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Verso il voto / Il commento
di MASSIMILIANO PANARARI
Una campagna elettorale giocata tutta sull’emozione
L’
anomalia italiana ritorna con prepotenza attraverso l’inedito di una campagna elettorale balneare. Il “sangue” non mente, come direbbe qualcuno: e quello del nostro Paese è intriso (anche e in modo marcato) di eccezionalità e di un’irresistibile fascinazione nei riguardi di forme politiche volte alla decostruzione dei delicati equilibri della democrazia liberale. Una “natura” che ha reso l’Italia uno dei laboratori per antonomasia di populismi e neopopulismi (e sta per farne anche una “portaerei” dell’incipiente stagione dell’iperpopulismo). E, infatti, che cosa è stata la caduta del governo Draghi se non una manifestazione deteriore e autolesionistica - e surreale agli occhi dei media globali - delle convergenze parallele dei leader populisti (ulteriore segno delle «affinità elettive gialloverdi»)? Il riflesso condizionato della campagna elettorale permanente e della ricerca del consenso “pronta cassa” e “usa e getta”, propiziato dallo spirito dei tempi della volatilità e variabilità spinta delle opinioni individuali e dell’intermittenza accentuata delle leadership politiche, ha prevalso sull’interesse generale, interrompendo un percorso di governo - riformi-
sta e ispirato al pragmatismo - che, seppur lacerato dalle conflittualità tra i partiti, stava conseguendo risultati utili e di rilievo. Al punto da venire indicato a livello internazionale alla stregua di un correttivo ai vizi genetici dell’eccezionalismo e dell’anomalia nazionali. Ma, giustappunto, si è trattato di un’eccezione che ha confermato la regola. A dispetto della narrazione populsovranista intorno a una sedicente paura del voto popolare da parte di non ben precisati e “metafisici” establishment, l’esecutivo «dei due presidenti» si era proposto come una formula peculiare (temporanea e contingente) per affrontare un contesto emergenziale di straordinaria gravità che, nell’odierna instabilità, potrebbe finire per prendere il sopravvento. E rispetto a tale situazione le visioni espresse dal «pensiero magico» populista non evocano affatto soluzioni praticabili. Così, l’opinione pubblica e il sistema-Paese si ritrovano scaraventati in una subitanea battaglia elettorale che si giocherà in gran parte sulla delegittimazione, la polarizzazione e un’emozionalizzazione onnipervasiva (che già da tempo sfocia in incivility). Precisamente all’antitesi di quella ricostruzione condivisa di alcuni fondamentali (senza i quali
CI VORREBBE UNA BONIFICA ETICA CONTRO L’INCIVILTÀ DEL DISCORSO PUBBLICO 34
31 luglio 2022
le istituzioni democratiche vengono erose), che poteva costituire una delle varie eredità positive dell’esecutivo spodestato col «draghicidio». Nondimeno, dopo questa ennesima occasione perduta, sarebbe veramente opportuno riflettere sui basics e provare a collocarli al centro dell’agenda pubblica, se solo la classe politica volesse contrastare sul serio le annose questioni del deficit democratico e del disagio sociale (che alimentano anche l’astensionismo crescente). E, dunque, il discorso pubblico e quello politico hanno bisogno di un rinnovamento e di una «bonifica etica», come sottolinea da tempo nei suoi libri Gianrico Carofiglio. «Chi parla male, pensa male», fa giustamente dire a un suo personaggio cinematografico Nanni Moretti. Una questione che riguarda, in particolare, l’esempio trasmesso alle giovani generazioni: per riportarle all’impegno civile occorrono dei luoghi di ascolto, interazione e discussione (differenti dai social). In poche parole, servono quei corpi intermedi che sono stati assai indeboliti dalla disintermediazione e dal “modello” del partito personale. Bene fa, allora, Enrico Letta a parlare di ritorno della politica tra le persone, dalle agorà alle feste, dal porta a porta al rilancio dell’organizzazione. Perché di questo ha bisogno una forza politica che voglia essere autenticamente progressista, e non di clic su qualche piattaforma, né di guitti istrionici che la eterodirigano. n © RIPRODUZIONE RISERVATA