Forbes 64

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GIOVANI IMPRENDITORI CRESCONO

L’ORATORIO DIGITALE DI BOBO VIERI MUSK E LA LEGGE DEL PIÙ FORTE SMALL GIANTS, LA VIA DELLA LANA GLI INNOVATORI DEL FISCO FEBBRAIO, 2023 Italia 4,90 euroCH CT 11,30 ChfCôte d’Azur 9,00 euroAnno 7N° 64febbraio 2023Periodicità: mensilePrima immissione: 7/2/2023 MensilePoste Italiane SpaSpedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI Classifiche Le 25 sportive più pagate INCHIESTA L’INVERNO DELLE STARTUP COVER STORY
RICCARDO DI STEFANO PRESIDENTEDEIGIOVANIIMPRENDITORIDICONFINDUSTRIA FOTO DI MARIA LA TORRE
Ogni anno più prezioso.

34 | Visione e concretezza

Riccardo Di Stefano

guida i Giovani imprenditori di Confindustria. Ma anche l’azienda che ha creato dopo essere stato in scia all’esperienza del nonno. Si è fatto da sé. Per questo ha un motivo in più e la forza giusta per offrire la sua esperienza e la sua idea di Paese. A cominciare, ovviamente, dall’economia.

INSIDE

INSIDE

FORBES.IT
FEBBRAIO, 2023
febbraio, 2023 Volume 64
3 CONTENTS

COVER STORY

34 | Visione e concretezza

Alessandro Rossi

40 | La forza della manifattura

Edoardo Prallini

42 | Successo tridimensionale

Matteo Sportelli

THE INVESTIGATION

44 | Oltre l’inverno

Matteo Novarini

50 | Benvenuti al Nord

Cosimo Maria Palleschi

52 | Fenomenologia del più forte

Patrizia Caraveo

54 | Eldorado stellare

Patrizia Caraveo

CONTRARIAN

59 | Bisogni da ascoltare

Matia Venini

62 | Burocrazia senza stress

Giovanni Iozzia

64 | L’etica che verrà

Enzo Argante

66 | La protezione come investimento

Andrea Celesti

70 | Mondi paralleli

Marzia Papagna 50

FEBBRAIO, 2023 FORBES.IT 4 CONTENTS 11 | I podcast di Steve Forbes Steve Forbes 12 | Lo skipper di terra Andrea Giacobino 14 | L’alchimista della tv Marino Bartoletti FRONTRUNNER 17 | Servizio milionario 22 | La casa dei giochi 24 | L’inclusione vien innovando 26 | L’inventore dei sogni 29 | I podcast di Forbes Italia NEWS 30 | Innovation people Giovanni Iozzia 31 | Forbes silicio Gabriele Di Matteo 32 | Social responsibility Enzo Argante 33 | Space news Emilio Cozzi
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FORBES.IT FEBBRAIO, 2023 6 CONTENTS QUALITY LEADER 73 | Cambiare maglia Federico Morgantini 76 | Largo ai giovani Andrea Celesti 77 | Piccolo è bello Francesca Vercesi
STORIES 79 | Passaggio di testimone Raffaella Galamini 82 | Il Virgilio della burocrazia Raffaella Galamini 84 | La prevenzione in un’app Roberta Anati 86 | Il network dei migliori Danilo D’Aleo UNDER 30 88 | Cuore e passione Massimiliano Carrà e Matia Venini HEALTHCARE 101 | Un futuro limpido Elisa Serafini 104 | La salute che cambia Lucio Torri SMALL GIANTS A cura di Piera Anna Franini 109 | Lana per sempre 112 | La Biella che si reinventa DESIGN A cura di Valentina Lonati 115 | Trame sostenibili 118 | Sartoria industriale FORBES LIFE 121 | La montagna incantata Alessia Bellan 126 | La bici va forte d’inverno Matteo Rigamonti LIVING 127 | Milano Alessia Bellan 128 | Roma Mara Cella 129 | New York Aka Sarabeth 130 | Pensieri e parole Grandi ricchezze 121 88 109 127 BRANDVOICE a cura di Santo Trovato 106 | Costruire un business col sorriso
GOOD

8 FORBES

FEBBRAIO, 2023 | VOLUME 64

Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017

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Strategy editor: Marino Bartoletti, Andrea Giacobino

Managing editor: Daniel Settembre

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WRITERS

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Smart mobility: Giovanni Iozzia

Style: Susanna Tanzi

Technology: Gabriele Di Matteo

Space economy: Emilio Cozzi

Responsibility: Enzo Argante

Fashion: Eva Desiderio

Londra: Angela Antetomaso

Hong Kong: Federico Morgantini

Contributors: Roberta Anati, Alessia Bellan, Patrizia Caraveo, Andrea Celesti, Mara Cella, Danilo D’Aleo

Piera Anna Franini, Raffaella Galamini, Davide Lizzani, Valentina Lonati, Francesco Nasato, Cosimo Maria Palleschi, Marzia Papagna, Aka Sarabeth, Elisa Serafini, Lucio Torri, Matia Venini, Francesca Vercesi

Grafica: Filippo Scaglia, Patrizia Terragni

Stampa: Elcograf Spa - via Mondadori, 15 - 37131 Verona

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Sidelines

Il futuro è di chi lo immagina

Una nuova generazione di imprenditori si è affacciata sul mercato con atteggiamenti e idee nuove. Più aperte, coinvolgenti, resilienti (una parola che oggi va molto di moda ma piena di sostanza), anche di visione, non più ancorate alle filosofie della satira spietata del Milanese Imbruttito con “fatturato, fatturato, fatturato”. Si prende coscienza della responsabilità sociale dell’impresa. E quello che fa più piacere è che il messaggio viene da Riccardo Di Stefano, imprenditore giovane (non ha ancora 40 anni), meridionale (è siciliano), rappresentante dei Giovani imprenditori di Confindustria (è il presidente). Riccardo è un imprenditore che incarna tante caratteristiche di questa nuova leva: ha un percorso familiare legato all’imprenditoria però, alla fine, la sua azienda se l’è creata da solo. In sostanza porta avanti cultura e tradizione ma si è proiettato nell’innovazione proprio con le sue scelte imprenditoriali. Forbes lo ha scelto come personaggio di copertina per questo numero, non solo per la sua storia di successo, ma anche perché Di Stefano è il sostenitore di un ‘manifesto’ chiamiamolo così, composto da cinque punti, che guardano all’impresa ma anche e soprattutto al Paese:

1) Rafforzare il Family act dismettendo il principio universalistico e investendo con forza nelle famiglie a basso e medio reddito.

2) Approntare un mix di misure non economiche che incentivino modelli alternativi di accudimento, anche in condivisione fra più famiglie o rapporti di vicinato, per liberare le donne dagli oneri di cura.

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3) Estendere le tutele alla genitorialità in modo universale a tutti i genitori nelle fasce di reddito medio e basso. A tendere, lo Stato dovrà trovare delle formule adeguate a sostenere in maniera condivisa e responsabile i costi. Superare le distinzioni fra uomo e donna nell’accesso alle tutele per una parità finalmente sostanziale.

4) Riformare profondamente le politiche attive e il segmento del reddito di cittadinanza legato alla reimmissione nel mercato del lavoro. È cruciale che chi può torni a lavorare.

5) Investire nelle competenze lungo tutto il percorso di vita, dalla formazione di base ai dottorati: per aumentare la produttività, per favorire la mobilità fra settori, per trasformare la ricerca in prodotti e processi.

È una visione moderna che non riguarda più il rapporto otto-novecentesco tra i padroni e i proletari, ma quello tra i produttori e i consumatori. Le nuove classi della società però non possono stare su sponde diverse e stabilmente conflittuali ma hanno bisogno di incontrarsi, contaminandosi, nello stato sociale, nell’istruzione, nella ricerca, nell’innovazione, nella condivisione, nel futuro. I nuovi imprenditori, non importa l’età ma contano i fatti, hanno aperto una strada diversa e impervia ma lastricata di speranza e di visione. Il successo non è mai in discesa e il futuro ha bisogno di chi lo immagina F FEBBRAIO,

2023 FORBES.IT
— ALESSANDRO ROSSI, DIRETTORE MUSK LA LEGGE DEL PIÙ FORTE SMALL GIANTS, LA VIA DELLA LANA GLI INNOVATORI DEL FISCO Classifiche Le 25 sportive più pagate INCHIESTA L’INVERNO DELLE STARTUP GIOVANI IMPRENDITORI CRESCONO

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FACT & COMMENT

I podcast di Steve Forbes

LO SCANDALO DELL’ALZHEIMER: PERCHÉ NON C’È ANCORA UNA CURA?

La malattia di Alzheimer affligge più di sei milioni di americani e il numero sta per raddoppiare. Tuttavia, anche se questa malattia è stata descritta dallo psichiatra Alois Alzheimer all’inizio del 1900, i progressi nella lotta contro di essa sono stati quasi inesistenti. Questa puntata di What’s Ahead sottolinea come la cosa scandalosa sia che per decenni i ricercatori si sono concentrati quasi esclusivamente sull’ipotesi sbagliata. Non solo, ma la ricerca di strade alternative è stata attivamente scoraggiata. L’opinione prevalente tra gli scienziati ha prevalso in modo disastroso.

LA COSTOSA E DANNOSA VERITÀ SUI VEICOLI ELETTRICI

L’amministratore delegato di Toyota è stato recentemente attaccato quando ha espresso una seria critica alla corsa dell’industria automobilistica verso i veicoli elettrici dicendo: “Non dovremmo limitarci a una sola opzione”. Questa puntata di What’s Ahead spiega perché ha ragione. Contrariamente a quanto si dice, i veicoli elettrici non sono amici dell’ambiente. Una tipica batteria Ev da 450 chili, per esempio, comporta l’estrazione e la lavorazione di circa 226 tonnellate di terra. Le energie rinnovabili richiedono quantità mostruose di nuove estrazioni. Il freddo limita fortemente o addirittura annulla le prestazioni delle batterie dei veicoli elettrici. L’aumento dell’elettricità per ricaricare tutti questi veicoli metterà a dura prova una rete elettrica già traballante. Inoltre, una scomoda verità è che la maggior parte delle persone non vuole i veicoli elettrici. I veicoli elettrici fanno parte del futuro, ma è evidente che non sono il futuro.

IL FUTURO DELL’UCRAINA DIPENDE DA UNA DECISIONE CHIAVE CHE SOLO BIDEN PUÒ PRENDERE

L’amministrazione Biden non ha ancora compreso appieno la posta in gioco nell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Questo episodio di What’s Ahead spiega perché qualsiasi cosa che non sia una netta sconfitta di Putin significherà una crescente minaccia per la nostra sicurezza e per quella del mondo libero. Nonostante le gravi sconfitte sul campo di battaglia, la Russia detiene ancora più territorio di quello che aveva quando ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022, eppure la Casa Bianca lascia intendere che vuole che Kiev accetti un cessate il fuoco, che darebbe a Putin aree in cuipreparare futuri assalti. Biden dovrebbe invece dare all’Ucraina ciò di cui ha bisogno per respingere completamente l’invasore e dimostrare a qualsiasi avversario, soprattutto alla Cina, che l’aggressione non paga. F

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What’sAheadè il podcast di Steve Forbes che fornisce intuizioni, opinioni e visioni per rimanere al corrente di ciò che sta accadendo in questo mondo sempre più turbolento.
Le puntate si possono ascoltare su YouTube e Spotify e vanno in onda il martedì, il giovedì e il venerdì

Lo skipper di terra

I problemi energetici e di forniture hanno ribadito l’importanza dell’agricoltura. Federico Vecchioni l’ha sempre avuta presente. Dopo avere ristrutturato l’azienda di famiglia, da amante della vela ha capito quando il vento era favorevole alla sua più grande avventura: quella delle storiche Bonifiche Ferraresi

Prima una pandemia che, oltre a mietere milioni di vittime, ha avuto tra le sue principali conseguenze il blocco della grande ed efficiente supply chain mondiale, con ripercussioni sulla disponibilità di beni e materie prime di ogni genere, anche alimentari. Poi un conflitto nel continente europeo che ha stravolto qualsiasi agenda o piano di ripresa. Questa volta a preoccupare, oltre al dolore per le vittime civili e ai milioni di profughi, per la maggioranza donne e bambini, vi sono gli aspetti legati all’approvvigionamento energetico.

Chi può concorrere al miglioramento sia dell’approvvigionamento alimentare che di quello energetico? Ebbene sì, la grande agricoltura. Nei primi mesi del 2020, quando in Italia si analizzavano i primi dati sull’impatto della pandemia, Federico Vecchioni, amministratore delegato e azionista tramite il suo club deal Arum del gruppo Bf, leader agroindustriale italiano quotato in Borsa, faceva osservare con responsabilità, ma anche con molto orgoglio: “Immaginatevi cosa sarebbe accaduto se sugli scaffali dei supermercati o nei negozi di prossimità fossero mancati i prodotti alimentari come la pasta, il riso, la frutta, la verdura, ecc”. E il pensiero andò immediatamente alle rivolte del pane che hanno attraversato la storia dell’umanità.

Classe ’67, laurea in scienze agrarie all’Università degli Studi di Firenze, nato a Padova, papà Roberto ordinario di chirurgia generale presso la facoltà di Medicina di Verona e la mamma Gabria farmacista, Federico Vecchioni, sposato, due figlie, la centralità del mondo agricolo ce l’ha sempre avuta ben chiara. Terminati gli studi, ha gestito la ristrutturazione della storica azienda agricola di famiglia, Tenuta Il Cicalino (oggi parte del gruppo Bf), che si estende nella provincia di Grosseto tra i comuni di Massa Marittima e Follonica, con un approccio tecnologico e manageriale, facendola diventare, per nume-

ro di olivi, uno dei produttori privati più importanti in Toscana. Ha percorso inoltre la carriera da dirigente nel mondo della rappresentanza occupando le massime ca riche, prima a livello locale e poi a livello nazionale, nel mondo associazionistico agricolo.

Si è arrivati così al 2014, quando, sfruttando sicura mente la sua esperienza da velista (altra sua passio ne), ha compreso che ci sono tutte le condizioni ‘mete orologiche’ per avviare quello che possiamo definire il suo progetto professionale più importante: “Creare il campione nazionale per l’agroindustria”. Alla guida di un gruppo di investitori italiani (finanziari e industria li) e con la presenza dei Consorzi pro mossa da Coldiretti, ha rilevato da Banca d’Italia la storica Bonifiche Ferraresi. Fondata nel 1870, nel 2014 l’azienda aveva ancora 5.500 dei suoi 29mila ettari e conti nuava a essere la più grande azienda agri cola italiana per Sau (Superficie agricola utilizzata). Da allora l’azienda è passata dall’essere un’azienda agri cola tradizionale a piattaforma agritech al servizio del Paese, fondata sul presidio della terra, la conoscenza e i servizi ad alto valore aggiunto.

“La centralità dei progetti alimentari è oggi strettamen te legata alla disponibilità di un patrimonio fondiario e quindi di terra coltivabile”, dice Vecchioni. Oggi Bf con trolla infatti con proprie società tutta la filiera alimentare, dal genoma allo scaffale, passando dalla proprietà della terra (oltre 11mila ettari in Italia), impianti industriali di trasformazione come pastifici, riserie, mulini, i servizi al mondo agricolo con Cai (Consorzi Agrari d’Italia), fino al prodotto finito con il brand di proprietà Le Stagioni d’Italia. In numeri: da 9 milioni di euro a un consolidato che quest’anno supererà il miliardo di euro, con una capitalizzazione oltre i 700 milioni. “E tutto questo sette anni fa non era scontato”, ricorda a chi lo ascolta.

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di Andrea Giacobino
FINANCIAL PICTURE
Sotto la sua guida, Bonifiche Ferraresi si è trasformata da azienda agricola tradizionale a piattaforma agritech al servizio del Paese, fondata sul presidio della terra, la conoscenza e i servizi ad alto valore aggiunto

per gli utilizzi in agricoltura), nel quale ogni anno passano gli studenti di quasi tutti gli atenei più importanti d’Italia. E poi ci sono i progetti più recenti, come la joint venture con Eni nata un anno fa per produrre, a partire da sementi come il cartamo e la brassica, olio vegetale da conferire alle bioraffinerie di Eni, per la successiva trasformazione in biocarburanti, recuperando terre no food abbandonate perché inquinate o predesertiche. Sempre di recente nascita è l’iniziativa con il fondo Gardant per il recupero di ettari nazionali oggi abbandona-

ti. Perché oggi, dice Vecchioni, “abbiamo in Italia 12,8 milioni di ettari di superficie agricola utilizzabile, alla fine degli anni ’70 erano circa 28 milioni”.

Avendo imparato a conoscere l’uomo, il gruppo continuerà a crescere perché, come stiamo constatando, “la fase storica, economica e geopolitica che stiamo vivendo ha rimesso al centro l’agricoltura non solo nell’economia dei paesi avanzati, ma in tutti i paesi”. Ma soprattutto perché lo skipper Vecchioni sta portando, insieme a importanti azionisti (tra cui Sergio Dompé e il network agroindustriale italiano, con grandi nomi come Farchioni, Antolini e Cremonini) e alla competenza dei suoi collaboratori, la barca Bf verso nuove terre, spinta dal vento delle idee alla base dei nuovi progetti. F

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FEBBRAIO, 2023
Federico Vecchioni

CELEBRITY PICTURE

L’alchimista della tv

Ha trasformato in oro la fascia oraria più ostica per i palinsesti, quella del primo mattino. Con Viva Rai2!, Fiorello ha dimostrato di non avere perso la sua spinta propulsiva. A 62 anni sfugge ancora a qualsiasi definizione: alla base del suo successo ci sono solo entusiasmo e uno smisurato talento

Rosario Fiorello più che un uomo è un format vivente, con un pubblico al seguito che non ha problemi a cambiare fuso orario pur di stargli vicino. Più che un ideatore di buone e originali cose televisive è un vero e proprio Re Mida che è riuscito a trasformare in una miniera d’oro persino la fascia televisivamente più ostica che esista, e cioè quella del primo mattino, quando gli unici ‘clienti utili’ erano al massimo i bambini da tenere buoni con i cartoni animati.

Era dai tempi dei fagioli di Raffaella Carrà (e cioè da quasi 40 anni) che in tv non si inventava una nuova ‘quota mercato’: allora fu il mezzogiorno e dintorni che strappò milioni di casalinghe (ma non solo loro, per la verità) alle faccende domestiche e alle dediche radiofoniche. Adesso l’Eldorado è diventato l’inedito range che inizia alle sette e che accompagna il Paese verso l’ufficio e la scuola (con tanto di accertati ritardi nell’uno e nell’altro caso, perché spesso prevale la voglia di vedere come va a finire).

I numeri parlano di un incremento esponenziale di share che su Rai Due in quel periodo raramente andava oltre all’1% e che ora si è attestato stabilmente al di sopra del 15%. Un pubblico in buona parte sottratto a Rai Uno, rimasta vittima dell’ostracismo dei giornalisti del Tg 1 che non hanno voluto dividere un solo minuto con Fiorello (come diceva Italo Calvino?

“Se alzi un muro, pensa sempre a cosa lasci fuori”) e in parte proprio alla creazione di un bacino di utenti che mai avrebbero pensato di vedere la televisione a quell’ora. Insomma Viva Rai2! in poco più di mese di vita si è trasformata non solo in un inedito mor -

ning show , ma in un’autentica pietra filosofale della storia della televisione. E il tutto - non va sottovalutato - rigorosamente in diretta.

Non male per un inossidabile ragazzo che veleggia verso i 63 anni e che più volte si era - incautamente - ipotizzato che avesse esaurito la propria spinta propulsiva. O perlomeno la voglia di tornare ad alzare l’asticella. Non male per un ex animatore della Valtur (peraltro straordinaria e spontanea incubatrice di talenti) che era già felice del fatto di aver raggiunto un impiego stabile nei villaggi del Mediterraneo, andando oltre la sua assunzione come aiuto cuoco e il suo successivo upgrade come cameriere (e beati quelli - e soprattutto quelle - che all’epoca se lo ritrovavano al tavolo… gratis).

Sono ben più di 30 anni che illustri esegeti dello spettacolo cercano, se non di etichettare, almeno di capire che cosa ci sia alla base del fenomeno-Fiorello. E ogni volta le loro definizioni più o meno azzeccate, più o meno colte, più o meno illuminanti, si infrangono regolarmente contro l’irregolarità artistica del diretto interessato, alla base del cui successo ci sono semplicemente uno smisurato talento personale (neanche tanto coltivato, per la verità) e il mai appassito entusiasmo nell’esercitarlo.

Difficilmente un ‘artista della sera’ ha le attitudini e i bioritmi per essere imbattibile anche nelle ore del mattino (ce lo avreste visto Walter Chiari, da molti ritenuto il suo punto di riferimento, alzarsi alle quattro per far ridere la gente?). E invece Rosario Tindaro Fiorello ha reso fallace anche questo dogma dello spettacolo. Non c’è ora del giorno che gli possa

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Lo share di Rai Due la mattina presto andava raramente oltre l’1%. Ora si è attestato stabilmente al di sopra del 15%. Un pubblico in parte sottratto a Rai Uno, in parte frutto della creazione di un bacino di utenti che mai avrebbero pensato di vedere la televisione a quell’ora

resistere! Ormai, dal punto di vista televisivo, è diventato come il leggendario passaggio a nord-ovest: quasi il punto di saturazione fra Marzullo e il nuovo giorno che inizia (“Un giorno in più per amare, per sognare, per vi vere”: citazione originale).

Come detto Viva Rai2! doveva essere un Viva Rai1! o qualcosa del genere (per l’esattezza Via Asiago 10 , dall’indirizzo della storica sede della radio di Stato), ma le ‘incomprensioni’ con i giornalisti del Tg1 (che hanno poi cercato tardivamente di rimontare con una lettera un po’ patetica) hanno fatto dirottare il progetto sulla rete sorella: stesso gazebo, o meglio stesso glass box (con pedana sul tetto), stesso cast di ospiti fissi, stessi storici autori, stesso format e ovviamente stessissimo Fiorello che, già fre sco e tonico, dà la sveglia all’Italia come non era mai capitato nell’ormai settantennale storia della nostra televisione. Ma al di là della rasse gna stampa a modo suo (certamente meno no iosa, ma non per questo meno efficace di alcune rubriche analoghe della stessa ora), al di là delle piccole rubriche fisse (in alcune della quali si di verte soprattutto lui), al di là di divertenti coro grafie (nella quali lo stesso Fiore si butta spesso con generosità), la grande forza è la varietà degli ospiti: alcuni prestigiosi sin dall’inizio, altri che si sono già candidati a mettere la sveglia pur di essere presenti prima possibile. Perché ‘andare da Fiorello’ sta già cominciando a fare status. E pensare che all’inizio della sua carriera aveva dovuto subire una - come dire? - bocciatura illu stre. Portato davanti a Pippo Baudo, quello che ha inventato tutti, venne scartato. “Semplicemente”, spiega ancora Pippo, “perché gli chiesi di fare un provino di cinque minuti e invece lui lo fece di 50. Non si fermava più. Gli dissi: ‘Saresti adattissimo a presentare Fantastico, ma per quest’anno credo che lo farò ancora io’. Presi la più grande cantonata della mia vita”.

“Pippo è un padre per me”, commenta ancora Rosa rio, senza alcun rancore. E accarezza la sua sveglia. Che, per la nostra gioia, trillerà sino a maggio.

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Fiorello sul palco dell’Ariston, insieme a Ornella Muti e Amadeus, durante il Festival del 2022. Sotto con la moglie Susanna Biondo e in basso a Viva Rai2! con Fabrizio Biggio. GETTYIMAGES GETTYIMAGES

L'assistente perfe�o per la conservazione degli alimen�

haier.it

WHO’S NEXT

Con un guadagno di 51,1 milioni di dollari negli ultimi 12 mesi, Naomi Osaka è ancora una volta la sportiva più pagata del mondo. Sul podio la collega tennista Serena Williams e la sciatrice Eileen Gu. In totale le 25 atlete hanno incassato 285 milioni di dollari

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17 FRONTRUNNER FORBES.IT
FEBBRAIO, 2023

Serena Williams si distingue in molti modi . Non solo per i suoi 23 titoli del Grande Slam in singolare, ma anche per i 94,8 milioni di dollari di montepremi

raccolti in carriera: più del doppio della seconda cifra più alta del Wta Tour e più del quadruplo del record per il Lpga Tour. Con un guadagno totale in carriera di 450 milioni di dollari, comprese le sponsorizzazioni e altre attività commerciali, è anni luce avanti a qualsiasi altra atleta donna. La buona notizia, tuttavia, è che, dopo aver aperto la strada e aiutato altre atlete a guadagnare di più, potrebbe non essere più

LE 25 SPORTIVE PIÙ PAGATE DEL MONDO

18 FRONTRUNNER FEBBRAIO, 2023 FORBES.IT
1. Naomi Osaka TENNISTA 51,1 milioni di dollari 2. Serena Williams TENNISTA 41,3 milioni di dollari 3. Eileen Gu SCIATRICE 20,1 milioni di dollari 4. Emma Raducanu TENNISTA 18,7 milioni di dollari 5. Iga Świątek TENNISTA 14,9 milioni di dollari 6. Venus Williams TENNISTA 12,1 milioni di dollari
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7. Cori Gauf TENNISTA 11,1 milioni di dollari
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Eileen Gu Venus Williams

un’eccezione. La collega Naomi Osaka si è unita a lei nella lista dei 50 atleti più pagati al mondo - sono le uniche due donne - e l’ha superata in termini di guadagno annuo a partire dal 2020. Ora un nuovo gruppo di stelle dello sport con un’ottima potenzialità di mercato sta maturando e sta guadagnando milioni. Otto delle atlete più pagate del 2022 hanno infatti guadagnato almeno 10 milioni di dollari, il doppio rispetto a un anno fa. E da quando Forbes ha introdotto questa classifica,

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8. Simone Biles GINNASTA 10 milioni di dollari 9. Jessica Pegula TENNISTA 7,6 milioni di dollari 10. Minjee Lee GOLFISTA 7,3 milioni di dollari 11. Candace Parker GIOCATRICE DI BASKET 7,2 milioni di dollari 12. P.V. Sindhu GIOCATRICE DI BADMINTON 7,1 milioni di dollari 13. Leylah Fernandez TENNISTA 7 milioni di dollari 14. Lydia Ko GOLFISTA 6,9 milioni di dollari 15. Ons Jabeur TENNISTA 6,5 milioni di dollari 16. Paula Badosa TENNISTA 6,2 milioni di dollari 17. Lexi Thompson GOLFISTA 5,9 milioni di dollari 18. Jin Young Ko GOLFISTA 5,8 milioni di dollari
19 FRONTRUNNER
Garbiñe Muguruza

nel 2008, è la prima volta che più di sette donne raggiungono questo traguardo. Ci sono anche quattro new entry nella lista: la sciatrice di freestyle Eileen Gu e le campionesse di tennis Emma Raducanu, Iga Swiatek e Coco Gauff. Complessivamente, nel 2022 le 25 atlete più pagate al mondo hanno incassato 285 milioni di dollari al lordo delle tasse e dei compensi degli agenti. Le prime dieci hanno guadagnato 194 milioni di dollari, con un aumento del 17% rispetto alla top ten del 2021, che aveva raggiunto il record di 167 milioni di dollari. Con 51,1 milioni di dollari di guadagno, Osaka è al primo posto per il terzo anno consecutivo, seguita da Williams con 41,3 milioni di dollari. F

20 FRONTRUNNER FEBBRAIO, 2023
FORBES.IT
19. In Gee Chun GOLFISTA 5,7 milioni di dollari 20. Alex Morgan CALCIATRICE 5,7 milioni di dollari 21. Megan Rapinoe CALCIATRICE 5,7 milioni di dollari 22. Brooke Henderson GOLFISTA 5,4 milioni di dollari 23. Nelly Korda GOLFISTA 5,4 milioni di dollari 24. Caroline Garcia TENNISTA 5,2 milioni di dollari
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25. Garbiñe Muguruza TENNISTA 5,2 milioni di dollari Nelly Korda Alex Morgan

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Capitale a rischio. Il valore degli investimenti e il reddito che ne deriva possono crescere così come diminuire, e non sono garantiti. Gli investitori potrebbero non rientrare in possesso dell’importo inizialmente investito.

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Messaggio Promozionale: Prima dell’adesione leggere il Prospetto e il KIID disponibili su www.ishares.com/it, che contengono una sintesi dei diritti degli investitori.

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Informazioni importanti. Predisposto da BlackRock (Netherlands) B.V.. BlackRock (Netherlands) B.V. è autorizzata e regolamentata dall’Autorità olandese per i mercati finanziari. Sede legale Amstelplein 1, 1096 HA, Amsterdam, Tel: 020 – 549 5200, Tel: 31-20-549-5200. Numero di registro commerciale 17068311. A tutela dell’utente le telefonate potranno essere registrate. La politica di gestione dei reclami di BlackRock è disponibile in italiano e consultabile al sito www.blackrock.com/it/investitori-privati/ literature/investor-education/politica-gestione-reclami-sito-retail-italia-maggio2022.pdf.

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LA CASA DEI GIOCHI

come un oratorio. Un oratorio digitale” dice uno, mentre l’altro gli sogghigna di fianco. Uno è Bernardo Corradi e l’altro, il sogghignatore, è Christian Vieri. Parlano di sport e videogiochi, intesi come ambiti senza più un confine, senza più una soluzione di continuità. Parlano della loro impresa più recente, Plb World, l’entertainment hub in centro a Milano con cui i due campioni puntano ad approcciare l’e-sport alla loro maniera. Un hub,

sì, ma non solo, cosa su cui si tornerà a breve.

Perché intanto, che fra vero e virtuale la demarcazione sia una quisquilia accademica, è un’osservazione quasi ovvia. Quando a spiegarne i come e i perché, però, sono Bobo e Bernardo, conviene l’accademia si accomodi. Per prendere appunti. “Siamo cresciuti in un mondo in cui, invece dei device, c’era il pallone. Si giocava con quello”, dice Corradi, che oggi è anche commissario tecnico della Nazionale Under 17. “Adesso è l’opposto, l’offerta per le nuove generazioni è tanto

vasta da impressionare. Per dire, i miei figli conoscono il calcio attraverso la sua simulazione, trascorrono i pomeriggi a gareggiare, inneggiano a campioni che hanno un pad in mano, non la palla fra i piedi. Con Bobo tentiamo di fornire alle nuove generazioni gli strumenti necessari per capire la tecnologia e per utilizzarla in modo consapevole”. Lo spettro è ampio, ma l’intenzione precisa. Da anni e con una crescita inarrestabile il gaming competitivo, l’e-sport appunto, accumula proseliti come fosse un culto globale,

roba per cui anche il Super Bowl, ormai, ne invidia ascolti e profilazione. Cosa meno evidente, però, è che al di là dei numeri da fuochi d’artificio, dietro ai gamer superstar, ma anche alla logistica di un torneo, il lavoro e la competenza abbondano ed esigono talento, dedizione, sacrifici; non meno di una qualsiasi carriera nello sport tradizionale, quello non virtuale. Ecco perché la versione di Bernardo e Bobo è importante. La loro Plb, acronimo di ‘Power, Leadership, Balance’, punta

22 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
Christian Vieri e Bernardo Corradi si lanciano negli e-sport. Per farlo hanno creato Plb World, un entertainment hub dotato di infrastrutture da professionisti, ma pensato per ragazzi che vogliono capire la tecnologia e usarla in modo consapevole. “Senza buoni risultati a scuola, non si entra”
È

a essere un ponte fra gli appassionati e gli aspiranti professionisti. Cosa nuova, e non solo in Italia, è che fin dalla sua fondazione, nel 2020, Plb non si racconti come un team competitivo – una ‘org’, in gergo -, ma come un’occasione e un luogo di incontro, in cui trovare strumenti, conoscenze, supporto e opportunità per affermarsi. “Sia chiaro, il talento non si inventa”, dice Vieri, “Messi l’avresti riconosciuto anche a sette anni. Ma arrivare a competere ai massimi livelli ha imposto a noi e impone alle nuove generazioni disciplina, allenamento, controllo. Un processo educativo che, in una parola, si potrebbe tradurre con consapevolezza. Diventare ottimi giocatori non significa stare otto ore davanti a un computer”. E non è un caso che la gaming house milanese, aperta al pubblico e dotata di bar ristorante al primo piano, rimarrà chiusa la mattina:

“La mattina si va a scuola”, chiarisce Corradi, “e, senza buoni risultati scolastici, sarà preclusa la nostra academy”, per il resto orientata al massimo dell’inclusività.

“Il nostro obiettivo, in fondo, è diventare il tramite ideale per chi, magari, invece di sognarsi campione, potrebbe orientarsi al mental coaching, voler diventare allenatore, organizzatore, content creator, oppure tutt’altro. Con Plb vorremmo trasmettere l’importanza dell’impegno e della conoscenza, senza lo stress cui eravamo sottoposti in campo”. Motivo per cui, ispirata a modelli healty sport, Plb si

FEBBRAIO, 2023

avvarrà di mental coach e addirittura di posturologi esperti. E sebbene la sua lezione non riguardi solo l’ambito videoludico o digitale, l’hub sfoggia un’infrastruttura degna dei pro gamer di punta, già tali o in divenire: partner come ManPower, Ak Informatica e InternetOne – che, giubilino i nerd, garantiscono una connessione da 2,5 gigabit al secondo simmetrico – hanno permesso di realizzare uno spazio di oltre 700 metri quadrati distribuiti su due piani, dotato di 24 postazioni pc per gaming, nove simulatori racing di ultima generazione e sei console PlayStation 5 con schermo dedicato. È il nirvana per chi punti, creando un luogo di aggregazione, a promuovere e sviluppare attività di accessibilità e inclusione sociale. Che poi è il valore aggiunto

e riconosciuto anche dai partner della prima ora: “Ci abbiamo creduto dall’inizio”, conferma Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup. “Siamo saliti a bordo tre anni fa, perché avevamo la necessità di valorizzare le competenze dei videogiocatori, fortemente convinti sia un potenziale che possa essere integrato in un mondo del lavoro che oggi vive uno dei più elevati talent shortage di sempre”. Secondo il Rapporto sugli e-sport in Italia 2022, commissionato a Nielsen da Iidea – l’associazione di categoria – nel nostro Paese sono 475mila le persone che dichiarano di seguire eventi competitivi ogni giorno. Più di un milione e 620mila, se si conta anche chi segue eventi e-sport più volte alla settimana. Il numero è stabile rispetto alla rilevazione precedente, ma segna un consolidamento della passione da parte di chi l’ha sviluppata durante gli anni della pandemia. Si

tratta di un target perlopiù maschile (63%), con un’età media di 28 anni, un livello di istruzione e un reddito superiori alla media nazionale. In sintesi, un fenomeno non marginale, ma ancora immaturo, soprattutto se paragonato ai dati di crescita extranazionali. Viene da chiedere quanto, in questo quadro, Plb sia sostenibile economicamente: l’orizzonte è fondare un team in grado di contendere i montepremi milionari all’estero?

“Tutt’altro”, risponde Vieri, che peraltro proprio dalla gaming house d’ora in poi trasmetterà la sua Bobo Tv. “Come suggerisce il nome, Plb World, è il mondo che ci interessa. Non è escluso che molto presto replicheremo l’esempio di Milano altrove. Questa è solo una finestra, o la punta di un iceberg”. E quando Bobo parla sogghignando, pare sia bene prenderlo sul serio. F

FRONTRUNNER 23 FORBES.IT
Bernardo Corradi (a sinistra) e Christian Vieri potrebbero presto aprire altre gaming house dopo quella a Milano.

L’INCLUSIONE VIEN INNOVANDO

QuestIT, azienda toscana nata come spin-off dell’Università di Siena, ha lanciato il primo avatar in grado di parlare la lingua dei segni. Arriverà sul mercato entro il 2023. “Il compito della tecnologia? Rendere la società più accessibile per tutti”

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Inps, sul territorio italiano sono presenti circa 43mila persone sorde. Numeri che certificano una comunità molto importante, spesso vittima di luoghi comuni ormai radicati, con una sua espressione e una sua cultura. Un primo passo in direzione di una maggiore integrazione dei sordi nella società è stato

il riconoscimento della Lis (Lingua italiana dei segni) come una lingua ufficiale, avvenuto, dopo decenni di battaglie, nel maggio del 2021. Al giorno d’oggi la Lis è conosciuta da circa 100mila persone in tutta Italia. Oltre che ai non udenti, il linguaggio dei segni è utile anche a bambini e soggetti con disturbi della comunicazione, come autismo e sindrome di Down, per i quali l’uso

della lingua vocale risulta difficile. Dopo il riconoscimento formale, il passo successivo è quello di promuoverne la diffusione su tutti i livelli, partendo dalla formazione scolastica e accademica, ma anche dal suo utilizzo in banche e uffici pubblici. In questa direzione va l’ultima innovazione di QuestIT, company tecnologica toscana nata come spinoff dell’Università di Siena, che ha sviluppato

il primo avatar in grado di interpretare e parlare la Lis. Si tratta di un assistente virtuale dotato di intelligenza artificiale sviluppato con le più moderne tecnologie sensoriali, che gli permettono di replicare con altissima accuratezza i movimenti del linguaggio dei segni. Può essere installato su computer, tablet, smartphone e totem, da dove, attraverso una webcam, si interfaccia

24 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
di Matia Venini

L’avatar di QuestIT, che può essere installato su pc, tablet, smartphone e totem, analizza le espressioni facciali e i movimenti dell’utente per poi rispondere.

con gli utenti. Una volta che questi si presentano dinanzi allo schermo e iniziano a interagire, l’avatar ne analizza le espressioni facciali e i movimenti per poi rispondere. In questo modo è in grado di fornire consulenze a seconda del contesto di riferimento. Se è vero che a volte la traduzione può risultare non perfettamente corretta (possono infatti incidere movimenti poco precisi o altre persone che entrano nell’obiettivo della telecamera), la risposta fornita agli utenti è invece sempre precisa. Per realizzare l’avatar, Questit si è avvalsa della collaborazione del Santa Chiara Fab Lab dell’Università di Siena, dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), del gruppo per lo studio e l’informazione della Lingua dei segni italiana e della comunità sorda, coinvolta fin dalle prime fasi di sviluppo del progetto.

“Abbiamo lavorato a questo assistente virtuale per due anni, concentrandoci sull’aspetto della machine learning”, racconta Ernesto Di Iorio, ceo di QuestIT.

“Abbiamo ereditato studi precedenti fatti dal Cnr e dall’Università di Siena”. D’altronde l’ateneo toscano

è da tempo impegnato nella sensibilizzazione e nella diffusione della Lis e nel 2019 ha lanciato il Laboratorio di lingua dei segni italiana. “C’è tanta disinformazione attorno alla comunità sorda”, spiega Patrizia Marti, responsabile scientifico del Santa Chiara Fab Lab dell’Università di Siena.

“Si pensa che le persone sorde siano tutte uguali, o che non sappiano parlare. L’unica cosa da fare è integrarli al meglio nella società. Rendere i servizi accessibili a tutti i cittadini è anche un obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile dell’Onu”. Il tema dell’inclusività è anche ciò che più sta a cuore al Cnr e che più ha spinto l’ente di ricerca a partecipare alla realizzazione

dell’avatar. “Il mio gruppo ha aderito con grande entusiasmo perché era il progetto giusto”, spiega Olga Capirci, dirigente dell’Istituto di Scienze e tecnologie della cognizione del Cnr. “Altri ci avevano provato, ma senza capire che realizzare un chatbot capace di parlare la Lis non era solo una questione di scienza. Il compito della tecnologia dovrebbe essere quello di rendere la società più accessibile per tutti. L’innovazione dovrebbe aiutare le persone che stanno male a stare bene, non quelle che stanno già bene a stare meglio”. L’avatar verrà lanciato sul mercato entro la fine del 2023, ma le aziende possono già chiedere una prova gratuita per testarne l’efficacia. L’assistente virtuale di QuestIT è stato

pensato per il mondo della pubblica amministrazione e dei servizi al cittadino, quindi poste, comuni e banche, ma la speranza dell’azienda è di allargarne la presenza. I campi di applicazione sono infatti potenzialmente infiniti: dall’organizzazione degli appuntamenti negli ospedali alla spiegazione di mostre o eventi culturali nei musei, fino al chiarimento di materie o singoli concetti nelle scuole o nelle aule universitarie. “Stiamo già lavorando sulla possibile evoluzione della tecnologia”, spiega Di Iorio. “L’obiettivo è quello di arrivare a un avatar capace di tradurre simultaneamente le parole in segni. Già oggi, dopo una prima fase di training, l’assistente virtuale è in grado di gestire le richieste di chi si rivolge a lui in totale autonomia”. Un altro obiettivo dell’azienda toscana, che ha un fatturato di quattro milioni di euro e una cinquantina di dipendenti, è quello di espandersi all’estero. La missione è aprire la prima sede straniera, in Francia, entro la fine del 2023. In questo processo il nuovo avatar avrà un ruolo chiave. Il linguaggio dei segni infatti non è universale. Ogni paese adotta una lingua specifica in base alla comunità di riferimento. Per questo motivo, una volta che l’assistente virtuale si consoliderà nel mercato italiano, QuestIT ha in programma di svilupparne versioni in altre lingue. F

FRONTRUNNER 25 FORBES.IT
FEBBRAIO, 2023

L’INVENTORE DEI SOGNI

Marc Lore ha fatto fortuna con aziende di e-commerce che ha venduto per miliardi di dollari. Proprietario di una squadra Nba, ora vuole costruire una città utopica da cinque milioni di abitanti nel deserto: su misura per pedoni e biciclette, solo veicoli autonomi per le strade e jet elettrici nei cieli

La parola greca telos, utilizzata e sviluppata nel suo significato soprattutto da Aristotele, si può tradurre come ‘scopo, obiettivo, fine’. Addirittura, con una forzatura linguistica, si può definirla come lo ‘scopo superiore’ a cui tendere nel corso della propria vita.

Il magnate Marc Lore ha deciso, nell’estate 2021, che il suo telos è quello di costruire da zero una città nel bel mezzo del deserto americano, con un investimento complessivo di 400 miliardi di dollari. E ci

sono già i primi rendering realizzati dallo studio di architettura Bjarke Ingels Group, la stessa società che ha creato il quartier generale di Google. Il nome scelto per la nuova

possibile creatura è Telosa e il progetto non è solo parole. Esiste già un sito ufficiale, con tanto di descrizione di tutti gli aspetti che animeranno questa sorta di utopia urbana che è

tale solo per chi non ne ha mai sentito parlare. Per Lore, infatti, il progetto è tremendamente concreto e ha solo bisogno della giusta spinta iniziale, economica, per sbocciare come un’oasi di civiltà nel deserto, climatico e forse anche sociale.

Parlando a Forbes nel luglio del 2021, lo stesso Lore ha descritto in toni entusiastici la sua idea di Telosa: “Sarà la città più sostenibile d’America. Sembrerà una vera città. Immaginate un incrocio tra Tokyo, New York e Stoccolma, che sfrutterà, rispettivamente, l’efficienza, la diversità e l’ambientalismo di ciascuna località”.

26 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
di Francesco Nasato Marc Lore

Insomma, un concentrato di eccellenza urbana, estesa per 106 km quadrati e in grado di ospitare una popolazione di cinque milioni di persone. Cittadini che godranno di un modello di gestione all’avanguardia: tutta la spazzatura sarà immagazzinata sottoterra, solo i veicoli autonomi saranno ammessi sulle strade, realizzate su misura per pedoni e biciclette, mentre i jet elettrici domineranno i cieli. Il terreno sarà di proprietà di una fondazione privata e le entrate derivanti da contratti di locazione su progetti commerciali e residenziali saranno incanalate nei servizi sociali di Telosa. La conclusione della prima fase progettuale è prevista entro il 2030. Estrarre qualcosa di valore dalla terra è stato il primo

desiderio da bambino di Marc Lore, nato a Staten Island. Come riporta Usa Today, Lore, figlio di un imprenditore che ha fondato una società di consulenza tecnologica e di una personal trainer e bodybuilder, sognava di fare l’agricoltore. Fu un imprenditore precoce già a scuola: con un compagno di classe creò una ‘startup’ di carte da baseball, acquistandole da grossisti e rivendendole a un prezzo maggiorato. Si iscrisse alla Bucknell University, in Pennsylvania, dove si laureò in gestione aziendale ed economia, prima di fondare la sua prima vera attività nel 1999: The Pit, un concorrente di eBay specializzato in carte collezionabili,

venduto per 5,7 milioni di dollari nel 2001.

Fiuto e talento imprenditoriali non sono mai mancati a Lore, che oggi è anche proprietario, insieme all’ex giocatore di baseball Alex Rodriguez, del 40% dei Minnesota Timberwolves della Nba. Ha fondato e poi venduto ad Amazon, per circa 550 milioni di dollari, una startup che contiene diversi e-commerce e siti online. Poi ha ceduto a Walmart, per 3,3 miliardi di dollari, un sito di e-commerce che offre sconti ai clienti quando acquistano articoli dagli stessi centri di distribuzione. Grazie a questa vendita Lore si è messo in tasca 477 milioni di dollari. Dal 2016 al gennaio 2021

è stato presidente e ceo di Walmart Us eCommerce. La sua assunzione da parte di Walmart, ha raccontato la Cnn, aveva lo scopo di aiutare a potenziare l’attività di e-commerce dell’azienda, per competere con Amazon. Obiettivo avvicinato, come dichiarato del ceo di Walmart Doug McMillon in un messaggio ai dipendenti. Nella comunicazione, McMillon ha ricordato come l’e-commerce fosse passato, sotto la gestione Lore, dai circa dieci milioni di articoli presenti al momento del suo arrivo agli oltre 80 milioni al momento della sua uscita. Da quel momento le energie del miliardario sono state tutte impegnate nel progetto di Telosa e in quello, avviato nella primavera del 2021 ancora insieme ad Alex Rodriguez, della società di venture capital Vision Capital People, nata, secondo quanto riportato dalla Cnbc, con una dotazione di 50 milioni di dollari. L’obiettivo finale, superioreil telos di Lore - resta Telosa. Secondo Forbes.com, l’intento è quello di iniziare con 30mila acri di terreno, area sufficiente a ospitare un milione di persone, per i quali sarà necessario un miliardo di dollari di investimenti. Poi ne serviranno altri nove per far decollare completamente il progetto. Richard Branson, Elon Musk e Jeff Bezos sono in corsa per conquistare lo spazio e guardano al cielo per le loro più grandi iniziative. Marc Lore, invece, preferisce puntare lo sguardo verso il basso e verso la terra. D’altra parte, da bambino, sognava di diventare un agricoltore. F

FRONTRUNNER 27 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023

I podcast di Forbes Italia C

ultura, musica, economia, attualità, spettacolo: ormai esiste un podcast per tutti i gusti! In mezzo a questa giungla di contenuti audio, Forbes Italia continua a portare avanti la sua missione: raccontare e scoprire le nuove voci del mondo imprenditoriale ed economico non soltanto attraverso lo scritto e le immagini, ma anche per mezzo delle parole dei protagonisti. Secondo l’ultimo report di Ipsos, multinazionale specializzata in ricerche di mercato, nel 2022 la quota di audience dei podcast è cresciuta dal 31% dell’anno scorso al 36%, con due milioni di ascoltatori in più. Dallo studio emerge inoltre che i fruitori sono giovani, istruiti, curiosi riguardo ai nuovi trend e sensibili verso le dinamiche della società contemporanea come ambiente e sostenibilità. Anche per questo Forbes Italia crede nei podcast per avvicinare le persone alla business community e per connettere i brand con un pubblico diverso, irraggiungibile dagli altri canali. Nuovi format ed episodi arricchiscono tutti i mesi il già ampio catalogo di podcast di Forbes Italia. Si possono ascoltare in qualsiasi momento nella sezione dedicata del sito forbes.it e sulle principali piattaforme di audiostreaming come Spotify, Google Podcast, Apple Podcast, Deezer e Spreaker. Buon ascolto! F

Interbrand Arenas

In un periodo storico in cui i consumatori hanno molto più potere dei brand, ciò che definisce un settore e ne delinea il confronto competitivo è completamente cambiato. Interbrand, società del settore branding, ha sviluppato il concetto di arene competitive, dove diversi marchi di differenti comparti si confrontano tra di loro. Ascolta gli ultimi due episodi: Arena Connect e Arena Move.

Patrimoni, Famiglie e Matrimoni

Il podcast, condotto dall’avvocato Armando Cecatiello, offre a tutti uno strumento per conoscere le possibilità date dalle normative nazionali e internazionali in tema di famiglia e di regimi patrimoniali, per di prendere decisioni consapevoli e ben ponderate e per tutelare se stessi e le persone care. Disponibili le due stagioni complete. Nella prima, di carattere più generale, si parla principalmente di modelli famigliari e regimi patrimoniali; la seconda invece è dedicata in maniera più approfondita al tema della crisi della famiglia.

Forbes 0.0

Istantanee dal futuro per la business community globale con tutte le trasformazioni in ambito digital, marketing e corporate communication destinate a cambiare le nostre vite. A raccontarle, come sempre, Oscar di Montigny, autore di Banca Mediolanum. Dalle conseguenze della pandemia all’innovazione, dalla crisi climatica alle problematiche relative alla povertà: ogni settimana Forbes 0.0 offre la propria chiave di lettura sui temi di attualità.

29 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023 FRONTRUNNER

Il co-living di HABYT conquista l’America

Il mio principale difetto? Sono troppo ambizioso”, aveva detto a Forbes Luca Bovone (nella foto). L’ambizione ha funzionato perché ha portato Habyt, la startup da lui fondata a Berlino nel 2017, a diventare leader mondiale del co-living, il nuovo modello immobiliare che prevede affitti flessibili, gestiti tutti in digitale e in edifici con spazi e servizi condivisi. A inizio 2023 Habyt, che è leader in Europa e Asia, si è fusa con l’equivalente americano, Common. È nato così Habyt Group, che è presente in 40 città di 13 paesi con più di 30mila appartamenti in gestione. Il co-living piace ai millennial, ai nomadi digitali e a tutti coloro che come Bovone girano il mondo e non possono accettare la rigidità dei tradizionali modelli di affitto (contratti lunghi, servizi zero, etc.): nel 2022 Habyt e Common hanno triplicato il loro giro di affari e per il 2023 è previsto un raddoppio.

VENTURE CAPITAL

Investire sulle startup, un mestiere da imparare

Cercansi giovani che vogliano imparare il lavoro del venture capitalist, il professionista che investe sulle startup i cosiddetti capitali di rischio. È l’appello lanciato da un veterano del settore, Amedeo Giurazza (nella foto), fondatore e ceo di Vertis, unico fondo di venture capital del Sud, dove più forte si sente la penuria di nuovi professionisti. “In Italia gli investimenti sulle startup aumentano, per fortuna, ma ci sono pochi fondi e soprattutto mancano le nuove leve”, è il ragionamento fatto da Giurazza. Che ha messo insieme un centinaio di aziende pronte a offrire stage e ha fondato UniVertis, una scuola di finanza operativa: il primo master prevede la partecipazione di una trentina di under 30 che potranno apprendere l’arte, e soprattutto la pratica, di chi rischia ma con giudizio e competenza. I docenti? “Saranno gli investitori di oggi a formare gli investitori di domani”, risponde Giurazza.

FINANZIAMENTI LA PIATTAFORMA DIGITALE cresce a suon di musica

“Ora non siamo soli, abbiamo tutto ciò che occorre per creare quello che abbiamo sempre immaginato: il primo mobile talent show”. Antonio Vecchio, co-founder e ceo di Karaoke One, è entusiasta dopo la chiusura del round di un milione e mezzo (a cui ha partecipato anche il Fondo nazionale innovazione) per Lisari, la pmi innovativa pugliese che ha creato una piattaforma digitale per i content creator musicali. Lisari è stata fondata nel 2014 da Antonio Vecchio, Chiara Parato, Domenico Rosito, Giovanni Parato e Marco Grasso (nellafoto) e si è fatta notare nel mondo musicale con la sua app per fare business con il Karaoke, anche perché è l’unica che si trova su qualsiasi dispositivo, dalla smart tv allo smartphone. Tra gli investitori ci sono Gualtiero Gatto, presidente di G7 Music Group (etichetta di Ornella Vanoni e Milva tra gli altri) e John West di Snnfly Karaoke Music Group, il più noto brand nel mondo del karaoke.

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INNOVATION PEOPLE SHORT NEWS immobiliare
FORBES.IT

digital health

Il dottore è A PORTATA DI CLICK

Il medico arriva in casa dallo schermo della tv e non parliamo di E.R. Medici in prima linea o altre serie già consumate dal tempo. Qui siamo nel mercato della digital health, tecnologie che trasformano l’approccio dei pazienti alla sanità in qualcosa di rivoluzionario. Gestendo i dati dei pazienti tramite algoritmi d’intelligenza artificiale si possono infatti prevenire le malattie con un enorme risparmio per il sistema sanitario. La nuova app Samsung Telemedicine consente di ricevere cure a domicilio con un processo molto semplice. Si inseriscono i sintomi nell’app; il sistema ci offre

STELLANTIS lavora al cruscotto del futuro

un vasto elenco di medici disponibili e pertinenti con la richiesta; il medico arriva sullo schermo in appena 60 secondi. Usando le webcam hd dei televisori, infine, il medico conduce un vero e proprio esame confrontandosi con il paziente e, se necessario, propone una visita di controllo. Oltre che su smart tv, l’app si può integrare anche con il Galaxy Watch di Samsung. A riprova del fatto che la digital health è uno dei settori con maggiore potenzialità, anche Amazon sta sperimentando Amazon Clinic - un servizio basato solo su messaggi di testo, senza collegamenti video – in 32 stati americani.

SMART TV

Il cinema in casa

Come altri brand dell’automotive Stellantis, per i veicoli della famiglia Chrysler, si sta preparando a un salto nel futuro facendo leva su due pilastri: motori elettrici con batterie a lunga durata e guida autonoma a livello 3. Nasce in questa ottica l’affascinante concetto Synthesis, una cabina di pilotaggio che trasformerà radicalmente la nostra esperienza di viaggio. Lo schermo offre una visualizzazione tipo Star Trek da 37,2 pollici. Quando sarà abilitata la guida autonoma, permetterà anche di fare

videochiamate, gaming, sessioni di karaoke e permetterà di creare la nostra musica personalizzata. Nei nuovi abitacoli di guida risiede una buona dose di intelligenza artificiale che sincronizza i nostri impegni, oltre a consentire di governare da remoto la smarthome.

La piattaforma individua le nostre preferenze e ci indirizza verso il ristorante migliore in zona, dando la possibilità di prenotare anche un parcheggio, oppure ci conduce a una stazione di ricarica, molto scarse finora sul territorio italiano.

Uno storico produttore di schermi oled e tv come Lg promette per quest’anno il lancio di un televisore dalla qualità visiva perfetta e con esigenze di spazio non indifferenti. Il nuovo Tv Oled wireless da 97 pollici ha dimensioni cinematografiche e un prezzo adeguato: 25mila dollari. Per allargare la fascia di mercato il marchio sudcoreano lancerà anche un fratello minore, dimensioni 77 pollici e prezzo più accessibile: 2.900 dollari. Spariscono ovviamente i cavi che tanta polvere raccolgono in casa poiché questa mega tv è totalmente wireless. Lo schermo verrà posto nella parete più capiente di casa, mentre dal lato opposto troveremo una scatola di trasmissione wireless sul cui retro si trovano un cavo Hdmi e un lettore Blu-ray. L’invio delle immagini 4K sullo schermo risulta perfetta e non prevede sbavature o latenza alcune. L’espansione globale dei contenuti in streaming e dei grandi eventi sportivi stanno rimettendo al centro della scena i televisori su cui gli utenti sono disposti a investire cifre sostanziose, visto il basso costo per l’accesso ai contenuti.

31 FEBBRAIO, 2 023
AUTOMOTIVE

finanziamenti

CAPITALI GREEN

Un finanziamento fino a 2 milioni di euro con scadenza a sette anni garantiti fino all’80% dal Fondo di garanzia pubblico. Requisito fondamentale per accedere a questo privilegio: essere una Pmi ma, soprattutto, attuare progetti di sostenibilità. È questo l’annuncio di b-ilty, la banca digitale del Gruppo illimity che offre servizi finanziari e credito per le piccole e medie imprese: un pacchetto green a condizioni agevolate per sostenere finanziamenti dedicati al supporto dei progetti nel campo energetico e ambientale delle pmi. In particolare, l’offerta permette di accedere a finanziamenti di scopo a condizioni vantaggiose – ovvero costi e tassi agevolati rispetto alle condizioni standard applicate – alle Pmi che intendono investire in sostenibilità ambientale ed efficientamento energetico attraverso interventi mirati: installazione di pannelli fotovoltaici; acquisto di veicoli a basse emissioni con relative colonnine di ricarica; macchinari per il trattamento intelligente dei rifiuti e le spese per efficientamento energetico degli impianti.

MARTECH

Al passo con il digitale

Non c’è futuro per il sistema economico e sociale se non c’è un futuro per la gestione di una pubblica amministrazione efficiente e al passo con i tempi digitali. C’è futuro nella pubblica amministrazione, quindi, se applicherà i criteri gestionali di impresa. Deve essere stata più o meno questo il percorso di Jakala, prima martech company in Italia, nel concepire e realizzare Jakala Civitas, azienda del gruppo che valorizzando il dna innovativo e data – driven di casa madre e un management proveniente dal settore pubblico, offrirà servizi martech alla pubblica amministrazione centrale e locale, alle aziende municipalizzate, transportation e sanità. La newco, fondata con Andrea Samaja e Silvio Antonio Varagnolo, sarà guidata dal managing director Giacomo Lorusso (nella foto) che assume il ruolo di ceo di Jakala Civitas. Gli obiettivi entro il 2025: oltre 500 assunzioni e un fatturato di 50 milioni di euro. “Sono molto orgoglioso di guidare questa nuova sfida imprenditoriale”, ha commentato Lorusso, “che sarà in grado di ibridare il dna innovativo di Jakala con le competenze di senior executive del settore per poter offrire a Pa centrale, locale e sanità, soluzioni in grado di interpretare e indirizzare in modo efficace e performante le necessità di cittadini e pazienti”.

INTERNET UNA RETE PIÙ INCLUSIVA

Il 98% dei siti è inaccessibile alle persone con disabilità e 1,5 milioni di persone diversamente abili nel mondo, il 20% circa della popolazione mondiale, incontra difficoltà a navigare in rete. Questo nonostante nel 2019 sia stata introdotta una direttiva europea che impone l’obbligo, non solo alla Pa ma anche ai privati con fatturato superiore ai 500 milioni di euro, di rendere i propri siti web conformi alle linee guida internazionali. Tutti i servizi di business online dovrebbero quindi essere accessibili alle persone con disabilità. Ma questo, evidentemente non avviene. Ed ecco il piano di AccessiWay, startup nata nel 2021, per aiutare le persone con disabilità cognitive ad accedere e usufruire del web tramite una serie di soluzioni tecnologiche integrate. Abilitando su ogni sito funzionalità ad hoc, AccessiWay facilita l’ingresso rendendo accessibili tutti i touchpoint digitali, dai siti internet alle applicazioni web e app mobile, fino alla rimediazione file (pdf, word, PPT, file multimediali). Il progetto di Edoardo Arnello, Gianni Vernetti e Simone Scarzella (nellafotoassiemealteam)è cresciuto esponenzialmente in pochi mesi e oggi conta più di 400 clienti, un team internazionale di oltre 55 persone e cinque sedi europee, in Italia, Francia, Germania, Austria e Olanda e oltre 150mila siti resi accessibili in poco più di un anno. Numerose aziende di grande calibro, tra cui Bper Banca, Campari, Iliad e Best Western Hotel, hanno deciso di iniziare nuovi progetti di accessibilità favorendo così politiche di maggiore inclusività.

di
SHORT NEWS
Enzo Argante SOCIAL RESPONSIBILITY
32 FORBES.IT
Carlo Panella head of b-ilty Division di illimity

VIRGIN ORBIT FALLISCE il primo lancio orbitale dal Regno Unito

Nella notte fra il 9 e il 10 gennaio, Virgin Orbit, compagnia spaziale del miliardario britannico Richard Branson, avrebbe dovuto effettuare il primo storico lancio orbitale dall’Inghilterra. Partita dallo Spaceport Cornwall, in Cornovaglia, la missione nominata Start Me Up è però fallita per un’anomalia al secondo stadio del LauncherOne, il razzo aviotrasportato di Virgin, che non ha permesso di portare a destinazione i nove satelliti a bordo (compresi i due Prometheus 2 del ministero della Difesa del Regno Unito). Svolta da un Boeing 747 modificato e ribattezzato Cosmic Girl, la prima parte della missione è stata effettuata perfettamente, un fatto rilevante per la Uk Space Agency, che promette passi importanti nel settore. Dan Hart, amministratore delegato di Virgin Orbit, ha in effetti dichiarato di essere molto orgoglioso dei risultati ottenuti, per quanto consapevole di non essere riuscito a fornire ai clienti “il servizio che meritano”, ha detto. “Lavoreremo instancabilmente per comprendere la natura del guasto, intraprendere azioni correttive e tornare in orbita”. E.Co.

QUATTROCENTO assunzioni per l’Esa

MISSIONI

SULLA LUNA DOPO 50 ANNI

La sottoscrizione più alta di sempre dell’Agenzia Spaziale Europea, 16,9 miliardi di euro per il prossimo triennio, promette riflessi positivi anche sull’organico. Agli attuali seimila impiegati verranno aggiunti duecento nuovi collaboratori, sebbene, al momento di scrivere queste righe, i bandi per le nuove assunzioni non siano ancora stati pubblicati e non si sappia in quale settore verranno inseriti. A fronte dell’aumento di risorse del 17% rispetto al triennio precedente, nel 2023 il personale crescerà solo del 3%. È tuttavia probabile che l’organico dell’Esa seguirà un andamento simile anche nei prossimi due anni. Il replacement di altri 200 collaboratori porterà il totale a 400 assunzioni. “Abbiamo nuovi progetti da iniziare grazie alle ottime e forti sottoscrizioni degli Stati membri”, ha dichiarato il direttore generale dell’Esa, Josef Aschbacher (nella foto), “per questo abbiamo bisogno di personale aggiuntivo per portarli a termine”. La presidente del Consiglio Esa, Anna Rathsman, ha invece sottolineato come l’aumento dei fondi ribadisca “l’importanza dello spazio quando ci troviamo in tempi molto difficili”. Davide

È programmato per il primo quadrimestre del 2023 il lancio del lander lunare commerciale Peregrine di Astrobotic Technology. Alto circa due metri e largo due e mezzo, raggiungerà lo spazio grazie al nuovo razzo Vulcan Centaur della United Launch Alliance. Se la missione avrà successo, Peregrine diventerà il primo lander statunitense a toccare la superficie lunare dai tempi di Apollo 17, cioè dal dicembre del 1972. Il primato di un allunaggio per un lander commerciale potrebbe invece essergli tolto dalla missione Hakuto-R, della giapponese ispace, decollata lo scorso 11 dicembre verso la Luna, ma su una traiettoria molto più lunga. La spedizione di Astrobotic Technology fa parte del programma Commercial Lunar Payload Services della Nasa, per cui l’azienda ha ricevuto 79,5 milioni di dollari dall’ente spaziale. A bordo non avrà solo payload

scientifici di università e centri di ricerca statunitensi; l’amministratore delegato di Astrobotic, John Thornton, ha infatti dichiarato che il lander trasporterà carichi da sette diverse nazioni al prezzo di 1,2 milioni di dollari al chilogrammo. L’azienda statunitense ha acquistato a settembre la californiana Masten Space Systems, anch’essa firmataria del Clps. Di recente ha anche stretto un accordo con l’Esa per il trasporto di un payload lunare nel 2024, a bordo del più performante lander Griffin. Lo stesso che trasporterà anche il rover Viper della Nasa.

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SPACE ECONOMY SHORT NEWS missioni
di
FORBES.IT
D.L.
STRATEGIE
2 023
FEBBRAIO,

RICCARDO DI STEFANO

GUIDA I GIOVANI IMPRENDITORI DI CONFINDUSTRIA. MA ANCHE

L’AZIENDA CHE HA CREATO

DOPO ESSERE STATO IN SCIA

ALL’ESPERIENZA DEL NONNO. SI È FATTO DA SÉ. PER QUESTO HA UN MOTIVO IN PIÙ E LA FORZA GIUSTA

PER OFFRIRE LA SUA ESPERIENZA E LA SUA IDEA DI PAESE. A COMINCIARE, OVVIAMENTE, DALL’ECONOMIA

RICCARDO DI STEFANO

VISIONE

THE PROFILE
D34 THE PROFILE FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
GIOVANI IMPRENDITORI CRESCONO
E CONCRETEZZA
DI ALESSANDRO
TORRE
ROSSI FOTO DI MARIA LA
FORBES.IT 35 DI STEFANO FEBBRAIO, 2023 →

Riccardo Di Stefano, siciliano, classe 1986, parla da presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria. D’altra parte, ricopre questo ruolo di responsabilità sociale e istituzionale dal 2020. Ed è stato proprio grazie al confronto con il Movimento dei giovani imprenditori che Di Stefano ha deciso di proseguire il proprio percorso imprenditoriale, dopo essere entrato nel cda della Officina Lodato, fondata dal nonno nel 1957 nel settore dell’impiantistica, dando vita alla propria attività, Meditermica, attiva nel settore delle forniture all’ingrosso di materiale termoidraulico per aziende e operatori del settore.

Ma torniamo all’assunto iniziale. Come si fa a sconfiggere i due inverni?

È cruciale che donne e giovani vengano immessi nel mondo del lavoro e che si investa con forza su lavoro, competenze e innovazione. Ci sono tante cose da fare, fra cui: 1) rafforzare il Family act per le famiglie a basso e medio reddito dismettendone il principio universalistico; 2) liberare le donne dagli oneri di cura con un mix di misure, anche non econo-

miche, che incentivino modelli alternativi di accudimento; 3) superare le distinzioni uomo/donna nell’accesso alle tutele, per una parità finalmente sostanziale, ed estenderle a tutti i genitori con redditi medio-bassi attraverso formule adeguate a sostenere in maniera condivisa e responsabile i costi; 4) riformare le politiche attive del lavoro; 5) investire nelle competenze lungo tutto il percorso di vita, dalla formazione di base ai dottorati: per aumentare la produttività, per favorire la mobilità fra settori, per trasformare la ricerca in prodotti e processi.

Detto così sembra quasi essere un manifesto politico.

È la nostra visione per costruire una società che progredisce su basi economiche e sociali più solide ed eque. A cui si deve affiancare un nuovo progetto di politica industriale 5.0, che combini digitale e green, perché davanti all’Italia e all’Europa c’è una sfida enorme: scegliere se essere protagonisti delle rivoluzioni tecnologiche o acquirenti di tecnologie altrui. Dobbiamo quindi scardinare nuove trappole della dipendenza in materie prime e tecnologie. Non possiamo più ignorare la nostra posizione di svantaggio tecnologico rispetto a Stati Uniti e Cina. Sia l’attualità geoeconomica che i megatrend globali richiedono un cambio di passo rapido e deciso nella direzione di un forte sviluppo tecnologico.

La soluzione?

Investire nelle tecnologie chiave abilitanti in stretta collaborazione pubblico-privato e in ricerca, sviluppo e innovazione in modo costante e consistente per trasformarli in prodotti, processi e servizi innovativi. I giovani sono in prima linea con progetti dedicati alla nascita di nuove imprese, innovazione dal basso e open innovation. Per questo abbiamo creato Talentis, con cui inseriamo le startup in processi di upscaling e affiancamento ad imprese mature.

Vale anche per la crisi energetica?

Dobbiamo trasformare questa crisi energetica in un nuovo modello di sviluppo. L’occasione per ripensare i nostri modelli di approvvigionamento, produzione e consumo. Le tecnologie digitali saranno fondamentali per ottenere l’efficienza energetica. Ad esempio: possono aumentare l’interconnettività tra i mercati; fornire i dati necessari all’incontro di domanda e offerta di energia a livello disaggregato e in tempo reale; facilitare la produzione e la domanda di energia adeguando i consumi alle condizioni meteorologiche che incidono sulla produzione di energia rinnovabile. E non è tutto: l’analisi di big data potrebbe permettere un maggiore controllo dei consumi nelle abitazioni e quindi scelte più efficienti.

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“L’Italia sta vivendo un inverno demografico e uno sociale. La somma dei due inverni comporterà squilibri strutturali di medio e lungo periodo di preoccupante gravità dal punto di vista economico, sociale, di competenze, di capacità di innovazione.
Inoltre, è troppo bassa la partecipazione femminile al mercato del lavoro”.

Giusto parlare di energie rinnovabili, ma intanto siamo in piena crisi.

L’Italia, e in particolare il Sud, può diventare l’hub energetico del Mediterraneo, ma occorre una visione oggettiva del percorso di transizione. Ci aspettiamo, quindi, un cambio di approccio e il superamento di ideologie, estremismi e ipocrisie. Occorre lavorare velocemente e bene, superare la politica dei ‘no’ che con i suoi veti incrociati blocca le infrastrutture strategiche. Gli obiettivi di decarbonizzazione ed economia circolare possono essere raggiunti, infatti, solo puntando su tutte le leve tecnologiche. Dobbiamo quindi accelerare le procedure per la costruzione o l’esercizio di impianti per le fonti rinnovabili, termovalorizzatori e rigassificatori per rendere più competitivo il nostro mix energetico, anche investendo sulla ricerca per il nucleare di ultima generazione. E poi c’è l’idrogeno. Se ne parla ancora troppo poco, nonostante anche in Italia stiano prendendo corpo nuove iniziative come i poli dell’idrogeno in Piemonte, Friuli-Venezia-Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia.

FORBES.IT FEBBRAIO, 2023 → 37 DI
STEFANO
“Non possiamo più ignorare la nostra posizione di svantaggio tecnologico rispetto a Stati Uniti e Cina. Sia l’attualità geoeconomica che i megatrend globali richiedono un cambio di passo rapido e deciso nella direzione di un forte sviluppo tecnologico”

All’Italia occorre una strategia di sviluppo che punti su innovazione e infrastrutture digitali e materiali.

Sì. Le transizioni verde e digitale, la crisi climatica, la crisi energetica sono trasformazioni troppo grandi per essere affrontate con vecchi strumenti e vecchie idee. Non abbiamo né tempo né risorse da perdere. Ogni sforzo delle istituzioni, delle imprese e dei corpi intermedi deve essere orientato ad affrontare questa congiuntura e a trasformarla nella più grande occasione di sviluppo che il Paese abbia conosciuto dal dopoguerra. È necessario che il governo, attraverso il Pnrr, continui con determinazione sulla strada aperta dalle imprese italiane, campionesse europee di sostenibilità. Investimenti, infrastrutture fisiche e digitali, rimozione degli ostacoli amministrativi: occorrono politiche industriali per rafforzare le filie -

re produttive ad alto valore aggiunto e costruirne di nuove. Filiere resilienti e innovative, in grado di progredire e trasformarsi in tempi e modalità tali da assicurare non solo sostenibilità ambientale, ma anche sociale ed economica.

Fin qui il Di Stefano presidente. Ora il Riccardo imprenditore.

Il mio percorso non è quello tipico di un figlio di imprenditore: mio padre è colonnello dell’Aeronautica. Aveva delle remore verso un mio percorso imprenditoriale, che era invece di mio nonno materno. Il nonno, Antonino Lodato, era imprenditore nel settore dell’impiantistica. Alla sua morte, improvvisa, stavo conseguendo un dottorato in economia ed ero un manager nel settore della formazione. La governance dell’azienda è passata a mia madre e mia zia. Successivamente sono en-

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FEBBRAIO, 2023
Riccardo Di Stefano vive tra Roma e Foligno e va ogni settimana a Palermo, dove la sua azienda ha il core business.

trato nell’azienda di famiglia, affiancandole. Posso dire che siamo un caso vincente di convivenza generazionale: ho iniziato un percorso di innovazione dell’azienda spostandola dal mondo classico delle costruzioni a quello di riqualificazione energetica, sostanzialmente abbandonando l’edilizia per passare alla progettazione e l’ingegneristica, temi ormai sempre più centrali.

Quando hai scelto di dedicarti all’azienda di famiglia?

Sono entrato nell’attività di famiglia in un momento di crisi, insieme a mio fratello che si occupa prevalentemente della business unit immobiliare. Poi, risalendo la filiera, ho fondato Meditermica, azienda di forniture termoidrauliche di cui sono amministratore. Attualmente sto investendo nel settore dell’It perché credo nelle potenzialità di questo mercato per l’Italia e soprattutto il Sud. Con le corrette politiche pubbliche, l’It può contribuire fortemente alla costruzione di filiere ad alto valore aggiunto e ad aumentare l’occupazione nel Mezzogiorno.

Che rapporto hai con i collaboratori?

Positivo e costruttivo. Da noi convivono e collaborano diverse generazioni con un unico obiettivo: ampliare il valore dell’impresa e rafforzarla per i nuovi cicli espansivi. Alcuni nostri collaboratori sono gli stessi che lavoravano con mio nonno e andranno in pensione il prossimo anno dopo 42 anni di lavoro nell’azienda di famiglia.

Quante ore lavori al giorno?

Lavoro il giusto. Anche mia moglie è un’imprenditrice, insieme abbiamo una bimba e per questo conciliamo i tempi di vita e di lavoro.

Tu dove vivi?

Vivo fra Roma e Foligno e vado a Palermo tutte le settimane. La mia azienda ha sede a Palermo e a Roma ma il core business è in Sicilia, dove ho anche il maggior numero di dipendenti.

Hai hobby?

Amo molto leggere e, pur avendo poco tempo a disposizione, mi ci dedico appena posso.

All’associazionismo come ci arrivi?

Per la necessità di confronto. L’imprenditore è molto solo e trovare un luogo dove scambiare esperienze e strumenti di business con chi fa la stessa vita è stato da subito molto utile. I Giovani imprenditori sono un network dove si condividono valori, obiettivi, strumenti ed expertise.

Cosa ti ha dato questa esperienza?

Ho investito tempo e ho raccolto molto. Questa esperienza mi ha regalato una visione completa della parte produttiva del Paese e mi ha permesso di capirne tutte le potenzialità. Non viene raccontato abbastanza delle storie di successo in Italia.

Come ti immagini l’Italia di domani?

Un Paese laborioso e innovativo dove le imprese potranno continuare a produrre beni leader sui mercati mondiali. La manifattura italiana ha superato la crisi del 2008, la pandemia e regge nonostante la crisi energetica. Ma non possiamo accontentarci di sopravvivere, dobbiamo ambire a crescere. È cruciale che l’Italia riparta dall’industria, dai suoi giovani e dalle sue donne, dal Mezzogiorno. Che torni a crescere in maniera robusta e che inverta la rotta dell’inverno demografico che stiamo vivendo.

Gli immigrati ci salveranno?

Il lavoro ci salverà, perché il miglior modo per integrare è il lavoro. Lavoro che è alla base del patto sociale, di cui gli immigrati devono far parte. Abbiamo poi troppi Neet (Not [engaged] in Education, Employment or Training, ndr) e troppe donne fuori dal mercato del lavoro. Se aumentasse il tasso di occupazione femminile, che nel 2021 era il 49,4%, fino a portarlo ai livelli di quello maschile, 67,1%, il Pil italiano potrebbe aumentare di circa il 12.4%. Far accedere 3,3 milioni di donne al mercato del lavoro deve diventare un obiettivo da perseguire con tutti i mezzi a disposizione, non una mera dichiarazione di intenti.

Questo Paese è stato costruito da persone come te, però 80 anni fa. Dov’è la differenza tra te e tuo nonno?

Quegli uomini erano temprati dalle sofferenze e da un senso di riscatto che sono difficili da replicare. Dopo le guerre ci sono stati degli scatti di crescita che derivavano dalla voglia di riscattarsi dal bisogno e dalla sofferenza. Ma oggi abbiamo un accesso alla conoscenza, alla formazione e all’innovazione che i nostri nonni potevano solo sognare. Non dobbiamo sprecare queste opportunità.

Quali sono i limiti del Sud?

Una classe dirigente inadeguata, troppi anni di disinvestimento in termini economici e politici. Il Sud va ripreso come all’epoca è stato fatto per la Germania Est. Il Paese non crescerà se metà della sua popolazione e del suo territorio resteranno indietro. F

39 DI STEFANO FORBES.IT LUGLIO, 2 022
FEBBRAIO, 2023

LA FORZA DELLA MANIFATTURA

Fondatore di NPlus, tech company attiva nel settore del monitoraggio

infrastrutturale, Giordano

La Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna figurano tra le prime dieci regioni in Europa per livello di valore aggiunto industriale. E secondo i dati Istat, aggiornati al 2021, la Lombardia è in testa a questa classifica, davanti alle due regioni tedesche di Stoccarda e dell’Oberbayern, con il Veneto al sesto e l’Emilia-Romagna all’ottavo posto. E pensare che il triangolo industriale italiano mantiene queste posizioni praticamente dal 2015 e continua, anno dopo anno, a confermare il notevole cambio di passo di un settore che negli ultimi anni è cresciuto molto di più della media europea. “L’Italia è un Paese a vocazione manifatturiera”, afferma Giordano Riel-

lo. Un classe ’89 che ha mosso i primi passi nell’azienda di famiglia tra torni, presse e trapani verticali. Un ragazzo che crede fermamente nel valore del made in Italy, della manifattura e che si ‘sporca le mani’ quotidianamente nella fase produttiva delle sue imprese. Tra queste Aermec, fondata nel 1961 in Veneto e parte integrante della Giordano Riello International Group, gruppo diversificato di aziende con un fatturato aggregato di più di mezzo miliardo di euro, duemila collaboratori e otto stabilimenti produttivi. Aermec è la più grande del gruppo, con 800 collaboratori e 320 milioni di fatturato: “Tutto nacque a inizio ‘900 con la Riello, azienda che produceva caldaie. Negli anni ’60 mio nonno, per far fronte alla stagionalità di cui soffre questo tipo di prodotto, in seguito a un viaggio negli Stati Uniti iniziò a importare l’aria condizionata in Europa. Oggi la Riello Condizionatori, diventata Aermec, è leader europea della climatizzazione dell’aria”. Oltre al nome, Giordano ha ereditato dal nonno il fiuto imprenditoriale e la passione per la fabbrica: “Durante i periodi estivi mi portava con sé in attrezzeria e mentre lavorava mi affidava dei compiti. Un giorno mi mise in mano la lima e un pezzo di ferro: avrei dovuto restituirgli a fine stagione estiva un cubo perfetto. Tutt’altro che semplice per un bambino”. E se oggi Riello è dirigente commerciale di questa azienda, non è soltanto per meriti ereditari: “Si entra nel gruppo soltanto se si fonda un’impresa manifatturiera sul territorio italiano con i capitali del mercato. Se l’azienda genera utili, si ha il permesso di entrare nell’azienda madre con ruoli operativi”. Un’ottima strategia per assicurare il ricambio generazionale. Un po’ per legittimare il suo ingresso nella Aermec, un po’ per un richiamo naturale verso il mondo dell’imprenditoria, Giordano fonda nel 2016 NPlus, società specializzata in progettazione e produzione di elettronica, attiva nel campo del monitoraggio strutturale di edifici, ponti e viadotti. Tra le aziende tecnologiche più avanzate del settore, ha chiuso il 2022 con 5,8 milioni di euro di fatturato e rappresenta un punto di riferimento a livello europeo. “Con i nostri hardware andiamo a effettuare il

FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
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Riello
è cresciuto a pane e fabbrica, muovendo i primi passi nella Aermec, azienda di famiglia.
COVER
In qualità di vicepresidente di Confindustria Ungheria, oggi s’impegna a difendere e valorizzare il made in Italy

cosiddetto structural health monitoring delle infrastrutture italiane, informando i gestori sullo stato di degrado e individuando eventuali criticità”, afferma il fondatore, che tra le referenze più importanti vanta le colonne del Duomo di Milano, sulla cui cima la Madonnina protegge la città. Un asset strategico invidiabile, all’interno di un settore in cui il crollo del Ponte Morandi ha acceso improvvisamente i riflettori: “Le opere in calcestruzzo compresso hanno una vita di circa 70 anni e sono state realizzate quasi tutte nel dopo guerra, intorno agli anni ’60: dunque è necessario verificare il loro stato di salute in questo momento”. E soprattutto orientare sapientemente le opere di manutenzione: “Non tutte le infrastrutture ne hanno bisogno in egual misura: i nostri monitoraggi permettono di indirizzare al meglio i controlli, ottimizzando al massimo le spese”.

Se non dovesse bastare il crollo del Ponte Morandi, a certificare l’importanza della manutenzione delle infrastrutture c’è il tema della viabilità: bloccare un’arteria di comunicazione tra Nord e Sud del Paese significa bloccare il Pil. “La politica deve porre attenzione a questo aspetto”. NPlus, dal lato suo, sta impiegando ogni mezzo a sua disposizione: le collaborazioni aperte con tre università e lo spirito giovane che si respira nel reparto ricerca & sviluppo - ci sono tre dottorati di ricerca e una prevalenza femminile nell’organico - testimoniano il suo impegno: “Stiamo sviluppando algoritmi di analisi dei dati e sistemi di autoapprendimento. Il machine learning e l’intelligenza artificiale sono due asset su cui stiamo spingendo molto, ma è anche e soprattutto l’atmosfera che si respira in fabbrica a fare la differenza”.

Con un matrimonio, due figli e una bambina in arrivo, Giordano Riello crede fermamente nei valori della famiglia, “la startup più bella che abbia mai fondato”. Crede nell’importanza di estenderli all’interno dell’azienda. E spera che il nostro Paese possa investire di più nel settore manifatturiero e nei giovani.

“Non dobbiamo scimmiottare il modello d’impresa della Silicon Valley. Non che sia sbagliato, ma non rispecchia la nostra cultura. Dobbiamo reinterpretare quella che è la nostra storia in chiave moderna e dare sostegno alle imprese costituite dai giovani, che rappresentano il futuro della nostra industria, semplificando il quadro normativo esistente e introducendo nuovi incentivi fiscali”.

Sempre per valorizzare e difendere il nostro più grande tesoro: il made in Italy. Un patrimonio che, se fino a qualche anno fa ci permetteva di dormire sonni tranquilli, oggi è minacciato da una competizione più aggressiva. Il made in China, la manifattura tedesca e quella francese stanno crescendo in qualità e la bellezza del prodotto italiano non è più un fatto da dare per scontato. Riello difende le proprie origini all’estero non soltanto attraverso l’attività imprenditoriale, ma anche grazie alla sua esperienza passata in Confindustria Giovani e a quella attuale come vicepresidente di Confindustria Ungheria: “Ho conosciuto Budapest quando mio padre ha fondato la Rpm Hungaria, azienda che produce motori elettrici per il condizionamento”, afferma Giordano. “L’Ungheria è un territorio molto importante a livello logistico: è vicino all’Italia, i costi sono inferiori ed è una porta verso l’Oriente. Ci sono molte pmi e la manodopera è qualificata: mi auguro che gli scambi commerciali con l’Italia possano prosperare”.

Tutto questo dipenderà anche dalle politiche che verrano messe in atto dal nostro Paese, dalla sua capacità di rimanere competitivo, di garantire l’alto tasso di innovazione che gli ha permesso di rappresentare il traino dell’industria europea dal 2015 a oggi, di generare politiche di attrazione di talenti, di incentivare l’imprenditoria femminile e di continuare a seguire la propria vocazione: quella di un Paese manifatturiero, che ha costruito sulla manifattura le sue fortune.

FORBES.IT 41 NPLUS • RIELLO FEBBRAIO, 2023
Giordano Riello, nel suo piccolo, lo sta facendo. F Giordano Riello, 33 anni, ha fatto crescere NPlus fino a chiudere il 2022 con 5,8 milioni di euro di fatturato.

SUCCESSO TRIDIMENSIONALE

Quando, poco più che ragazzo, vide una stampante 3D sulla copertina di un magazine che aveva tra le mani, Alessio Lorusso non ebbe dubbi:

“Questo sarà il mio futuro”. Il sogno nato tra le mura della sua cameretta di casa, a Bari, diventò col tempo sempre più concreto. Oggi Alessio, classe 1990, è infatti fondatore e ceo di Roboze, una società attiva nella produzione di componenti per colossi dell’aerospazio, del motorsport e del settore energy, tra cui l’esercito americano e la Ducati. L’azienda, sviluppata in Italia ma con obiettivi internazionali, progetta quelle che sono considerate tra le stampanti 3D più precise al mondo, con una

tecnologia che permette di realizzare componenti estremamente performanti in una frazione di costo e tempo ridotta rispetto alla produzione normale. La società, attiva dal 2015, ha intenzione di raggiungere standard produttivi sempre più alti. “Al progetto di Roboze ho iniziato a lavorare nella mia stanza”, racconta Lorusso. “È una storia che dimostra che tutti sono in grado di creare tecnologia d’avanguardia: servono applicazione, costanza e anni di lavoro e di studio”. La scintilla è scattata dalla copertina di una rivista: “Tutto è partito 15 anni fa dalla copertina di Make Magazine, raffigurante una stampante 3D”, prosegue Lorusso. “Avendo già una formazione meccanica – all’epoca lavoravo già nell’autofficina di mio papà - sono rimasto affascinato da questa tecnologia. A 17 anni ho costruito la mia prima stampante 3D. Ho dovuto studiare meccanica, elettronica, programmazione informatica e scienza dei materiali. Ma studiavo solo quello che esattamente mi serviva, tralasciando tutto il resto”. Quello che all’inizio pensava fosse una curiosità giovanile si è poi trasformata in una possibilità di business. E da lì a poco ha fondato la sua società. “Ho dato vita al progetto Roboze nel 2013, ma ci sono voluti due anni per perfezionare la mia idea. I primi collaboratori sono arrivati poco più di un anno dopo. Si sono unite persone che hanno capito e sposato il progetto e con cui abbiamo cominciato ad analizzare profondamente il mercato”. Nel 2015 ha dato ufficialmente il via a questa avventura e nel 2017 è arrivato il primo grande cliente, la General Electric. Oggi Roboze può contare su un team di circa 120 persone, due headquarter nel mondo, quello per l’area Emea a Bari e quello Usa a Houston in Texas, un ufficio commerciale e tecnico a Milano e uno a Monaco di Baviera.

“La nostra stampa 3D”, spiega, “ha una nuova tecnica di produzione just in time, on demand, personalizzata e più sostenibile. Permette di non sprecare risorse con una tecnologia che ha la stessa precisione e performance delle normali tecniche di produzione. Oggi aiutiamo i clienti a fare uno switch

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A 17 anni ha costruito la sua prima stampante 3D. Oggi Alessio Lorusso, imprenditore pugliese classe 1990, le realizza, grazie alla sua Roboze, per colossi dell’aerospace, del motorsport e del settore energy.
COVER
A investire nella sua idea anche il manager Alfredo Altavilla e il fisico Federico Faggin

da una produzione di massa delocalizzata a una customizzata nel luogo di esigenza, con le nostre macchine e materiali nei loro shop floors. A volte chiedono a noi di produrre componenti, tramite la nostra rete di manufacturing partner presenti in tutto il mondo”.

Nel suo progetto hanno creduto anche personaggi di spicco dell’imprenditoria italiana e non solo. Tra il 2020 e il 2021 hanno infatti deciso di investire Alfredo Altavilla, presidente esecutivo di Ita Airways ed ex vicepresidente esecutivo di Fca e il top manager della finanza Boris Collardi, oltre al fisico Federico Faggin, padre del microprocessore e co-inventore del touchpad e del touchscreen

Alain Harrus (venture capitalist in Silicon Valley).

Inoltre, il 2023 per Roboze è iniziato con un nuovo ingresso societario: è stato annunciata infatti l’entrata nel Roboze 3D Parts Network di RusselSmith, fornitore di servizi energetici integrati, per creare il primo Smart Manufacturing Solution Center in Africa, partendo dalla Nigeria.

Prima di sbarcare in tutto il mondo, Lorusso ha scelto di investire nell’innovazione in Italia, facendo una scelta opposta rispetto a tanti imprenditori che hanno deciso di puntare sulle infrastrutture estere. “Ho voluto percorrere una strada diversa: mi piacciono quelle più difficili, ma che possono portare un grande vantaggio. Sono un fervido sostenitore di blue ocean strategy, ovvero la ricerca di un nuovo spazio di mercato per creare nuova domanda e di farlo sviluppando tutta la nostra tecnologia in Italia, a Bari. Credo che seguire strade non battute esponga a grandi rischi, che nascondono però opportunità sconosciute agli altri”.

Ma non tutto è stato semplice per Lorusso. In Italia sono tanti gli ostacoli che s’incontrano: “Culturali, da parte di chi crede sia rischioso fare un salto nel vuoto; economici, perché è complesso reperire le risorse necessarie; burocratici, perché ogni giorno ci sono carte da firmare e documenti da inviare”.

Alessio Lorusso ha fondato Roboze nel 2015. Oggi l’azienda conta un team di circa 120 persone e due headquarter nel mondo: uno a Milano e uno a Monaco di Baviera.

Ma il nostro Paese ha saputo dargli qualcosa che altrove non avrebbe trovato. “La grande capacità italiana, credo sia quella di trasformare gli ostacoli in opportunità”, afferma Lorusso. “In un momento geopolitico come quello attuale, il nostro estro e la nostra capacità di innovare possono seriamente creare un punto di svolta. È un’occasione unica e irripetibile che potrebbe portarci a un nuovo rinascimento italiano, questa volta digitale e con la sostenibilità come primo elemento imprescindibile”. Inoltre, Lorusso dà un consiglio a chi vorrebbe mettersi in gioco in un settore, quello della tecnologia e dell’innovazione, complesso e ricco di ostacoli. “Tutti”, afferma, “possono diventare quello che vogliono essere. Non esiste il talento. Il talento è una scusa che diamo a noi stessi per dirci che non riusciamo o possiamo fare qualcosa. Esistono invece la passione, la curiosità e la perseveranza”. La stessa che Lorusso sta mettendo nei progetti futuri di Roboze. “Stiamo lavorando per creare le tecnologie di produzione e i materiali dei prossimi 20 anni. Crediamo che il futuro derivi dalla capacità di inventare i materiali di cui il mondo avrà bisogno, specie i biopolimeri e i biocompositi, materiali derivanti dalla natura in grado di rimpiazzare e sostituire quelli derivanti dai combustibili fossili. Abbiamo da poco lanciato sul mercato il primo polimero ad alte prestazioni a base biologica con rinforzo naturale. La Bio-based Pa di Roboze consentirà alle aziende manifatturiere di avvicinarsi ai propri obiettivi di sostenibilità e di contribuire a un futuro positivo per il pianeta. Questo, insieme allo sviluppo di intelligenza artificiale e share learning, ci vedrà protagonisti dei prossimi 20 anni nella stampa 3D industriale”. F

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The Investigation

Oltre L’INVERNO

Dopo i record del 2021, il 2022 è stato un anno nero per le startup. Investimenti e valutazioni sono crollati. Tante giovani aziende hanno dovuto tagliare il personale. Per molti analisti la crisi durerà ancora a lungo. Per altri, gli stravolgimenti degli ultimi mesi favoriranno una nuova età dell’oro. Intanto il mercato italiano è in controtendenza rispetto al resto del mondo: la raccolta da venture capital ha superato per la prima volta i due miliardi di euro

Nell’estate del 2013, un anonimo imprenditore creò un blog su Tumblr . Lo intitolò: La mia startup ha 30 giorni di vita . In pochi giorni la pagina divenne oggetto di culto. Ne scrissero testate come The Atlantic , ne parlò la Silicon Valley. Non perché la fine di una startup fosse un fatto inaudito: le ricerche calcolano il tasso di fallimento tra il 70 e il 90%. E nemmeno perché l’anonimo criticava l’acceleratore “molto conosciuto” con cui aveva collaborato (“l’unica cosa che ha accelerato è stata la nostra capacità di partecipare al gioco delle startup”) e gli investitori che erano entrati in un’azienda “ben avviata” e “redditizia” e avevano contribuito “a farla schiantare”.

Semmai, perché in un ambiente dominato dal “tecno-ottimismo”, come lo ha definito il New York Times , parlare di

fallimento - ammettere di “essere sopraffatti” e di “avere paura” - era un atto rivoluzionario.

“Nel mondo delle startup, il tono dei discorsi è: ‘Il futuro è così luminoso che mi servono gli occhiali da sole’. Non avevo mai sentito nessuno parlare così”, dichiarò un imprenditore newyorkese alla Cnn.

tentativo. Perfino FailCon, l’evento dedicato alle startup andate male, si definisce in termini ottimistici: “Una conferenza per aiutare i fondatori di startup a imparare dai fallimenti, perché possano insistere e crescere più in fretta”. A quasi dieci anni di distanza, il blog dell’anonimo non è

Nel 2021 dieci società tecnologiche avevano raccolto più di un miliardo di dollari al momento della quotazione a Wall Street. Nel 2022 una sola ha superato i 100 milioni

Nella narrazione della Silicon Valley, il fallimento è ammesso solo come preludio a una storia di riscatto. Come nel caso di Instagram, nata dalle ceneri di una startup per il check-in, o di Twitter, in origine un servizio per contenuti audio. Oppure in quello di Max Levchin, che fondò PayPal al quinto

mai stato così attuale. Perché il 2022 ha costretto la Silicon Valley a sdoganare il pessimismo. Alcune testate americane hanno parlato di ‘inverno delle startup’. “Il sentimento generale è il più negativo dallo scoppio della bolla delle dot com”, ha dichiarato al Wall Street Journal l’investitore

David Sacks. Lo si è capito già in primavera, quando Sequoiafondo che ha investito in Apple, Instagram, WhatsApp e Airbnbha inviato alle società nel suo portafoglio una presentazione intitolata Adapting to Endure : ‘Adattarsi per resistere’. Il documento, visionato da alcune testate statunitensi, descriveva l’attualità come “un crogiolo” di incertezza e cambiamenti e avvertiva di non aspettarsi una ripresa rapida come quella seguita allo scoppio della pandemia: gli strumenti di politica monetaria e fiscale che avevano alimentato la ripartenza, spiegava, erano “esauriti”. Il sito The Information ha paragonato il rapporto a quello che lo stesso fondo inviò nel 2008, all’inizio della Grande Recessione: R.I.P. Good Times , ‘Addio ai bei tempi’. I mesi successivi hanno dato ragione agli

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di Matteo Novarini

analisti di Sequoia. Nel rapporto sulle quotazioni in Borsa di Ey si legge che le offerte pubbliche iniziali (Ipo) sono diminuite del 45% rispetto al 2021, il denaro raccolto addirittura del 61%. Nel 2021 dieci società tecnologiche avevano raccolto più di un miliardo di dollari al momento della quotazione a Wall Street. Nel 2022 una sola ha superato i 100 milioni. Molti di coloro che avevano programmato l’approdo in Borsa si sono tirati indietro di

fronte all’andamento del Nasdaq: l’indice tecnologico di New York ha perso il 33% e ha chiuso il peggior anno dall’inizio della Grande Recessione. Le aziende tecnologiche hanno bruciato in tutto 7.400 miliardi, le sole Apple, Amazon, Microsoft e Meta quasi tremila.

Il 2022, ha concluso un’analisi Axios, è stato il peggiore anno per le Ipo dal 1990.

Non è andata meglio ai grandi fondi. A novembre, secondo una fonte citata dal

Financial Times , Tiger Global aveva perso più del 54% rispetto al 1 gennaio, a causa di investimenti su aziende tecnologiche e cinesi. SoftBank ha perso più di 23 miliardi di dollari solo nel secondo trimestre dell’anno, di cui 21,6 miliardi riconducibili al suo Vision Fund, il più grande fondo dedicato all’industria tecnologica. Abbastanza da convincere il fondatore, Masayoshi Son, a ridurre le operazioni del 50-75% e a cambiare strategia: meno scommesse

miliardarie, più investimenti da alcune decine di milioni in vari settori e vari paesi. Di certo le aziende tecnologiche hanno risentito anche di problemi comuni a tutta l’economia: instabilità geopolitica, caro energia, problemi nelle catene di fornitura. Il settore,

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Masayoshi Son, fondatore e amministratore delegato di SoftBank. Dopo le perdite miliardarie del 2022, Son ha deciso di cambiare strategia: meno scommesse miliardarie in startup, più investimenti da alcune decine di milioni in vari settori e vari paesi.

però, sembra avere anche problemi tutti suoi. Secondo analisti come Brian Gould di Capital. com ci sono “buoni motivi per ritenere” che nel 2020 e nel 2021, quando le persone si spostavano in massa online, le aziende del settore tecnologico siano state “sopravvalutate”. Nel caso di titoli “da lockdown”, come Zoom,

“questa è quasi una certezza”.

Come rileva l’Economist , poi, le startup tecnologiche sono state più colpite di altre dall’aumento dei tassi di interesse, imposto per contrastare l’inflazione.

Il maggiore costo del denaro ha ridotto il valore attuale dei profitti attesi dalle aziende, spesso previsti per un

futuro lontano. Molti possibili investitori hanno iniziato a guardare altrove. Secondo Pitchbook, nel 2022 gli investimenti globali da venture capital si sono ridotti di un terzo rispetto all’anno precedente. Negli Stati Uniti, il più importante mercato mondiale, sono passati da 343 a 230 miliardi di dollari.

La diminuzione dei capitali a disposizione ha messo in crisi soprattutto le aziende che avevano rimandato la ricerca di un equilibrio finanziario. Per anni gli investitori hanno chiesto alle startup di crescere a ogni costo. Gli imprenditori si affannavano allora a comprare altre società e ad allargare il personale. Alcuni hanno compiuto

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acquisizioni frettolose, in diverse aziende la qualità del lavoro è calata. I capitali venivano raccolti in tempi rapidi, ma dilapidati con la stessa velocità.

Chi doveva bruciare soldi per andare avanti ha dovuto ridurre i costi: meno spese sul marketing, progetti cancellati, tagli al personale. Secondo il

sito specializzato Layoffs. fyi, nel 2022 le startup americane sostenute da venture capital hanno licenziato 35mila persone. Tra loro c’è Robinhood, che si è quotata nel luglio 2021 a una valutazione di 32 miliardi. Da allora ha perso i tre quarti del suo valore, ha tagliato il 9% del personale ad aprile 2022, poi quasi un quarto ad agosto.

Pur di ottenere capitali, diversi imprenditori si sono rassegnati a valutazioni più basse rispetto ai round di finanziamento precedenti. Nel 2021 la svedese Klarna era la fintech con il più alto valore in Europa: più di 45 miliardi di dollari, che a luglio sono diventati 6,7. Il titolo è passato a Checkout.com, valutata 40 miliardi a gennaio 2022. Poche settimane fa, secondo il Financial Times , la stessa società ha ridotto la valutazione a 11 miliardi.

Altri ex unicorni - startup non ancora quotate con una valutazione di almeno un miliardo di dollari - non esistono più. Electric Last Mile Solutions, società di veicoli elettrici, ha dichiarato bancarotta in estate. Argo Ai, startup di guida autonoma sostenuta da Ford e Volkswagen, ha chiuso a ottobre. La piattaforma di criptovalute Ftx, che un anno fa valeva 32 miliardi, è fallita a novembre. Dopo un 2022 nero, non è detto che il 2023 sia l’anno della ripresa. “Prima di investire, vuoi assicurarti che il mercato abbia raggiunto il fondo, e qui pensano che non sia ancora successo”, ha detto al Wall Street Journal Jesse Hurley, head of

global funding della Silicon Valley Bank. Esiste però anche un partito degli ottimisti. “Si può ritenere che la recessione sia transitoria”, afferma Giuseppe Donvito, partner della società di venture capital p101. “L’attività di venture capital è per definizione paziente e ha un orizzonte di lungo o lunghissimo termine”.

Quanto alla morte degli unicorni, Donvito afferma che “sembra sbiadito l’interesse verso questo concetto, a volte associato a valutazioni gonfiate e non corrispondenti ai fondamenti societari.

Secondo Pitchbook, nel 2021 sono nati oltre 580 nuovi unicorni, con un aumento del 120% rispetto all’anno precedente”. In sostanza, 1,5 al giorno. “Il 1 novembre 2022 se ne contavano 1.230. Una corsa ormai priva di senso. Gli unicorni hanno smesso di essere animali rari”. L’attenzione si sposterebbe allora verso una nuova creatura: il centauro. Vale a dire, “un’azienda che raggiunge i 100 milioni di dollari di ricavi ricorrenti annuali: una razza d’élite nella crescente mandria degli unicorni”.

Qualcuno, nella Silicon Valley, arriva a dire che gli stravolgimenti del 2022 porteranno a una nuova età dell’oro per le startup. La teoria si può riassumere così: i licenziamenti di massa compiuti dalle grandi aziende tecnologiche

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Da sinistra: Dario Brignone, Alberto Dalmasso e Samuele Pinta, fondatori di Satispay. La startup italiana è diventata un unicorno a settembre, dopo un round di finanziamento da 320 milioni di euro. FEBBRAIO, 2023
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Il quartier generale di Apple a Cupertino, in California. L’azienda ha visto diminuire il suo valore di mercato di circa 1.000 miliardi di dollari nell’ultimo anno.

tra il 2022 e l’inizio del 2023 - dai 18mila tagli di Amazon agli 11mila di Meta, dai 10mila di Microsoft ai 12mila di Google/Alphabet - hanno messo in circolazione una grande quantità di talenti, spesso sottoutilizzati dalle multinazionali, che potrebbero confluire in aziende più giovani e farne la fortuna. Il 4 gennaio l’agenzia Reuters ha pubblicato un articolo intitolato: ‘Le startup sbocciano dalle ceneri delle epurazioni delle big tech’. C’è chi ha usato la liquidazione incassata da Meta per dedicarsi a una startup di pagamenti basati sulla blockchain. Altri si sono candidati a uno dei 20 assegni da 100mila dollari messi a disposizione dal fondo Day One Ventures, destinati alle più promettenti aziende fondate dai licenziati delle cosiddette big tech. “Molte grandi aziende sono state create in tempi relativamente bui”, ha ricordato Harry Nelis, partner della società di investimento Accel. Un esempio per tutti: tra il 2008 e il 2010, negli anni della Grande Recessione, sono nate Airbnb, Slack, WhatsApp, Square, Uber, Instagram e Pinterest. Le startup europee, in particolare, potrebbero essere equipaggiate per resistere a una crisi.

Secondo un’analisi dell’ Economist , sono più snelle rispetto alle controparti americane. Bruciano più lentamente i fondi, insomma, e quindi dovrebbero avere conservato buona parte delle risorse accumulate durante l’euforia da investimenti del 2021. Poiché hanno a disposizione mercati nazionali più piccoli, poi, sono quasi obbligate ad allargarsi all’estero. La società di venture capital Atomico ha calcolato che l’80% delle aziende tecnologiche europee è internazionale,

2022 gli investimenti da venture capital sono diminuiti in America e sono rimasti stabili nei paesi europei più maturi, come Germania e Regno Unito, da noi sono aumentati del 67% e hanno superato per la prima volta i due miliardi di euro. Un record dovuto in buona parte a due settori - il fintech ha messo assieme 712 milioni, il settore energia e riciclo 346 - e a una manciata di società. Scalapay ha raccolto 215 milioni, Newcleo 300. Satispay è diventata un unicorno dopo un round

“In Italia l’investimento pro capite sul venture capital nel 2022 è stato di 35 euro, contro i 61 della Spagna e i 150 di francesi e tedeschi. Lontanissimo il Regno Unito, con 369”

contro il 61% di quelle della Silicon Valley. E in momenti difficili, la diversificazione geografica è un vantaggio. Molte startup, inoltre, lavorano in settori che sembrano poter solo crescere in futuro. In base alla classificazione di Credit Suisse, un quarto degli unicorni europei rientra nella categoria sostenibilità e potrebbe quindi beneficiare degli impegni contro il cambiamento climatico.

L’Italia, in particolare, al momento è un’eccezione rispetto al resto del mondo. Secondo uno studio di Ey, se nel

da 320. La crescita ha spinto Cassa Depositi e Prestiti a formulare, per il 2025, l’obiettivo dei nove miliardi di euro. Certo, alcuni limiti rimangono. Lo stesso rapporto di Ey definisce “meno rassicuranti” i dati relativi al Sud e Centro Italia. Più del 50% dei capitali sono finiti in Lombardia, nessuna regione del Mezzogiorno è tra le prime cinque per finanziamenti. Non per mancanza di aziende innovative, ma per “carenza di potenziali investitori”. Mentre Gianluca Galgano, startup and venture capital leader di Ey Italia,

rileva che i numeri del nostro Paese sono ancora molto inferiori rispetto a quelli dei principali mercati europei. “In Italia l’investimento pro capite sul venture capital nel 2022 è stato di 35 euro, contro i 61 della Spagna e i circa 150 di francesi e tedeschi. Lontanissimo il Regno Unito, con 369”. Secondo una ricerca di Cb Insights, in Europa come nel resto del mondo gli investitori ora preferiscono finanziare società in fase iniziale piuttosto che aziende mature, più esposte alla volatilità dei mercati.

“Non è uno scenario come quello del 2001 o del 2008”, ha detto al Wsj John Chambers, investitore ed ex amministratore delegato di Cisco Systems. “Le startup di minore livello non verranno finanziate, ma penso che sia un fenomeno salutare”. Tanti, insomma, dovranno rassegnarsi a fallire. Come l’anonimo imprenditore del blog, che, due anni dopo il fallimento, tornò su Tumblr per scrivere un ultimo messaggio. Lo intitolò: ‘Redenzione e resurrezione’. Spiegò di avere dato vita a una nuova azienda. “Non voglio fare autopromozione”, scrisse. “Voglio solo che sappiate che c’è vita anche dopo la morte di una startup. C’è redenzione. Sopravviverete anche voi. E anche per voi la seconda volta sarà ancora più bella della prima”. F

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Geopolitica

Benvenuti al Nord

Nuove rotte commerciali navigabili più veloci e sicure, come la Northern sea route, ricchezza di materie prime e terre rare: l’Artico sta diventando il nuovo centro delle strategie geopolitiche di Stati Uniti, Russia e Cina. Complice il cambiamento climatico, che sta causando il catastrofico scioglimento della calotta polare di Cosimo

Con le pressioni senza precedenti dei paesi occidentali sull’economia russa, l’importanza della rotta Nsr (Northern sea route) come arteria di trasporto marittimo è notevolmente aumentata. Il nostro compito, quindi, è sviluppare questa arteria in maniera sistematica”. Così, con enfasi, si è espresso, a dicembre, il vice premier russo Alesksadr Novak riguardo alla crescente importanza per l’economia del suo paese della Northern sea route, la tratta marittima situata nell’Artico russo che corre lungo tutta la Siberia, dal mar di Kara fino allo stretto di Bering. È la principale rotta artica insieme al Northwest passage (Nws), il passaggio a Nord Ovest, che collega l’oceano Atlantico al Pacifico.

Il cambiamento climatico, che sta causando il pericoloso scioglimento della calotta artica, ha reso attraversabili, per periodi dell’anno sempre più lunghi, rotte commerciali fino a pochi decenni fa quasi impraticabili. Secondo uno studio della Brown University, infatti, l’intera area artica si riscalda a una velocità doppia rispetto al resto del mondo.

Un dato assai preoccupante che potrebbe cambiare gli scenari geopolitici ed economici mondiali. La zona artica, che si estende per oltre 8mila chilometri quadrati, è divisa tra Russia, Canada, Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia. L’articolo 234 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 1982, ha dato la possibilità ai paesi artici di regolare il traffico marittimo

il passaggio o imporre pedaggi. Dopo il blocco all’importazione di petrolio russo via mare da parte dell’Ue il controllo della Nsr è di fondamentale importanza per la Russia come via di sbocco verso i suoi nuovi clienti, Cina e India. Dai giacimenti di petrolio nell’Artico dipende, infatti, un terzo della produzione russa e lì vengono prodotti il 10% del Pil e il 20% dell’export

Dai giacimenti di petrolio nell’Artico dipende un terzo della produzione russa. E lì vengono prodotti il 10% del Pil e il 20% dell’export di Mosca

della rotta purché questa resti ghiacciata per la maggior parte dell’anno. Paesi come la Russia, per anni, hanno potuto imporre alti pedaggi alle navi straniere che passavano per queste rotte, rendendo antieconomica la traversata. Se, però, come potrebbe accadere a breve, la rotta non fosse ghiacciata per più di sei mesi l’anno, l’articolo 234 decadrebbe e gli stati che si affacciano sull’Artico non avrebbero alcuna possibilità di bloccare

di Mosca. Il governo Putin già nel 2018 aveva deciso di investire oltre 735 miliardi di rubli (circa dieci miliardi di euro) per potenziare le infrastrutture e la flotta rompighiaccio. L’obiettivo era quello di incrementare il traffico commerciale attraverso la Nsr fino a 80 tonnellate metriche nel 2024. La Russia è finora l’unica a possedere tre navi rompighiaccio a propulsione nucleare, l’ultima varata a novembre. Nello stesso

periodo una nave tank di petrolio russa ha raggiunto Shanghai per la prima volta attraversando il Mar Glaciale Artico. Nel complesso, secondo i dati dell’Arctic Ship Traffic Data, il numero delle navi che transitano nell’Artico è cresciuto del 35% tra il 2013 e il 2019. Uno sviluppo dovuto anche al fatto che la distanza tra San Pietroburgo e Vladivostok è di 14mila chilometri passando per la Nsr, contro i 23mila del passaggio da Suez. Inoltre, il centro studi di Intesa Sanpaolo ha calcolato che usando la Nsr al posto di Suez o Panama si risparmierebbero mediamente circa 14-20 giorni a viaggio (tra il 30% e il 50% del tempo di percorrenza). E ancora: la Nsr permetterebbe di evitare l’oneroso pedaggio degli stretti e, nel caso di Suez, anche gli elevati costi di assicurazione per il passaggio nel golfo di Aden, infestato dai pirati somali.

Oltre al Cremlino, anche la Cina ha messo gli occhi sulle rotte artiche. Pechino ha individuato la Nsr come terza via per i traffici della Silk Road Connection, una sorta di ‘Via della Seta Polare’. Sempre secondo il centro studi di Intesa Sanpaolo, il

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passaggio per l’Artico della tratta Rotterdam-Shanghai permetterebbe un risparmio di una settimana. Per questo una delle compagnie di navigazioni più attiva nelle rotte artiche è la cinese Cosco. Viene stimato, per di più, che nella regione artica si trovino oltre il 12% delle riserve di petrolio globali e il 30% di quelle di gas, oltre a immensi giacimenti di terre rare. Xi Jinping vuole perciò incrementare la presenza cinese nei progetti di

sviluppo delle infrastrutture energetiche nell’Artico.

A conferma le dichiarazioni di Igor Sechin, amministratore delegato di Rosneft, la compagnia petrolifera statale russa, secondo cui “la cooperazione tra Russia e Cina nell’Artico si stia sviluppando in maniera dinamica”. Tra i progetti più rilevanti il gasdotto Yamal, che trasporta a livello globale il 5% del Gnl, gas naturale liquefatto, e l’Arctic Lng 2, progetto da 21 miliardi di dollari di cui le società cinesi Cnpc e Cnooc detengono il 20%. Il governo cinese ha investito, poi, nel potenziamento dei due

aeroporti della Groenlandia, ritenuta potenzialmente il terzo produttore di uranio al mondo. I cambiamenti climatici stanno modificando anche gli equilibri geostrategici della regione rendendo Russia e Cina una seria minaccia per gli interessi statunitensi. Secondo il think thank americano Csis, Centre for strategic and international studies, infatti, la Russia ha riattivato recentemente almeno 13 base aeree e dieci centri radar nell’artico russo. Biden, perciò, per correre ai ripari, il 7 ottobre ha delineato una nuova strategia per l’Artico basata su quattro

pilastri: sicurezza, protezione dell’ambiente, sviluppo economico sostenibile per l’Alaska e governance. Prime mosse: incremento della presenza militare nell’artico americano e potenziamento infrastrutturale del porto di Nome sullo stretto di Bering. Nuove rotte commerciali navigabili più veloci e sicure, ricchezza di materie prime e terre rare stanno facendo tornare il Polo Nord al centro delle strategie geopolitiche di Stati Uniti, Russia e Cina. La corsa, quindi, per il controllo dell’’Ultimo tesoro del mondo’, come viene definito l’Artico, è appena cominciata. F

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GEOPOLITICA
Il grafico mostra i ghiacci dell’Artico che si stanno ritirando. A breve la rotta che lo attraversa potrebbe diventare navigabile per sei mesi all’anno.

Space Economy

Fenomenologia del PIÙ FORTE

Anche nel 2023 SpaceX, la compagnia del miliardario Elon Musk, punta a battere tutti i record spaziali (già suoi). L’internet satellitare di Starlink è operativo e il lanciatore pesante Starship sta ultimando i test. Ma c’è chi teme che una posizione troppo dominante comporti più di un rischio di Patrizia

Nel 2022 SpaceX ha lanciato più di sessanta volte il suo Falcon 9 insieme con qualche Falcon Heavy. Nonostante si tratti di più di due terzi di tutti i lanci effettuati dagli Stati Uniti e di oltre un terzo di quelli registrati in tutto il mondo, SpaceX non ha alcuna intenzione di accontentarsi. Per il nuovo anno l’obiettivo è raggiungere i 100 lanci e la compagnia ha iniziato il 3 gennaio mettendo in orbita oltre 100 piccoli satelliti della classe dei cubesat, per conto di diverse aziende, inclusa l’italiana D-Orbit. È un successo senza precedenti, costruito sul riutilizzo seriale del primo stadio e su un management ferreo, in grado di tenere un ritmo di cinque o sei lanci al mese grazie a tre basi: una a Vandenberg, in California, e due a Cape Canaveral, in Florida, una nella zona civile affittata dalla Nasa (la torre di lancio 39A) e una nella

zona militare della Space Force (lo Space Launch Complex 40). Guardando il sito si scopre che la clientela della compagnia spaziale di Elon Musk è molto diversificata: accanto agli oltre 30 lanci dei satelliti della costellazione Starlink, in cui SpaceX è cliente di se stessa, e a quelli diretti verso la Stazione spaziale internazionale per il trasporto degli astronauti e dei rifornimenti, coperti da un contratto con la Nasa, l’elenco sfoggia la missione privata Ax-1 (verso la Iss), i satelliti per le telecomunicazioni della Intelsat, quelli metereologici della europea Eumetsat, quelli per l’osservazione della Terra (come l’italiano Cosmo SkyMed), oltre a satelliti militari statunitensi, a missioni scientifiche e a lanci di gruppo, contenenti decine di payload scientifici, tecnologici e commerciali. I satelliti possono essere

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GETTYIMAGES
Elon Musk

immessi in orbite basse (le cosiddette Leo a 500800 chilometri di quota), oppure andare verso l’orbita geostazionaria a 36mila chilometri dalla Terra, dove rimangono in un punto sull’equatore ruotando con un periodo di 24 ore e risultando quindi fermi rispetto alle stazioni di terra. È la condizione ottimale per fornire servizi televisivi e di telecomunicazione globali. Nel 2022 SpaceX ha in realtà superato l’orbita terrestre, lanciando anche due strumenti verso la Luna. Visto che il lanciatore ha capacità limitata, non sono orbite dirette, ma avvicinamenti a spirale in grado di minimizzare il consumo di carburante permettendo di trasportare più strumentazione (a patto di non avere fretta).

Il primo lancio lunare è avvenuto il 4 agosto con il satellite coreano Kplo (sta per Korea Pathfinder Lunar Orbite) chiamato Danuri (che si è inserito in orbita lunare il 17 dicembre), mentre il secondo è dell’11 dicembre con la missione Hakuto-R M1 della piccola compagnia giapponese Ispace, che contiene un rover degli Emirati Arabi Uniti e un robot a due ruote della Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese. In quel caso, il lanciatore ospitava, come carico secondario, anche la missione Nasa Lunar Flashlight, destinata a immettersi in orbita lunare per studiare con un laser

infrarosso i crateri delle regioni polari.

Il robot giapponese è una delle molte eredità lunari del Google Lunar X-prize che, benché non sia stato vinto da nessuno dei competitori, ha dato il via a sviluppi tecnologici innovativi. Ad anni di distanza, sono riusciti ad attrarre finanziamenti e ad arrivare ad avere uno strumento pronto per il test lunare. Se, ad aprile 2023, la manovra di allunaggio andrà a buon fine, Ispace potrebbe diventare la

prossimi mesi proverà a raggiungere la Luna come mai riuscitole finora. Dal punto di vista commerciale, è significativo il primo lancio SpaceX di dicembre: l’8 è partito il primo carico di 40 satelliti della costellazione OneWeb, concorrente di Starlink per la connettività internet orbitale che, a causa della crisi internazionale seguita all’invasione dell’Ucraina, ha dovuto cercare in tutta fretta soluzioni alternative al lanciatore Soyuz (che aveva già messo

La Nasa, che già ora dipende completamente da SpaceX per i viaggi di persone e materiale verso la Iss, ha legato alla compagnia di Musk anche le proprie ambizioni lunari

prima compagnia privata a operare sulla Luna. Il condizionale è obbligatorio, visto che le americane Astrobotic Technology e Intuitive Machines pianificano di lanciare i loro lander a marzo 2023 con una traiettoria diretta che richiede solo pochi giorni.

Per nessuno l’allunaggio sarà una passeggiata, come ha ricordato nel 2019 il lander privato israeliano Beresheet, anch’esso un discendente del Google Lunar X-prize, schiantatosi in fase di allunaggio. Medesimo destino anche per la missione indiana Chandrayaan, che nei

in orbita 468 dei 648 satelliti previsti). Cambiare lanciatore ha richiesto anche una riprogettazione dell’alloggiamento dei satelliti dentro l’ogiva, ma si direbbe che tutto si sia risolto presto e bene: SpaceX ha infatti venduto tre lanci che servivano a OneWeb per completare la sua rete satellitare (sono previsti anche due lanci con un vettore indiano), la gestione della concorrenza in orbita sarà materia per il futuro. A onor di cronaca, la posizione dominante di SpaceX impensierisce chi crede nella concorrenza e teme stia nascendo un

monopolio spaziale. Starlink è già una costellazione operativa, ma è solo una delle attività della compagnia di Musk, che nel frattempo sta anche finalizzando i test per il suo lanciatore pesante Starship. Potrebbe essere l’ennesima rivoluzione: grazie al riutilizzo quasi totale di tutte le parti, il nuovo mezzo promette di abbassare i costi di lancio fino a 100 dollari al chilogrammo, contro i 2.600 del Falcon 9.

Starship ha già clienti paganti per il viaggio cislunare, ma il lanciatore pesante di SpaceX è anche fondamentale per l’allunaggio degli astronauti della Nasa che, arrivati in orbita lunare a bordo della capsula Orion, dovrebbero trovare lo Human Landing System ad aspettarli. Il successo delle missioni con allunaggio Artemis III e IV, per le quali SpaceX ha due contratti per un totale di quattro miliardi di dollari, dipende dalla disponibilità dello Starship.

La Nasa, che già ora dipende completamente da SpaceX per i viaggi di persone e materiale verso la Iss (anche per colpa dei ritardi della Boeing che non riesce a fare partire il suo Starliner), selezionando la proposta di SpaceX per il modulo di allunaggio ha legato alla compagnia di Musk anche le proprie ambizioni lunari. Rimane da capire quanto pesino pregi e difetti di una società, oggi, in una incontrastata posizione dominante. F

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THE INVESTIGATION

Eldorado STELLARE

Raccogliere piccole pepite metalliche, quattromila metri sotto il livello del mare. Le profondità degli oceani potrebbero rispondere al crescente bisogno di materie prime. A rischio, però, di distruggere un ecosistema. Perciò si guarda anche più lontano: la nuova frontiera è l’estrazione di minerali dagli asteroidi

L’umanità ha sempre più bisogno di materie prime e, davanti all’assottigliarsi delle risorse minerarie classiche, combinato con l’impatto ambientale delle attività di estrazione, insegue soluzioni alternative. La nuova frontiera dei cercatori di metalli preziosi, o meglio, di quelli più richiesti dal mercato, si è spostata in due luoghi molto diversi, in potenza promettenti, ma ugualmente difficili da raggiungere: le profondità marine e quelle spaziali. Iniziamo a considerare l’attività mineraria sul fondo degli oceani: non si tratta di scavare miniere, ma di raccogliere noduli polimetallici, grossomodo delle dimensioni di una patata, che si sono formati nel corso delle ere geologiche grazie all’attività dei vulcani sottomarini. Centinaia

di miliardi di tonnellate di manganese, nichel, rame, cobalto, ferro, silicio, alluminio. Una volta liberati a grande profondità nei fumi dei vulcani, hanno interagito con l’acqua in condizioni di alta pressione e formato granuli poi accumulati intorno a qualcosa in grado di agire da centro di condensazione, fino a formare le patate metalliche che, in alcune regioni particolarmente ricche di bocche vulcaniche, coprono il fondale oceanico.

L’Eldorado sottomarino è una vasta regione dell’oceano Pacifico, a 4mila metri di profondità tra il Messico e le Hawaii, nota come Clarion Clipperton Zone, o Ccz.

Fino a pochi anni fa questi depositi, noti ai geologi, erano stati protetti dallo strato d’acqua che li ricopre.

Raccogliere i noduli a

quella profondità significa lavorare a una pressione di 400 atmosfere, impresa tutt’altro che semplice. Le difficoltà pratiche si riflettono immediatamente in altrettanto notevoli costi di estrazione, senza contare la devastazione ambientale. Qualsiasi attività di raccolta sul fondo del mare, infatti, comporta qualche tipo di dragaggio, con il conseguente sollevamento di una grande quantità di detriti che rimane in sospensione per un tempo indefinito e può nuocere, forse gravemente, all’ecosistema delle grandi profondità. Un ecosistema, è bene sottolinearlo, di cui sappiamo ancora relativamente poco, tanto è vero che si continuano a scoprire nuove specie. Questo problema ecologico scompare, o diventa irrilevante, se si considera l’estrazione

di materiali dai corpi celesti, in particolare dagli asteroidi metallici. Non che il lavoro di prospezione ed estrazione sia più semplice e meno dispendioso, ma la quantità di metalli interessanti è tale da rendere appetibile l’impresa. Occorre dire che gli asteroidi metallici sono una piccola frazione della popolazione degli asteroidi nel nostro Sistema solare, per la maggior parte di tipo roccioso e carbonioso, ma, se si trova quello giusto, le prospettive

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di Patrizia Caraveo

I corpi celesti si possono sfruttare, ma non possedere. La distinzione è sottile e poco chiara. Che cosa succederebbe se spedizioni di diverse potenze spaziali decidessero di sfruttare lo stesso asteroide?

economiche sono enormi. Per ridurre i tempi di transito, sempre un problema spinoso nei viaggi interplanetari, sotto la presidenza Obama la Nasa aveva iniziato a studiare una missione per catturare un asteroide di piccole dimensioni da trascinare in una zona del Sistema solare più accessibile, per esempio

fra la Terra e la Luna, e permettere un più agevole trasporto del materiale. Questi due approcci minerari di frontiera hanno un’importante similitudine, perché puntano a sfruttare un bene comune, cioè qualcosa che non appartiene a nessuno e il cui sfruttamento dovrebbe essere regolato

da un quadro legislativo. Regolamentazione, in entrambi i casi, alquanto mal definita.

Per le attività marine esiste un Trattato del mare, lo United Nations Convention on the Law of the Sea (Unclos), firmato nel 1982 per regolare l’utilizzo delle acque internazionali.

Riprendendo l’antica legge del mare, il trattato stabilisce che, al di là del limite delle acque territoriali, l’oceano è un bene comune da preservare, evitando di inquinarlo e di sfruttarlo

Gli asteroidi metallici sono una piccola frazione degli asteroidi del Sistema solare. L’estrazione sarebbe costosa, ma la quantità di metalli interessanti è tale da rendere l’impresa economicamente vantaggiosa.

in modo insostenibile.

Le operazioni minerarie sottomarine al di fuori delle acque territoriali devono essere autorizzate dalla International Seabed Authority (Isa), un organismo nato nel 1994, al quale aderiscono 169 stati. La Isa, però, non ha ancora scritto le regole da applicare per la gestione delle miniere sottomarine, quindi non può rilasciare permessi. Tutto quello che può fare è autorizzare missioni esplorative localizzate e di breve durata, la maggior parte delle quali è relativa alla Ccz. All’interno delle acque territoriali i singoli stati possono autorizzare attività minerarie.

Le operazioni nello spazio sono invece regolate dall’Outer Space Treaty delle Nazioni Unite, diventato operativo nell’ottobre del 1967, che costituisce l’ossatura della space law. Il trattato stabilisce che nessuno stato può reclamare la proprietà di un corpo celeste. Ovviamente, all’epoca, nessuno si era posto il problema dello sfruttamento minerario. Per colmare la lacuna e dare una protezione legislativa agli investitori statunitensi, nel novembre 2015 Obama ha firmato lo Us Commercial Space Launch Competitiveness

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55 SPACE ECONOMY

Act, meglio noto come Asteroid Act. La legge prevede che ogni cittadino americano che ricavi materiale da un asteroide sia libero di riportarlo sulla Terra e venderlo, nel rispetto degli obblighi internazionali statunitensi. Tuttavia, per non infrangere l’Outer Space Treaty, la legge specifica che gli Stati Uniti non reclamano la sovranità sugli asteroidi né il loro possesso.

L’Eldorado sottomarino è una vasta regione dell’oceano Pacifico a quattromila metri di profondità, tra il Messico e le Hawaii. Fino a pochi anni fa, questi depositi erano stati protetti dallo strato d’acqua che li ricopre

In altre parole, gli asteroidi e gli altri corpi celesti si possono sfruttare, ma non possedere. La distinzione è sottile e tutt’altro che chiara. Che cosa succederebbe, per esempio, se due diverse spedizioni, magari di diverse potenze spaziali, decidessero di sfruttare lo stesso asteroide

metallico? Il primo ad arrivare avrebbe tutti i diritti? Oppure farebbe testo la legge nazionale? Forse per questo il Lussemburgo, non certo una potenza spaziale, ha approvato una legge simile a quella americana per diventare un hub per le compagnie minerarie spaziali. Certo, in mancanza di

una legge globale sulla gestione delle risorse spaziali, averne una nazionale è un passo avanti. Per questo anche in Italia si sta lavorando a una legge sullo spazio, che è stata oggetto di una conferenza organizzata da Fondazione Leonardo e Sda Bocconi il 16 dicembre a Roma. La data non è stata scelta a caso: è la Giornata Nazionale dello Spazio, istituita per ricordare il lancio del primo satellite italiano nel 1964, il san Marco 1. Che sia di buon auspicio. F

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Raccogliere noduli polimetallici sul fondo degli oceani richiede di lavorare a una pressione di 400 atmosfere.

Abbattere il costo del lavoro senza erodere risorse

Nonostante paure e falsi miti, l’intelligenza artificiale è l’alleato perfetto per le imprese che vogliono aumentare la produttività favorendo una crescita salariale

Crisi occupazionale, famiglie sul lastrico, robot che schiavizzano lentamente il genere umano. Questi sono solo alcuni degli stereotipi associati all’intelligenza artificiale. E se in parte provengono da credenze popolari o disaster movie hollywoodiani, altri sono figli di vecchie teorie economiche o di sbagliate proiezioni, che finiscono sempre con un semplicistico claim, “I robot ci ruberanno il lavoro”. Nonostante tra questi falsi miti si nascondano delle proiezioni affascinanti, non ci resta che smentirle e provare a spiegare perché l’intelligenza artificiale è l’alleato perfetto del futuro, del presente e dell’intera economia moderna. Se pensiamo a quanta diffidenza le persone nutrivano nei confronti del mercato online e di come oggi non possano farne a meno, riusciamo facilmente a ipotizzare quello che sarà a breve la percezione nei confronti dell’intelligenza artificiale. Questo succede perché la cultura occidentale ha bisogno di tempo per abituarsi alle realtà tecnologiche e molto presto la società inizierà a vedere l’AI come un reale supporto all’uomo, capace di migliorare i processi produttivi e aumentare il potenziale umano.

Questo sfondo, sempre più plausibile, provoca una piacevole rassicurazione su quello che sarà il mondo del lavoro, un universo lavorativo in cui tutti avremo più tempo libero e un’elevata riduzione di stress, in quanto a fare il “lavoro sporco e noioso” ci penseranno i sistemi sviluppati dall’AI. Questa proiezione è già realtà, in quanto oggi l’uso dell’intelligenza artificiale nelle aziende aumenta la produttività favorendo così una crescita salariale, possibile grazie a un effetto domino capace di coinvolgere ogni tassello del mercato. A conferma di questo ci tornano utili i dati a disposizione e ci aiutano a creare una proiezione effettiva degli impatti provocati dalle tecnologie di AI negli ultimi dieci anni nel mondo del lavoro. Quello che

emerge dalle ricerche è che l’intelligenza artificiale ha il potenziale per integrare e aumentare, piuttosto che sostituire, le capacità umane e anzi, fino a oggi, l’introduzione dell’AI nelle aziende ha creato più posti di lavoro di quelli che ha fatto perdere (dati Ocse gennaio 2021). Incrementare il fatturato, ridurre i costi e aumentare i margini: sono questi gli obiettivi che possono essere raggiunti grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale e queste soluzioni sono offerte già da varie aziende nel mondo e, in Italia, da Vedrai, gruppo specializzato in soluzioni di intelligenza artificiale per i processi decisionali di imprenditori e manager. Oggi Vedrai sviluppa agenti virtuali come James, che permettono alle pmi di compiere analisi predittive. In particolare un supporto come James aiuta i manager a prendere importanti decisioni strategiche, compie analisi predittive che valutano l’impatto di scelte di investimento, approvvigionamento e offerta sui ricavi, con il fine ultimo di migliorare i conti economici e il bilancio. L’uso di questi sistemi riesce a fornire una panoramica complessiva dell’andamento aziendale e a simulare i diversi scenari di allocazione di budget, ottimizzando il tempo del ceo e delle figure che si occupano del controllo di gestione. In questo modo, quindi, l’intelligenza artificiale abbatte il costo del lavoro senza erodere risorse, consentendo al team di dedicare tempo ad attività a valore aggiunto.

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Bisogni da ascoltare

Presente in oltre 25 paesi con più di novemila centri specializzati, Amplifon è attiva nei servizi e nelle soluzioni per l’udito. Per continuare a guidare il mercato, sta puntando su digitalizzazione e sostenibilità.

“Utilizziamo i dati per conoscere meglio i nostri clienti e personalizzare di più la loro esperienza”, dice l’amministratore delegato Enrico Vita

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di Matia Venini
IL CORAGGIO DI OSARE

L’Italia è la seconda potenza manifatturiera d’Europa, nonché sede di tantissime piccole e medie imprese di portata globale, le cosiddette multinazionali tascabili. Il Paese è invece ancora un po’ carente di grandi realtà di caratura internazionale, in particolare in posizioni di leadership. Tra le eccezioni c’è Amplifon, azienda fondata a Milano nel 1950 e ormai da anni numero uno al mondo nei servizi e nelle soluzioni per l’udito. Uno status ulteriormente consolidato negli ultimi sette anni, con un fatturato annuo raddoppiato da poco più di un miliardo di euro (2015) a oltre due miliardi (previsione 2022, i risultati saranno resi noti il 1 marzo).

Amplifon è presente in 25 paesi attraverso oltre 9.200 centri specializzati e circa 18.600 dipendenti e collaboratori. È leader nel retail con una quota di mercato del 12% in un settore molto frammentato. La società opera in un mercato erroneamente percepito come old economy, probabilmente perché rivolto alla popolazione over 60. Tuttavia, si tratta di un luogo comune perché proprio i senior sono sempre più attenti alla tecnologia.

Secondo un’indagine Ipsos, i senior italiani sono inseparabili dal proprio smartphone (76%) e primeggiano per l’uso dei social network (il 76% ha almeno un account). È chiaro, dunque, un rapporto di forte intimità con la tecnologia: per il 78% permette di semplificare la vita, per l’83% di fare cose che prima non riuscivano a fare.

Questi fattori caratterizzano l’attuale percorso di Amplifon, che fa leva sul digitale per costruire un’esperienza unica e personale. Ad esempio, grazie alla Amplifon App, è possibile personalizzare i profili di ascolto dei dispositivi acustici di nuova generazione o ricevere un’assistenza continua e personalizzata da parte del personale del proprio negozio, ovunque ci si trovi. Inoltre l’applicazione permette di verificare le statistiche di utilizzo del dispositivo e ricevere suggerimenti personalizzati su come utilizzarlo al meglio. A conferma di questo trend, Amplifon ha lancia-

to una nuova divisione, AmplifonX, interamente dedicata al software design e alla creazione di soluzioni digitali, che fa leva su 150 milioni di investimenti netti nel biennio 2022-2024 e su un team di oltre 60 talenti digitali, con la prospettiva di un incremento nell’organico nei prossimi due anni.

“La nostra visione”, spiega Enrico Vita, ceo di Amplifon, “è quella di fare leva sulle tecnologie digitali, in primis le capacità di connessione e di comunicazione di dati delle nuove generazioni di dispositivi acustici, per innovare il servizio che offriamo a chi si rivolge ad Amplifon e per raggiungere concretamente due obiettivi per noi molto importanti: conoscere sempre meglio i nostri clienti tramite l’utilizzo dei dati e personalizzare ed arricchire ancor di più l’esperienza con nuovi servizi”.

Amplifon dimostra come gran parte dell’innovazione in questo settore risieda nel servizio offerto per migliorare la qualità della vita delle persone. Ma negli ultimi anni ci sono stati rinnovamenti anche nel prodotto, uno su tutti l’introduzione degli apparecchi ricaricabili.

Aumentando la penetrazione nel mercato e l’utilizzo di dispositivi acustici ricaricabili si limita l’uso e lo smaltimento di batterie usa e getta, per risparmiare oltre 200 milioni di batterie all’anno entro il 2023. Questo calcolo si basa sulla stima di un ciclo di vita di circa cinque anni per un device acustico non ricaricabile, prevedendo, in media, la sostituzione della batteria ogni cinque giorni, con un consumo di 73 batterie l’anno.

Nel solo 2021, Amplifon ha contribuito al risparmio di circa 131 milioni di batterie che altrimenti sarebbero state utilizzate dai clienti, di cui quasi

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57 milioni grazie ai dispositivi ricaricabili venduti nell’anno. La percentuale di apparecchi acustici, che è possibile ricaricare, venduti sul totale è in costante crescita. A fine 2022 sono stati oltre il 50%, rispetto a circa il 30% del 2019. Inoltre, tra le misure a favore dell’economia circolare, alcuni Paesi nei quali è presente Amplifon, tra cui l’Olanda, stanno progressivamente fornendo i negozi di punti di raccolta per le batterie usate dai clienti per i loro dispositivi acustici non ricaricabili, garantendone il corretto riciclo. L’impatto principale di questa misura riguarda la riduzione dei rifiuti prodotti, oltre che il consumo di energia elettrica. Un altro obiettivo di sostenibilità fissato dall’azienda è incrementare l’utilizzo di energia elettrica rinnovabile certificata ad almeno il 70% nei consumi di uffici e negozi diretti entro la fine del 2023, evitando la relativa emissione di CO2. Nel 2021, la quota di elettricità rinnovabile acquistata è salita al 30% grazie agli approvvigionamenti 100% green presso le sedi in Germania, Olanda, Italia, oltre che presso il global headquarter di Milano, e parzialmente in Australia, Svizzera, Portogallo e Regno Unito. Ciò ha permesso di evitare circa 4.400 tonnellate di CO2 che altrimenti sarebbero state computate nelle emissioni totali.

Per l’anno 2022, si è raggiunto un ulteriore aumento della percentuale di elettricità rinnovabile certificata grazie ai nuovi contratti di fornitura stipulati in Francia e Spagna, che garantiranno

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così un’ulteriore riduzione delle emissioni indirette associate all’acquisto di energia elettrica da parte dell’azienda.

Per una realtà retail e di servizio come Amplifon, una delle chiavi del successo sono le persone. La società si impegna a supportare il benessere e la crescita dei propri talenti, promuovendo un ambiente di lavoro equo e inclusivo ma anche una strategia di formazione incentrata sull’aggiornamento continuo delle competenze. Alcuni numeri sono sufficienti per rendere l’idea dell’impegno dell’azienda in questo senso: oltre il 70% di dipendenti donne, un’età media intorno ai 39 anni, 90 diverse nazionalità rappresentate e circa tre giorni di formazione l’anno per ciascun dipendente.

Un impegno recentemente riconosciuto anche dal Top Employers Institute, che ogni anno conferisce la certificazione Top Employer alle imprese che eccellono nella gestione delle risorse umane, riconosciuta ad Amplifon per il secondo anno consecutivo per l’intera Europa - in particolare per Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo e, dal 2023, anche per Olanda, Stati Uniti e Nuova Zelanda. “Ho la fortuna”, conclude Vita, “di guidare un gruppo di persone di talento, che condividono valori estremamente semplici ma anche molto forti, che perseguono un progetto con la passione per il raggiungimento di obiettivi ambiziosi e soprattutto che hanno il piacere di lavorare insieme con le giuste dinamiche di team”. F

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Amplifon conta oltre 9.200 centri specializzati in tutto il mondo e circa 18.600 dipendenti e collaboratori.

Burocrazia senza stress

Enrico Mattiazzi e Vito Lomele hanno fondato Fiscozen per semplificare la vita del popolo delle partite Iva, ma anche dei commercialisti. A fine 2022 hanno raccolto un finanziamento di otto milioni di euro. “Portiamo nel fisco la semplicità del web”

Sno Daily Mail. Hanno cominciato entrambi, in stagioni diverse, con siti di dating online e i loro percorsi si sono incrociati quando Lomele ci ha riprovato con un’altra startup (che non ha poi funzionato) e Mattiazzi lavorava per il fondo di venture capital United Ventures. Hanno cominciato a ragionare insieme su una nuova impresa partendo da una domanda: “Come possiamo aiutare chi vuole avviare una propria attività?”

Solo pensare di accostare le parole fisco e zen può sembrare una follia: il massimo dell’ansia con la ricerca della serenità. Ma c’è una startup che ha lanciato la sfida: si chiama proprio Fiscozen, perché ha l’ambizione di semplificare la vita del popolo della partite Iva, ma anche dei professionisti che li seguono, i commercialisti. “Ormai le auto si guidano da sole o quasi, figuriamoci se non siamo in grado di gestire le attività e le spese di una piccola attività con un software!”, è la battuta preferita da Enrico Mattiazzi, ceo di Fiscozen, che a fine 2022 ha chiuso un round di finanziamento da otto milioni di euro (che si aggiungono ai tre del 2020) guidato da un fondo di venture capital olandese. ‘Curare’la burocrazia, quindi, è una preoccupazione che va oltre i confini italiani. E poi, adesso, con la flat tax al 15% per gli under 85mila euro sarà più conveniente mettersi in proprio.

“Chiunque si metta in proprio, soprattutto adesso, merita di essere supportato per la sua audacia”, dice Mattiazzi, 36 anni, che ha fondato la startup a fine 2017 con Vito Lomele, 51 anni. Un giovane manager passato al venture capital e un navigato imprenditore seriale balzato agli onori delle cronache dieci anni fa per una exit clamorosa: la vendita (per 30 milioni di euro, si disse allora) della startup Jobrapido al gruppo inglese Dmgt, che tra le altre cose pubblica il quotidia-

La risposta è apparentemente semplice: usare la tecnologia. “Con Jobrapido avevo creato la prima piattaforma digitale che aggregava tutte le offerte di lavoro disperse in mille fonti”, ricorda Lomele, che dopo dieci anni in giro per l’Europa ha deciso di tornare in Italia per la nuova impresa. “Non avremmo potuto fare quel che abbiamo fatto senza Vito e la sua esperienza”, dice Mattiazzi. E Lomele si schermisce: “È la conferma che le exit fanno bene a tutto il sistema”. “Le partite Iva hanno sulle spalle il peso di una burocrazia fiscale complessa e intransigente. Solo le scadenze fiscali, nell’arco dell’anno, possono essere di oltre 200 diversi tipi”, ricorda Mattiazzi. “Io e il mio socio siamo entrambi ingegneri, abbiamo vissuto sulla nostra pelle la frustrazione e la fatica di tutti questi adempimenti burocratici, ma, conoscendo le tecnologie, siamo riusciti a mettere insieme una piattaforma che raccoglie le informazioni fornite dal cliente e quelle che arrivano dalle banche dati, permet-

CONTRARIAN INNOVATION 62 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
“Invece di lasciarti da solo davanti a un pannello con mille campi da compilare, con i nostri software selezioniamo quelli necessari per fare la fattura corretta”

tendo così di semplificare tutti gli adempimenti, sia per i clienti, sia per i commercialisti”. Sul mercato ci già sono tantissimi software per la gestione fiscale. Fiscozen ha forse trovato l’uovo di Colombo? “Noi portiamo nel fisco la semplicità del web, quella a cui siamo ormai abituati con il banking o lo shopping online”, replica Mattiazzi. Che cosa significa semplificare il fisco? “La fatturazione è il punto di partenza di qualsiasi attività. Dal 2019 è obbligatoriamente elettronica: secondo il profilo di chi sta facendo la fattura noi riusciamo a ridurre la possibilità di sbagliare. Invece di lasciarti da solo davanti a un pannello con mille campi da compilare, selezioniamo quelli necessari per fare la fattura corretta. E non ci fermiamo qui. Appena fai una fattura, invece di lasciarla lì in attesa della prossima scadenza fiscale, la piattaforma elabora, ad esempio, una previsione delle spese fiscali con 24 mesi di anticipo. Dietro c’è tanto software”. Tutto questo software renderà inutile il commercialista? “Assolutamente no”, rispondono all’unisono Lomele e Mattiazzi. Chi si iscrive su Fiscozen, che è un soggetto abilitato dall’Agenzia delle Entrate, sceglie un commercialista che potrà aiutarlo nei momenti più difficili. “I

commercialisti possono adottare uno dei tanti software complessi ed efficaci che ci sono sul mercato, ma vivono anche la frustrazione di non avere il tempo per dedicarsi alla consulenza al cliente. Il nostro obiettivo è liberare tempo dalla burocrazia per dedicarlo alla relazione con i clienti”. Fiscozen è una double side platform, come si dice in gergo: una parte la deve sovvenzionare e sono le partite Iva (che pagano 399 euro l’anno in regime forfettario e 999 in regime ordinario). “Ai commercialisti che salgono a bordo va una parte di quel che paga il cliente. Attualmente sono una trentina e aumentano man mano che crescono gli iscritti (che a inizio 2023 sono circa 15mila) per mantenere in equilibrio la piattaforma”, spiega Mattiazzi. In Italia ci sono circa 120mila commercialisti e ciascuno, mediamente, guadagna 60mila euro l’anno: un mercato molto frammentato. “Noi agevoliamo la digitalizzazione dei commercialisti e li aiutiamo a trovare nuovi clienti”.

Gli otto milioni del round di dicembre? “Serviranno a investire in tecnologia”, dice senza alcuna esitazione Mattiazzi. “L’intelligenza artificiale non è magia, ma un pacco di codice da sviluppare per rendere il software sempre più capace e autonomo”. Qualche esempio? “Quando un cliente carica le ricevute dei taxi sono tutte simili ma tutte diverse e spesso scritte male. Oggi siamo in grado di fare una precompilazione che deve poi essere verificata da un umano. Stiamo lavorando per rendere questo automatismo affidabile. Poi ci sono le sinergie possibili con i movimenti del conto corrente: quando ricevi un bonifico la piattaforma segnerà automaticamente come pagata la fattura”.

L’investimento del fondo olandese Keen Venture Partners fa pensare anche a uno sviluppo internazionale di Fiscozen. “Ci occupiamo di burocrazia e ogni Paese è diverso. Certamente potremmo applicare il nostro modello o sviluppare sinergie con imprese locali ma nei prossimi cinque anni abbiamo altri obiettivi”, spiegano Lomele e Mattiazzi. “Il fondo ha sposato appieno la nostra priorità: conquistare il mercato italiano e poi pensare all’internazionalizzazione”. Del resto, gli spazi di crescita in patria sono enormi. Se ciascuno dei tre milioni di titolari di partite Iva spendesse mille euro l’anno…”. F

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FEBBRAIO, 2023 Enrico Mattiazzi, 36 anni e Vito Lomele (a sinistra), 51, sono entrambi ingegneri. Hanno fondato Fiscozen a fine 2017.

L’etica che verrà

Paolo Benanti, francescano e docente alla Pontificia Università Gregoriana, è uno dei padri della robo-etica. “Possiamo pensare che gli strumenti siano neutrali, ma la storia recente ci ha insegnato che non è così”, dice. “Il metaverso? Siamo fatti per le esperienze incarnate”

Lstabilito da un portale web, cioè da un algoritmo informatico che, in base a un suo criterio, ha detto chi andava prima e chi andava dopo. Allora l’algor-etica altro non è che il tentativo di vivere questa tecnologizzazione della società in modo non passivo ma attivo, definendo i valori fondanti della società.

Creare un linguaggio universale? È concepibile un progetto così imponente?

La tecnologia si evolve in modo esponenziale, la capacità di calcolo punta al quantico, l’interfaccia visiva è sempre più verosimile. Si definiscono nuove vite promesse dal metaverso, mentre si consolida l’influenza dei social media sull’immaginario collettivo. Ma è l’intelligenza artificiale che incombe su linee guida e visioni dei mercati planetari. Potrà avere anche una sua etica? Guidata da chi e come?

Sicuramente l’angolatura di visuale filosofica e teologica del padre della robo-etica Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare e docente alla Pontificia Università Gregoriana, può aiutarci a capire il significato etico e antropologico della transizione digitale.

Affiancare l’etica alla tecnologia. Rendere il valore morale assimilabile alle logiche digitali. Da dove si comincia per raggiungere quale obiettivo?

Il primo passo è accettare la necessità di un’etica all’interno del mondo tecnologico. Possiamo pensare che ogni strumento sia neutrale e l’unica cosa nel quale risiede la scelta etica sia il manicum, cioè quella parte dello strumento che è connessa alla mano: un modo latino per dire che l’unica questione etica è nel suo utilizzo, nel suo utilizzatore. La storia recente, però, ci ha insegnato che non è così. Usciamo da una pandemia in cui abbiamo preso il vaccino nell’ordine

L’unico lato universale che perseguiamo è la libertà, quella facoltà umana che consente di scegliere tra tante azioni le diverse possibilità. Mediare tra il bene e il male e magari definire utilizzi leciti o illeciti della tecnologia è diventato impellente. Una tecnologia di per sé è stupida - la bomba atomica ha già rischiato di cancellarci dalla faccia della terra -, allora come creare una chiave universale? Questo desiderio di una macchina che non sia ingiusta, che non faccia discriminazioni, è già presente. Renderlo possibile e attuabile non è più un discorso di universalità, ma di tecnicalità: come tradurre questi principi in ricette che mandano avanti le macchine? Ecco la sfida dell’algor-etica su come renderla computabile per le macchine.

ChatGPT consente alle persone e alle macchine di parlarsi e interagire realmente. Può essere il punto di partenza?

Queste nuove frontiere dell’intelligenza artificiale sono in grado di generare prodotti sintetici, cioè molto simili a quello naturale, senza esserlo. Il diamante sintetico sarebbe indistinguibile da quello naturale se non fosse per due caratteristiche: non ha difetti al suo interno e per legge ha inciso al laser un numero di serie. Tuttavia vale quanto un diamante reale ed è in grado di ingannarci. La domanda è: abbiamo il diritto a essere avvisati che chi interagisce con noi è una macchina e non un essere umano? Soprattutto i più fragili possono essere soggiogati da questi nuovi sistemi che non si stancano mai e sono sempre più invasivi. Se poi si va nella sfera politica per convincerci o nella funzione di governo per controllarci, ecco che entriamo nei

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peggiori incubi distopici della fantascienza. Lo strumento è potentissimo e per questo serve un’etica per renderlo compatibile con la vita che vogliamo vivere.

Dialogo umani-macchine: spesso dimentichiamo che la base di partenza è solo una serie di numeri. Le macchine non hanno una coscienza, auto-consapevolezza. Quando l’intelligenza artificiale di Google Deep Mind, con il suo prodigio AlphaGo, ha sconfitto il campione del mondo di Go, non era neanche cosciente di giocare una partita, ma eseguiva calcoli in una maniera così complessa e continuata da sembrare vivente. La macchina è semplicemente un’illusione, un riflesso di quella nostalgia di avere altri esseri intelligenti oltre alla specie umana.

Social Dilemma, il docufilm prodotto da Netflix, è esplicito: pochissimi al mondo detengono il potere assoluto di controllo anche e soprattutto attraverso i social media.

Ricordate lo sbarco sulla Luna nel 1968? Era frutto dello sforzo della massima potenza mondiale. Oggi andiamo nello spazio grazie a una startup privata, la SpaceX di Elon Musk. I prodigi della rete, le grandi aziende, i motori di ricerca non sono più frutto di impegni governativi, ma espressione di gruppi di potere. Lo stato è controllabile attraverso quel meccanismo fragile e delicato, che però funziona, chiamato democrazia. Le imprese, invece, hanno un’unica grande legge: portare profitto alla fine del ciclo finanziario. Di per sé non è un male, ma a volte il profitto può non essere compatibile con il bene comune. Allora la sfida è non perdere nulla dei grandi vantaggi che queste tecnologie danno al genere umano e nello stesso tempo rimanere all’interno di strade ben definite, con tanto di guardrail che - mi si passi la metafora - ci aiutino a non uscire dalla carreggiata.

Quale autorità può controllare i controllori del nostro immaginario collettivo? E come?

Ci sono varie strade. Quella statunitense dice che il mercato si autoregola e vince il più forte e il migliore. Quella cinese prevede uno stato accentratore che ritiene di sapere qual è il bene di ciascuno e ne dispone con regole precise. Quella europea ha scelto la via della protezione del consumatore, della regolamentazione, della governance. La nostra è forse la più lenta, perché richiede la formazione di una coscienza comune orientata al bene condiviso. È però in grado di mediare i vantaggi del mercato, riaffermando che nessuno deve essere sopra la legge. Non so se ci riusciremo, ma sono fiducioso sul fatto che questo sforzo culturale e di regolamentazione possa garantirci quantomeno un modello di intelligenza artificiale e di robotica molto diverso rispetto alle altre nazioni.

Ammesso che il metaverso possa diventare il luogo dove vivere nuove vite, sarà più facile stabilire e rispettare regole?

La prima volta che, in una caverna, un membro della nostra specie ha preso in mano una clava, l’ha usata per aprire più noci di cocco o più teste dei nemici? Entrambe, probabilmente. Affermare che la tecnologia non può avere un uso negativo è voler ignorare la storia del genere umano. Metaverso non è esattamente quello che sogna Zuckerberg con Meta, ma una disposizione dei dati che produciamo in una maniera che simula la realtà in 3D con possibili sviluppi e tanti utilizzi. Ma può essere trasformata facilmente in un’arma molto potente. Il futuro è ambiguo e promettente nello stesso tempo. Non penso tuttavia che si possa parlare di esistenze digitali perché siamo fatti per vivere esperienze incarnate, non per vivere come copie. Fatemi fare un po’ il filosofo: Platone nella Repubblica ci dice che la vera conoscenza, e quindi la felicità dell’uomo, accade non quando si guarda l’ombra proiettata sulla caverna, ma quando ci si gira, si esce e si vede la realtà. Ecco, il metaverso rischia di essere una grande proiezione della realtà sul fondo della caverna. Ormai sappiamo bene che tutti i sistemi che ci hanno voluto inchiodare in fondo alla caverna hanno prodotto sofferenze e non ci hanno reso felici. F

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Paolo Benanti

La protezione come investimento

Il conflitto Russia-Ucraina ha stravolto la geopolitica dell’Europa e ha toccato tutti gli aspetti di sicurezza energetica. Fondamentale l’attività di società come DuskRise, che si impegna a controllare le minacce informatiche per fornire servizi di monitoraggio ad aziende ed enti governativi

Il comparto energetico è essenziale per garantire lo sviluppo della società contemporanea perché è parte integrante di tutti i settori socioeconomici: un suo disservizio totale o parziale, infatti, può contribuire a produrre il collasso economico di un Paese. La situazione geopolitica globale attuale ha aumentato i rischi nel cyberspazio, aggravando le possibili conseguenze sulle infrastrutture critiche energetiche in modo esponenziale. Secondo gli esperti, nel solo periodo tra giugno e luglio 2022 gli attacchi informatici contro il mondo dell’energia sono aumentati del 33%. Il conflitto tra Russia e Ucraina, che ha generato profitti alle imprese produttrici, e l’ampia diffusione mediatica che ruota attorno al settore, hanno contribuito a sottolinearne le criticità. L’inizio del conflitto ha stravolto la struttura delle interdipendenze geopolitiche del continente europeo, investendo gli aspetti attinenti alla sicurezza energetica del nostro Paese. Come riportato da una ricerca di Trend Micro Research, la mancanza di figure specializzate e i ritardi di manovra hanno portato l’Italia a essere il primo paese dell’Ue per numero di attacchi ransomware nel primo semestre del 2022. L’obbligo di notifica di incidenti di rete per chi fa parte del Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, una tra le misure previste nell’ultimo decreto, rappresenta un importante

Ipasso in avanti, ma il percorso verso il cambiamento è ancora lungo e complesso. È fondamentale continuare a investire di più nella prevenzione, per sviluppare una cultura della sicurezza ed evitare di lasciarsi cogliere impreparati. Una delle società più attive nel campo della cybersicurezza è DuskRise, realtà che, con il supporto dell’unità di intelligence sulle minacce Cluster25, tiene sotto costante controllo il panorama internazionale delle minacce informatiche per fornire una serie di servizi di monitoraggio e protezione ad aziende ed enti governativi. Forbes Italia ha intervistato Emanuele De Lucia, chief technology oofficer della società, che ha approfondito il campo delle attività cyber nell’attuale contesto geopolitico, con un occhio di riguardo al settore energetico.

De Lucia, in cosa consiste l’attività di prevenzione di DuskRise?

Una delle nostre attività di punta è la cyber intelligence, un settore che si estende dal monitoraggio del perimetro interno al controllo di quello esterno. Il focus è estremamente vasto e il settore è piuttosto complesso. Solo nel 2022 il nostro centro di analisi ha prodotto 2.110 report relativi a minacce informatiche emergenti, gruppi statuali e attività criminali, condividendo al contempo milioni di indicatori di attacco e di compromissione. Il settore è in forte crescita dal lato commerciale, il numero sempre maggiore di minacce sta attirando l’interesse sia del mondo privato che delle istituzioni. Lo scopo è quello di arrivare prima degli hacker e condividere informazioni sulle tecniche di attacco per far sì che i nostri clienti possano proteggersi preventivamente. Oggi l’attenzione è rivolta a coloro che agiscono non solo a livello criminale. Parlo di attori vicini alla Russia. Noi, a livello di ricerca, monitoriamo le attività non solo dei cybercriminali comuni, ma anche di molteplici gruppi considerati vicini a governi ostili. Spesso lavoriamo

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su informazioni parziali e/o incomplete, perseguendo ipotesi che cerchiamo di validare al meglio delle nostre possibilità. Nel nostro mestiere di rado si hanno a disposizione tutte le informazioni che vorremmo in fase di analisi. A livello di prevenzione risulta ancora piuttosto complicato. Molto dipende dal singolo perimetro, dalle politiche di sicurezza in essere e dalle tecnologie impiegate.

Oggi da chi provengono le maggiori minacce?

C’è la parte di spionaggio, di attivismo, quella orientata alla compromissione di sistemi di controllo industriale, come le reti elettriche. Molto spesso queste sorgenti di minaccia sono interconnesse. Pensiamo, ad esempio, alle relazioni dell’ecosistema criminale russo con esponenti

di agenzie governative locali. Cluster25 ha avuto modo di analizzare conversazioni nel dark web fra individui russofoni operanti nel mondo del crimine informatico che parlavano dell’ufficio riferendosi ad agenzie governative russe. Questa interconnessione rappresenta già di per sé un grosso vantaggio, oltre al fatto che chi attacca ha la possibilità di percorrere tante strade per arrivare all’obiettivo, mentre chi difende può sbagliare una volta soltanto. Inoltre I potenziali vettori di attacco sono tanti e le tecniche di ingegneria sociale si fanno sempre più sofisticate. Se prima i cybercriminali si limitavano all’email di phishing, cioè un messaggio fraudolento creato in modo da sembrare autentico, oggi cresce la tendenza a supportare queste tecniche mediante profili social estremamente credibili per le operazioni di adescamento delle potenziali vittime. Per concludere, a chi difende spesso viene demandato il compito di controllare e verificare molteplici aspetti della sicurezza: amministrazione, politiche, procedure, passando anche al dettaglio tecnico, con un numero di risorse spesso sottodimensionato.

Come si è evoluta nel tempo l’attività cybercriminale?

Nel tempo abbiamo assistito all’evoluzione di un ecosistema criminale sempre più organizzato. Se in passato molti collettivi criminali risultavano isolati e dovevano procurarsi autonomamente mezzi e risorse per le proprie attività, oggi possiamo parlare di un ecosistema in cui le relazioni fra i principali cartelli la fanno da padrone e gli attori in gioco sono focalizzati su specifici settori di competenza. Oggi, per portare a compimento un’operazione ransomware, gli attaccanti demandano o si procurano i primi vettori di attacco mediante l’ausilio di altri gruppi a loro collegati, la cui attività criminale si focalizza nel mettere a disposizione una prima facile via di accesso ai perimetri delle vittime. L’attività finale, dunque, è pesantemente a danno delle aziende. Se prima, però, il criminale aveva disponibilità relativamente limitata di mezzi e risorse, oggi può contare su piattaforme dall’utilizzo diffuso nel panorama cyber informatico, come Telegram e Discord, e forum/marketplace in cui chiedere e ottenere, dietro compenso, quello di cui ha bisogno. Oggi è possibile comprare dati, informazioni, vettori di accesso e affittare malware, reti botnet, infrastrutture di rete etc. Sono molto attivi i cartelli ransomware che rubano i dati delle

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Emanuele De Lucia

aziende cifrano i contenuti di file e documenti cercando appositamente quelli più sensibili per poi passare al ricatto. Chiedono poi una somma di denaro, di solito molto consistente, in cambio dei file rubati e della possibilità di ripristino di quelli cifrati. È un sistema che alimenta un flusso di denaro miliardario per le casse dei criminali e che va ad alimentare ulteriori attività illecite anche nel mondo fisico.

Come si inserisce l’attività cyber nel contesto geopolitico e in particolare nel conflitto Russia Ucraina?

Si tratta del primo grande conflitto in cui gli attacchi cyber hanno sostenuto la manovra fisica di un esercito. Un’ora prima dell’invasione di Putin è avvenuto l’attacco alla rete satellitare ViaSat, che ha portato a difficoltà nell’erogazione del servizio internet satellitare in tutta Europa. Questo è solo

Solo nel 2022 il centro analisi di DuskRise ha prodotto 2.100 report relativi a minacce informatiche emergenti, gruppi statuali e attività criminali.

un esempio di come la cyber war sia entrata fortemente nelle attività militari di ogni ed è un dominio che i russi hanno utilizzato a proprio vantaggio. Tuttavia, non è facile quantificarne l’efficacia, soprattutto considerando la discordanza del flusso informativo proveniente dagli attori in campo. Chi subisce l’attacco tende a minimizzarne gli effetti, mentre per la controparte si assiste al fenomeno contrario. È presto, dunque, per giungere a conclusioni definitive. Resta il fatto che l’operazione ha avuto un impatto molto negativo sulle comunicazioni dell’esercito ucraino. C’è da considerare che a livello cyber il conflitto non ha avuto ripercussioni solo sull’Ucraina, ma anche su altri paesi dell’Unione europea. Diversi gruppi Apt vicini al governo russo si sono focalizzati su attività mirate allo spionaggio e all’acquisizione di intelligence prendendo di mira diversi apparati governativi, soprattutto nei settori difesa e affari esterni.

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Quali sono i gruppi cyber protagonisti e quali tecniche vengono utilizzate?

Ci sono diversi gruppi impegnati dall’inizio del conflitto. Fra quelli da includere nelle minacce vicine o controllate da organismi statuali russi vi sono, in modo non esaustivo, Apt28, Apt29, Turla, Sandworm e Gamaredon. Oltre a questi esistono altri gruppi, cosiddetti attivisti, fra i quali KillNet. Quest’ultimo è un collettivo che si sovrappone con il panorama criminale e persegue la causa politica russa. Nonostante gli attivisti abbiano degli scopi diversi rispetto al guadagno economico, sono attori che contribuiscono attivamente alle minacce del mondo cyber. Per quanto riguarda le tecniche più utilizzate possiamo segnalare gli attacchi (D) DoS (cioè attacchi che puntano a rendere irraggiungibili i siti o i servizi per colpiscono) per il gruppo KillNet. Per i gruppi di matrice statuale, invece, c’è stato un evidente cambio di rotta da parte di essi. Alcuni mesi prima dell’invasione almeno due gruppi hacker vicini al governo russo hanno introdotto operazioni mirate a compromettere dispositivi di rete perimetrali (firewall, router, concentratori, etc.) di diverse reti ucraine.

Tali accessi, rimasti silenti sino al giorno dell’invasione, sono stati sfruttati per diffondere malware all’interno delle reti colpite. Qui la fase preparatoria alla cyber guerra appare più che mai evidente, oltre a suggerire che la manovra bellica fosse in programma già da tempo.

In Italia a che punto siamo con la sicurezza informatica nel settore energetico?

Non posso dire che la situazione sia fra le migliori. In una ricerca effettuata per una conferenza alla quale ho partecipato abbiamo rilevare una forte esposizione a livello di credenziali rubate e a livello di potenziali vie di accesso disponibili verso aziende operanti in tale settore. Queste informazioni potrebbero ovviamente essere acquisite e sfruttate da un criminale informatico. Tuttavia, il problema può essere esteso ad altri settori. La buona notizia è che l’Italia sta introducendo misure di contrasto e prevenzione allo scopo di mitigare questi rischi quanto meno nei settori strategici. Siamo comunque in ritardo rispetto ad altri paesi dell’Unione europea, come Francia o Germania.

Quali possono essere le ragioni che spingono a organizzare un attacco?

Ci sono diverse ragioni che potrebbero spingere a organizzare un attacco informatico. L’Italia è stata presa di mira più volte. Attacchi come quello alla San Carlo o alla regione Lazio avevano finali-

tà estorsive e di guadagno economico. Tuttavia, le motivazioni possono comprendere anche la raccolta informativa a scopo di spionaggio, come quelle che hanno portato ad attacchi informatici contro diversi paesi dell’Unione europea, Italia compresa, soprattutto a inizio 2022. Se le informazioni su un attacco ransomware sono pubblicamente disponibili e la stampa può raccogliere materiale facilmente, le azioni legate allo spionaggio digitale tendono a essere estremamente furtive. Non a caso il tempo medio che un’organizzazione impiega per scoprire di essere stata vittima di una compromissione a scopo di spionaggio è di sei-otto mesi.

Una vostra ricerca ha analizzato l’esposizione delle aziende del settore energetico alle minacce criminali.

Per uno dei miei talk abbiamo eseguito una ricerca, catalogando migliaia di indirizzi Ip di aziende del settore energetico sull’esposizione di queste ultime a minacce criminali. Ci siamo concentrati sulla valutazione della superficie di attacco, sulle informazioni disponibili riguardo decine di aziende di questo settore e sulle credenziali di accesso relative a esse disponibili sul darkweb. Nello specifico abbiamo preso in esame 25 aziende, oltre duemila indirizzi Ip, 253 vulnerabilità rilevate, fra le quali 147 con Cvss base score tra il 7 e il 10. Il 72% delle aziende risultava avere tra il Q2 e il Q3 del 2022, dati esposti nel dark web, mentre il 10% era affetto da infezioni botnet. Considerando i dati evidenziati, possiamo affermare che ci sono rischi per diverse realtà operanti nel settore energia. Tuttavia abbiamo già provveduto ad avvisare i diretti interessati informandoli del rischio.

Quali possono essere le soluzioni al problema della sicurezza?

Non è facile rispondere considerando la vastità delle variabili. Sarebbe più facile se ci fossero dei casi precisi da prendere in esame. Sicuramente l’awareness sull’argomento aiuta moltissimo e riduce il rischio di cadere vittime di attacchi di ingegneria sociale. A livello generale, l’Italia ha attuato una serie di politiche che, unite a quelle dell’Unione europea, dettano linee generali di prevenzione, mitigazione e risposta agli attacchi informatici. Stiamo iniziando a costruire un sistema comune e a rafforzare le collaborazioni attorno a soggetti privati e istituzioni per un miglior scambio informativo. Secondo la mia opinione i passi sono quelli giusti ma ci vorrà del tempo prima che tutto questo venga messo a regime e inizi ad avere un impatto positivo su questo settore. F

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DUSKRISE
• DE LUCIA

Mondi paralleli

Realtà virtuale e aumentata, intelligenza artificiale e altre tecnologie possono migliorare stili e condizioni di vita. Gruppi di ricerca e aziende le stanno già utilizzando per promuovere atteggiamenti più sostenibili alla guida e progettare soluzioni urbane più green

Quando si parla di ambiente i numeri non bastano. La crisi climatica è al centro delle politiche nazionali e locali e, a distanza di anni, la necessità è ancora la stessa: divulgare, promuovere, informare, coinvolgere. Far maturare nelle singole persone una piena conoscenza e consapevolezza di queste problematiche è tuttora materia di studio e analisi.

Il processo ha particolare rilievo quando ad assumersi un compito tanto arduo quanto necessario è la realtà virtuale. L’innovativa tecnologia, già nel 2020, è stata in grado di proiettare l’individuo di fronte alla montagna di plastica che egli stesso produce. A partire da questa ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Springer Virtual Reality, si scopre che immergere una persona in una dimensione parallela per osservare in che modo il proprio stile di vita im-

Qpatta il pianeta produce risultati molto più efficaci rispetto al fatto di sapere di consumare, per esempio, 30 bottiglie di plastica al mese. Della serie, vedere per credere. Il team di ricercatori ha così dimostrato che sulle tematiche ambientali la Vr (dall’inglese virtual reality), è uno strumento persuasivo capace non solo di rappresentare l’evidenza dei dati statistici, ma anche di aumentare la consapevolezza nelle persone e, quindi, di promuovere un atteggiamento sostenibile. In che modo, quindi, la realtà virtuale sta interagendo con le nostre strade, i mezzi e le città che cambiano? A rispondere a questo e ad altri quesiti è Francesco Ferrise, professore associato del Politecnico di Milano, esperto di realtà virtuale e aumentata e di tecnologie del senso del tatto, membro di diverse comunità scientifiche e, tra le altre cose, coinvolto nella ricerca sul consumo della plastica a cui abbiamo accennato.

Ferrise, qual è lo stato dell’arte?

Le tecnologie di realtà virtuale o aumentata (recentemente anche identificate come Xr, eXtended Reality,) vivono un momento di grande interesse. Questo grazie anche all’attenzione che suscita il concetto di metaverso, che in qualche modo ha a che fare con tali tecnologie. Ogni giorno vengono rilasciati nuovi dispositivi. L’interesse c’è, così come il potenziale, anche se tali tecnologie non sono ancora completamente entrate nella vita di tutti i giorni.

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Perché non completamente? Esiste un limite?

Più che un limite, direi che esistono ancora potenzialità non del tutto esplorate. Come accade per tutte le novità tecnologiche, presentano ancora limiti, ma numerose aziende e gruppi di ricerca stanno lavorando per provare a superarli. Sono ottimista su questo aspetto. Ma, a proposito di potenzialità inesplorate, talvolta quando si adottano tali tecnologie in ambito industriale non si fa un ragionamento approfondito su come queste possano migliorare determinati processi industriali e creare valore.

Il rapporto tra le università e l’industria non facilita questo processo?

Sì, negli anni università e mondo industriale hanno portato avanti progetti più o meno complessi, con risultati talvolta molto interessanti. Quando si introducono tecnologie nuove in un processo industriale è necessario creare una sorta di contaminazione tra mondo della ricerca e mondo industriale. I ricercatori devono calarsi nei problemi industriali e le aziende devono mettere in conto il rischio che è sempre presente nelle attività di ricerca. Se trovi questa giusta combinazione, puoi introdurre innovazione in anticipo rispetto ad altre aziende. E lo abbiamo visto spesso. Infine, c’è anche un’altra tecnologia che si sta sempre più integrando con Vr ed Ar, ed è l’intelligenza artificiale.

Adesso cosa vogliono le aziende?

Questo è in funzione di come intendono adottare le tecnologie, ovvero se vogliono esplorarne le potenzialità oppure usarle subito nei loro processi. Nel secondo esempio, le aziende richiedono a volte attività già consolidate e nelle quali la tecnologia ha dimostrato di essere utile. Alcuni esempi in ambito industriale sono l’uso della realtà virtuale e aumentata per la simulazione in operazioni di assemblaggio, nelle verifiche ergonomiche, nelle attività di design review.

E rispetto allo sviluppo delle città intelligenti?

La realtà virtuale ha una caratteristica: ti isola dal mondo reale, a differenza di quello che fa la realtà aumentata che ti permette di vivere un’esperienza mista aggiungendo informazioni al mondo reale. Un esempio? Nel momento in cui avremo dispositivi indossabili di realtà aumentata, un’app ben progettata potrà condurci alla bici disponibile più vicina, oppure ad altre soluzioni di trasporto, e suggerirci la strada da percorrere mostrandoci informazioni rilevanti integrate direttamente nell’ambiente reale. Potrà in

questo modo aiutarci a utilizzare soluzioni di trasporto che la città ci mette a disposizione in alternativa alle automobili. Potrà farci vedere anche come la città era in passato, raccontarci la storia di un edificio. La realtà virtuale non ha nulla a che vedere con la gestione dell’esperienza in un contesto reale, ma, se usata in fase di progettazione, potrebbe aiutarci a progettare soluzioni urbane migliori, più green.

Si riferisce all’interazione tra utente e macchina?

Anche. In fase progettuale si pensi alla possibilità di simulare la condizione di guida e analizzare il comportamento del guidatore. Sono stato coinvolto in passato in una ricerca a supporto dell’eco-driving. Lo studio aveva l’obiettivo di trasmettere dei feedback multisensoriali rispetto alla modalità di guida. Intervenendo, per esempio, sul pedale dell’acceleratore per segnalare uno stile di guida non sostenibile abbiamo visto che era possibile agire sui consumi. Si tratta di uno studio preliminare, ma l’indicazione emersa da questa sperimentazione è interessante. Ovviamente non siamo stati in grado di modificare comportamenti poco sostenibili, ma di influenzarli in qualche modo.

Dove sta andando quindi la ricerca?

In diverse direzioni, se parliamo di queste tecnologie. La Comunità europea chiede di investigare sia sulle tecnologie che sulle applicazioni. Possiamo usare tali tecnologie per migliorare processi industriali, migliorare stili e condizioni di vita, per insegnare in maniera diversa, per comunicare informazioni in maniera più efficace. Ma un aspetto importante è che, assieme alle applicazioni, l’Europea chiede di considerare l’aspetto etico di tali tecnologie.

Del resto l’etica è l’argomento su cui si discute maggiormente…

Esatto. L’etica della tecnologia interattiva non si pone solo il problema della privacy, ma anche dell’influenza che questa può avere sulle persone.

Secondo lei, nel metaverso avremo molte più regole?

Chi lo sa. Dipende da quello che abbiamo imparato dalla lezione di internet, dei social. A mio parere è fondamentale discutere seriamente di questo aspetto prima che questa tecnologia entri in maniera così prepotente nella vita di tutti i giorni. F

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Francesco Ferrise

Cambiare MAGLIA

L’INCONTRO TRA INNOVAZIONE E TUTELA DELL’ARTIGIANALITÀ MADE IN ITALY

È LA CHIAVE CHE HA PORTATO ALESSANDRO LOVISETTO A FONDARE ARTKNIT STUDIOS.

L’AZIENDA È SPECIALIZZATA NELLA CREAZIONE E NELLA DISTRIBUZIONE DI MAGLIERIA DI LUSSO

ECO-SOSTENIBILE ED È SUPPORTATA DA CLUBDEALONLINE E PAMBIANCO INVEST CLUB

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di Federico Morgantini

Alessandro Lovisetto è un giovane imprenditore di Biella che ha fondato nel 2018 Artknit Studios, il player nativo digitale specializzato nella produzione e nella distribuzione di maglieria di lusso eco-sostenibile e accessibile. Il suo progetto si distingue per la capacità di valorizzare il made in Italy a basso impatto ambientale e di portare al cliente un prodotto di qualità a un prezzo competitivo.

Cosa caratterizza il settore della maglieria e, più in generale, quello della moda?

Il mercato della maglieria a oggi vale 582 miliardi di dollari e si stima che entro il 2031 possa raggiungere un valore di mercato di 998 miliardi, secondo una ricerca del 2021 di Transparency market research. Il business della moda è certamente in notevole crescita, ma è anche uno dei più inquinanti al mondo. Secondo Boston Consulting Group, l’industria dell’abbigliamento genera ogni anno 92 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui solo il 14% viene riciclato o riutilizzato. Un esempio pratico è la cosiddetta fast fashion, settore noto per non tenere conto della sostenibilità sociale e ambientale

durante i propri processi produttivi e distributivi. Il particolare modello low cost, a causa della tipologia di materiali utilizzati, per lo più fibre sintetiche come il poliestere, e dei processi fast che puntano alla commercializzazione in grandi quantità di capi a basso costo e con un ciclo di vita breve, contribuisce significativamente all’inquinamento globale.

Le problematiche legate all’inquinamento ambientale hanno cambiato in qualche modo le abitudini del consumatore?

Sì, decisamente. Se tra gli addetti al settore dell’abbigliamento l’attenzione alla sostenibilità è minima, vi è però un’importante presa di coscienza da parte dei consumatori. Molte ricerche condotte negli ultimi due anni evidenziano un cambio nel comportamento d’acquisto: si tende infatti a privilegiare lo shopping online e a dare importanza all’artigianalità, alla qualità e alla sostenibilità dei prodotti, come riportato da una ricerca di Accenture nel 2020. In questo contesto ci si chiede spesso se è possibile avere prodotti di lusso accessibili e con un basso impatto ambientale. Anche per questo motivo nel 2018 è nato il progetto Artknit Studios, per fare leva sul digitale e su materiali di qualità superiore per creare meno prodotti, ma più resistenti e al miglior costo.

Come ha sviluppato l’idea di una filiera made in Italy sostenibile?

Ho creato la mia azienda in modo che avesse nel dna la sostenibilità, sia ambientale che sociale. Il progetto nasce e si sviluppa per mettere al centro l’artigianato, le materie prime esclusivamente naturali, riciclabili, biodegradabili e una filiera che vuole essere disintermediata e digitalizzata per offrire prodotti di alta qualità a un prezzo accessibile. Essendo io di Biella, ci tenevo a dimostrare il mio impegno verso un minore impatto ambientale utilizzando per Artknit Studios fibre tracciate e naturali provenienti per oltre l’80% dalla cosiddetta Valle della lana, vicino alla mia città. Inoltre uno degli obiettivi che ci siamo preposti è quello di avere un approccio mono fibra, questo permette al capo di essere riciclabile e facilitare dinamiche di circolarità; in più le fibre naturali hanno un impatto minore sull’ambiente rispetto alle fibre sintetiche.

Cosa prevede il modello consapevole ideato per Artknit Studios?

Il modello consapevole di Artknit porta ad andare oltre il riciclo e il compostaggio alla fine del ciclo di vita del prodotto. Partendo dalla progettazione del prodotto si prevede l’utilizzo e la gestione dei materiali in modo da preservarne il valore, ridurre al minimo l’impatto ambientale e proteggere le risorse naturali.

Per ottenere il minor impatto possibile sull’ambiente, l’azienda adotta una politica zero sprechi. Tramite il rifiuto delle collezioni stagionali, e quindi la creazione di un’unica collezione permanente, viene concentrata tutta l’attenzione sulla costruzione di prodotti di alta qualità al minor impatto ambientale. Vengono evitati sprechi da parte del consumatore non promuovendo sconti, come quelli generalmente adottati dall’industria della moda in alcuni periodi dell’anno, ad esempio durante il Black Friday. Un programma al quale teniamo molto e che ha un particolare interesse a livello sostenibi-

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le è il Repair program, che ha lo scopo di far tornare i capi Artknit come nuovi per ridurre gli sprechi e prolungarne il ciclo di vita. Quindi non solo creazione di capi di alta qualità eco-sostenibili, ma anche impegno per rendere i capi duraturi. Tramite il programma infatti è possibile riparare il prodotto e ricondizionarlo per permettere un ciclo di vita più lungo. In merito a questa iniziativa, prolungando la vita dei capi Artknit di nove mesi per esempio, è possibile ridurre l’impronta annuale di carbonio, acqua e rifiuti del 20-30%, come spiegato dal Valuing our clothes report 2017 di Wrap. Il nostro motto è: buy less, buy better

Un aspetto importante è quello della tracciabilità. Quanto sono importanti per Artknit Studios le filiere e il processo di produzione?

Sono molto importanti. Un’altra caratteristica di Artknit Studios è l’approccio direct to consumer. Il brand digitale offre maglieria artigianale senza i tradizionali markup, alimentata da una filiera a chilometro zero. La collaborazione con i migliori laboratori artigianali italiani permette

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di vendere i prodotti direttamente al cliente finale, eliminando i costi di intermediazione. Evitando gli intermediari e i negozi multi-brand, Artknit può investire in un’artigianalità superiore e mantenere a un prezzo finale molto più basso rispetto al retail tradizionale. Inoltre, per portare un messaggio di trasparenza al cliente finale, ci siamo dedicati alla creazione di una filiera tracciata, corta e trasparente, dove il consumatore può andare a esplorare direttamente nel sito dell’azienda il luogo in cui è stato lavorato e confezionato il prodotto che sta per acquistare.

Che ruolo gioca l’innovazione e come si lega alla tradizione?

Lavorare con piccole realtà, oltre a creare un rapporto umano, favorisce uno scambio generazionale che apporta benefici da entrambi i lati: innovazione nei processi manifatturieri da una parte e conservazione della tradizione dall’altra. Uno dei nostri obiettivi è proprio quello di supportare la digitalizzazione del settore in modo da creare valore in Italia risollevando il made in Italy.

Quali sono gli standard che perseguite ancora e quelli che avete già ottenuto?

Da settembre Artknit Studios è diventata società benefit. Questo significa che, oltre a perseguire il profitto, abbiamo come obiettivi benefici comuni che si strutturano su alcuni punti cardine, tra cui: l’ampliamento della consapevolezza e l’educazione dei consumatori sui problemi ambientali, la costruzione di nuovi business model e l’introduzione di processi innovativi nel settore manifatturiero e il raggiungimento di un impatto positivo sull’ambiente. In più ambiamo alla certificazione internazionale BCorp, che ci permetterà di consolidare il nostro impegno verso una sostenibilità sociale e ambientale.

Come finanziate la vostra crescita?

Siamo stati selezionati da ClubDealOnline e Pambianco Invest Club come opportunità di investimento e proposta in esclusiva sul portale di private crowdfunding clubdealonline.com, dove si trovano tutte le informazioni per diventare parte di questo progetto anche da parte di piccoli imprenditori. F

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Il team di Artknit Studio

Largo ai giovani

La tech company IzIwork ha avviato un progetto con i partner per creare una rete di agenti commerciaLi in grado di supportare e veLocizzare La sua crescita

Crescere significa avere la capacità di sapersi innovare nel modo di fare impresa e proporsi sul mercato. La tech company iziwork, nata per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, è consapevole di come questo concetto non possa prescindere da uno sviluppo locale del business con il contributo del fattore umano. Ed è proprio su queste basi che la società ha avviato un nuovo progetto con i suoi partner che replica quello proposto in Francia nel 2020. Il modello si pone l’obiettivo di creare una rete di agenti commerciali in grado di supportare e velocizzare la crescita dell’azienda e la sua espansione sul territorio nazionale. “Dopo il successo in Francia”, dice Pierluigi Lauriano, managing director di iziwork Italia, “abbiamo deciso di replicare un modello flessibile per crescere in maniera più

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veloce. Sul territorio francese abbiamo 80 partner e la community è arrivata ad avere oltre 400 persone”. La società è caratterizzata dalla centralizzazione di funzioni aziendali che permette di abbattere i costi e avere una struttura snella. “In due anni abbiamo raggiunto un runrate di 70 milioni di euro di ricavi”, continua Lauriano. “Nessuna agenzia delle nostre dimensioni ha questo volume di affari e, più in generale, nessun player del settore ha mai raggiunto questi risultati in due anni. La centralizzazione di molte funzioni ci permette di andare spediti rispetto alla media del mercato”. Il nuovo partner model si inserisce perfettamente in questa strategia di ottimizzazione dei costi di struttura per raggiungere un ebitda doppio rispetto agli standard del settore. Un obiettivo perseguibile con il coinvolgimento di giovani, anche alla prima esperienza, con una certa attitudine imprenditoriale e voglia di mettersi in gioco per aumentare i propri guadagni con una remunerazione più alta della media di mercato. “Il punto fondamentale non è l’esperienza pregressa ma l’attitudine che deve avere il nuovo partner. L’anno scorso hanno iniziato a lavorare con questo modello due persone. Quando abbiamo capito che il progetto poteva funzionare abbiamo concentrato gli sforzi per il suo sviluppo”, prosegue Lauriano. “Attualmente ci sono cinque collaboratori che stanno svolgendo una fase di training. Puntiamo a incrementare la nostra community con cinque partner al mese”. Nello svolgimento dell’attività, iziwork

utilizza una serie di strumenti tech, e non solo, che implicano un alto livello di preparazione. In questo contesto si inserisce l’Academy, che offre una formazione a 360 gradi a ognuno dei suoi partner. “Offriamo un supporto che va dai processi di acquisizione amministrativi alla lead generation per lo sviluppo del business. Il nostro è un settore caratterizzato da molti tecnicismi che necessita di competenze specifiche. Vendiamo un prodotto sul quale è fondamentale essere preparati”.

Oggi iziwork è attiva in tutta Italia con sette hub territoriali, oltre al suo headquarter a Milano, e una rete di 120 collaboratori. La società punta a dare seguito agli ottimi risultati conseguiti l’anno scorso, che ha visto una crescita del 200% e un aumento del fatturato da 21 a 70 milioni di euro. L’obiettivo per il 2023 è raggiungere un +70% e un fatturato di oltre 100 milioni di euro. F

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Pierluigi Lauriano

n QUALITY LEADER n di Francesca Vercesi

Piccolo è bello

HOW TO PLAY IT

NoNostaNte i grossi iNvestimeNti iN tecNologia, la rete di coNsuleNti fiNaNziari resta il fulcro di Credem, uN gruppo che coNtiNua a offrire uN servizio di qualità su misura

nostro modello di servizio esalta ancora di più le caratteristiche del consulente patrimoniale a 360°. Oggi questo modello è supportato anche da una nuova piattaforma tecnologica con una consulenza integrata ed estesa al patrimonio complessivo del cliente. Quindi il risultato finale che ne scaturisce è un servizio di alto livello per il cliente che estende l’analisi al patrimonio immobiliare, alle partecipazioni aziendali, alla gestione dell’asse ereditario e all’ambito assicurativo.

Qual è lo spazio per i consulenti finanziari?

gestione patrimoniale dei propri asset ma anche e soprattutto affiancarle per raggiungere un benessere complessivo, non solo finanziario. E serviva quindi adattare un modello di business rodato a questa nuova impostazione. È nato quindi il progetto Welfin presentato nei giorni scorsi alla rete, che adatterà strategie ed evoluzioni in diversi ambiti, dagli obiettivi di business alle strategie commerciali, alle iniziative di brand e comunicazione interna ed esterna, al reclutamento e formazione, agli strumenti a disposizione dei consulenti.

Quali i punti del nuovo progetto?

Una persona, un progetto: questo è il claim che il Credito Emiliano aveva già negli anni ’90. Come per dire: ogni nostra persona è diversa così come ogni cliente è diverso e il nostro criterio è quello di considerarne le esigenze nel modo più accurato possibile. Per questo, in Credem sottolineano come il modello della consulenza finanziaria sia basato sulla perfetta integrazione della rete dei consulenti finanziari (o financial wellbanker) nella struttura della banca e del gruppo per valorizzare il benessere finanziario e di vita di persone e imprese. Ora ci sono nuovi progetti di cui Forbes Italia ha parlato con Moris Franzoni, responsabile della rete dei consulenti finanziari Credem.

Il vostro modello è diventato il marchio distintivo della rete. Ci sono novità?

Il valore delle nostre persone è sempre stato il nostro più grande atout; il

Restano il fulcro della gestione. Nonostante i forti investimenti nella piattaforma tecnologica, questa va vista come un supporto a sostegno del consulente. L’obiettivo è elevare la qualità del servizio per poter soddisfare, in modo specializzato e puntuale, le esigenze di ogni cliente in ogni fase della sua vita.

Avete lanciato una nuova progettualità nel 2023. Ci racconta cosa serve ancora a livello di innovazione dopo tutto quello che avete già fatto?

Nel 2022 abbiamo adottato un nuovo naming per la rete che non è solo un restyling lessicale. La job title financial wellbanker è indicativa di una precisa identità professionale: il termine wellbanking sintetizza la strategia di dare supporto a famiglie e imprese nella

Sarà un lavoro in team fra direzione commerciale e buona parte della rete con la consulenza esterna di Excellence Group, che mira a rendere più efficiente la macchina commerciale vista l’evoluzione del mercato, a rendere sempre più attrattivo il brand della nostra rete e a comunicare meglio e di più l’unicità del modello di business.

Novità in termini di reclutamenti?

Come si diceva prima ogni persona un progetto. Vogliamo tenere fede a questa capacita di ritagliare su misura un percorso per le circa 60 persone che vorremmo inserire in squadra nel 2023.

I vostri risultati?

Siamo molto soddisfatti, nonostante anni complicati: 530 consulenti, otto miliardi di aum, oltre 12 miliardi di total business. Piccolo in questo caso è sinonimo di qualità: oltre quattro punti di cross selling rate medio, customer experience e Nps ai vertici del sistema, brand più solido del sistema e la certificazione top employer da otto anni a questa parte. F

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of revenue frofor this. F
Forbes’ InvestmentStrategies columnist.
FINAL THOUGHT
“THE FUTURE IS TRASH. RECYCLING IT, REARRANGING IT, MAKING IT BEAUTIFUL AGAIN.”
LOST LUSTER Little Big Picture An excess of Chinese PRIMARY ALUMINUM PRODUCTION Sources:AluminumAssociation;InternationalAluminumInstitute;U.S.GeologicalSurvey. 1,710 1,587 818 MESE, 2 019
—Chris Campanioni
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CREDEM • FRANZONI
Moris Franzoni
n GOOD STORIES n di Raffaella Galamini FORBES.IT FEBBRAIO, 2023 DA GENNAIO ZOFIA KORECKA-REJCZAK È SUBENTRATA AD ALESSANDRO COVI ALLA GUIDA DEL COLOSSO DEGLI ELETTRODOMESTICI MIELE ITALIA. HA TROVATO UN’AZIENDA CON UN FATTURATO DI 150 MILIONI DI EURO E UNA QUOTA DI MERCATO RADDOPPIATA NEGLI ULTIMI DIECI ANNI. E CHE PER IL FUTURO CONTINUERÀ A PUNTARE SULL’INNOVAZIONE diPassaggiotestimone 79 MIELE ITALIA • KORECKA-REJCZAK
Zofia Korecka-Rejczak

Cambio al vertice di Miele Italia nell’attesa di nuove decisive sfide che attendono l’azienda attiva a livello globale nel settore degli elettrodomestici di altissima qualità. Dopo 22 anni si chiude un ciclo: Alessandro Covi lascia l’incarico di general manager, anche se rimarrà nel board fino alla chiusura del bilancio 2022. A subentrare da gennaio Zofia Korecka-Rejczak, nuova general manager. Un passaggio del testimone che è anche generazionale per la branch italiana della società fondata in Germania nel lontano 1899.

In oltre un secolo di attività il gruppo Miele si è imposto a livello mondiale con i suoi elettrodomestici, investendo sempre sull’innovazione e puntando al tempo stesso a semplificare la quotidianità dei consumatori con soluzioni funzionali, pratiche e intelligenti. Apparecchiature che, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle sue risorse, offrono prestazioni di alto livello, ma senza alcun tipo di spreco. Otto gli stabilimenti produttivi in

Germani, a cui si aggiungono gli altri quattro presenti in Austria, Repubblica Ceca, Cina e Romania. Si è passati dalla produzione di centrifughe per il latte, con cui Miele esordì sul mercato oltre un secolo fa, agli elettrodomestici di ultima generazione destinati alla cottura tradizionale e al vapore, alla conservazione degli alimenti, alla preparazione di bevande, al lavaggio di stoviglie e alla cura di biancheria e superfici. Significativo l’impegno di Covi nel corso della sua esperienza ventennale all’interno del gruppo per contribuire allo sviluppo e al posizionamento di Miele nel mercato italiano: fedele al motto ‘Immer Besser’ (sempre meglio), si è concentrato su qualità e innovazione. I risultati sono arrivati e i numeri non fanno che testimoniare il salto di qualità compiuto dall’azienda sul mercato nazionale. Nel corso degli anni, Miele Italia ha registrato un aumento del fatturato da 50 a 150 milioni di euro. L’azienda ha anche raddoppiato la sua quota di mercato negli ultimi dieci anni. L’innovazione è stata uno degli obiettivi prioritari durante la gestione di Covi. Il general manager ha tenuto a battesimo

il primo Miele Experience Center a livello mondiale. Un modo per creare esperienze straordinarie puntando all’eccellenza e alla qualità, offrendo soluzioni customizzate. La consulenza offerta al cliente è il valore aggiunto. Un centro aperto a Milano e che ha fatto scuola all’interno dell’azienda. In Italia si sono aggiunti in breve altri cinque punti vendita a Torino, Roma, Bolzano, Padova e Napoli. La formula è stata esportata anche all’estero in alcuni degli oltre 100 paesi nel mondo dove il gruppo Miele è presente con filiali e importatori propri. Inoltre Covi ha puntato a sviluppare e a mettere a punto un approccio commerciale basato su una vera partnership con il trade. Sinergie che hanno permesso al gruppo un’azione più incisiva e mirata sul mercato italiano. Non ultimo l’impegno per guidare l’azienda nella trasformazione digitale. Se da una parte Covi ha investito sulla formazione del personale attraverso corsi e team building per preparare i dipendenti ad affrontare le grandi sfide e soprattutto i cambiamenti del mercato, dall’altra è stato il general manager ad aprire il primo shop online. Una mossa stra-

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Per Alessandro Covi lavorare per Miele “è stata l’esperienza professionale migliore della mia vita. La fiducia da parte dei soci fondatori e la collaborazione di tutti i miei colleghi ci hanno permesso di raggiungere obiettivi impensabili”

tegica e anche qui i numeri non lasciano dubbi: oggi è un canale di vendita da cui proviene una parte importante del fatturato.

“Lavorare per Miele è stata l’esperienza professionale migliore della mia vita”, ha affermato Covi nell’annunciare il passaggio del testimone con Korecka-Rejczak.

“La fiducia da parte dei soci fondatori e la collaborazione di tutti i miei colleghi ci hanno permesso di raggiungere obiettivi impensabili e accrescere il valore del brand. Vorrei ora non disperdere il patrimonio di esperienza acquisito e aiutare altre realtà a competere sui mercati di tutto il mondo”.

Da gennaio è entrata in carica Korecka-Rejczak. Laureata in Management e marketing alla School of Economics di Varsavia nel 1997, vanta una pluriennale esperienza nella comunicazione e nel marketing. Tra gli incarichi ricoperti nel corso della sua carriera i ruoli di direttore marketing di Empik nel 2006 e di Castorama nel 2011. Nel 2013 l’approdo in Adidas, dove ha ricoperto i ruoli di brand director di Reebok per l’est e centro Europa e successivamente di senior brand activation director per l’Europa Centrale. Nel 2017 è diventata global marketing director di Ccc.eu.

Korecka-Rejczak è entrata in Miele come direttrice commerciale nel 2018 e in seguito ha assunto il ruolo di general manager Polonia. Un’esperienza di successo, nella quale la manager è riuscita a triplicare i risultati di business in virtù di una innovativa leadership. Esperienza che ora è pronta a mettere al servizio di Miele Italia per affrontare le sfide dei mercati, fedele al motto che i fondatori Carl Miele e Reinhard Zinkann stamparono sulle loro prime macchine. F

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Alessandro Covi

Il Virgilio della burocrazia

Lo studio Bda&Partners affianca L’imprenditore fornendo assistenza in materia fiscaLe, societaria e contabiLe. neL corso degLi anni iL suo core business si è evoLuto verso La consuLenza strategica d’azienda. e verso un modo nuovo di intendere La figura deL commerciaLista

tenze e deontologia per consentire a una realtà di rilevanza locale di avere un approccio globale, che hanno permesso allo studio di essere inserito nel 2022 nella lista 100 Best in Class promossa da Euroceonference e TeamSystem, che ha premiato i migliori commercialisti e consulenti del lavoro italiani.

A guidare lo studio Manuela Avetta, consulente del lavoro, e Maurizio Actis, dottore commercialista e revisore legale. “I valori su cui basiamo le nostre attività sono devozione al cliente, integrità morale, accuratezza professionale, indipendenza, miglioramento continuo, lavoro di squadra. Questi sono i pilastri del nostro lavoro e l’unico modo in cui siamo capaci di svolgerlo”, ammettono.

e competenze dei suoi professionisti e al bagaglio di esperienze e traguardi professionali raggiunti negli anni dallo studio, è in grado di fornire soluzioni tempestive e costruite sulle esigenze di clienti di qualsiasi entità. Si rivolgono a Bda&Partners imprese di piccole e medie dimensioni anche se non mancano realtà di maggiore portata. Si affidano allo studio pure persone fisiche che detengono patrimoni ingenti. L’obiettivo da sempre è garantire a tutti la massima soddisfazione.

Un cambio di prospettiva e soprattutto di mentalità, un approccio dinamico e per certi versi inedito alla figura del commercialista: un professionista in grado di affiancare l’imprenditore, di guidarlo come un novello Virgilio fuori dalla giungla della burocrazia. A fare la differenza nello Studio Bda&Partners è proprio quest’atteggiamento, con cui la consulenza aziendale diventa a tutti gli effetti strategia. Lo studio di consulenti del lavoro e commercialisti opera nel Canavese, con sedi a Ivrea e a Mazzè, dal 2006. Ha come obiettivo quello di fornire consulenza societaria, fiscale, contabile e del lavoro con i più elevati standard qualitativi. Importanti gli investimenti compiuti in termini di innovazione, compe-

Fin dall’inizio lo studio è nato con l’obiettivo principale di fornire un servizio di consulenza fortemente personalizzata e di alto livello, “con una filosofia chiara, semplice e ben precisa”, puntualizzano Avetta e Actis. “Seguiamo il cliente in ogni fase evolutiva: dalla costituzione alla definizione di un disegno imprenditoriale. Lo accompagniamo nelle relative valutazioni economiche, finanziarie e fiscali che fanno parte dell’ordinaria attività d’impresa. Cerchiamo di interpretarne le specifiche esigenze attraverso un continuo scambio di informazioni e di idee. Il rapporto con il cliente è sempre stato una priorità, nella consapevolezza che un corretto approccio al lavoro debba essere improntato sulla ricerca della massima trasparenza”. Una realtà intraprendente e dinamica, quindi, che, grazie a formazione

“Nel corso degli anni il core business dello studio si è evoluto verso la consulenza strategica d’azienda, in grado di guidare l’imprenditore oltre la giungla degli adempimenti burocratici”, sottolineano Avetta e Actis. Una nuova figura percepita come utile, indispensabile e insostituibile e reputata capace, competente e autorevole”. Così si è arrivati a questo cambio di prospettiva e a intendere in modo nuovo la figura del commercialista. Merito di una visione diffusa e completa del campo d’azione, della capacità di analizzare e ipotizzare i vari scenari che si possono presentare: a questo si aggiungono servizi a elevato standard qualitativo. “Accanto alle attività di consulenza, assistenza e gestione contabile delle imprese, periodicamente analizziamo il bilancio e le tendenze prospettiche per l’esercizio in chiusura rispetto agli obiettivi prefissati. Questo per intervenire con scelte fiscali e societarie in grado di ottimizzare l’impatto delle imposte sulla redditività aziendale”, spiegano. A questa attività si affian-

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cano consulenza, assistenza e rappresentanza in sede di verifiche fiscali e del lavoro. A dar manforte ai professionisti dello studio perfino un software a elevata affidabilità e un insieme di procedure e processi di controllo che consentono di raggiungere i risultati auspicati. Non viene trascurata nessuna fase

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dei processi aziendali: dalla pre-negoziazione, preceduta da mirata attività di due diligence, alla negoziazione attraverso una specifica consulenza contrattuale fino alla fase post-chiusura. Passaggio che viene accompagnato dall’individuazione di obiettivi precisi da raggiungere e viene seguito da una ve-

rifica dei feedback. Il management può contare sulla più efficace strategia per la formulazione della migliore struttura aziendale e sull’ottimizzazione delle risorse esistenti, oltre a una consulenza fiscale di prevenzione e di analisi dei rischi potenziali in grado di misurare gli effetti derivanti da determinate operazioni e di prevedere eventuali strategie alternative.

“In un mercato in continua evoluzione, nel quale le attività imprenditoriali si confrontano quotidianamente con una concorrenza aggressiva e globalizzata, lo studio offre quindi risposte tempestive alle diverse esigenze delle imprese”, insistono Avetta e Actis. I due amano ripetere che “se una cosa può essere fatta bene, noi cerchiamo di farla meglio”. Sarà per questo che per i due professionisti ogni successo è un nuovo punto di partenza. F

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Manuela Avetta e Maurizio Actis
“Seguiamo il cliente in ogni fase evolutiva: dalla costituzione alla definizione di un disegno imprenditoriale. Lo accompagniamo nelle relative valutazioni economiche e finanziarie che fanno parte dell’ordinaria attività d’impresa”

La prevenzione in un’app

Ha voluto fare la differenza sin da quando suo nonno gli Ha fatto conoscere premi nobel e cacciatori di nazisti. Sam Levy, con la sua yooSec, Ha creato my22, un sistema cHe anticipa i pericoli e le anomalie nelle operazioni aziendali e permette di minimizzare l’impatto degli errori

e il sistema si avvale di numerose funzionalità che lo rendono un prodotto adatto a svariati settori. Il fondatore di Yoosec, Sam Levy, è nato nel 1967 da una famiglia che ha attraversato varie guerre e vissuto in molti paesi, inclusa l’Italia. Ha accumulato un’esperienza e una formazione multidisciplinare, parla sette lingue che usa ogni giorno nel suo lavoro. Ha alle spalle una lunga carriera nel settore della sicurezza di alto livello, dove si è spe-

cializzato nella protezione di siti sensibili in vari settori. Laureato in scienze politiche e relazioni internazionali a Boston, ha conseguito un master in sicurezza interna e terrorismo.

Levy racconta che grazie a suo nonno, umanista, ha conosciuto personaggi del calibro di Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, e Simon Wiesenthal, il ‘cacciatore di nazisti’ che portò alla cattura, tra gli altri, di Adolf Eichmann. Figure che lo

Le industrie necessitano sempre più di strumenti strategici per gestire i rischi, le minacce, il personale e ciò che serve per l’operatività. Si tratta di anticipare e identificare le anomalie che impediscono al processo decisionale di rispettare i corretti parametri aziendali. La diagnosi precoce è un imperativo per garantire una prevenzione efficace e una corretta selezione della modalità operativa.

È nato così My22 di Yoosec, sistema e app sviluppato per operare in diversi dipartimenti all’interno dell’organizzazione, che fungono da risposte per le parti interessate, quali i servizi di sicurezza o le forze dell’ordine in caso di identificazione di una minaccia. I report possono essere condivisi in tempo reale

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hanno ispirato e gli hanno fatto capire l’essenza della vita e della sopravvivenza. “Da lì ho sviluppato il desiderio di fare la differenza e aiutare la società ad affrontare problemi reali.”

Dopo avere lavorato in questo settore per oltre 25 anni, si è interessato allo sviluppo di tecnologie di nuova generazione. Elaborando soluzioni per identificare in tempo reale anomalie all’interno delle diverse organizzazioni, ha riscontrato la necessità di un algoritmo capace di ‘umanizzare’ la tecnologia e

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rendere l’essere umano un sensore intelligente, razionale nel processo decisionale.

Il passo successivo era quindi quello di creare un algoritmo capace di adattarsi a diverse realtà, persone e strutture, portando risultati concreti. Levy decise quindi di sviluppare un’ulteriore tecnologia per gestire in tempo reale scenari di emergenza, per minimizzare gli errori umani e reagire in tempo reale. Oggi numerose aziende - in settori quali aeroporti, alberghi,

centri commerciali, multinazionali, residenze di lusso, welfare management - utilizzano questo prodotto nelle loro attività e riescono a prevenire, identificare, mitigare e gestire diversi rischi in tempo reale. My22 è una piattaforma software nata per identificare comportamenti sospetti e irregolarità che potrebbero mettere a rischio le organizzazioni, i loro dipendenti e le loro attività. Il sistema previene, gestisce, mitiga diversi rischi rilevando le anomalie nelle fasi iniziali e di conseguenza implementando le migliori pratiche. È progettato per identificare le vulnerabilità di sicurezza e protezione in modo oggettivo con un rapido processo decisionale. L’allarme tempestivo e la prevenzione di diversi incidenti possono fare la differenza tra un’azienda e la concorrenza. Il software aiuta società con più siti e utenti diversi e varie funzionalità. Uno strumento per gestire e creare relazioni con audio, video e altri dati pertinenti allegati, adattabile a ogni sito e ogni utente, sotto un unico ombrello.

A proposito dello sviluppo di questa tecnologia, Levy racconta: “Avevo capito che per prevedere, prevenire, mitigare e gestire i rischi aziendali era necessaria una piattaforma in grado di gestire ogni situazione di emergenza immaginabile in luoghi pubblici e privati di qualsiasi dimensione. Analizzando in modo intelligente la struttura dell’organizzazione e adattandone le funzionalità per contrastare diverse situazioni e, soprattutto, fare in modo che tutti gli utenti potessero applicare un modus operandi corretto. Le decisioni errate, accompagnate da fattori di stress e analisi soggettive, amplificano la probabilità di fare scelte sbagliate, aumentando così l’impatto dell’errore. Solo attraverso una piattaforma e un algoritmo di intelligenza artificiale si può risolvere questo problema”. F

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Le decisioni errate, accompagnate da fattori di stress e analisi soggettive, amplificano la probabilità di fare scelte sbagliate, aumentando così l’impatto dell’errore
Sam Levy

Il network dei migliori

Ideata da Giacomo catalani, gIà fondatore dell’IstItuto ats, SportScience.com vuole dIventare un punto dI rIferImento educatIvo e professIonale nel settore dello sport e della salute

Costruita sui principi di una consolidata cultura aziendale, i cui pilastri sono sport e salute, un talentoso team di professionisti e una visione lungimirante, oggi SportScience. com, nata dall’idea e dall’esperienza e supporto dell’Istituto Ats, attivo nella formazione professionale in ambito scientifico per lo sport e la salute, ha l’obiettivo di generare un forte impatto educativo. Con un team di oltre 100 professionisti, si prefigge di garantire, in un mercato altamente competitivo, ai migliori professionisti l’accesso a innumerevoli contenuti per eccellere nel proprio lavoro, dando la possibilità di entrare in un network di specialisti e di creare una carriera di successo. Creata dall’imprenditore ed editore Giacomo Catalani, già fondatore di Ats, SportScience.com si rivolge a chine-

siologi, fisioterapisti, nutrizionisti, preparatori fisici, personal trainer, psicologi, osteopati, medici dello sport, match analyst, biomeccanici e a molte altre figure professionali operative nel campo della salute e dello sport. Da qui la necessità di accelerare il processo di trasferimento di competenze scientifiche aggiornate e affidabili, con il contributo dei migliori specialisti, di trasformare Sport Science da idea a realtà e sviluppare un database unificato che conta oggi oltre 100mila utenti registrati e 80mila professionisti qualificati. “La piattaforma permette di esplorare contenuti verticali su varie categorie d’interesse e altri complementari, particolarmente utili nel lavoro”, evidenzia Catalani. “Un’esperienza che permette di accelerare il proprio percorso di crescita e di aggiornamento, facendo network

con i migliori”.

Ma non è tutto. Insieme all’offerta didattica per il conseguimento di certificazioni professionali, diplomi e master, la membership premium Sport Science offre l’accesso a speciali eventi riservati, tavole rotonde, summit, migliaia di ore di contenuti video e lo studio anatomico attraverso la piattaforma virtuale 3D Human Anatomy. Senza dimenticare il registro internazionale Sport Science, l’albo più autorevole al mondo dedicato ai professionisti della scienza del movimento umano per la salute e lo sport, capace di connettere gli specialisti con i clienti e con altri organi professionali.

E se la tecnologia è una componente fondamentale di Sport Science, dato che tutti i suoi contenuti sono accessibili anche tramite l’app, disponibile sia per ios che per Android, la piattaforma sta cercando di ampliare il proprio processo d’internalizzazione, avviato già a partire dal 2020, in corrispondenza della profonda trasformazione digitale in atto. “Siamo entusiasti di aver innescato questa importante rivoluzione partendo dall’Italia”. E se nel breve termine, conclude Catalani, “puntiamo a pubblicare contenuti in lingua inglese, non ci dimentichiamo di guardare al futuro con lungimiranza, trasformando l’innovazione nella costruzione del futuro e coinvolgendo i migliori professionisti nel realizzarlo”. F

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Giacomo Catalani

Spazio alla trasformazione

Il wavespace di Milano è il nuovo laboratorio dove Ey fonde tecnologia di ultimissima generazione con il ritorno agli elementi primordiali. L’obiettivo è che aziende, leader, brand e persone diventino architetti di un cambiamento realmente profondo e sostenibile

La trasformazione è sempre stata il fattore critico di successo delle organizzazioni. Per decenni i processi attraverso i quali le aziende hanno apportato importanti modifiche alle proprie operation per migliorare le prestazioni e promuovere una crescita sostenibile sono stati episodici; negli ultimi anni, invece, c’è stato un cambiamento nella natura e nella velocità della trasformazione. Già nel 2021, l’82% dei membri dei consigli di amministrazione e dei ceo

intervistati nell’ambito della Global Board Risk Survey di Ey dichiaravano che le disruption nel business erano diventate più frequenti e d’impatto e che, per tenere il passo, le aziende avrebbero dovuto iniziare a trasformarsi più frequentemente. Nell’attuale contesto economico e sociale, la trasformazione è dunque una costante per tutte le organizzazioni, ma il successo è tutt’altro che garantito: dall’analisi Transformative Leadership realizzata da Ey e Oxford Saïd Business School è emerso che le aziende che mettono le persone al centro della propria trasformazione hanno un tasso di successo 2,6 volte maggiore rispetto alle altre.

“Oggi”, commenta Massimo Antonelli, ceo di Ey in Italia e chief operating officer di Ey Europe West, “le strategie di successo sono quelle che includono l’ascolto attivo, il coinvolgimento delle persone e la costruzione di una

visione autentica che pervada in modo trasversale tutta l’organizzazione. Per accompagnare questa trasformazione, occorre quindi potenziare lo spirito creativo e imprenditoriale delle persone, creare nuove competenze, investire nei talenti e nella comprensione dei loro bisogni, così da favorire l’emergere di nuove soluzioni”.

Una delle risposte di Ey Italia alle nuove sfide del mercato è il wavespace di Milano, realizzato rivoluzionando il concept lanciato nel 2018 e capitalizzando l’esperienza del wavespace di Roma (che dal 2020 ha ospitato oltre 300 clienti focalizzandosi sulle neuroscienze applicate). Il nuovo laboratorio milanese di trasformazione immersiva, progettato in collaborazione con l’ExperienceLab dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è una struttura che si colloca nel cuore di Milano dove Ey fonde tecnologia di ultimissima generazione (dalle neuroscienze, alla psicologia delle emozioni, al metaverso) con il ritorno agli elementi primordiali (terra, aria, acqua, fuoco). L’obiettivo è permettere ad aziende e leader, brand e persone, di riconciliare gli archetipi naturali, sociali e human based con quelli economici e di business, cogliendo l’opportunità di diventare architetti di una trasformazione realmente profonda e sostenibile.

“Il wavespace”, conclude Antonelli, “è concepito per aiutare clienti e stakeholder a identificare i nuovi scenari di business possibili per rispondere in modo integrato, etico e sostenibile alle sfide poste dal contesto attuale e progettare esperienze trasformative che supportino un’innovazione incentrata sulle persone. Ogni ambiente del wavespace è studiato per fare in modo che spazi, tecnologie, modalità di lavoro e contenuti amplifichino l’esperienza di business transformation, non solo in termini di velocità ed efficacia per l’obiettivo da raggiungere, ma anche dal punto di vista cognitivo ed emotivo, potenziando il mindset e i valori necessari al successo della trasformazione”.

LEADER IN AZIONE
a cura di Ey
Massimo Antonelli

EDUCATION

sport

· ELISA BALSAMO

· PAOLO BANCHERO

· ALESSANDRO BASTONI

· MATTEO BERRETTINI

· ALESSANDRO MICHIELETTO

CUORE e passione

Sono vincenti, famosi e leader nel proprio campo: gli atleti under 30 selezionati da Forbes Italia nella categoria Sport si allenano ogni giorno per dare il massimo ed eccellere nella loro disciplina, superando con professionalità e impegno le sfide che si presentano

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a cura di MASSIMILIANO CARRÀ e MATIA VENINI

Veloce come il vento

ORIGINARIA DI CUNEO, CLASSE 1998, ELISA BALSAMO È UNA DELLE POCHE CICLISTE AL VERTICE DEL PANORAMA ITALIANO A CORRERE SIA SU PISTA, SIA SU STRADA. DOPO I SUCCESSI DELL’ANNO SCORSO, ORA SI PONE UN OBIETTIVO ALTRETTANTO AMBIZIOSO: UNA MEDAGLIA ALLE OLIMPIADI DEL 2024 A PARIGI

Blu, rosso, nero, giallo, verde, bianco, ciclamino: i colori presenti sulle maglie indossate da Elisa Balsamo rischiano di occupare l’intera tavolozza. Merito delle sue continue vittorie, che ne fanno una delle migliori cicliste presenti nel panorama internazionale. Originaria di Cuneo, classe 1998, membro della squadra Trek-Segafredo e delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, solare e sorridente in ogni scatto che la ritrae, Balsamo è una delle poche cicliste al vertice del panorama italiano a correre sia su pista, sia su strada. I titoli mondiali sono sempre stati la sua specialità, fin da quando, nel 2015, si impose come migliore della sua categoria nello scratch, specialità del ciclismo su pista. L’anno successivo fece suoi i trofei iridati dell’omnium e dell’inseguimento a squadre, sempre su pista, mentre su strada vinse il titolo mondiali in linea Juniores. Nel 2021 si è aggiudicata il campionato del mondo nelle Fiandre, superando in volata la pluricampionessa olandese Marianne Vos.

Nonostante non sia riuscita a bissare il successo mondiale dell’anno precedente, la stagione 2022 di Balsamo è stata sicuramente una delle migliori della sua carriera, che vede all’attivo 19 titoli e svariate vittorie in sette anni. In pista ha vinto la medaglia d’oro ai Mondiali nell’inseguimento a squadre, la seconda prova della Coppa delle Nazioni in inseguimento a squadre, americana e omnium. Su strada invece ha messo in bacheca il Trofeo Alfredo Binda, la Classic Brugge - De

Panne, la Gand - Wevelgem e il campionato italiano. Fino a settembre ha gareggiato con la maglia iridata, riservata ai campioni del mondo in carica, vincendo la bellezza di dieci corse e collezionando sette secondi posti. Il 2022 è stato anche l’anno dell’esordio al Giro d’Italia e al Tour de France. Alla corsa rosa ha vinto due tappe, ha lottato fino alla fine per la maglia ciclamino, quella riservata a chi comanda la classifica a punti, e per due giorni ha indossato la maglia rosa.

La corsa francese invece è stata la nota dolente della stagione. La campionessa italiana ha accusato la stanchezza del Giro e la forte pressione mediatica intorno alla rassegna, che tornava dopo un lungo stop. Nonostante ciò si è detta comunque soddisfatta. “Ho sempre gareggiato con grande determinazione, aiutando la mia squadra senza mai mollare e cercando di sfruttare qualche occasione per portare a casa un buon risultato, sono arrivati un quarto e un secondo posto”, ha scritto sul suo blog personale, dove condivide e racconta i dietro le quinte, le sensazioni e le emozioni di ogni competizione a cui partecipa.

Oltre a quella per il ciclismo, Balsamo coltiva da sempre una forte passione per la lettura e per la musica. Ha studiato per dieci anni pianoforte, Chopin il suo autore preferito, dopo la maturità classica si è iscritta alla facoltà di Lettere, nel 2022 si è tolta la soddisfazione di salire sul palco del Festival di Sanremo, regalando al presentatore Amadeus la maglia con cui aveva vinto il Mondiale l’anno precedente. Nel cuore, oltre al collega Davide Plebani, c’è sempre la sua Cuneo, tanto da essere testimonial dell’azienda turistica locale. Per una sportiva con una bacheca così piena è difficile porsi nuovi obiettivi. Vincere una tappa del Tour de France sarà sicuramente uno di questi, così come riconquistare la maglia iridata. Ma il bersaglio finale di Balsamo è ancora lontano nel tempo: una medaglia alle prossime Olimpiadi, in programma nel 2024 a Parigi. F

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19 titoli e svariate vittorie FEBBRAIO, 2023
Il suo 2022 è stato uno degli anni migliori della carriera, che vede all’attivo
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Elisa Balsamo
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Paolo Banchero

Tu vuò fa’ l’italiano

SCELTO CON LA PRIMA CHIAMATA AL DRAFT 2022, PAOLO BANCHERO VIAGGIA A PIÙ DI 20 PUNTI A PARTITA

NELLA SUA STAGIONE D’ESORDIO IN NBA. POTREBBE GIOCARE IN NAZIONALE GRAZIE ALLE ORIGINI DEL PADRE. E GLI AZZURRI SOGNANO DI PORTARLO AL MONDIALE IN AGOSTO

l basket è l’unico sport che tende al cielo. Per questo è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra”. È da questa frase di Bill Russell, il giocatore più vincente nella storia della Nba, che bisogna partire per raccontare i primi passi nell’Olimpo della pallacanestro dell’italo-americano Paolo Napoleon James Banchero.

Figlio della cestista americana Rhonda Smith, scelta al draft del 2000 della Wnba e migliore realizzatrice di sempre per l’università di Washington, e dell’italiano Mario Banchero, giocatore di football al college (per gli Huskies dello stesso ateneo, dove conobbe Rhonda), Paolo è nato il 12 novembre 2002 con lo sport nel sangue. Lo dimostra il suo fisico: 2,08 metri di altezza (a 15 mesi era già 91 cm) e 113 kg di esplosività, velocità e pulizia tecnica. Caratteristiche che, unite alla sua grande duttilità, gli permettono di essere un tutto-campista. O meglio, positionless, come dicono gli americani. Sfruttando l’eredità sportiva dei genitori, al suo primo anno all’O’Dea High School di Seattle ha iniziato la carriera sportiva giocando sia a football, come quarterback di riserva della squadra, vincitrice del titolo statale, sia a basket, registrando una media di 14,1 punti e di 10,2 rimbalzi a partita. Una sorpresa per una matricola. Ma è stato solo l’inizio dell’ascesa di Banchero. Al secondo anno ha guidato la squadra al titolo statale di Class 3A, venendo anche nominato Mvp. Al terzo ha conquistato il titolo di Gatorade Player of the Year nello stato di Washington e di junior dell’anno a livello nazionale da MaxPreps. Garantendosi così, al quarto

anno, la convocazione per il McDonald’s All American Classic, per il Jordan Brand Classic e per il Nike Hoop Summit. Considerato ormai all’unanimità un prospetto di altissimo livello, Paolo, prima di scegliere (un po’ a sorpresa) la proposta della Duke University, ha iniziato a far sognare anche la Nazionale. Nel giugno 2020, in occasione del ricevimento della cittadinanza italiana grazie alle origini del padre, ha dichiarato: “Giocare in azzurro per me sarebbe motivo di orgoglio, anche perché la mia famiglia si sente italiana”. Una dichiarazione che ha portato i tifosi italiani a seguirlo nel suo percorso di crescita. Un percorso che, fin dal 9 novembre 2021, data del suo debutto con la maglia dei Blue Devils (22 punti contro Kentucky), ha lasciato intendere quale sarebbe stato l’epilogo della stagione: titolo di rookie (‘matricola’) dell’anno nella Atlantic Coast Conference, inserimento nel primo quintetto della conference, nel terzo quintetto All-American e nel miglior quintetto della manifestazione, pur non partecipando alla fase finale nazionale.

È arrivato poi il momento del grande salto: il 20 aprile 2022, considerato all’unanimità come uno dei tre migliori giocatori della classe, ha deciso di rendersi eleggibile per il Draft Nba del 23 giugno. E anche se le previsioni indicavano Jabari Smith Jr. come favorito, Paolo Banchero non aveva dubbi: sarebbe stato lui la prima scelta. “Sono il miglior giocatore disponibile al draft”, ha detto alla Gazzetta dello Sport prima della cerimonia. Ha avuto ragione: a sorpresa gli Orlando Magic hanno puntato su di lui, facendogli firmare un contratto quadriennale da 49,4 milioni di dollari complessivi e facendolo diventare il secondo italiano scelto con la prima chiamata, dopo Andrea Bargnani. La mossa di Orlando si sta rivelando più che azzeccata: Banchero è diventato il primo giocatore a mettere assieme almeno 25 punti, cinque assist e cinque rimbalzi nella sua prima partita in Nba dai tempi di LeBron James nel 2003. Ora l’Italia sogna di averlo a disposizione per i Mondiali della prossima estate. F

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È diventato il primo giocatore a mettere assieme almeno 25 punti, 5 assist e 5 rimbalzi nella sua prima partita in Nba dai tempi di LeBron James nel 2003
SPORT

Un ragazzo d’oro

“ALLA PRIMA DA TITOLARE MI SONO DETTO: ‘ALE, SE FAI BENE QUESTA È FATTA’”. ALESSANDRO BASTONI AVEVA RAGIONE. ACQUISTATO A 18 ANNI DALL’INTER, A 23 È UN ELEMENTO CHIAVE DEL CLUB E DELLA NAZIONALE. ED È UNO DEI DIFENSORI CON LA PIÙ ALTA VALUTAZIONE DI MERCATO IN EUROPA

Se è vero che i sogni son desideri, i desideri possono trasformarsi anche in realtà. E, perché no, in una professione, grazie al talento, al sacrificio e alla passione. È il caso di Alessandro Bastoni, che, da protagonista e a soli 22 anni, si è laureato campione d’Italia con l’Inter e d’Europa con la Nazionale. Una doppietta arrivata dopo che già nel 2020 era stato inserito tra i 50 giovani più promettenti del continente dalla Uefa.

Nato nel 1999 a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, Alessandro ha iniziato la sua carriera nelle giovanili dell’Atalanta. Una volta arrivato in prima squadra, ha attirato su di sé i riflettori dei grandi club italiani. In particolare dell’Inter, che nel 2017 lo ha acquistato per 31 milioni di euro. Un investimento che la società nerazzurra ha deciso di salvaguardare lasciandolo, con la formula del prestito biennale, proprio all’Atalanta. Dopo un anno, però, il difensore mancino è passato al Parma, dove in poco tempo ha conquistato la fiducia dell’allora tecnico dei gialloblu, Roberto D’Aversa, guadagnandosi un posto tra i titolari. È proprio lì che Alessandro ha capito che il futuro sarebbe stato tutto suo, come ha rilevato in un’intervista a Repubblica . “Alla prima da titolare mi sono detto: ‘Ale, se fai bene questa è fatta’”. E ha avuto ragione. Nel 2019 ha segnato il primo gol in Serie A contro la Sampdoria e ha concluso la sta -

gione con 24 presenze. Finito il prestito, è tornato all’Inter, dove Antonio Conte, un po’ a sorpresa, lo ha fatto diventare una colonna della sua difesa a tre, relegando in panchina un campione come Diego Godin. È stato solo l’inizio dell’ascesa tra i grandi. Sono arrivati così l’esordio nelle competizioni europee contro il Ludogorets in Europa League, la titolarità nella finale contro il Siviglia, il primo match in Champions League contro il Borussia Mönchengladbach e il suo primo scudetto. Quando, in occasione dei festeggiamenti, è stato catturato in uno scatto che dimostrava la sua umiltà, la sua giovane età e la sua vicinanza alla famiglia: quello in cui la mamma Monica gli pulisce la bocca mentre mangia la pizza. D’altronde, “non conta l’età, anche a 40 anni sarà sempre la mia mamma”, come ha poi dichiarato sorridendo al Corriere . Sarebbe la conclusione perfetta del percorso di crescita del nuovo golden boy nerazzurro. Ma il 2021 ha avuto in serbo ulteriori sorprese: la vittoria con la Nazionale a Euro 2020 e la notizia della dolce attesa della sua compagna, Camilla Bresciani.

Il 2022 si è aperto proprio così: con la nascita di Azzurra. Nome che dimostra il suo amore per la maglia dell’Inter, come ha poi raccontato con una battuta a Dazn. “Ho una figlia che si chiama Azzurra. Per la Nazionale? In realtà abbiamo intenzione di farne un’altra e chiamarla Nera”. Battute a parte, oggi Bastoni, oltre a essere un punto di riferimento per l’Inter e per la Nazionale, è tra i 100 giocatori con il valore economico più alto nei cinque campionati principali europei, secondo l’Osservatorio calcistico del Cies. Con 61,1 milioni di euro, il difensore numero 95 – scelto in onore della data di nascita di suo fratello - si colloca al 76esimo posto assoluto, davanti anche a Lionel Messi (97esimo) e Cristiano Ronaldo, scivolato fuori dalla top 100. Dimostrazione che il presente e il futuro sono nelle sue mani. Anzi, nei suoi piedi. F

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“Ho una figlia che si chiama Azzurra. Per la Nazionale? In realtà abbiamo intenzione di farne un’altra e chiamarla Nera”
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Alessandro Bastoni
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Matteo Berrettini

Voglie di riscatto

PER MATTEO BERRETTINI IL 2022, COMPLICE QUALCHE INFORTUNIO DI TROPPO, NON È STATO UN ANNO DI SODDISFAZIONI. MA IL TENNISTA ROMANO VUOLE TORNARE A VINCERE. E LO FARÀ GRAZIE ALLA POTENZA DEI SUOI COLPI, CHE GLI SONO VALSI IL SOPRANNOME DI THE HAMMER, IL MARTELLO

Giovane, bello, talentuoso e carismatico. Matteo Berrettini è ormai l’icona del nostro tennis. Primo italiano a disputare una finale di Wimbledon e l’unico, insieme a Jannik Sinner, a raggiungere i quarti di finale in tutte le prove del Grande Slam, benedetto da John McEnroe che nel luglio 2019 ne aveva predetto l’approdo nella top ten della classifica Atp, Berrettini si prepara ora a entrare nella fase decisiva della sua carriera. Il primo passo è riscattare un 2022 che, nonostante tante soddisfazioni, non lo ha visto brillare come negli anni precedenti.

La potenza dei suoi colpi è valsa a Berrettini il soprannome di The Hammer, ‘il martello’. “Un giorno servirai a 220 chilometri all’ora”, gli aveva predetto Adriano Panatta quando era solo un 16enne. E il servizio infatti è diventato uno dei punti di forza del tennista romano, insieme al dritto e alla sua forza, sia fisica che mentale. La superficie preferita è l’erba, sulla quale riesce a esprimere al meglio le sue qualità. 27 anni ad aprile, nonostante sia nato a Roma è un grande tifoso della Fiorentina e ha una forte passione per i motori.

Lo scorso anno il suo talento si è espresso a sprazzi, complice qualche infortunio di troppo. Dopo una deludente Atp Cup, dove ha ottenuto solo due vittorie in sei incontri disputati, Berrettini si riscatta agli Australian Open, dove la sua cavalcata è stata arrestata da Rafael Nadal in

semifinale. Alla fine del torneo era sesto nel ranking mondiale, la seconda miglior posizione mai raggiunta da un tennista italiano dopo il quarto posto di Adriano Panatta nel 1976.

Dopo uno stop di circa tre mesi per un edema alla mano destra, ha vinto il torneo di Stoccarda (battendo in finale Andy Murray) e ha bissato il successo del 2021 al Queen’s, superando per numero di trofei Paolo Bertolucci e diventando così il terzo tennista italiano più vincente di sempre. Giugno è stato il mese delle delusioni: nonostante la vittoria di due competizioni, è uscito dalla top ten del ranking mondiale dopo 116 settimane consecutive. Poi, a causa del Covid, è stato costretto a rinunciare alla partecipazione a Wimbledon, torneo dov’era dato tra i favoriti.

Gli alti e bassi del talento romano sono andati avanti fino alla fine dell’anno: eliminato al primo turno a Montreal, ha raggiunto i quarti di finale agli Us Open di New York; è stato protagonista nel cammino dell’Italia in Coppa Davis, dove gli azzurri sono arrivati tra i primi quattro, ha partecipato per il secondo anno consecutivo alla Laver Cup, come riserva di Roger Federer, ma è uscito al primo turno a Firenze. Nell’ultimo torneo dell’anno, a Napoli, ha centrato la prima finale sul cemento della sua carriera, ma, complice anche un piccolo infortunio al piede sinistro, si è arreso al connazionale Lorenzo Musetti.

I piccoli incidenti di percorso del 2022 ovviamente non intaccano la carriera e l’immagine di Berrettini, che ha conquistato tutti anche fuori dal rettangolo di gioco. Sempre sotto i riflettori del gossip dopo la fine della storia d’amore con la collega Ajla Tomljanovic, è il volto di brand come Hugo Boss, Asics, Red Bull ed Head&Shoulders, con accordi di sponsorizzazione dal valore complessivo di circa due milioni di euro. Lo scorso anno è stato protagonista di alcuni programmi televisivi, tra cui Masterchef e, soprattutto, il Festival di Sanremo. “Voglio superare Djokovic e Nadal prima che si ritirino”, ha dichiarato sul palco dell’Ariston. Nei suoi progetti c’è però soprattutto la conquista del suo primo slam. “Ce la farà sicuramente”, ha detto l’ex numero uno del mondo Mats Wilander. Che il 2023 sia l’anno giusto? F

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Lo scorso anno è stato protagonista di alcuni programmi televisivi, tra cui Masterchefe il Festival di Sanremo. “Voglio superare Djokovic e Nadal prima che si ritirino”, ha dichiarato sul palco dell’Ariston
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L’unicorno del volley italiano

ALESSANDRO MICHIELETTO È PER MOLTI UNO DEI PIÙ GRANDI TALENTI DELLA PALLAVOLO MONDIALE. 211 CENTIMETRI DI ALTEZZA, 21 ANNI APPENA COMPIUTI, GIOCA COME SCHIACCIATORE NEL TRENTINO VOLLEY E NELLA NAZIONALE. UN’ASCESA FATTA DI NUMERI, RECORD E IMPORTANTI SPONSORIZZAZIONI

Ha appena compiuto 21 anni ma ha già un palmares che fa invidia a campioni con più esperienza di lui. Alessandro Michieletto non è una promessa della pallavolo italiana, è già una certezza. Colonna del Trentino Volley e della Nazionale, negli ultimi due anni con le sue schiacciate ha trascinato gli azzurri allenati da Ferdinando De Giorgi alla conquista dei campionati europei e mondiali.

211 centimetri di altezza, carisma da vendere nonostante la sua giovanissima età, Alessandro è stato definito da più voci “l’unicorno del volley italiano”. In campo occupa il ruolo di schiacciatore. Nonostante l’efficacia e la potenza dei suoi colpi, l’aspetto più stupefacente del suo gioco è l’imprevedibilità: agile in difesa, capace di soluzioni inaspettate in attacco, ha un repertorio così ampio che spesso il muro avversario non sa come reagire ai suoi colpi.

Diventare un pallavolista di successo era scritto nel destino di Alessandro, nato a Desenzano del Garda il 5 dicembre 2001 in una famiglia per cui il volley non è un semplice sport, ma qualcosa che scorre nelle vene. Il padre Riccardo è stato giocatore e oggi è team manager del Trentino Volley; le sorelle maggiori, Francesca e Annalisa, sono rispettivamente schiacciatrice e opposto nell’Itas Trentino donne; il fratello minore ha un passato nella pallavolo. L’unica a fare eccezione è mamma Eleonora, che invece è un ex giocatrice di basket.

La carriera di Alessandro è cominciata a 14 anni nelle giovanili del Trentino, in Serie D. Negli anni successivi ha conquistato la promozione prima in Serie C e poi in Serie B. Nel 2018, è stato con-

vocato per la prima volta in prima squadra per una partita di Coppa Cev, seconda competizione europea di pallavolo per club, vinta dallo stesso Trentino. La stagione successiva ha esordito in Superlega, il massimo campionato italiano di volley. Nel 2020 è passato definitivamente in prima squadra, dove ha cominciato a collezionare successi. Nel 2021 ha vinto la Supercoppa Italiana ed è stato premiato con il titolo di miglior schiacciatore del Campionato mondiale per Club, conquistato anche l’anno successivo. Nel 2022 Alessandro stabilisce anche un nuovo record: giovedì 15 dicembre, in occasione della partita di Champions League contro il Cez Karlovarsko, è sceso in campo con la fascia di capitano, diventando così il giocatore più giovane del club a ricoprire il ruolo. Ovviamente Alessandro non ha mancato di farsi notare in una serata così importante, realizzando 15 punti e portandosi a casa il premio di miglior giocatore del match.

La sua storia con la Nazionale è cominciata nel 2017, quando è stato convocato nella selezione Under 17. Nel 2019 sono arrivati i primi successi in azzurro, al XV Festival olimpico della gioventù europea e al campionato mondiale Under 19. Nel 2020 è stato premiato come miglior giocatore dell’Europeo Under 20. Il 2021 è stato l’anno della definitiva consacrazione in azzurro: prima è stato convocato per le olimpiadi di Tokyo, poi è stato protagonista della vittoria dei campionati europei, dove si è aggiudicato il titolo di miglior schiacciatore. Nel 2022 è arrivato anche il trofeo più prestigioso della sua carriera, il Mondiale, vinto in finale contro i padroni di casa della Polonia.

La sua ascesa è stata ovviamente notata dagli sponsor. Da gennaio 2022 è testimonial di Errea Sport, brand che da ormai 17 anni firma le divise da gioco e tutto l’abbigliamento del Trentino Volley. È inoltre ambassador del marchio di scarpe sportive Asics.

Per un ragazzo cresciuto a pane e pallavolo, è difficile avere altre passioni. Tra queste ci sono il cibo, l’Inter e la fidanzata Maddalena Bertoldi, anche lei pallavolista, giocatrice dell’Ata Trento, squadra militante in Serie B1. F

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Nonostante la potenza dei colpi, l’aspetto più stupefacente del suo gioco è l’imprevedibilità: agile in difesa, capace di soluzioni inaspettate in attacco
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Alessandro Michieletto
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UN LIMPIDO FUTURO

DIVERSEY È DA UN SECOLO SPECIALIZZATA NELLE SOLUZIONI PER L’IGIENE, LA PREVENZIONE DELLE INFEZIONI E LA PULIZIA PROFESSIONALE. SI È QUOTATA IN BORSA NEL 2021, NEL PIENO DELLA PANDEMIA. NEGLI ULTIMI ANNI HA INVESTITO IN SICUREZZA, FORMAZIONE E SVILUPPO DEI TALENTI, IMPEGNANDOSI ANCORA DI PIÙ NELLA SOSTENIBILITÀ

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di Elisa Serafini

Stiamo diventando più longevi anche perché viviamo in ambienti più sani, l’igiene ha rappresentato un elemento di sviluppo e di miglioramento della qualità della vita”. A raccontare l’importanza dell’igiene, l’impatto sulla vita di tutti i giorni e i trend che riguardano questo indispensabile settore industriale è Michele Guida, South East Europe cluster director di Diversey Professional Diversey, da due anni quotata in Borsa, è specializzata nelle soluzioni per l’igiene, la prevenzione delle infezioni e la pulizia professionale da un secolo. Conta circa novemila dipendenti dislocati in 96 sedi in tutto il mondo, oltre a 26 stabilimenti di produzione e quattro centri per la ricerca e sviluppo. Michele Guida è laureato in Scienze e tecnologie alimentari ed è in Diversey da 29 anni, dove ha ricoperto ruoli di sempre maggiore responsabilità.

Come è cambiato il mondo del cleaning professionale in questi ultimi anni, anche a livello culturale?

È importante analizzare il cambiamento secondo alcune prospettive: la pandemia ha obbligato a ritrovare un interesse per argomenti dati per scontati o sottovalutati, come la rilevanza degli investimenti in igiene e salute e i conseguenti costi sanitari. Sono

cresciute le competenze in materia e si è sviluppato il concetto di sostenibilità, trainante soprattutto da un punto di vista culturale e che di per sé include i concetti di salute e di sicurezza. Il mercato della pulizia professionale in Italia ha registrato nei primi due trimestri del 2022 un trend positivo a doppia cifra su tutte le macro famiglie del comparto rispetto al periodo precedente: macchine, chimici, attrezzature, panni e carta.

Quali sono stati i traguardi più importanti di Diversey dopo la quotazione?

Diversey è diventata un’azienda pubblica all’inizio del 2021, forse in uno dei momenti più complicati degli ultimi 20 anni sia dal punto di vista del contesto geopolitico che da quello degli scenari economici. Pandemia, guerre, carenza di materie prime, problemi relativi alla logistica e ai trasporti hanno reso tutto complesso. Tutte queste sfide rendono ancora più importante il nostro impegno nel campo della sostenibilità. La nostra strategia, ‘Protect. Care. Sustain.’ è pensata per fare di Diversey un fornitore di soluzioni resilienti e sostenibili che si adattano ai problemi globali e mantiene le promesse fatte a clienti, agli investitori e agli altri stakeholder, assicurando totale fiducia ai clienti in tutti i settori in cui opera.

“LA DIGITAL TRANSFORMATION HA COINVOLTO I PROCESSI LEGATI ALL’ASSISTENZA E ALLE RELAZIONI COMMERCIALI. OGGI I NOSTRI TECNICI RISOLVONO PROBLEMI A CENTINAIA DI CHILOMETRI DI DISTANZA ATTRAVERSO LA REALTÀ AUMENTATA, PERMETTENDO AI CLIENTI DI TORNARE OPERATIVI IN POCHISSIMO TEMPO, EVITANDO DANNI ECONOMICI E SANITARI”

La sostenibilità è un approccio chiave per Diversey, può raccontarci un’iniziativa di particolare successo?

Avete presente le saponette che troviamo negli hotel e usiamo per qualche lavaggio e poi lasciamo in camera? Diversey ha sviluppato il programma Soap For Hope, un’iniziativa che mira a migliorare la vita delle persone nelle comunità locali in cui opera. Diversey offre alle comunità bisognose l’opportunità di guadagnarsi da vivere riciclando il sapone di scarto degli hotel in nuove saponette che vengono distribuite a coloro che vivono in condizioni insalubri e a rischio di infezioni mortali. Il progetto ha finora evitato che quasi seimila tonnellate di sapone finissero in discarica ed è stato introdotto in più di 1.000 hotel di 45 paesi del mondo, migliorando la vita di oltre un milione di persone ogni anno. In virtù di questo impegno, Diversey ha ricevuto il premio Profit with Purpose ai World Sustainability Awards 2022.

Quali progetti ha Diversey Professional Italia, per il prossimo anno e triennio?

All’interno della visione dell’azienda il percorso relativo alla sostenibilità è trainante, anche per quello che riguarda i processi interni. Il periodo di lockdown ha rimesso in discussione convinzioni tradizionali che riguardavano l’intero settore, come il concetto che la relazione fisica fosse indispensabile per l’esecuzione del processo di business. L’utilizzo delle tecnologie ha reso possibile mettere in discussione tutto questo. Il concetto di digital transformation ha coinvolto i processi legati all’assistenza e alle relazioni commerciali. Oggi i nostri tecnici risolvono problemi a centinaia di chilome-

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tri di distanza attraverso tecnologie di realtà aumentata, permettendo ai clienti di tornare operativi in pochissimo tempo, evitando danni economici e sanitari. Lo stesso vale per le relazioni commerciali: il nostro obiettivo è aiutare i nostri partner e clienti ad abbassare la carbon footprint e usare soluzioni a basso impatto ambientale. Ad esempio il nostro sistema Clax Advanced, studiato per lavare la biancheria a basse temperature, in un anno consente a un hotel di ridurre l’uso di una risorsa preziosa come l’acqua dell’equivalente di tre piscine olimpiche, oppure soluzioni di prodotti superconcentrati che riducono la carbon footprint del 99,5% sostituendo i prodotti in flaconi con soluzioni in cartuccia superconcentrati.

Quali sono i segmenti industriali e di consumo in cui Diversey Professional Italia vede una crescita più importante nella vendita

dei propri prodotti e servizi?

I settori strategici per la divisione professional sono la distribuzione, le imprese di pulizia, la sanità, il retail, la ristorazione e il settore hospitality. In Italia la nostra priorità è estesa anche al mondo delle piscine professionali dove siamo leader indiscussi da molti anni. Abbiamo pianificato la nostra attività in tutti i settori strategici e vogliamo che i nostri partner distributivi continuino ad avere un ruolo primario nel supportare insieme a noi la crescita di Diversey.

Quale cultura aziendale viene promossa in Diversey?

La dimensione delle persone è considerata un asset aziendale ed è un credo condiviso a tutti i livelli. A tale proposito siamo convinti che la diversità sia un elemento di ricchezza. Anche i nostri clienti riconoscono le nostre persone prima ancora dei prodotti, e insieme a loro il contributo che possono dare nel portare soluzioni. Storicamente l’investimento nelle persone è sempre stato importante per Diversey. Negli ultimi anni abbiamo investito ancora di più in sicurezza, formazione e sviluppo dei talenti. Una popolazione più coinvolta produce risultati straordinari. F

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La SALUTE che cambia

Paideia International Hospital è un nuovo polo della medicina e della prevenzione. Inaugurato a settembre a Roma, presto si allargherà in tutta Italia. “Vogliamo portare una rivoluzione culturale e rispondere al bisogno di sanità privata efficiente”, dice l’ad, Andrea De Angelis

Un ospedale privato all’avanguardia sul fronte delle tecnologie medicali, della relazione con il paziente e sotto il profilo infrastrutturale. Un progetto imprenditoriale nato a Roma, ma destinato presto a espandersi in altre aree del Paese. Una società che registra un giro d’affari in costante crescita e si pone l’obiettivo di accelerare il piano di sviluppo e replicare il suo modello di sanità ‘unico e innovativo’ con altre acquisizioni. Paideia International Hospital, il nuovo polo della medicina e della prevenzione nato dall’evoluzione della storica clinica Paideia e inaugurato a settembre in via Giovanni Fabbroni 6 a Roma, “è la risposta a quel bisogno di sanità privata efficiente ed eccellente di cui il nostro Paese ha e avrà sempre più bisogno nei prossimi anni, in un rapporto di collaborazione e non di contrapposizione con la sanità pubblica”, spiega Andrea De Angelis, amministratore delegato di Paideia International Hospital. “Il nostro intento è quello di portare una rivoluzione culturale nell’approccio alla salute in Italia, sfruttando le migliori tecnologie e innovazioni, avvalendoci di personale medico altamente qualificato e guardando anche all’estero. Non solo per accogliere l’utenza straniera, ma soprattutto per portare in Italia anche il meglio della sanità di altri paesi che, prima di noi, hanno compiuto rivoluzioni tecnologiche”. Proprio per questo, ma anche perché vuole “essere un punto di riferimento per la comunità internazionale residente a Roma”, Paideia Internatio-

“CI AVVIAMO A CHIUDERE

IL 2022 CON UN GIRO D’AFFARI COMPLESSIVO DI 75 MILIONI DI EURO, GRAZIE A 260MILA PRESTAZIONI AMBULATORIALI E SETTEMILA INTERVENTI CHIRURGICI”

nal Hospital, un progetto per la cui realizzazione sono stati investiti circa 70 milioni di euro, “coniuga la tecnologia più avanzata, la rapidità di intervento con la personalizzazione della cura, la capacità di ascolto e l’empatia, perché le persone sono sempre la nostra priorità. Ci facciamo carico del percorso del paziente, partendo dalla prevenzione, in modo corale e senza mai perdere di vista il fattore umano”. L’offerta di Paideia International Hospital contempla diversi centri d’eccellenza (Breast Unit, Centro di Ortopedia e Traumatologia, Centro internazionale di endometriosi, Centro per la Chirurgia robotica e Spine Center), così come risonanze magnetiche di ultima generazione ad alto campo (1,5 e 3 Tesla), Pet/Tac digitale in grado di ridurre sensibilmente la dose del radiofarmaco, mammografi che permettono di eseguire esami con mezzo di contrasto, chirurgia robotica eseguita in sale operatorie appositamente studiate, dotate di tutte le apparecchiature all’avanguardia anche per la prevenzione delle infezioni intraoperatorie. In ambito ambulatoriale, Paideia International Hospital propone quindi visite ed esami diagnostici di alta specializzazione con particolare cura alla medicina personalizzata e di precisione, soprattutto in campo oncologico, oltre a servizi operativi 24 ore su 24 e un settore dedicato alle aziende. Un’attenzione particolare è poi rivolta all’area dei checkup e dunque ai percorsi per la prevenzione e la diagnosi precoce. “Il nostro centro di fisioterapia, con piscina e palestre, permette a Paideia International Hospital di posizionarsi come un’eccellenza anche nel campo della riabilitazione, con personale altamente specializzato”. Per quanto riguarda il rapporto con il cliente e gli investimenti nella digitalizzazione, “siamo alla costante ricerca di soluzioni innovative, anche attraverso politiche esg aziendali, che possano semplificare la vita ai nostri pazienti, a dipendenti e collaboratori. Anche grazie a investimenti nel campo tecnologico, con l’aggiornamento costante di software e soluzioni moderne che ci mettono in una posizione di benchmark a livello di mercato, anche per quanto concerne le soluzioni digitali non mediche, ma legate all’operatività, per le quali abbiamo realizzato un’apposita app. La digitalizzazione ci aiuta anche a portare avanti politiche aziendali eco friendly: grazie alla cartella cli-

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di Lucio Torri

nica digitale, ad esempio, ricorriamo sempre meno alla stampa cartacea, così come stiamo lavorando per ridurre il più possibile l’utilizzo della plastica. Da un punto di vista strutturale, l’immobile è dotato di un impianto solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria, di un impianto fotovoltaico e un sistema di trigenerazione per il consumo di energia elettrica, di un elevato isolamento termico e infissi performanti. Tanta attenzione verso la sostenibilità ci ha consentito di ottenere una prestazione energetica globale in classe A3”.

Paideia International Hospital è una struttura ospedaliera privata al 100% e non opera dunque in regime convenzionato con la Regione. I principali clienti sono gli operatori del mercato assicurativo, le mutue e le aziende. “Un target medio-alto, quel mondo che si sta via via affermando come il secondo pilastro del welfare nel nostro Paese”. Il gruppo controllato dalla famiglia De Angelis, cui fa capo anche la clinica romana Mater Dei, si av-

via a chiudere il 2022 “con un giro d’affari complessivo di 75 milioni di euro, grazie a 260mila prestazioni ambulatoriali e settemila interventi chirurgici realizzati nel corso dell’anno, il 20% in più rispetto al 2021. Ora l’obiettivo è quello di superare gli 80 milioni di euro nel 2023 e arrivare a un fatturato di 85 milioni di euro nel 2024”.

La società punta inoltre a espandere la sua presenza in Italia, principalmente attraverso acquisizioni di realtà già operative nel mercato sanitario. “Ora siamo concentrati sull’attività di consolidamento di Paideia International Hospital, un’esperienza difficilmente ripetibile ex novo in altre aree del Paese. Proprio per questa ragione, la nostra intenzione è piuttosto quella di realizzare operazioni di mercato e di trasformare le realtà acquisite secondo i principi del nostro modello imprenditoriale e di business”. Nel medio periodo, la proprietà intende così dare vita a un gruppo protagonista della sanità privata a livello nazionale. “Nell’ambito di questo piano non escludiamo, quando sarà il momento e le condizioni saranno idonee, di valutare una quotazione in Borsa o, in alternativa, di ricorrere al mercato della finanza, sempre più interessato a investire in un comparto già in crescita e destinato a svolgere un ruolo ancora più centrale nel sistema di welfare nazionale”. F

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Andrea De Angelis

Costruire un business col sorriso

Nel 2019 Santo Trovato, insieme alla moglie medico odontoiatra Carmen Galletta, ha fondato il poliambulatorio Ios, Istituto odontostomatologico siciliano. Grazie alla passione e alla preparazione della coppia e agli investimenti in tecnologia, la struttura è oggi un punto di riferimento per le cure dentali

L'attività lavorativa di Santo Trovato ha inizio nel lontano 2003. Animato dal desiderio continuo di perfezionarsi, dopo la laurea in medicina e chirurgia e in odontoiatria all’Università di Messina, si è dedicato in seguito a un ulteriore approfondimento delle proprie conoscenze attraverso il conseguimento con lode di due master di secondo livello - uno in chirurgia orale, l’altro in implantologia - all’università Sapienza di Roma. Grazie al suo iter formativo - che lo ha portato ad acquisire padronanza di avanzate tecniche di chirurgia orale e implantare – oggi la sua consulenza è richiesta da studi di città sparse per tutta la Sicilia. È inoltre chiamato a intervenire come relatore in numerosi corsi e congressi nazionali e internazionali.

Negli anni, Trovato ha affinato le sue competenze. La sua attività di libero professionista, avviata nel 2003, ha registrato un’espansione continua di pazienti che necessitavano trattamento e risoluzione di casi spesso anche altamente compromessi - come gravi atrofie mascellari e mandibolari - e lo ha visto sempre più impegnato nella realizzazione di ambulatori odontoiatrici. Nel 2019 ha scelto di acquistare una grande struttura, curarne la

ristrutturazione e quindi fondare insieme alla moglie medico odontoiatra, Carmen Galletta, il poliambulatorio Ios, Istituto odontostomatologico siciliano. La realtà si è presto guadagnata il suo posto tra le eccellenze nazionali per quello che riguarda il mondo dell’odontoiatria e della medicina estetica.

Il matrimonio con Carmen non è stato che il coronamento di un’unione rivelatasi solida e prospera tanto nel privato - i due hanno infatti quattro bambini - quanto nel lavoro. Il poliambulatorio Ios è stato pensato come una grande struttura sanitaria dedicata a odontoiatria e medicina e chirurgia estetica testa collo; si estende su una superficie di oltre 700 metri quadrati e ha attrezzato di strumenti tecnologici estremamente avanzati la sala operatoria, la sala estetica e le dieci sale odontoiatriche in cui dieci medici, 12 assistenti, sei segretarie e sei consulenti esterni sono giornalmente impegnati

nello svolgimento del loro operato. Il poliambulatorio è diventato sin da subito un punto di riferimento per tutto il territorio - regionale e non soltanto cittadino -, per numerosi pazienti e per i tanti colleghi che afferiscono alla struttura in presenza di condizioni cliniche che rendano necessarie prestazioni complesse per le quali si affidano alla grande esperienza e alle attrezzature tecnologicamente avanzate.

Persino la stessa struttura che ospita l’istituto non manca di suggestioni.

Si tratta, infatti, della Villa Natoli, una residenza neogotica risalente all’Ottocento e appartenuta ai marchesi Cardillo prima e ai baroni Natoli poi, che la sovrintendenza alle Belle Arti Regione Sicilia con vincolo N 5513 ha dichiarato nel 1997 edificio di interesse storico della città di Messina. Oggetto di un importante intervento di ristrutturazione e adeguamento strutturale, ha sede in un parco di oltre 15mila metri quadrati all’interno del quale è in progetto anche la costruzione di un parco benessere fruibile dai cittadini. Attorno alla villa è tuttora possibile ammirare delle fontane, una parete e una grotta risalenti all’Ottocento - da segnalare per il suo particolare pregio la cosiddetta Fontana ad onde, con le graziose onde risaltate - oltre che sentieri in pietra e mattoncini e panche tipicamente ottocenteschi che fanno da corollario alla già imponente struttura.

È stata la crescente e condivisa passione per il digitale a portare Trovato e Galletta a coniare il termine Odontoiatria 4.0 specificatamente riferito alla loro volontà comune di creare una struttura iper digitalizzata e abitata da operatori sanitari altamente specializzati nell’esecuzione di varie prestazioni con il supporto

a
cura di Santo Trovato
Santo Trovato

delle più moderne tecnologie disponibili oggi a livello mondiale. All’interno del poliambulatorio Ios sono state pertanto abbandonate le classiche metodologie operative - come, per nominarne una, le impronte dentali eseguite tramite paste siliconiche che risultano oggi poco precise e notevolmente fastidiose - dando invece spazio all’impiego di scanner digitali intramurali che, con una precisione che si attesta sul micrometro, cioè il millesimo di millimetro, non lasciano spazio a errore alcuno e rendono la seduta atraumatica e assolutamente indolore.

I medici della struttura si avvalgono inoltre di scannerizzazioni facciali che, associate alle impronte dentali digitali e accompagnate dall’utilizzo di un software di ultimissima generazione che associa ed elabora le informazioni ricevute, consentono al medico di progettare la terapia protesica tenendo conto dell’estetica e della funzione. La possibilità di una ricostruzione 3D permette inoltre di avere un’anteprima visibile del risultato finale, consentendo quindi al medico di valutare come questo si integri nel contesto facciale del paziente e dando la possibilità al paziente di commentare e scegliere la soluzione terapeutica definitiva che più

risponda alle sue aspettative. I benefici della digitalizzazione riguardano senz’altro anche la chirurgia implantare: essa permette infatti ai medici Ios, dopo l’esecuzione in sede di una tac dentascan delle arcate dentarie interessate, la collocazione su software 3D degli impianti dentali e l’identificazione dei siti in cui l’osso è migliore - consentendo quindi di evitare le strutture mobili come il nervo alveolare inferiore o il seno mascellare che sovente vengono danneggiate con la chirurgia tradizionale. Dopo la programmazione

digitale eseguita dal medico in quella che viene definita fase Cad (Computer aided design), si passerà alla fase Cam (Computer aided manufacturing), durante la quale le informazioni verranno trasmesse a un fresatore digitale che creerà una guida utile a orientare il chirurgo durante l’intervento annullando pressoché del tutto il margine di errore.

L’avvento del digitale, oggi, ha, quindi, cambiato profondamente il modo di approcciarsi alle cure dentali - dalla diagnosi alla pianificazione del trattamento fino alla terapia - ed è indubbio che l’avanzamento tecnologico permetta di elevare i livelli di cura, consentendo di ottimizzare le modalità di intervento sui pazienti e avere il controllo su tutti i processi di lavoro. Una struttura sanitaria 4.0 come Ios, che associa la scienza del medico alla precisione della tecnologia realizzando un connubio essenziale alla garanzia di terapie di elevato livello, non può quindi che rappresentare un fiore all’occhiello e un punto di riferimento irrinunciabile per tutto il Meridione. Nelle parole del direttore sanitario: “È vero, occorre uno sforzo enorme in termini di formazione del personale e di capitali investiti per raggiungere un elevato standard di digitalizzazione di un poliambulatorio 4.0 mantenendosi in linea con le più attuali strumentazioni digitali mondiali. A valere lo sforzo sono gli enormi vantaggi a livello di qualità della terapia e controllo dei risultati”.

BUSINESS INNOVATION con SANTO
TROVATO
Santo Trovato e la moglie Carmen Galletta al lavoro

IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE Eccellenze Italiane

Forbes Small Giants è un progetto multimediale di BFC Media che fa incontrare imprenditori e istituzioni per fornire soluzioni efficati nella gestione e nello sviluppo delle aziende.

Un’occasione per confrontarsi sui topic del momento e creare relazioni professionali.

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SMALL GIANTS

LANA per sempre

LE PRIME ATTIVITÀ RISALGONO ALL’EPOCA PRE-ROMANA. BIELLA È ANCORA OGGI UN RIFERIMENTO MONDIALE PER I TESSUTI, CAPACE DI RESISTERE A CRISI E DISASTRI NATURALI. NEGLI ANNI ’70 È PASSATA DAI PRODOTTI DI MASSA ALLA NICCHIA DEI FILATI DI ALTISSIMA QUALITÀ, CHE FORNISCE AD ARMANI E ALLA CASA BIANCA. OGGI CONTINUA A PREMIARE CHI RIESCE AD ADOTTARE NUOVE STRATEGIE, CON UN EXPORT CHE SFIORA IL MILIARDO DI EURO

FEBBRAIO, 2023

FORBES.IT
A cura di Piera Anna Franini
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Un impianto di produzione del Maglificio Maggia

ABiella, tra i maggiori poli lanieri al mondo e riferimento assoluto per i tessuti di alta gamma, l’arte della lana, oltre che precoce, è imperitura. La si coltiva dall’epoca pre-romana ed era regolamentata con statuti ad hoc già fra il Milleduecento e il Trecento, negli anni in cui - nero su bianco, oltre che in rima - Dante mandava mezzo mondo all’Inferno mentre nella sua Firenze, faro d’Europa, a difesa di quest’arte nasceva la più ricca e potente delle corporazioni del Medioevo.

Città creativa dell’Unesco nel settore Crafts & Folk Art, Biella ha resistito alle varie crisi che hanno contrassegnato il settore del tessile, compresa quella dell’ultimo scorcio del Novecento. Come un’eroina greca è sopravvissuta anche all’alluvione del 1968, che spazzò via tante aziende. È rimasta in sella poiché ha tenuto conto dei nuovi mercati e stili di vita, riorganizzando di volta in volta la produzione, che dagli anni Settanta è passata dall’essere di massa e a basso costo alla nicchia dei filati e tessuti di altissima qualità, privilegiando lane australiane e neozelandesi, cashmere, pelo di cammello, alpaca, vigogna, mohair.

Gran parte dei tessuti di pregio utilizzati in tutto il mondo viene da qui. Vi attingono le più importanti maison di moda e di design: dai cashmere purissimi per Giorgio Armani ai divani nello Studio Ovale della Casa Bianca, fino al cappotto di Audrey Hepburn in Vacanze romane, scartabellando i volumi dell’ex lanificio Pria si scopre un mondo da Mille e una notte. Qui, per esempio, venne messa a punto la speciale formula per ricavare i toni di un colore leggenda: il Rosso Valentino.

L’eccellenza è anche una questione di numeri, fisiologicamente bassi. Non è da tutti raggiungere la vetta e soprattutto starci. Si spiega così il calare dei numeri dal 2000 a oggi. Nel 2001 le imprese nel tessile erano 1.555, mentre nel 2021 erano diventate 669. Gli occupati di settore sono passati da quasi 23mila a 10mila. In compenso il valore dell’export è sì sceso da 1,2 miliardi a 941 milioni, ma non è proporzionale alle contrazioni di cui sopra ed è certo scaturito dalle aziende che hanno messo in campo nuove strategie e rinnovate competenze per operare in quella che è diventata una nicchia: la quota di mercato della lana e delle fibre nobili è sprofondata all’1%, in linea con la predilezione dei capi informali rispetto ai classici lanieri.

È così alcune aziende si sono reinventate. Ecofuture è alla terza generazione ed è rinata cinque anni fa sotto nuove spoglie, imponendosi come unico marchio in Italia di abbigliamento intimo realizzato con tinture completamente naturali. Reda, attiva dal 1865, si è aperta al mondo dello sport, con tessuti tecnici e performanti in lana merino, sperimentando poi tessuti dove la lana fa tutt’uno con una fibra cellulosica di origine botanica. Altra azienda che, nonostante le tempeste che la storia riserva, è sempre approdata alla sua Itaca è la Vi-

SMALL GIANTS 110 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
DELL’ABBIGLIAMENTO DI ALTA GAMMA
MILIARDI DI EURO DI FATTURATO
NEGOZI
PAESI
SU TUTTI IMPERA ERMENEGILDO ZEGNA, COLOSSO
DA 1,29
E 500
IN 80
Biella, città creativa dell’Unesco nel settore Crafts & Folk Art

tale Barberis Canonico, quest’anno al suo 360esimo compleanno: sempre alla ricerca di nuove soluzioni, si è inventata una nuova flanella cardata in pura lana, realizzata al 40% con fibra riciclata, derivata da tessuti di scarto del lanificio. È ormai alle soglie dei tre secoli la Piacenza Cashmere, dinastia tessile che ha impresso l’anno di fondazione, il 1733, nel proprio logo. Su tutti impera il colosso Ermenegildo Zegna, leader globale di abbigliamento maschile di alta gamma, per il quale bastano il nome e qualche numero: 1,29 miliardi di euro di fatturato nel 2021, 500 negozi (per i dueterzi gestiti direttamente dal gruppo) in 80 paesi. La storia di Zegna iniziava nel 1910, quando il nonno dell’attuale ad, anche lui Ermenegildo, fondava un lanificio a Trivero, a 11 chilometri da Biella. L’elisir di lunga vita si deve in gran parte alla scelta di imporsi come manifattura a ciclo chiuso, che muove dalla materia prima fornita da allevatori opportunamente scelti al capo in vetrina. Le aziende che darwinianamente sono sopravvissute alla selezione della specie (tessile) più volte hanno cambiato pelle, prima scomponendo i processi produttivi a favore di terzisti, poi di nuovo ricompattando i vari cicli produttivi. Ora guardano oltre il perimetro della propria azienda, facendo squadra per mettere a fattore comune le conquiste. È così che è nata nel 2022 MagnoLab, rete di imprese che condivide le proprie conoscenze per sviluppare innovazione in modo strutturato. Nella sede di Cerrione ha installato impianti pilota per sviluppare prodotti e processi innovativi con cicli di sperimentazione rapidi e snelli. Qui si concentrano le attività di prototipazione che interessano tutti gli anelli della filiera, dalla preparazione delle fibre alla filatura, tessitura, tintoria, finissaggio e confezionamento. Si punta inoltre su una formazione aggiornata. In dicembre, per esempio, è stata lanciata la Academy di filiera Tessile e Green Jobs, nata dalla sinergia di 13 agenzie formative, 38 imprese e soggetti fra cui Unione Industriale Biellese, fondazioni Its, università, poli di innovazione, con Città Studi quale agenzia capofila.

La forza di questo distretto sta proprio nella sua anima camaleontica, per cui nel Settecento abbracciò la novità della protoindustria, passando il secolo dopo alla meccanizzazione, che a Biella ha un padre nobile: Pietro Sella, l’uomo che andò dove si ebbe il big bang della prima rivoluzione industriale, l’Inghilterra, e di rientro acquistò in Belgio un macchinario grazie al quale, nel 1817, in un’antica cartiera fondava il Gian Giacomo e Fratelli Sella, primo lanificio italiano a lavorazione meccanica. La Ur-Fabbrica fece scuola, i lanifici via via si dotavano dei telai di ultima generazione. Al punto che si pas-

sò dagli 800 del 1848 ai 2.200 del 1861. Numeri che nel 1864 sollecitarono la nascita della Società dei fabbricanti di pannilana, fra le prime forme di associazione di matrice datoriale, nucleo originario dell’attuale Unione Industriale Biellese.

Altra scossa, non metaforica, veniva impressa dall’avvento dell’energia elettrica, che svincolava gli stabilimenti dalla necessità di collocarsi lungo i corsi d’acqua delle valli. Erano 3mila i telai censiti all’alba del Novecento e 6.700 nel 1952, corrispondenti al 72,4% di quelli attivi in Piemonte e al 30,4% di quelli esistenti in Italia.

Biella è ora in gran fermento. Da un lato le imprese di settore abbracciano la svolta digitale e sostenibile e guardano oltre la nicchia della lana. Dall’altro si progetta un’articolazione produttiva multisettoriale che valorizzi l’enogastronomia, il turismo e pure il patrimonio industriale dismesso. In tal senso, fa scuola la Cittadellarte di Michelangelo Pistoletto, artista dalle quotazioni milionarie, che ha preso forma nell’ex lanificio Trombetta. I 50 chilometri che congiungono Biella a Borgosesia, la cosiddetta via della lana, sono disseminati di ex lanifici che tornano a nuova vita, raccontando cosa furono per ridisegnare il futuro. F

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FEBBRAIO, 2023
Interno della manifattura di Ermenegildo Zegna

La BIELLA che si reinventa

È nata nel 2018 in collaborazione con l’azienda calzaturiera brasiliana Yuool. La startup fa capo a Stefano Aglietta, giovane imprenditore di Italfil (storica filatura biellese) che ha brevettato scarpe in lana merino extra fine, morbide e resistenti, dunque versatili, dal design pulito ed elegante.

sostenibili e tecno fibre, proponendo una vasta gamma di nastri cardati o top pettinati per filati classici e fantasia. Opera nel tessile/abbigliamento, ma anche nell’arredamento, lavorando ogni tipo di fibra, dalle naturali alle artificiali e sintetiche, per la moda e l’industria.

Ha sede a Cerrione ed è il prodotto della fusione di quattro aziende europee con una lunga tradizione nel settore tessile. Attiva dal 2003, con gli anni si è specializzata nella nobilitazione di fibre

Attivo dal 1960, nel 1973 ha raccolto la sfida di produrre filtri a capillarità controllata, utilizzati come serbatoi negli strumenti da scrittura, nel campo della cosmesi e della profumazione d’ambiente. Nel 1986 un impianto per la produzione di fibre di poliestere ha ampliato ulteriormente la gamma di prodotti e le relative applicazioni. L’azienda produce e distribuisce filtri in fibra di acetato, poliestere e polipropilene ed è fornitore dei maggiori produttori mondiali di strumenti da scrittura, dispositivi di profumazione e prodotti per il campo estetico.

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FORBES.IT
• Yuool Italia • Dbt Fibre • De Martini

• Marchi & Fildi

È nata nel 2007 dalla fusione di due realtà storiche del panorama biellese: la Filatura Marchi e la Fildi, entrambe attive dagli anni ‘60. Produce filati sia per la moda che per l’arredamento. Tra le ultime conquiste aziendali c’è Ecotec, un processo produttivo che permette di creare nuovi filati utilizzando materiale tessile di scarto pre e post consumer.

• Filidea

Ha preso corpo nel 2008 come realtà innovativa e dinamica all’interno del gruppo Marchi & Fildi. La produzione di filati di Filidea contempla sia il settore moda sia i filati per utilizzi tecnici, quali abbigliamento protettivo e da lavoro, attraverso il brand Filidea Technical Yarns. Il moderno impianto di tintoria su rocche, totalmente rinnovato all’inizio del 2018, permette importanti riduzioni nell’utilizzo di acqua e di ottimizzazione delle risorse.

• Maglificio Maggia

È un’azienda storica classe 1780, nata a Occhieppo Superiore. Occupa ancora lo stabilimento originario, però in una versione 4.0. Nello stabilimento si confezionano i tessuti del Maglificio Maggia, con un’offerta che spazia dai jersey semplici e t-shirt agli interlock mercerizzati da camicia, dalle felpe ai doppi per capospalla, dai punti stoffa per morbidi abiti femminili ai tessuti tecnici e alle spugne F

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SMALL GIANTS Dbt Fibre

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Fedele ai princìpi dell’economia circolare e a quelli del design di pregio, nel

2021 è nata The House of Lyria, realtà pratese che produce cuscini e plaid per residenze private, boutique hotel e yacht usando prevalentemente fibre naturali.

“I nostri tessuti sono un viaggio creativo di pensieri, azioni e continue metamorfosi”, dice il fondatore Riccardo Bruni

DESIGN DESIGN

Trame

SOSTENIBILI

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FORBES.IT
di Valentina Lonati
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Spesso banalizzato e talvolta ignorato, il ruolo dei tessuti in casa, ma anche in un hotel, è di considerevole importanza. Sono loro a contribuire al calore di un ambiente, definendo nel dettaglio l’idea e la visione che lo percorrono. Va da sé che i tessuti rivelano moltissimo della personalità di chi li ha scelti: dimostrano una certa cura per il particolare, un’attenzione più o meno gentile nei confronti di sé e degli oggetti, un amore per l’accessorio inteso come fattore determinante nell’ensemble decorativo. L’elemento tessile va dunque selezionato con accuratezza, magari scovando piccole aziende italiane che producono materiali di pregio, nati dall’incontro tra arte e artigianalità.

Tra queste c’è The House of Lyria, realtà pratese nata nel 2021 dall’esperienza di

Lyria, azienda produttrice di tessuti per alcune delle più celebri firme della moda internazionale da oltre 20 anni. Fondata da Riccardo Bruni, artista e imprenditore visionario legato al design tessile fin da bambino, quando giocava nel laboratorio di famiglia, The House of Lyria

realizza cuscini e plaid per residenze private, boutique hotel e yacht usando prevalentemente fibre naturali come lana, lino e cotone, colorate con tinture naturali ottenute da fonti organiche come il caffè, il tè o la cenere.

A fare da manifesto della poetica di The House

of Lyria è stata, durante l’ultimo Fuorisalone, l’installazione Journey into a dream presso gli spazi della palazzina E-Space di Alcova: tra le terrazze e un sottotetto trafitto da spiragli di luce, la scenografa Alessia Anfuso ha creato un allestimento onirico che richiama gli interni di un veliero, con i rotoli di tessuto a interpretare il carico della nave, immergendo il visitatore in un passato lontano, morbido. “Dopo aver trovato infinite soluzioni tessili nel mondo della moda”, spiega Bruni, “ho sentito il desiderio e la necessità di creare tessuti e oggetti che possano avere una vita diversa. The House of Lyria nasce con questo obiettivo, come un laboratorio di ricerca dove le combinazioni più inaspettate di filati trovano una nuova forma. Questa curiosità di conoscere strade diverse si trasmette nella trama e nell’ordito, con la mente rivolta verso la mia casa ideale, che è sempre in viaggio”. Ed è un viaggio nel tempo

FORBES.IT 116 DESIGN FEBBRAIO, 2023

e nello spazio quello che tracciano i tessuti di Lyria - il nome dell’azienda si ispira a quello di una conchiglia a forma spirale - racchiudendo ricordi d’infanzia, ispirazioni esotiche e frammenti di storie lontane. Ogni prodotto viene realizzato artigianalmente nel rispetto delle persone e dell’ambiente – i tessuti Lyria sono garantiti dalle certificazioni sull’origine sostenibile delle materie prime Grs, Fsc, Gots e l’azienda ha adottato il protocollo 4Sustainability relativo al chemical management - ed è guidato da una visione estetica che celebra la perfezione dell’imperfetto.

“I nostri tessuti nascono da un foglio di carta e da una penna, sono un viaggio creativo di pensieri, azioni e continue metamorfosi per far emergere un prodotto artigianale unico. È qualcosa di mistico e inspiegabile, una ricerca dell’essenzialità che alla fine diventa imperfezione e bellezza senza tempo”. The House of Lyria nasce in un contesto, quello del settore tessile di Prato, che ha subito una forte crisi negli ultimi decenni e che oggi prova a rinascere grazie a nuove attività che stanno riportando in vita la tradizione tessile cittadina, diffondendone la cultura.

“Le crisi sono cicliche e cambiano la geografia imprenditoriale.

Personalmente, però, non vedo grandi problemi: quando si vive la propria ricerca con passione, il lavoro che si sviluppa diventa automaticamente un motore formidabile. Le crisi aiutano a definire le nostre visioni, che nel caso di Prato

sono millenarie: siamo felici di trarre vantaggio da una nuova concorrenza”. Un’altra particolarità di Lyria è quella di aver quasi eliminato i residui di tessuto. “In questa azienda non vi è un solo millimetro di scarto che non venga riutilizzato e rimesso in produzione, andando a costituire nuova materia prima da utilizzare per l’abbigliamento o per il reparto interior. Come

nella Prato ottocentesca non erano ammessi sprechi di tessuto, così Lyria si impegna con progetti di recycling e upcycling per le realtà che vogliono dare nuova vita a stoffe e indumenti in eccesso”. Da qui nascono progetti di economia circolare come la collezione Cartagine: 81 cuscini in edizione limitata realizzati con materiali di recupero e lavorati con una

tecnica artigianale custodita da una cooperativa locale in Tunisia. Un progetto nato per supportare il lavoro artigianale tunisino. Inoltre, Lyria ha recentemente collaborato con la cartiera Manualis di Fabriano per realizzare packaging nati dall’unione di carta riciclata e scarti di tessuti. “Questo sodalizio è scaturito da un mio desiderio creativo, volevo interpretare la carta come materiale, non utilizzarla solo per scrivere, e in questo ho trovato in Danila Versini, co-fondatrice di Manualis Cartiera, una perfetta sognatrice che mi ha introdotto a un mondo meraviglioso”. Dopo il Fuorisalone milanese, The House of Lyria è stata presente alla Dubai Design Week e alla fiera Maison & Objet di Parigi: una rapida ascesa che dimostra una nuova attenzione nei confronti di progetti preziosi legati al mondo del tessuto. F

Nelle due pagine immagini dell’installazione di The House of Lyria durante il Fuorisalone 2022.

117 THE HOUSE OF LYRIA • BRUNI FEBBRAIO, 2023 FORBES.IT

Coniugando un design funzionale all’innata passione per il legno, l’azienda friulana Very Wood produce dal 2012 sedute destinate alle aree pubbliche e all’ospitalità.

Firmano le creazioni, rigorosamente made in Italy e personalizzabili, artisti del calibro di Patricia

Che una sedia non sia mai soltanto una sedia, dopo anni di ricerche e studi sulla postura, è ormai noto. Ma il modo in cui ci sediamo per lavorare, mangiare o socializzare influenza ancor più di quanto pensiamo il nostro rapporto con l’ambiente e le persone che ci circondano. Lo sa bene Very Wood, azienda friulana produttrice di sedute, poltrone, divanetti e sgabelli per le aree pubbliche e per l’ospitalità. Nata nel 2012 dall’acquisizione da parte del gruppo Gervasoni della Ifa di Manzano, azienda che in Friuli ha rappresentato un’eccellenza nella produzione di sedie in legno, nonché dalla collaborazione con Sergio Bertossi, sales director naval division & key accounts di Gervasoni group, è una di quelle realtà che stanno contribuendo a ridisegnare, nel vero

SARTORIA INDUSTRIALE

senso della parola, il ruolo della sedia negli spazi pubblici e nel settore contract.

“Fondamentale, nell’approccio di Very Wood, è posizionare la persona al centro del progetto”, spiega Giovanni Gervasoni, presidente del gruppo Gervasoni.

“Il contract non significa solo robustezza e serialità, ogni prodottoche sia per un hotel, un ristorante o un teatro - nasce mettendo al centro l’uomo, non solo come fruitore, ma come recettore di sensazioni positive e rassicuranti.

Sergio Bertossi lo chiama gemütlichkeit , un termine tedesco non perfettamente traducibile in italiano che descrive quel tipo di benessere o calore che rimanda alla propria casa. I designer e architetti con cui collaboriamo sono impegnati a ricreare

FEBBRAIO, 2023 FORBES.IT 118 DESIGN

questa sensazione con arredi capaci di adattarsi alle caratteristiche uniche di ogni ambiente”. Realizzate con legno proveniente da filiera certificata Fsc (Forest stewardship council), le sedute Very Wood sono disegnate da alcuni dei progettisti più noti della scena internazionale tra cui Patricia Urquiola, Rodolfo Dordoni, Michele de Lucchi, Matteo Thun, Sebastian Herkner, Paola Navone, This Weber e Neri & Hu. Sono loro a interpretare il senso di Very Wood per la sedia, aggiungendo sfaccettature e nuove prospettive alla filosofia progettuale del marchio. “Il legno e la passione con il quale viene trattato e lavorato costituiscono il fil rouge che accomuna tutte le nostre collezioni.

L’artigianalità e la tradizione sono valori fondamentali sui quali si fonda la produzione: non si tratta di un prodotto puramente industriale, ma viene dato ampio spazio anche alla lavorazione manuale e alla cura del dettaglio. Siamo responsabili al 100% della nostra produzione, a Udine, in un unico stabilimento di 23mila m². Siamo in grado di personalizzare i nostri prodotti standard e realizziamo anche arredi su misura”. Una sorta di ‘sartoria’

industriale, quindi, capace di unire artigianalità e produzione in progetti creati ad hoc per la committenza, sempre con la funzionalità al centro. Esempio di questo approccio è Wise, collezione di sedute progettata per incontrare le esigenze di chi convive con un maggiore bisogno di ergonomia e comfort. “Ognuno degli arredi Wise è pensato per dare la migliore esperienza possibile di agio e utilità, oltre che per essere inserito in ambiti in cui il riposo e la comodità devono essere prioritari. Dalle residenze sanitarie alle strutture riabilitative, Very Wood

arreda aree lounge, ristoro e ricreative portando la qualità, il made in Italy e l’artigianalità caratteristici del brand nei diversi contesti di accoglienza e assistenza a livello internazionale”.

Una proposta, quella di Very Wood, che ha ricevuto apprezzamenti in Italia e nel mondo, in particolare nel centro e nel nord Europa, in primis in Francia, Germania e Svizzera, ma anche negli Usa e Canada. “L’obiettivo per il gruppo, con il main brand Gervasoni e il marchio Very Wood, è incrementare e consolidare le collaborazioni con i designer per espandersi e raggiungere nuovi mercati.

Il gruppo fa parte di Italian Design Brands, il gruppo nato nel 2015 con lo scopo di attuare sinergie difficilmente realizzabili dai singoli operatori e di competere a livello internazionale. Queste sinergie hanno portato vantaggi in termini di operatività e fatturato in aree come la Cina e gli Stati Uniti. Inoltre, il potenziamento della struttura commerciale, il forte rapporto di fiducia e di collaborazione con i distributori e i dealer di tutto il mondo, oltre all’assiduo scambio con gli studi di architettura stanno portando a decisi risultati in termini di notorietà del brand”. F

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2023
FEBBRAIO,
119 VERY WOOD • GERVASONI
Una sedia della collezione Boogie di Very Wood. Nella pagina accanto in alto la collezione Wise. In basso: Giovanni Gervasoni, presidente del gruppo Gervasoni.

FORBES BRAND FOR COMMUNITY

FORBES IL PIÙ GRANDE E PRESTIGIOSO SISTEMA DI COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE PER CONOSCERE LE STORIE, I PROGETTI E LE VISIONI DELLE DONNE E DEGLI UOMINI DI SUCCESSO CHE STANNO CAMBIANDO IL MONDO.

L’ORATORIO DIGITALE DI BOBO VIERI MUSK E LA LEGGE DEL PIÙ FORTE SMALL GIANTS, LA VIA DELLA LANA GLI INNOVATORI DEL FISCO FEBBRAIO, 2023 Italia 4,90 euroCH CT 11,30 ChfCôte d’Azur 9,00 euroAnno 7N° 64 febbraio 2023 Periodicità: mensilePrima immissione: 7/2/2023 Mensile Poste Italiane Spa Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. comma LO/MI INCHIESTA L’INVERNO DELLE STARTUP COVER STORY
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FORBES LIFE

Per gli appassionati di sci, discesa, freeride o fondo che sia, ma anche per chi ama le arrampicate su ghiaccio o al contrario una semplice ciaspolata, è il periodo migliore. Purché si abbia la giusta attrezzatura

La montagna INCANTATA

FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
121 PAOLO REY
di Alessia Bellan
WHAT’S NEW WHO’S NEXT

Grandi e piccole stazioni sciistiche della Val d’Aosta sono pronte ad accogliere il popolo delle settimane bianche. Cogne, Chamois, Cervinia, Gressoney, Pila - solo per citare le più note - offrono scenari meravigliosi, piste innevate e servizi personalizzati, dove coniugare sport e divertimento, riposo e natura, gusto e benessere. Con la possibilità per i più sportivi di scegliere lo skipass elettronico unificato, che consente di sciare ovunque, anche a Zermatt in Svizzera e a La Rosière in Francia. Nelle stazioni più piccole, skipass a 100 euro valido per cinque giornate di sci + un’ora di maestro. Per tutti, bambini compresi, consigliate le gite nei boschi a bordo di slitte trainate da cani, le cene nei rifugi dove si arriva in motoslitta e l’incredibile esperienza di salire in vetta e dominare le cime dei quattromila con Skyway Monte Bianco, la meraviglia tecnologica che da Courmayeur consente in poco tempo di salire ai 3.466 metri di Punta Helbronner passando da tre stazioni di vetro e acciaio con spazi di ristoro, giardino botanico, cinema. E una vista che pare di essere sull’Everest. Per rilassarsi dopo lo sci, momenti di benessere e relax sono tra i punti di forza di diverse località: dalle Terme di Pré-Saint-Didier alle storiche Terme di Saint-Vincent nella Valle Centrale, fino alla struttura Monterosaterme di Champoluc.

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DONATO ARCARO RED PHOTOGRAPHIC STEFANO CARLETTO
122 FORBES LIFE
G

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Ispirato ai camouflage artici usati nei paesaggi innevati, questo giaccone in tela tecnica garantisce elevata protezione, mantenendo un’alta capacità traspirante.

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3. Burton Throwback snowboard

Un tuffo nel passato per cavalcare la neve fresca, proprio come le tavole degli anni ‘80: directional, ottimo galleggiamento, semplice e super divertente. € 160 burton.com

4. Sciarpa Gucci

Fa parte della collezione Cruise 2023 la sciarpa in nylon trapuntato con cappuccio definita da due tasche frontali e motivo GG che richiama la maison.

€ 2.100 gucci.com

5. Paraorecchie Pucci x Fusalp

Morbidi e imbottiti, animati dalla sinuosa stampa Marmo, Pucci e Fusalp uniscono le forze per una collaborazione all’insegna di stile e praticità. € 220 pucci.com

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La linea si ispira ai leggendari orologi Minerva degli anni ‘20 e ‘30, ideati per uso militare e per le esplorazioni.

L’orologio 1858

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è una limited edition in soli 262 esemplari dedicata al leggendario alpinista.

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ARTHUR GHILLINI

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3. Zegna & Tsl ciaspole Symbioz Hyperflex

Original 2

Realizzate con materiali riciclati, iper-flessibili e leggere con allacciatura ergonomica, si adattano anche ai terreni accidentati con aderenza e grip straordinari. € 550 zegna.com

4. Maschera Dioralps M1i

Fa parte della capsule collection la maschera da sci che assicura un campo visivo ottimale e si adatta perfettamente al viso grazie alla struttura in schiuma termoformata. € 900 dior.com

5. Guanti Cucinelli Caldi e confortevoli per le fredde giornate invernali, i guanti in cashmere con palmo in camoscio e polsino in maglia a costina. € 750 brunellocucinelli.com

6. Piumino Thymelee Moncler Classico Moncler rivisitato in chiave anni ‘70, il piumino corto da uomo è di nylon laqué e morbido tessuto effetto teddy. € 1.450 moncler.com

7. Ray-Ban Mega Wayfarer L’occhiale Wayfarer, vera rockstar del brand, si presenta con profili più audaci, ampie aste a effetto, il tipico doppio rivetto e una palette di otto varianti cromatiche. € 205 ray-ban.com

FORBES.IT FEBBRAIO, 2023 124 FORBES LIFE
1
ARCH. REG.AUTONOMA VDA

1. Calze Courchevel Loro Piana

Calze in maglia di baby cashmere caratterizzate dall’elegante lavorazione a treccia. Calde e confortevoli, sono un dettaglio di stile per completare il look sportivo in alta quota.

€ 440 loropiana.com

2. Casco Fendi

Massima sicurezza e stile unico sulle piste con il casco imbottito in tessuto e decorato con banda FF stampata.

€ 1.100 fendi.com

3. Guanti da sci Prada

Realizzati con una lavorazione a maglia tridimensionale, i guanti in tessuto firmati Prada Linea Rossa. Una seconda pelle, il dorso in maglia privo di cuciture e idrorepellente si combina al palmo iper resistente in pelle di capra e alla membrana in Gore-tex impermeabile e antivento. € 540 prada.com

4. Sci Alanui Questo paio di sci sono un’ambita limited edition del brand di maglieria Alanui contraddistinta dall’iconico pattern jacquard all over.

€ 1.500 alanui.it

5. Doposci Gucci

Nella sua ultima collezione, Gucci reinterpreta il nylon per creare design ibridi che mescolano influenze diverse. I doposci da uomo sono realizzati in nylon GG jacquard multicolor. € 890 gucci.com

6. Berretto Winter

Rougemont Loro Piana Versione contemporanea del classico berretto in morbida maglia di cashmere a punto crochet, impreziosito da un ponpon in pelliccia di volpe staccabile. € 470 loropiana.com

FEBBRAIO, 2023 FORBES.IT
5 6 3 4 125 FORBES LIFE
2

La bici va forte d’inverno

Sempre più località italiane propongono itinerari riservati alle fat bike, nate negli anni ’80 per girare l’Alaska o i deserti. Un modo per non rinunciare alle vacanze sulla neve, anche senza saper sciare o ciaspolare

LL’economia della montagna punta insomma con crescente decisione sulla bicicletta e lo testimonia, non soltanto la scelta di destinare, in estate, l’uso degli impianti di risalita per lo sci alla pratica del downhill, ma anche lo spazio che una fiera come Prowinter, tradizionale appuntamento a Bolzano per addetti ai lavori del noleggio sportivo e per tutti i negozianti di attrezzatura da montagna, ha dedicato a diversi brand vicini al mondo delle due ruote, da Fantic ad Haibike.

La progressiva volata della bicicletta sulla neve deve ancora sprigionare il suo potenziale. Trainato dal rinnovato successo del fenomeno ‘snowbike’ – ovvero la fat bike settata per pedalare sul candore inverale che abitualmente ospita slitte, ciaspole e sci da fondo – questo sprint abbraccia tanto l’economia del cicloturismo e dei territori quanto il business delle discipline sportive all’aria aperta.

Nate negli anni ’80 quando si usavano per le gare in Alaska sull’Iditarod Trail e, in contemporanea, per girare nei deserti dal Nuovo Messico al Sahara testando innovativi pneumatici prima di allora mai visti su una comune bicicletta o mountain bike, le fat bike, quelle con i copertoni maggiorati e ora anche elettriche, riscoprono infatti una declinazione ideale nel tempo libero invernale, in un contesto in cui la bicicletta sta già riscoprendo la sua vocazione alla montagna. Con il risultato che si moltiplicano, anche in Italia, le località montane che in inverno propongono servizi di noleggio e itinerari per chi, pur non essendo capace di sciare o ciaspolare sulla neve, non vuole rinunnciare al fascino di un’escursione immerso in incantevoli fondovalle innevati. Dal Parco natuale dell’Adamello e l’Alpe di Siusi, in Trentino, alla Val d’Aosta, con il Monte Bianco e il Gran Paradiso sullo sfondo, passando per la Valtellina e Bormio, che di recente ha inaugurato due facili itinerari come quelli del Rifugio Ai Forni e della Val di Rezzalo. Senza dimenticare gli Appennini con, tra i tanti, il Gran Sasso e Roccaraso. Località dove, sempre più frequentemente, gli enti per il turismo affiancano ai tradizionali servizi invernali noleggi e guide per accompagnare sulla neve i ciclisti meno esperti.

Le ruote grasse, intanto, cominciano ad avere i loro testimonial e influencer anche sulla neve. È il caso, tra gli altri, di Lorenzo Barone, che ha pedalato in Siberia sulla strada più a Nord del Mondo dormendo in tenda a 50 gradi sotto zero, o di Omar di Felice, primo ultraciclista ad aver tentato di attraversare l’Antartico in solitaria. Senza dimenticare gli alfieri delle discipline invernali che amano preparare la stagione agonistica allenandosi in sella a una bicicletta, dalle stelle dello sci aplino Sofia Goggia e Federica Brignone, all’asso del biathlon Dorothea Wierer e fino all’atleta italiana più medagliata di sempre alle Olimpiadi, Arianna Fontana, pattinatrice di short track.

Persino l’ambiente delle competizioni guarda al potenziale della bicicletta in inverno. È ciò che è accaduto con il successo del ciclocross sulla neve, grazie al recente debutto della tappa di Coppa del mondo a Vermiglio in Val di Sole e che potrebbe proseguire con nuove prove riservate alle mountain bike da disputare nei mesi più freddi e sempre su percorsi innevati. F

126 FORBES.IT
FORBES LIFE STYLE

ristorantis

Il bis va in scena agli Arcimboldi

Dopo il successo del primo locale di viale Premuda, il ristorante Dal Milanese di Luca Guelfi apre i battenti in una prestigiosa location, il teatro Arcimboldi. In un contesto pervaso di cultura, una moderna trattoria reinventata con cucina tradizionale di stampo casalingo e cocktail bar assieme. Qui l’executive chef Emanuele Gasperini propone un menu stagionale con prodotti lombardi di eccellenza: mondeghili, fiori di zucchina fritti al ripieno di taleggio, risotto alla milanese, vitello tonnato, ossobuco, cotoletta di vitello, pasta fatta in casa oltre a pizze sottili e croccanti. Si cena nella luce suffusa delle candele, tra neon e insegne che ricordano la piazza Duomo anni ‘80, quadri, locandine originali degli spettacoli che hanno fatto la storia come quelli di Fo, Gaber, Melato, lampade Venini e tavoli in pietra lavica dell’Etna. Librerie e bottigliere illuminate con centinaia di distillati per la preparazione dei cocktail della ‘Milano da bere’.

MOSTRE

Bollicine in bianco e nero

A Palazzo Reale le immagini più rappresentativi di un fotografo di moda che ha realizzato campagne leggendarie per riviste di tutto il mondo, famoso per i suoi ritratti di celebrità e lo stile cinematografico. Fino al 26 febbraio la personale Timeless Time dedicata a Vincent Peters, 90 scatti del maestro del bianco e nero che con eleganti giochi di luce ha saputo descrivere emozioni e raccontare le storie dei soggetti ritratti, celebrità del calibro di Charlize Theron, Monica Bellucci, Vincent Cassel, Emma Watson e Penelope Cruz. Oltre a loro, protagonista d’eccezione degli scatti esposti le bollicine Ferrari Trento. Per ritrarre una bottiglia in mano a una delle sue muse, il fotografo si è ispirato alle atmosfere del cinema neorealista italiano.

SPA

Ritrovare un senso (anzi cinque)

Un luogo in cui coccolarsi, favorire l’equilibrio di anima e corpo attraverso il coinvolgimento coordinato e armonico dei cinque sensi, con percorsi individuali di benessere multisensoriale. Nella nuova Sensy Lounge in via Durini 2 è possibile regalarsi un viaggio personalizzato per raggiungere un benessere prolungato, monitorato nel tempo attraverso indicatori dello stato psico-fisico, sotto la guida degli esperti coach. SL è il primo flagship store esperienziale firmato Sensy, startup innovativa e società benefit fondata da Lucia Fracassi.

BISTROT

Tutti insieme appassionatamente

Cultura gastronomica, buon bere, design e arte. È l’originale food concept di Visionnaire Bistrot, che porta la firma dello chef Filippo Gozzoli, partner del locale all’interno di Visionnaire Design Gallery, in piazza Cavour 3. Un innovativo modello di convivialità, un’atmosfera elegante dove dominano lusso e creatività. Gli abbinamenti esaltano le materie prime e la tradizione italiana: una cucina gustosa e fantasiosa, un inno al comfort food che trae ispirazione da tre proposte culinarie internazionali - bento, tapas e lounge bar - e ha come protagonisti i quattro sapori principali. Sapientemente bilanciati per creare quell’equilibrio perfetto di sapori che conduce il palato verso l’umami, il quinto gusto scoperto dal chimico giapponese Kikunae Ikeade nel 1908. Ingredienti semplici, come verdure e pesce, si sposano con la frutta (fresca e secca) e con dressing ricercati. Le portate vengono servite assieme, rigorosamente da condividere, chiacchierando e sorseggiando un calice di champagne o un cocktail fresco e dissetante. visionnaire-bistrot.com

127 FORBES.IT
2023
FEBBRAIO,
LIVING MILANO

food & musics

Quando la colazione è SU MISURA

The Les Baxter è lo scrigno di Bauhaus, ovvero una saletta di soli sei posti che può dirsi il regno della breakfast experience. Una sorta di percorso degustazione della colazione, per assaporare più proposte della cucina, il tutto accompagnato da musica ad hoc per un concept di colazione su misura che nel weekend si allarga al pranzo. A poco più di un anno dalla sua apertura, Bauhaus continua a reinventarsi, sempre rispettando il movimento artistico tedesco da cui prende il nome: estetico, ma funzionale. L’ex forno del quartiere Garbatella dei proprietari Valerio e Giorgio Giglietti, con il suo format all day long, è divenuto sempre più un punto di riferimento gastronomico per Roma, con la proposta curata dallo chef Andrea Castagna (ex Noma a Copenaghen).

CINEMA

Il Museo che celebra la settima arte

RESTYLING

Il nuovo look del Flora Restaurant

Un’idea per un tuffo nel cinema e nella storia d’Italia?

Negli studi di Cinecittà, all’interno di un edificio storico degli anni ‘30 nato come laboratorio di sviluppo, stampa e deposito pellicole, c’è un luogo tutto da scoprire: il Miac - Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema. Un museo multimediale, interattivo e immersivo dedicato all’arte delle immagini in movimento, che ne racconta la storia e l’evoluzione tra il XX e il XXI secolo: dalle origini del cinema fino all’arrivo della televisione e delle nuove tecnologie digitali. Personaggi e capolavori indimenticabili che hanno alimentato l’immaginario collettivo dell’Italia di ieri e di oggi rivivono attraverso l’immenso patrimonio di 120 anni, reso ancora più coinvolgente da installazioni interattive, videoarte e linguaggi transmediali. Il Miac è un percorso di 12 ambienti tematici, in cui si spazia dal rapporto con il potere fino all’incanto dei paesaggi, dal ruolo della lingua alle spettacolari colonne sonore.

Un gioiello gastronomico si veste di nuova luce dopo un restyling. A via Veneto il Flora Restaurant al piano terra del Rome Marriott Grand Hotel Flora, con la firma dello chef Massimo Piccolo, diviene un viaggio fra sapori italiani e raffinata semplicità. “Il concetto che perseguiamo”, spiega il general manager dell’hotel, Achille Di Carlo, “è quello di un lusso accessibile. Per questo abbiamo creato un ambiente confortevole in cui concedersi un aperitivo accompagnato dalle note del pianoforte, un pranzo veloce ma gustoso o una cena più rilassata, mentre si apprezzano le eccellenze del territorio in una proposta dalla spiccata impronta italiana e mediterranea”. Questo filo conduttore ha guidato il recente restyling volto a far percepire agli ospiti interni ed esterni il fascino storico e la potenza del luogo, in una piacevole sinestesia tra contemporaneità e tradizione. Tutto ciò si ritrova nei piatti di Piccolo: una vera esplosione di gusto e mediterraneità, come il tonnarello Pastificio Secondi al ragù di gallinella, limone e tarallo napoletano (in foto).

128 FORBES.IT
LIVING
ROMA

nuove apertures

La pizza napoletana PIACE ALLA MELA

New York City si conferma sempre di più capitale della pizza italiana. Dopo le affermatissime Song’ E Napule di Ciro Iovine, Kesté di Roberto Caporuscio e molte altre, apre i battenti nel West Village una delle più antiche e famose pizzerie di Napoli: L’Antica Pizzeria da Michele. La pizza è famosa, oltre che per la qualità dei suoi ingredienti importati dall’Italia, per le dimensioni extra large, elemento molto apprezzato dagli americani, e per la leggerezza dell’impasto a bassa idratazione. Il locale originale, in Via Sersale a Napoli, da sempre ha solo due pizze in menù: la marinara e la margherita. Il menù di New York offrirà invece una scelta più ampia per soddisfare i palati e i gusti di tutti i newyorkesi.

RICONOSCIMENTI LAVORO CHE FAI RISTORANTE CHE TROVI

Il New York Times celebra Rockefeller Center come l’epicentro dei ristoranti a New York. Nell’ultimo triennio, in uno dei complessi più famosi al mondo, hanno aperto quasi 20 ristoranti con posti a sedere e takeaway. La vasta scelta di cucine internazionali e format portati a bordo dalla compagnia real estate Tishman Speyer è così in grado di soddisfare le migliaia di persone, tra turisti e lavoratori, che ogni giorno si trovano nel Center. Tra i ristoranti, ideali per un business lunch o solo per un’esperienza culinaria, sono degni di nota gli italiani Lodi e Jupiter, il francese Le Rock e il coreano Naro. Se invece le fretta newyorkese prende il sopravvento soluzioni come FieldTrip, Ace’s Pizza e Blue Ribbon Sushi Bar sono molto valide. Per gli amanti della tecnologia, a Rockefeller Plaza è presente anche il futuristico Amazon Go, dove grazie alle centinaia di telecamere installate sul tetto che individuano cosa è stato preso dagli scaffali si potrà uscire con quella sensazione del ‘senza pagare’, per poi ricevere comodamente un addebito sul metodo di pagamento selezionato in app qualche minuto dopo.

PROGETTI

UN CASINÒ

NEL CUORE DI MANHATTAN

New York come Las Vegas? La canadese Hudson’s Bay Company, proprietaria della catena di grandi magazzini Saks Fifth Avenue, ha intenzione di presentare una candidatura per assicurarsi una delle tre licenze disponibili per la realizzazione di un casinò nella regione di New York. Il progetto prevede un’estensione di quasi 20mila metri quadrati partendo dal nono piano dei grandi magazzini. Lo stile sarà focalizzato in maniera fedele sul lusso e sulla cura dell’estetica che contraddistinguono il negozio Saks Fifth Avenue. L’avvento di un casinò nel cuore di Manhattan trova voci contrastanti. Tra chi non è convinto della posizione, così vicina a un simbolo religioso come la cattedrale di St. Patrick, e chi invece pensa che possa essere un incentivo ulteriore per la ripresa economica della città.

129 FORBES.IT
LIVING NEW YORK
di Aka Sarabeth

PENSIERI E PAROLE

Grandi ricchezze

“Robert L. Johnson ha fatto il classico percorso americano: dalle origini modeste a una ricchezza inimmaginabile. Nono di dieci figli di una famiglia operaia di una piccola città dell’Illinois, nel 1979, con un prestito di 15mila dollari, è riuscito a far diventare la Black Entertainment Television, uno dei più ricchi franchise dell’industria via cavo. Questo lo ha reso anche il primo miliardario afroamericano del Paese, facendogli guadagnare il 172esimo posto nella lista dei 400 americani più ricchi stilata da Forbes ”. Dal numero dell’8 ottobre 2001 di Forbes Usa

“Sono grato per questa ricchezza, ma non ha cambiato la mia persona. I miei piedi sono ancora a terra; indosso solo scarpe migliori.”

Oprah Winfrey

“È bello celebrare il successo, ma è più importante ascoltare le lezioni che porta il fallimento.”

Bill Gates

“Ho avuto tutti gli svantaggi necessari per avere successo.”

Larry Ellison

“Ti darò ricchezze, beni e onori, come non ne hanno avuti i re che ti hanno preceduto e come non ne avrà nessuno dopo di te.”

Libro delle Cronache 1:12

da me, non sarei nemmeno nella classifica di Forbes”

“Avevo un salvadanaio e l’obiettivo era di riempirlo.”

John Paulson

“Una volta qualcuno mi ha detto che sono un vincente sofferente, e ha ragione. Raramente mi prendo più di un momento per godermi il successo prima di cercare la prossima sfida.”

Eli Broad

“Se una persona fortunata come me non è disposta a ripulire il fienile, chi lo farà?”

Ross Perot

“Beh, sapete, ero un essere umano prima di diventare un uomo d’affari

George Soros

“Il successo non condiviso è un fallimento.”

John Paul Dejoria

“Quando si entra nella classifica Forbes 400, si entra in un numero impressionante di altre liste.”

—Malcolm Forbes

130 FORBES.IT FEBBRAIO, 2023
PENSIERO FINALE
“Dipendesse
GETTYIMAGES FONTI: GOODREADS.COM; BARTLETT’S FAMILIAR QUOTATIONS; STATE OF THE WORLD FORUM 2000; QUOTES FROM POWERFUL WOMEN ABOUT POWER

20 - 22

MARZO 2023

ONLINE SU forbes.it

La terza edizione del digital business summit dedicato all’innovazione e alla sostenibilità, dal 20 al 22 marzo, in diretta sul sito forbes.it e sui canali Facebook e LinkedIn di Forbes Italia.

L’evento vedrà alternarsi i principali player ed esponenti dei settori coinvolti che daranno la loro view su scenari, trend e prospettive in tema di fonti di transizione tecnologica ed energetica, smart mobility, circular economy, design e sostenibilità sociale.

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