano nuda, invece più tardi furono usati guanti, racchette o tavole. Nel XVI secolo l’introduzione di una rete di spago a metà del campo fece aumentare la velocità della palla quando veniva lanciata. Nel 1874 il maggiore Walter Wingfield inventò in Inghilterra il tennis sul campo. Ma la vera nascita del tennis moderno avvenne a Wimbledon, sempre in Inghilterra, nel 1877 quando si tenne per la prima volta il campionato inglese, detto anche torneo di Wimbledon. Oggi i tornei si svolgono su campi rettangolari (23,77x10,97 metri) di terra rossa, erba o materiali sintetici, divisi a metà dalla rete. Si può giocare in due (singolo) o in quattro (doppio).

LE REGOLE PIU’ IMPORTANTI DEL GIOCO DEL TENNIS Si fa punto se l’avversario non riesce a colpire la palla prima del secondo rimbalzo, oppure se la manda contro la rete o fuori del bordo segnato a terra. Ogni match (incontro) è composto da alcuni set (partite), che possono variare da tre a cinque, che a loro volta comprendono dei game (giochi) che come minimo sono sei per partita; invece sono più di sei se un giocatore non riesce ad avere due giochi di vantaggio sull’avversario per aggiudicarsi il set. Solitamente, il match si gioca al meglio di 2 set su 3 o di 3 su 5 a seconda dell’importanza del torneo o se lo stesso è maschile o femminile. Per guadagnare un game, il tennista deve fare quattro punti conteggiati secondo una convenzione ispirato all’orologio (15, 30, 40) con almeno due punti di distacco dall’avversario, altrimenti il gioco prosegue fino a che un giocatore non ha due vantaggi sull’avversario. 112

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Il servizio (cioè la battuta) che può assegnare la partita è chiamato match point. Fino al 1960 molti tennisti erano dilettanti e non potevano ricevere denaro mentre oggi i migliori giocatori possono vincere milioni di dollari in premi giocando nel circuito mondiale professionistico. I tennisti che hanno fatto la storia del tennis italiano sono stati principalmente Nicola Pietrangeli, Adriano Panatta e Lea Pericoli. Invece, i giocatori stranieri che hanno vinto un numero elevato di tornei sono Bjorn Borg, Jimmy Connors, Martina Navratilova, John McEnroe, Yannick Noah, Mats Wilander, Steffi Graf, Gabriella Sabatini, Boris Becker, Andre Agassi e Pete Sampras. Ultimamente i campioni più acclamati sono Roger Federer (è uno dei pochi giocatori al mondo che ha mantenuto la prima posizione per oltre 100 settimane consecutive), Rafael Nadal e le sorelle Williams. Attualmente si disputano circa 70 tornei all’anno nel circuito professionistico Maschile ATP e più di 60 tornei in quello femminile WTA. I tornei più prestigiosi sono quelli del Grande Slam (Wimbledon, Us Open, Australian Open e Roland Garros) e quelli della Coppa Davis.

testo e disegno di Michela Pierdiluca

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______________________________________________________________ SARDEGNA NASCOSTA (pubblicato a p.45): P

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TROVA LA FRASE (pubblicato a p. 55):

ANCORA OGGI DOPO TANTI ANNI L’AEROPLANINO CONTINUA LA SUA ATTIVITA’ BRILLANTEMENTE

ANAGRAMMI (pubblicato a p.96): Ramo - Estero - Libia – Pirati - Liste - Prato - Schianto Veglia - Orca - Perse - Vena Monte LA PAROLA NASCOSTA (pubblicato a p.96): 1. CICLOPE 2. MENTI 3. PERE 4. PENNA 5.BELLO 6. COSTA 7. ESCA 8. VECE 9. CESTI 10. RIO 11. ERO 12. AVO 13. CARPE 14. GETTI 15. OTTO L’ANIMALE NASCOSTO (pubblicato a p.96):

GAZZELLA

INDOVINELLI (pubblicati alle pagg.110/111):

1) Dalla schiena 2) Le forbici 3) La bara 4) Tre: nonno, padre e figlio 5) La nuvola 6) Era Noè, non Mosè! 7) Va in onda… 8) Un treno elettrico non ha fumo 9) La carta geografica 10) L’aereo 114

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Gli alieni

Per alcune persone gli alieni sono frutto di pura fantasia, ma vi faccio una domanda: è possibile che noi, esseri umani, siamo gli UNICI esseri viventi in tutto l’universo? Secondo me no! Su Marte, ad esempio, ci sono VERAMENTE delle forme di vita però microscopiche: esseri simili a dei vermetti. Se volete cercare delle immagini sugli alieni DIFFIDATE di internet perché tanti costruiscono dei fotomontaggi e inventano storielle a partire dalle astronavi fino ad arrivare ai mondi paralleli. Alcuni astronomi cercano gli alieni non solo per curiosità ma anche perché, se in un pianeta ci fosse vita, vi potremmo vivere anche noi perciò, se le risorse della terra dovessero finire (tra milioni di anni), avremmo un pianeta di scorta. Sugli alieni possiamo liberare la nostra fantasia (un esempio potrebbe essere: un occhio, tre antenne, sette gambe, dieci braccia…). Comunque gli alieni esistono o non esistono? È un mistero ancora irrisolto.

PIACERE SONO X-19! TU CHI SEI? MI PORTI DAL TUO CAPO?

testo e disegno di Sara De Martino

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il chilo

non pesa… un chilo Il prototipo del chilogrammo, conservato a Parigi sotto a una coppa di vetro, sta cambiando. Infatti, un ricercatore dell’Ufficio pesi e misure della capitale francese ha rilevato che il modellino ha perso ben 50 milionesimi di grammo. Adesso si cercano dei rimedi. Per ora è stata fissata una riunione dalla Royal Society di Londra per discuterne, ma per prendere una decisione ufficiale bisognerà aspettare la Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure che si terrà a Parigi nel 2015. Per ora l’unica ipotesi è che nel prototipo del chilogrammo, quando è stato confezionato a Londra nel 1889, si sia infiltrato qualche granello di sabbia che adesso è fuoriuscito. L’unica soluzione è dunque la riunione ufficiale, tanto il problema diventerebbe significativo fra 10 / 20 anni. testo e disegno di Alice Bergo

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Aeroplanino - Da quanto tempo lavorate insieme? Ale e Franz - Dal „94; due anni prima, abbiamo iniziato in teatro, ma non ancora come coppia vera e propria. Aeroplanino - Quando avete capito che avreste potuto sfondare? Ale e Franz - Non lo abbiamo ancora capito… Quando succederà, vi verremo a cercare per dirvelo! Il nostro è un lavoro molto lungo, di piccoli passi. E poi il successo interessa relativamente, perché siamo più attenti a portare avanti il nostro percorso con una certa coerenza. Aeroplanino - Perché avete deciso di fare i comici? Franz - E‟ un desiderio che si ha dentro, che cresce e che si coltiva in sé. Prima, recitare è solo un divertimento, il piacere di stare insieme e di conoscere persone. Poi, salire sul palco diventa sempre una cosa molto naturale. Per me, che sono molto timido, costituisce il modo di rapportarmi con gli altri in maniera spontanea. Ale - Come tutte le altre (la musica, la pittura…), anche la nostra passione diventa forte al punto che si desidera comunicarla agli altri, prima agli amici e poi all‟intero pubblico. Fin da piccolo, mi affascinavano i meccanismi del ridere, per cui ho sentito il bisogno di studiarli e poi di applicarli.

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Aeroplanino - Siete stati messi insieme da qualcuno oppure vi siete semplicemente trovati? Franz - Frequentavamo a Milano la stessa scuola di recitazione e una nostra insegnante ci ha dato la possibilità di provare insieme, suggerendoci un locale di cabaret dove avremmo potuto scrivere ogni settimana delle cose per poi provarle davanti al pubblico. Aeroplanino - Che cosa rappresenta per voi una risata? Ale - Per me, ridere è come… mangiare quando ho fame! Mi piace proprio e non potrei vivere senza ridere… sarei triste… Franz - La risata, come il pianto, è un‟emozione: quando una persona ride, significa che si sta emozionando (e, proprio per questo, a volte finisce anche per piangere, mescolando questi due sentimenti). Aeroplanino - Ridere allunga anche la vita? Ale - Se mi trovo davanti una persona che sta sparando e, all‟improvviso, scoppia a ridere perché le ho raccontato una barzelletta, bhe… in questo caso certamente… ridere allunga la vita! Franz - Come i dolori fanno male al cuore, così ridere gli fa certo bene. Se c‟è persino un medico che, da tanto tempo, cura i piccoli malati travestendosi da clown e facendoli ridere, vuol dire che questo sistema funziona. Ale - Propongo a tutti di fare così anche a scuola: se il professore vi chiede perché state ridendo, spiegategli che, semplicemente, state… allungandovi un po‟ la vita! Aeroplanino - E‟ più facile lavorare sul palco o davanti a una telecamera? Franz - Sono cose diverse; il rapporto con un pubblico dal vivo è molto forte e aiuta ad esprimersi con una grande carica (ricordo, ad esempio, le emozioni di fare spettacolo per Zelig alla curva dello stadio Olimpico di Roma, davanti a circa ventimila persone). In televisione invece, essendoci i tecnici e tutto il personale che sta lavorando per la buona riuscita della trasmissione, rimanere concentrati è più difficile e lo si può fare solo riuscendo ad estraniarsi completamente. Ale - Nel fare un film, c’è molta tecnica, mentre davanti al pubblico conta di più il cuore. 118

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Aeroplanino - Che cosa rappresenta per voi Zelig? Ale - E‟ una trasmissione di grande successo dalla quale sono passati tanti comici, tra cui anche noi. Una bella vetrina, perché molto seguito, soprattutto dai giovani. Nel tempo, però, ha finito per diventare un po‟ ripetitivo, anche perché sono nati diversi altri programmi comici altrettanto interessanti. Aeroplanino - Continuerete con Zelig anche in futuro? Franz - Non lo sappiamo ancora… stiamo valutando, anche perché il nostro percorso in Zelig è terminato già da alcuni anni e tornarvi comporterebbe una nostra presenza più rilevante. Aeroplanino - Che differenza c‟è tra la risata e il sorriso? Ale - Prima viene il sorriso; si passa alla risata quando viene meno il controllo e l‟emozione diventa forte. Aeroplanino - E‟ difficile far ridere? Franz - E‟ un dono, un talento che alcuni hanno; l‟importante è riuscire a non sprecarlo. Aeroplanino - La fonte della vostra ispirazione? Ale - Ci... nutriamo di coloro che ci hanno preceduto, ma poi conta il proprio stile, per cui si finisce per essere diversi da tutti gli altri. Aeroplanino - Provate molto insieme? Franz - Per il teatro, tanto, mentre in tv spesso il tempo manca… Aeroplanino - Popolarità e successo sono uguali? Franz - No, perché la popolarità può anche arrivare in modo facile, ma è difficile mantenerla, per cui si ha successo solo quando essa riesce a durare nel tempo. Aeroplanino - Qualche volta, avete pensato di… cambiare mestiere? Franz - Mai! Il nostro è il lavoro più bello del mondo. Il problema è che non ci basta il tempo per fare tutto quello che vorremmo: probabilmente, anche restando in due, saremo costretti a… diventare un trio! a cura di tutta la redazione

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Per realizzare il viaggio in Sardegna (e rendere quindi possibile la costruzione di questo fascicolo) è stato indispensabile l’aiuto di numerose persone: le si ringrazia tutte qui di seguito, sperando di non dimenticarne alcuna (e chiedendo comunque scusa per eventuali, involontarie dimenticanze)

Roberto Copparoni (presidente) e Paolo Casarin (alter ego) dell‟Associazione Amici di Sardegna (www.associazioneamicisardegna.it)

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Hostel Marina - Cagliari

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Margherita Coppola (direttrice Museo Nivola, Orani)

Francesca Piras (assistente di Michela Murgia) Casa Editrice Einaudi, Torino Antonio Pane, Nino (autista) Valeria Cadau (segretaria di direzione), Gianfranco Cadau (perito chimico) e Francesco Porcu (perito minerario) di Masua - Porto Flavia (Igea Spa) Sergio Flore (cicerone Museo Nivola, Orani) Francesco Manca e Antonio Macis (portierato e cortesia - Casa Deledda, Nuoro) COOP ARCHEOTUR, Sant’Antioco Anna Chiara Mereu (guida Tofet di Sant’Antioco) Maria Carla Muscau (Bar sul ponte - Da Terenzio, Orgosolo) Liliana Fadda (Fondazione Barumini) Daniele Sergi (guida sito archeologico di Barumini) Augusta Bangoni (Museo Casa Zapata, Barumini) Maria Bernarda Coni (Museo Casa Zapata, Barumini) Giuseppe Zucca (Museo Casa Zapata, Barumini) Ci pensa Cannas (ristoratore, Cagliari) Sebastiano Congiu (Ilisso Edizioni S.r.L., Nuoro) Benedetta Senin (Ufficio Stampa Casa Editrice Adelphi, Milano)

… e, naturalmente: Michela Murgia - Fra Leonardo da Perdi Piero Marras - Graziano Mesina - Pietro Paolo Virdis - Maria Corda e Salvatore Niffoi per la gentilezza e per la disponibilità ... 120

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direttore responsabile: Francesco SCOLARI Laboratorio dell’Aeroplanino – soci giornalisti: Bianca Francesca BERARDI - Alice BERGO - Marco BORRINI - Giovanni CARLETTI Claudia CEDERLE - Francesco CIMINI - Sara DE MARTINO - Lorenzo EVANGELISTA Maria Vittoria FRANZINI - Guido FUMAGALLI - Giulia GABRIELI COSTA Matteo GAGLIOTTA - Claudia GERMINIANI - Paolo Massimo GUERZONI Gaia LENTI - Michelangelo MAGGI - Alice MARCHI - Annachiara MARESTA Caterina MARIANI - Chiara MARROCCO - Martina MENTASTI - Pietro MILANESE Tommaso MOTTERLINI - Martina NASELLI - Valentina NEGRO - Pietro NOCETI Teresa NOTARI - Edoardo PALLI - Massimiliano PAVANELLO - Edoardo PENTINI Michela PIERDILUCA - Anna PIMPINELLI - Marco PIGHI Umberto REITA - Agata SAGNELLI - Beatrice VIVIANI

Collaboratori: Paola ADORNI – Michela BRUNI – Federico CAMPANER – Teresa CHIARAMONTE Alessia Dell’Elce – Barbara MOLTENI – Christian PIRRELLO – Angelo QUARANTA Alessandra RULLO – Antonio SANDRI – Elisabetta SIGNORELLI – Michele ZENONI ―Windows‖ di Tel Aviv, i ragazzi di Sicilia e Sardegna, gli amici di Lajatico (Pi) e tutti coloro che vorranno aggiungersi da qualsiasi altra parte del mondo Segreteria: Bianca Francesca Berardi – Caterina Mariani Giulia Gabrieli Costa — Michela Pierdiluca – Agata Sagnelli Immagini, elaborazioni grafiche e stampa: Laboratorio dell’Aeroplanino - Milano Questo numero 59 dell’Aeroplanino (luglio 2011) è stato disegnato da: Sara De Martino, Ottavia Maria Mamoli, Alice Marchi, Caterina Mariani, Martina Naselli, Michela Pierdiluca, Umberto Reita AEROPLANINO di CARTA © 2011 (tutti i diritti riservati) Direzione e Redazione: ISTITUTO SALESIANO S.AMBROGIO Via Copernico 9 20125 MILANO tel. 338.7440206 (segreteria telefonica: 02.67627.28.3 - telefax 02.67627.28,2) REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO n.672 del 12/12/1992 Direttore responsabile: Francesco Scolari - Pubbliche relazioni: Benedetta Gentile www.aeroplanino.it

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