Protagonisti
IL CINEMA?
La delusione politica, la guerra in Ucraina, la passione per la boxe. Il regista de “L’odio”: “Non servono più i film di denuncia, purtroppo”
Meglio lo sport colloquio con
Mathieu Kassovitz di Emanuele Coen
J
usqu’ici tout va bien…, «fino a qui tutto bene». Gli è rimasta incollata addosso la celebre battuta de “L’odio”, il film-manifesto che a metà anni Novanta lanciò la sua carriera di regista e quella di attore di Vincent Cassel, fissando nell’immaginario di una generazione la rabbia della banlieue. Così come risulta difficile dimenticare il suo sguardo romantico in scooter con Audrey Tautou per le vie di Montmartre, nell’altro cult movie “Il favoloso mondo di Amélie” (2001) di Jean-Pierre Jeunet. Da allora Mathieu Kassovitz, 55 anni ad agosto, ne ha fatta parecchia di strada, come regista e soprattutto come attore. In tempi recenti ha interpretato in modo magistrale la spia Guillaume Debailly, nome in codice Malotru, l’antieroe di “Sotto copertura” di Éric Rochant, serie tv sui servizi segreti francesi. E adesso lavora come regista a un film di animazione sulla guerra mondiale degli animali, in parallelo alla Seconda guerra mondiale. «Non lo sa nessuno ma noi abbiamo le prove: c’è stato il conflitto tra gli esseri umani e anche tra gli animali. Facciamo un film su questa storia», ironizza Kassovitz su Zoom mentre si accende una sigaretta, a petto nudo e in bermuda nella torri-
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24 luglio 2022
da estate romana. Perché l’attore francese, sarcastico e irrequieto, ormai deluso dalla politica e dal cinema, ha poche incrollabili certezze: la passione per la boxe, lo sport e l’amicizia con i ragazzi del Piccolo America, che lo porta spesso a Roma. Non a caso, alla manifestazione “Il cinema in piazza” ha voluto partecipare all’incontro con Bebe Vio e Martin Castrogiovanni per presentare “Rising Phoenix”, documentario sulla storia delle Paralimpiadi. A proposito di sport, lei pratica la boxe a un buon livello. E qualche anno fa ha recitato in “Sparring”, film ambientato nel mondo del pugilato. Cosa la affascina? «Un buon atleta si spinge al limite e assume dei rischi. Se riesce a ottenere un buon risultato forse anche tu puoi, se invece non si è allenato risulta ridicolo. È affascinante questo aspetto oggettivo, molto motivante. L’arte invece è soggettiva: se fai un brutto film c’è sempre qualcuno che lo troverà straordinario. Nello sport o vinci o perdi, è più interessante di tante forme d’arte. Anzi, lo sport è una forma d’arte». Per la quarta edizione di fila è stato ospite della manifestazione estiva organizzata dal Piccolo America. Cosa la lega a questi ragazzi? «La prima volta mi hanno invitato per
presentare il mio film “L’odio”. Di solito non vado ai festival, ma mi ha colpito il loro spirito positivo. Non si assegnano premi, è solo un luogo per vedere film, ogni volta che me lo chiedono vengo volentieri. Anche a Cannes c’è uno spirito positivo, ma ci si va perché si vincono premi, è un festival orientato al business. Hanno 75 anni di storia e un budget colossale, qui a Roma invece è tutto più informale, le persone partecipano perché adorano il cinema, ci sono ospiti di qualità e si affrontano discussioni profonde. Dietro le quinte fanno un lavoro enorme ma con semplicità. Tutto questo è molto felliniano». Cosa pensa del cinema italiano? «Non lo seguo molto, negli ultimi anni mi sono allontanato dal cinema, sono fermo a Vittorio De Sica (ride). Negli ultimi tempi, però, ho visto film più interessanti, sia francesi sia italiani: giovani autori, attori, sceneggiatori e produttori che hanno voglia di cambiare le cose, con strumenti nuovi e un’energia che la mia generazione non ha più». Uno dei personaggi più riusciti che lei ha interpretato negli ultimi anni è Malotru, l’agente segreto controverso e ambiguo di “Sotto copertura”. Le serie tv stanno sostituendo il cinema?