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Fabrizio Fazio
Una passione trasformata in arte
DI OMAR GELSOMINO FOTO DI ARIANNA DI ROMANO
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asseggiando per le vie di Gangi, comune adagiato sulle Madonie ed eletto “Borgo dei Borghi” nel 2014, lungo Corso Vitale è facile trovare una bottega piena di tamburi. Alcune volte è proprio il suono ad attirare l’attenzione dei passanti e far scoprire così un mondo che
affonda le sue radici nella tradizione popolare. Sin da piccolo per Fabrizio Fazio è diventata la sua passione: costruire artigianalmente, con materiali di
recupero, tamburi a cornice, tammorre, tamburi medievali e imperiali. I
più grandi percussionisti da Mario Incudine a Giovanni Apprendi, da Ruggiero Mascellino ad Alfio Antico, solo per citarne alcuni, hanno apprezzato gli strumenti di Fabrizio Fazio, perché i suoi tamburi e le tammorre sono diversi tra loro, così come il loro suono, vere e proprie opere d’arte che arrivano in tutto il mondo. Dalla materia al suono, passando dalla manualità all’arte. Realizzando così uno strumento antichissimo, Fabrizio Fazio mantiene viva una tradizione che altrimenti andrebbe perduta. «Vivendo a Gangi, un piccolo borgo immerso sulle Madonie, come tanti altri comuni dell’Italia meridionale e della Sicilia, legato alle proprie tradizioni, il tamburo è sempre stato uno strumento musicale presente nella storia dei gangitani, accompagnando alcuni momenti della loro vita, dalle processioni agli avvisi dei commercianti. Affascinato dal suono e dalla tecnica con cui gli artigiani realizzavano i tamburi, mi sono avvicinato a quest’arte, anche perché nessuno della mia famiglia mi ha trasmesso né la passione per la musica né le tecniche della manualità per realizzare questi strumenti. Nella mia bottega c’è una foto che mi ritrae a quattro anni mentre gioco con un tamburello di plastica che mi era stato regalato, ci sarà un motivo se oggi mi ritrovo con dei tamburi artigianali da me realizzati: era previsto che io sarei dovuto diventare il divo dei tamburi». Le fasi di lavorazione prevedono l’impiego di materiali poveri che altrimenti andrebbero persi, usando pelli di capra, latta e setacci di legno. «Per i miei tamburi uso materiali di recupero: i telai dei “crivuli” o setacci, la pelle di capra e i barattoli di latta. Dagli antichi telai dei setacci, usati in tutte le case per la pulitura del frumento, ricavo le casse di legno; la pelle della capra, dopo averla pulita, è trattata con la calce per eliminare tutte le impurità e poi fatta asciugare su un telaio; la latta ricavata dai barattoli viene tagliata, riscaldata e battuta su un antico ceppo di quercia con un martello a palla che darà un’inconfondibile sonorità ai sonagli. Ogni mio tamburo ha un’anima diversa». L’arte e il sapere di Fabrizio Fazio, se per lui sono un modo di comunicare le sue emozioni e per questo vuole tramandare quest’antica tradizione popolare, sono così importanti che vanno tutelati e per questo sarà inserito ben presto nel Patrimonio delle Eredità Immateriali. «Sento il bisogno di percuotere la pelle per comunicare i miei stati d’animo, bisogna emozionarsi per emozionare, questo è il valore dell’arte. Un’arte che tutti dovrebbero conoscere visitando le botteghe degli artigiani perché custodiscono le tradizioni e i saperi, artigiani che amano il proprio mestiere fatto con passione e raccontano la Sicilia, facendone una terra antica e preziosa. Conservare e tramandare le tradizioni per me è motivo di orgoglio, così come sapere che i miei tamburi sono conosciuti in tutto il mondo. Non so se mia figlia, appena cinque anni, seguirà le mie orme, non potrei mai imporle la mia passione, deve sentirlo dal cuore ma mi rende felice vederla imitarmi, gira la mano come si percuote il tamburo. Grazie ai media sono diventato famoso e la gente viene da tutto il mondo per i miei tamburi, mi riempie di gioia vedere la gente appassionarsi al tamburo, mi piacerebbe lasciare un timbro in questo paese, essere ricordato come l’artigiano del tamburo». Un consiglio, se andate a Gangi fermatevi pure nella sua bottega, “La Capra Canta”, Fabrizio vi accoglierà con tanta gioia.
